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Lago di Saoseo, vera meraviglia della Svizzera

Chiudete gli occhi e provate a immaginare uno scenario da cartolina dove la vera protagonista assoluta è la natura. Siamo abbastanza certi che a qualcuno di voi sarà venuto in mente un laghetto dai profili fiabeschi, circondato da verde intenso e con le acque dalle mille sfumature di blu. La sapete una cosa? Questo posto esiste veramente e non è nemmeno troppo distante dal nostro Paese: è il Lago di Saoseo, un autentico gioiello della confinante Svizzera.

Lago di Saoseo: cosa sapere

Il Lago di Saoseo, che in lingua locale si chiama Lagh da Saoseo, è un irresistibile specchio d’acqua alpino situato in Val di Campo, una zona laterale della Val Poschiavo, che si distingue per essere incorniciata da profili di alte montagne che fanno sognare a occhi aperti.

Quando il visitatore decide di raggiungere questa area incantata della Svizzera, deve essere preparato al pensiero che quello che si ritroverà di fronte è un piccolo – ma irresistibile – capolavoro della natura. Il motivo di tutto ciò è molto semplice: questo magnifico laghetto alpino sfoggia acque dalle tonalità intense, un blu che è in grado di dare vita a milioni di trasparenze e continui riflessi che vanno a fondersi con il verde circostante.

O meglio, dipende dalle stagioni: in estate e in primavera gli abeti brillano di un verde acceso, in autunno i larici assumono il tradizionale giallo del periodo, mentre in inverno è il bianco della candida neve a regnare su tutto. Tonalità che si specchiano sulle acque del lago – che per molti ricorda la forma di un cuore – in maniera differente in base all’orario in cui lo si visita.

Per raggiungerlo basta intraprendere un piccolo trekking che non presenta troppe difficoltà, una passeggiata che è quindi possibile fare anche con i propri figli.

Lago di Saoseo forma a cuore

Fonte: iStock

Veduta dall’alto del Lago di Saoseo in autunno

Come raggiungere Saoseo

Per raggiungere le infinite e vivaci tinte del Lago di Saoseo occorre partire dalla località Sfazù, una graziosa frazione situata a 1622 metri sul livello del mare, che segna anche il vero e proprio punto d’ingresso alla Val di Campo.

Da lì è sufficiente seguire i cartelli che invitano a proseguire verso il Rifugio Saoseo attraverso una strada sterrata che si sviluppa tra pascoli e maestosi boschi di larici.

L’ambiente è davvero peculiare e piacevole, e il bellissimo lago che si apre dinnanzi al visitatore è una specie di bomboniera realizzata dal magistrale lavoro di Madre Natura. Non solo acque placide dai colori sgargianti e vegetazione florida che impreziosisce il territorio, c’è anche un’isoletta non troppo distante dalla riva che contribuisce a rendere il paesaggio una vera meraviglia per l’anima e per gli occhi.

Il tempo di percorrenza previsto per raggiungere il Lago di Saoseo è di circa 1 ora 45 circa, mentre il dislivello è di soli 430 metri. Un tragitto alla portata di tutti, quindi, e che per i viaggiatori più intrepidi può persino andare avanti.

Lasciandosi Saoseo alle spalle, ecco che prende vita un breve sentiero – tendenzialmente pianeggiante – che porta diretti a un’altra affascinante conca naturale in cui è gelosamente custodita un’ulteriore perla della natura: il Lago di Val Viola. Per molti è meno poetico dell’altro, ma è comunque uno spettacolo di cui vale assolutamente la pena godere.

Lago di Val Viola svizzera

Fonte: iStock – Ph: Orietta Gaspari

Il grazioso Lago di Val Viola

Cos’altro fare in Val Poschiavo

Se la Val di Campo colpisce per l’ambiente naturale in cui si trova e per i suoi eccezionali laghi alpini, non è di certo inferiore il fascino che emana la Val Poschiavo.

Del resto ci troviamo nel Canton Grigioni, un meraviglioso angolo della cosiddetta Svizzera Italiana che ha davvero una miriade di possibili esperienze da offrire a tutti i suoi visitatori.

I villaggi, per esempio, sono uno più bello dell’altro e proprio a partire dallo stesso Poschiavo. Si tratta di una piccola realtà che ancora mantiene vive le tracce del suo passato romano, saraceno, longobardo e carolingio. Un intricato insieme di stradine acciottolate in cui si affacciano edifici tipici e dalle linee raffinate.

Molto grazioso è anche il borghetto di Le Prese che riesce a far innamorare il visitatore con le sue estese coltivazioni di fiori e erbe destinate alla produzione di tisane.

Poi ancora Casa Matossi Lendi, un elegante edificio del Seicento che è stato sapientemente ristrutturato nel 1856 dall’architetto vicentino Giovanni Sottovia. Una villa storica in cui approfittare di una visitata guidata per scoprire una camera da letto in stile Belle Epoque, diverse sale pregne di incredibili affreschi, uno strepitoso giardino che comprende un orto, alberi da frutta e molto altro ancora.

Vale la pena raggiungere anche il Giardino dei Ghiacciai di Cavaglia dove svettano le ormai celebri in tutto il mondo Marmitte dei Giganti, delle gigantesche formazioni rocciose che si sono create a seguito dello scioglimento del ghiacciaio del Palu. Da pochi anni a questa parte, tra le altre cose, è possibile persino imboccare un percorso che attraversa l’Orrido del Cavagliasch, un tragitto attraverso cui ammirare sia le Marmitte dei Giganti, sia altri prodigi della natura come profonde cavità e grandi strapiombi.

E infine, l’avventura più famosa di tutta la Val Poschiavo (e non solo): il magico Trenino Rosso del Bernina.

Il Trenino Rosso del Bernina per la Val Poschiavo

La straordinaria Val Poschiavo, nella sua estensione di 25 km, è completamente attraversata dal super noto ed emozionante Trenino Rosso del Bernina, un convoglio infuocato che solca un percorso eccezionale e che è anche considerato il treno più alto d’Europa.

Inutile dirvi che chiunque deciderà di salirvi potrà osservare paesaggi maestosi a perdita d’occhio. Viaggiando verso la Val Poschiavo, avrete infatti modo di godervi alcuni incredibili scorci sul ghiacciaio del Morteratsch, ad Alp Grum, e poi ancora sulla funivia fra Lagalb e Diavolezza.

Ma non solo. Passando tra la valle riuscirete a scorgere anche altre spettacolari laghi, di cui i più famosi sono il Lago Roan, il Lago Bianco e il Lago Nero.

Insomma, a due passi dall’Italia prende vita il Lago di Saoseo che è come un sogno che si avvera, un bacino d’acqua da profili fiabeschi che si sviluppa in una zona laterale di una strepitosa valle che davvero tantissime esperienze da far vivere ai suoi visitatori.

Non resta che andare a visitarlo, magari proprio sulle rotaie di uno dei percorsi più affascinanti di sempre: quello del Trenino Rosso del Bernina.

Trenino Rosso del Bernina val poschiavo

Fonte: iStock – Ph: undefined undefined

Il Trenino Rosso del Bernina a Poschiavo
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Lago du Mei, un piccolo gioiello in un bosco da favola

A 20 minuti in macchina da Genova Voltri e poco più di 5 dallo stadio di Arenzano, un piccolo gioiello di wild swimming è contenuto in uno prezioso scrigno – un trekking alla portata in un bosco da favola.

Dopo aver parcheggiato in Via Monte Camula in comune di Cogoleto (GE), proseguo a piedi fino ad una pensilina in legno: dei 3 sentieri che partono da qui prendo quello centrale che si segue fino al Rio Lerca, ci vogliono 30-35 min (vedi più avanti Info Pratiche).

Entro subito in un fitto bosco che gradualmente mi allontana dalla civiltà: eriche arboree, frassini e pini marittimi mi accompagnano prima in piano, e poi in salita.

Ordinati borghi in lontananza, dal sentiero per il Lago du Mei
Ordinati borghi in lontananza, dal sentiero per il Lago du Mei

Il cammino non mi annoia, riservandomi panorami marini, che spaziano tra castelli diroccati e ordinati borghi, fino a raggiungere il culmine in un punto panoramico.

Le Carbonaie

Nel cammino noto le tracce di una vecchia carbonaia, fornaci rurali dove la gente bruciava lentamente il legname per produrre carbone. La carbonaia si presentava come una catasta di legna rivestita di terra, di forma conica, con un foro alla sommità che fungeva da camino. Occorrevano diversi giorni e notti di duro lavoro perché la carbonaia diventasse un cumulo di carbone, perché il fuoco andava sorvegliato costantemente. 

Castelli diroccati invasi dalla vegetazione
Castelli diroccati invasi dalla vegetazione

Quando la carbonaia era “cotta”, foglie e terra venivano rimosse e il carbone veniva recuperato, sistemato in sacchi e trasportato a valle per essere venduto o utilizzato in famiglia. 

Il rumore dell’acqua

Dopo il culmine della salita, la traccia inizia a scendere, prima dolcemente poi più decisamente: qualcosa mi fa pensare di aver cambiato versante, sono circondato da profumati alberi di alloro e sembro essere finito in un sentiero raramente calcato dall’uomo. 

Ma non è questo: il fatto è che improvvisamente riesco a sentire il rumore dell’acqua, dapprima remoto, poi sempre più vicino, del Rio Lerca. 

I panorami marini al culmine della salita
I panorami marini al culmine della salita

Il sentiero esce dal bosco in corrispondenza del greto di questo torrente, proprio dove sorge quello che localmente è conosciuto col nome di Lago du Mei: un laghetto di diametro pari a 15 metri, profondo oltre i 3, e incastonato in un anfiteatro che sembra scolpito dall’uomo. Come un Colosseo naturale, le sue pareti digradano nella zona a valle per permettere l’uscita del Rio Lerca dalla incredibile vasca naturale disegnata al suo interno. 

Una meravigliosa “marmitta dei giganti”, per usare il verbo dei geologi: nei riottosi torrenti di montagna, quando l’acqua scorre impetuosa, magari a causa dello scioglimento dei ghiacciai al termine di una glaciazione, si possono creare vortici in cui l’acqua sfreccia a 200 km/h, scavando nei millenni la roccia fino a regalarci vasche circolari di notevoli profondità. Una splendida cascata alimenta questa meraviglia della natura.

Non c’è molta spiaggia qui, ma massi lisci su cui sostare. 

Il meraviglioso Lago du Mei
Il meraviglioso Lago du Mei

Dalle foto l’acqua appare scura, perché in ombra, ma è normalmente verde e cristallina. Il sole visita il Lago du Mei fino al primo pomeriggio – non fate come me – concedetevi questo meraviglioso wild swimming di mattina!

Info pratiche

🚗 Uscita Arenzano della A10, si continua sulla Aurelia (SS1) verso Cogoleto/Savona che si lascia quasi subito per prendere Via Pian Masino a destra (indicazioni per zona industriale) e poi Via Val Lerone, che si lascia seguendo alcuni cartelli della zona industriale (DIMHORA) verso sinistra. Si attraversa un torrente e si gira nuovamente a sinistra su Via Bordin che si segue fino alla fine per poi prendere Via Colombo/SP78 a destra. Si segue la SP78 passando una galleria nei pressi dell’abitato di Lerca (GE), si supera il km 3 e si prende poi a destra in salita Via Vallescura e al bivio Via Monte Camula a sinistra. Si parcheggia poco oltre in uno spiazzo sulla sinistra (44.408367, 8.636476) di fronte ad una zona recintata con rete sorretta da pali di legno, ci stanno 5-6 macchine.

👣 Si prosegue a piedi su Via Monte Camula fino ad una pensilina in legno: dei 3 sentieri che partono da qui si prende quello centrale, non segnato, che si segue fino al Rio Lerca, ci vogliono 30-35 min. Si evitano nel cammino 2 svolte secondarie in discesa a destra, optando sempre per la traccia in salita e a sinistra.

Nell’ultimo tratto, subito dopo un piccolo spiazzo, il sentiero finisce su una frana con grossi sassi instabili: cercate una traccia alla vostra sinistra perché aggira la frana e, zigzagando un po’, stempera il dislivello fino a destinazione (44.415920, 8.635481). 

Questo splendido trekking (1,15 km) è fattibile dalla maggior parte delle persone e anche dai bambini, se autonomi nella camminata, ben equipaggiati e aiutati. Dislivello: 80 m in salita, 60 in discesa.

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Acqua sport e cultura, il Ponte del Diavolo a Lanzo Torinese

Ecco un itinerario che incarna perfettamente un trio magico, acqua, sport e cultura: vi portiamo alla scoperta del meraviglioso Ponte del Diavolo, in un’oasi naturale nelle vicinanze di Lanzo Torinese, a 30-40 minuti da Torino

Lasciata l’auto alle porte del paese (vedi più avanti Info Pratiche), prendete il sentiero facile che costeggia un torrente laterale dello Stura e in 5 minuti vi porta intuitivamente fino al Ponte del Diavolo: noi siamo stati accolti da questo simpatico roditore 😉

Un piccolo amico ci accoglie
Un piccolo amico ci accoglie

Il sentiero è comodo e, anche se vi sono alcuni scalini da fare, alcuni arrivano in spiaggia con le bici. Gradualmente ci avviciniamo al maestoso ponte, che si lascia scoprire da varie prospettive.

Il Ponte, le Marmitte e le sue leggende

Il Ponte del Diavolo, con un’altezza di 16 m e una lunghezza di 65, è uno splendido esempio di struttura medievale a schiena d’asino. Fu eretto nel 1378 per collegare Lanzo e le sue valli con Torino e finanziato, si racconta, imponendo una tassa sul vino per dieci anni.

Notate la porta eretta sull’arcata del ponte verso la falesia: fu fatta costruire nel 1564 per evitare che i forestieri portassero a Lanzo la peste diffusasi nella zona di Avigliana. O forse per tenere lontano il diavolo

Il Ponte del Diavolo e la porta eretta nel 1564
Il Ponte del Diavolo e la porta eretta nel 1564

La leggenda vuole infatti che la comunità locale, preoccupata dal crollo di due precedenti strutture, avesse stretto un patto col diavolo in persona perché fosse lui stesso a costruire un ponte indistruttibile, e che, nello stesso tempo, lo tenesse lontano dalle anime di Lanzo. In cambio, tuttavia, della prima anima che avesse attraversato il ponte, che sarebbe stata data al demonio. Così fu, il ponte fu eretto solido ma i Lanzesi giocarono d’astuzia e fecero transitare un cane per primo. Il diavolo, adirato, avrebbe raggiunto Lanzo con un solo passo aggirando il ponte. Un passo di tale violenza da lasciare delle profonde orme nella roccia rossastra in sponda sinistra, le caratteristiche “Marmitte dei Giganti”.

Le Marmitte dei Giganti, che la fantasia popolare ha denominato “ramine” o pentole, favoleggiando che servissero ai giganti o al diavolo per cuocervi la minestra, sono in realtà fenomeni geomorfologici risalenti all’era quaternaria: il Monte Basso e il Monte Buriasco, infatti, erano uniti e, alle loro spalle, nella conca di Germagnano, si estendeva un ampio lago in cui confluivano le acque dai monti. Esse riuscirono lentamente ad aprirsi un varco nel baluardo di roccia e terra: i segni di tale erosione sono evidenti nella piscina naturale che si crea subito a monte del ponte, ma ve ne sono varie più piccole dietro la Cappella di San Rocco (se ne contano 21 dislocate a quote diverse su 18 m dal livello della Stura).

Con i colori del primo mattino questo posto esprime il suo meglio: percorrete il ponte con un occhio all’alta falesia su cui poggia, di un caldo colore rossastro. Qui gruppi di appassionati arrampicano. Il verde cristallino del fiume sottostante e la rigogliosa vegetazione completano l’ampio spettro di colori.

La falesia rossastra che domina un lato del ponte
La falesia rossastra che domina un lato del ponte

La Riserva Naturale

Subito a monte del ponte, in destra orografica, una grande spiaggia di ciottoli e sabbia, con ampie zone di ombra naturale, si estende per 100 m fino ad una fragorosa serie di rapide. 

Il fiume, infatti, si divide più a monte per ricongiungersi, in un tripudio di rapide, spettacolari alla vista e all’udito. Questo rende il posto ventilato e ideale per le giornate afose.

Dove il fiume scorre rapido usate cautela: evitate i bagni, soprattutto dei bambini non accompagnati e senza aver completamente digerito. In prossimità di entrambe le sponde, proprio sotto al ponte, si creano due punti più riparati dove la corrente è più docile: una è proprio la marmitta dei giganti dove i ragazzi si tuffano dalla roccia rossastra.

La Riserva Naturale del Ponte del Diavolo
La Riserva Naturale del Ponte del Diavolo

Questo posto è di tutti, godetevelo e rispettatelo come fareste con una bella donna: concedetevi qui un picnic da re, ma ripulite con cura tutto prima di andarvene.

Una deviazione alla Sacra di San Michele

Ancora cultura? Visitate la Sacra di San Michele (45.096468, 7.342230): è a un’oretta dal Ponte del Diavolo ma offre una vista mozzafiato che arriva fino alla città di Torino. Complesso religioso del X secolo con edifici gotico-romanici arrampicati sul Monte Pirchiriano e collocata a 960 m slm, sul confine fra le Alpi Cozie e la Pianura Padana, è una delle più eminenti architetture religiose di questo territorio, nonché importante tappa della via Francigena. Dal XII al XV secolo visse il periodo del suo massimo splendore, divenendo uno dei principali centri della spiritualità benedettina in Italia. 

Nel 2015 è stata uno dei vincitori del concorso fotografico internazionale Wiki Loves Monuments, ed è risaputo che ha ispirato Umberto Eco nell’ambientazione de Il nome della rosa. 

La Sacra di San Michele
La Sacra di San Michele

Sulla strada che porta alla Sacra potete dormire, anzi rigenerarvi, alla  Certosa 1515 (45.074158, 7.358543), un convento francescano del 1515 immerso nel bosco, per secoli luogo di riflessione, silenzio e preghiera.

Noi, una famiglia di 5 persone, abbiamo speso 100 euro per una notte in Bed & Breakfast. C’è anche un ristorante con bella vista sui laghi di Avigliana.

La Certosa 1515
La Certosa 1515

Ponte del Diavolo – Info pratiche

Uscita Borgaro (TO) della A55/E64, si segue per Venaria prendendo la SP501 che diventa poi la SP1 che si segue in direzione Lanzo fino ad attraversare il torrente Stura di Lanzo. Si segue poi per Valli del Lanzo e, quindi, per Parco Ponte del Diavolo e si parcheggia in uno degli appositi spazi (45.270819, 7.481818), ci sono 20 posti ed altri 10 sulla strada principale. 

Prendete il sentiero facile che costeggia un torrente laterale dello Stura, e, una volta raggiunto quest’ultimo, procedete verso monte e attraversate il ponte moderno. Seguite quindi intuitivamente verso il Ponte del diavolo, dal parcheggio ci vogliono 5 min.

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Wild Garda, spiagge nascoste, panorami e storia

Lago di Garda wild? Si può: incastonata in una delle zone più incontaminate del Lago, abitata sin dalla preistoria, la Riserva della Rocca di Manerba offre facili trekking dal sapore mediterraneo, panorami mozzafiato sul lago e spiagge wild: basti pensare che nel versante lacustre del parco – tra Porto Dusano e Pisenze – è consentito avvicinarsi alla costa solo con imbarcazioni a vela e remi.

I sentieri, situati a bassa quota e ideali per una passeggiata primaverile, si sviluppano tra scavi archeologici, scogliere a strapiombo sull’acqua, vigneti e uliveti lacustri.

Storia, panorami e sentieri

Potete parcheggiare nei pressi del Museo Archeologico (vedi info pratiche in basso), utile per conoscere le motivazioni per le quali l’uomo ha deciso, nel tempo, di insediarsi sul Lago di Garda, e proseguire sul facile percorso informativo disseminato di bacheche descrittive e punti panoramici che ci portano alla Rocca (10 min e 50 m di dislivello in salita), il punto più alto di tutta la zona, che regala una vista panoramica a 360 gradi sul lago: l’Isola dei Conigli accanto a noi, a nord-ovest, gli oltre 2000 m del Monte Baldo a nord-est, la penisola di Sirmione a sud-est, le coltivazioni rurali della riserva proprio sotto di noi.

Dalla Rocca si può proseguire in discesa verso Punta Sasso tramite un sentiero a tratti esposto che richiede più attenzione, e delle scarpe adatte (15 min e 60 m di dislivello in discesa), e che intercetta il sentiero panoramico 801 del CAI.

Negli scavi archeologici nell’area di Punta Sasso sono state rinvenute tracce di un insediamento del Mesolitico databile da 8000 a 5000 anni fa. Sono inoltre venute alla luce tre cerchi di mura databili fra il XII e XIII secolo di cui il più interno racchiude la sommità della Rocca di Manerba. Entro la cinta esterna gli scavi hanno identificato una sequenza stratigrafica che va dalla cultura di Lagozza (4000 a.C.) alla fortificazione medievale da cui il sito trae il nome.

I reperti archeologici dimostrano la presenza di insediamenti Etruschi, dei Galli Cenomani e dei Romani. Nel 776 la Rocca fu l’ultimo baluardo di resistenza dei Longobardi ai Franchi di Carlo Magno, che un secolo dopo, donò i terreni circostanti ed in riva al lago, ai monaci di San Zeno di Verona. Successivamente la proprietà della Rocca fu degli Scaligeri, dei Visconti ed infine della Repubblica Veneta che espugnò e distrusse l’ultima struttura medievale nel 1574, in quanto divenuta un rifugio di briganti.

Punta Sasso ci offre una vista del lago diversa, una scogliera a strapiombo sull’acqua che, con i suoi 90 m di salto, richiama panorami più oceanici.

Vedete le spiaggette nascoste lì sotto? Sono raggiungibili anche senza paracadute 😉 attraverso un bel sentiero nel bosco, vedi oltre.

Le spiaggette nascoste della Rocca viste dal sentiero 801
Le spiaggette nascoste della Rocca viste dal sentiero 801

Vale la pena proseguire sul sentiero 801 verso sud (lago alla vostra sinistra), che costeggia il lago dall’alto della scogliera: l’acqua a perdita d’occhio, il contesto selvaggio, una macchia e odori a tratti simili a quelli mediterranei fanno decisamente pensare ad un trekking marino.

Se proseguite oltre, il sentiero si allontana dal lago passando per boschi e zone agricole con coltivazioni a vigneti ed uliveti, per poi arrivare alla chiesetta di San Giorgio, di epoca romanica, da cui si torna a godere di panorami lacustri. Se si prosegue oltre si arriva a Porto Dusano (ca 2 km da Punta Sasso).

Le spiagge della Riserva

Invece, proseguendo sull’801 verso nord (lago alla vostra destra) si arriva alla bella ed estesa spiaggia Pisenze – di ciottoli, stretta ma abbastanza estesa, priva di servizi – nei pressi dell’omonimo ristorante. Periodicamente visitata da coppie di cigni bianchi, si ha da qui una bella vista sulle montagne circostanti e sull’isole di San Biagio, che è possibile visitare o a piedi – quando la bassa marea lo permette – o noleggiando un sup o un kayak (se non siete pratici meglio tramite un tour accompagnato) presso Garda Sup (+39 389 2022414), presente nella Spiaggia Pisenze. La spiaggia va in ombra a metà pomeriggio ed è vietata ai cani.

Spiaggia Pisenze vista da Punta Sasso
Spiaggia Pisenze vista da Punta Sasso

Mentre Pisenze è collegata alla viabilità stradale, le spiagge sotto alle scogliere a strapiombo di Punta Sasso sono raggiungibili solo tramite sentiero, accedendo alla riserva da sud.

La Riserva di Manerba si estende alle acque di questo tratto, a cui è consentito avvicinarsi solo con imbarcazioni a vela e remi. Le spiagge di questo tratto, quindi, isolate dal contesto prevalentemente urbano del lago, e protette dall’intrusione dei motori, costituiscono davvero uno spettacolo della natura.

Info Pratiche – Spiagge (accesso da sud)

🚗 Uscita Desenzano della A4, SP572 verso Desenzano/Salò fino ad una rotonda con una grande pianta in metallo al centro, dove si prende Via Valtenesi a destra seguendo le indicazioni per il Parco archeologico naturalistico. Si prosegue seguendo le indicazioni per il Parco/Porto Dusano prendendo, nei pressi della destinazione, Via San Giorgio prima e poi Via Agello a sinistra fino all’omonimo parcheggio (45.550358, 10.570759; Via Agello, 10, 25080 Manerba del Garda (BS); ampio parcheggio, auto a € 4 al giorno; area camper aperta da maggio a settembre con bar, in contesto prevalentemente naturale: notte € 8, giorno € 8, solo carico e scarico € 5).

Fonte: riservaroccamanerba.com

I sentieri della Riserva della Rocca di Manerba – Credits: riservaroccamanerba.com

👣 Si prosegue a piedi su via Agello e, non appena la strada si fa sterrata e carrabile per i soli residenti, si gira a destra in Via Marinello che si segue fino al cartello marrone “Pieve” (45.55049, 10.57528), dove si lascia la strada principale per il sentiero che si infila nel bosco. Dovete, subito dopo, cercare il sentierino che scende verso il lago, con il lago stesso alla vostra destra. Passata una porta abbandonata in mattoni, si continua a scendere fino ad arrivare all’altitudine del lago, dove troverete alcune piccole spiaggette.

Da qui si prende una traccia a sinistra che corre lungo il profilo del lago tenendolo alla vostra destra. Questa traccia porta a diverse calette, tutte selvagge e nascoste, alcune di rocce altre di ciottoli. Una delle prime che incontrerete è frequentata da naturisti.

Ecco le mie spiagge preferite! Seguite la traccia che costeggia il lago (con lo stesso alla vostra destra) per circa 3-400 m: si trovano una dietro l’altra in queste posizioni, 45.5534, 10.5782 e 45.55401, 10.5781, sono entrambe di ciottoli, abbastanza larghe ed estese (circa 50 m ciascuna).

Le spiaggette nascoste della Riserva

Le due spiagge sono entrambe soleggiate, con ampie zone di ombra naturale grazie al lussureggiante bosco che arriva fino alla riva e vanno in ombra a metà pomeriggio.

Dal parcheggio tenete conto di almeno 30 minuti di cammino abbastanza facile, ma non segnalato: considerate tuttavia che, anche se fino al cartello marrone il percorso è prevalentemente in piano, successivamente si affronta un dislivello di ca 60 m. Servono calzature da escursionismo.

Info Pratiche per la Rocca (accesso da nord)

Se prediligete gli scavi alle spiagge, conviene forse approcciare la riserva da nord, seguendo le indicazioni per il Parco Archeologico Naturalistico fino al parcheggio di Via della Rocca, 16 a Manerba del Garda (45.556539, 10.568915). È  il più caro della zona (€ 2 l’ora, alcuni segnalano multe per una ZTL mal segnalata, a noi non è capitato) ma si trova accanto al Museo Civico Archeologico e dà immediato accesso al percorso informativo che ci porta alla Rocca (Dislivello: 50 m in salita).

Se cercate un parcheggio gratuito ce n’è uno da 70 posti all’angolo tra Via del Torchio e Via dei Pradelli (45.557731, 10.561053, Via del Torchio, 23, Manerba del Garda), da cui il Museo Archeologico dista 800 m (15 min e 70 m di dislivello).

In alternativa potete iniziare la vostra escursione prendendo il sentiero CAI presso il Ristorante Pisenze (700 m di sentiero e 120 di dislivello fino alla Rocca, servono scarpe adatte): le Vie Duca D’Aosta e Pisenze sono attrezzate con parcheggi a pagamento (1€ l’ora o 7€ tutto il giorno) e da qui potete rapidamente accedere alla omonima spiaggia. Inoltre il Ristorante (buona scelta per mangiare vista lago; 45.559293, 10.569740; +39 0365 552358; via Duca D’Aosta, 23, 25080 Manerba del Garda), offre un parcheggio riservato ai suoi clienti.

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Trekking ai laghi di San Giuliano, un’esperienza indimenticabile

Se amate il trekking e le escursioni al cospetto di una natura spettacolare, dovete assolutamente mettere in lista l’itinerario che conduce ai laghi di San Giuliano, nella favolosa cornice della Val Rendena.

Un angolo di paradiso tra le montagne trentine con vista unica sulle vette della Presanella, a circa 1940 metri di altitudine, raggiungibile salendo da Caderzone Terme.

I magnifici specchi d’acqua, intervallati dal rifugio di San Giuliano, sono due: a 1938 metri ecco il lago di San Giuliano, il più piccolo, e poco lontano il lago di Garzoné a 1942 metri.

Lo splendido itinerario in quota

L’escursione per raggiungere i laghi non è impegnativa, con un primo tratto in leggera salita e un pò’ più di dislivello nella seconda parte.

Il sentiero dona vedute panoramiche davvero uniche, con uno sguardo alla Val di Genova e al gruppo della Presanella su cui si staglia l’imponente Cima Presanella.

Si parte in auto da Caderzone Terme risalendo per circa 7 chilometri il versante della montagna e seguendo le indicazioni per il rifugio San Giuliano/Malga Campo: la strada, seppur asfaltata nella prima parte, non è molto larga per cui occorre prestare attenzione a eventuali auto nel senso opposto.
Con alcuni tornanti, si arriva al bivio per Malga Diana e si prosegue verso sinistra come da indicazioni per il rifugio.

L’ultimo tratto prima del parcheggio Poc dali Fafc a 1680 metri è sterrato per circa un chilometro e mezzo: in caso di auto non adatte, conviene fermarsi al termine della strada asfaltata e proseguire a piedi.

Il punto di partenza per la splendida escursione è il parcheggio: da qui, si cammina lungo la strada sterrata fino a Malga Campo (1780 metri di altezza). Già dopo pochi minuti nel bosco, si apre un panorama mozzafiato sulla Presanella e sui verdi pascoli della malga.

È il momento di imboccare il sentiero segnalato 230 che ritorna nel bosco e prosegue per 2 chilometri in piano, con qualche lieve saliscendi.

Nella seconda parte del percorso per i laghi di San Giuliano, occorre superare un dislivello di circa 250 metri: il sentiero inizia a salire con piccoli tornanti e, in breve, si arriva in quota mentre il bosco lascia spazio ai prati di Malga San Giuliano a 1968 metri.

Siamo al punto più elevato dell’itinerario da cui si raggiunge, in pochi minuti, il lago di San Giuliano con l’omonima chiesetta sulla riva e, poco dopo, il rifugio: uno scenario da cartolina!

Il sentiero diventa 211 e porta a costeggiare anche il lago di Garzoné: tra prati, boschi e rara bellezza, potete concedervi un piacevole picnic oppure un delizioso pranzo in rifugio.

Il giro ad anello sulla via del rientro

Anche se è possibile rientrare seguendo lo stesso percorso dell’andata, chi ha ancora energie da spendere dovrebbe cimentarsi  nel giro ad anello che prosegue lungo il sentiero 211, affianca il lago di Garzoné e comincia a salire per arrivare ai 2184 metri della Bocchetta dell’Acqua Fredda: dal rifugio San Giuliano sono 225 metri in salita per poco meno di 2 chilometri.

Il panorama è difficile da descrivere a parole con la vista sulle Dolomiti del Brenta e sui ghiacciai perenni del Carè Alto.

Seguendo ancora il sentiero 211, la discesa conduce al lago di Vacarsa e poi alla Malga Capostrill: chi ha lasciato l’auto al parcheggio Poc dali Fafc deve imboccare il sentiero 1 sulla sinistra mentre chi avesse parcheggiato alla fine della strada asfaltata deve proseguire in discesa sulla sterrata (sentiero 211), e poi svoltare a sinistra sempre lungo il sentiero che, in discesa, riporta al punto di partenza.

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Lago di Costanza, la meta perfetta per una vacanza attiva

Bicicletta, canoa, escursioni in quota e passeggiate: il Lago di Costanza è un’enorme palestra a cielo aperto in cui tutti gli amanti dello sport possono trascorrere momenti indimenticabili. Situato tra quattro diverse nazioni, questo lago è una fonte inesauribile di divertimento e benessere, ma soprattutto è la meta ideale per chi desidera trascorrere delle vacanze attive. Pur essendo la porta d’accesso alle Alpi, gode di un microclima mediterraneo, alternando sport montani con quelli acquatici. Scopriamo quali sono le migliori esperienze da vivere.

Il Lago di Costanzo, perla turchese

Diviso tra quattro Paesi (Svizzera, Germania, Austria e il piccolo Principato del Liechtenstein), il Lago di Costanza è uno dei luoghi più suggestivi di tutta l’Europa centrale, nonché meta prediletta sia da chi cerca un po’ di relax che dagli amanti dell’attività sportiva all’aria aperta. Il lago è alimentato principalmente dal fiume Reno, e lungo le sue sponde è costellato di piccoli borghi dal fascino antico che offrono tantissime possibilità ai visitatori: dalla scoperta dei monumenti storici all’enogastronomia, tutto è a misura di turista. Il panorama è meraviglioso, con le montagne a fare da sfondo a quello che sembra un paesaggio uscito da una cartolina.

Il clima qui è tipicamente mediterraneo, tanto che vi sono numerose coltivazioni di alberi da frutto e di bellissimi vigneti, da cui si ricavano alcuni dei più pregiati vini della regione (come il Pinot Nero, il Pinot Bianco e il Müller-Thurgau). Dal lago alle colline lussureggianti, sino ad arrivare alle prime vette alpine che si stagliano imponenti contro il cielo azzurro: non sorprende che questa meta sia diventata una delle preferite da chi ama trascorrere le proprie vacanze open air, tra una passeggiata in montagna e un po’ di sport. Ma cosa si può fare sul Lago di Costanza e nei suoi dintorni?

Le escursioni in bici

La bici è il mezzo di trasporto ideale per andare alla scoperta del Lago di Costanza. Sono tantissimi gli itinerari che si snodano sia lungo le sue sponde che verso l’entroterra, offrendo scenari dalla bellezza impagabile. La ciclabile in assoluto più suggestiva per gli amanti delle due ruote è la Bodensee Radweg, che circumnaviga il lago con i suoi 273 km di percorso. La maggior parte del tracciato si snoda in Germania (oltre 170 km), per poi sconfinare in Svizzera e concludere il tour con un breve tratto in Austria. Insomma, è un viaggio meraviglioso che ci porta in tre Paesi diversi, il tutto in sella alla bici.

La Bodensee Radweg è una delle più famose piste ciclabili in Europa ed è molto ben organizzata: le tappe sono tutte cadenzate e con dislivelli minimi, in modo da facilitare la percorrenza anche ai bambini. Ci sono inoltre moltissime attrazioni lungo il percorso, così da poter unire il piacere di una passeggiata in bici a quello di visitare luoghi meravigliosi. Dalla città di Costanza al suggestivo borgo di Lindau, con il suo centro storico che si allunga su una piccola isola, le possibilità sono infinite. E non mancano opportunità di relax, tra strutture ricettive di ogni tipo e sontuose spa dove concedersi un po’ di meritato riposo.

Oltre alla ciclabile che circumnaviga il Lago di Costanza, esistono anche altri percorsi di cicloturismo che offrono spunti molto interessanti per un tour tematico: è il caso dello Spa Bike Trail che porta alla scoperta delle città termali alto-sveve, o del Gourmet Bike Trail, un percorso a vocazione enogastronomica. Chi non teme qualche ardua salita, può poi inerpicarsi tra sentieri di montagna e sentirsi proprio come un campione di ciclismo, ammirando nel contempo alcuni dei panorami più belli al mondo.

I trekking più suggestivi

Gli appassionati delle escursioni montane possono godere di uno spettacolo unico dall’alto della cima del massiccio dell’Alpstein, da cui partono percorsi affascinanti alla scoperta dei caseifici locali. Da qui si raggiunge facilmente anche il Principato del Liechtenstein che offre più di 400 km di sentieri escursionistici. Per i più esperti c’è inoltre la Via della Principessa Gina, un percorso roccioso ad alta quota. E chi cerca emozioni infinite può dedicarsi ai Bodensee Landgänge, sentieri certificati di diversa lunghezza che attraversano paesaggi da cartolina.

L’avventura più bella sul Lago di Costanza è però il Bodensee Rundweg, il percorso di trekking che lo circumnaviga completamente (proprio come la Bodensee Radweg, ma questa volta riservata ai pedoni). Anch’esso si dipana per circa 273 km, un’impresa titanica da percorrere a piedi. Ma è l’occasione perfetta per un viaggio all’aria aperta, andando alla scoperta di città d’arte, borghi meravigliosi e monumenti storici imperdibili. Per chi vuole cimentarsi in questa esperienza, si consiglia di organizzare almeno due settimane di vacanza, così da potersi godere appieno ogni tappa.

Le vie del pellegrinaggio

Lungo il Lago di Costanza passano poi alcuni itinerari che, nel corso dei secoli, sono stati percorsi da numerosi pellegrini. Questa è una regione in cui convergono diverse vie di pellegrinaggio, come ad esempio la Via Francisca del Lucomagno: partendo dalla città di Costanza, si dipana per tutta la Svizzera sino a giungere al Lago di Lugano e da lì al confine con l’Italia, per poi concludersi a Pavia, dopo ben 510 km di avventure incredibili. Ci sono poi tre cammini che, passando dal Lago di Costanza, portano infine a Santiago di Compostela, una delle più note mete di pellegrinaggio europee.

Tutti gli sport d’acqua da provare

Infine c’è una vasta scelta di sport acquatici per sfruttare al massimo le mille potenzialità naturalistiche del meraviglioso Lago di Costanza: muoversi in canoa è il modo perfetto per esplorare le sponde del lago tenendosi in forma. Questo paradiso naturale offre anche isolette, località medievali da visitare e in lontananza i vulcani dell’Hegau. In quasi tutte le località del lago si possono noleggiare le canoe e sono disponibili corsi dedicati ai bambini e ai principianti. Oltre alla canoa, inoltre, si può praticare anche lo Stand Up Paddling, una disciplina originaria delle Hawaii che ha conquistato tutto il mondo. E naturalmente ci si può concedere una semplice e rilassante nuotata immersi in acque turchesi bellissime.

I viaggiatori che desiderano trascorrere la propria estate sul Lago di Costanza potranno anche acquistare la carta dei servizi realizzata dall’Ente di promozione turistica dell’area, che permette di risparmiare sugli ingressi di oltre 160 attrazioni della regione. Il pass è disponibile sia nella versione ridotta di 3 giorni che in quella plus di 7 giorni.

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Spiaggia Medievale

In cerca di itinerari che alternino cultura e natura? Che alimentino tanto il corpo quanto la mente? Voglia di camminare in un bosco incantato e scoprire un borgo nascosto? Perché non concedersi un tuffo nel medioevo ed uno … in un dolce mare blu?

In una assolata giornata di fine estate un viale piacevolmente alberato, mi trasporta nel tempo verso Ponte Organasco, un piccolo borgo medievale in sasso. Una fontana curiosamente realizzata ad arco, offriva forse meritato ristoro ai pellegrini che percorrevano il Caminus Genuae, l’antico tragitto che qui passava e univa la Pianura Padana con la Liguria.

Ponte Organasco - Viale alberato
Ponte Organasco – Viale alberato

Mi intrufolo nel borgo, fascinoso, apparentemente disabitato ma nello stesso tempo sapientemente ristrutturato, manutenuto ed ordinato. 

Le spesse pareti in pietra rinfrescano la mia passeggiata, nonostante la giornata afosa. Incantevoli vicoli, lastricati in sasso anche loro, mi tele-trasportano definitivamente nel passato: improvvisamente mi trovo vestito con pantaloni e cappa in cuoio, di quello spesso che aiuta nelle giornate di pioggia; nulla comunque hanno potuto i calzari a stivaletto, completamente zuppi. Il mio calesse, non proprio una fuoriserie, ha le ruote che cigolano: qualche vite, dopo chilometri di cammino, si è allentata ed il legno sfrega con le giunture in ferro battuto. Potrebbe cedere da un momento all’altro, ho assolutamente bisogno di una locanda per passare la notte.

In cerca di una locanda a Ponte Organasco
In cerca di una locanda a Ponte Organasco

L’imbrunire si avvicina pericolosamente, se non trovo da dormire qui, mi toccherà una notte all’addiaccio, ovvia preda per poco di buono e briganti: il borgo è disperso tra le montagne della Val Trebbia, chissà quanti chilometri per il prossimo abitato! Ben meglio una locanda che offra del buon vino, magari servito da una bella cortigiana. 

Cerco la locanda e trovo una targhetta che racconta di un castello medievale dell’XI secolo. La targhetta, come tutto il borgo, sa ben poco di turismo di massa ma mi riporta al 21° secolo.

Castello di Ponte Organasco
Esterno del Castello di Ponte Organasco

I vicoli si diradano e lasciano il passo ad una strada campestre che scende, tra inattesi filari di viti ordinate, verso un prato montano ma dai colori caldi, estivi, avvicinandosi al bosco.

Ponte Organasco - inizia la strada campestre

Fonte: Filippo Tuccimei

Ponte Organasco – inizia la strada campestre
Prato montano
Prato montano

Un sentiero si intrufola timidamente nel bosco, lo seguo, il silenzio è rotto solo da fruscii vari di animali che non si palesano. Poco più avanti si inizia a far sentire un lontano gorgoglio dell’acqua, e solo più avanti, il fiume si inizia a far vedere: piccole finestre si aprono nella boscaglia mostrando angoli di acqua cristallina. 

Piccole finestre nella boscaglia mostrano angoli di acqua cristallina

Il bosco mi traghetta direttamente in spiaggia, nella transizione alcune tende campeggiano liberamente all’ombra degli alberi. 

Una splendida, grande piscina naturale nelle giornate estive filtra i raggi del sole per regalarvi trasparenze caraibiche verde smeraldo con sfumature color cobalto. Il sole è fortissimo e nell’impeto di rinfrescarmi quasi dimentico di spogliarmi. 

Una nuotata a Ponte Organasco
Una nuotata a Ponte Organasco

Finalmente in acqua! La piscina diventa gradualmente più profonda fino a superare i 2 metri in diversi punti, mi concedo una lunga, indimenticabile nuotata. Poi mi giro, morto a galla e guardo in alto: mi diverto a scovare elementi artificiali, cerco qualcosa che nel mio orizzonte sia stato realizzato con la mano dell’uomo, ma niente, solo la più selvaggia, splendida natura incontaminata intorno a me. Grandi montagne ammantate di vegetazione. Il bosco assume qui un colore verde scuro, un po’ austero, che contrasta piacevolmente con la prevalente colorazione calda ed estiva di tutto il resto: il cielo azzurrissimo, l’acqua e la vegetazione più vicina.

Un rapace volteggia qualche centinaio di metri più su, tra le cime più alte, disegnando cerchi. Sembra non avere fretta, chi può averla in un posto così? 

Un branco di temoli mi nuotano attorno, senza paura ma neanche troppa circospezione. 

La Spiaggia Medievale
La Spiaggia Medievale

L’acqua mi ha completamente rinfrescato ed il sole, che prima mi infastidiva, ora mi riscalda. Mi stendo e mi addormento velocemente. Vengo risvegliato dall’odore del barbecue, i liberi campeggiatori preparano la cena. 

Monto anche la mia tenda, non avrò trovato la locanda ma mi addormenterò cullato dal dolce gorgogliare dell’acqua! 

 

Info pratiche

Km 75,7 della SS45 della Val Trebbia, più o meno a metà strada tra Genova e Piacenza, parcheggiate nello spiazzo sulla sinistra (44.683660, 9.307442). Lasciate la SS45 e proseguite camminando in discesa per entrare nell’abitato di Ponte Organasco (PC). A valle della strada intrapresa vedrete una piccola strada che, costeggiando un orto, scende verso il fiume. Per raggiungerla, scendete verso l’incantevole borgo medievale, lasciatevi alla vostra sinistra una fontana in sasso e alla vostra destra il Castello di Ponte Organasco, quindi girate a sinistra e proseguite fino in fondo. Costeggiate l’orto, prendete poi il sentiero che costeggia un terrapieno recintato in cemento, e continuate sul sentiero principale per una suggestiva camminata nel bosco di ca 20-25 min (dislivello ca 80 m), fino a sbucare in una piccola spiaggia di sabbia. 

Anche se non presenta particolari ostacoli, il sentiero descritto potrebbe essere poco segnalato o definito, non per tutti e da affrontare comunque con calzature adatte a itinerari escursionistici che alternano tracciati di diverse difficoltà e pendenze, meglio se pensate anche per i percorsi nell’acqua (guadi e simili).

 

 

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In bicicletta lungo la strada di Giulietta e Romeo

È uno degli itinerari più romantici da fare, quello in bicicletta sulla strada di Giulietta e Romeo. L’itinerario, lungo 163 chilometri di livello medio, parte da Verona, la città che fa da sfondo alla tragedia shakespeariana, per concludersi a Vicenza.

L’itinerario romantico

La strada super romantica prende il via dalla celebre dimora di Giulietta, sotto il balcone degli innamorati, e si dirige a Sud della città, dove l’Adige si distende nella pianura compiendo ampie divagazioni. La campagna tutt’intorno è sapientemente coltivata a frutta e ortaggi.

Ci sono i meleti, di Zevio e Belfiore, località attraversate dall’itinerario. Dopo circa 30 km si giunge a Soave, la città murata che vanta origini longobarde. Le caratteristiche medievali di questo borgo sono rese evidenti dai numerosi palazzi storici del centro, dal maestoso castello, dalle mura e dalle torri scaligere che lo abbracciano.

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Fonte: 123rf

La casa di Giulietta a Verona

Circondata da vigneti coltivati per produrre il pregiato vino bianco Soave, la cittadina si fregia della presenza di numerose aziende agricole e vitivinicole ed eleganti osterie dove assaggiare vini e prodotti tipici.

I castelli di Giulietta e Romeo

Riprendendo il viaggio si attraversa Monteforte d’Alpone ai piedi dei Monti Lessini e si entra in territorio vicentino, nella piana che divide le Prealpi dai Colli Berici. Oltrepassato Montebello, svettano, l’uno a poca distanza dall’altro, due castelli conosciuti
come il castello di Giulietta, il Castello della Bellaguardia, e quello di Romeo, Castello della Villa, che si trovano uno di fronte all’altro a Montecchio Maggiore. Proprio in questi luoghi fu ambientata la leggenda che ispirò dapprima Luigi da Porto nella sua “Historia novellamente ritrovata” e poi William Shakespeare a scrivere la celebre tragedia.

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Fonte: 123rf

Il castello della Bellaguardia, anche detto di Giulietta

Dalle colline di Montecchio, e in particolar modo dal Castello di Giulietta, si può godere di una spettacolare vista panoramica a 360 gradi che può giungere, nelle limpide giornate di sole, fino alle Piccole Dolomiti.

Le Ville Venete

Il tratto di itinerario che porta a Vicenza si svolge lungo le strade che portano a Brendola, ai piedi dei Colli Berici. Il paesaggio si arricchisce di Ville Venete, preludio
dei capolavori palladiani custoditi nel capoluogo berico. Emergono isolate su
poggi ameni le ville Pisani Bonetti di Bagnolo di Andrea Palladio, in perfetto stato di conservazione e che si può visitare tutto l’anno, o la Rocca Pisana di Vincenzo Scamozzi, realizzata in stile palladiano sui resti di un’antica fortezza che si trova nei pressi di Lonigo, sopra una collina dalla quale domina la pianura vicentina.

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Fonte: 123rf

Villa Pisani Bonetti, progettata da Andrea Palladio

La strada poco trafficata a questo punto sale di quota fino a circa 200 metri. Questa fatica viene ricompensata da uno degli scorci più belli dell’itinerario: l’ingresso a Vicenza
dall’alto del Monte Berico. Nei pressi del famoso Santuario, si può cogliere una visione d’insieme della città stretta attorno alla Basilica palladiana, un edificio pubblico nato dalla riprogettazione da parte del Palladio del gotico Palazzo della Regione, da lui arricchito con logge in marmo bianco.

Arrivati nel centro storico, l’incanto continua con l’armonia delle proporzioni nelle “contrà”, con le piazze, i palazzi, le chiese e il Teatro Olimpico, il primo e più antico teatro stabile coperto dell’epoca moderna, anch’esso opera del Palladio.

Da Vicenza si può proseguire oltre per visitare altre zone di incredibile bellezza. La Rete escursionistica veneta comprende, infatti, ben 1200 km di ciclovie segnalate lungo le quali è possibile scoprire gli angoli più magici di una terra straordinariamente ricca di natura e di cultura.

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Fonte: 123rf

Panorama di Vicenza, dove spicca la Basilica palladiana
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Gola del fiume Uvac, spettacolo incredibile

C’è chi è pronto a giurare – commettendo un enorme errore – che la gola del fiume Uvac sia artificiale, frutto dell’ingegno umano e del suo lavoro. La verità, però, è che non è assolutamente così: lo spettacolo surreale che regala questo canyon è solo merito della natura, anche se di primo impatto è davvero difficile crederci.

Tutte le meraviglie della gola del fiume Uvac

Ci troviamo in Serbia e, più precisamente, tra le montagne Zlatar e Zlatibor e le città di Nova Varoš e Sjenica. Un angolo del Paese dove prendono vita delle meravigliose anse create dal fiume Uvac che sembrano essere troppo perfette ed eccessivamente complesse per essere vere. Invece è tutto merito della natura che nel corso degli anni qui ha deciso di dare il meglio di sé, regalandoci archi ad anello e profondi canyon con pareti che si innalzano fino ai 100 metri sopra le acque vorticose che, in alcuni punti, formano persino un angolo di 270 gradi.

Oltre che per la bellezza paesaggistica, la gola del fiume Uvac si distingue perché è una riserva naturale protetta per il suo famoso e raro abitante, il leggendario grifone, affascinante uccello che simboleggiano il potere e libertà.

Definita da molti il “Colorado serbo”, vanta un paesaggio impreziosito da questa specie rara di aquila-avvoltoio che ha un’apertura alare che arriva fino a 3 metri. Un volatile di una potenza inaudita, tanto che il suo volo è stato studiato da scienziati aeronautici e utilizzato nella costruzione di aerei.

Ma non solo, perché il grifone ha un ruolo nella catena alimentare nell’ecosistema che è unico e insostituibile: il suo cibo sono gli animali morti, che prevengono la diffusione delle infezioni e quindi rendono il “riciclaggio naturale”. Va da sé che, grazie alla presenza del grifone, la speciale riserva naturale Uvac è un patrimonio naturale di eccezionale importanza, vale a dire che è un bene naturale di 1° categoria.

gola fiume uvac

Fonte: iStock

Il paesaggio creato dal fiume Uvac

Come visitare il canyon Uvac

Il modo migliore per scoprire un capolavoro della natura come il canyon Uvac è a bordo di una barca o di un kayak. In questa maniera, infatti, è possibile osservare direttamente dal letto del fiume l’impressionante gola e seguire sopra le proprie teste il volo di molte specie di uccelli rare e protette, così come il loro decollo dalle scogliere circostanti.

Non mancano ovviamente i belvedere che offrono una magnifica vista sul serpeggiante fiume. Inoltre, sulle pendici della gola sono presenti numerose grotte; tra queste domina il cosiddetto Sistema di Ušac, che comprende le grotte di Ušac, Ledena, Bezdana, Tubić e Baždarska. A seconda del periodo dell’anno, è possibile persino raggiungere l’entrata di alcune delle caverne con una breve salita o entrando direttamente con la propria imbarcazione.

La gola del fiume Uvac è anche ricca di boschi di peccio di Serbia e betulle, e nei prati circostanti si possono trovare molti tipi di erbe officinali. Il periodo migliore per fare quanto vi abbiamo appena detto è la stagione estiva, ma è bene sapere che le visite sono consentite esclusivamente con l’assistenza di guide professionali che conducono alla scoperta del magico Uvac attraverso percorsi segnati di oltre 30 chilometri. U’esperienza che senza ombra di dubbio vale la pena di essere vissuta.

Canyon Uvac serbia

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La visita da uno dei belvedere del Canyon Uvac

Cos’altro fare assolutamente in Serbia a contatto con la natura

Questo angolo di Serbia è un vero capolavoro, ma il Paese ha davvero molto da offrire ai suoi visitatori quando si tratta di natura (e non solo). Una delle tappe imperdibili è la Città del Diavolo, o Đavolja Varoš, che si distingue per essere un sito caratterizzato da insolite formazioni rocciose che si trovano sul Monte Radan, a 700 metri sul livello del mare.

Si tratta di un tappeto di oltre 200 “sculture” di pietra che, secondo la tradizione locale, sarebbero che gli ospiti di un matrimonio che sono rimasti pietrificati dalla paura.

Se invece volete scoprire il cuore verde della Serbia non potete perdervi un viaggio sul treno della storica ferrovia Šarganska Osmica (Šargan 8) da Mokra Gora che permette di ammirare il paesaggio idilliaco della campagna del Paese.

La Serbia vanta anche diverse località termali e tra queste merita una menzione Sokobanja che sorge tra due montagne ricoperte di verdi boschi. Aria purissima e panorama incantevole accompagnano vari sentieri escursionistici assolutamente eccezionali.

Non meno straordinario è il Parco Nazionale di Tara dove scorre il Fiume Drina ,che col tempo ha scavato la roccia circostande creando un canyon dalla bellezza incredibile, tanto da essere il più profondo d’Europa. Uno spettacolo della natura che si è guadagnato un posto nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco. Oltre al fiume ci sono anche due meravigliosi laghi: Perućac e di Zaovine, ideali per una nuotata o per un giro in kayak.

Parco Nazionale di Tara serbia

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Un angolo del Parco Nazionale di Tara

Occasioni interessanti ci sono anche per coloro che amano fare trekking: un sentiero conduce al punto panoramico di Banjska Stena. La salita fino a 1065 metri è sì impegnativa, ma dura solo 30 minuti e in cima si potrà godere di un panorama da sogno.

Zlatibor, dal canto suo, è una delle località di montagna più frequentate della Serbia. Una zona lambita dallo scintillante fiume Veliki Rzav, da sorgenti minerali, ripidi canyon e versanti boscosi. Ma non solo. Grazie alle sue caratteristiche naturali, è una meta molto richiesta del turismo rurale, sportivo e del benessere.

Infine, vale la pena fare un salto al Parco Nazionale di Đjerdap che prende vita in uno scenario naturale di rara bellezza e che è considerato il confine naturale tra Serbia e Romania. Da queste parti il Danubio raggiunge uno dei suoi punti più stretti: 150 metri di larghezza a fronte di una profondità di 82 metri.

Oltre alle bellezze naturalistiche, il parco ospita anche importanti resti archeologici, tra cui le vestigia del Ponte di Traiano, usato per le campagne di Dacia.

Insomma, la Serbia è un vero e proprio scrigno di bellezze create dalla natura. Dalla pianura del nord fino alle alte vette del sud, regala paesaggi che cambiano di angolo in angolo e abitati da molteplici specie che, in alcuni casi, sono persino scomparse dal resto d’Europa.

Parco Nazionale di Đjerdap serbia

Fonte: iStock

Il Parco Nazionale di Đjerdap, il confine naturale tra Serbia e Romania
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Visitare l’isola di Giannutri, nell’Arcipelago Toscano

L’isola di Giannutri è la più meridionale dell’Arcipelago Toscano ed è anche la più selvaggia. Solo tre sono i piccoli centri abitati, Spalmatoio, Ischiaiola e Oliveto. Per il resto, sono solo case sparse. Proprio perché la presenza umana durante l’anno – estate esclusa – è ridotta, Giannutri è un’importantissima area di sosta durante le migrazioni, tanto da essere divenuta un’area naturale protetta.

Una storia antichissima

Ed è così da sempre. Era stata scelta dagli antichi Romani come remoto approdo. Oggi è visibile solo un’antica villa del II secolo appartenuta a una famiglia di commercianti, che si trova in una posizione a dir poco suggestiva, proprio in riva mare, il sito archeologico di Villa dei Domizi Enobarbi.

Fonte: @R.Ridi

L’isola di Giannutri

Visitare Giannutri

Sono numerosi i turisti che d’estate vengono a visitarla. Del resto, come non restare affascinati da quella mezzaluna di calcare bianco in mezzo al Santuario dei Cetacei, dove fascino della natura e tracce della storia dominano la scena. Giannutri vanta 11 chilometri di costa di scogliere rocciose, dove si aprono grotte e spaccature originate dall’azione del vento e sentieri profumati vista mare.

Le visite guidate

All’inizio della primavera, si può trascorrere un’intera giornata a Giannutri e vivere un’esperienza esclusiva con visita dell’area archeologica della Villa Romana, arricchita da nuovi elementi archeologici oggetto di recenti restauri (in seguito alle operazioni di consolidamento di tre stanze mosaicate, sono tornati a splendere gli ambienti delle tabernae, decorati da mosaici geometrici), e facendo un trekking naturalistico con le guide del parco.

Le partenze per il 2023 sono previste il 19 marzo e il 24 aprile. I dettagli del viaggio sono i seguenti: ritrovo alle 9 con la guida a Porto Santo Stefano, imbarco dalla Banchina Toscana sul traghetto Maregiglio (partenza ore 9.30. Arrivo a Giannutri dopo un’ora di navigazione. Visita guidata al complesso archeologico della Villa Romana. Dalla baia di Cala Maestra si raggiungono i resti di una villa di epoca Romana tra le scogliere rocciose e i sentieri profumati della macchia mediterranea. A seguire, la visita naturalistica, trekking al faro della durata di circa due ore. La pausa pranzo, con pranzo al sacco a cura dei partecipanti, sarà prevista al termine della visita storica o lungo il percorso naturalistico in base al tempo a disposizione. La partenza da Giannutri è prevista alle 16 con arrivo a Porto Santo Stefano per le 17.

Fondali da esplorare

Molti sono gli appassionati di immersioni che sanno che Giannutri è famosa per i suoi fondali e alle pareti verticali ricche di gorgonie, spugne, coralli e tunicati. Qui è vietata la navigazione a motore, a vela e a remi, la pesca, le immersioni e la balneazione e, quindi, da un lato si è favorito il ripopolamento ittico, dall’altro ha reso difficile trovare dei buoni punti d’immersione. Si possono comunque trovare libere per l’immersione le estese praterie di posidonia e i due relitti dell’Anna Bianca (a 40-50 metri di profondità) e del Nasim (a 60 metri).

Soggiornare a Giannutri

Sull’isola di Giannutri non ci sono hotel, residence e neppure campeggi. Tuttavia, è possibile pernottare presso le case degli abitanti che affittano piccole residenze private. Il maggior numero di abitazioni è concentrato a Cala Spalmatoio, dove si trova anche l’unica piazza dell’isola chiamata “Piazzetta”.

L’isola è raggiungibile partendo da Porto Santo Stefano o dall’Isola del Giglio con i traghetti che si fermano a Cala Spalmatoio o a Cala Maestra.

giannutri

Fonte: @R.Ridi

I colori della macchia mediterranea a Giannutri

Parco nazionale e Riserva della Biosfera Unesco

Il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano è stato inserito nella Green List mondiale delle dieci aree protette del mondo dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).

Inoltre, rientra nella Riserva della Biosfera MAB Unesco “Isole di Toscana”, che comprende le sette isole (Gorgona, Capraia, Elba, Pianosa, Montecristo, Giglio e, naturalmente, Giannutri) e un’ampia porzione di mare che le circonda. Include quindi il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, il più grande parco marino del Mediterraneo, 18 siti della rete Natura 2000 fra Siti di Interesse Comunitario e Zone a Protezione Speciale e parte del Santuario internazionale dei mammiferi marini del Mediterraneo. Qui si trovano 22 diverse tipologie di habitat naturali e vivono 37 specie di animali di interesse comunitario.