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Anche Bali riapre al turismo (finalmente)

In Indonesia le misure di sicurezza per evitare la diffusione del Covid sono state particolarmente severe sin dall’inizio della pandemia. E i provvedimenti hanno riguardato anche l’isola di Bali, una delle principali mete turistiche del Paese, che ha così visto completamente bloccato il suo traffico di viaggiatori provenienti da ogni angolo del mondo. Ma nelle ultime settimane le autorità hanno deciso di ricominciare ad accogliere i visitatori stranieri: ecco quali sono i requisiti per tornare ad esplorare questo splendido paradiso esotico.

Bali riapre ai turisti

Il governo indonesiano ha annunciato la riapertura dei confini balinesi ai viaggiatori stranieri completamente vaccinati, a partire dallo scorso 4 febbraio 2022. Questo provvedimento era già stato anticipato da un allentamento delle misure di sicurezza risalente allo scorso ottobre – quando l’isola aveva ufficialmente aperto le proprie frontiere ai turisti provenienti da alcuni Paesi (tra cui Giappone, Cina e Nuova Zelanda). Tuttavia, solo in questi ultimi giorni sono nuovamente tornati a decollare i primi voli internazionali diretti a Bali.

Si tratta di una bellissima notizia, che permette di guardare al futuro con più ottimismo. Nonostante la diffusione della variante Omicron, infatti, sono molti i Paesi che hanno deciso di tornare ad accogliere i viaggiatori, così da incentivare un settore – quello turistico – che negli ultimi due anni ha subito una crisi mondiale. Anche Bali, dunque, riapre ai visitatori dopo lunghissimi mesi che hanno visto il turismo completamente bloccato. Ma quali sono i requisiti per poter viaggiare sulla splendida isola indonesiana?

Come viaggiare a Bali

Per approdare a Bali, oltre all’obbligo di essere in possesso di un adeguato visto per motivi turistici, i viaggiatori dovranno essere completamente vaccinati da almeno 14 giorni e dovranno sottoporsi ad un periodo di quarantena della durata di 5 giorni, da trascorrere (a proprie spese) presso una delle strutture segnalate dalle autorità. L’isolamento rimane invece di 7 giorni per i turisti che non hanno ancora completato il ciclo vaccinale. Mentre l’ingresso è del tutto vietato a coloro che non sono vaccinati. L’obbligo di vaccino non si applica ai minori di 12 anni.

È poi necessario, per varcare le frontiere indonesiane, effettuare un test PCR nelle 48 ore precedenti la partenza e un ulteriore tampone rapido al momento dell’arrivo in aeroporto. Il test deve essere ripetuto il penultimo giorno di quarantena – che termina solo in caso di esito negativo. Prima della partenza, infine, i viaggiatori devono sottoscrivere un’assicurazione sanitaria che includa anche l’eventuale contagio da Covid. Poiché le disposizioni sono soggette a cambiamenti anche dell’ultimo momento, se state organizzando una vacanza a Bali ricordate di verificare le condizioni d’accesso sul sito ufficiale di Viaggiare Sicuri.

Gli italiani possono andare a Bali?

Bali, e più in generale l’Indonesia, si trova nell’elenco D – secondo quanto previsto dall’ultimo aggiornamento attualmente in vigore. I Paesi inclusi in tale lista sono al di fuori dell’Unione Europea, ma ai cittadini italiani è consentito viaggiarvi anche per motivi turistici. Al rientro è tuttavia obbligatorio compilare il modulo PLF, presentare il Certificato Digitale UE Covid ed effettuare un tampone molecolare o antigenico (rispettivamente nelle 72 ore o nelle 24 ore precedenti l’ingresso in Italia). In caso di mancata esibizione del Certificato Digitale, è obbligatorio effettuare una quarantena fiduciaria di 5 giorni, al termine della quale sottoporsi ad un nuovo tampone.

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Voli in offerta per le nuove mete low cost d’Europa

Ryanair ha appena annunciato l’operativo dei propri voli in partenza dall’Italia della prossima estate. Da Milano è prevista una programmazione record, con 144 voli tra cui tre nuove rotte, quella per Francoforte, per Newcastle, in Inghilterra, e per l’isola di Madeira in Portogallo. Da Roma, è previsto l’operativo estivo più grande di sempre dalle due basi di Roma Fiumicino e Ciampino, con 17 nuove rotte (82 in totale) in tutta Europa, tra cui Berlino, Gran Canaria e Preveza, in Grecia.

Per festeggiare la notizia, la compagnia low cost ha lanciato un’offerta speciale da prenotare entro i prossimi tre giorni, con tariffe a partire da 19,99 euro (a tratta). Si può prenotare entro l’11 febbraio per viaggiare fino a ottobre 2022.

Tra le nuove rotte raggiungibili dai voli Ryanair ce ne sono alcune davvero imperdibili, specie d’estate. Ecco i nostri consigli su dove volare, cosa vedere e perché andarci.

Perché visitare l’isola di Madeira

Conosciuta anche come “giardino galleggiante”, Madeira ha ricevuto proprio pochi mesi fa il World Travel Awards, un prestigioso premio del settore turismo, e per l’ottavo anno consecutivo. A soli 500 chilometri dalle coste africane, grazie alla sua posizione, a Madeira è primavera tutto l’anno. Spiagge, trekking, degustazioni di vino liquoroso locale, il Madera, appunto, surf e vegetazione rigogliosa sono i punti forti di questa meta.

La natura è la protagonista assoluta sull’isola di Madeira. A Funchal, capoluogo dell’isola, è nato quel fenomeno di Cristiano Ronaldo e chissà quante volte è salito sul promontorio di Cabo Girão che, con i suoi 589 metri, è una delle più alte falesie d’Europa oppure ha visitato il villaggio di Santana, quello con la maggior concentrazione di casette colorate. Una vera cartolina di isola.

Perché andare a Preveza, in Grecia

Antico porto di pescatori, ancora poco noto agli italiani, Preveza è la località di mare dove andare in vacanza la prossima estate. Affacciata sul Mar Ionio e nell’estremo Sud-Ovest dell’Epiro, è una tappa imperdibile di chi trascorre le vacanze in barca, che scelgono questo attracco perché molto riparato dai venti settentrionali e orientali.

Un tempo era circondata da forti, molti dei quali ormai distrutti, m alle spalle del delizioso centro storico sono rimasti ben tre castelli, ciò che resta di una storia travagliata, che racconta un susseguirsi di dominazioni, dagli Ottomani ai Veneziani, greci, italiani e persino tedeschi. Lungo i suoi 60 km di costa, s’incontrano alcune tra le più rinomate spiagge, come quella di Monolithi e quella caraibica di Alonaki Fanariou.

preveza

Preveza, in Grecia

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Solo un viaggio potrebbe convincere i “no vax” a vaccinarsi

Un recente studio dimostra che il 77% degli italiani non vaccinati accetterebbe il vaccino se fosse obbligatorio per poter prendere un aereo. Lo studio, condotto dalla dottoressa Valentina Moise, Direttore commerciale di ParkVia, committente della ricerca, dimostra la forte attrattività dei viaggi in aereo e suggerisce che, forse, ci sono dei metodi di approccio più morbidi dell’obbligo vaccinale, che potrebbero incentivare chi non l’ha ancora fatto a vaccinarsi e, di conseguenza, che porterebbero a imporre anche meno restrizioni.

I risultati dello studio sono stati pubblicati dopo l’entrata in vigore delle nuove linee guida introdotte dal Consiglio dell’Unione europea, che prevedono che le restrizioni di viaggio dovrebbero essere su base individuale e mettere in evidenza la vaccinazione o la guarigione dei viaggiatori.

Come viaggiano i “no vax”

Per poter effettuare l’ingresso negli altri Paesi dell’Ue, gli Italiani non vaccinati devono attualmente dimostrare o di essere guariti dal Covid-19 negli ultimi 180 giorni o presentare un tampone negativo effettuato nelle ultime 72 ore (per il test molecolare) o nelle ultime 24 ore (per il test rapido).

E, tra le persone interpellate per la ricerca, soltanto il 14% ha dichiarato di non pensare di vaccinarsi contro il Covid-19 se dovesse diventare un requisito per poter prendere un aereo.

La percentuale della popolazione (dai 12 anni in su) che ha concluso l’intero ciclo vaccinale in Italia è attualmente del 88%. Con i provvedimenti introdotti per gli over 50 non vaccinati e con l’obbligo vaccinale messo in essere da alcuni Paesi europei, i risultati di questo sondaggio suggeriscono che l’obbligo di vaccino per poter prendere l’aereo potrebbe essere una politica efficace per incoraggiare le persone a vaccinarsi.

Voli cancellati per Covid

Il 33% degli intervistati ha dichiarato di aver deciso di cancellare un viaggio in aereo già prenotato a causa di fattori legati al Covid-19. Il principale motivo che gli intervistati hanno indicato per la cancellazione è stato il timore di contrarre il virus mentre si trovavano in viaggio.

Tamponi pre-imbarco (per sicurezza)

A prescindere dalla fine dell’obbligo di tampone prima della partenza per i viaggiatori vaccinati per entrare in molti Paesi dell’Ue a partire dall’inizio di febbraio, il sondaggio mostra anche che il 78% degli italiani continuerà a fare i tamponi su base volontaria prima di salire a bordo di un aereo, con il 9% che ha invece dichiarato che non si sottoporrà più a tampone, qualora non fosse più obbligatorio. Il che “suggerisce che le attuali regole di viaggio all’interno dello spazio Schengen per le persone vaccinate e non vaccinate probabilmente hanno trovato il giusto equilibrio”, spiega la dottoressa.

Sull’alta percentuale di italiani non vaccinati che potrebbero vaccinarsi contro il Covid-19 per poter viaggiare in aereo, la Moise ha detto di essere sorpresa e di aspettarsi “che le persone che non hanno ancora fatto il vaccino fossero meno disposte a cambiare idea per viaggiare e andare in vacanza più facilmente”. E ha aggiunto: “In un certo senso, questo è incoraggiante, perché dimostra la forte attrattività dei viaggi in aereo e suggerisce che forse ci sono dei metodi di approccio più morbidi dell’obbligo vaccinale che potrebbero comunque incentivare un alto tasso di vaccinazione e che potrebbero in ultima istanza portare a meno restrizioni”.

“Con il numero di passeggeri ancora in forte calo rispetto al periodo pre-pandemia, volevamo avere una idea più chiara di come il Covid-19 e i fattori a esso legati, come il vaccino e i tamponi, abbiano influenzato il comportamento delle persone nei confronti dei viaggi in aereo. Sebbene le rigide restrizioni, l’aggiunta dei disagi e la paura di contrarre il virus si siano combinati con il risultato di mantenere la domanda di viaggi aerei molto inferiore rispetto all’epoca pre-pandemia, volevamo capire meglio l’importanza dei fattori più scoraggianti per le persone che pensano di prenotare dei voli”.

Viaggi e restrizioni

Il sondaggio ha rivelato che soltanto il 17% degli intervistati sicuramente non pensa di viaggiare in aereo finché sono ancora in vigore le restrizioni di viaggio legate al Covid-19.

Inoltre, la cosa più scoraggiante per i passeggeri per quanto riguarda il viaggio in aereo è senza dubbio il rischio di vedere il volo cancellato con un breve preavviso. Oltre la metà (il 51%) degli intervistati ha dichiarato che se dovessero viaggiare entro i prossimi tre mesi, sarebbe questo il fattore più scoraggiante del viaggio, con il costo e la scomodità dei test anti-Covid obbligatori e il rischio di perdere il volo a causa delle lunghe code all’aeroporto, che sono stati selezionati dal 19% degli intervistati come il secondo aspetto più scoraggiante.

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Hervé Barmasse, dal “re” Cervino al Nanga Parbat (e ritorno)

La Valle d’Aosta è la sua casa. Tra un’ascesa e l’altra è qui che Hervé Barmasse ama tornare ogni volta. Ha viaggiato dal Pakistan (da dove è appena tornato) alla Patagonia, dal Nepal al Tibet inseguendo la sua grande passione, quella per la montagna. E la sua di montagna è il “re” Cervino, al quale ha appena dedicato un libro intitolato “Cervino – La montagna leggendaria” (ed. Rizzoli).

È il libro “definitivo” sul Cervino, un vero e proprio manuale completo, che racconta la storia delle imprese corredate da tantissime foto. Barmasse ripercorre le tappe principali dell’alpinismo sul Cervino, dalle spedizioni scientifiche alle scalate degli appassionati di oggi.

Tra un impegno e l’altro – il libro e la spedizione sul Naga Parbat, che ha dovuto temporaneamente abbandonare per via del meteo avverso –, prima che affronti nuove avventure, lo abbiamo intercettato per fargli qualche domanda.

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Hervé Barmasse al campo base in Pakistan

Hervé, quante volte sei salito sul Cervino?

“Non le ho mai contate, ma a spanne sono almeno 150 volte sicure. Il primo anno in cui ho lavorato come guida, solo con i clienti in un’estate l’ho scalato circa 15 volte, solo per darti un’idea. Gli svizzeri normalmente le contano, ma io non sono così ‘svizzero’. Diciamo che le salite più belle, quelle che ho fatto anche con i clienti e le mie ‘imprese’, sono più o meno quelle e ognuna ha un sapore diverso. Mai nulla è banale sul Cervino, ogni volta ti regala un’emozione diversa”.

Hai scalato tutte e quattro le pareti del Cervino?

“Tutte e quattro le pareti no, non l’ha fatto ancora nessuno, ma ho scalato tutte e quattro le creste in inverno e in solitaria, una cosa che non aveva mai fatto nessuno nemmeno in cordata. Io come alpinista ho sempre cercato di aprire delle vie nuove e queste si aprono dove ci sono nuove opportunità, ci sono delle pareti che non ti regalano più quell’opportunità, nemmeno la blasonata parete Nord. Chi, come me, vuole esplorare cerca di andare dove non è passato ancora nessuno.

È vero che se riesci a salire sul Cervino riesci a salire su qualunque altra montagna?

“Il Cervino è tra le 82 montagne di 4.000 metri sulle vie normali la più impegnativa. Tutti gli appassionati di montagna la lasciano sempre per ultima perché è più impegnativa. C’è gente che scala gli 8.000 e magari il Cervino non è riuscito a scalarlo”.

Cos’ha questa montagna di diverso dalle altre?

“L’incidenza di morte sul Cervino è molto alta. Se il Monte Bianco o il Monte Rosa sono delle camminate, con ramponi e picozza, qua devi proprio scalare. Chi scala il Bianco non è detto che scali il Cervino, insomma”.

Scalare il Cervino, quindi, non è per tutti. Chi può farlo e chi no?

”Devi seguire un percorso formativo, bisogna andare su preparati, accompagnato da una guida alpina per avere meno problemi. Non è una montagna impossibile, basti pensare che è stata scalata per la prima volta alla fine del 1800, ma è comunque sempre molto impegnativa e anche tutte le persone che ho portato non l’hai mai trovata così banale”.

cervino-valle-aosta

Vista del Cervino in Valle d’Aosta

Un semplice trekker fino a che punto del Cervino può arrivare?

“Si può arrivare fino ai rifugi che sono alla base, più in là normalmente non ci si può spingere. Però c’è stata una guida francese famosa, un personaggio emblematico del mondo della montagna, Gaston Rébuffat, nel dopoguerra, che ha scritto che qualunque cosa si faccia sul Cervino o ai suoi piedi è qualcosa che non ti lascerà indifferente e che quando tornerai a casa ti sentirai una persona cambiata, ed è quello che trovano in molti, perché è una montagna che ha un fascino particolare.

Com’è cambiata la tua attività rispetto a quando Edward Whymper scalò per primo il Cervino?

“Whymper non scalò il Cervino da solo. È diventato famoso perché ha raccontato della sua scalata, ma va ricordato che lui aveva le sue guide davanti che gli aprivano la strada e che nel 1800 le guide omaggiavano il loro cliente dandogli il merito. Un tempo lo facevano tutti. Gli va però riconosciuta la sua grande perseveranza e la grande ambizione di riuscire in un progetto che sembrava destinato ad alpinisti più capaci di lui, invece lui in pochi anni è riuscito ad accorciare le tappe di quello che faceva una persona in montagna ed è riuscito ad ottenere il risultato per la sua perseveranza e credeva in qualcosa che gli altri credevano impossibile. Oggi è cambiata soprattutto l’attrezzatura e quello che una volta era per pochi ora è per tanti. C’è più sicurezza. Gli ausili tecnologici ci garantiscono di poter progredire con una maggior percentuale di sicurezza e dico percentuale perché in montagna la sicurezza non la può garantire nessuno perché la natura non la puoi controllare.

E poi c’è conoscenza perché non solo la tecnologia è migliorata, ma noi abbiamo una cultura sulla montagna che è assolutamente più importante di quella che si aveva fino a poco tempo fa. Anche perché tra le attività chiamiamole da esploratore l’alpinismo in realtà è molto giovane come attività. Inizia alla fine del 1700 sul Monte Bianco e il mondo lo avevamo già esplorato, mancavano l’Artide e l’Antartide ma tutto il resto più o meno lo si conosceva già. La montagna allora era considerata la spazzatura del mondo, invece ora sappiamo che più del 60% delle acque del mondo provengono da territori di montagna, quindi la conoscenza della montagna è proprio cambiata”.

Come ambasciatore del Cervino e della tua regione, pensi di aver contribuito alla promozione turistica?

“Io mi sento promotore della bellezza che, per fortuna, mi accompagna nella vita, lo faccio molto di più nei confronti della Regione Valle d’Aosta, che è la regione dove abito, ma in generale della montagna. A me piace divulgare la montagna, le tradizioni e cercare di portare quello che a me regala a conoscenza degli altri. Non mi sento testimonial, ma mi piace essere promotore di qualcosa che a me regala tanto e che possa essere condiviso con le altre persone”.

Se dovessi dare dei consigli a qualcuno che desidera fare il tuo lavoro cosa gli diresti?

“Di non farlo per denaro, di essere disposto a fare dei sacrifici, come si fa in tutti i lavori, e di farsi guidare dalla passione. Bisogna capire cosa piace fare nella vita e se quello che piace fare può diventare anche un lavoro allora è una persona fortunata, come mi reputo io”.

Ci vuoi raccontare la tua avventura sul Nanga Parbat?

“L’idea è nata per cercare di essere ancora una volta esploratore. In questo caso l’esplorazione era, tra l’altro, proprio dell’essere umano, nel senso che nessuno mai ha tentato di scalare la parete Rupal d’inverno e in uno stile pulito che si chiama ‘stile alpino’, che necessita per forza di allenamenti più specifici e maggiori rischi. E dunque un’avventura che normalmente gli altri alpinisti hanno giudicato impossibile. Invece, tentare una cosa che gli altri reputano impossibile e farsi un’idea di ciò che è veramente già quello è molto appagante, al di là del risultato che poi non abbiamo conseguito. Essere un po’ esploratore dei limiti mentali e fisici dell’uomo è qualcosa di molto suggestivo e, devo essere sincero, dopo la nostra esperienza non siamo (oltre a Hervé c’erano anche David Göttler e Mike Arnold, ndr) tornati indietro delusi, siamo ancora più convinti che questa cosa si possa fare e il bello è che se si riuscisse a fare questa cosa concretamente dimostreremmo che le montagne di 8.000 metri, anche nelle condizioni più difficili, sulla parete più grande del mondo, si possono scalare in modo pulito ovvero nello stile tradizionale.

In quello himalayano normalmente vengono distese delle corde, la montagna viene scalata a pezzettini, vengono fissati i campi e poi tutto quel materiale, dalle corde alle tende, spesso viene abbandonato sulla montagna e così l’alpinista contribuisce a plastificare piano piano, La nostra ambizione è quella di cercare di raggiungere non soltanto un risultato sportivo, ma anche aprire una nuova frontiera di come si possono scalare le montagne. D’inverno è la condizione più estrema, però se si riuscisse sarebbe un grande messaggio. In questo momento noi cerchiamo di rompere degli schemi, siamo in una fase di rottura col passato però si deve passare anche attraverso questo tipo di rottura per cercare di avere qualcosa di meglio per il futuro”.

Che soluzioni avete trovato per non lasciare spazzatura sulla montagna?

“Sull’Everest vengono fissati quasi 6.000 metri corda ogni anno e quelle corde non riescono a riportarle giù e la maggior parte, come anche tende e attrezzature, vengono abbandonate. È sempre stato così e questo è lo stile tradizionale, soprattutto d’inverno. La nostra idea è quindi lo stile alpino o stile pulito ovvero noi partiamo con uno zaino da 10 chili, abbiamo la tenda, il sacco a pelo e la corda, una o due al massimo, che utilizziamo per salire o scendere dalla montagna. Dunque, quando noi partiamo tutto il materiale sale con noi e scende con noi, così la montagna rimane pulita”.

Lasciare le corde e il materiale non può però essere in qualche modo utile a chi viene dopo di te, però?

“Dipende da quello che si vuole dalla vita: se uno vuole prendere la funivia al posto che camminare… In montagna e nella tradizione dell’alpinismo non si sono mai cercate delle scorciatoie. Sicuramente l’attrezzatura tecnologica deve facilitare le cose, ma non per questo se quell’attrezzatura è fonte di inquinamento deve continuare a usarla”.

Perché hai dovuto rinunciare?

“Le probabilità di riuscire in un’impresa come questa erano forse dell’1%. Chi ci dà le previsioni del tempo ha visto l’arrivo del Jet Stream con venti che arrivano fino a 200 km orari e che quando permane in quota può rimanere anche più di un mese e quindi noi saremmo rimasti bloccati al campo base. Quando abbiamo preso la decisione eravamo molto dubbiosi perché spesso le previsioni del tempo sbagliano qua immagina là. In realtà, fino a oggi ha dimostrato di avere ragione. Avremmo dovuto decidere di quanto allungare la spedizione ovvero di un mese. Normalmente, quando il vento poi cala di solito arriva la neve e questo avrebbe reso impossibile scalare la montagna. Noi ci eravamo dati il limite del 28 febbraio e quindi abbiamo dovuto rinunciare, semplicemente per la mancanza di giornate di bel tempo”.

È stato difficile viaggiare in questo momento, visto il periodo e le restrizioni per il Covid?

“In Italia abbiamo forse le misure più restrittive. Non è stato facile per altri motivi, come la crisi afghana, quindi spesso eravamo scortati dai militari e la loro responsabilità nei nostri confronti è stata incredibile. Eravamo quasi più scrupolosi noi nei loro confronti che chi ci ha aiutato a portare il materiale al campo base, noi siamo partiti con 70 tamponi e cercavamo di farli alle persone che entravano in contatto con noi per non far rischiare nulla a loro, è stata una spedizione Covid free quindi, anche se, a differenza da altri campi base, eravamo solo noi, quindi era facilmente gestibile. E una volta che sei in montagna non si più in contatto con nessuno. Certo, a differenza dalle altre spedizioni (ho già fatto più di otto spedizioni in Pakistan) c’è stato bisogno di prendere precauzioni anche perché stare male là non sarebbe stato bello”.

In tutte le tue scalate non hai mai avuto paura?

“Altroché. La paura serve ed è quella che ti fa tornare indietro nel caso in cui le condizioni della montagna non siano buone o tu non sia preparato bene fisicamente. La paura è un termometro, un campanello d’allarme che ti aiuta a sopravvivere, per me deve sempre esserci, è quella che ti fa mettere giudizio e che ti fa provare emozioni”.

Quale insegnamento ti ha lasciato questa esperienza?

“Qualsiasi esperienza è un insegnamento”.

Hai già una data di ripartenza per provarci di nuovo?

“Il prossimo inverno è ancora lontano, ma sicuramente, a meno che non ci siano cause di forza maggiore, ci riproveremo. Da qui all’anno prossimo ci sono altri progetti, ma ci sarà tempo per parlarne. Adesso intanto vado ad allenarmi, per me è sempre un piacere. Di solito dopo una spedizione l’allenamento è un po’ più blando, però in generale lo faccio quasi tutti i giorni”.

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La spedizione sul Nanga Parbat di Hervé Barmasse con David Göttler e Mike Arnold

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Nel cuore di questo ghiacciaio esiste un palazzo incantato

Esistono luoghi, in ogni parte del globo, che ci ricordano che il mondo che abitiamo è un posto meraviglioso. Sono le opere architettoniche e quelle scultoree costruite dall’uomo alle quali si affiancano anche tutti quei capolavori che portano la firma di Madre Natura. Come quel ghiacciaio in Tirolo che nasconde nelle viscere della terra il suo tesoro più prezioso.

Ci troviamo nella conosciuta e suggestiva Zillertal, la più grande delle valli della Inntal nel Tirolo Austriaco. È qui che, immerso in cento sfumature di un blu quasi surreale che fanno da contrasto alle bianche trasparenze del ghiaccio, si trova un regno incantato. Un palazzo di 15 metri che si nasconde all’interno di un ghiacciaio.

Tirolo: il regno di Frozen in un ghiacciaio

Il Natur Eis Palast, letteralmente Palazzo naturale di ghiaccio, si trova all’interno del ghiacciaio dell’Hintertux, già meta prediletta di tutti gli amanti degli sport invernali. La porta di accesso per questo viaggio straordinario si trova a 3.250 metri di altitudine, da qui è possibile entrare all’interno di una grotta e attraversare questo magico e suggestivo universo di ghiaccio.

Viaggio all'interno del ghiacciaio di Hintertux

Viaggio all’interno del ghiacciaio di Hintertux

Un palazzo che è un vero e proprio capolavoro unico al mondo e porta la firma di Madre Natura. Si è formato a seguito di una profonda crepa all’interno del ghiacciaio Hintertux, la stessa che oggi ci permette di entrare nel suo ventre. Un labirinto che si snoda a una profondità di circa 25 metri sotto le piste da scii presenti sul territorio e che offre delle visioni straordinarie e idilliache.

Ci sono le camere di cristallo che, come il nome stesso suggerisce, sono contraddistinte dalla presenza di cristalli di ghiaccio che sono in eterna mutazione, c’è la camera del vestibolo glaciale, il fiume, i laghi e le cascate ghiacciate. Tutto qui sotto assume i contorni favolistici di una realtà surreale, quella di un regno gelato tutto da scoprire.

Natur Eis Palast: tutte le attività

Entrare all’interno del Palazzo naturale di ghiaccio nel Tirolo austriaco è un’esperienza straordinaria da fare almeno una volta nella vita in solitudine, in coppia o con la famiglia. Questo regno magico è aperto tutto l’anno e consente di vivere un’esperienza al di fuori dall’ordinario.

Viaggio all'interno del ghiacciaio di Hintertux

Viaggio all’interno del ghiacciaio di Hintertux

La visita si svolge in totale sicurezza con tanto di casco e cintura e inizia attraversando una sala d’ingresso immersa in questo azzurro quasi mistico. Dopo di che si prosegue per le sale di ghiaccio, il laghetto e una cappella illuminata da luci rosse fino ad arrivare al cuore di questo regno: palazzo alto 15 metri.

Si può scegliere di visitare il ventre di ghiacciaio a piedi, seguendo il percorso e attraversando i cunicoli tra incanti giochi di ombre e luci, oppure vivere un’avventura al di fuori dall’ordinario. Il palazzo, infatti, è visitabile anche con un gommone che naviga sul piccolo fiume che attraversa gli interni di Hintertux, in alternativa – e per i più allenati – è possibile anche remare sul corso d’acqua sopra uno Stand Up Paddle.

I più temerari, infine, possono scegliere di attraversare il crepaccio a nuoto e provare il brivido di fare il bagno in un ghiacciaio. La temperatura è da brividi, raggiunge infatti i -0,2 gradi sotto lo zero. Ma se avete una certa preparazione sportiva, tanta audacia e un pizzico di follia, una visita nel palazzo naturale di ghiaccio può trasformarsi in un’avventura indimenticabile.

Viaggio all'interno del ghiacciaio di Hintertux

Viaggio all’interno del ghiacciaio di Hintertux

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Il turismo di nicchia sta spopolando tra i giovani

Ma quali mete di turismo di massa o solite destinazioni: il turismo di nicchia sta crescendo tra i giovani viaggiatori e i Millenials. A rivelare il nuovo trend è stato GlobalData, che ha recentemente pubblicato il rapporto “Niche Tourism, 2022 Update – Thematic Research “, risultato di una ricerca sui dati degli ultimi tre anni in merito al cambiamento dell’approccio dei turisti, nel tempo.

Il viaggio è personalizzato e di nicchia

Ebbene, il pacchetto pre confezionato, l’esperienza standard e la meta sulle solite rotte, non piacciono più. A farla da padrone è il su misura, il luogo scelto per le attività da svolgere o per i prodotti enogastronomici locali. Un turismo di nicchia che sta crescendo maggiormente e in modo decisamente veloce, tra le giovani generazioni, Gen Z e Millennials che preferiscono itinerari personalizzati di ogni tipo, sia che si tratti di vacanze outdoor avventurose, tour di gusto o viaggi spirituali incentrati sulla pratica dello yoga.

Tra gli esempi di viaggi di nicchia ci sono le vacanze attive ispirate a discipline come trekking, Nordic Walking, yoga, surf, ma anche sci, golf e soprattutto cicloturismo. E poi ancora, il turismo rurale con birdwatching, trekking, ma anche vita contadina fatta di lavoro in fattoria e in stalla, dalla raccolta dei prodotti alla vendemmia, fino alla cura degli animali. Allo stesso modo stanno prendendo sempre più piede, le vacanze sostenibili, a basso impatto ambientale e all’insegna del rispetto di ecosistema e tradizioni locali, e i viaggi pet-friendly.

Viaggiatori Gen Z e Millenials

Chi sono questi viaggiatori che amano sempre di più destinazioni ed esperienze inusuali ed autentiche? Sono giovani nati tra il 1991 e il 2005, i cosiddetti appartenenti alla “Generation Hashtag”: il 27% degli intervistati della Gen Z e il 26% dei Millennials hanno risposto che preferirebbero sempre un prodotto personalizzato rispetto a uno più generico, nell’organizzazione di un viaggio e nella scelta di una meta.

A crescere maggiormente negli ultimi tre anni, inoltre, sono state alcune categorie di viaggio specifiche: avventura, gastronomia, LGBTQ+, benessere o viaggi ecologici con grande interesse al tema della sostenibilità e del green.

Perché i viaggi di nicchia attraggono i giovani?

Verrebbe da dire: perché sono inusuali, nuovi, più interessanti. Ed è tutto vero, ma a giocare un ruolo determinante sono ancora una volta i social network. La generazione hashtag, infatti, utilizza moltissimo i social media, rispetto alle altre generazioni, e agiscono con una mentalità da influencer, anche senza lavorare come tali. Mostrando sui propri canali, attraverso foto, video, e contenuti, le destinazioni o i luoghi poco conosciuti ai propri follower, riescono a suscitare interesse negli altri. Le esperienze uniche, meno scontate, hanno decisamente più appeal. Spesso, poi, è la stessa “instagrammabilità”, e quindi il funzionare bene sui social, ad indirizzare le scelte una meta piuttosto che un’altra.

È lo stile di viaggio a cambiare. Viene cucito su misura in base alle esigenze, i gusti e le preferenze del viaggiatore. Anche le strutture ricettive, alla luce di questo trend, stanno puntando sempre di più sulla differenziazione e personalizzazione del servizio, due caratteristiche che abbiamo visto essere i fondamenti dei nuovi trend turistici.

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“È stata la mano di Dio”, le location del film candidato agli Oscar

Un viaggio, una cartolina densa di sentimenti quella raccontata da Paolo Sorrentino nel suo nuovo film “È stata la mano di Dio”, candidato italiano agli Oscar e ai Golden Globe 2022. Tra le location si riconoscono i simboli di Napoli, da piazza Plebiscito al Lungomare, al Vomero; gli scorci della penisola Sorrentina e Capri, luoghi cari al regista che così ha voluto omaggiare la sua terra.

Basti pensare che la casa del protagonista Fabio Schisa (interpretato dalla rivelazione Filippo Scotti) e della sua famiglia, è proprio il palazzo in cui ha abitato, al Vomero, quartiere collinare-bene della città. Ecco tutti i luoghi del film.

Piazza del Plebiscito e Galleria Umberto I: i simboli di Napoli

All’inizio del film, ecco che si palesa subito uno dei simboli di Napoli: Piazza del Plebiscito. Ovviamente, per esigenze di scena, la piazza ha tutto il fascino anni Ottanta del periodo. Qui protagonisti sono zia Patrizia, interpretata da Luisa Ranieri, mentre aspetta l’autobus e viene corteggiata da San Gennaro (Enzo Decaro).

Un altro luogo simbolo della città partenopea è ancora nel cuore di Napoli: Galleria Umberto I, set di due scene fondamentali nello sviluppo della storia, dove si riconoscono anche altri due luoghi: via Toledo e piazzetta Matilde Serao.

Il lungomare e lo stadio con il mito di Maradona

Come poter parlare di Napoli senza far vedere il mare o citare Maradona? Impossibile. Infatti Sorrentino prende per mano lo spettatore e lo porta a vedere quanto è bello il lungomare di Napoli, visto dall’acqua. Si tratta della primissima scena del film.

La “mano de Dios” che dà il nome al film, ovviamente è quella di Diego Armando Maradona e dello stadio che ha preso il suo nome dopo la morte. Il campo del San Paolo di allora diventa il set in cui il protagonista e il fratello guardano il campione argentino allenarsi nel 1984.

Il Vomero: la casa di Sorrentino

Tra le location del film “È stata la mano di Dio” c’è anche il quartiere di Sorrentino, il Vomero, zona collinare che domina quasi tutta Napoli. Nel palazzo in cui il regista ha vissuto la sua adolescenza, in via San Domenico, si trova la casa del protagonista che altro non è che l’alter ego del regista, essendo la pellicola quasi interamente autobiografica.

Le vedute su Sorrento e la piazzetta di Capri

Si lascia la città per qualche scena. Napoli alle spalle, la vista spazia sulla Penisola Sorrentina. A Villa Giusso Astapiana a Vico Equense, è stata ricavata la location perfetta per la casa delle vacanze estive. Nel mare che bagna Massa Lubrense, invece, è stata girata la scena della famiglia in barca, e del passaggio del contrabbandiere Armando. Fabio e Armando, poi, stringeranno amicizia, e si troveranno a far mattate nella famosa piazzetta di Capri, deserta.

La scena cult ai Campi Flegrei

Il rito iniziatico verso il cinema di Paolo Sorrentino-Fabio Schisa, ossia quanto il ragazzo capisce di voler fare cinema e lo confida al maestro regista Capuano, è ai Campi Flegrei. I due, di notte, attraversano una serie di grotte marine, e arrivano davanti al mare della Piscina Mirabilis, a Bacoli, per una delle scene più emozionanti di tutto il film.

CNN consiglia Napoli viaggio 2022

Napoli Piazza del Plebiscito

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I puffi (e non solo) diventano protagonisti dei passaporti belgi

Probabilmente il passaporto è uno dei documenti più cari a ogni viaggiatore, dato che è proprio grazie a questo che è possibile entrare e passare per altri stati, per poi tornare in quello della propria cittadinanza. Uno strumento di identificazione individuale che spesso si traduce in un vero e proprio omaggio ai nostri viaggi più belli.

Chi ama viaggiare, infatti, conserva con orgoglio il proprio passaporto perché è li che sono custoditi, alla stregua di un tesoro prezioso, i timbri di ingresso e di uscita. Si tratta di simboli di vanto che testimoniano le esperienze e le avventure e che in qualche modo preservano il ricordo del viaggio. Alcuni, poi, sono davvero singolari e bellissimi, degni da collezione.

Passaporti Belgio: originali e bellissimi

Perché oggi vi parliamo di passaporti? Perché presto tutti i cittadini del Belgio potranno sfoggiare un documento di viaggio davvero unico e bellissimo, ma anche più sicuro. A partire dall’8 febbraio 2022, infatti, i passaporti belgi saranno contraddistinti da colori e disegni che altro non sono che raffigurazione di avventure di Tintin e dei Puffi.

Forse non tutti sanno che il Paese è la patria di alcuni dei fumetti più amati al mondo, motivo per il quale è stato scelto di introdurre questi disegni in documento così importante. Una vera e propria valorizzazione dell’identità del Belgio che ha dato vita a personaggi iconici come quelli dei Puffi, nati come fumetto e trasformati in cartoni animati e film, Lucky Luke, Blake e Mortimer nati dalle menti creativa e visionaria di Hergé e Peyo.

In Belgio, ora non si parla d’altro. E come potrebbe essere altrimenti? Da quando la ministra degli esteri di Bruxelles, Sophie Wilmès, ha dato la notizia, questa è rimbalzata da una parte all’altra del Paese e del web. Per la prima volta, infatti, il passaporto, da documento imprescindibile del viaggio, diventa anche uno strumento per omaggiare la cultura locale.

Inoltre, la ministra degli esteri, ha fatto sapere che le novità non riguardano solo il design originale e unico, che rende quasi il documento un oggetto da collezione, ma anche la sicurezza che viene aumentata per contrastare le truffe.

Belgio, la patria dei fumetti

Dopo l’entusiasmo della notizia vale la pena scoprire le motivazioni che si nascondono dopo questo cambiamento che, come vi abbiamo anticipato, riguarda la cultura stessa del Paese che ha dato vita ad alcuni dei personaggi più iconici della nostra infanzia.

I Puffi, Tintin e Lucky Luke sono solo alcuni dei protagonisti dell’immaginario fumettistico che tutti conosciamo, gli stessi che sono nati dalle penne di creatori e artisti del Belgio. Una realtà, questa, che ha reso inevitabilmente il Paese come la patria della nona arte.

Le avventure di Tintin, che portano la firma di Hergé dal lontano 1929, sono forse quelle più conosciute in tutto il Belgio e non solo, dato che le vicende che si snodano attorno all’omonimo personaggio principale, sono state tradotte in più di 50 lingue. A lui si affiancano i personaggi blu che tutti conosciamo.

I Puffi sono stati ideati nel 1958 da Peyo come personaggi secondari nella striscia a fumetti di John e Solfamì. Visto il loro grande successo, però, in poco tempo hanno meritato delle avventure tutte loro e si sono trasformati prima in cortometraggi a disegni animati, poi in cartoni e film.

Questa storia d’amore tra il Paese e i fumetti è celebrata anche a Bruxelles, non solo capitale del Belgio, ma anche città dei fumetti. Tra le strade, i quartieri e le piazze, infatti, eroine e gli eroi delle strisce a fumetti sono diventati parte integrante della scena urbana con raffigurazioni che fanno capolino tra i muri e gli edifici della città.

Iconica è la celebre Comic Book Route, conosciuta anche come strada dei fumetti di Bruxelles, che conserva oltre 50 murales tra gli edifici dei quartieri di Laeken e Auderghem.

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Le location della fiction Tv “Lea – Un nuovo giorno” con Anna Valle

Nella fiction Tv di Rai 1 “Lea – Un nuovo giorno”, Anna Valle è Lea, un’infermiera specializzata che, dopo un anno di aspettativa, torna al proprio lavoro nel reparto di pediatria dove lavorava, prima di un periodo difficile che è riuscita a superare trasformando il proprio dolore in un dono.

L’ospedale è quello di Ferrara, la cittadina gioiello dell’Emilia. Le vicende di Lea s’incrociano a quelle dell’ex marito Marco (l’attore Giorgio Pasotti) e dell’ex amica Anna, nuova compagna di Marco, e di Rosa, la sua migliore amica.

Per via del Covid, non si sono potute effettuare riprese all’ospedale Cona della città, che quindi sono state fatte negli studi cinematografici di Roma. Le scene esterne invece mostrano una Ferrara autentica e sempre bellissima.

La Chiesa di Santo Stefano Protomartire

Si riconosce la Chiesa di Santo Stefano Protomartire, una delle più antiche chiese cittadine, edificata prima del XI secolo in una Ferrara che si stava sviluppando lungo la riva sinistra del Po, accanto a un corso d’acqua poi interrato e divenuto, in seguito, piazza Saint’Etienne.

La piazza del Municipio

Caratteristiche sono anche le vie del centro storico, tra cui via Boccaleone, nei pressi della cattedrale, e la vicina piazza del Municipio, dove si trova anche il Comune, che fu la prima dimora degli Este, una delle più longeve famiglie regnanti in Europa. Questa piazza è famosa per l’imponente scalone d’onore di marmo bianco costruito nel 1481 su disegno di Pietro Benvenuto degli Ordini, con una copertura a volta e una cupola centrale e delle arcate in stile rinascimentale, mentre la balaustra di marmo è in stile gotico medievale. Nella piazza si svolgono spesso delle manifestazioni, come le prove degli sbandieratori durante i giorni che precedono il Palio di Ferrara, il più antico del mondo, o il mercato contadino con prodotti tipici della zona o altri eventi aperti al pubblico.

La Rotonda Foschini

Tra i luoghi più magici di Ferrara che hanno fatto da sfondo alla fiction c’è anche la Rotonda Foschini, che si trova dietro al castello. Quasi nascosta alla vista dei visitatori, per trovarla bisogna conoscere il punto esatto. È un piccolo cortile di forma ovale, parte integrante dell’architettura del Teatro Comunale di Ferrara, dedicato, come suggerisce il nome, ad Antonio Foschini, uno dei due progettisti del teatro (l’altro era Cosimo Morelli). Un tempo la rotonda era nata come luogo di transito delle carrozze che andavano da corso Martiri della Libertà a corso Giovecca. Negli anni Venti dell’Ottocento furono eseguiti i primi restauri che portarono all’abbellimento della volta con una rappresentazione dell’Apoteosi dell’Ariosto. Oggi, la Rotonda non è più aperta al traffico, ma è adibita a zona pedonale e l’illuminazione che è stata aggiunta crea uno scenario, soprattutto nelle ore serali, davvero magico.

Il Castello Estense

Infine, nella fiction con Anna Valle è ben riconoscibile l’immancabile Castello Estense o Castello di San Michele, icona indiscussa di Ferrara, al centro di molte scene. Commissionato da Niccolò II d’Este all’architetto Bartolino da Novara, già firma del castello di Pavia e del castello di Mantova, il Castello Estense aveva inizialmente una funzione difensiva: il marchese aveva bisogno di un luogo dove rifugiarsi e da cui organizzare un’eventuale repressione, dopo la rivolta del popolo per l’ennesimo aumento delle tasse.

Oggi, visitare il Castello Estense significa fare un viaggio nella storia, perdendosi nelle sue infinite sale. Al piano terra sono in bella vista gli alberi genealogici della distanzia estense e le effigie degli antenati, parte di una propaganda di corte volta ad attestare la maggior vetustà, e quindi la maggior nobilita, della Casa d’Este rispetto a tutte le altre stirpi della nostra Penisola. Al primo piano si trova la Loggia degli Aranci o Giardino Pensile, dove ancora oggi si possono ammirare aranci piantati in grandi mastelli di legno e le numerose stanze affrescate una più bella dell’altra (a questo link tutte le informazioni sul Castello Estense).

Castello Estense Ferrara

Il Castello Estense a Ferrara

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Piemonte: la caccia più romantica dell’anno ha inizio

Uno strano e suggestivo fermento c’è nell’aria nei giorni immediatamente precedenti a San Valentino e questo non stupisce. Le coppie di viaggiatori di tutto il mondo sono alla ricerca di nuove destinazioni da raggiungere, siano queste estremamente romantiche, magiche o avventurose.

Ma non sono gli unici a manifestare un certo fervore, dall’altra parte, infatti, le strade, i quartieri e le piazze delle città che conosciamo si abbigliano a dovere con il solo obiettivo di celebrare l’amore universale. Ed è quello che sta succedendo in una regione d’Italia, e più precisamente nelle città del basso Piemonte, dove sta per partire un’originale caccia al tesoro dedicata agli innamorati d’Italia e del mondo intero.

Romantiche postazioni in Piemonte

Sono 17 i comuni del basso Piemonte del Distretto del Novese che hanno aderito a quella che possiamo considerare l’esperienza più romantica e avventurosa di questo San Valentino dedicata ai cittadini e alle coppie di viaggiatori.

Succede che in questi giorni, tutte le panchine che puntellano l’intero territorio, siano queste panoramiche o solo di passaggio, si preparano a trasformarsi nel luogo perfetto dove celebrare l’amore. Le sedute in città, infatti, saranno addobbate con cuori e simboli romantici di ogni forma e dimensione. Un vero e proprio Selfie Corner da condividere con la propria dolce metà per celebrare l’amore e San Valentino.

Si possono scattare fotografie, con la garanzia che queste siano davvero instagrammabili, o ci si può semplicemente riposare e rilassare dopo una passeggiata in città. Quelle più panoramiche offrono una suggestione in più: la vista su un territorio meraviglioso tutto da conoscere ed esplorare.

L’obiettivo, del resto, è proprio quello di offrire nella semplicità di una panchina, la visione sugli scorci della città, da una postazione estremamente romantica, per trascorrere una giornata e un momento condiviso all’insegna dell’amore.

A caccia di panchine romantiche: come funziona l’iniziativa

Che stiate organizzato un viaggio in Piemonte in occasione di San Valentino o una gita fuori porta in questo magico territorio, è doveroso partecipare a questa bizzarra e divertente avventura. La caccia al tesoro, o meglio alla panchina, inizierà il 13 febbraio e avrete dalla vostra parte più di un aiuto per trovarle tutte, o solo quelle che più vi ispirano.

Sono 17 i comuni che al momento hanno aderito a questa iniziativa romantica, ma altri potrebbero presto aggiungersi, e sono Arquata Scrivia, Borghetto di Borbera, Capriata d’Orba, Carrosio, Cassano Spinola, Fresonara, Grondona, Lerma, Montaldeo, Mornese, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, Serravalle Scrivia, Tassarolo, Villalvernia e Voltaggio.

Ad aiutare le coppie in questa caccia al tesoro ci penserà l’applicazione Visit Distretto del Novese che, proprio nei prossimi giorni, pubblicherà le coordinate per trovare le panchine trasformate in romantici Selfie Corner dal 13 febbraio fino a fine mese.

Non solo panchine, però, questa caccia al tesoro permetterà a cittadini e viaggiatori di scoprire e riscoprire i luoghi più suggestivi del territorio attraverso l’arte, la cultura e i panorami che lasciano senza fiato. Non mancano, ovviamente, le eccellenze gastronomiche.

Prima di raggiungere la vostra panchina, infatti, vi raccomandiamo di fare scorta di baci di dama, per concludere l’esperienza nel mondo più dolce che c’è.