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Sono aperte le prenotazioni per visitare un santuario della natura

In Italia, nel bel mezzo delle limpide acque del Mar Tirreno, prende vita un luogo straordinario ma allo stesso tempo estremamente fragile. Per questo motivo, è necessaria la prenotazione per visitarlo. Parliamo dell’Isola di Montecristo, un vero e proprio santuario della natura che per scoprirlo richiede il rispetto di specifiche regole di comportamento e modalità organizzative. Tutte norme gestite dall’Ente Parco, in accordo con il Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Follonica.

Cosa sapere sulle prenotazioni per visitare l’Isola di Montecristo

A partire da sabato 28 gennaio alle ore 9.00 sarà possibile riservare un posto (attenzione, sono molto ambiti) per visitare l’Isola di Monte Cristo nel 2023, meraviglia dell’altrettanto incantevole Arcipelago Toscano.

Essendo tutelata sia in mare che in terra, bisogna assolutamente affrettarsi in quanto gli accessi sono a numero chiuso. Per farlo vi basterà visionare online il calendario delle visite, consapevoli però che ogni data prevede la presenza di un massimo di 75 persone, con un’età minima di 12 anni.

In totale sono previsti 23 giorni aperti alle visite a partire dal 18 marzo, e quest’anno i posti a disposizione sono 1795, di cui 100 riservati (a costi agevolati) ai residenti nei Comuni delle isole dell’Arcipelago Toscano. I residenti possono accedere ai posti riservati prenotando entro – e non oltre – il 6 marzo 2023. Mentre agli studenti, con priorità per i residenti nelle isole dell’Arcipelago Toscano, è destinata una fruizione educativo-ambientale nel numero massimo di 275 accessi all’anno.

Per approdarvi (ma ricordiamo che non è possibile in autonomia) si può partire da Piombino, Porto Santo Stefano, Porto Azzurro (Isola d’Elba) e Isola del Giglio.

Oltre a questo, è importante sapere che non è possibile muoversi in autonomia e che per la permanenza sulla spiaggia di Cala Maestra è obbligatorio seguire le indicazioni delle Guide.

montecristo isola

Fonte: iStock

Un angolo dell’Isola di Montecristo

In cosa consiste la visita

A livello generale, la visita consiste in escursioni lungo itinerari specifici. È fondamentale sapere che si possono effettuare solamente se si è in possesso di scarpe da trekking, vale a dire con suola scolpita e preferibilmente a caviglia alta. Attenzione, non è un dettaglio da sottovalutare in quanto il giudizio sull’adeguatezza delle calzature è a carico della Guida ed è insindacabile. Ciò vuol dire che in caso di abbigliamento non considerato opportuno la Guida può decidere di non farvi partecipare.

Durante le escursioni ogni gruppo conterà un massimo di 12 persone, ognuno accompagnato da un’esperta Guida. È bene sapere, inoltre, che le visite non sono gratuite, ma che le quote sono comprensive di viaggio in motonave (andata e ritorno) e accompagnamento con la Guida del parco.

Nell’eventualità in cui le visite previste siano annullate a causa di condizioni meteo marine avverse, ai visitatori sarà proposta una data alternativa. Nel caso in cui la data alternativa non venga accettata, a quel punto verrà effettuato il rimborso.

Inoltre, la prenotazione è nominativa, non cedibile e non è possibile sostituire i nominativi e i dati indicati in fase di prenotazione.

Alcuni consigli per la visita

L’Isola di Montecristo è spettacolo puro, ma i percorsi proposti per la visita sono abbastanza impegnativi poiché si sviluppano lungo profili altimetrici caratterizzati da forti pendenze e da dislivelli di una certa rilevanza, su fondo naturale spesso scivoloso.

È possibile, inoltre, che le condizioni meteo non siano del tutto confortevoli: potrebbero esserci vento forte, pioggia, elevati valori di temperatura e/o umidità.

clima isola di montecristo

Fonte: iStock

L’Isola di Montecristo in un giorno con un clima non troppo favorevole

Pertanto è meglio organizzarsi con un abbigliamento comodo e leggero. In primavera e in autunno è consigliato l’uso di una giacca antivento ed impermeabile. Altre buone norme sono portare con sé bastoncini da trekking, un cappellino per il sole, crema solare e occhiali da sole.

Il pranzo, invece, deve essere al sacco e organizzato in autonomia in quanto sull’isola non è possibile acquistare bevande di alcun genere e cibo. I più curiosi, infine, possono dotarsi di binocolo e di taccuino.

I percorsi sull’Isola di Montecristo

Sono in totale 3 i percorsi a disposizione. Uno di questi parte da Cala Maestra e la sua lunghezza totale è di 2.031 metri, con un dislivello di 230 metri e un tempo di percorrenza previsto di 2 ore. La difficoltà, invece, è media.

Grazie a questo itinerario potrete scoprire Cala Maestra, l’unico approdo dell’isola dove prende per l’appunto vita una piccola spiaggia di sabbia e ciottoli protetta ai lati da due scogli (con divieto di balneazione). Qui potrete anche ammirare la Villa Reale e il Museo di storia naturale. La prima è l’unica costruzione dell’isola, un’antica palazzina dove oggi risiede il Corpo forestale dello Stato, mentre il secondo, vale a dire il museo, si trova in piccola parte della stessa villa.

Il secondo itinerario vanta una lunghezza di 3.610 metri e un dislivello di 460. In questo caso la difficoltà è elevata e ci vogliono circa 3 ore e 30 minuti. Tuttavia, grazie ad esso potrete scoprire il Monastero di San Mamiliano che è posto a 320 metri d’altezza. Si distingue per essere uno dei simboli dell’intera isola e perché, secondo la tradizione, pare essere stato costruito su un antico tempio dedicato a Giove.

Molto interessante è anche la Grotta di San Mamiliano, per molti soprannominata la “grotta del drago”. In questo caso, quello che vi ritroverete di fronte è luogo sacro, non distante dal monastero, legato a una suggestiva leggenda: da queste parti San Mamiliano avrebbe ucciso un terribile drago.

Il terzo e ultimo itinerario ha una lunghezza di 1.000 metri e un dislivello di 42. Questi numeri fanno capire che è un percorso più facile degli altri, anche se il tempo di percorrenza previsto è di circa 2 ore.

Qualunque sia il percorso che sceglierete, a Montecristo avrete la possibilità di scoprire l’isola forse più misteriosa dell’Arcipelago Toscano. Uno scrigno di biodiversità, un patrimonio naturale universale che si traduce anche in un qualcosa di abbastanza esclusivo.

In sostanza, se si riesce ad assicurarsi uno dei tanti ambiti posti, lo spettacolo è più che certo, anche perché condito da una quiete estrema dove si possono udire solo i magici suoni della natura. Poi i profumi, i colori e gli incredibili paesaggi montuosi che si mescolano con quelli marini. Senza dimenticare la sua particolare fauna, come le graziose capre di Montecristo.

Insomma, questa meravigliosa perla italiana rispecchia il vero significato della parola autentico. Un gioiello da scoprire almeno una volta nella vita, senza dimenticare di rispettare le diverse regole utili alla sua corretta conservazione.

Cala Maestra montecristo

Fonte: iStock

Cala Maestra, Isola di Montecristo
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Lungo la via Francigena, come pellegrini tra borghi-presepe

Una strada percorsa per secoli, a piedi, da pellegrini, santi e commercianti e oggi divenuto uno degli itinerari turistici più famosi del mondo. Stiamo parlando della via Francigena, quel lungo itinerario che attraversa l’Europa (e oltre), partendo da Canterbury, in Gran Bretagna per terminare in Puglia e poi fino a Gerusalemme.

Uno di quei cammini di fede, lungo 3.268 chilometri, che mettevano in collegamento luoghi di culto, pievi e abbazie, attorno ai quali si sviluppava tutto un mondo di quello che oggi chiamiamo “turismo”. Oggi, la via Francigena è un itinerario turistico che continua a toccare alcuni luoghi religiosi, ma non solo. Attraversa paesaggi incontaminati e alcuni tra i borghi più pittoreschi.

Percorrere la via Francigena a Natale è una di quelle esperienze che non si dimenticano, perché toccano il cuore e l’anima oltre a luoghi meravigliosi. Sì, perché in questo periodo magico dell’anno tra festeggiamenti e tradizioni natalizie, si può andare alla scoperta dei luoghi e del patrimonio storico e naturalistico del territorio che si attraversa.

Natale nell’Alta Tuscia

In particolare, ricca di eventi è l’Alta Tuscia viterbese, nel Lazio. Qui, a Natale ci s’immerge nei borghi storici di Acquapendente, passando per Onano e Proceno, tra cultura, folklore, presepi, mercatini e feste.

Le antiche tradizioni e lo spettacolo naturale e storico dell’entroterra viterbese possono essere scoperti durante il periodo natalizio, regalando atmosfere evocatrici e festose. A cominciare proprio da Acquapendente, anche detto “la Gerusalemme d’Europa”, che ha previsto un lungo programma natalizio già a partire da inizio dicembre, e che vede nelle giornate più vicine al Natale i suoi appuntamenti centrali.

A partire dalla vigilia seguiranno tre appuntamenti tra arte e religione immersi nella natura: sabato 24 dicembre alle ore 11.30, lunedì 26 dicembre alle ore 15.00 e sabato 31 dicembre alle ore 15.00. Tre tour tra arte e religione sulle orme dei pellegrini in un percorso guidato lungo la via Francigena, dalla Basilica del Santo Sepolcro al Museo della Città e la Pinacoteca San Francesco.

Il giorno di Santo Stefano sono previsti anche appuntamenti con la musica e con il teatro. Il 31 dicembre sarà il momento di festeggiare il Capodanno in piazza mentre il 5 gennaio ci saranno le parate delle Befane sui trampoli, mercatini, castagne e vin brulè alla scoperta dell’enogastronomia natalizia tipica.

A Proceno, il villaggio di origine etrusca – come testimoniano i sepolcreti scoperti nelle vicinanze dell’abitato – e nei pressi del quale soggiornò anche Galileo Galilei, durante le festività natalizie si svolge l’evento “Vivi in Natale a Proceno”, giunta alla VII edizione, per promuovere il turismo e valorizzare le realtà culturali, storiche, religiose ed enogastronomiche del borgo. Una festa itinerante alla ricerca degli angoli più suggestivi di Proceno, celebrando il folklore e le tradizioni artigiane, religiose ed enogastronomiche.

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Fonte: 123rf

Il borgo di Proceno, lungo la via Francigena del viterbese

Si possono ammirare i presepi in vetrina nel Palazzo Sforza, che fa parte della rete delle Dimore storiche della Regione Lazio, e nelle vie del borgo.

Infine, nel borgo di Onano, al confine con la Toscana e a pochi chilometri dal Lago di Bolsena, il 24 dicembre sarà visitabile il piccolo villaggio di Babbo Natale in piazza Umberto I e il 26 sarà il turno del concerto di Natale della Banda Comunale Santa Cecilia di Onano. Si aspetta poi insieme il 2023 con il Gran Cenone di San Silvestro e la musica live, mentre chi dovesse capitarci in occasione dell’Epifania potrà assistere al presepe vivente di Onano con l’arrivo dei magi.

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Fonte: 123rf

Il borgo di Onano nel Lazio
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Prima era una chiesa, ora è un hotel: succede ad Amsterdam

Le esperienze di viaggio, quelle belle, emozionali e indimenticabili, passano anche per gli alloggi. Negli ultimi anni, infatti, sempre più strutture ricettive hanno ampliato la loro offerta per andare incontro alle esigenze dei viaggiatori che si mettono in cammino per il mondo con un solo obiettivo: vivere avventure straordinarie.

Case sugli alberi, baite immerse nel bosco, glamping e capsule, e poi, ancora, alloggi bizzarri e straordinari: queste sono solo alcune delle proposte più amate dei viaggiatori, le stesse che permettono di caratterizzare in maniera univoca l’esperienza di viaggio.

Ma se volete vivere un’avventura davvero al di fuori dell’ordinario, allora, dovete organizzare un viaggio ad Amsterdam al più presto. Proprio in uno dei quartieri più vivaci della città, infatti, una chiesa è stata trasformata in un hotel, ed è bellissimo.

Viaggio ad Amsterdam, per scoprire un alloggio straordinario

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio ad Amsterdam. La capitale dei Paesi Bassi, infatti, è conosciuta in tutto il mondo per il suo prezioso patrimonio artistico, ma anche per tutti quei canali sui quali le case strette e caratteristiche si affacciano. La città ospita poi tutta una serie di musei, come quelli di Van Gogh e il Rijksmuseum che conservano ed espongono alcune delle opere d’arte più celebri del mondo.

Una città d’arte, di cultura, ma anche di divertimento e di immensa bellezza che offre tutta una serie di proposte in grado di sorprendere viaggiatori di ogni età. Insomma, ad Amsterdam non ci annoia mai.

Ma se volete vivere un’esperienza davvero insolita nella capitale dei Paesi Bassi, allora, è necessario scegliere anche la sistemazione giusta, un alloggio in grado di rendere l’avventura di viaggio ancora più indimenticabile. Ed è proprio questo l’obiettivo del BUNK, un hotel incredibile nato all’interno dell’ex chiesa di Santa Rita, nel cuore del meraviglioso quartiere Noord della città.

Dormire in una chiesa ad Amsterdam Noord

La nostra esperienza di viaggio comincia ad Amsterdam Noord, un quartiere autonomo della città olandese, e separato dal centro cittadino da un corso d’acqua, che con gli anni si è trasformato in hub culturale, diventando così il punto di riferimento di artisti e creativi che passano in città.

Sempre qui, infatti, è stato istituito il Nxt Museum, il primo museo dei Paesi Bassi dedicato alla new media art. Le mostre ospitate all’interno dell’edificio celebrano l’arte e la tecnologia, con tutta una serie di esperienze immersive e sensoriali che permettono alle persone non solo di osservare le esposizioni, ma di entrarci dentro. E così fa anche il Wondr, un vero e proprio gigantesco laboratorio composto da stanze surreali create appositamente da diversi artisti, all’interno del quale persone di ogni età possono perdersi e immergersi.

Ed è proprio qui, sempre ad Amsterdam Noord, che è possibile trovare ristoro dopo giornate trascorse all’insegna della bellezza e della tecnologia in maniera assolutamente inedita e sorprendente. Nel quartiere, infatti, è nato un hotel che si è subito trasformato come il punto d’incontro della comunità di artisti, designer e startupper. Non una struttura ricettiva qualunque, intendiamoci, ma un hotel nato all’interno di una ex chiesa costruita nel 1921 e oggi riconvertita.

Antico, monumentale, suggestivo e anche economico, l’hotel BUNK ospita 106 camere e 50 cuccette private per un totale di 296 alloggi, da condividere con gli altri viaggiatori o da sfruttare in solitudine. Non mancano, ovviamente, anche degli spazi comuni all’interno dei quali è possibile incontrare tutti gli artisti e i creativi che qui si riuniscono. All’interno dell’ex chiesa di Santa Rita, inoltre, ogni mese vengono organizzati eventi musicali, artistici e culturali per gli ospiti e per la comunità locale.

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Montone, il borgo a forma di ellisse

È una cartolina medievale che si regala all’improvviso a chi vi giunge dopo aver percorso brevi tornanti, un borgo immutato nei secoli dove passeggiare tra vicoli ombrosi abbelliti da gerani, al cospetto di antiche case, graziose chiese e austere mura secolari.

Ci troviamo in Umbria, nell’Alta Valle del Tevere, l’affascinante “Valle Museo” ricca di bellezze artistiche, dove svetta su un colle, dalla caratteristica forma di ellisse, Montone, Bandiera Arancione del Touring Club e Borgo Tra i Più Belli d’Italia, dall’aspetto urbanistico e architettonico perfettamente conservato.

Qui si respira ancora il glorioso passato legato al condottiero Braccio da Montone, maestro dell’arte guerresca e famoso capitano di ventura, e ci si lascia sorprendere dall’incanto dei panorami che si aprono sui rilievi boscosi dell’Appennino umbro-marchigiano.

montone umbria

Fonte: iStock

Scorcio del centro storico

Un salto nel passato: quando Montone dominava l’Italia centrale

Raccolto e quieto borgo dove trascorrere momenti perfetti rilassandosi a contatto con la natura, Montone, edificato tra il IX e il X secolo d.C., un tempo fu protagonista della Storia e visse un periodo di grande splendore grazie alla figura di Andrea Braccio Fortebracci, il condottiero di nobile famiglia nativo del luogo, con l’ambizione di creare un unico Stato in Italia centrale con capitale Perugia, in opposizione a quello della Chiesa.

Grazie alle sue indiscusse capacità, arrivò a controllare buona parte del territorio ma venne ferito a morte durante la cruciale battaglia dell’Aquila nel 1424: Montone passò allora sotto il dominio della Chiesa.

Del forte legame tra i Fortebracci e il borgo sopravvivono ancora oggi i resti del mastio della Rocca progettata dall’architetto Fioravanti (distrutta per volere del papa Sisto IV nel 1478) e la tradizionale rievocazione storica della “Donazione della Santa Spina” che, ogni anno in agosto, ricorda l’omaggio della reliquia ricevuta dal figlio di Braccio, il condottiero Carlo Fortebracci, per aver sconfitto i Mori combattendo per la Repubblica di Venezia.

La Santa Spina è oggi custodita in un reliquiario d’argento cesellato nel Convento di Sant’Agnese ed esposta nella Collegiata di Santa Maria e San Gregorio Magno il Lunedì dell’Angelo e la penultima domenica d’agosto: entrambe le giornate sono anche occasione per rivivere l’atmosfera medievale con figuranti dai costumi storici, gare tra arcieri, sbandieratori, tamburini e spettacoli teatrali.

Cosa vedere a Montone in uno scenario idilliaco

Montone

Fonte: Ph trolvag – Wikipedia

Edificio storico a Montone

Immerso in un paesaggio di quieti boschi e limpide sorgenti in posizione panoramica a dominio della valle dove scorre il torrente Carpina, Montone vanta un osservatorio astronomico tra i più all’avanguardia d’Italia ed è ideale punto di partenza per rigeneranti passeggiate, trekking e cicloturismo nel cuore della natura.

Andando alla scoperta del borgo, lo sguardo si sofferma invece sul cospicuo patrimonio religioso con edifici di assoluto pregio a partire dalla Chiesa di San Francesco in stile gotico, risalente al XIV secolo: la rendono unica la panoramica gradinata, la porta in legno intagliata da Bencivenni, e i numerosi affreschi di scuola umbra.
Nucleo centrale del Polo Museale di Montone insieme al vicino ex convento francescano, la chiesa vanta notevoli resti di affreschi quattrocenteschi eseguiti da Antonio Alberti con Storie di San Francesco e i quattro Evangelisti nella volta.

Da non perdere la Pinacoteca dove è possibile ammirare il Gonfalone con la Madonna del Soccorso, a opera di Bartolomeo Caporali nel 1481, un ragguardevole gruppo ligneo del Duecento, Crocifisso con la Vergine e San Giovanni, in origine parte di una composizione per la liturgia del Venerdì Santo, e poi dipinti, teli umbri, tessuti, paramenti e argenti sacri, e arredi liturgici.

Ma non è tutto: di sicuro interesse sono anche gli altri due poli di Montone: il Polo di Santa Caterina, sede della biblioteca e dell’Archivio storico comunale, che conserva lo Statuto di Montone del 1586 e bolle pontificie dal XIV al XVII secolo, e il Polo di San Fedele, che ospita il teatro e l’auditorium.

Infine, una visita al borgo deve includere anche la collegiata di Santa Maria e San Gregorio Magno, con il dipinto seicentesco dell’Ultima Cena del fiammingo Calvaert, e la Pieve di San Gregorio o Pieve vecchia, la più antica chiesa di Montone, costruita nell’anno Mille in stile romanico bizantino e poi rimaneggiata durante il XVI secolo.

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C’era una volta un’antica abbazia, ora è un hotel

Chiudete gli occhi e immaginate un luogo che si apre davanti a voi con una distesa sterminata e verdeggiante che si perde all’orizzonte, proprio lì nel territorio che conserva le importanti testimonianze della civiltà etrusca. Sempre lì dove esiste una grande e antica abbazia completamente immersa nel verde e circondata da un paesaggio solenne e silenzioso.

Ora apriteli perché quel luogo esiste davvero. E non è un solo un posto da ammirare e contemplare, ma è la destinazione delle vostre prossime vacanze all’insegna della grande bellezza, della pace e del benessere mentale e fisico.

Perché lì, proprio sotto la rupe di Orvieto, e completamente immersa nell’antica terra degli Etruschi, quell’abbazia di origine medievale dedicata ai Santi Severo e Martirio è stata trasformata in una struttura ricettiva. Ed è spettacolare.

Bentornati a Orvieto

Meravigliosa è Orvieto, con la sua storia e la cultura, con le bellezze architettoniche e paesaggistiche, con quegli scorci incantati che lasciano senza fiato.

Arroccato su una rupe di tufo, nella splendida regione Umbria, il borgo di Orvieto è uno dei più affascinanti del nostro stivale, nonché una delle mete più popolari dell’intero territorio umbro.

Un viaggio a Orvieto è destinato a incantare, perché tante sono le meraviglie storiche, architettoniche e paesaggistiche che appartengono a questo luogo, come il Duomo con la sua facciata a mosaico e il Pozzo di San Patrizio, uno dei posti più affascinanti e misteriosi del BelPaese.

Ma c’è qualcosa, all’ombra delle attrazioni turistiche più celebri e popolari che vi permetterà di trasformare il vostro viaggio in un’esperienza magica e unica, ed è quella imponente struttura che sorge proprio sotto la rupe di Orvieto. Si tratta dell’Abbazia dei Santi Severo e Martirio, un complesso religioso fondato nell’Alto Medioevo che è stato trasformato in un hotel.

Dormire in un’Abbazia nel cuore di Orvieto

Immersa nella campagna verdeggiante e mozzafiato che circonda il borgo di Orvieto, quest’abbazia è un vero e proprio sogno a occhi aperti. Non solo per la sua imponenza e il suo passato, ma anche e sopratutto per la posizione strategica in cui è sorta.

La sua storia inizia tanti secoli fa. Alcune fonti storiche, infatti, danno per cerca la sua presenza già nell’anno 1055. Con gli anni il complesso è stato ampliato e modificato, fino ad arrivare all’aspetto attuale.

L’abbazia, costruita intorno alla già esistente chiesa di San Silvestro, nel Medioevo è stata trasformata in un monastero benedettino. In epoca più recente, invece, dopo l’acquisizione da parte di un privato è diventata un hotel.

La struttura ricettiva, oggi, è conosciuta come La Badia di Orvieto, ed è un hotel a quattro stelle che offre servizi di lusso, anche se il vero lusso è quello di poter alloggiare in un edificio immerso in uno scenario incontaminato, circondato da ulivi e filari d’uva, e situato proprio sotto la rupe di Orvieto.

Se l’abbazia è stata trasformata in hotel, l’antica Casa abbaziale di stile cistercense è stata adibita a ristorante. È ancora possibile visitare la chiesa, che è rimasta intatta, e l’antico refettorio che ospita gli affreschi risalenti al 1200.

Con 22 camere, e 5 suite, quell’antico complesso medievale è il luogo perfetto dove trascorrere una vacanza all’insegna della grande bellezza, caratterizzata da un paesaggio naturale, solenne e incontaminato a pochi passi da Orvieto.

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L’inaccessibile chiesa costruita alle porte del paradiso

Esiste un luogo, molto lontano, che è così straordinariamente mistico da non sembrare reale. Si tratta di un posto che all’apparenza sembra inaccessibile perché è posto così in alto che pare attraversare le nuvole. E in effetti, la sua posizione, è davvero unica al mondo.

Si tratta di una piccola chiesa che sovrasta idealmente tutta la regione di Imereti, in Georgia, perché è situata sulla cima di un monolite maestoso che svetta verso il cielo fino a raggiungere un’altezza di 40 metri.

Tutto intorno, a fare da cornice, c’è una vegetazione rigogliosa e lussureggiante che contribuisce a creare un paesaggio idilliaco e bellissimo, ma anche mistico e spirituale, che sembra configurarsi come la porta di accesso al paradiso.

Katskhi Pillar e la chiesa che sfiora il cielo

Ci troviamo in Georgia, a circa 10 chilometri dalla città mineraria di Chiatura. È qui che in maniera del tutto sorprendente irrompe nello scenario un gigantesco pilastro naturale che definisce completamente lo scenario. Il suo nome è Katskhi Pillar, ed è un monolite calcareo immerso all’interno di un paesaggio naturale e incontaminato.

La sua altezza è incredibile: Katskhi Pillar raggiunge i 40 metri, arrivando a guadagnarsi un posto tra le nuvole. Ma quello che davvero incanta, in questa visione surreale, è la presenza di una piccola chiesa che si trova proprio sulla sua cima e che sembra sfiorare il paradiso.

Gli abitanti locali lo considerano il pilastro della vita, perché in effetti è proprio in quel luogo che, in totale solitudine, gli asceti per secoli si sono recati per vivere esperienze spirituali e uniche.

Considerato dai local anche come simbolo di Vera Croce, Katskhi Pillar è un posto estremamente affascinante e seducente che ha sempre attirato l’attenzione di tutti. Sono molte le leggende e le storie locali che ruotano intorno a questo luogo sacro, alcune di queste vedono l’utilizzo del pilastro anche da parte delle antiche religioni per i riti di fertilità.

Ma quando il cristianesimo si è diffuso in Georgia, Katskhi Pillar è diventato un luogo di culto. Secondo gli storici i monaci asceti hanno iniziato ad abitare la cima del pilastro naturale intorno al X secolo, proprio in quella piccola chiesetta eretta nel VI secolo in onore nel monaco teologo bizantino Massimo il Confessore.

Per molto tempo l’eremo fu dimenticato e abbandonato, fino a quando un gruppo di alpinisti, nel 1944, scalando il monolite calcareo ha scoperto quel luogo di culto. L’edificio del monastero è stato restaurato e l’attività religiosa in cima è stata ripresa negli anni ’90.

Katskhi Pillar

Fonte: istock

Katskhi Pillar

L’audace pellegrinaggio per avvicinarsi al paradiso

La piccola chiesa ortodossa, situata sulla cima del gigantesco monolite, è raggiungibile solo attraverso un’antica scala di ferro. È un pellegrinaggio pericoloso quello che affrontano i monaci che scelgono di salire fino alla cima, ma necessario per avvicinarsi al paradiso.

Dal 1995, ad abitare il Katskhi Pillar, c’è il sacerdote ortodosso Maxime Qavtaradze. Il monaco vive una quotidianità di intensa spiritualità e solitudine, scendendo dalla roccia una sola volta a settimana. Per farlo deve scalare 131 scalini attaccati alla parete.

Ai viaggiatori non è permesso il pellegrinaggio fino in cima, riservato solo ai sacerdoti uomini. Tuttavia alle persone che arrivano in visita al Katskhi Pillar è concesso di scalare solo una prima parte del pilastro di pietra calcarea, per raggiungere una croce del VI secolo incastonata nel monolite e lì pregare.

Katskhi Pillar

Fonte: iStock

Katskhi Pillar
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Valle dell’Orfento, nel cuore selvaggio della Majella

In Abruzzo c’è un luogo davvero unico per chi desidera fare escursioni nella natura, tra boschi e canyon, eremi e corsi d’acqua. È la splendida Valle dell’Orfento, situata sul versante nord-occidentale della Majella, e la si raggiunge dai numerosi sentieri che partono da Caramanico Terme, in provincia di Pescara. Lo scenario ideale dove trascorrere tranquille giornate immersi nel verde e ammirare paesaggi incantevoli.

Nella natura della Valle dell’Orfento

Agli inizi degli anni ’70, la Valle dell’Orfento è diventata Riserva Naturale dello Stato e attualmente ricopre una superficie complessiva di 2606 ettari. Qui troverete l’unico canyon della Majella, cuore verde d’Abruzzo, ad avere un corso d’acqua perenne, che dà vita a uno dei più affascinanti habitat di questo massiccio.

Lo scenario che si svela allo sguardo cambia a ogni passo. A bassa quota ci si imbatte in querce e faggi, mentre oltre i 1800-1900 metri di altezza c’è un’eccezionale presenza di pino mugo. Ad altitudini maggiori, le avversità climatiche diventano estreme e la copertura vegetale rada e sparsa. Il paesaggio qui assume un aspetto lunare, le specie vegetali che sono riuscite ad insediarsi sono tra le più rare, come la Stella alpina appenninica o la Soldanella minima sannitica che fioriscono tra le rocce. Tra le specie animali, nella Riserva è possibile incontrare cinghiali, tassi, volpi, faine, caprioli, cervi, l’aquila reale e il camoscio appenninico.

Le testimonianze storiche, tra eremi e capanne in pietra

Nel corso di centinaia di migliaia di anni, i fenomeni erosivi generati dalle acque del fiume sulle pareti calcaree hanno prodotto una serie di sgrottamenti e ripari sotto roccia che fin dalla preistoria hanno fatto da rifugio per le popolazioni. Ma le testimonianze più importanti, ancora evidenti, sono quelle risalenti al periodo medievale, quando eremiti in cerca di solitudine e silenzio raggiunsero la valle, edificando proprio nelle sue grotte eremi e piccoli romitori.

Se ne conoscono nove nella sola Valle dell’Orfento: alcuni non più accessibili e di cui non rimangono evidenze, altri particolarmente importanti e significativo. Attraversando i pascoli delle zone più basse, si incontrano le capanne in pietra a secco dalla caratteristica forma a “trullo” (tholos), punti di sosta e di stazzo dei pastori che hanno lasciato testimonianze peculiari del paesaggio agro-pastorale della Majella.

I percorsi più belli della Valle dell’Orfento

La Valle dell’Orfento è ricca di percorsi di diversa lunghezza e difficoltà che permettono di fare trekking ed escursioni nella splendida natura della Riserva. Le visite possono essere fatte in autonomia, seguendo la segnaletica presente, o con l’accompagnamento di guide locali.

Tra gli itinerari più suggestivi, c’è Il Sentiero delle Scalelle, una passeggiata piacevole ed emozionante che parte dalla frazione di Santa Croce e conduce fino al Ponte di Caramanico, seguendo il corso del fiume Orfento poco prima che questi si getti nell’Orta. Si cammina quasi sempre immersi in mezzo alla foresta e spesso circondati anche da felci.

Dalla frazione di Santa Croce di Caramanico Terme s’imbocca anche un suggestivo percorso ad anello che attraversa diversi campi coltivati, immettendosi poi dentro un fitto bosco di conifere. La parte terminale della passeggiata è sicuramente la più suggestiva, poiché permette di raggiungere una spettacolare gola scavata dal fiume. Un altro percorso ad anello conduce, invece, all’Eremo di Sant’Onofrio all’Orfento, di cui oggi resta solo parte del portale affrescato, la cornice del tetto ancora incastonata nella roccia e tracce di un piccolo campanile a vela.

Partendo, invece, dalla caratteristica frazione di Decontra, si raggiunge l’Eremo di San Giovanni, considerato uno dei più suggestivi d’Abruzzo dato che è stato completamente ricavato dalla roccia. È famoso anche per essere stato frequentato dall’eremita Pietro da Morrone, divenuto poi famoso come Papa Celestino V.  Un lavoro meticoloso ha fatto affiorare dalla pietra vani, altare e scale, ma anche un ingegnoso sistema di canali e vasche per la raccolta dell’acqua piovana. Questa escursione presenta circa 700 metri di dislivello e si presenta più impegnativa rispetto alle precedenti, per questo è raccomandata agli escursionisti più allenati. Fatica e vertigini valgono però la pena, perché questo splendido itinerario regala un’esperienza davvero unica e imperdibile, e panorami di paesaggi straordinari. Ma sono davvero tante e tutte imperdibili le meraviglie da scoprire qui, nella incontaminata Valle dell’Orfento.

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Alla scoperta delle chiese scavate nella roccia

Ci sono molti, moltissimi modi di esprimere fede e religiosità: la spiritualità, si sa, è qualcosa di personale. Eppure, in queste chiese scavate nella roccia, le chiese rupestri di Ivanovo, si può riscontrare qualcosa di davvero forte, autentico e magnetico.

Nella loro unicità, nel loro essere state ricavate all’interno di un materiale così nudo e grezzo, si può ritrovare il senso più alto del misticismo. Ed è per questo che sono speciali, è per questo che sono tutte da scoprire: perché il loro fascino è trascendentale.

La storia delle chiese rupestri di Ivanovo

C’erano una volta delle grotte in Bulgaria, incastonate in zone montuose apparentemente nude e aspre ma circondate da fitti angoli boscosi. Correva l’anno 1200 e proprio quelle grotte divennero dapprima meta di riflessione e preghiera e poi abitazioni per alcuni monaci, che iniziarono a sostenere che la vita all’interno di quelle sistemazioni così spartane li avvicinasse a Dio. Fu per questa ragione che nel 1320 il Patriarca di Bulgaria Joachim creò un vero e proprio “complesso spirituale”.

Ivanovo, una delle bellissime chiese rupestri

Adibì, sostanzialmente, la zona più ricca di grotte e cave alla spiritualità, cercando di renderle più confortevoli per i monaci. Non passò molto tempo, però, prima che agli stessi monaci e al Patriarca venisse in mente che queste grotte così suggestive potevano diventare delle vere e proprie chiese. Anzi, alcune erano abbastanza ampie per creare dei monasteri con piccoli edifici annessi dove i monaci potevano alloggiare.

Le chiese rupestri, da complesso spirituale a Patrimonio Unesco

Intorno al 1300, dunque, l’area delle grotte era ricca di chiese, chiesette e cappelle, dove si potevano incontrare i religiosi e dove i fedeli potevano restare per pregare. In totale, l’intera area comprendeva ben 40 chiese e 300 piccoli edifici. Purtroppo, con il passare del tempo, molti vennero abbandonati o furono soggetti a erosione e danni naturali, cosa che ha reso impossibile la loro conservazione.

Alcuni resti di una chiesa rupestre antica

In totale, oggi, le chiese rupestri di Ivanovo conservate in buono stato sono cinque e compongono un sito Unesco, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Le cinque chiese di distinguono per periodo e per stile, ma restano un grande esempio di quanto ai tempi fosse incoraggiata la pratica ascetica per entrare in comunione con Dio e di come la Bulgaria venne fortemente influenzata dall’arte bizantina.

L’arte delle chiese rupestri di Ivanovo

Come abbiamo già detto, le bellezze di questi luoghi sacri bulgari sono diverse tra loro. Questo perché tre chiese sono risalenti alla prima metà del 1200, quando a regnare era lo zar Ivan Asen II, che riabbracciò il cristianesimo ortodosso. Questa scelta religiosa si riflette nelle decorazioni delle tre chiese rupestri che svettano sugli alti argini rocciosi del fiume Rusenski Lom, caratterizzate da affreschi vivaci, visi ovali, labbra carnose, di forme quasi grezze e mancanza quasi totale di sfondi.

L'interno di una chiesa rupestre in Bulgaria

Le altre due chiese che hanno resistito al tempo, invece, sono nate sotto lo zar Ivan Alessandro, che ebbe relazioni molto più intense con l’impero bizantino. Dunque, gli interni di queste chiese, che si trovano più in basso rispetto al fiume, sono maggiormente dettagliate: anche se i colori sono più tenui, le figure sono molto più accurate, meno abbozzate, sono eleganti e armoniose e si stagliano su sfondi curatissimi. Ogni chiesa è, comunque, un mondo a sé, da scoprire: un viaggio da fare se si vuole respirare la spiritualità più viva e vera.

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In Norvegia esiste una chiesa di legno è Patrimonio dell’Umanità

Il mondo è pieno di luoghi incantevoli di cui non conosciamo l’esistenza, lo sappiamo. Eppure ciò non ci vieta di stupirci quando, davanti ai nostri occhi, ritroviamo dei capolavori che sembrano quasi inventati o che accendono le nostre fantasie più fanciullesche. Un esempio lampante è la chiesa di Urnes, in Norvegia: un vero capolavoro fatto di solo legno, che resiste nei secoli.

Vista da fuori, la chiesa di Urnes sembra un po’ un edificio fiabesco: una di quelle casette, per intenderci, dove vivrebbero i classici anti-eroi che solo nel corso della storia rivelano di avere un cuore d’oro. Invece, la sua storia è fatta di devozione, sentimento e tanto, tantissimo impegno.

La storia della chiesa di Urnes

La chiesa di Urnes sorge nella contea di Vestland, abbracciata da un panorama naturale mozzafiato. Di fatto si trova sul Lustrafjorden, il fiordo più lungo e profondo della Norvegia, in una posizione privilegiata che permetteva di abbracciare con lo sguardo una vista eccezionale su quelli che erano i doni che Dio ha fatto all’umanità. Peraltro, il luogo dove è stata eretta era già stato “casa” di due chiese precedenti, che però vennero abbattute per far posto a questo maestoso edificio.

Foto all'esterno della chiesa di Urnes Stave, in Norvegia

Si eleva su due livelli, adibiti al consueto uso delle funzioni religiose ed è costruita su pianta basilicale, com’era in uso nel Medioevo. Per farne ogni parte, però, sono state utilizzate delle resistenti doghe in legno, con pannelli, fasce ed elementi della tradizione scandinava finemente intagliati. Ogni piccola parte di questa chiesa è stata realizzata a mano e con gli strumenti del tempo, cosa che lascia immaginare quanta passione la permea.

Gli interni della chiesa di Urnes

D’altronde non è un caso che questa chiesa faccia parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco: è bellissima e unica nel suo genere. In base alle molteplici ricerche svolte in Norvegia e su territorio scandinavo è la più antica delle chiese in legno del territorio (se ne contano in tutto 1.300) ed è la sola ad avere degli interni così curati. Entrando, infatti, è possibile ammirare una serie di capitelli figurativi scolpiti con estrema cura.

Proprio questi capitelli, con le loro incisioni, rappresentano non solo dei manufatti artistici di enorme valore, ma hanno un ruolo ancor più importante: sono la testimonianza dell’unione e della fusione tra la cultura nordica precristiana, il credo e gli usi vichinghi e il cristianesimo che si diffuse in età Medievale.

La chiesa di legno Urnes Stave in Norvegia

In particolare è possibile ammirare delle immagini che hanno come protagonisti due animali: una creatura a quattro zampe, fiera e coraggiosa, che sembra un leone, e un serpente, che viene morso e attaccato. A un primo sguardo la presenza del serpente potrebbe sembrare legata alla tradizione cristiana, dove l’essere strisciante rappresenta Satana mentre il leone stilizzato dovrebbe rappresentare Cristo, che appunto combatte il diavolo.

Invece, si tratta di uno splendido connubio tra i due credo, perché la lotta tra il serpente e il leone potrebbe anche rappresentare l’inizio del Ragnarǫk, una delle battaglie più importanti della mitologia norrena. Il Ragnarǫk rappresenta infatti la lotta tra il bene, la luce e l’armonia e il male, le tenebre e il caso, e vedeva impegnate moltissime divinità venerate nei paesi scandinavi.

Alla scoperta della chiesa di Urnes

Di certo vorrete sapere se la chiesa di Urnes è attualmente visitabile: la risposta è sì. È aperta ogni giorno dalle 9.00 alle 16.00 e si può entrare dietro pagamento di un ticket che comprende una visita guidata. Ci si può arrivare con un lungo on the road di sei ore partendo Oslo o, in alternativa, soggiornando a Solvorn e raggiungerla approfittando del traghetto che va alla scoperta del Lustrafjorden.

Urnes Stave, una chiesa di legno suggestiva: i suoi interni

Non si svolgono funzioni religiose perché ha da tempo perso il suo uso parrocchiale, ma essendo ancora fortemente simbolica, è usata su richiesta per battesimi e matrimoni. Un consiglio? Visitare anche il cimitero medievale che la circonda, piuttosto spartano ma molto suggestivo ed estremamente spirituale.

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Queste chiese dipinte si trovano in Europa e sono spettacolari

Un contraltare di colori, tra volute e tinte che colpiscono e lasciano senza fiato: esistono delle chiese dipinte che, nel corso dei secoli, si sono affermati come veri e propri scorci di meraviglia. E che, ogni anno, attirano migliaia di turisti. Di quali chiese stiamo parlando?

Delle chiese dipinte nella regione dei monti Troodos, sull’isola di Cipro. Per chi non lo sapesse si tratta di circa 10 edifici che si distinguono per i loro interni incantevoli, quasi sempre in contrasto con gli esterni austeri e rurali. Un vero e proprio percorso tutto da scoprire.

Alla scoperta delle chiese dipinte di Cipro

Nove chiese e un monastero: tra i monti di Cipro si trova, dunque, un vero tesoro. Una delle loro particolarità è che, sulle prime, non si distinguono neanche in quanto chiese. Dall’esterno, infatti, possono sembrare delle vecchie fattorie, delle stalle o, addirittura, dei fienili, nonostante abbiano la forma classica delle chiese bizantine. Anche questo particolare contrasto ha fatto sì che diventassero Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Chiesa di Panagia a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

Queste chiese sono una sono una testimonianza eccezionale della civiltà bizantina dal tempo della famiglia dei Comneni in poi. In base a quanto scoperto, alcuni affreschi furono eseguiti da artisti di Costantinopoli mentre i successivi furono affidati ad artisti dell’Isola. Seguendo un preciso percorso è possibile rilevare le evoluzioni della pittura e, conseguentemente, i cambiamenti della società.

Il percorso ideale per scoprire le chiese dipinte

Ma qual è il percorso? Partendo dal presupposto che bisogna recarsi sui Monti Troodos per trovare le chiese dipinte, la cosa migliore da fare sarebbe dedicare un paio di giorni alla loro scoperta. Dopodiché, bisognerebbe, idealmente, partire dalla Chiesa di San Nicola del Tetto, che presenta un ciclo di affreschi realizzati tra l’XI e il XVI secolo. Poi, occorrerebbe visitare il Monastero di Agios Ioannis Lampadistis, al cui interno spiccano affreschi risalenti al XIII secolo (tra cui il Cristo Pantocratore con i profeti e gli evangelisti).

Chiesa di Panayia Podhithou a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

A seguire, si dovrebbero visitare la Chiesa di Panagia Phorviotissa, qualla di Panagia tou Arakou e quella di Panagia a Moutoullas, per poi recarsi nelle chiese dell’Arcangelo Michele, di Timios Stravos, Podhitou, Stravos Agiasmati e Metamorphosis tou Soteros. Seguendo quest’ordine si rimane stupefatti dall’evoluzione artistica e si percepisce chiaramente il rapporto tra l’arte cipriota e quella cristiana occidentale.

Come si visitano le chiese dipinte?

Purtroppo non esiste ancora un tour guidato per scoprire le chiese dipinte, ma attenzione: chi si reca a Cipro durante l’estate può visitare il sito web del Dipartimento delle Antichità cipriote per inviare una domanda e richiedere informazioni. In genere si viene messi in contatto con i custodi delle singole chiese, che provvederanno ad aprirle con le chiavi in loro possesso e permetteranno la visita.

Chiesa di Chiesa di Stavros a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

Il suggerimento, per chi vuole scoprire tutti e dieci gli edifici, è quello di noleggiare un auto per spostarsi agevolmente da un punto all’altro della regione dei Monti Troodos. Le chiese, infatti, non sono vicine tra loro, ma viaggiando in auto ci si può fermare tra paesini e piazzole e raggiungerle facilmente a piedi. Può sembrare faticoso, ma ne vale assolutamente la pena.