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Cosa fare in Val di Scalve, tesoro della Lombardia

Protetta dalla corona delle Orobie, la Val di Scalve riunisce nel suo territorio una varietà di contesti naturali incontaminati che la rendono il luogo ideale per la pratica di tutti gli sport di montagna, ma anche per esplorarne cultura e tradizioni immersi in un silenzio rigenerante. Esperienze uniche e coinvolgenti accontentano chiunque percorra questa fantastica valle, ricca di opportunità sia in inverno che in estate.

Val di Scalve, un luogo ricco di storia

Situata nella parte nord-orientale della provincia di Bergamo, e confinante con le province di Sondrio e Brescia, la Val di Scalve si estende per una larghezza di 19 km tra una cerchia di montagne prealpine, fra le cui cime spiccano il maestoso Massiccio della Presolana , il Pizzo Tornello, il Cimon della Bagozza e il Pizzo Camino.

Vanta origini antichissime, dagli antichi Romani era conosciuta come Vallis Decia, dal torrente che la solca, il Dezzo, che nella parlata locale viene chiamato ‘Decc’. Secondo alcuni storici, il nome ‘Scalve’ deriverebbe, invece, dal celtico Skalf, che significa ‘fessura’, una caratteristica riconducibile alla natura della valle che si presenta, a chi risale dalla Valle Camonica tramite il corso del torrente Dezzo, come un’angusta fessura tra i monti, ma c’è anche chi pensa che possa riferirsi all’attività di scavo delle numerose miniere che fin dai tempi remoti  ha caratterizzato la storia di questo luogo.

Cosa fare in inverno in Val di Scalve

Questa rara isola alpina è un vero paradiso per chi ama le attività all’aria aperta e gli sport di montagna. In inverno, i meravigliosi sentieri escursionistici che in estate sono immersi nel verde dei prati diventano tracciati perfetti per gli amanti delle ciaspolate e dello scialpinismo. Potrete vivere momenti di svago e condivisione sulle piste innevate, adatte sia a snowboarders sia a sciatori, senza tralasciare le aree attrezzate per bob e slittini, con diversi fuoripista in powder che permettono di raggiungere isolati rifugi alpini.

La conformazione montana della Val di Scalve regala un’ampia scelta di percorsi per gli scialpinisti, come la conca dei Campelli, il Pizzo Camino, il Monte Ferrante e il Monte Barbarossa. A ovest della valle si staglia la Presolana che, con i suoi pendii, offre un ottimo comprensorio sciistico con piste che si spingono sino a 2250 metri.

Una delle mete più scenografiche della Val di Scalve, e per questo più amate, è il Passo dei Campelli, a 1889 metri di quota, cui si arriva – partendo dalla località Fondi di Schilpario – con una camminata di due ore e 630 metri di dislivello, circondati da boschi da fiaba. In cima vi sorprenderà un panorama spettacolare, con la vista che si apre verso la Val Camonica fino a scorgere l’inconfondibile sagoma dell’Adamello.

Gli sciatori o alpinisti più esperti possono, invece, raggiungere in tre o quattro ore il Cimon della Bagozza, ammirando scenari incantati fino a ritrovarsi in vetta a 2409 metri di altitudine, oppure, partendo dal parcheggio di Piazzale Alpini, arrivare in quattro o cinque ore di cammino al Pizzo Camino a quota 2491 metri.

La Val di Scalve vanta, inoltre, la presenza di scuole di sci certificate e di lunga esperienza nelle varie discipline, da cui sono passati campioni di fama mondiale. Una volta qui, chi lo desidera può approfittare delle lezioni personalizzate, per gruppi e anche per disabili, con maestri pronti a insegnare i più piccoli trucchi per diventare dei provetti sciatori.

Val di Scalve in estate: gli itinerari naturalistici

Se desiderate trascorrere un’estate in totale tranquillità, lontani dal caotico affollamento delle spiagge, la Val di Scalve vi offre l’alternativa ideale, con i suoi splendidi itinerari naturalistici che comprendono boschi, varie specie animali, percorsi tematici e miniere.

Un punto di partenza dal nome evocativo è il Sentiero del Bosco Incantato, una passeggiata ideale per tutta la famiglia, dove le sculture di legno accompagnano i bambini per tutto il percorso, raccontando le storie della tradizione bergamasca.

Gli appassionati di trekking e sky-race ameranno, invece, la natura lussureggiante che circonda il borgo di Azzone, posto alla destra del fiume Dozzo, a poca distanza dalla Riserva Naturale Giovetto di Paline, ricoperta quasi interamente di abeti rossi.

Giungendo al passo della Presolana, ci si incammina verso il Sentiero dell’Orso, un percorso eco-didattico che permette di osservare da vicino piccoli esempi della complessità del sistema forestale. Seguendo il cartello che indica il Salto degli Sposi, si raggiunge uno splendido belvedere. La leggenda narra che due innamorati stranieri, chiamati dalla gente del posto “gli sposi”, senza un motivo apparente, si suicidarono, gettandosi dal dirupo abbracciati.

Un’escursione che unisce la bellezza della natura e il ricordo del crollo della diga nel 1923 è quella che passa per la Diga del Gleno a Vilminore di Scalve. Qui è stato realizzato anche l’Arboreto alpino Gleno, che ospita uno spazio espositivo con le schede descrittive delle circa 100 specie botaniche piantumate nei primi anni 2000.

Da non perdere, infine, una visita al Parco Minerario Andrea Bonicelli, che dal 1997 si occupa di recuperare la storia e la cultura mineraria della Val di Scalve per trasmetterla alle future generazioni, attraverso diversi percorsi museali all’interno delle antiche gallerie dismesse nelle miniere di Schilpario. I percorsi si snodano per chilometri e su più livelli, con itinerari attrezzati con illuminazione elettrica, che si affrontano inizialmente a bordo di un fantastico trenino che scorre sui vecchi binari usati per il trasporto del minerale. Il percorso nella miniera prosegue poi a piedi, accompagnati dalle guide, pronte a illustrare un’affascinate documentazione fotografica che mostra il lavoro dell’uomo a contatto con la montagna e le sue viscere e a spiegare il funzionamento di oggetti e utensili della storia della miniera.

Il favoloso panorama dalla Big Bench

A pochi passi dal centro abitato di Schilpario, si può raggiungere la famosa Big Bench, installata il 2 luglio 2020, che rientra con il n. 96 fra le oltre 100 panchine progettate da Chris Bangle all’interno del Big Bench Community Project (BBCP). La panchina gigante è raggiungibile percorrendo un facile e breve sentiero, che permette di ammirare un panorama imperdibile, che abbraccia in lontananza il massiccio della Presolana, ma anche il Pizzo Tornello dalle ripide pendici erbose, il Pizzo Camino, Ezendola e parte del complesso della catena rocciosa dei Campelli.  Mentre l’abitato del comune di Schilpario rimane parzialmente nascosto più a Est, dalla Big Bench si possono ammirare le frazioni di Pradella, Ronco, Barzesto, e anche i più lontani centri di Vilmaggiore e Vilminore.

La spettacolare Cascata del Vò

La Cascata del Vò è tra le principali mete estive della Val di Scalve. In circa mezz’ora si raggiunge una meravigliosa cascata formata dall’omonimo torrente, un salto di 25 metri immerso nel verde dei boschi. La valle del Vò si apre poco prima dell’abitato di Schilpario, nei pressi del piccolo borgo di Ronco, fra il Monte Bognaviso e il Pizzo Tornello. Sul fondo scorre il fiume Vò che da il nome all’intera vallata. La vegetazione alterna boschi di abete rosso, pino mugo, ontani e noccioli. La fauna è ricca di camosci e altri animali selvatici.

Sul tragitto per raggiungere la cascata, ci si imbatte in un esempio di “poiat”, una struttura di rami e tronchetti di legna che serviva alla fabbricazione del carbone, di vitale importanza per le genti che un tempo abitavano la zona. L’antica mulattiera del percorso veniva sfruttata, in passato, per raggiungere “la reglana” un forno di fusione del minerale, del quale ne rimane traccia poco prima della cascata. Esistono, infatti, testimonianze di un’importante attività di scavo delle numerose miniere di ferro della Val di Scalve fin dai tempi dei Romani.

A spasso tra i borghi della Val di Scalve

La Val di Scalve è formata da quattro comuni – Azzone, Colere, Schilpario, Vilminore di Scalve – ciascuno dei quali offre percorsi culturali, artistici e gastronomici, immersi in scenari incontaminati e mozzafiato.

Azzone è un piccolo borgo ai piedi del Pizzo Camino, nonché porta di accesso alla Riserva Naturale del Giovetto, dove si possono ammirare le operose formiche appartenenti alla specie Rufa, che hanno la capacità di proteggere l’intero ambiente boschivo dall’attacco di insetti nocivi. Il suo centro abitato rispecchia la struttura tipica dei paesi montani. Il suo cuore è la piazza, su cui si affaccia il palazzo comunale, mentre fra i tetti delle case, spiccano la il campanile della chiesa parrocchiale e la Torre Civica.

Colere è, invece, famoso per lo sci alpino e lo sci alpinismo in inverno, per il trekking e le vie d’arrampicata in estate. Dal paese si può giungere attraverso vari sentieri di facile percorribilità il Rifugio Luigi Albani, inserito nel Sentiero delle Orobie Orientali. Molto suggestiva è la grotta del ghiaccio, così chiamata per la presenza, in ogni periodo dell’anno, di uno strato di ghiaccio che ne ostruisce l’ingresso.

Incastonato nella cornice naturale delle Orobie Bergamasche e posto all’ingresso di un’affascinante abetaia, Schilpario è un luogo ricco di storia, sapori e tradizioni. La sua straordinaria posizione ambientale e paesaggistica ne ha fatto una meta turistica fra le più apprezzate degli appassionati di montagna.  Dal paese partono diversi sentieri che sovrastano l’intera Val di Scalve e portano ai rifugi Tagliaferri, Vivione e Campione. Vi troverete anche percorsi ciclabili o a cavallo.

Infine, incontriamo il piccolo borgo di Vilminore di Scalve, posto al centro soleggiato della valle, a un’altezza di 1018 m. s.l.m., e punto nevralgico della stessa, poiché sede della storica Comunità Montana di Scalve. Ognuna delle sue nove frazioni conserva importanti tracce del passato della comunità scalvina. La più importante è senza dubbio la Diga del Gleno, che conserva i segni della tragedia che avvenne il 1° dicembre 1923, quando la diga crollò e una grandissima quantità di acqua, fango e detriti si riversò sui centri abitati sottostanti, causando numerosi danni e centinai di vittime. I resti della diga sono tutt’oggi visibili e sono raggiungibili tramite una suggestiva camminata che parte proprio da Vilminore di Scalve.

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Ceresole Reale, tra le migliori mete italiane per vacanze all’aria aperta

Immerso in un paesaggio incontaminato, dove le cime delle montagne deliziano gli occhi ovunque indirizzino lo sguardo, Ceresole Reale è uno scrigno di bellezze che attraggono i visitatori in ogni stagione dell’anno. Un piccolo regno incantato dove riscoprire la mobilità dolce e regalarsi un soggiorno in completa armonia con la natura, tra le acque cristalline del lago e boschi fitti, la straordinaria ricchezza faunistica del Parco Nazionale del Gran Paradiso e una grande varietà di itinerari imperdibili.

Questo gioiello del Piemonte regala una meraviglia dopo l’altra

Il nome Ceresole probabilmente si riferisce alla presenza in zona, anticamente, di una foresta di ceresiolae, ossia piccole ciliegie. Il titolo di Reale di cui si fregia, invece, è stato ottenuto nel 1862 per concessione di Vittorio Emanuele II, al quale il Comune aveva ceduto gratuitamente il diritto di caccia a camosci e stambecchi. È l’unico comune italiano, insieme a Venaria Reale, a possedere questa onorificenza.

Posto all’estremo confine occidentale del Canavese, regione storico-geografica del Piemonte, il territorio di Ceresole Reale comprende larga parte dell’Alta Valle Orco. Con i suoi 9957 ettari, è il secondo per estensione degli undici paesi appartenenti alla Comunità Montana. Oltre che con Noasca, confina a Ovest con la Francia (Tarantasia – Val d’Isère) e la Valle d’Aosta (Pont, in Valsavarenche, e Val di Rhêmes) e a Sud con la Val Grande di Lanzo (Groscavallo e Pialpetta).

Il paese alle porte di Torino si trova al centro di una conca circondata da vette maestose che si specchiano nelle acque cristalline del lago, navigabile esclusivamente per i mezzi non a motore. Boschi, erte rocciose, ghiacciai e la singolarità dell’altopiano del Colle del Nivolet, a 2600 metri di quota, con la splendida vista sul massiccio del Gran Paradiso impreziosiscono un paesaggio che fa luccicare gli occhi. Qui ci troviamo nel regno indiscusso della fauna alpina, dove si possono avvistare volpi, camosci, marmotte, aquile e il simbolo del parco nazionale: lo stambecco.

Cosa fare in inverno e in estate a Ceresole Reale

Le possibilità di relax e svago non mancano a Ceresole Reale, in qualunque stagione. Gran parte del territorio rientra nei confini del Parco Nazionale del Gran Paradiso, il che fa di questo gioiello ad alta quota il luogo ideale per gli amanti della montagna, anche per quelli più esigenti ed esperti. In inverno, quando la natura avvolge lo sguardo e la mente con il suo candore e pace tutt’intorno, si può vivere una vacanza rilassante e attiva allo stesso tempo, tra scialpinismo e cascate di ghiaccio – anche nella divertente palestra artificiale X-Ice Park – sentieri percorribili con le ciaspole, che si snodano lungo il lago ghiacciato e in mezzo a prati e boschi, mutando lo scenario a ogni curva.

In estate, è la meta prediletta per i trekking in quota e l’arrampicata sulle storiche pareti del Sergent e Caporal, le rilassanti passeggiate tra gli alpeggi o costeggiando i numerosi laghi alpini, godendosi il silenzio della montagna e le apparizioni repentine di esemplari magnifici. Vagando nei boschi si possono raccogliere lamponi, mirtilli e fragole di bosco, mentre salendo ad alta quota ci si imbatte nella splendida flora alpina, fra cui spiccano i rododendri e le stelle alpine.

Un itinerario magico e imperdibile

Un itinerario che non potete perdervi, una volta qui, è senza dubbio il Giro Lago, un percorso ad anello che segue le sponde del lago artificiale di Ceresole Reale. In inverno è una splendida pista da fondo, mentre nei mesi caldi è una rigenerante passeggiata che permette di godere nella massima tranquillità del sorprendente contesto naturalistico, che fa da cornice a questo borgo dalle atmosfere incantate.

Il percorso ha la particolarità di avvicinare i visitatori alle svariate declinazioni che assume il territorio di fondovalle ai margini del territorio del Parco, in particolare la zona boschiva, la diga artificiale e l’edificato. Si scoprono così gli ambienti incredibilmente variegati che si susseguono attorno allo scintillante specchio d’acqua, vivendo un caleidoscopio di sensazioni che non ha eguali.

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Qui c’è un lago dalle acque trasparenti come non si sono mai viste

Ci sono dei posti nel mondo che sono ancora così intatti e immacolati da sembrare finti. Piccole gemme nascoste – anche se con i social network pure gli angoli più remoti diventano famosi e presi d’assalto dai turisti – che non deludono, perché una volta visitati ci si rende cono che sono esattamente come appaiono in foto. Non succede spesso, perché i filtri ormai sono in tutte le immagini che vediamo nel web, ma c’è qualcosa che ancora si salva, come questo incredibile lago con delle acque trasparentissime.

Il magnifico Lago Paisu Pok

Il Lago Paisu Pok, chiamato anche Paisupok, è un tesoro nascosto dell‘Indonesia e più precisamente dell’isola di Peleng, parte dell’arcipelago di Banggai. Arrivarci non è semplice perché bisogna prendere aerei, traghetti e affittare uno scooter, ma come è giusto che sia i luoghi più belli sono anche i più difficili da raggiungere.

La cosa più curiosa è che questo specchio d’acqua sembra apparire dal nulla, come un miracolo della natura che qui, a differenza di molti altri posti, regna sovrana. Ritrovarsi al cospetto di questa distesa d’acqua ha dell’incredibile, perché la trasparenza delle sue acque riflette qualsiasi cosa lo circondi in maniera poetica.

E poi c’è il sole, che con il passare delle ore va costantemente a migliorare la sua chiarezza, da poter ammirare con calma noleggiando una piccola barca, una canoa o uno stand up paddle. Per il momento è persino possibile nuotavi e fare snorkeling, in acque fresche che senza ombra di dubbio rigenerano dal caldo umido indonesiano.

Remata dopo remata, potrete osservare con estrema tranquillità i fondali, pieni di tronchi caduti e rocce che creano un ambiente che pare fatato.

A render il tutto ancor più speciale è anche l’affascinante giungla da cui è abbracciato, ancora pura e praticamente priva di barriere architettoniche.

L’importanza di questo lago

Il Paisu Pok non è solo un’oasi di tranquillità immerso nella natura più autentica, è anche un prezioso ecosistema, un habitat per diverse specie di flora e fauna.

Un posto del tutto disinteressato alla modernità, un angolo di mondo dove la natura riesce ad esprimersi in tutta la sua perfezione. La speranza, quindi, è che la fama che gli arriva con i social network non lo danneggi, perché deve essere rispettato e protetto fino a quando esisterà il pianeta Terra.

Le meraviglie dell’isola di Peleng

Se si ha l’opportunità di visitare il Lago di Paisu Pok, vuol dire che si ha a disposizione del tempo anche per scoprire le straordinarie meraviglie dell’isola di Peleng.

Si tratta di un fazzoletto di terra che galleggia nel bellissimo Mar delle Molucche e che vanta uno sviluppo costiero di 407,9 km, tanto da essere l’isola più estesa del gruppo delle Banggai.

I paesaggi sono sublimi, perché le sue coste formano tre grandi baie: Bangkalan, Peleng e Masamat. In più, si tratta di un angolo remoto del nostro mondo che è abbracciato da numerose barriere coralline e dove il mare accarezza un territorio prevalentemente montuoso in cui svetta il Monte Tombila, con i suoi 1.059 metri di altezza.

Un posto che quasi pare irreale, e dove vale assolutamente la pena visitare la cascata Batu Alambung, che sgorga da fiabeschi paesaggi montani. Bellissime sono anche le Sunsundeng Cave e il Lemelu Lake, un’altra perla trasparente dell’isola.

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Champoluc, un angolo d’Italia che è un paradiso invernale ed estivo

In una conca ampia e soleggiata, con gli scenografici ghiacciai sullo sfondo, brilla Champoluc. Basta immergere gli occhi nello scenario naturale a dir poco spettacolare che circonda questa splendida località, il centro turistico più rinomato della Val d’Ayas, per innamorarsene in ogni stagione. D’estate offre sentieri escursionistici adatti a tutti, tra lussureggianti foreste di larici e pini, perfetti per rigenerarsi con piacevoli passeggiate nella natura, mentre d’inverno è frequentata per gli ottimi impianti del famoso Monterosa Ski. Scopriamo più da vicino questo gioiellino della Valle d’Aosta.

Champoluc, cosa fare in inverno

Se siete appassionati di montagna e sport invernali, Champoluc vi soddisferà pienamente. Da questa incantevole frazione di Ayas, situata a 1568 metri d’altezza, parte la telecabina che porta alla ski area del Crest, mentre, a qualche chilometro di distanza, la funicolare conduce agli impianti di Frachey – Alpe Ciarcerio.

Come detto, Champoluc fa parte del Monterosa Ski, un vasto comprensorio con 180 km di piste, dei quali 170 km coperti da innevamento artificiale. Con le sue piste varie, adatte a ogni tipo di sciatore e sempre stimolanti, offre la possibilità di godere di panorami unici, soprattutto se ci si allunga sino alla località di Frachey. Moderni impianti collegano Champoluc con la Valle di Gressoney attraverso il valico alpino del Colle della Bettaforca a 2705 metri. Per il divertimento dei bambini, vi troverete anche una pista naturale di slittino e bob, in prossimità del parco giochi, e un Baby Snow Park, serviti da 3 tapis roulants.

I fondisti trovano 3 km di pista facile, la Villy, e possono anche comodamente raggiungere la vicina Brusson, un rinomato centro per lo sci nordico. Numerosi anche i percorsi per ciaspolate al cospetto di paesaggi fantastici. Per i principianti, è consigliata la passeggiata nel vallone di Mascognaz, che attraversa una pineta secolare e conduce al borgo Walser di Mascognaz, con vista su Monte Rosa e Cervino. I più esperti, invece, possono avventurarsi per il percorso che parte da St. Jacques verso le falde del Ghiacciaio di Verra, passando da una folta pineta e conducendo fino ai prati innevati del Pian di Verra inferiore, fino a giungere alla magnifica vista del Lago Blu.

Alpinisticamente, Champoluc è un punto di partenza ideale per avventurarsi sul gruppo del Monte Rosa. Da non perdere, a 15 minuti dal borgo, una entusiasmante arrampicata su ghiaccio, al Pissun Di Mascognaz, a 1630 metri, oppure a Le Bilance, nell’alta valle di Cuneaz, a circa 2100 metri.

Scoprire Champoluc in estate

Champoluc è un sogno anche per le vacanze estive sulle montagne della Valle d’Aosta. Una volta qui, si ha innanzitutto l’occasione di entrare in contatto con la cultura Walser, che risale ai coloni tedeschi e che ha influenzato in modo significativo la regione del Monte Rosa. A monte di Champoluc, a oltre 1800 metri di altitudine si trova il villaggio Mascognaz, un gioiello da visitare per la particolare architettura Walser e per il magnifico panorama sull’alta Val d’Ayas, che oggi si è trasformato in un albergo diffuso dove la pace e la quiete sono le protagoniste assolute.

Per fare, poi, una piena immersione nella natura, poco distante da Champoluc vi aspetta il bosco di Pian Villy. Questo incanto naturale è quasi completamente composto da abeti rossi, mentre il sottobosco è costellato di ginepro, erica, barberis e mirtillo. In questo incanto naturale si trova un’area attrezzata per pic-nic e un percorso pedonale adatto a tutti – perfetto anche per una passeggiata serale in quanto è illuminato – che costeggia il torrente Evançon, passa dietro l’Ufficio delle Guide di Ayas, fino ad arrivare al parcheggio del centro termale Spa Monterosa.

Il caratteristico arco in legno con intagliata la scritta “Area Pian Villy” invoglia grandi e piccini alla scoperta del meraviglioso bosco nascosto, nel quale si possono ammirare le bellissime e particolari sculture in legno e pietra ollare create dai più famosi artisti valdostani in occasione della settimana dell’artigianato. L’occasione perfetta per passare una giornata in famiglia in tutta tranquillità, a contatto con la natura respirando l’inebriante aria di montagna.

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Lutago, un vero e proprio paradiso outdoor

Uno scenario spettacolare incornicia Lutago, incantevole paese altoatesino situato all’ingresso della Valle Aurina. Le cime imponenti che lo incorniciano fanno da sempre gola a escursionisti e alpinisti esperti, ma sono diverse le esperienze da vivere in questa popolare località turistica, perfetta per chi desidera organizzare una vacanza indimenticabile con tutta la famiglia e per chi non vede l’ora di vivere emozionanti avventure ad alta quota. Andiamo, dunque, alla scoperta di questa gemma dell’Alto Adige.

Vacanze in Alto Adige: benvenuti a Lutago in Valle Aurina

Situato a 956 m di altitudine, Lutago (Luchta in dialetto sudtirolese) è il primo paese del comune di Valle Aurina, in provincia di Bolzano. I suoi soleggiati versanti appartengono al maestoso Sasso Nero, alto 3.369 metri, una delle più importanti cime posizionate sul crinale spartiacque – confine italo austriaco – ma non l’unica che rallegra il cuore di scialpinisti ed esperti di escursionismo su ghiaccio. Ci sono infatti altre 13 cime oltre i tremila metri che si trovano nelle immediate vicinanze di questo incantevole paesino, che in ogni stagione garantisce una vacanza all’insegna della natura e del relax per grandi e piccini.

Simbolo di questa località di villeggiatura è la chiesa che svetta sopra una collinetta circondata dai prati di montagna, dedicata a San Sebastiano e a San Rocco, i santi protettori invocati contro la peste. Sui boscosi pendii scoscesi si stagliano, invece, i masi che impreziosiscono il versante meridionale della Alpi della Zillertal.

Se decidete di visitare Lutago in inverno, apprezzerete la sua eccellente posizione tra le due aree sciistiche dello Skiworld Valle Aurina: Speikboden, vicino a Campo Tures, e Klausberg, nei presis di Cadipietra  rispettivamente a 3 e 8 km di distanza dal paese, entrambe di dimensioni moderate e adatte alle famiglie, facilmente raggiungibili in autobus. Non mancano i percorsi per le escursioni con le ciaspole e per gli scialpinisti, mentre per chi preferisce lo slittino, c’è una pista che parte dalla stazione a monte dell’area sciistica Speikboden e arriva fino a qui, per un totale di 10 km di percorso. Trattandosi della pista più lunga dell’Alto Adige, può essere anche innevata artificialmente, offrendo un’esperienza di vacanza in Valle Aurina unica nel suo genere.

Oltre alle avventure sulla neve, Lutago offre altre occasioni di divertimento outdoor. Chi vuole fare il pieno di adrenalina, potrà ad esempio provare l’emozione del rafting sul fiume Aurino. Se, invece, si è in cerca di attività meno impegnative, in paese vengono offerti trekking a cavallo e giri in carrozza.

L’imperdibile Museo dei Presepi Maranatha

Per un’esperienza unica e diversa a Lutago, non perdetevi una visita al Museo dei Presepi Maranatha, inaugurato nel 2000, che vanta l’esposizione di presepi più grande d’Europa. Il nome “Maranatha” deriva dall’aramaico, significa “Venga nostro Signore”. Il Museo dei Presepi Maranatha rappresenta una ricostruzione di uno “stadel” (fienile) tirolese, costruito con il legno di un maso di Predoi che risale al 1725.

Per tutto l’anno, i visitatori possono ammirare i presepi provenienti da vari paesi e conoscere la tradizione della scultura dei presepi della Valle Aurina. Vi troverete presepi in miniatura o con figure a grandezza naturale, in stile alpino o orientale, opere che hanno più di 300 anni fino alle più moderne, tra cui anche un presepe Swarovski.

Si può inoltre entrare a contatto con la lunga tradizione della lavorazione del legno in Valle Aurina, con una visita all’atelier degli artisti, dove ammirare con i propri occhi come gli artigiani della zona lavorano e realizzano le loro opere d’arte. In questi laboratori, tra le altre cose, si realizzano anche le famose maschere dei Krampus. In una stanza del museo è infatti possibile ammirare le maschere realizzate per la tradizionale sfilata di San Nicolò.

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Toscana d’autunno: la Cascata del Ghiaccione e la Valdera

Nello scacchiere amministrativo del territorio toscano la Provincia di Pisa ha uno spazio geografico particolare. Non comprende infatti solo la zona del litorale tirrenico a nord di Livorno e l’area pianeggiante intorno al capoluogo, ma anche una vasta zona che si spinge verso sud, comprendendo la Valdera, la Val di Cecina e le Colline Metallifere. Aree dal più classico dei panorami rurali toscani: dolci colline rivestite di boschi, vecchi borghi medioevali e panorami incantevoli.

Proprio in Valdera si nascondono alcune piccole gemme poco frequentate, visto che il turismo preferisce concentrarsi nei circuiti più mainstream. Fra queste merita un posto speciale la Cascata del Ghiaccione, o più semplicemente Il Ghiaccione tout court, una scenografica cascata che assume un tocco di fascino speciale durante le stagioni autunnale e invernale, grazie al foliage del bosco che la contorna, alla maggior portata d’acqua e al suo aspetto silvano, incantato, come uscita da una favola nordica.

Una destinazione perfetta per una domenica che possa abbinare l’avventura selvaggia della breve escursione alla cascata con la visita ad uno dei tanti bei borghi che punteggiano questo spicchio di Toscana stretto tra Volterra e il mare.

Fonte: Lorenzo Calamai

La Cascata del Ghiaccione in autunno

L’escursione alla Cascata del Ghiaccione

Il Ghiaccione, che prende il nome ovviamente dalla temperatura delle acque che vi scorrono, altro non è che il torrente Carbonaia, un piccolo corso d’acqua della Valdera che scorre nei boschi tra Chianni e Castellina Marittima, due piccoli borghi contornati da maestosi panorami tipicamente toscani.

Per raggiungere la cascata si deve percorrere un breve sentiero. La percorrenza è di circa 30 minuti e non ci sono particolari difficoltà, ma si devono attraversare tratti di bosco che lontano dall’estate saranno certamente fangosi e guadare più volte il torrente. Sarà utile pertanto avere calzature adeguate.

A seconda della vostra provenienza, raggiungete Chianni o Castellina Marittima e percorrete la Strada provinciale 48. All’incirca a metà strada tra i due paesi si trova un ponticello stradale sul torrente Carbonaia, contrassegnato dal classico cartello stradale blu (coordinate GPS: 43.459820, 10.629130). Sarà il segnale per posteggiare l’auto a bordo strada, fuori dalla carreggiata.

Sul versante in direzione Chianni del ponticello, un sentiero si addentra nella boscaglia: è quello da seguire per arrivare alla Cascata del Ghiaccione. Fate attenzione, perché nel bosco ci sono diversi sentieri, realizzati per diversi scopi, senza particolari indicazioni. Per non perdervi tendete sempre a mantenere la sinistra in modo da non allontanarvi dal torrente.

Fonte: Lorenzo Calamai

La prima cascata che si incontra lungo il sentiero

Non sarà comunque difficile costeggiare il Carbonaia fino a raggiungere una prima cascata ben irregimentata. Il sentiero la supera mantenendo la sinistra orografica, ma poco più a monte la traccia del percorso si abbassa occasionalmente a livello del corso d’acqua. Risalendo per ancora 400 metri circa, arriverete alla radura dove si può ammirare la Cascata del Ghiaccione.

Nascosta dal bosco, questa piccola perla selvaggia è affascinante in ogni momento dell’anno, tingendosi di nuovi colori: in estate le sue fresche acque possono dare ristoro dalla calura; in primavera la natura rigogliosa si mostra in tutto il suo potere; in autunno le foglie degli alberi cadono danzando nell’aria nella polla sottostante, mosse dall’impetuoso cadere del torrente oltre il salto; in inverno si può addirittura cogliere la polla ghiacciata in alcune sue parti.

Fonte: Lorenzo Calamai

Durante la primavera la cascata è posta in costante ombra delle fronde del bosco

Chianni, Lajatico e Peccioli: i borghi della Valdera

Dopo aver visitato le magie della natura con l’escursione alla Cascata del Ghiaccione è il momento di scoprire i piccoli, caratteristici borghi che punteggiano i dintorni. Specie in un periodo freddo come quello del tardo autunno e dell’inizio dell’inverno, percorrere i vicoli di queste cittadine sarà un modo di ritrovare calore dopo l’escursione lungo il torrente.

Il borgo più vicino è quello di Chianni, arrampicato su una collina con uno splendido balcone naturale che domina il territorio sottostante e regala panorami unici in ogni stagione. Sebbene non abbia particolari attrattive dal punto di vista culturale, il paese ha un’atmosfera tranquilla e posata, con le sue case dalle facciate in pietra e la Chiesa di San Donato che domina il borgo contornata dai rami degli ulivi.

Fonte: ph. annurca – CC BY 2.0

La luce del tramonto illumina le campagne intorno a Chianni

Tra i colli che si possono ammirare da Chianni in direzione est c’è anche quello sulla cui sommità sorge Lajatico, uno degli altri borghi della zona di cui si consiglia la visita, a poco più di 10 chilometri di distanza.

Paese natale di Andrea Bocelli, Lajatico ha un centro storico recentemente ristrutturato che combina classiche vestigia medievali a opere d’arte contemporanea disseminata in diversi angoli del paese. Una passeggiata per il paese offre il passaggio dalla terrazza panoramica sui territori circostanti, sempre affascinante, alla visita della Chiesa di San Leonardo, fino alla centrale Piazza Vittorio Veneto.

Nei pressi del centro cittadino sorge il Teatro del Silenzio, un anfiteatro costruito nel 2006 sul fianco di una vicina collina, nato per ospitare un solo grande spettacolo all’anno intorno a una scenografia minimalista, incentrata su una diversa opera d’arte ogni anno. Igor Mitoraj, Arnaldo Pomodoro e Mario Ceroli sono stati tra gli scultori contemporanei che hanno allestito la scenografia del Teatro del Silenzio nei primi anni Duemila. Un luogo suggestivo da visitare anche lontano dagli spettacoli.

Fonte: Lorenzo Calamai

Lo scenografico paesaggio dove sorge il Teatro del Silenzio a Lajatico

Salendo verso nord per una decina di chilometri ancora si incontra Peccioli, borgo bandiera arancione per il turismo dall’impianto, anche in questo caso, tipicamente medievale. Chiese romaniche dalle facciate eleganti, palazzi signorili, stretti vicoli e alternanza di spazi compressi e più aperti animano l’architettura del paese. Tuttavia il paese e le sue frazioni hanno saputo distinguersi nel corso degli anni recenti per una particolare attenzione all’arte contemporanea, ivi compresi diversi interventi di land art, che rende viva e frizzante la visita tra i vicoli e le piazze di Peccioli e dintorni.

Fonte: LigaDue – CC BY 4.0

Peccioli domina la Valdera dalla cima del proprio colle

Un ideale complemento ad una visita che coniuga l’elemento naturale a quello umano, artistico e storico e che risulta in un’ottima opzione per una gita giornaliera in tutte le stagioni.

 

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Le Cascate di Pale sul fiume Menotre, una meraviglia per tutte le stagioni

In questo autunno caldo, dove l’imbrunire delle foglie ha tardato a manifestarsi e le temperature rimangono tutto sommato miti, ci si può avventurare nel cuore dell’Umbria, per scoprire una serie impressionante di cascate magiche e spettacolari al riparo delle fronde di un bosco secolare.

Il fiume Menotre, infatti, dopo essere nato a circa 30 chilometri dalla città di Foligno, sulle pendici del monte Mareggia, scende verso Rasiglia, piccolo borgo inondato dalle copiose acque delle numerose sorgenti presenti sui colli circostanti. Qui il corso d’acqua riceve il tributo di numerosi, piccoli affluenti che ne incrementano la portata in maniera sostanziale. Prima che il Menotre si immetta nel fiume Topino a Scanzano, però, presso il Sasso di Pale, si getta in una gola ripida e in una serie di salti che prende il nome di Cascate di Pale, o dell’Altolina, e raggiunge la cittadina di Belfiore.

Fonte: Lorenzo Calamai

Spiaggetta lungo il corso del fiume Menotre

La distanza in linea d’aria tra Pale e Belfiore è irrisoria, inferiore al chilometro, ma il primo paese si trova arroccato in cima a una falesia ricoperta di boschi e il secondo ai piedi della medesima. I due borghi sono collegati non solo dalla Strada statale 77, ma anche da un sentiero che corre lungo il corso del fiume Menotre, regalando un’impareggiabile esperienza al cospetto delle meravigliose Cascate di Pale.

Cascate di Pale sul fiume Menotre: come arrivare

Fonte: ph. Mongolo1984 – CC BY-SA 4.0

La luce autunnale nel bosco lungo il Menotre

Il sentiero che porta alla scoperta delle Cascate di Pale si può prendere da ciascuno dei due paesi a cui fa capo, Pale e Belfiore. Tuttavia, solitamente si consiglia di affrontare la salita partendo da quest’ultimo, dov’è stato allestito un parcheggio ad hoc per il percorso.

Oltre a trovare facilmente un posto per l’auto, attaccare il sentiero da Belfiore consente di affrontare la salita per prima e solo dopo la discesa e di fare tappa intermedia fra l’una e l’altra a Pale, un borgo piccolissimo ma che contiene alcuni elementi di fascino da non trascurare.

Per raggiungere il Parcheggio dell’Altolina (coordinate GPS: 42.983308, 12.768861), area da cui deriva uno dei nomi con cui sono conosciute le Cascate del Menotre, si deve percorrere la Strada statale 77, quale che sia la provenienza. Si scende quindi nel paese di Belfiore e si imbocca, per l’appunto, via Altolina. La strada si snoda in un bel paesaggio circondato da ulivi e in poco meno di un chilometro si arriva al grande spiazzo sterrato che fune da parcheggio.

Il sentiero lungo il Menotre e le cascate

Dal Parcheggio dell’Altolina lo sguardo segue il corso della gola boscosa dove scorre impetuoso il Menotre, e si scorgono in cima le vette degli edifici del paese di Pale, destinazione ultima dell’escursione che ci si sta apprestando a compiere.

Il sentiero delle Cascate di Pale è lungo circa 2 chilometri ed affronta un dislivello di circa 300 metri. Questo significa che pur essendo tutto in salita, in alcuni tratti anche ripida, è comunque breve e alla portata di tutti, particolarmente adatto alle famiglie. La buona manutenzione del percorso, inoltre, consente di affrontare in tutta serenità l’escursione, anche se si consiglia di affrontarla con calzature adeguate. L’ascesa da Belfiore a Pale si compie in un’ora e mezza circa.

Oltre a essere adatto a qualsiasi tipo di visitatore, il percorso è anche adatto a tutte le stagioni. Offre ovviamente il meglio di sé durante il caldo estivo, offrendo riparo e ristoro dalla canicola, ma ha il suo fascino estremo anche durante l’autunno e l’inverno, quando il bosco ingiallisce e la natura affronta la sua mutazione. Assicuratevi comunque di percorrere il sentiero in condizioni meteorologiche buone.

Il sentiero inizia in fondo al piazzale sterrato del parcheggio e si inoltra inizialmente tra gli ulivi. Una volta entrati nel bosco, si passa al fianco di un vecchio edificio bianco, si oltrepassa un ponticello e ci si avvicina alla prima cascata del percorso, una delle più conosciute e caratteristiche: il Velo della Sposa.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le impetuose acque del Velo della Sposa

Il salto prende questo nome dalla forma che l’acqua assume attorcigliandosi sul grande spuntone di roccia levigata dove scorre, stringendosi e poi allargandosi come una farfalla. Dietro la cascata l’acqua ha scavato una grotta suggestiva, dove ci si può affacciare.

Proseguendo lungo il sentiero che si apre nella roccia calcarea, dal colore ocra tipico del travertino, si sale fino a raggiungere una spiaggetta sulle rive del fiume. Qui il Menotre ci arriva con un grande salto da monte e si getta poi nel vuoto a valle con un’altra cascata sostanzialmente invisibile, immersa nella vegetazione.

Deviando leggermente dal sentiero si può raggiungere una delle cascate più suggestive del percorso, un grande salto dove il fiume si divide in diversi rivoli, al cospetto dei quali si è piccoli contro la forza roboante della natura.

Nel suo ultimo tratto il sentiero si distanzia leggermente dal corso del fiume, inoltrandosi in un bosco di lecci che preannuncia l’arrivo nel borgo di Pale.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il sentiero lungo il Menotre scavato nella roccia

Cosa vedere a Pale

Il minuscolo paese di Pale, che oggi raccoglie appena qualche decina di abitanti e fa parte, amministrativamente, del comune di Foligno, è un insediamento antichissimo, risalente all’epoca pre-romana, lungo quella che era una fondamentale via di collegamento con l’antica città di Plestia.

La forza impetuosa del Menotre ha sempre consentito al borgo di avere un ruolo rilevante: mulini e frantoi prima, opifici e cartiere poi hanno caratterizzato l’attività del paese e lo hanno tenuto vivo nel corso dei secoli. Nel Trecento Pale era un borgo fortificato cinto da mura, nel Quattrocento vi venne costruito un castello, tra il Cinquecento e il Seicento l’industria della carta fiorì a tal punto da rendere la cittadina rinomata in tutta la regione per la qualità dei suoi prodotti.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il Menotre ha una notevole portata, che si manifesta nella forza delle sue cascate

Piccolo gioiello di impianto medievale, Pale merita una rapida visita per i suoi vicoli da chi è emerso dalla forra del Menotre. Un paio di osterie offrono l’opportunità di rifocillarsi con un panino, un aperitivo oppure un pasto completo.

Merita inoltre una visita l’Eremo di S. Maria di Giacobbe, ossia quell’edificio incastonato nella roccia del colle che sovrasta il paese, il Sasso di Pale. Si tratta di un monastero del XIII secolo, raggiungibile da Pale attraverso un breve sentiero che sale lungo il versante sud-ovest del Sasso, in una zona scoscesa e rocciosa che viene anche utilizzata per l’arrampicata. Si raggiunge in circa 45 minuti con una passeggiata che merita la fatica anche senza visitare gli interni del santuario, che apre le sue porte solo su prenotazione per poter ammirare i bei soffitti affrescati dei suoi interni.

Il ritorno a Belfiore e al parcheggio si compie per lo stesso percorso dell’andata, stavolta con una rapida discesa che riporterà velocemente al punto di partenza.

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Val Ciamin, la più solitaria valle altoatesina dove regna il silenzio

C’è una splendida valle, tranquilla, solitaria, poco conosciuta e incredibilmente romantica, che regala uno dei panorami più belli delle Dolomiti. Tra il gorgoglìo dei ruscelli, le altissime cime che fanno da cornice e i prati verdeggianti, questa piccola valle racchiude tutte le bellezze naturalistiche dell’Alto Adige in pochi chilometri quadrati.

È la Val Ciamin, nellAlpe di Siusi, stretta tra due dei massicci più iconici e imponenti dei “monti pallidi”: il Catinaccio – che in tedesco, Rosengarten, giardino di rose, suona molto più poetico – e lo Sciliar, il simbolo delle Dolomiti dell’Alto Adige, che, insieme, formano il Parco Naturale Sciliar-Catinaccio. Un territorio meraviglioso a dir poco, ricco di scorci suggestivi e di antiche leggende.

Alla scoperta della Val Ciamin

La Val o Valle Ciamin (o Tschamin) è una piccola valle che, dal Comune di Tires, una frazione di Fiè allo Sciliar, si insinua alle pendici dello Sciliar e del Rosengarten-Catinaccio fino ai rifugi Bergamo e Alpe di Tires. La si percorre a piedi o in mountain bike (o e-mountain bike, se volete fare meno fatica, specie nel secondo tratto che è piuttosto ripido). Nel periodo estivo, l’ufficio del turismo di Tires organizza escursioni guidate a piedi o in e-bike nella valle.

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Fonte: @IDM Südtirol Alto Adige – Harald Wisthaler

Il profilo inconfondibile dello Sciliar

L’intero itinerario, che è lungo circa otto chilometri e ha un dislivello di mille metri, è più semplice e piuttosto pianeggiante nella prima metà del cammino, quindi adatto a tutti, anche ai passeggini, mentre a circa metà strada inizia a inerpicarsi su per la montagna e sono consigliati, oltre ai bastoncini, anche una buona dose di allenamento. Ma lo sforzo vale assolutamente la pena. Poi capirete perché.

A piedi nella valle

Alla partenza del sentiero che prende il via da Bagni di Lavina Bianca, una frazione di Tires al Catinaccio dalla cui cava, sin dal XIX secolo, viene estratta la ghiaia bianca, c’è una malga, la Tschamin Schwaige, dove rifocillarsi prima di mettersi in cammino. Poi, fino al rifugio Bergamo, alla fine di questa incantevole valle dolomitica, che si trova a 2.165 metri d’altezza, non c’è più nulla, se non qualche tavolo di legno dove fare una sosta ristoratrice un pic-nic nelle belle giornate di sole, ma solo splendide cime dolomitiche e altipiani.

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Fonte: @Seiser Alm Marketing – Werner Dejori

Camminare lungo la selvaggia Val Ciamin

Il rifugio si trova nella zona più tranquilla dell’area dello Sciliar-Catinaccio e domina dall’alto la selvaggia e solitaria Val Ciamin. Il rifugio offre alloggio per 70 persone e fermarsi per la notte è una delle esperienze più belle che si possano fare. Il panorama al tramonto (o all’alba, per chi ce la fa a svegliarsi presto) sui “monti pallidi” che, per via di un’antica leggenda, si colorano di rosa e sulla cima di Valbona (3.033 metri) è uno dei più magici che esistano non soltanto in Italia ma al mondo.

Inoltre, lassù, senza alcun inquinamento luminoso, si possono ammirare delle meravigliose stellate. Chi desidera percorrere il sentiero in giornata, invece, può approfittare di un caldo pasto tipico tirolese nell’antica stube di legno.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

La radura Rechter nella Val Ciamin

La Valle Ciamin corre lungo l’omonimo rio Ciamin, che nasce sottoterra ed esce dalle rocce nella valle e scorre costeggiando baite di legno, attraversando distese di pascoli verdi e fioriti a primavera, come la spettacolare radura Rechter Leger, e boschi di sempreverdi e di abeti rossi. Questo cammino si può fare tutto l’anno. Quando c’è la neve, è perfetto per una splendida ciaspolata, specie nelle giornate di sole.

La leggenda di Re Laurino

A molti piace credere che il Catinaccio si tinga di rosa all’ora del tramonto per via di un’antica leggenda locale, quella del giardino di Re Laurino, un sovrano a capo di una comunità di piccolissimi esseri viventi in un mondo dominato da giganti che viveva sul Catinaccio. Un giorno, il re, innamorato di Simhild, una giovane promessa a un altro uomo, però, decise di rapirla e di portarla nel suo castello di pietra.

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Fonte: @IDM Südtirol Alto Adige – Clemens Zahn

Lo spettacolo del Catinaccio-Rosengarten sulle Dolomiti

Laurino sperava di conquistarla grazie al suo magnifico giardino dove fiorivano meravigliose rose rosse protette da un filo di seta dorato. Per liberare la promessa sposa, il fidanzato della principessa chiese aiuto a Dietrich von Bern, re dei goti che, insieme ai suoi guerrieri, partì subito alla volta del castello, strappò il filo di seta del giardino e calpestò le rose. Re Laurino indossò una cappa magica che lo rese invisibile e invincibile, ma durante la battaglia von Bern riuscì a strappargli la cintura e lo sconfisse.

La giovane fu liberata e anche Re Laurino riuscì a fuggire. Con una formula magica trasformò il giardino di rose in pietra. Nessuno, né di giorno né di notte avrebbe dovuto rivedere lo splendore delle rose. Al posto del giardino non rimase che nuda e pallida roccia. Tuttavia, nella formula magica Laurino si scordò di menzionare il crepuscolo, pertanto, per pochi istanti, a quell’ora, si può ancora ammirare lo splendore delle rose sul Catinaccio.

La sorgente magica

Lungo il cammino s’incontra una sorgente d’acqua diversa dalle altre, si dice infatti che sia miracolosa. L’antica sorgente di Hohen Steg era stata sepolta da una frana ed è stata riscoperta solo di recente, oggi è famosa nella valle per i suoi effetti curativi.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Il rio Ciamin che corre lungo tutta la valle

Si racconta difatti che il vecchio lattoniere del vicino paese di Tires, un certo Robert, riuscì a curare i suoi disturbi gastrici grazie a questa magica acqua. Quando si passa di qui vale quindi la pena riempire la propria borraccia. Male sicuramente non fa.

È la stessa acqua che sgorga dalla sorgente di Bagni di Lavina Bianca, che veniva sfruttata ancora oggi dagli abitanti del posto per curare reumatismi, anemie e disturbi metabolici. Nel corso degli anni, Bagni di Lavina Bianca (in tedesco Weisslahnbad) ha richiamato un numero sempre maggiore di visitatori, che venivano appositamente per sottoporsi alle cure e per godere del magnifico paesaggio davanti al gruppo del Catinaccio.

Quando andare in Val Ciamin

La Val Ciamin è percorribile tutto l’anno. D’inverno si può camminare nella neve con le ciaspole ma il rifugio Bergamo chiude per la stagione (apre da giugno). Il periodo migliore per andarci è sicuramente dalla primavera fino all’autunno, quando iniziano le belle giornate di sole e si può passeggiare al fresco, magari rinfrescando i piedi nelle fresche acque del rio Ciamin che corre lungo il percorso.

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Fonte: @Annelies Stifter

Il rifugio Bergamo che domina la Valle Ciamin

A primavera i prati fioriti sono uno spettacolo per i sensi tra colori e profumi che si respirano e che si ritrovano nel gusto dei deliziosi formaggi che vengono prodotti direttamente nelle malghe. Basta camminare a piedi nudi nei prati per godere di momenti di incredibile relax.

In autunno, la valle si tinge dei colori più caldi, in una tavolozza che sfuma dal verde dei sempreverdi al giallo, oro e rosso dei boschi. Questa è anche la stagione del Törggelen che ha inizio a ottobre e che dura fino alla fine di novembre, quando i contadini aprono le porte delle tradizionali Buschenschank, le osterie altoatesine, per offrire i più classici prodotti agricoli caratteristici dell’autunno.

A tavola si servono le tipiche Kartoffelpuffer, frittelle di patate, zuppa d’orzo, canederli o mezzelune ripiene di erbe insieme a costine di maiale e insaccati, accompagnati da canederli e crauti. Si finisce sempre con le castagne arrosto e un bicchiere di vino novello, che è poi il prodotto che ha dato origine a questo evento.

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Fonte: @Seiser Alm Marketing – Werner Dejori

I picchi dolomitici in fondo alla Val Ciamin

Il Törggelen è una tradizione nata proprio nell’Alpe di Siusi e nella Val Venosta, rimasta viva qui ma diffusa poi in tutto l’Alto Adige ed è strettamente legata alla storia del vino. Il termine Törggelen deriva da “Torggl” (dal latino torquere, torcere) e indica il torchio di legno che veniva usato nelle cantine dei contadini per la spremitura dell’uva.

Anticamente, gli ospiti che si recavano nei Buschenschank per degustare il vino novello si portavano il proprio cibo. Oggi a tutti piace la comodità di e la curiosità di gustare gli stessi piatti cucinati da cuochi diversi, perché ognuno ha poi la propria variante. Uno ottimo motivo per organizzare subito un weekend in questa inesplorata valle altoatesina.

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I colori dell’autunno: il Sentiero delle Cascate di Sant’Annapelago

Verde, rosso, ocra, giallo. Sono solo alcune delle mille magiche sfumature che l’autunno conferisce ai colori del bosco.

Nel 2023, una delle stagioni più magiche dell’anno è arrivata con un po’ di ritardo, ma è finalmente pronta a regalare i suoi desiderati frutti a tutti, anche agli amanti dell’acqua dolce.

Se, infatti, è ormai terminata la stagione del wild swimming, tra tuffi rinfrescanti e giornate passate sul greto del fiume, il Sentiero della Cascate di Sant’Annapelago consente a tutti coloro che hanno un feeling particolare con i corsi d’acqua di perseverare nella soddisfazione delle proprie passioni con un itinerario semplice, alla portata di tutti e dall’impatto scenografico davvero sensazionale.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Le chiome dei faggi di Sant’Annapelago

Le cascate di Sant’Annapelago

Il Sentiero delle Cascate di Sant’Annapelago è un itinerario di trekking ad anello lungo circa 12 chilometri, situato nell’omonima frazione adagiata tra le vette dell’Appennino modenese, non lontano dal confine tra Emilia e Toscana. Per percorrerlo tutto ci vogliono circa 6 ore, comprensive di soste. Il dislivello in salita è di circa 400 metri e l’altitudine massima raggiunta è di 1.315 metri slm. La prima parte del sentiero è quella in ascesa e con un sentiero stretto, seppur privo di sostanziali difficoltà tecniche. Nella seconda parte il percorso si distende in una lunga discesa su una comoda strada forestale che costeggia i corsi d’acqua.

Si tratta di un sentiero tracciato all’ombra di ariosi boschi di faggio, alberi particolarmente eleganti con i loro fusti slanciati, tesi verso la luce e le loro chiome che in autunno assumono una colorazione che va dall’ocra al giallo. Camminando lungo il sentiero, sarete sovrastati dal tipico foliage autunnale, un tetto di foglie brillante, oltre il quale s’intravede il cielo. Il percorso è ben segnalato dai segnavia apposti dall’associazione Sentiero delle Cascate, che lo mantiene pulito e funzionante. L’associazione fornisce inoltre la traccia GPS del percorso.

A questo contesto si aggiunge la bellezza e la potenza dell’acqua, che scorre senza sosta nel letto del Rio Valdarno e del Fosso del Terzino, i due corsi d’acqua che s’intrecciano lungo il percorso di Sant’Annapelago, dando vita a sei cascate e tre fonti d’acqua dolce, l’una più scenografica dell’altra.

Sant’Annapelago, come arrivare

Sant’Annapelago è una frazione del comune di Pievepelago, posta a 1.170 metri sul livello del mare. Si trova nel cuore del Parco regionale del Frignano, area naturale protetta che è dimora del monte Cimone, la vetta più alta dell’Emilia Romagna con i suoi 2.165 metri.

Per raggiungere la valle che ospita la cittadina e il suo capoluogo si percorre, da sud o da nord, la Strada statale 12 dell’Abetone e del Brennero, che la attraversa. Da Pievepelago, poi, in corrispondenza del ponte sul Rio Perticara, si imbocca la Strada provinciale 324, seguendo le indicazioni per Sant’Annapelago e il Passo delle Radici. Dopo circa 7 km dalla svolta, si giunge in paese.

La via alternativa, utile a chi arriva dalla Garfagnana, dalla Toscana occidentale o dalla Liguria, è quella di affrontare il Passo delle Radici, panoramico valico appenninico tra le province di Lucca e Modena, e arrivare a Sant’Annapelago percorrendo il lato opposto della SP 324 prima descritta.

Una volta raggiunto l’abitato, potete parcheggiare nei pressi degli impianti sportivi (coordinate GPS: 44.190167, 10.555333). Per raggiungere a piedi l’attacco del sentiero proseguite sulla strada, percorrendo via Borracce (dal nome della vicina fonte che incontreremo alla fine del percorso) fino all’incrocio con via Casa delle Rose. Alla fine di quest’ultima strada troverete l’imbocco del Sentiero delle Cascate di Sant’Anna Pelago.

Il sentiero, le cascate, il foliage

“Finché ci sarà l’autunno – ha scritto Vincent van Gogh in una lettera al fratello – non avrò abbastanza mani, tele e colori per dipingere la bellezza che vedo.”

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Alla Cascata della Bandita si arriva da una radura nel bosco

Eppure, percorrendo il Sentiero delle Cascate nella stagione del foliage, vi sembrerà di aver fatto il vostro ingresso in alcune delle sue opere, quelle dai colori aranciati e ocra che hanno colto l’animo di questo speciale momento dell’anno.

L’ingresso in questa sorta di dimensione naturale parallela avviene immediatamente all’avvio del sentiero, che si dipana nel bosco con una morbida salita di un paio di chilometri che vi porterà ad imbattervi nel primo salto del torrente, la Cascata dei Rioo. Ci si arriva deviando dal corso principale del sentiero e seguendo i segnavia: affacciatevi prima dall’alto, ammirando la potenza delle acque e il colore turchese della polla, per poi seguire il sentiero e arrivare fino al cospetto della cascata.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

La Cascata dei Rioo e i mille colori dell’autunno

Dopo essere rimasti in contemplazione della forza e della varietà della natura, si risale sul tracciato principale e si prosegue. Sulla destra, quasi subito, potrete fare rifornimento di acqua fresca e pura dalla Fonte dei Rioo, la prima che si incontra sul percorso.

Dopo circa 1,5 km dalla precedente, vi imbatterete in una seconda cascata, detta della Bandita. Ci si arriva a poco a poco, mentre le fronde del bosco si aprono, lasciando spazio prima ad una radura e poi ai massi che circondano la piscina formata dal roboante scorrere dell’acqua.

Tappa successiva, quasi alla metà del sentiero, è la Cascata di Sassorso, dal nome della vetta che sta alle spalle del salto. Quella del Sassorso è una cascata potente, con tanti rivoli diversi, ad alto tasso di spettacolarità: ricorda la violenza e la forza della natura. L’acqua ha qui infatti plasmato la roccia scura come fosse uno scivolo, con tanti piccoli salti che preludono poi a quello più grande.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Fosso Sassorso, ad alto tasso di spettacolarità

Subito dopo aver superato il giro di boa del percorso quando il sentiero si innesta sulla strada forestale, si incontra la Cascata del Terzino, incassata in una conca più bassa del livello della suddetta strada.

Nelle vicinanze del salto, un suggestivo tronco spezzato è punteggiato di funghi del legno, cresciuti sul fusto come fosse una scultura bizzarra.

In questo punto del percorso l’acqua è semplicemente dappertutto, diventando protagonista dell’itinerario: un rio ne incontra un altro che ne incontra un altro e insieme si mischiano e scendono verso valle, immettendosi nel Fosso del Terzino prima e nel Rio Valdarno poi.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

La Cascata del Terzino, incassata tra le rocce

Superata la Cascata del Terzino, una lunga discesa che costeggia il torrente ci accompagna in un tratto di comoda camminata, dando un attimo di respiro alla successione delle cascate. Un ottimo momento per tornare a concentrarsi sulla bellezza di un bosco pulito, ordinato e profumato in ogni momento dell’anno, ma che in autunno prende le note dolci dell’umidità del terreno, mentre l’aria fresca punge il naso.

Improvvisamente, superata la Fonte Montalto, il sentiero torna a stringersi e scende in maniera un po’ più ripida nel momento in cui ci si appresta ad affacciarsi dall’alto alla cascata forse più spettacolare del sentiero: la Cascadora, un doppio salto delle acque del Fosso del Terzino, circondate da chiome di alberi di ogni colore. Un vero tripudio dell’autunno.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Il doppio, spettacolare salto della Cascata Cascadora

Poco più a valle della Cascata Cascadora, troverete un crocevia. Per visitare anche l’ultima cascata dell’itinerario, si deve seguire le indicazioni per il Pozzo del Pisano, a poche centinaia di metri sul Rio delle Fontanacce, altro immissario del Rio Valdarno.

Il Pozzo del Pisano, al contrario delle altre cascate, non brilla per imponenza o potenza, ma è un posto tranquillo dove organizzare una merenda in riva al torrente prima di concludere l’itinerario. E anche un luogo da segnare in vista della buona stagione, perché la piscina creata dal torrente meriterebbe un tuffo.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Il pozzo del Pisano, ultima tappa del Sentiero delle Cascate di Sant’Annapelago

Per riprendere la strada maestra si ripercorre all’indietro la deviazione presa in un primo momento. Dal crocevia lasciato in precedenza manca circa 1.5 km alla fine del sentiero. Una volta raggiunta la cosiddetta Casa Gennaio il sentiero si conclude a poche centinaia di metri dal suo ingresso, nei pressi della Fonte delle Borracce, di nuovo in paese. Ripercorrendo via Borracce fino agli impianti sportivi, si tornerà all’auto.

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In questo lodge puoi fare colazione con vista sui Big Five

I viaggiatori la chiamano “mal d’Africa”, ed è quella sensazione nostalgica che invade e pervade il cuore tutte le volte che si lascia il territorio con l’unico desiderio di tornarci, e di farlo ancora. Del resto non potrebbe essere altrimenti, il continente in questione ospita meraviglie incredibili che variano per climi e ambienti, che comprendono deserti, savane e foreste pluviali.

Tantissimi sono i parchi nazionali, quelli da scoprire attraverso safari delle meraviglie che consentono di toccare con mano il grande patrimonio naturalistico, paesaggistico e faunistico che appartiene al continente. Tra i più celebri c’è sicuramente il Parco Nazionale Kruger situato a nord est del Sudafrica. Si tratta di una delle riserve faunistiche più grandi di tutto il continente che ospita tantissimi animali selvatici. Una meta imprescindibile, questa, che da sempre popola le travel wish list dei viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.

Ed è proprio all’interno di questo parco delle meraviglie che vogliamo portarvi oggi, per raccontarvi di un’esperienza unica ed emozionante da vivere e condividere almeno una volta nella vita. Sì perché all’interno del Parco Nazionale Kruger è possibile soggiornare in un lodge che consente di fare colazione con vista sui Big Five.

L’esperienza più bella di una vita intera

Il nostro viaggio di oggi ci conduce all’interno di una delle riserve faunistiche più celebri e più grandi di tutta l’Africa. Il Parco Nazionale Kruger, infatti, è una meta imprescindibile per tutti gli amanti della natura e degli animali. Qui è possibile avvistare i celebri Big Five: leoni, leopardi, rinoceronti, bufali ed elefanti. Insieme a loro convivono centinaia di altre specie che si muovono e si nascondono tra montagne, arbusti e foreste tropicali che caratterizzano un paesaggio suggestivo e mozzafiato.

Il parco è una delle principali destinazioni dei safari d’Africa e i motivi sono facilmente intuibili. Ma c’è un motivo in più per raggiungere la riserva sudafricana ed è un’esperienza che non potete vivere in nessun’altra parte del mondo.

Qui, infatti, esiste un eco-lodge davvero affascinante. Una piccola struttura di legno, con tetti in paglia, che si affaccia sul fiume Sabie e che offre agli ospiti la possibilità di osservare la fauna selvatica da una posizione privilegiata. Le 9 suite che compongono la struttura, infatti, sono tutte dotate di un balcone privato. È qui che è possibile fare colazione all’alba con vista sui Big Five.

Parco Nazionale Kruger, avvistamento dal lodge

Fonte: Universal Images Group via Getty Images

Parco Nazionale Kruger, avvistamento dal lodge

Risvegliarsi nella fauna selvatica: un’avventura mozzafiato

Situato sulle sponde del fiume Sabie, il Lion Sands Tinga Lodge, è l’alloggio perfetto per vivere esperienze indimenticabili in Sudafrica. Questa piccola struttura ricettiva ed ecologica, infatti, gode di una posizione privilegiata all’interno del Parco Nazionale Kruger essendo situata nell’area con la più alta concentrazione di leopardi dell’interno territorio.

Circondati da un paesaggio d’eccezione, che incanta ed emoziona a ogni ora del giorno, gli ospiti del lodge potranno avvistare la fauna selvatica direttamente dalle loro stanze, o meglio dalle terrazze private collegate alle singole suite. Gli spazi esterni affacciano tutti sulla riva del fiume Sabie, ed è lì che consigliamo dsabinai tenere lo sguardo fisso a ogni ora del giorno e della notte per avvistare i Grandi Cinque della savana africana.

Il lodge con vista sui Big Five

Fonte: Universal Images Group via Getty Images

Il lodge con vista sui Big Five