Il Grinch lo conosciamo tutti: sarà per il romanzo che ne racconta le vicende, o per i film, ma nell’immaginario collettivo la sua figura è legata al Natale ed è un po’ l’antitesi allo spirito di questo periodo dell’anno.
Ma ci sono Paesi che, nella tradizione del Natale non hanno solo momenti di bellezza e condivisione, o gentili signori che portano doni, ma che hanno personaggi che fanno davvero paura: da gatti giganti, a vecchie streghe, da spiriti maligni fino a demoni: i cattivi delle feste e le leggende.
I personaggi di Natale più spaventosi di tutti
Paese che vai, tradizione che trovi. Inevitabile, dunque, che nel folklore ci siano personaggi spaventosi e terrificanti, che hanno popolato fiabe e leggende (e probabilmente le notti insonni di molti bambini). Comprese quelle legate alle tradizioni delle feste e al Natale. Perché se è vero che in tanti luoghi del mondo questo è un momento di gioia e condivisione, è anche vero che le storie tramandate dal passato non raccontano solo questo, ma anche di mostri e demoni.
Come accade in Islanda, dove il Gatto di Yule (Jólakötturinn), animale di grandi dimensioni e molto feroce, secondo la leggenda si nasconde nella campagna pronto a sbranare le persone che non hanno ricevuto dei vestiti nuovi da indossare prima della notte del 24 dicembre. Ancora oggi, quindi, c’è chi porta avanti la tradizione di scambiarsi capi d’abbigliamento i giorni prima che arrivi il Natale.
Sempre in Islanda ci sino gli Yule Lads, 13 esseri che somigliano a orchi che – dal 12 al 24 dicembre – entrano a uno a uno nei paesi per fare degli scherzi. Ripartono (rigorosamente uno alla volta) tra Natale e l’Epifania.
Germania e Austria (ma non solo): i personaggi più paurosi
Tra Germania, Austria – e altri paesi limitrofi – ci sono altri personaggi paurosi. Terrificante anche Frau Perchta, la cui figura è nota nella Germania meridionale e in Austria. La sua descrizione fisica è sempre diversa, ma ciò che compie resta uguale. Si racconta che giri per le montagne durante il periodo di Natale, per poi entrare nelle case la notte che precede l’Epifiania. A chi è stato buono lascia monete d’argento nelle scarpe, mentre i cattivi fanno una brutta fine.
La storia di Hans Trapp, invece, è nota nella zona dell’Alsazia Lorena. Si dice che si presenti come un anziano uomo coperto di pelli e che chieda ai bimbi di recitargli una poesia. Se ci riescono nessun problema, ma diversamente arrivano i guai: la leggenda racconta che li prende a frustate.
In Austria e Germania (ma anche in alcune aree del Friuli – Venezia Giulia e del Trentino-Alto Adige), poi, ci sono i Krampus protagonisti della notte precedente al giorno di San Nicola. L’aspetto è terrificante, si tratta di demoni che hanno corna e zanne, e si muovono per le strade cercando i bambini cattivi.
Impossibile dimenticare Belsnickel, un uomo che si presenta con una pelliccia (a volte anche con una maschera dotata di una lunga lingua) e dall’aspetto dismesso. Con lui ha un bastone che si dice venga utilizzato per picchiare i bambini cattivi, mentre per quelli buoni ha pronti dolciumi e varie golosità.
La Valle d’Aosta ha inaugurato il periodo più magico dell’anno. Fino a inizio gennaio le festività si tingono dei colori della tradizione e riempiono di allegri e pittoreschi mercatini il territorio, regalando ai visitatori di tutte le età atmosfere fiabesche e l’opportunità di trovare il regalo perfetto, tra prodotti tipici e il meglio della produzione artigianale valdostana. Ecco cosa sapere sui Mercatini di Natale ad Aosta e sugli altri eventi imperdibili della regione più piccola d’Italia.
Mercatini di Natale ad Aosta, cosa sapere
Tutti i giorni, fino al 7 gennaio 2024, le vie e le piazze del centro storico di Aosta si trasformano in un affascinante Mercatino di Natale a cielo aperto, che riempie di luci, colori e atmosfere magiche il territorio della regione più piccola d’Italia. Si chiama “Marché Vert Noël”, e si articola in alcuni luoghi simbolo del capoluogo valdostano.
Le piazze Roncas, Caveri e Giovanni XXIII – quest’ultima conosciuta come piazza della Cattedrale – ospitano per più di un mese un incantevole villaggio alpino, ricco di idee regalo per celebrare al meglio il Natale. È possibile trovare manufatti di artigianato tipico valdostano, prodotti enogastronomici del territorio, oggetti d’antan e ispirazioni nordiche. Il tutto è allestito sui banchi delle tipiche casette in legno della tradizione natalizia.
I Mercatini di Natale offrono anche l’occasione di regalarsi una passeggiata tra i monumenti simbolo della città e punti di interesse, come le torri medievali, Porta Praetoria, il museo archeologico, la Cattedrale, la Collegiata di Sant’Orso e il Teatro Romano.
Gli altri eventi natalizi da non perdere
Risalendo la valle di Gressoney, è possibile immergersi in un’altra importante tradizione. Qui si parla walser, l’antica lingua germanica, e a Gressoney-La-Trinité, il Mercatino di Natale, si chiama – non a caso – “Wiehnacht Märt”. Per tutta la giornata di sabato 2 dicembre, nell’isola pedonale del paese, si potrà visitare la mostra-mercato con le creazioni degli artisti locali e acquistare i prodotti agroalimentari della regione, mentre bambini e bambine potranno incontrare Babbo Natale e i suoi elfi nella sua casa. Sempre a Gressoney, martedì 5 dicembre si celebra San Nicola – “SanKt Kloas” – festa ispirata alla tradizione germanica, un’usanza della minoranza walser ancora molto sentita dai più piccoli.
Il Petit Marché du Bourg a Châtillon si svolgerà quest’anno nel borgo del paese il 2 dicembre, raggruppando circa 100 espositori che propongono oggetti e decorazioni natalizie, candele, artigianato tipico, decoupage e cartonage, fiori secchi, pizzi e ceramiche.
Il vischio, invece, già noto come simbolo di prosperità presso le popolazione celtiche, ha una sua festa, organizzata a Saint-Denis, nella Valle Centrale, per rievocare l’antica tradizione della raccolta di questa pianta beneaugurante che cresce nei boschi circostanti. La Festa del Vischio è programmata, come da tradizione, per l’8 dicembre, dove sono immancabili i banchi di un mercatino tipico e l’accensione di un falò druidico. Il 9 dicembre sarà la volta del Petit Marché de Noël, a Brusson, nella val d’Ayas, piccolo e delizioso mercato di prodotti dell’artigianato.
Dal 7 al 9 dicembre, nel borgo di Hône si svolgerà la Festa della Micòoula, la sagra dedicata al tipico pane nero di segale con castagne, noci, fichi secchi, uva passa, e, talvolta, anche scaglie di cioccolato. Una vera prelibatezza del patrimonio gastronomico valdostano. In origine la micòoula — che già in epoca medievale era preparata a dicembre — era l’antico pane con castagne tipico della vallata di Champorcher. Poi, arricchita negli ingredienti, si è imposta come dolce natalizio, destinato ad allietare anche le successive veglie invernali nel villaggio di Hône. Il mercatino, evento principale della festa, si svolge l’ 8 dicembre, dal mattino, in occasione dell’Immacolata. Durante la giornata, gli abitanti del posto propongono dimostrazioni di impasto e cottura del pane.
Le festività natalizie a Bard
In occasione delle festività, il borgo medievale di Bard, all’ombra dell’imponente Forte, ospita tante iniziative per tutta la famiglia. Il 10 dicembre torna il tradizionale Mercatino di Natale, che si aggiunge all’atmosfera magica dei presepi e agli gnomi natalizi. Prevista, inoltre, la seconda edizione dello spettacolo delle “Lumières de Noël au Fort de Bard – Luci di Natale al Forte di Bard”. Si tratta di uno spettacolo immersivo a 360° di video mapping nella grande Piazza d’Armi della fortezza, dove le facciate saranno lo scenario di un’atmosfera scintillante a tema “La Valle incantata”, in omaggio alle tradizioni e ai paesaggi della Valle d’Aosta.
Mercatini di Natale di Aosta: info utili
Il Marché Vert Noël rimarrà aperto tutti i giorni, fino al 7 gennaio 2024, nei seguenti orari:
dal lunedì al venerdì, dalle 11 alle 20
sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 22
il giorno di Natale e il giorno di Capodanno, dalle 15 alle 20
Come raggiungere Aosta
Torino è collegata direttamente con l’autostrada A5 e dista solo 55 km da Pont-Saint-Martin – porta “Est” della Valle d’Aosta e primo comune che si incontra entrando in Valle d’Aosta – 98 km dal capoluogo regionale Aosta (uscita Aosta Est) e 136 da Courmayeur. Provenendo, invece, da Milano (164 Km), lungo l’autostrada A4 occorre imboccare il raccordo a Santhià, in direzione Aosta. Limitato anche il tempo di percorrenza per chi proviene da Genova (226 km).
Raggiungere la Valle d’Aostain treno è una buona alternativa al traffico stradale e alla nebbia dei mesi invernali, oltre che all’inquinamento. La stazione ferroviaria di Aosta è ubicata vicino al centro storico della città e nell’immediata prossimità della stazione di partenza della telecabina che collega il capoluogo valdostano al comprensorio sciistico di Pila. Aosta è collegata senza cambi con le stazioni di Torino Porta Nuova e Torino Porta Susa, con oltre 20 corse giornaliere, e un tempo di percorrenza inferiore ai 120 minuti. Le principali stazioni ferroviarie valdostane che si incontrano lungo il tracciato (Pont-Saint-Martin, Verrès e Châtillon/Saint-Vincent) sono collegate alle valli laterali da servizi bus con partenze generalmente correlati agli orari dei treni.
Arrivare in treno da Milano è possibile in circa 180 minuti, con un cambio treno alla stazione di Chivasso. Attenzione: per lavori di elettrificazione della ferrovia, il servizio di trasporto lungo il tratto Ivrea-Aosta, dal 3 gennaio 2024 fino al 13 dicembre 2026 sarà effettuato mediante autobus.
Gli aeroporti più vicini sono Milano Malpensa e Torino. Per i camperisti, infine, sono presenti 2 parcheggi: viale Piccolo San Bernardo (parcheggio antistante il cimitero) a pochi minuti dalla città, gratuito, e CamperPark (via Caduti del lavoro) vicinissimo al centro, custodito e a pagamento.
Scarica “Mercatini di Natale in Italia: la guida completa” e vai alla scoperta dei più belli.
Se siete alla ricerca di un’esperienza culinaria unica, che unisca tradizione, autenticità e una vista mozzafiato sul mare, il ristorante Bellavista è il luogo perfetto. Situato nella suggestiva collina di Giulianova, in provincia di Teramo, questo ristorante storico è stato fondato nel 1975 dai coniugi Caralla e oggi è gestito con passione e dedizione dai loro figli Mirella, lo Chef e Roberta e Luigi, i responsabili di sala.
La storia del Bellavista è una storia di tradizione familiare che si tramanda di generazione in generazione. Ogni piatto è preparato con cura e rispetto per la cucina mediterranea e le radici abruzzesi, offrendo ai clienti un’esperienza autentica e genuina. I sapori semplici e le ricette tradizionali si fondono armoniosamente per creare un vero e proprio viaggio culinario nel cuore dell’Abruzzo.
Da assaggiare il celebre piatto pluripremiato!
La specialità del ristorante Bellavista è il celebre Brodetto alla Giuliese, un piatto che ha conquistato i palati di numerosi visitatori e che è stato premiato come il miglior Brodetto dell’Adriatico. Il brodetto, originariamente un piatto “povero” della cucina marinara, nasce infatti dalla generosità degli armatori che donavano ai pescatori i pesci meno pregiati.
Nel tempo, ogni regione e ogni zona ha personalizzato la ricetta base secondo la propria tradizione e rispettando la disponibilità del pescato. Per assaporare la speciale versione della famiglia Carella, basterà recarsi al ristorante Bellavista ogni giovedì.
Il Brodetto alla Giuliese è solo uno dei tanti piatti che il ristorante offre ai suoi ospiti. La vasta selezione di pesce fresco, preparato con maestria e creatività, soddisferà anche i palati più esigenti. Inoltre, il ristorante dispone di una pizzeria, dove lo storico pizzaiolo Biagio, con maestria ed esperienza, seleziona ingredienti di alta qualità per creare una pizza fragrante e facilmente digeribile, seguendo metodi e strumenti tradizionali.
Vivete un’esperienza sensoriale completa in una location incantevole.
E se desiderate godervi appieno l’esperienza magica del Bellavista, potete soggiornare presso il Bellavista Relax, un boutique hotel perfetto per la vostra vacanza da sogno.
Lasciatevi trasportare in un viaggio culinario che unisce tradizione, autenticità e una vista mare che vi lascerà senza fiato. Il ristorante Bellavista vi aspetta per regalarvi momenti indimenticabili.
Le tradizioni popolari sono l’anima pulsante di una cultura, il legame invisibile che unisce il passato al presente e che ci regala un senso di appartenenza e identità. Ogni festa, ogni cerimonia, ogni gesto tramandato di generazione in generazione è un tesoro prezioso che ci lega indissolubilmente alla nostra storia e alla nostra terra.
Ed è proprio di tradizione che vogliamo parlarvi oggi, in particolare della Lotta Svizzera, un’affascinante e antica forma di combattimento che affonda le sue radici nel cuore delle montagne elvetiche. Questo sport, conosciuto localmente come “Schwingen“, rappresenta non solo una manifestazione di forza e abilità, ma anche un simbolo di orgoglio nazionale e unità tra il popolo svizzero.
La passione per questa disciplina è radicata nella cultura alpina, dove la forza fisica, l’abilità e l’ingegno sono considerate virtù essenziali. È uno sport che insegna l’importanza dell’umiltà, del rigore e del rispetto per gli avversari, valori che sono profondamente radicati tra la popolazione elvetica.
Lotta Svizzera, storia e tradizione di un’arte antica
Le origini della lotta svizzera risalgono almeno al XIII secolo, quando le prime testimonianze storiche fanno riferimento a questa pratica nelle regioni alpine della Svizzera. Si ritiene che i contadini abbiano iniziato a praticare questo sport per sfogare le tensioni e risolvere le dispute tra di loro. Col passare del tempo, la lotta si è evoluta in un’arte marziale organizzata, con regole e tecniche ben definite.
Nel corso dei secoli, questa disciplina è diventata una parte integrante della cultura popolare svizzera, celebrata nei festival e nelle competizioni in tutto il Paese. Oggi gli eventi dedicati a quest’antica tradizione attirano migliaia di spettatori e sono considerati un’importante manifestazione culturale e sociale.
Le competizioni di lotta svizzera si svolgono su vari livelli, dai tornei locali ai campionati nazionali. L’evento più prestigioso è la Festa Federale di Lotta Svizzera, che si tiene ogni tre anni e attrae i migliori lottatori nazionali. La competizione è feroce e l’onore di vincere il titolo di “Re della Lotta Svizzera” è considerato il massimo riconoscimento nello sport.
Oltre al prestigio, i vincitori delle competizioni ricevono premi simbolici come corone di querce o rami di albero, che rappresentano forza e resistenza. Questi premi sono orgogliosamente esposti nelle case dei lottatori (o delle lottatrici) a testimonianza della loro dedizione e passione per questo sport.
Lotta Svizzera 2023, le date da non perdere
Quest’anno, nelfine settimana del 24 e 25 giugno 2023, la città di Tramelan ospiterà il Festival Cantonale Bernese di Lotta che sarà teatro di questo speciale evento. Un momento cruciale per tutti gli appassionati, che offre un’opportunità unica per immergersi nella cultura e nelle tradizioni di questo particolare sport.
Nei giorni che precedono il Festival, al quale sono attesi circa 8.000 visitatori, è prevista una settimana di celebrazioni con la partecipazione dei regnanti del Cantone e del Governo. Per maggiori informazioni, vi suggeriamo di visitare il sito ufficiale nel quale troverete tutti i dettagli relativi all’evento.
La lotta svizzera è molto più di una semplice competizione sportiva; è una celebrazione della cultura svizzera e delle sue tradizioni. Infatti, oltre agli emozionanti incontri di lotta, il festival offre una serie di eventi collaterali che mettono in risalto la musica, la danza e la gastronomia locali.
Inoltre, gli spettatori potranno assistere a esibizioni di gruppi folkloristici che suonano melodie tradizionali con strumenti come il corno delle Alpi e l’arpa, o ammirare le esibizioni di gruppi di danza in costume tipico. Non mancano le occasioni per assaggiare le specialità culinarie locali, come la fonduta o gli Älplermagronen (la pasta alpina con patate e formaggio).
Senza dubbio l’evento promette di essere un’esperienza indimenticabile, ricca di emozioni, cultura e divertimento per tutti.
Se desiderate una vacanza rilassante e lontana dal caos delle spiagge affollate, Volimes è la meta perfetta per voi. Incastonato tra le colline dell’isola di Zante, in Grecia, questo pittoresco villaggio vi conquisterà dal primo istante e vi farà innamorare della cultura e delle tradizioni greche.
Immaginate di passeggiare per i vicoli stretti e tortuosi, ammirando le case in pietra e respirando l’aria fresca e profumata del Mediterraneo. Lasciatevi stupire dalle chiese storiche, dai tesori artistici nascosti di questa nazione affascinante con una storia millenaria, paesaggi mozzafiato e un’ospitalità senza pari.
Un viaggio a Volimes è un invito a scoprire un angolo di paradiso greco, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e dove potrete creare ricordi indimenticabili.
La storia e il fascino di Volimes
Volimes è un villaggio tradizionale situato nella parte nord-occidentale dell’isola di Zante. Fondato nel XIV secolo, conserva ancora oggi molte delle sue caratteristiche originali, come le case in pietra con tetti di paglia e i vicoli stretti e tortuosi. Il villaggio è circondato da una natura rigogliosa e offre viste spettacolari sulla costa e sulle montagne circostanti.
Uno degli aspetti più affascinanti di Volimes è la sua storia. Le chiese del villaggio, alcune delle quali risalgono al XVI secolo, sono testimonianze di un passato ricco di arte e cultura. Tra queste, la Chiesa di Agios Andreas e la Chiesa di Agia Paraskevi meritano una visita per ammirare gli affreschi e le icone sacre conservate al loro interno.
Inoltre, Volimes è noto per le sue tradizioni artigianali, in particolare per la produzione di tessuti e ceramiche. Passeggiando per il villaggio, si possono trovare botteghe dove gli artigiani lavorano a mano, offrendo ai visitatori l’opportunità di acquistare souvenir autentici e sostenere l’economia locale.
La posizione di Volimes offre ai suoi visitatori l’opportunità di esplorare alcune delle bellezze naturali più spettacolari dell’isola di Zante. Infatti, a breve distanza dal villaggio si trova la famosa Spiaggia di Navagio, conosciuta anche come la Spiaggia del Naufragio, una delle spiagge più fotografate al mondo. Circondata da imponenti scogliere calcaree e accessibile solo via mare, questa spiaggia appartata ospita i resti di una nave naufragata negli anni ’80, che contribuiscono al suo fascino unico. Per raggiungere la spiaggia è possibile prenotare una gita in barca da Volimes o dai porti vicini.
Situate lungo la costa nord-occidentale dell’isola, ci sono invece le Grotte Azzurre, un’altra attrazione imperdibile. Queste grotte marine, accessibili solo in barca, offrono un’esperienza magica ai visitatori grazie alle loro acque cristalline e alla luce che si riflette sulle pareti calcaree, creando sfumature di blu intenso. Inoltre, sono un ottimo punto di partenza per praticare snorkeling e scoprire la ricca fauna marina della zona.
L’isola di Zante, un tesoro nel cuore del Mediterraneo
Certamente Volimes non è l’unico motivo per cui l’isola di Zante merita di essere visitata. Questa, infatti, è un’isola ricca di storia e cultura, con numerosi siti archeologici, chiese e musei da esplorare.
Il capoluogo dell’isola, Zante Città, è un luogo affascinante dove passeggiare tra le strade lastricate e ammirare gli edifici di epoca veneziana. Tra i siti di interesse storico spiccano il Castello di Bochali, situato su una collina che domina la città, e il Museo Bizantino, che ospita una vasta collezione di icone e reperti risalenti all’epoca bizantina e post-bizantina.
Oltre alle spiagge, tra le più belle e rinomate del mondo, Zante offre una serie di meraviglie naturali che vale la pena scoprire come il Parco Nazionale Marino con i suoi numerosi sentieri tra le colline e le spiagge dell’isola, permettendo di scoprire panorami mozzafiato e una flora e fauna uniche.
Un viaggio a Zante non sarebbe completo senza assaggiare la deliziosa cucina locale e sperimentare l’ospitalità greca. L’isola offre una varietà di taverne tradizionali e ristoranti dove è possibile gustare piatti tipici (come la moussaka, il souvlaki) e i dolci a base di miele e noci. Inoltre, molti ristoranti utilizzano ingredienti freschi e locali, garantendo un’esperienza culinaria autentica e prelibata.
In conclusione, un viaggio nel cuore dell’isola di Zante offre ai visitatori un’esperienza unica e affascinante, lontana dalle rotte turistiche più battute. La combinazione di storia, tradizioni, meraviglie naturali e ospitalità rende questo territorio un tesoro nascosto tutto da scoprire.
Preparate al più presto i bagagli e prenotate il vostro prossimo viaggio per vivere un’avventura indimenticabile che rimarrà impressa nei vostri ricordi per sempre.
Viaggiare significa anche e soprattutto scoprire le tradizioni gastronomiche. Non c’è niente di meglio di un dolce per identificare un paese: l’Austria è famosa per la sua Sacher Torte, mentre la Francia fa subito venire in mente i macaron e quando ci si reca negli Stati Uniti non si vede l’ora di gustare i pancake allo sciroppo d’acero. L’Argentina è invece apprezzata dai più golosi per i suoi alfajores, soffici dolcetti farciti col dulce de leche che sono tra i protagonisti della Semana de la Dulzura. Di cosa si tratta? È un’intera settimana della dolcezza che si svolge nella nazione sudamericana nella prima settimana di luglio: in particolare, quest’anno si svolgerà dal 1° al 7 luglio prossimi. Una tradizione recente, che in pochi anni ha conquistato tutta la popolazione argentina proprio per la sua dolcezza.
L’origine della Semana de la Dulzura
Uno degli appuntamenti più attesi dagli appassionati di dolciumi è stato celebrato per la prima volta nel 1989 per far fronte alla crisi economica. In quegli anni l’inflazione era alle stelle e molte fabbriche rischiavano di chiudere. Allora per sostenere l’industria dolciaria l’Associazione Distributori di Caramelle, Biscotti e Affini, presieduta in quel periodo dallo stesso fondatore Arcor Fulvio Pagani decise di incentivare le vendite di caramelle e cioccolatini promuovendo la Semana de la Dulzura. L’iniziativa ebbe un ampio seguito, tanto che le vendite aumentarono del 20%. Tra i dolci più venduti ci furono il “pico dulce”, una sorte di lecca lecca, i “Bon o bon” dei cioccolatini con ripieno alla crema di arachidi, i cioccolatini “Milka”, le merendine “Cabsha” e tutti i tipi di alfajores.
Da quel momento si è deciso di continuare a celebrare l’evento anche se la situazione economica era migliorata. Con il passare del tempo, la Settimana della dolcezza, ha assunto un valore non solo economico e commerciale ma è diventato un vero proprio rito per dimostrare il proprio affetto alle persone care.
Una tradizione che non passa mai di moda
Come ogni tradizione che si rispetti lo scambio dei dolciumi deve essere accompagnato da una frase tipica. Se ad Halloween impazza “dolcetto o scherzetto”, durante la Semana de la Dulzura la frase più ripetuta è “una golosina por un beso”, che tradotta letteralmente vuol dire “una caramella per un bacio”. In cambio del cioccolatino o della caramella si dà appunto un bacio, un modo per saldare ancora di più il legame con amici, parenti o con il proprio partner.
A 33 anni di distanza, la settimana della dolcezza non passa ancora di moda, anzi si è radicata talmente tanto che si è deciso negli ultimi anni di prolungarla per l’intero mese di luglio. Il periodo che in Argentina coincide con l’inverno e le temperature più basse è l’ideale per consumare dolci. I prodotti più acquistati e donati sono appunto gli alfajores, una vera e propria passione per gli argentini perché sono disponibili in differenti gusti, sono facili da mangiare anche mentre si passeggia e poi sono davvero buoni!
L’amore per questo dolce ha spinto la popolazione a celebrarlo e a dedicargli persino un’intera settimana di festeggiamenti durante il mese di maggio. Non c’è dubbio, l’Argentina è il luogo ideale da visitare non solo per le bellezze del suo territorio, ma anche per le golosità a cui è difficile rinunciare.
Quando si pensa al Carnevale vengono subito in mente maschere, travestimenti, ma soprattutto i dolci. L’Italia con la sua tradizione gastronomica offre un’ampia scelta di prelibatezze che variano a seconda della regione. Da nord a sud, i dolci tipici di questo periodo dell’anno sono caratterizzati da ingredienti semplici. Assaggiarli tutti è praticamente impossibile, ma questo non vuol dire che non possiamo scoprire le tradizioni del posto e le prelibatezze più amate.
Il dolce carnevale al Nord
Iniziamo il tour culinario dei dolci di Carnevale dal nord! In Trentino Alto Adige a farla da padroni sono i krapfen ripieni di marmellata, gli strauben (frittelle a forma di spirale) e le frittelle di mele. Rimanendo in montagna, in Valle d’Aosta ci sono i panzerottini, mezzelune, con un impasto a base di patate, ripieni di marmellata. In Piemonte non è Carnevale se non si mangiano i friciò (frittelle) e le mantovane di Cossato, fagottini di pasta sfoglia ripieni di mandorle, uvetta e marmellata. La tradizione lombarda, invece, ha in serbo per i più golosi i tortelli, frittelle friabili cosparse di zucchero con l’aggiunta di cannella. In Friuli Venezia Giulia, oltre ai dolci tradizionali ci sono i rufioi, le classiche chiacchiere arricchite da frutta secca.
Il Veneto, la regione del Carnevale per eccellenza, è pronto a deliziare il palato con le fritole, frittelle morbide con uva sultanina, e con i galani, una sorta di ravioli ripieni di mostarda di frutta.
I tortelli sono il simbolo dell’Emilia Romagna e a Carnevale diventano dolci perché ripieni di mostarda e crema a cui si affiancano anche le tagliatelle ovviamente fritte.
Una prelibatezza dopo l’altra nel resto d’Italia
Non c’è solo il nord a offrire ricette golose, in Umbria, Abruzzo e Marche a Carnevale si mangia la cicerchiata (simile agli struffoli napoletani). Nelle Marche possiamo gustare anche croccanti frittelle dette scroccassi e gli arancini di Carnevale, delle girelle aromatizzate all’arancia.
Terra di piatti prelibati, la Toscana non delude neanche per quel che riguarda i dolci di Carnevale. Oltre a quelli classici c’è la schiacciata alla fiorentina, una torta soffice e delicata, e il berlingozzo, una morbida e gustosa ciambella. Nel Lazio le castagnole ripiene di ricotta e crema, “regnano” insieme alle frappe (conosciute anche come chiacchiere, bugie e cenci).
In Molise, i più golosi possono mangiare i caragnoli, frittelle a forma di roselline ricoperte di miele, simili alle cartellate pugliesi. Qui a Carnevale troviamo anche le dita di apostoli, cannoli morbidi ripieni di ricotta aromatizzata. La tradizione culinaria campana dà il meglio di sé anche durante il Carnevale con il migliaccio, una torta a base di semolino e ricotta, le zeppole di San Giuseppe e il sanguinaccio, una crema vellutata a base di sangue di maiale e cacao amaro. Il Carnevale in Calabria fa rima con nacatuli, delle frittelle aromatizzate all’anice dalla forma che ricorda una culla.
Nel tour alla scoperta dei dolci di Carnevale non può mancare un salto nelle isole. In Sardegna in tavola non mancano mai i brugnolus, frittelle di patate, e le orillettas, strisce di pasta intrecciate. Infine la Sicilia è sempre pronta a deliziare il palato con ravioli fritti, pignolata, crespelle di riso e testa di Tùrcu: quest’ultimo dolce è formato da più strati di sfoglie fritte ricoperte con una crema al latte aromatizzata alla cannella e al limone.
Le ricette dei dolci di carnevale sono tante, la cosa certa è che i più golosi non avranno che l’imbarazzo della scelta!
Eventi, manifestazioni, ricorrenze e buone notizie: c’è sempre un buon motivo per festeggiare, non credete? Lo sanno bene tutte quelle persone che non perdono occasione per farlo e che si mettono in viaggio proprio per scoprire le celebrazioni del mondo che raccontano di tradizioni e usanze lontanissime dalle nostre.
Capodanno e feste stagionali sono forse le ricorrenze più celebri, le stesse che ci invitano a metterci in viaggio e immergersi in atmosfere suggestive e sensazionali. Ma non sono le uniche perché nel mondo ci sono tantissime feste e una di queste è dedicata alle bambole.
Il suo nome è Hinamatsuri, che tradotto letteralmente vuol dire Festa delle bambole. Si celebra in Giappone, il 3 marzo di ogni anno, ed è dedicata alle ragazze di ogni età. ma chiunque può prendervi parte. Ecco come si festeggia.
Hinamatsuri: la Festa delle Bambole in Giappone
Organizzare un viaggio in Giappone è sempre un’ottima idea, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni. E lo è non solo per le incredibili meraviglie che appartengono al Paese del Sol levante, ma anche per tutte quelle meravigliose tradizioni, antiche e moderne, che appartengono alla cultura del territorio.
Le feste rientrano tra queste, e ce ne sono così tante che è davvero difficile scegliere la più bella. Quello che è certo è che i giapponesi fanno sul serio, e riescono a trasformare ogni ricorrenza in un tripudio di colori, emozioni e visioni suggestive e affascinanti.
Così succede anche per la Hinamatsuri, la Festa delle Bambole, che in realtà è collegata alle figure femminili delle famiglie in Giappone. In questa occasione, infatti, attraverso eventi, festeggiamenti e tradizioni, le persone celebrano le ragazze, con l’augurio che crescano felici e in salute.
La celebrazione in questione è conosciuta anche con il nome Momo no sekku che letteralmente tradotto vuol dire Festival dei fiori di pesco. Il motivo è facilmente intuibile: in questo periodo le città e i territori del Paese sono completamente invasi dalle fioriture del pesco che simboleggiano la primavera e la rinascita, ma anche l’amore eterno.
Come celebrare la Festa delle Bambole
Il modo migliore per celebrare la Festa delle Bambole è quello di organizzare un viaggio in Giappone e unirsi ai festeggiamenti dei cittadini. Con l’occasione, inoltre, potrete perdervi e immergervi in un’atmosfera gioiosa e profumata data dalle prime fioriture primaverili.
L’iHinamatsuri viene celebrata il terzo giorno del terzo mese dell’anno, e quindi ogni 3 marzo. Durante questa giornata, dentro le case dei cittadini e fuori di queste vengono esposte le hina ningyo, bambole ornamentali giapponesi che vengono tramandate da generazioni e che raffigurano, solitamente, imperatori, imperatrici e altre figure che appartengono alla corte imperiale.
Anche i locali si abbigliano a festa, come fa il Keio Plaza Hotel di Tokyo e non solo, arricchendo le atmosfere con meravigliosi display ornamentali e offrendo menu speciali. In alcune città, inoltre, vengono organizzate delle parate per rievocare vecchie e antiche tradizioni.
Durante il giorno viene poi servito l’amazake, che è una versione analcolica del saké, insieme all’hishimochi, un dolce caratteristico che si prepara con tre strati di riso: verde, bianco e rosa, che simboleggiano, rispettivamente, la terra, la neve e i fiori di pesco.
Le origini di questi festeggiamenti sono tanto antichi quanto affascinanti. La prima celebrazione, infatti, risale al VII secolo ed è legata alla credenza popolare secondo la quale le bambole avevano il potere di contenere gli spiriti malvagi e trattenere le energie negative. Le bambole, infatti, venivano lasciate sul corso del fiume, affinché le correnti portassero via la negatività. Se poi venivano trovate da qualcuno, o catturate dai pescatori, venivano raccolte e bruciate.
Quando il calendario segna la fine del mese di gennaio ci ricorda che è in arrivo quello che è il giorno più importante per gli innamorati e per tutte le coppie del mondo. Non che queste abbiano davvero bisogno di una giornata specifica per celebrare l’amore in ogni sua forma, intendiamoci. Eppure i più romantici non possono sicuramente ignorare l’arrivo di San Valentino, quello dove le romanticherie soppiantano la quotidianità e si rinnovano tutte le promesse d’amore.
La festa degli innamorati, così, diventa l’occasione perfetta per celebrare i sentimenti, per vivere e condividere esperienze di coppia uniche. La nostra tradizione prevede lo scambio dei regali, tanto cioccolato e una romantica cena per due. Ma c’è anche chi, alla continua ricerca di avventure, approfitta questo momento per organizzare un viaggio di coppia per esplorare il mondo e le sue meraviglie.
Insomma, le cose da fare sono tante, e abbiamo deciso di suggerirvele prendendo in prestito le più belle tradizioni del mondo per celebrare il San Valentino in maniera inedita e sorprendente.
San Valentino: le tradizioni dal mondo
Ad aiutarci in questa missione ci ha pensato Babbel, piattaforma online per l’apprendimento delle lingue che, proprio in occasione di questo San Valentino, ha stilato una lista delle più curiose tradizioni del mondo legate proprio alla festa degli innamorati.
Cominciamo dall’Italia. Il nostro Paese, infatti, ha una tradizione ben radicata di questa ricorrenza che risale agli antichi romani. Proprio il 14 febbraio, infatti, donne e uomini si riunivano in una grande festa in onore degli dei, formando delle coppie che poi sarebbero rimaste insieme per i 12 mesi successivi. Nel 496, però, Papa Gelasio pose fine a questi riti pagani per dedicare la giornata al martire Valentino.
Dal Regno Unito, invece, arriva una suggestiva tradizione che affonda le sue origini nel XVIII secolo. Proprio alla vigilia del 14 febbraio, le donne erano solite spruzzare l’acqua di rose su cinque foglie di alloro posizionate sopra il cuscino. Prima di andare a dormire chiedevano a San Valentino di mostrargli in sogno i loro futuri mariti.
In Danimarca, dove la festa degli innamorati si è radicata solo nello scorso secolo, fiori e cioccolatini sono sostituiti dalle valentinsbrev. Si tratta di lettere d’amore all’interno delle quali, gli autori, dichiarano i loro sentimenti.
Paese che vai San Valentino che trovi
Come abbiamo anticipato, c’è sempre un buon motivo per celebrare l’amore, e lo sanno bene tutti quei Paesi che hanno istituito delle feste da dedicare proprio ai sentimenti. Ancora una volta, è Babbel a svelarci quali sono gli appuntamenti imperdibili nel mondo per tutte le coppie.
In Brasile, per esempio, il 12 giugno si festeggiala Giornata degli Innamorati, il Dia dos Namorados. Anche in Argentina c’è un duplice festeggiamento per le copie, quello del 14 febbraio e quello della Semana de la Dulzura (Settimana della dolcezza). In questo periodo, che cade la prima settimana di luglio, tutte le persone del Paese sono invitate a donare baci in cambio di dolci, cioccolatini e regali.
Anche in Cina si celebra l’amore. Il settimo giorno del settimo mese del calendario cinese, infatti, coincide proprio con il Festival dell’Amore, una ricorrenza secolare che affonda le sue origini in un’antica leggenda che vede come protagonisti due amanti costretti a incontrarsi solo una volta l’anno.
Spesso ci mettiamo in viaggio per andare alla scoperta delle usanze, delle tradizioni e delle culture degli altri popoli che sono lontanissimi da noi. Dimenticandoci, però, che lo stesso Paese in cui viviamo, è un concentrato di storie e folclore che si differenziano in maniera straordinaria di regione in regione. E non scoprirle tutte è davvero un peccato.
Così abbiamo scelto di restare in Italia oggi, per farvi scoprire uno degli eventi più affascinanti e suggestivi che appartengono al nostro Paese, e più nello specifico alla regione Molise. Una manifestazione, questa, che è già stata premiata con il titolo di Patrimonio d’Italia per la tradizione.
Il suo nome è ‘Ndocciata, ed è un evento tradizionale che si svolge ogni anno nel mese di dicembre ad Agnone, un comune di circa 4000 abitanti della provincia di Isernia. È qui che, attraverso una sfilata di enormi fiaccole accese, il fuoco diventa assoluto protagonista del paese, mettendo in scena uno dei più antichi e affascinanti rituali del nostro territorio.
‘Ndocciata di Agnone: origini e tradizioni
Le radici di questo evento tradizionale, che ogni anno attira centinaia e migliaia di turisti e vede la partecipazione attiva di tutti i cittadini, sono tanto antiche quanto affascinanti. Le origini, a quanto pare, risalgono all’epoca romana e sono collegate ai Sanniti, che utilizzavano queste grandi torce come fonte di luce durante i loro spostamenti. La stessa tradizione è stata perpetuata anche nei secoli successivi dai contadini, che hanno iniziato a utilizzare le ‘ndocce per raggiungere le chiese del territorio durante la notte di Natale.
Alla storia si aggiungono anche credenze e superstizioni che nei secoli hanno resto questa tradizione ancora più suggestiva. Alcuni, infatti, ritengono che le fiaccole veniva accese nel Medioevo per proteggere il paese dalle streghe, altri invece collegano questo rito legato al fuoco con la rinascita e la luce.
Indipendentemente da ciò in cui sceglie di credere, questa manifestazione ha attirato l’interesse di persone da tutto il mondo. L’evento, che è riconosciuto come Patrimonio d’Italia per la tradizione dal Ministero del Turismo, mira a diventare Patrimonio Immateriale dell’Unesco.
La manifestazione italiana legata al fuoco
La N’docciata di Agnone si svolge a dicembre, la sera del secondo sabato del mese e il 24, il giorno della Vigilia ed è il rito del fuoco più grande del mondo. La preparazione dell’evento comincia già nel mese di marzo, è questo il momento in cui vengono scelti gli abeti bianchi che poi verrano utilizzati per il rito tradizionale.
A dicembre, invece, tutti si riuniscono tra le strade di Agnone, perpetuando lo stesso rito dal 1956. Sono i bambini ad aprire la manifestazione, sfilando con piccole fiaccole che poi lasciano spazio a quelle più grandi: le ‘ndocce che si innalzato fino a tre metri. Il corteo porta in scena più di 1000 fiaccole, sorrette da altrettanti ‘ndocciatori. Il rituale legato al fuoco si conclude, poi, con il falò della Fratellanza: quello che resta delle ‘ndocce viene fatto bruciare come simbolo di nuovo auspicio per l’anno che verrà.
Il fascino dell’evento, e la suggestione che questo emana, non si possono raccontare, ma solo vivere. Quello che è certo è che si tratta di una manifestazione così emozionante e straordinaria che persino Papa Giovanni Paolo II volle replicarla a Roma nel 1996 a Piazza San Pietro.