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Da Populonia a Cala del Lupo, un trekking di mare lungo il Sentiero dei Cavalleggeri

È scoccata l’ora della primavera. Passato l’equinozio, è il momento di tornare a preparare, progettare e percorrere itinerari a stretto contatto con la natura.

Nei mesi di aprile, maggio e giugno, quando il primo sole comincia a scaldare le membra ma ancora non si erge con la minacciosa insistenza dei mesi estivi, combinare strepitose spiagge sul mare con una escursione su promontori coperti di macchia mediterranea e fitte pinete è un’esperienza da non perdere.

Sono le caratteristiche che offre il sentiero che collega Populonia, piccola frazione situata sulle alture del promontorio che domina il golfo di Baratti, a Cala del Lupo, una piccola gemma nascosta tra le varie insenature che caratterizzano il medesimo promontorio.

Populonia, che è in passato è stata una delle più grandi città etrusche ed è centro di un parco archeologico dedicato, si trova nella parte meridionale della provincia di Livorno, non lontano dalla città portuale di Piombino, di fronte all’Isola d’Elba.

È uno dei tratti di mare più belli della costa tirrenica, che combina i risvolti blu e turchesi del mare con una natura selvaggia e poco antropizzata.

Fonte: Lorenzo Calamai

Cala del Lupo, una spiaggia di piccoli sassi e mare cristallino

Come arrivare

Baratti, punto di partenza della nostra escursione, è una piccola ma nota località turistica che si trova a metà strada della linea del litorale toscano sul mar Tirreno.

Riparato dal promontorio di Populonia, il Golfo di Baratti offre grandi spiagge e acqua cristallina. Oltre ad essere destinazione balneare, Baratti sorge all’interno del Parco archeologico di Baratti e Populonia, uno dei più importanti siti di ritrovamenti archeologici etruschi.

Per arrivare a Baratti da nord si deve raggiungere Livorno e percorrere la E80 (ex SS1) fino all’uscita di San Vincenzo nord. Da qui, attraverso la Strada provinciale della Principessa, che percorre tutto il lungomare a fianco della pineta di San Vincenzo, si giunge in circa 14 chilometri a Baratti.

Fonte: Lorenzo Calamai

I panorami naturalistici lungo il percorso non mancano

Da sud, il percorso migliore consiste nell’imboccare la E80 e percorrerla fino all’uscita di Venturina e seguire le indicazioni stradali per arrivare, attraverso la Strada provinciale delle Caldanelle, in paese.

Percorrete fino in fondo la strada che conduce al porticciolo: troverete le indicazioni per imboccare la strada in salita che sale verso il borgo medievale di Populonia, che oltre alla necropoli etrusca ha conservato anche le imponenti fortificazioni del XV secolo.

Dopo qualche tornante e circa un chilometro e mezzo, prima di raggiungere Populonia, troverete un ampio spiazzo sabbioso sulla sinistra, chiamato il Reciso. Si tratta del luogo ideale dove lasciare la vostra auto e dare il via all’escursione.

Lungo il Sentiero dei Cavalleggeri

L’escursione da Populonia a Cala del Lupo è lunga poco meno di 5 chilometri, dura circa 2 ore e passa per tre splendide spiagge dove poter fare il bagno nell’acqua cristallina, oltre a offrire panorami fantastici sul selvaggio promontorio di Populonia e, nei giorni di buona visibilità, vista sull’Isola d’Elba e sulle altre isole dell’Arcipelago toscano.

Il sentiero non presenta particolari difficoltà altimetriche, se non per un tratto finale in salita per tornare al parcheggio del Reciso. Il terreno è un po’ accidentato ed è ripido nel tratto iniziale, che scende piuttosto rapidamente verso la prima spiaggia, Buca delle Fate. Sicuramente un sentiero per cui si raccomandando calzature adeguate a una escursione, più che a una gita al mare.

Fonte: Lorenzo Calamai

Bagno sulla sassosa spiaggia di Buca delle Fate

L’itinerario da seguire è parte del più lungo Sentiero dei Cavalleggeri, che collega Baratti a Piombino costeggiando tutta l’area verde del promontorio. Una buona opzione per gambe ben allenate, visto che sfiora i 20 chilometri di percorrenza.

Il sentiero che dal parcheggio porta a Cala del Lupo e ritorno ne è comunque la sezione più affascinante: partite accedendo al sentiero attraverso i due scalini in legno che separano l’area dove avete lasciato l’auto dalla pineta, che già emana balsamici profumi mediterranei. Dirigetevi verso sinistra e scendete lungo la traccia.

La prima caletta che si raggiunge dopo meno di un chilometro di percorso è Buca delle Fate, un luogo magico molto frequentato in estate, ma che in primavera conserva le sue caratteristiche peculiari: una spiaggia di sassi e scogli raccolta, silenziosa e nascosta sotto una scogliera con un ampio pianoro dal quale godere di una vista fantastica sull’Isola d’Elba.

Fonte: Lorenzo Calamai

Lo strepitoso panorama dai faraglioni che sovrastano Buca delle Fate, all’orizzonte l’Isola d’Elba

Il sentiero prosegue mantenendosi vicino alla scogliera, e offrendo di quando in quando alcuni begli scorci panoramici, che si aprono nella macchia mediterranea. Bastano poche centinaia di metri per raggiungere Cala San Quirico, una distesa di ciottoli alla foce di un piccolo fosso quasi sempre in secca. Vicino alla spiaggia una piccola area attrezzata con tavoli da picnic al riparo dell’ombra dei pini offre un contesto ideale per passare una giornata.

Verso Cala del Lupo

Attraversando Cala San Quirico il sentiero prosegue oltre con uno strappetto che recupera un po’ di quota rispetto al livello del mare. Da questa posizione ombreggiata si godono dei migliori panorami sul promontorio appena percorso, volgendosi all’indietro verso Buca delle Fate e Cala del Lupo.

Fonte: Lorenzo Calamai

Cala San Quirico

Il sentiero si addentra leggermente nel bosco. Proseguite fino a quando il percorso non attraverserà un tratto allo scoperto, con solo bassi arbusti a circondarvi. Da qui potrete vedere davanti a voi il promontorio di Punta della Galera e, subito prima, Cala del Lupo.

Una volta tornati al coperto del bosco, troverete un accidentato sentiero che scende evidentemente verso la spiaggia, calando dalle rocce digradanti fino ai levigati ciottoli che compongono questa selvaggia e isolata spiaggia dalle acque turchine. Attenzione, perché l’ultimo passaggio dal bosco alla roccia degli scogli è molto ripido.

Fonte: Lorenzo Calamai

Cala del Lupo in una calda giornata di primavera invita sempre a un bagno

Cala del Lupo è un piccolo paradiso nascosto. Ha un’ampia spiaggia di piccoli sassi e sabbia, contornati da ampi scogli piatti. Vista la difficoltà nel raggiungere il luogo non sono molti coloro che si avventurano fin qui: pace e silenzio, interrotti solo dallo sciaguattare delle onde a riva, sono gli ingredienti del luogo. Anche da qui si possono vedere le isole dell’Arcipelago toscano.

In primavera il primo sole scalda in maniera perfetta i sassi e non è difficile che le temperature già consentano di fare il bagno, un rinfrescante intermezzo prima di riprendere il cammino di ritorno. In estate il percorso può essere reso più difficile dal caldo, malgrado buona parte si trovi all’ombra, e a Cala del Lupo la poca ombra è data soltanto dalla parete rocciosa sul lato sinistro.

Aprile e maggio sono i mesi ideali per godersi questa escursione marittima e un po’ selvaggia, capace di regalare viste panoramiche eccezionali e di regalare momenti di assoluta, silenziosa contemplazione in luoghi davvero poco frequentati.

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Poggio Scali, un’escursione di primavera nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi

Il confine fra Toscana ed Emilia Romagna corre lungo la dorsale dell’Appennino, eppure quelle montagne non conoscono linee tracciate sulle carte geografiche, tant’è che è possibile ammirare splendidi panorami naturali su ognuno dei due versanti.

Si prenda ad esempio Poggio Scali, una vera e propria terrazza immersa nel Parco delle Foreste Casentinesi, posta esattamente sul confine tra le due regioni. La vista dei boschi e dei colli che lo contornano da una parte e dell’altra del confine regionale lo rendono un luogo speciale, senza la necessità che nessuna linea di demarcazione artificiale gli doni particolarità.

Poggio Scali è infatti una splendida radura che si apre tra i boschi che coprono questa porzione di Appennino Tosco-romagnolo, con ampi prati sui quali stendersi ad ammirare la natura circostante. Ci si arriva percorrendo un tranquillo sentiero escursionistico che non richiede particolare preparazione fisica e tecnica, costeggiando una riserva naturale integrale.

Si tratta di un percorso di trekking ideale per una giornata primaverile, quando il verde tenue dei faggi denota l’avviarsi della natura verso la bella stagione, e tutt’intorno ci si accorge della rinascita dopo il letargo invernale.

Come arrivare a Poggio Scali

Vari sentieri conducono a Poggio Scali e al suo prato a 1520 metri di altitudine, una delle vette più alte dell’Appennino Tosco-romagnolo, secondo solo al Monte Falco e al Monte Falterona. Per una escursione di bassa difficoltà, con una lunghezza di circa 12 chilometri fra andata e ritorno e una durata stimata di percorrenza intorno alle 4 ore, partite dall’Eremo di Camaldoli, un monastero nelle vicinanze di Poppi (AR) risalente all’XI secolo.

Per raggiungerlo recatevi a Ponte a Poppi, la zona bassa della succitata e caratteristica cittadina che sorge in cima a un colle ed è uno dei borghi più belli del Casentino, una delle vallate che separa Firenze da Arezzo. Da qui l’evidente cartellonistica vi aiuterà a salire, in circa 25 minuti di auto, all’Eremo.

Secondo la tradizione l’Eremo di Camaldoli sarebbe stato fondato da San Romualdo intorno al 1012, e la regola che regge il monachesimo ivi praticato è tratta proprio dagli insegnamenti del fondatore, monaco benedettino che dette origine alla Congregazione camaldolese. Oggi l’Eremo è diviso fra una parte dove alcuni monaci praticano ancora l’eremitismo e una parte visitabile, tra cui l’antica cella di San Romualdo, una chiesa con opere d’arte di stile barocco e un emporio con i prodotti del monastero, come profumi e liquori.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una splendida escursione con il verde della primavera che torna a colorare i fusti degli alberi

Il sentiero che collega Camaldoli a Poggio Scali è peraltro parte della Viae Sancti Romualdi, un cammino da Sant’Apollinare in Classe, in provincia di Ravenna, fino a Fabriano in 30 tappe sulle orme del santo.

Una volta giunti di fronte all’edificio religioso basterà lasciare l’auto in uno dei tanti posteggi allestiti all’esterno. Il luogo è molto conosciuto, facilmente raggiungibile e particolarmente prediletto dalle famiglie per una gita domenicale, per cui, se possibile, preferite giorni feriali e arrivi in mattinata per trovare comodamente il vostro posto auto.

Nei pressi del cimitero dell’Eremo si trovano le indicazioni per Poggio Scali, manutenute dal CAI.

L’escursione

Le difficoltà principali di questa escursione si trovano subito all’inizio del percorso. Poggio Scali, come detto, si trova sul crinale che divide la Toscana dall’Emilia Romagna, e il sentiero 00 è il Sentiero di spartiacque appenninico, per definizione quel sentiero che percorre appunto il crinale della catena montuosa.

Per raggiungerlo si deve affrontare un tratto iniziale con discreta pendenza in salita che potrebbe tagliarvi immediatamente le gambe. Prendetela con filosofia, mettete le marce ridotte e andate su del vostro passo: la parte più dura è lunga poco più di un chilometro ed è totalmente immersa in uno splendido bosco di larici, che vi delizieranno le narici con il loro profumo balsamico.

Dopo l’attacco del sentiero, il resto dell’escursione è molto tranquillo: si attraversa una lunga parte di brevi saliscendi, mentre i larici lasciano il posto ai faggi e alle betulle, con occasionali radure di splendidi prati dal colore verde acceso.

Camminando lungo il crinale, però, sono quasi nulle le opportunità di affacciarsi oltre la coltre alberata che circonda il sentiero. Diventa poi impossibile nell’ultima parte del sentiero, quando questo è costeggiato dal territorio della Riserva naturale integrale di Sasso Fratino, la prima in Italia, istituita nel 1959.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una delle poche radure sul percorso che permettono di affacciarsi verso la Romagna

Una riserva naturale integrale è un’area nella quale non sono ammesse attività dell’uomo che non siano  la ricerca scientifica, quindi nemmeno l’attraversamento della medesima. Quella di Sasso Fratino è particolarmente importante perché conserva uno dei pochi tratti di foresta ancora intatti, con la presenza di aspri pendii rocciosi e nessun accesso che l’hanno così riparata dall’intervento della mano umana. Dal 2007 la Riserva di Sasso Fratino fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO come parte del sito seriale “Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi e di altre regioni d’Europa“.

Niente paura, però: la vostra fame di panorama sarà esaudita poco dopo. Una bacheca in legno con informazioni sulla affascinante fioritura del botton d’oro è il segnale per svoltare a destra e salire la breve rampa in salita che porta sulla vetta di Poggio Scali, a 1520 metri sul livello del mare.

Da qui lo sguardo può spaziare dai monti sopra Firenze in lontananza, verso sinistra, alla strada che sale al Passo della Calla, frontiera fra Toscana ed Emilia Romagna, fino alle colline del forlivese, al Lago di Ridracoli e alle valli che declinano verso Cesena.

Fonte: Lorenzo Calamai

Poggio Scali è la terza vetta dell’Appennino Tosco-romagnolo

Il prato che si stende tutto intorno il cocuzzolo della collina è l’ideale per apprezzare un bel picnic e riposare le gambe prima di rimettersi in cammino, ma attenzione: è qui che tra la fine di aprile e i primi di maggio si può assistere alla splendida fioritura del botton d’oro, nome scientifico Trollius Europaeus, un fiore tipico degli ambienti montani ma non particolarmente diffuso, specie in Italia. Nel Parco delle Foreste Casentinesi è presente solo a Poggio Scali. La sua forma particolarmente elegante rende la sua fioritura affascinante.

Ritorno all’Eremo di Camaldoli e dintorni

Per il ritorno ci sono alcune opzioni alternative al compiere lo stesso percorso dell’andata, ma prevedono tutte almeno un paio di chilometri di strada asfaltata prima di tornare presso l’Eremo di Camaldoli, per cui il suggerimento è di rimanere nella natura e tornare per la stessa via dell’andata.

Dopo la discesa, una fermata ideale prima di riprendere l’auto è al piccolo emporio dell’Eremo, dove potrete trovare una ampia selezione di prodotti dei monaci camaldolesi.

Scendendo di nuovo a valle verso il Casentino, non dimenticate di effettuare una visita ai tanti bei borghi che punteggiano la vallata, a cominciare da Poppi, uno dei più caratteristici del territorio.

Cittadina che fa parte del club de I Borghi più belli d’Italia, Poppi ha un retaggio medievale che si intuisce a prima vista grazie alla slanciata torre del castello che rappresenta il simbolo e il centro del paese.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il castello dei Conti Guidi a Poppi

Si tratta del Castello dei Conti Guidi, la famiglia nobile che per tre secoli comandò su Poppi e dintorni. Nella piana di fronte a queste mura si combatté nel 1289 la Battaglia di Campaldino, una delle decisive battaglie del Medioevo con cui Firenze divenne egemone sulle altre città toscane. Vi partecipò notoriamente Dante Alighieri, nelle fila dei guelfi fiorentini che risultarono vittorioso, come avrebbe poi raccontato nel canto V del Purgatorio.

La somiglianza con il Palazzo Vecchio di Firenze ha portato a supporre che anche questa costruzione sia attribuibile ad Arnolfo di Cambio, mentre altre attribuzioni ne hanno conferito la paternità a Lapo di Cambio, suo padre. Oggi il castello è visitabile ed ospita una cappella notevolmente affrescata, una sala museale dedicata alla Battaglia di Campaldino con un minuzioso plastico che ricostruisce lo scontro armato e una prestigiosa biblioteca.

Fuori dal castello un’ampia piazza alberata offre una splendida visuale a 360 gradi sulla vallata casentinese, che si tinge di diversi colori a seconda delle stagioni. Il chiosco adiacente al castello è il luogo ideale per chiudere con un degno finale una memorabile giornata di primavera.

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I più bei trekking da fare sulle Dolomiti

Le Dolomiti sono il fiore all’occhiello dell’Italia. Patrimonio Unesco dal 2009, questa iconica catena montuosa modellata da vento, aria e acqua nel corso dei secoli, si estende su tre regioni del nostro arco alpino: Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

Sono anche chiamate “monti pallidi” per via del loro colore chiaro dovuto ai coralli e ai fossili marini emersi dal mare primordiale 250 milioni di anni fa. Al tramonto, si colorano di rosa dando origine al fenomeno dell’Enrosadira.

Le Dolomiti sono le montagne più monumentali di qualsiasi altro rilievo, uno spettacolo della natura. Possiamo tranquillamente dire che sono le più belle montagne del mondo.

Le cime delle Dolomiti sfiorano i tremila metri di altitudine e tra i gruppi montani più famosi e spettacolari come le Tre Cime di Lavaredo, la Marmolada, il Catinaccio, il Rosengarten-Latemar, le Pale di San Martino e le Dolomiti di Brenta, si trovano alcune delle più belle località turistiche, note per le piste da sci, ma anche per i sentieri che si possono percorrere nella bella stagione.

La nostra guida scaricabile comprende alcuni dei sentieri più famosi adatti a ogni livello di preparazione atletica da percorrere.

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Borghi campello sul clitunno Fiume itinerari culturali Umbria vacanza natura Vacanze natura Viaggi

Il fiume per tutta la famiglia: le Fonti del Clitunno e il borgo di Campello

La primavera si avvicina a grandi passi e anche se non è ancora giunto il momento di cambiare gli armadi, il risveglio della natura già attira verso le prime avventure outdoor dell’anno.

A Campello sul Clitunno, un piccolo comune della provincia di Perugia posto sul tracciato della via Flaminia, si trovano un luogo ideale per coniugare la voglia di verde con un contesto adatto a tutta la famiglia, compresi i più piccoli, all’interesse per la storia, la cultura e l’arte di un pezzo d’Italia.

Il Clitunno citato nel nome del paese è infatti il fiume che corre nel suo territorio. Lungo circa 60 chilometri e di portata modesta, le cui acque sfociano in quelle del fiume Topino, questo piccolo corso d’acqua porta con sé l’aura misterica di tempi remoti, vista la sua presenza negli scritti di autori latini come Virgilio, Properzio, Stazio, Claudiano e Giovenale.

A Campello il Clitunno ha le sue sorgenti, che danno origini a un’area verde ampia oggi racchiusa in un parco pubblico denominato le Fonti del Clitunno, al quale si può accedere pagando un modesto biglietto di accesso (€3, gratuito sotto i 10 anni).

Fonte: Lorenzo Calamai

Le Fonti del Clitunno, con la loro affascinante vegetazione

Nelle vicinanze si trova un tempietto longobardo, costruito nel Medioevo sulle ceneri di un precedente edificio religioso romano collegato ad alcuni riti relativi alla presenza delle fonti. La costruzione è inserita nel circuito Longobardi in Italia: i luoghi del potere, una serie di siti patrimonio dell’UNESCO legato alla presenza del popolo longobardo nel nostro Paese.

Poco più lontano il castello di Campello Alto, nucleo originario dell’attuale cittadina, domina un colle tornito, punteggiato sui dolci fianchi dagli alberi d’ulivo da cui si estrae il pregiato olio che ha fatto la fortuna di questo pezzo di Umbria.

Le Fonti del Clitunno

“Qui folti a torno l’emergente nume/stieno, giganti vigili, i cipressi;/e tu fra l’ombre, tu fatali canta/carmi, o Clitumno.” Parole di Giosuè Carducci, pubblicate nel primo libro delle Odi Barbare nella poesia Alle fonti del Clitumno, dedicata alle dolci acque che sgorgano all’ombra dei salici.

Una visione che, anche se oggi non ispira forse gli stessi richiami classicisti dell’opera del poeta, è ancora pronta ad essere goduta. Nella loro conformazione odierna, voluta dal conte Paolo Campello della Spina nella seconda metà dell’Ottocento, le Fonti appaiono come uno specchio d’acqua cristallina, alimentata da sorgenti sotterranee e che, tra riflessi azzurri e turchesi, mostra con perfetta trasparenza la ricca vegetazione acquatica che cresce sul fondale.

Cigni, germani e papere popolano il parco, immerso nel silenzio e nella tranquillità, mentre brevi sentieri si snodano attorno alle acque tra salici e cipressi calvi. Quest’ultimo è un albero tipico dell’America settentrionale, raro nel nostro paese, dov’è stato introdotto soltanto nel 1640.

Fonte: Lorenzo Calamai

Uno scenografico salice poggia su un isolotto in mezzo alle acque

Si tratta di un albero a suo agio in terreni estremamente ricchi d’acqua, noto anche come cipresso delle paludi. Le sue foglie assumono un affascinante colore rosso in autunno, cadono in inverno (a differenza delle altre conifere) e rinascono a primavera con un verde tenue che ben s’intona con il contesto rilassante delle Fonti del Clitunno.

Il parco storico delle Fonti del Clitunno è aperto dalle 9:00 alle 19:00 da aprile a settembre, a marzo dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 18:00, nei mesi invernali dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 16:30.

Fonte: Lorenzo Calamai

Un timido cigno sosta sulle rive del Clitunno

Il tempietto longobardo

Proseguendo dalle Fonti del Clitunno per circa un chilometro, attraversata la frazione di Pissignano, si incontra il tempio longobardo facente parte dei siti patrimonio dell’umanità Longobardi in Italia: i luoghi del potere, che annovera peraltro anche il duomo di Spoleto tra i sette luoghi inseriti nel circuito, a meno di 20 chilometri di distanza.

Datato fra il IV e il VII secolo d.C., questo tempietto corinzio sembra sia stato costruito sui resti di un precedente luogo sacro romano. Nei dintorni delle sorgenti delle vicine sorgenti del Clitunno infatti vi veniva venerata la divinità omonima al fiume e venivano organizzati stagionalmente riti sacri, conosciuti come sacra clitumnalia.

Fonte: ph. Caba2011 – con licenza CC BY-SA 4.0

Il frontone del tempio longobardo del Clitunno

Oggi il Tempietto si presenta su due livelli: un basamento con una camera accessibile da un portale sul fronte e una parte superiore in forma di tempietto. Nella parte superiore si può ammirare la facciata con quattro colonne corinzie ed il frontone. L’accesso era garantito da due rampe di scale laterali. All’interno resistono ancora affreschi dell’VIII secolo che ritraggono san Salvatore, a cui era consacrato il tempio. La piccola edicola che campeggia al centro dell’abside reimpiega elementi scultorei del I secolo, recuperati dal precedente luogo di culto pagano.

Il borgo di Campello

Campello sul Clitunno si articola su due diversi livelli. Campello Basso è la cittadina ad oggi abitata, che conta circa 2mila abitanti e la cui principale attrazione è Chiesa della Madonna della Bianca, edificio religioso di origine cinquecentesca voluta dal Vescovo di Spoleto Francesco Eroli.

Inizialmente chiamata Chiesa della Madonna del Soccorso, trovo infine la sua particolare denominazione per contrapporla alla Madonna della Bruna di Castel Ritaldi e alla Madonna della Rossa di Pietrarossa, entrambe nelle vicinanze. Si dice che la Bianca di riferimento fosse una Madonna col Bambino dipinta da un artista locale con un incarnato particolarmente pallido.

Fonte: ph. LigaDue – con licenza CC BY 3.0

La Chiesa della Madonna della Bianca

Posta al centro di una angusta piazza e con un ulivo secolare sul retro, si presenta come una sorta di edificio composito, visti i differenti momenti di restauro e rinnovamento. La restaurazione avvenuta nel 1797, ad esempio, portò a sovrapporre elementi tipici del neoclassicismo a quelli rinascimentali già presenti.

Il nucleo più antico del paese però si trova a Campello Alto, il piccolo borgo fortificato sulla vetta dell’adiacente colle, che supera i 500 metri di quota. Si sviluppò intorno ad un castello qui costruito nel 921 da Rovero di Champeaux, barone di Borgogna, dal quale si dice che il paese abbia preso il nome.

Il castello di Campello Alto conserva ancora intatte le mura. Il borgo è accessibile tramite un’unica porta, superata la quale si trova la spoglia facciata romanica della Chiesa di San Donato, al cui interno si trova un pregevole altare ligneo in stile barocco. Dal piccolo quanto pittoresco borgo si gode di una straordinaria vista su tutto il territorio circostante.

Non lontano da Campello Alto si trova la località Colle, frazione minima fuori dalle fortificazioni del borgo, immersa tra gli ulivi. Vi si trova l’austera e per questo affascinante Chiesa di Santa Maria della Misericordia, risalente al XV secolo.

Il giro del parco storico delle Fonti, del tempio longobardo e del borgo di Campello occupa perfettamente una giornata di fine inverno, tra febbraio e marzo, senza imporre ritmi frenetici e anzi, godendo degli istanti di quiete e bellezza offerti dalle diverse tappe. Un itinerario ideale per una gita fuori porta alla scoperta di alcuni dei tanti tesori nascosti nel cuore dell’Umbria.

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Lago di Piano, immerso in una riserva naturale

La Lombardia è una terra ricca di laghi, che offrono un panorama davvero affascinante: tutti conoscono il lago di Como e quello di Garda, due popolari mete turistiche in grado di richiamare visitatori da ogni parte del mondo. Molto meno noto è il piccolo lago di Piano, che è tuttavia una vera perla. Situato a poca distanza dal confine con la Svizzera, è incastonato in un paesaggio naturale meraviglioso. Scopriamolo insieme.

La bellezza del lago di Piano

Avete mai sentito parlare della Val Menaggio? È quella rigogliosa vallata lombarda che unisce il lago di Como (e più precisamente il borgo di Menaggio) a quello di Lugano, al confine con la Svizzera. Si tratta di un luogo idilliaco, dove poter vivere un’esperienza a contatto con la natura. È proprio qui che si trova il piccolo lago di Piano, conosciuto anche con il nome di lago di Romazza: di origine glaciale, è alimentato dalle acque del torrente Civagno, che nasce sulla cima del monte di Tremezzo, e ha come emissario il canale artificiale Lagadone, risalente al ‘700.

Il lago è situato a poca distanza dal borgo di Porlezza (prov. di Como), ed è inserito in un’oasi naturalistica che da esso prende il nome. La Riserva Naturale Lago di Piano è un sito di importanza comunitaria, rilevante soprattutto per la sua ricca fauna: le acque lacustri sono abitate da notevoli colonie di ninfea bianca, mentre le sponde vantano rigogliosi salici grigi e piante a canna. Per quanto riguarda la fauna, il bacino è frequentato da 17 specie di pesci, 6 di rettili, 26 di mammiferi e ben 141 di uccelli. Non a caso è uno dei posti migliori per chi ama fare birdwatching.

Lago di Piano: cosa fare e cosa vedere

Il lago di Piano è un’ottima meta per concedersi una giornata di relax in mezzo al verde: durante la bella stagione, i numerosi campeggi che sorgono sulle sue sponde si affollano di turisti alla ricerca di un po’ di fresco per sopportare meglio l’afa estiva. È anche il luogo ideale per un pic nic primaverile o autunnale, approfittando della natura che cambia per riposarsi un po’ ammirando panorami da sogno.

E in inverno? Essendo non troppo profondo e sorgendo ai piedi del Monte Galbiga, che fa molta ombra, il lago tende a ghiacciare nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio. Ecco dunque che la sua superficie si trasforma in una pista di pattinaggio, molto amata da grandi e piccini.

Questo piccolo angolo di paradiso è poi il punto di partenza ideale per chi ama fare trekking: nei dintorni ci sono numerosi sentieri da percorrere a piedi, immergendosi in un bellissimo paesaggio naturale. Infine, si può sfruttare l’occasione per visitare qualche borgo nelle vicinanze. Uno dei più suggestivi è Castel San Pietro, un piccolo centro abitato che conserva intatto il suo aspetto medievale, a partire dalle mura che lo circondano. Molto affascinante è poi il paese di Porlezza, con i suoi monumenti storici da visitare – come la Chiesa di San Vittore – e le bellezze naturali, prime tra tutte le vicine cascate.

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Cosa fare in Val di Scalve, tesoro della Lombardia

Protetta dalla corona delle Orobie, la Val di Scalve riunisce nel suo territorio una varietà di contesti naturali incontaminati che la rendono il luogo ideale per la pratica di tutti gli sport di montagna, ma anche per esplorarne cultura e tradizioni immersi in un silenzio rigenerante. Esperienze uniche e coinvolgenti accontentano chiunque percorra questa fantastica valle, ricca di opportunità sia in inverno che in estate.

Val di Scalve, un luogo ricco di storia

Situata nella parte nord-orientale della provincia di Bergamo, e confinante con le province di Sondrio e Brescia, la Val di Scalve si estende per una larghezza di 19 km tra una cerchia di montagne prealpine, fra le cui cime spiccano il maestoso Massiccio della Presolana , il Pizzo Tornello, il Cimon della Bagozza e il Pizzo Camino.

Vanta origini antichissime, dagli antichi Romani era conosciuta come Vallis Decia, dal torrente che la solca, il Dezzo, che nella parlata locale viene chiamato ‘Decc’. Secondo alcuni storici, il nome ‘Scalve’ deriverebbe, invece, dal celtico Skalf, che significa ‘fessura’, una caratteristica riconducibile alla natura della valle che si presenta, a chi risale dalla Valle Camonica tramite il corso del torrente Dezzo, come un’angusta fessura tra i monti, ma c’è anche chi pensa che possa riferirsi all’attività di scavo delle numerose miniere che fin dai tempi remoti  ha caratterizzato la storia di questo luogo.

Cosa fare in inverno in Val di Scalve

Questa rara isola alpina è un vero paradiso per chi ama le attività all’aria aperta e gli sport di montagna. In inverno, i meravigliosi sentieri escursionistici che in estate sono immersi nel verde dei prati diventano tracciati perfetti per gli amanti delle ciaspolate e dello scialpinismo. Potrete vivere momenti di svago e condivisione sulle piste innevate, adatte sia a snowboarders sia a sciatori, senza tralasciare le aree attrezzate per bob e slittini, con diversi fuoripista in powder che permettono di raggiungere isolati rifugi alpini.

La conformazione montana della Val di Scalve regala un’ampia scelta di percorsi per gli scialpinisti, come la conca dei Campelli, il Pizzo Camino, il Monte Ferrante e il Monte Barbarossa. A ovest della valle si staglia la Presolana che, con i suoi pendii, offre un ottimo comprensorio sciistico con piste che si spingono sino a 2250 metri.

Una delle mete più scenografiche della Val di Scalve, e per questo più amate, è il Passo dei Campelli, a 1889 metri di quota, cui si arriva – partendo dalla località Fondi di Schilpario – con una camminata di due ore e 630 metri di dislivello, circondati da boschi da fiaba. In cima vi sorprenderà un panorama spettacolare, con la vista che si apre verso la Val Camonica fino a scorgere l’inconfondibile sagoma dell’Adamello.

Gli sciatori o alpinisti più esperti possono, invece, raggiungere in tre o quattro ore il Cimon della Bagozza, ammirando scenari incantati fino a ritrovarsi in vetta a 2409 metri di altitudine, oppure, partendo dal parcheggio di Piazzale Alpini, arrivare in quattro o cinque ore di cammino al Pizzo Camino a quota 2491 metri.

La Val di Scalve vanta, inoltre, la presenza di scuole di sci certificate e di lunga esperienza nelle varie discipline, da cui sono passati campioni di fama mondiale. Una volta qui, chi lo desidera può approfittare delle lezioni personalizzate, per gruppi e anche per disabili, con maestri pronti a insegnare i più piccoli trucchi per diventare dei provetti sciatori.

Val di Scalve in estate: gli itinerari naturalistici

Se desiderate trascorrere un’estate in totale tranquillità, lontani dal caotico affollamento delle spiagge, la Val di Scalve vi offre l’alternativa ideale, con i suoi splendidi itinerari naturalistici che comprendono boschi, varie specie animali, percorsi tematici e miniere.

Un punto di partenza dal nome evocativo è il Sentiero del Bosco Incantato, una passeggiata ideale per tutta la famiglia, dove le sculture di legno accompagnano i bambini per tutto il percorso, raccontando le storie della tradizione bergamasca.

Gli appassionati di trekking e sky-race ameranno, invece, la natura lussureggiante che circonda il borgo di Azzone, posto alla destra del fiume Dozzo, a poca distanza dalla Riserva Naturale Giovetto di Paline, ricoperta quasi interamente di abeti rossi.

Giungendo al passo della Presolana, ci si incammina verso il Sentiero dell’Orso, un percorso eco-didattico che permette di osservare da vicino piccoli esempi della complessità del sistema forestale. Seguendo il cartello che indica il Salto degli Sposi, si raggiunge uno splendido belvedere. La leggenda narra che due innamorati stranieri, chiamati dalla gente del posto “gli sposi”, senza un motivo apparente, si suicidarono, gettandosi dal dirupo abbracciati.

Un’escursione che unisce la bellezza della natura e il ricordo del crollo della diga nel 1923 è quella che passa per la Diga del Gleno a Vilminore di Scalve. Qui è stato realizzato anche l’Arboreto alpino Gleno, che ospita uno spazio espositivo con le schede descrittive delle circa 100 specie botaniche piantumate nei primi anni 2000.

Da non perdere, infine, una visita al Parco Minerario Andrea Bonicelli, che dal 1997 si occupa di recuperare la storia e la cultura mineraria della Val di Scalve per trasmetterla alle future generazioni, attraverso diversi percorsi museali all’interno delle antiche gallerie dismesse nelle miniere di Schilpario. I percorsi si snodano per chilometri e su più livelli, con itinerari attrezzati con illuminazione elettrica, che si affrontano inizialmente a bordo di un fantastico trenino che scorre sui vecchi binari usati per il trasporto del minerale. Il percorso nella miniera prosegue poi a piedi, accompagnati dalle guide, pronte a illustrare un’affascinate documentazione fotografica che mostra il lavoro dell’uomo a contatto con la montagna e le sue viscere e a spiegare il funzionamento di oggetti e utensili della storia della miniera.

Il favoloso panorama dalla Big Bench

A pochi passi dal centro abitato di Schilpario, si può raggiungere la famosa Big Bench, installata il 2 luglio 2020, che rientra con il n. 96 fra le oltre 100 panchine progettate da Chris Bangle all’interno del Big Bench Community Project (BBCP). La panchina gigante è raggiungibile percorrendo un facile e breve sentiero, che permette di ammirare un panorama imperdibile, che abbraccia in lontananza il massiccio della Presolana, ma anche il Pizzo Tornello dalle ripide pendici erbose, il Pizzo Camino, Ezendola e parte del complesso della catena rocciosa dei Campelli.  Mentre l’abitato del comune di Schilpario rimane parzialmente nascosto più a Est, dalla Big Bench si possono ammirare le frazioni di Pradella, Ronco, Barzesto, e anche i più lontani centri di Vilmaggiore e Vilminore.

La spettacolare Cascata del Vò

La Cascata del Vò è tra le principali mete estive della Val di Scalve. In circa mezz’ora si raggiunge una meravigliosa cascata formata dall’omonimo torrente, un salto di 25 metri immerso nel verde dei boschi. La valle del Vò si apre poco prima dell’abitato di Schilpario, nei pressi del piccolo borgo di Ronco, fra il Monte Bognaviso e il Pizzo Tornello. Sul fondo scorre il fiume Vò che da il nome all’intera vallata. La vegetazione alterna boschi di abete rosso, pino mugo, ontani e noccioli. La fauna è ricca di camosci e altri animali selvatici.

Sul tragitto per raggiungere la cascata, ci si imbatte in un esempio di “poiat”, una struttura di rami e tronchetti di legna che serviva alla fabbricazione del carbone, di vitale importanza per le genti che un tempo abitavano la zona. L’antica mulattiera del percorso veniva sfruttata, in passato, per raggiungere “la reglana” un forno di fusione del minerale, del quale ne rimane traccia poco prima della cascata. Esistono, infatti, testimonianze di un’importante attività di scavo delle numerose miniere di ferro della Val di Scalve fin dai tempi dei Romani.

A spasso tra i borghi della Val di Scalve

La Val di Scalve è formata da quattro comuni – Azzone, Colere, Schilpario, Vilminore di Scalve – ciascuno dei quali offre percorsi culturali, artistici e gastronomici, immersi in scenari incontaminati e mozzafiato.

Azzone è un piccolo borgo ai piedi del Pizzo Camino, nonché porta di accesso alla Riserva Naturale del Giovetto, dove si possono ammirare le operose formiche appartenenti alla specie Rufa, che hanno la capacità di proteggere l’intero ambiente boschivo dall’attacco di insetti nocivi. Il suo centro abitato rispecchia la struttura tipica dei paesi montani. Il suo cuore è la piazza, su cui si affaccia il palazzo comunale, mentre fra i tetti delle case, spiccano la il campanile della chiesa parrocchiale e la Torre Civica.

Colere è, invece, famoso per lo sci alpino e lo sci alpinismo in inverno, per il trekking e le vie d’arrampicata in estate. Dal paese si può giungere attraverso vari sentieri di facile percorribilità il Rifugio Luigi Albani, inserito nel Sentiero delle Orobie Orientali. Molto suggestiva è la grotta del ghiaccio, così chiamata per la presenza, in ogni periodo dell’anno, di uno strato di ghiaccio che ne ostruisce l’ingresso.

Incastonato nella cornice naturale delle Orobie Bergamasche e posto all’ingresso di un’affascinante abetaia, Schilpario è un luogo ricco di storia, sapori e tradizioni. La sua straordinaria posizione ambientale e paesaggistica ne ha fatto una meta turistica fra le più apprezzate degli appassionati di montagna.  Dal paese partono diversi sentieri che sovrastano l’intera Val di Scalve e portano ai rifugi Tagliaferri, Vivione e Campione. Vi troverete anche percorsi ciclabili o a cavallo.

Infine, incontriamo il piccolo borgo di Vilminore di Scalve, posto al centro soleggiato della valle, a un’altezza di 1018 m. s.l.m., e punto nevralgico della stessa, poiché sede della storica Comunità Montana di Scalve. Ognuna delle sue nove frazioni conserva importanti tracce del passato della comunità scalvina. La più importante è senza dubbio la Diga del Gleno, che conserva i segni della tragedia che avvenne il 1° dicembre 1923, quando la diga crollò e una grandissima quantità di acqua, fango e detriti si riversò sui centri abitati sottostanti, causando numerosi danni e centinai di vittime. I resti della diga sono tutt’oggi visibili e sono raggiungibili tramite una suggestiva camminata che parte proprio da Vilminore di Scalve.

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Ceresole Reale, tra le migliori mete italiane per vacanze all’aria aperta

Immerso in un paesaggio incontaminato, dove le cime delle montagne deliziano gli occhi ovunque indirizzino lo sguardo, Ceresole Reale è uno scrigno di bellezze che attraggono i visitatori in ogni stagione dell’anno. Un piccolo regno incantato dove riscoprire la mobilità dolce e regalarsi un soggiorno in completa armonia con la natura, tra le acque cristalline del lago e boschi fitti, la straordinaria ricchezza faunistica del Parco Nazionale del Gran Paradiso e una grande varietà di itinerari imperdibili.

Questo gioiello del Piemonte regala una meraviglia dopo l’altra

Il nome Ceresole probabilmente si riferisce alla presenza in zona, anticamente, di una foresta di ceresiolae, ossia piccole ciliegie. Il titolo di Reale di cui si fregia, invece, è stato ottenuto nel 1862 per concessione di Vittorio Emanuele II, al quale il Comune aveva ceduto gratuitamente il diritto di caccia a camosci e stambecchi. È l’unico comune italiano, insieme a Venaria Reale, a possedere questa onorificenza.

Posto all’estremo confine occidentale del Canavese, regione storico-geografica del Piemonte, il territorio di Ceresole Reale comprende larga parte dell’Alta Valle Orco. Con i suoi 9957 ettari, è il secondo per estensione degli undici paesi appartenenti alla Comunità Montana. Oltre che con Noasca, confina a Ovest con la Francia (Tarantasia – Val d’Isère) e la Valle d’Aosta (Pont, in Valsavarenche, e Val di Rhêmes) e a Sud con la Val Grande di Lanzo (Groscavallo e Pialpetta).

Il paese alle porte di Torino si trova al centro di una conca circondata da vette maestose che si specchiano nelle acque cristalline del lago, navigabile esclusivamente per i mezzi non a motore. Boschi, erte rocciose, ghiacciai e la singolarità dell’altopiano del Colle del Nivolet, a 2600 metri di quota, con la splendida vista sul massiccio del Gran Paradiso impreziosiscono un paesaggio che fa luccicare gli occhi. Qui ci troviamo nel regno indiscusso della fauna alpina, dove si possono avvistare volpi, camosci, marmotte, aquile e il simbolo del parco nazionale: lo stambecco.

Cosa fare in inverno e in estate a Ceresole Reale

Le possibilità di relax e svago non mancano a Ceresole Reale, in qualunque stagione. Gran parte del territorio rientra nei confini del Parco Nazionale del Gran Paradiso, il che fa di questo gioiello ad alta quota il luogo ideale per gli amanti della montagna, anche per quelli più esigenti ed esperti. In inverno, quando la natura avvolge lo sguardo e la mente con il suo candore e pace tutt’intorno, si può vivere una vacanza rilassante e attiva allo stesso tempo, tra scialpinismo e cascate di ghiaccio – anche nella divertente palestra artificiale X-Ice Park – sentieri percorribili con le ciaspole, che si snodano lungo il lago ghiacciato e in mezzo a prati e boschi, mutando lo scenario a ogni curva.

In estate, è la meta prediletta per i trekking in quota e l’arrampicata sulle storiche pareti del Sergent e Caporal, le rilassanti passeggiate tra gli alpeggi o costeggiando i numerosi laghi alpini, godendosi il silenzio della montagna e le apparizioni repentine di esemplari magnifici. Vagando nei boschi si possono raccogliere lamponi, mirtilli e fragole di bosco, mentre salendo ad alta quota ci si imbatte nella splendida flora alpina, fra cui spiccano i rododendri e le stelle alpine.

Un itinerario magico e imperdibile

Un itinerario che non potete perdervi, una volta qui, è senza dubbio il Giro Lago, un percorso ad anello che segue le sponde del lago artificiale di Ceresole Reale. In inverno è una splendida pista da fondo, mentre nei mesi caldi è una rigenerante passeggiata che permette di godere nella massima tranquillità del sorprendente contesto naturalistico, che fa da cornice a questo borgo dalle atmosfere incantate.

Il percorso ha la particolarità di avvicinare i visitatori alle svariate declinazioni che assume il territorio di fondovalle ai margini del territorio del Parco, in particolare la zona boschiva, la diga artificiale e l’edificato. Si scoprono così gli ambienti incredibilmente variegati che si susseguono attorno allo scintillante specchio d’acqua, vivendo un caleidoscopio di sensazioni che non ha eguali.

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Qui c’è un lago dalle acque trasparenti come non si sono mai viste

Ci sono dei posti nel mondo che sono ancora così intatti e immacolati da sembrare finti. Piccole gemme nascoste – anche se con i social network pure gli angoli più remoti diventano famosi e presi d’assalto dai turisti – che non deludono, perché una volta visitati ci si rende cono che sono esattamente come appaiono in foto. Non succede spesso, perché i filtri ormai sono in tutte le immagini che vediamo nel web, ma c’è qualcosa che ancora si salva, come questo incredibile lago con delle acque trasparentissime.

Il magnifico Lago Paisu Pok

Il Lago Paisu Pok, chiamato anche Paisupok, è un tesoro nascosto dell‘Indonesia e più precisamente dell’isola di Peleng, parte dell’arcipelago di Banggai. Arrivarci non è semplice perché bisogna prendere aerei, traghetti e affittare uno scooter, ma come è giusto che sia i luoghi più belli sono anche i più difficili da raggiungere.

La cosa più curiosa è che questo specchio d’acqua sembra apparire dal nulla, come un miracolo della natura che qui, a differenza di molti altri posti, regna sovrana. Ritrovarsi al cospetto di questa distesa d’acqua ha dell’incredibile, perché la trasparenza delle sue acque riflette qualsiasi cosa lo circondi in maniera poetica.

E poi c’è il sole, che con il passare delle ore va costantemente a migliorare la sua chiarezza, da poter ammirare con calma noleggiando una piccola barca, una canoa o uno stand up paddle. Per il momento è persino possibile nuotavi e fare snorkeling, in acque fresche che senza ombra di dubbio rigenerano dal caldo umido indonesiano.

Remata dopo remata, potrete osservare con estrema tranquillità i fondali, pieni di tronchi caduti e rocce che creano un ambiente che pare fatato.

A render il tutto ancor più speciale è anche l’affascinante giungla da cui è abbracciato, ancora pura e praticamente priva di barriere architettoniche.

L’importanza di questo lago

Il Paisu Pok non è solo un’oasi di tranquillità immerso nella natura più autentica, è anche un prezioso ecosistema, un habitat per diverse specie di flora e fauna.

Un posto del tutto disinteressato alla modernità, un angolo di mondo dove la natura riesce ad esprimersi in tutta la sua perfezione. La speranza, quindi, è che la fama che gli arriva con i social network non lo danneggi, perché deve essere rispettato e protetto fino a quando esisterà il pianeta Terra.

Le meraviglie dell’isola di Peleng

Se si ha l’opportunità di visitare il Lago di Paisu Pok, vuol dire che si ha a disposizione del tempo anche per scoprire le straordinarie meraviglie dell’isola di Peleng.

Si tratta di un fazzoletto di terra che galleggia nel bellissimo Mar delle Molucche e che vanta uno sviluppo costiero di 407,9 km, tanto da essere l’isola più estesa del gruppo delle Banggai.

I paesaggi sono sublimi, perché le sue coste formano tre grandi baie: Bangkalan, Peleng e Masamat. In più, si tratta di un angolo remoto del nostro mondo che è abbracciato da numerose barriere coralline e dove il mare accarezza un territorio prevalentemente montuoso in cui svetta il Monte Tombila, con i suoi 1.059 metri di altezza.

Un posto che quasi pare irreale, e dove vale assolutamente la pena visitare la cascata Batu Alambung, che sgorga da fiabeschi paesaggi montani. Bellissime sono anche le Sunsundeng Cave e il Lemelu Lake, un’altra perla trasparente dell’isola.

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Champoluc, un angolo d’Italia che è un paradiso invernale ed estivo

In una conca ampia e soleggiata, con gli scenografici ghiacciai sullo sfondo, brilla Champoluc. Basta immergere gli occhi nello scenario naturale a dir poco spettacolare che circonda questa splendida località, il centro turistico più rinomato della Val d’Ayas, per innamorarsene in ogni stagione. D’estate offre sentieri escursionistici adatti a tutti, tra lussureggianti foreste di larici e pini, perfetti per rigenerarsi con piacevoli passeggiate nella natura, mentre d’inverno è frequentata per gli ottimi impianti del famoso Monterosa Ski. Scopriamo più da vicino questo gioiellino della Valle d’Aosta.

Champoluc, cosa fare in inverno

Se siete appassionati di montagna e sport invernali, Champoluc vi soddisferà pienamente. Da questa incantevole frazione di Ayas, situata a 1568 metri d’altezza, parte la telecabina che porta alla ski area del Crest, mentre, a qualche chilometro di distanza, la funicolare conduce agli impianti di Frachey – Alpe Ciarcerio.

Come detto, Champoluc fa parte del Monterosa Ski, un vasto comprensorio con 180 km di piste, dei quali 170 km coperti da innevamento artificiale. Con le sue piste varie, adatte a ogni tipo di sciatore e sempre stimolanti, offre la possibilità di godere di panorami unici, soprattutto se ci si allunga sino alla località di Frachey. Moderni impianti collegano Champoluc con la Valle di Gressoney attraverso il valico alpino del Colle della Bettaforca a 2705 metri. Per il divertimento dei bambini, vi troverete anche una pista naturale di slittino e bob, in prossimità del parco giochi, e un Baby Snow Park, serviti da 3 tapis roulants.

I fondisti trovano 3 km di pista facile, la Villy, e possono anche comodamente raggiungere la vicina Brusson, un rinomato centro per lo sci nordico. Numerosi anche i percorsi per ciaspolate al cospetto di paesaggi fantastici. Per i principianti, è consigliata la passeggiata nel vallone di Mascognaz, che attraversa una pineta secolare e conduce al borgo Walser di Mascognaz, con vista su Monte Rosa e Cervino. I più esperti, invece, possono avventurarsi per il percorso che parte da St. Jacques verso le falde del Ghiacciaio di Verra, passando da una folta pineta e conducendo fino ai prati innevati del Pian di Verra inferiore, fino a giungere alla magnifica vista del Lago Blu.

Alpinisticamente, Champoluc è un punto di partenza ideale per avventurarsi sul gruppo del Monte Rosa. Da non perdere, a 15 minuti dal borgo, una entusiasmante arrampicata su ghiaccio, al Pissun Di Mascognaz, a 1630 metri, oppure a Le Bilance, nell’alta valle di Cuneaz, a circa 2100 metri.

Scoprire Champoluc in estate

Champoluc è un sogno anche per le vacanze estive sulle montagne della Valle d’Aosta. Una volta qui, si ha innanzitutto l’occasione di entrare in contatto con la cultura Walser, che risale ai coloni tedeschi e che ha influenzato in modo significativo la regione del Monte Rosa. A monte di Champoluc, a oltre 1800 metri di altitudine si trova il villaggio Mascognaz, un gioiello da visitare per la particolare architettura Walser e per il magnifico panorama sull’alta Val d’Ayas, che oggi si è trasformato in un albergo diffuso dove la pace e la quiete sono le protagoniste assolute.

Per fare, poi, una piena immersione nella natura, poco distante da Champoluc vi aspetta il bosco di Pian Villy. Questo incanto naturale è quasi completamente composto da abeti rossi, mentre il sottobosco è costellato di ginepro, erica, barberis e mirtillo. In questo incanto naturale si trova un’area attrezzata per pic-nic e un percorso pedonale adatto a tutti – perfetto anche per una passeggiata serale in quanto è illuminato – che costeggia il torrente Evançon, passa dietro l’Ufficio delle Guide di Ayas, fino ad arrivare al parcheggio del centro termale Spa Monterosa.

Il caratteristico arco in legno con intagliata la scritta “Area Pian Villy” invoglia grandi e piccini alla scoperta del meraviglioso bosco nascosto, nel quale si possono ammirare le bellissime e particolari sculture in legno e pietra ollare create dai più famosi artisti valdostani in occasione della settimana dell’artigianato. L’occasione perfetta per passare una giornata in famiglia in tutta tranquillità, a contatto con la natura respirando l’inebriante aria di montagna.

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Lutago, un vero e proprio paradiso outdoor

Uno scenario spettacolare incornicia Lutago, incantevole paese altoatesino situato all’ingresso della Valle Aurina. Le cime imponenti che lo incorniciano fanno da sempre gola a escursionisti e alpinisti esperti, ma sono diverse le esperienze da vivere in questa popolare località turistica, perfetta per chi desidera organizzare una vacanza indimenticabile con tutta la famiglia e per chi non vede l’ora di vivere emozionanti avventure ad alta quota. Andiamo, dunque, alla scoperta di questa gemma dell’Alto Adige.

Vacanze in Alto Adige: benvenuti a Lutago in Valle Aurina

Situato a 956 m di altitudine, Lutago (Luchta in dialetto sudtirolese) è il primo paese del comune di Valle Aurina, in provincia di Bolzano. I suoi soleggiati versanti appartengono al maestoso Sasso Nero, alto 3.369 metri, una delle più importanti cime posizionate sul crinale spartiacque – confine italo austriaco – ma non l’unica che rallegra il cuore di scialpinisti ed esperti di escursionismo su ghiaccio. Ci sono infatti altre 13 cime oltre i tremila metri che si trovano nelle immediate vicinanze di questo incantevole paesino, che in ogni stagione garantisce una vacanza all’insegna della natura e del relax per grandi e piccini.

Simbolo di questa località di villeggiatura è la chiesa che svetta sopra una collinetta circondata dai prati di montagna, dedicata a San Sebastiano e a San Rocco, i santi protettori invocati contro la peste. Sui boscosi pendii scoscesi si stagliano, invece, i masi che impreziosiscono il versante meridionale della Alpi della Zillertal.

Se decidete di visitare Lutago in inverno, apprezzerete la sua eccellente posizione tra le due aree sciistiche dello Skiworld Valle Aurina: Speikboden, vicino a Campo Tures, e Klausberg, nei presis di Cadipietra  rispettivamente a 3 e 8 km di distanza dal paese, entrambe di dimensioni moderate e adatte alle famiglie, facilmente raggiungibili in autobus. Non mancano i percorsi per le escursioni con le ciaspole e per gli scialpinisti, mentre per chi preferisce lo slittino, c’è una pista che parte dalla stazione a monte dell’area sciistica Speikboden e arriva fino a qui, per un totale di 10 km di percorso. Trattandosi della pista più lunga dell’Alto Adige, può essere anche innevata artificialmente, offrendo un’esperienza di vacanza in Valle Aurina unica nel suo genere.

Oltre alle avventure sulla neve, Lutago offre altre occasioni di divertimento outdoor. Chi vuole fare il pieno di adrenalina, potrà ad esempio provare l’emozione del rafting sul fiume Aurino. Se, invece, si è in cerca di attività meno impegnative, in paese vengono offerti trekking a cavallo e giri in carrozza.

L’imperdibile Museo dei Presepi Maranatha

Per un’esperienza unica e diversa a Lutago, non perdetevi una visita al Museo dei Presepi Maranatha, inaugurato nel 2000, che vanta l’esposizione di presepi più grande d’Europa. Il nome “Maranatha” deriva dall’aramaico, significa “Venga nostro Signore”. Il Museo dei Presepi Maranatha rappresenta una ricostruzione di uno “stadel” (fienile) tirolese, costruito con il legno di un maso di Predoi che risale al 1725.

Per tutto l’anno, i visitatori possono ammirare i presepi provenienti da vari paesi e conoscere la tradizione della scultura dei presepi della Valle Aurina. Vi troverete presepi in miniatura o con figure a grandezza naturale, in stile alpino o orientale, opere che hanno più di 300 anni fino alle più moderne, tra cui anche un presepe Swarovski.

Si può inoltre entrare a contatto con la lunga tradizione della lavorazione del legno in Valle Aurina, con una visita all’atelier degli artisti, dove ammirare con i propri occhi come gli artigiani della zona lavorano e realizzano le loro opere d’arte. In questi laboratori, tra le altre cose, si realizzano anche le famose maschere dei Krampus. In una stanza del museo è infatti possibile ammirare le maschere realizzate per la tradizionale sfilata di San Nicolò.