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Bocca d’Ombrone, l’acqua dolce incontra il mare nel Parco della Maremma

Sia maledetta la Maremma e chi l’ama, dice una canzone popolare toscana dei primi dell’Ottocento.

Racconta dell’epopea contadina del lavoro stagionale nella grande pianura maremmana nel momento della bonifica delle sue paludi, voluta dal Granduca di Toscana Leopoldo. Una manodopera in bilico tra fortuna e malaria in un territorio allora svantaggiato.

Oggi di quelle paludi rimane poco più di un ricordo, tenuto in vita all’interno di un’area naturale protetta di rara bellezza, dalle peculiarità unica.

Nel 1975 la Regione Toscana decide di dare vita al Parco della Maremma, il secondo parco regionale istituito in Italia. Lungo 25 chilometri di costa e con una superficie vicina ai 9mila ettari di area protetta, l’ente comprende il grande territorio pianeggiante che si estende da Principina a Mare fino a Talamone, due località balneari molto frequentate nella stagione estiva.

Parco della Maremma

Fonte: iStock

I Monti dell’Uccellina e il territorio del Parco della Maremma

Il territorio del Parco, peraltro recentemente premiato a livello europeo, è diviso sostanzialmente in tre aree. C’è quella più interna, ai piedi dei Monti dell’Uccellina, dove negli ampi prati pascolano le mandrie di bovini. C’è l’affascinante zona selvaggia nella zona meridionale del parco, con i rilievi collinari coperti di boschi di pini, eucalipti e macchia mediterranea, da cui spuntano antiche torri di avvistamento. Infine, nella zona settentrionale, rimangono le ultime tracce di terreno paludosi, presso Bocca d’Ombrone, la foce dell’omonimo fiume.

L’Ombrone è il secondo corso d’acqua più lungo della Toscana. Copre con i suoi 161 chilometri un territorio che va dalle sorgenti poco fuori il borgo medioevale di San Gusmè, non lontano da Siena, fino alla foce nel Mar Tirreno.

Si tratta di un luogo più unico che raro: una zona dove l’azzurro del cielo si fonde con quello delle acque, quelle dolci del fiume che si mischiano con quelle salate del mare; un territorio in perenne contesa tra terra e acqua, che appartiene a entrambi gli elementi e per questa sua condizione di mezzo affascina e attrae. Un luogo selvaggio, pieno di vita, che ospita una grande biodiversità, tra cui colonie di diverse specie di uccelli che non è facile vedere altrove.

Bocca d'Ombrone Parco della Maremma

Fonte: Lorenzo Calamai

Vacche maremmane al pascolo nel Parco

Come arrivare a Bocca d’Ombrone

Bocca d’Ombrone si trova all’interno del Parco della Maremma e si raggiunge attraverso una facile escursione pianeggiante, seguendo uno dei tanti sentieri tracciati all’interno della riserva.

L’accesso al Parco avviene da Alberese, cittadina sede del Centro visite del Parco. Qui potete fare il biglietto per i tanti itinerari compresi nel grande parco naturale, incluso quella per Bocca d’Ombrone, al costo di 5 euro a persona.

Bocca d'Ombrone

Fonte: Lorenzo Calamai

Bocca d’Ombrone: dove il fiume si getta nel mare

Da Alberese, quindi, ci si sposta (in auto o attraverso il trasporto pubblico locale) a Marina di Alberese, direttamente sul litorale tirrenico, entrando nel territorio del Parco. Già attraversando questi pochi chilometri, la lunga lingua d’asfalto che corre in rettilineo verso l’accesso all’area protetta, si ha un’idea del luogo unico in cui ci si trova, la grande pianura un tempo carica di acquitrini che si estende fino a lasciare spazio ai monti a ridosso della costa, facendo emergere l’atmosfera selvaggia e aspra di questo territorio.

A Marina di Alberese si trova una ampissima spiaggia dorata che si estende lunghissima verso sud. Un luogo difficilmente affollato, specie nel periodo primaverile, del quale godere al termine dell’escursione verso Bocca d’Ombrone.

In direzione opposta rispetto alla spiaggia, infatti, prende le mosse il sentiero A7 che porta alla foce del fiume.

Bocca d'Ombrone Spiaggia di Alberese Parco della Maremma

Fonte: Lorenzo Calamai

La spiaggia di Marina di Alberese

Il percorso ad anello, tutto pianeggiante e lungo poco più di cinque chilometri in totale, è alla portata di tutti ed è stato realizzato per essere percorso anche da persone con disabilità. La primavera e l’autunno sono i periodi migliori per affrontarlo per due motivi: l’escursione è quasi totalmente esposta al sole, quindi meno adatta ai periodi più caldi dell’anno; le due stagioni intermedie sono quelle dove la zona paludosa alla foce del fiume ospita la maggiore diversità di specie di uccelli.

In autunno ci sono le specie che migrano verso meridione dall’Europa settentrionale, come oche selvatiche e diversi tipi di anatra. In primavera è invece il momento in cui tante specie provenienti dall’Africa nidificano e danno vita ai propri piccoli, e in cui non è difficile incontrare gli uccelli di taglia più grande come aironi, garzette, fenicotteri, cavalieri d’Italia.

Bocca d’Ombrone: l’eterna contesa tra terra e mare

All’avvio il sentiero per Bocca d’Ombrone passa per una prima, breve parte nella grande pineta, prima di tornare allo scoperto percorrendo un lungo camminamento rettilineo a fianco del mare. La salicornia, rossa e verde, cresce selvaggia e incontrastata nella lunga pianura, mentre alle vostre spalle svetta il promontorio dell’Uccellina, un colle alto circa 300 metri, coperto di macchia mediterranea, che domina l’ampio golfo ed è punteggiato da antiche strutture difensive.

Bocca d'Ombrone Parco della Maremma

Fonte: Lorenzo Calamai

Il percorso verso Bocca d’Ombrone

I colori della natura selvaggia intorno all’escursionista sono sorprendenti, intensi, vividi. Non è difficile incrociare lo sguardo con una delle maestose vacche maremmane, con le tipiche lunghe corna.

Al termine del percorso rettilineo si arriva nei pressi della foce del fiume, dove l’azzurro dell’acqua dolce e il blu dell’acqua di mare si fondono in un perenne abbraccio. L’Ombrone porta verso il mare i suoi sedimenti, che poi vengono depositati dalle onde sulle coste. È così che si è formata nel corso dei secoli la pianura che circonda la foce, grazie a un eterno dialogo tra terra e mare che ha visto prevalere a volte l’una e volte l’altro, in un precario equilibrio che si percepisce distintamente attraversando questa terra.

Si incontra quindi ai margini del percorso un Casello idraulico volto a guardia di un canale. Da qui, risalendo lungo il corso dell’Ombrone per un centinaio di metri, si incontra una piccola costruzione in legno dedicata al birdwatching, una delle attività più attraenti dell’escursione.

Bocca d'Ombrone

Fonte: iStock

Piovanello tridattilo a Bocca d’Ombrone

L’area salmastra alla foce del fiume crea infatti un ecosistema molto particolare, dove gli uccelli migratori trovano un habitat ideale. Fra le specie che è possibile osservare (è utile un binocolo e una macchina fotografica dotata di un buon obiettivo) ci sono il fratino, il chiurlo, il cavaliere d’Italia, la ghiandaia marina dal bellissimo manto celeste e anche il fenicottero.

Il percorso di ritorno da Bocca d’Ombrone completa l’anello oltrepassando nuovamente il Casello da cui si è arrivati. Si imbocca il comodo sentiero del ritorno che passa accanto all’Idrovora di San Paolo, vecchia testimonianza delle opere di bonifica e si ritorna a Marina di Alberese, dove l’ampia spiaggia e una grande area attrezzata con tavoli da pic-nic attendono il viandante per il meritato riposo.

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Toscana: trekking a Capo d’Arno e al Lago degli Idoli

La primavera è una delle stagioni predilette per chi vuole iniziare a riprendere il contatto con la natura al virare verso la bella stagione.

Con la dovuta cura e attenzione per le previsioni meteorologiche, le condizioni dei sentieri e l’equipaggiamento necessario, i mesi di aprile e maggio sono i migliori per frequentare le montagne del Centro Italia e l’Appennino.

I monti appenninici fra Toscana e Emilia-Romagna sono affascinanti e sottovalutati: grandi panorami, boschi secolari, sentieri per ogni gamba, per ogni grado di abilità e livello di allenamento.

In Toscana un’escursione ideale per aprire la stagione è quella che porta alla sorgente del fiume Arno, quello che bagna Firenze e Pisa e che è il più lungo e importante della regione. Capo d’Arno è il nome del luogo dove il corso d’acqua nasce, zampillando tra le rocce al riparo delle fronde di un fitto bosco di faggi sulle pendici del monte Falterona, all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.

Si tratta di un percorso di trekking breve e alla portata di tutti, lungo poco più di cinque chilometri calcolando sia andata che ritorno per lo stesso tracciato, con una durata complessiva stimabile fra le tre ore e le tre ore e mezzo di cammino. Il dislivello altimetrico, in più, è presente ma non particolarmente significativo, il che la rende un escursione ideale per mettersi alla prova prima di affrontare qualche sentiero un po’ più tosto.

Oltre a scoprire il luogo immerso nella natura dal quale ha origine l’Arno, l’escursione permette di visitare anche un luogo pieno di fascino e storia come il Lago degli Idoli, un ameno stagno nelle cui profondità sono stati fatti eccezionali ritrovamenti.

Da dove parte l’escursione a Capo d’Arno

Escursione a Capo d'Arno e Lago degli Idoli

Fonte: Lorenzo Calamai

L’Arno muove i suoi primi passi dalle pendici del Monte Falterona

Per raggiungere l’avvio del sentiero che porta alla sorgente del fiume Arno, si deve raggiungere il paese di Castagno d’Andrea, amena frazione del comune di San Godenzo (FI), al confine tra Toscana e Romagna.

Composto di circa duecento abitanti, si trova a oltre 700 metri di altitudine in mezzo ai boschi di castagno che popolano i fianchi del monte Falterona. Castagno d’Andrea è una delle porte di accesso al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e vi ha sede il Centro visite.

Le sue grandi marronete, da tempo fonte di sostentamento autunnale e invernale fondamentali per gli abitanti del luogo, hanno determinato il nome del paese, noto come Castagno. Solo nel tempo si è composto l’appellativo di Castagno d’Andrea, ribaltando quello della più nota personalità che ha avuto i natali in questo angolo di Appennino, il pittore cinquecentesco Andrea del Castagno, uno dei protagonisti dell’arte rinascimentale tra Firenze e Venezia.

Castagno d’Andrea si trova a circa sette chilometri da San Godenzo, l’ultimo comune toscano prima del confine regionale, non lontano dal Mugello e dalla Valdisieve. Una volta giunti in auto a Castagno, seguendo una tortuosa strada in salita, si percorrono altri cinque chilometri circa per raggiungere la Fonte del Borbotto, intorno ai 1200 metri di altitudine. Qui, oltre alla salubre sorgente che dà il nome alla località, si trova anche un ampio bivacco, qualche area attrezzata con tavoli da pic-nic e si diramano diversi sentieri.

Quello da percorrere è il sentiero CAI numero 17, ben segnalato dai continui segnavia bianchi e rossi marchiati su alberi e rocce e dalla non rara cartellonistica in legno.

Capo d’Arno

Escursione a Capo d'Arno e Lago degli Idoli

Fonte: Lorenzo Calamai

La faggeta in primavera attorno al sentiero per Capo d’Arno

Il sentiero si snoda in un elegante bosco di faggi, che si ergono altissimi, in competizione per la luce solare. Si dice che da questi boschi sia stato portato a Firenze, tramite zattere lungo il corso dell’Arno, il legname che è servito per costruire la Cattedrale di Santa Maria del Fiore.

In primavera la faggeta dà il meglio di sé: le foglie morte dell’inverno giacciono a terra in un tappeto bruno, mentre sui rami degli alberi sono comparse le nuove fronde dal colore verde chiaro, brillante. Il silenzio attornia il viandante mentre si sale per poco più di un chilometro, fino a raggiungere il cosiddetto Varco delle Crocicchie, ovvero il crinale tra le vette del monte Acuto e del monte Falterona.

Il percorso scende poi in maniera graduale e leggera fino ad arrivare a Capo d’Arno, la sorgente da cui nasce il fiume più lungo della Toscana. Qui il Club Alpino Italiano ha affisso una lapide su cui sono incisi i versi della Commedia di Dante, che nel Purgatorio scrive: “Per mezza Toscana si spazia/un fiumicel che nasce in Falterona,/e cento miglia di corso nol sazia.”

Capo d'Arno

Fonte: Lorenzo Calamai

L’acqua dell’Arno zampilla tra le rocce sotto il cartello che annuncia il luogo

Il sentiero 17 si arresta qui. Si prosegue ancora per qualche minuto in pianura seguendo i segni del sentiero numero 3, che porta sulla cima del monte Falterona passando per il Lago degli Idoli.

Il Lago degli Idoli

Quando la faggeta si apre in una ampia radura, con un prato verde al cui centro sorge uno stagno rotondo siete arrivati al Lago degli Idoli.

Oltre a essere il luogo ideale per un pic-nic che possa ristorarvi dalla camminata, grazie ai tavolini attrezzati e al bivacco presente, si tratta anche di un posto dalla storia estremamente affascinante.

Fino alla metà dell’Ottocento lo stagno era noto come Lago di Ciliegiata. Questa zona immersa nei boschi era allora ancora terreno di pascolo e allevamento, almeno fino a quando una giovane mandriana non trovò nei pressi del laghetto una antichissima statua votiva in bronzo. Raffigurava Ercole, e fu datata al 450 a.C.

Lago degli Idoli Capo d'Arno

Fonte: Lorenzo Calamai

Il Lago degli Idoli

Fu l’inizio di una scoperta archeologica sensazionale: sul fondo del lago vennero ritrovate migliaia di statuette, centinaia di frammenti di bronzo utilizzati per la preghiera e centinaia di punte di freccia. La stragrande maggioranza dei manufatti era di origine etrusca, popolo noto per la lavorazione dei metalli che aveva dunque, molto probabilmente, eletto a luogo sacro quello che da allora è divenuto noto come Lago degli Idoli.

La maggior parte dei reperti trovati sono oggi conservati al Museo Archeologico del Casentino Piero Albertoni di Bibbiena, di cui costituiscono una delle principali attrazioni.

La storia antichissima del Lago degli Idoli conferisce a questo luogo un’aura di mistero e di fascino, accentuata dal silenzio e dal vento che spira tra le foglie dei faggi.

Il ritorno alla Fonte del Borbotto può avvenire ripercorrendo la strada dell’andata o completando un anello, più lungo e duro, che passa dalla vetta del monte Falterona (1654 metri) e scende attraverso il sentiero numero 16.

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L’altra Montecatini: in Val di Cecina tra miniere, torri e verdi colline

Quando si parla di Montecatini tutti pensano alla nota cittadina termale nei pressi di Pistoia, ma in pochi sanno che in Toscana se ne trova un’altra.

È Montecatini Val di Cecina, un piccolo borgo della provincia di Pisa che svetta sulla cima di una collina a 400 metri sul livello del mare.

Un tempo territorio noto per le sue preziose miniere di rame, Montecatini e le sue numerose frazioni sono oggi piccoli gioielli di architettura medioevale, immersi in un territorio verde, rurale e boscoso come quello dell’Alta Val di Cecina, la parte collinare del territorio attraversato dall’omonimo fiume, non lontano da Volterra.

Montecatini Val di Cecina

Fonte: Getty Images

Le volte a crociera dei portici nel centro storico di Montecatini Val di Cecina

Cosa vedere a Montecatini Val di Cecina

Morbide colline, ampi pascoli e grandi campi coltivati, il verde scuro dei fitti boschi. In mezzo, seduto sulla cime di un colle, appare il borgo di Montecatini Val di Cecina, che si annuncia allo sguardo con la sagoma di un possente torrione quadrangolare che emerge fra i tetti rossi del paese.

Montecatini Val di Cecina

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Il campanile della Chiesa di San Biagio, nel centro di Montecatini Val di Cecina

Sulla cima di questa morbida collina albergava attorno all’anno Mille una piccola pieve, dipendente dal Vescovo di Volterra, i cui documenti rappresentano la prima testimonianza di esistenza del paese. Le cose si fanno serie quando i Belforti, una famiglia nobile di Volterra, costruirono nel XIV secolo un castello, che nei documenti dell’epoca viene riconosciuto dall’appellativo Castrum Montis Leonis, Castello di Monteleone. Nasce così, come roccaforte difensiva, la storia che porta Montecatini ad avere l’aspetto che ha oggi, ancora immersa nell’atmosfera medievale fatta di mura, torri e merli.

Il paese è attraversato dalla strada provinciale che la collega alle più grosse arterie di viabilità locale, con la bella Piazza della Repubblica e la sua fontana a fare da salotto contemporaneo. Attorno si dipana la parte moderna dell’abitato, mentre il centro storico medioevale rimane un po’ in disparte, come una sorta di cittadella.

Il simbolo del borgo è ancora oggi la Torre Belforti, che si erge in tutta la sua imponenza a dominare il territorio circostante. La torre era l’elemento più rilevante della cinta muraria della cittadina, di cui rimangono ancora alcune testimonianze in alcune torrette minori inglobate nell’abitato contemporaneo.

La Torre Belforti è alta trenta metri ed ha mura di eccezionale spessore, cosa che la rese un utile rifugio antiaereo per la popolazione durante la Seconda Guerra Mondiale. Restaurata negli anni Sessanta, oggi è una struttura ricettiva privata che consente di vivere l’esperienza di risiedere in una struttura unica. Nei pressi della Torre, però, rimane aperto a tutti uno splendido punto panoramico, situato al margine meridionale del borgo: è il vecchio camposanto, il cimitero non più utilizzato dalla fine dell’Ottocento, con una gran vista sulle colline della Val di Cecina in direzione di Saline di Volterra che mozza il fiato, peraltro in un contesto davvero particolare.

camposanto Montecatini Val di Cecina

Fonte: iStock

Il vecchio cimitero di Montecatini Val di Cecina offre una vista panoramica senza eguali

Il centro storico medievale di Montecatini, che si snoda attorno a quella che oggi è Piazza Garibaldi, è impreziosito dal Palazzo Pretorio, edificio trecentesco con un bel portico dalle volte a crociera.

Sulla piazza si affaccia anche la Chiesa di San Biagio, la più rilevante, il cui campanile si alza immediatamente a fianco al Palazzo Pretorio. La particolarità dell’edificio religioso è che non ha una vera e propria facciata ed ha una pianta a tre navate asimmetriche.

Tutt’attorno si dipanano vicoli e stradelle, mentre la pietra la fa da padrona, a contraltare della grande ricchezza di verde del territorio circostante il borgo. È un’atmosfera senza tempo quella che cattura il visitatore, che può dedicarsi a una passeggiata a ritmo lento tra i saliscendi del centro storico, abbracciando la bellezza che gli viene offerta.

Poco fuori dal paese si trova uno dei luoghi più interessanti di Montecatini: la Miniera di Camporciano. Ai piedi della collina dove sorgeva l’antico castello, infatti, fin dai tempi degli Etruschi veniva estratto il rame. Una attività che non cessò mai con il passare dei secoli. Anzi, divenne sempre più sfruttata: nella seconda metà dell’Ottocento questa divenne la più grande miniera di rame in Europa.

Oggi se ne mantiene il ricordo attraverso il Museo delle Miniere, situato nel luogo dei vecchi scavi, circa un chilometro e mezzo fuori dal paese. Qui, dove si trova tra l’altro l’Oratorio di Santa Barbara, protettrice dei minatori, si possono visitare i cunicoli e le gallerie scavate per favorire l’attività estrattiva. Il Museo infatti è costituito da una piccola parte in superficie, ovvero dai resti delle costruzioni erette attorno alla miniera, ma soprattutto da una porzione del reticolato di gallerie sotterranee. Centro dell’attività era il Pozzo Alfredo, un tunnel che scende oltre i 300 metri nel sottosuolo e di cui oggi è ancora in funzione il montacarichi.

Il Museo è aperto da giovedì a domenica con visite guidate a questo splendido sito di archeologia industriale che rimane una vera, rara testimonianza di un mondo che non è così remoto nel tempo (la miniera è stata chiusa nel 1907), ma che è ormai quasi completamente cancellato dalle nostre vite.

Nei dintorni: Querceto, la Sassa, Miemo

Il comune di Montecatini ha una discreta estensione. I suoi circa 1600 abitanti non risiedono tutti nel centro amministrativo, ma popolano le tante frazioni che punteggiano la campagna della Val di Cecina.

Alcuni di questi sono peraltro luoghi assolutamente meritevoli di una visita per l’atmosfera che vi si respira, la bellezza dei paesaggi naturali e l’ottima conservazione delle loro vestigia del passato. Non è un caso che questi territori siano stati scelti per il loro valore simbolico da registi italiani del calibro di Ermanno Olmi e Paolo Virzì per rimanere impressi nelle loro pellicole.

Si prendano ad esempio Querceto e il suo castello: un piccolo borgo di 170 abitanti su uno sperone collinare a sud di Montecatini, oltre il corso del Cecina, circondato di splendidi boschi. Le poche vie del paese si snodano attorno all’elegante mastio della famiglia Ginori-Lisci. Sul lato settentrionale dell’abitato si apre un bel panorama sulla valle in direzione del capoluogo comunale.

Querceto Montecatini Val di Cecina

Fonte: iStock

Panorama della campagna di Querceto, frazione di Montecatini Val di Cecina

Simili sono anche Casaglia e Miemo: entrambe le frazioni sono caratterizzate da un ampio castello, con poche case sparse nelle vicinanze e una posizione privilegiata da un punto di vista paesaggistico. Casaglia siede in cima a un morbido colle, circondato di cipressi. Miemo è invece incastonato ai piedi di tre colline boscose, con grandi pascoli verdi tutt’attorno.

La più suggestiva delle frazioni di Montecatini però è senza dubbio Sassa, un borgo medievale che domina la valle dello Sterza, affluente del Cecina, nei pressi della Riserva Naturale di Caselli. In maniera simile a Montecatini, anche Sassa è dominato da un torrione quadrangolare, testimonianza del suo passato di avamposto militare.

Tra vicoli angusti ma ben curati si aprono scorci sulla splendida campagna circostante, mentre lo sguardo si posa sulle facciate in pietra degli edifici. Assolutamente meritevole l’escursione al vicino Poggio al Pruno, che da una altitudine di oltre 600 metri consente, nelle giornate soleggiate e terse, di godersi uno spettacolare panorama che si spinge fino al mare della Costa degli Etruschi.

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Alla scoperta della via Francigena Toscana: l’itinerario più bello

Un cammino magico ed emozionante che da oltre mille anni collega città, persone, luoghi, mettendo in contatto culture diverse e portando i pellegrini alla scoperta di paesaggi unici. Stiamo parlando della via Francigena, protagonista di un viaggio in grado di creare una connessione fra epoche e culture diverse, regalando un’esperienza dal valore inestimabile.

Ma cos’è la via Francigena? Si tratta di un’antichissima via di comunicazione che collegava la Francia a Roma nell’Alto Medioevo. Il suo nome – non a caso – significa “strada originata dalla Francia”.

Nel corso del tempo quest’unica via si è sviluppata in vari itinerari provenienti da regioni e città differenti. Così tanto che oggi parlando della via Francigena facciamo riferimento ad un insieme di percorsi più che ad un unico itinerario.

Fra gli itinerari il più celebre è senza dubbio quello descritto nel 990 dall’arcivescovo Sigerico che percorse la strada da Canterbury, in Inghilterra, sino a Roma, annotando in un diario tutte le tappe del viaggio. Da allora molti pellegrini e curiosi, spinti dall’esempio dell’arcivescovo hanno percorso questa via, attraversando prima la Francia, poi l’Italia in un susseguirsi di esperienze e paesaggi.

Oggi, a distanza di secoli dal viaggio di Sigerico, la via Francigena, con i suoi numerosi itinerari, è diventata un esempio straordinario di turismo sostenibile e slow. L’ideale per chi desidera vivere un’esperienza unica, scoprendo terre meravigliose, fra borghi pittoreschi, monasteri, siti archeologici e cattedrali.

La magia della via Francigena Toscana

La zona più emozionante della via Francigena è senza dubbio quella Toscana. Il percorso infatti porta i viaggiatori alla scoperta della bellezza di questo territorio e delle sue numerose sfumature, dalle pievi ai castelli, passando per i borghi, i boschi e le torri. Toccando luoghi di inestimabile valore storico e culturale come Lucca, Siena, San Minato, San Gimignano e la Val D’Orcia.

Indicazioni via Francigena Toscana

Come organizzare un viaggio nella via Francigena Toscana

Un viaggio nella via Francigena Toscana rappresenta un’esperienza unica e indimenticabile da affrontare con il giusto spirito e con la consapevolezza che si vivranno emozioni straordinarie. Partire preparati dunque è importantissimo, conoscendo sia il percorso che le tappe, ma anche organizzando l’attrezzatura e i tempi per non farsi trovare impreparati.

Il consiglio è quello di rivolgersi ad esperti del settore come SloWays, tour operator italiano specializzato in viaggi a piedi lungo i grandi cammini sia d’Italia che d’Europa che offre un cammino facile via Francigena. In questo caso le diverse tappe del viaggio sono pensate per offrire strutture utili per pernottare e sistemazioni che consentano di vivere il percorso in completa serenità, anche accorciando gli spostamenti tramite mezzi pubblici o trasferimenti. L’ideale per godersi davvero un’esperienza che resterà impressa per sempre nella mente.

Le tappe della via Francigena in Toscana

Le tappe della via Francigena in Toscana sono in tutto 15 con diversi livelli di difficoltà. Il percorso più amato è senza dubbio quello che collega la città di Lucca a Siena, l’ideale per scoprire questa regione e le sue innumerevoli bellezze, dal cibo alla cultura sino all’arte.

Il viaggio inizia dalle torri di Lucca e dalla sua Piazza Anfiteatro, proseguendo poi in direzione della città medievale di San Minato. Immaginate poi di camminare lungo le strade circondate dai cipressi, godendovi la vita dei vigneti e delle morbide colline. Le altre tappe del percorso prevedono soste a San Gimignano e Monteriggioni, fra sentieri e paesaggi da cartolina. Sino ad arrivare a Siena, nell’iconica Piazza del Campo dove si svolge il Palio.

via francigena toscana

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via francigena toscana

L’itinerario da Lucca a Siena proposto da SloWays, è facile e perfetto per chiunque, anche per chi non ha mai vissuto questa esperienza. Per affrontarlo non serve un allenamento specifico e consente di prepararsi ad affrontare itinerari più difficili.

Inoltre è possibile affrontare il cammino in qualsiasi stagione dell’anno, anche in primavera e autunno quando la temperatura è più mite. Sloways inoltre offre una grande sicurezza, in quanto è partner tecnico ufficiale dell’Associazione Europea delle Vie Francigene. L’app messa a disposizione per chi sceglie l’itinerario della via Francigena Toscana è semplice da usare e utilissima in viaggio. Si può scaricare gratuitamente e usare anche offline.

Immagina di brindare all’inizio dell’avventura nella piazza dell’Anfiteatro di Lucca, di ammirare San Gimignano lungo la strada per Colle Val d’Elsa e di lasciarti rapire dalla bellezza della Pieve di Chianni. Sino ad arrivare alle mura fortificate di Monteriggioni, dove gustare i tipici pici cacio e pepe. E poi ancora via, sino a Siena, con le sue botteghe, i palazzi e lo splendido Duomo.

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Weekend all’insegna del gusto con le sagre del 15 e 16 marzo 2025

Non sapete cosa fare nel weekend del 15 e 16 marzo 2025? Se siete buongustai, amanti delle tradizioni o semplicemente in cerca di un’esperienza autentica, le sagre in Italia sono la scelta perfetta! Dall’aroma invitante delle frittelle di riso in Toscana al profumo di mare della seppia a Cervia, passando per le dolci note delle mandorle siciliane in fiore, ogni angolo d’Italia offre una celebrazione del gusto e della cultura locale.

Preparatevi quindi a passeggiare tra stand colmi di specialità gastronomiche, a perdervi tra i sapori tipici e a vivere l’atmosfera unica di queste feste di paese, dove storia, folklore e cucina si intrecciano in un mix irresistibile (magari facendo un po’ il pieno di kcal!). Ecco una selezione delle sagre da non perdere questo weekend del 15-16 marzo in Italia, suddivise per area geografica.

Le sagre del Nord Italia questo weekend

Festa Siciliana a Trecate (NO)

La Sicilia arriva nel cuore del Piemonte, a Trecate, dove questo weekend si terrà la “Festa Siciliana” organizzata da A’ Vucciria Sicilia Street Food, dal 14 al 16 marzo 2025. L’evento si svolgerà in Piazzale Antonini con ingresso libero e orari dalle 10:00 alle 24:00, offrendo specialità siciliane sia a pranzo che a cena: potrete gustare le arancine in vari gusti, il pane ca’ meusa, sfincione, pezzi di rosticceria di ogni tipo, pane con panelle e crocchette, stigghiola e molto altro ancora (naturalmente, non mancheranno i dolci alla ricotta!).

Sfincione, Sicilia, Vucciria

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Il tipico sfincione palermitano

Sagra della Raviola a Castel Maggiore (BO)

Il 15 marzo 2025, Castel Maggiore in Emilia-Romagna ospiterà la tradizionale “Sagra della Raviola”, dedicata al tipico dolce locale: vi aspetta un ricco programma di attività, tra cui mostre, serate amarcord, la tradizionale Camminata della Raviola e, come novità di quest’anno, il raduno dell’Ape Club Italia. Al centro della celebrazione c’è la raviola, tipico dolce di San Giuseppe con impasto simile alla pasta frolla e ripieno di mostarda. Immancabile la gara per la miglior raviola, in cui cuochi amatoriali presenteranno le loro creazioni a una giuria di esperti, che incoronerà la “Raviola Regina” dell’anno.

Sagra delle Cape – Lignano Sabbiadoro (UD), Friuli-Venezia Giulia

Dal 8 al 16 marzo 2025, Lignano Sabbiadoro ospita la tradizionale Sagra delle Cape, dedicata ai frutti di mare locali. I visitatori potranno degustare specialità a base di molluschi e crostacei, preparate secondo le ricette tradizionali della zona.

Villaggio delle Uova Pura Vida Farm – San Martino Siccomario (PV)

Dal 15 marzo al 27 aprile 2025 riapre il Villaggio delle Uova Pura Vida Farm di San Martino Siccomario (Pv) con la quarta edizione dell’evento. Il tema di apertura, “Sweet Skating”, include una pista di pattinaggio ecologica e una collaborazione con Haribo, che arricchisce l’esperienza con l’Isola dei Marshmallows. Ogni weekend, il villaggio offre giochi, laboratori, scenografie fotografiche e la tradizionale Caccia alle Uova. Ci saranno anche attrazioni come gonfiabili, trattorini e giochi medievali, e punti ristoro con street food. Il parco è pet-friendly e l’ingresso è gratuito per i bambini nati dal 2022 al 2025. Eventi speciali si terranno ogni fine settimana, con attività tematiche diverse. I biglietti sono disponibili sul sito ufficiale e tramite l’app Eventfy.

Sapori e Colori di Primavera – Varese (VA), Lombardia

Il 15 e 16 marzo 2025, il centro di Varese si trasforma in un grande mercato a cielo aperto, offrendo ai visitatori prodotti tipici, artigianato locale e laboratori creativi per celebrare l’arrivo della primavera. L’evento animerà Via Marconi, Via Leopardi, Piazza San Vittore e il Battistero con un vivace mercato all’aperto, ricco di eccellenze gastronomiche e artigianato locale. I visitatori potranno degustare prodotti tipici da diverse regioni italiane, tra cui salumi, formaggi, miele, dolci e vini. Saranno presenti anche bancarelle di artigianato e hobbistica, con creazioni uniche fatte a mano. Per i più piccoli, sono previsti laboratori creativi per un’esperienza divertente e stimolante.

Sagre e feste nel Centro Italia

Narni Irish Fest a Narni (TR)

Dal 14 al 17 marzo 2025, Narni – in Umbria – celebra la cultura irlandese con la “Narni Irish Fest”, in occasione della Ireland Week. Il 15 marzo alle ore 21:00, in collaborazione con Leonardo Bedini, si terrà un corso di degustazione di whiskey irlandese presso La Taverna dell’Artista. Durante la serata, saranno presentati quattro distillati accompagnati da abbinamenti gastronomici studiati per esaltarne i profili aromatici.

Narni, Umbria

Fonte: iStock

Vista del caratteristico borgo di Narni

Sagra della Seppia – Pinarella di Cervia (RA), Emilia-Romagna

Dal 17 al 22 marzo 2025, Pinarella di Cervia ospita la Sagra della Seppia, dove è possibile gustare piatti a base di seppia preparati secondo la tradizione locale, accompagnati da musica e intrattenimenti.

Sagra della Frittella – San Donato in Collina (FI), Toscana

Dal 18 gennaio al 19 marzo 2025, San Donato in Collina celebra la Sagra della Frittella, dove è possibile assaporare le tradizionali frittelle di riso preparate secondo antiche ricette locali.

Le sagre al Sud Italia

Il Rito dei Santi – Fragagnano (TA), Puglia

Se siete alla ricerca di un’esperienza autentica che unisca storia, tradizione e spiritualità, domenica 16 marzo a Fragagnano (TA) si terrà il suggestivo Rito dei Santi, un’antica celebrazione che affonda le sue radici nei Saturnali romani e nelle tavolate medievali, fino alle tradizioni monastiche dei basiliani.

Giunta alla sua XVIII edizione, questa cerimonia è un vero e proprio viaggio nel passato: un banchetto rituale allestito attorno a un altare, con tredici pietanze simboliche e gesti tramandati da generazioni. L’atmosfera evocativa e il forte senso di comunità rendono questo evento unico nel panorama delle tradizioni pugliesi.

Festa del Mandorlo in Fiore – Agrigento (AG), Sicilia

Dal 8 al 16 marzo 2025, Agrigento celebra la Festa del Mandorlo in Fiore, evento che segna l’inizio della primavera con spettacoli folkloristici, sfilate e degustazioni di prodotti tipici a base di mandorla. La Festa del Mandorlo in Fiore di Agrigento quest’anno vedrà la partecipazione di 30 gruppi folkloristici internazionali che offriranno balli, canti e costumi tradizionali. Il sindaco Franco Miccichè ha evidenziato l’importanza dell’evento come simbolo di pace e accoglienza. Tra gli appuntamenti principali ci saranno il ritorno del treno storico sulla linea Agrigento-Porto Empedocle, concorsi fotografici, il Mandorlo Food Village con specialità siciliane e street food, e l’evento Mandorlo in Tavola. Il gran finale del 16 marzo includerà una sfilata con carri allegorici e la premiazione del miglior gruppo partecipante con il Tempio d’Oro.

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Fioriture in Italia: un viaggio tra colori e profumi, da Nord a Sud

L’Italia offre una straordinaria varietà di fioriture che, in diversi momenti dell’anno, trasformano il paesaggio in un dipinto a cielo aperto. Ogni regione regala spettacoli naturali unici, dai campi di tulipani del Piemonte alle distese di lavanda in Toscana, che appassionano non solo i green addicted.

Ecco una mappatura delle più belle fioriture in Italia, che non avvengono tutte nello stesso periodo: i mandorli sono tra i primi a sbocciare, già a febbraio, seguiti dai ciliegi e dai glicini in primavera. In estate, invece, dominano i colori della lavanda e dello zafferano, mentre la spettacolare fioritura delle lenticchie tinge i campi di Castelluccio tra giugno e luglio. Un calendario che purtroppa sta cambiando di anno in anno a causa dei cambiamenti climatici.  Vediamo dove e quando andare per un viaggio immersivo di colori e profumi.

La fioritura dei mandorli

La fioritura dei mandorli è uno spettacolo naturale. Ogni anno, tra febbraio e marzo, i mandorli si ricoprono di fiori bianchi e rosa, creando panorami mozzafiato, soprattutto nelle regioni meridionali e insulari d’Italia. Questo evento segna l’arrivo della primavera e attira numerosi visitatori, curiosi di vivere l’emozione di passeggiare tra i fiori profumati.

In Sicilia

La Sagra del Mandorlo in Fiore, che si svolge annualmente a Noto (provincia di Siracusa), è l’evento più noto dedicato alla fioritura dei mandorli. La sagra, che solitamente si tiene durante il mese di febbraio o marzo, celebra la tradizione siciliana con spettacoli folkloristici, musica, e processioni. Durante la sagra, è possibile partecipare a visite guidate, mercati di prodotti tipici, e assistere a danze e canti tradizionali. L’ingresso ad alcuni eventi può essere a pagamento.

A Castelvetrano, sempre in Sicilia, si tiene ogni anno la Fiera del Mandorlo, un evento che celebra la fioritura di questa pianta con mostre, degustazioni, e visite guidate ai campi di mandorli. L’evento si svolge solitamente a marzo. Durante la fiera, i visitatori possono acquistare prodotti tipici a base di mandorla e partecipare a eventi culturali legati alla tradizione agricola della zona.

Nel Belice, cuore della produzione di mandorle, non esiste un evento ufficiale, ma la bellezza dei mandorli in fiore è un’attrazione che attira ogni anno numerosi turisti. I campi di mandorli si estendono per chilometri e sono visibili da diverse strade panoramiche. La zona, soprattutto attorno ai comuni di Partanna e Salemi, è ideale per chi vuole immergersi nella natura, fare escursioni, e scoprire i paesaggi della campagna siciliana.

Mandorlo in fiore ad Agrigento

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Mandorlo in fiore ad Agrigento

Valle d’Itria, Puglia

A Locorotondo, uno dei borghi più belli della Puglia, la fioritura dei mandorli è un momento che viene celebrato con piccole feste locali. Durante il mese di marzo, i visitatori possono fare passeggiate tra i mandorli in fiore, visitare le masserie e scoprire i piatti tipici a base di mandorle. Tutta la zona del Valle d’Itria è famosa per la fioritura dei mandorli, che crea scenari suggestivi tra gli uliveti e le colline.

Castellammare di Stabia, Campania

La Festa del Mandorlo a Castellammare di Stabia è un evento che si tiene durante i primi giorni di marzo. Qui, i mandorli in fiore vengono celebrati con una serie di eventi musicali, culturali e gastronomici. La vista dei mandorli fioriti in questa zona, con il mare e il Vesuvio sullo sfondo, è particolarmente suggestiva. Durante la festa, i visitatori possono partecipare a passeggiate tra i mandorli e gustare i prodotti locali.

Fioritura dei Tulipani

I tulipani, originari della Turchia, sono tra i fiori più amati per la loro vasta gamma di colori e la forma elegante. Fioriscono tra marzo e aprile, e trasformano balconi, giardini e parchi in distese di rosso, giallo, rosa e viola. Questi fiori, simbolo di eleganza e rinascita, hanno trovato in Italia il clima ideale per sbocciare rigogliosi, nonostante la loro vita relativamente breve. Una curiosità:  il tulipano è il simbolo delle relazioni perfette ed equilibrate, e per questo considerato simbolo di vero amore. Secondo un’antica leggenda, infatti, il tulipano nasce dalle gocce di sangue di un uomo che si tolse la vita per amore di una donna.

Parco Giardino Sigurtà, Veneto

A Valeggio sul Mincio, il Parco Giardino Sigurtà ospita ogni anno “Tulipanomania”, la fioritura di tulipani più grande d’Italia e seconda in Europa dopo quella di Keukenhof nei Paesi Bassi. Da marzo ad aprile, oltre un milione di tulipani colorano i 60 ettari del parco, creando scenari suggestivi tra aiuole galleggianti e viali fioriti. Il parco è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 19 e si consiglia di prenotare i biglietti in anticipo, specialmente nei fine settimana.

Villa Pisani Bolognesi Scalabrin, Veneto

La storica Villa Pisani Bolognesi Scalabrin a Vescovana, in provincia di Padova, ospita ogni primavera “Giardinity Primavera”, un evento dedicato alla fioritura dei tulipani. Tra marzo e aprile, oltre 200.000 tulipani di diverse varietà trasformano il giardino in una vera e propria opera d’arte. L’accesso è a pagamento e i biglietti possono essere acquistati online o in loco.

Castello di Pralormo, Piemonte

In Piemonte, il Castello di Pralormo accoglie ogni primavera “Messer Tulipano”, una manifestazione che celebra la fioritura di oltre 100.000 tulipani. Il parco storico del castello si colora di mille sfumature e offre ai visitatori percorsi botanici e visite guidate. L’evento si svolge generalmente tra aprile e maggio, con biglietti acquistabili online.

Tulipani

Fonte: 123rf

Messer Tulipano, Castello di Pralormo, Torino

Fioritura dei Glicini

Il glicine è una pianta rampicante dal profumo intenso e dai fiori a grappolo, che variano dal lilla al bianco. La fioritura si può ammirare tra aprile e maggio, ed è molto spesso utlizzata per decorare pergolati, giardini e coprire mura di antichi borghi o divisori con la sua cascata di petali profumatissimi. Nel meraviglioso linguaggio dei fiori il glicine è considerato un talismano contro le avversità, da regalare alle persone amiche. Già, pare che questo fiore simboleggi l’amicizia, dall’usanza degli antichi imperatori giapponesi di portare in regalo un bonsai di glicine nelle terre in cui giungevano.

Giardino di Ninfa, Lazio

Considerato uno dei giardini più romantici al mondo, il Giardino di Ninfa, situato a Cisterna di Latina, offre una spettacolare fioritura di glicini tra aprile e maggio. I lunghi grappoli di fiori viola ricoprono pergolati e antiche rovine, creando uno scenario incantato. Il giardino è aperto solo in date specifiche, quindi è necessario prenotare in anticipo.

I glicini nei Grandi Giardini Italiani

Sono ancora tanti i luoghi per ammirare i glicini, da Nord a Sud. In Liguria, La Cervara a Portofino ospita un esemplare plurisecolare; mentre i Giardini di Villa della Pergola ad Alassio vantano 40 varietà certificate. Sul Lago di Como, Villa Carlotta ospita una spettacolare cascata viola che avvolge un antico pino nero; e a Varenna, tra Villa Monastero e Villa Cipressi, il glicine crea scenari da sogno durante la fioritura. Sul Lago Maggiore, l’Isola Madre ospita 25 varietà provenienti da tutto il mondo; in Trentino, il glicine giapponese forma un suggestivo pergolato nei Giardini di Castel Trauttmansdorff; mentre in Toscana, nei giardini di Villa Bardini il visitatore si immerge in un vero e proprio tunnel colorato, lungo 70 mt e largo 4,5 mt. A Venezia, nei Giardini Reali, si passeggia sotto un pergolato ottocentesco; e in Sicilia, a Casa Cuseni di Taormina, il glicine incornicia un luogo carico di storia e arte.

Giardino di Ninfa

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Giardino di Ninfa, tra glicine, gelsomino e bambù

Fioritura della Lavanda

La fioritura della lavanda è una delle più profumate e iconiche d’Italia. Le sue sfumature di viola tingono i campi tra giugno e luglio, che poco hanno da invidiare a quelli della Provenza. Oltre alla bellezza del fiore, la lavanda è molto apprezzata per le sue proprietà rilassanti, motivo per cui la pianta è utilizzata in cosmetica e profumeria. Se regalata, la lavanda è simbolo di purezza e devozione, virtù e serenità, capace di attirare energie positive verso se stessi e gli altri.

Sale San Giovanni, Piemonte

Questo piccolo borgo in provincia di Cuneo è noto per i suoi campi di lavanda, che fioriscono tra fine giugno e inizio luglio. Ogni anno si tiene la “Fiera della Lavanda”, con visite guidate, prodotti artigianali e workshop sul mondo della lavanda. L’accesso ai campi è gratuito, ma alcune attività potrebbero richiedere la prenotazione.

Il Lavandeto di Assisi

Il Lavandeto di Assisi è un’oasi di profumi e colori ai piedi della città, con tre ettari di campi fioriti, giardini e laghetti ornamentali. Qui si possono ammirare oltre 50 varietà di lavanda, dal viola al rosa, immerse in un paesaggio unico. Fondato nel 2005 da Lorena e Gino, il vivaio è diventato un punto di riferimento per gli amanti della natura e delle piante aromatiche. La fioritura, da giugno a metà luglio, regala uno spettacolo indimenticabile. Da non perdere la Festa della Lavanda, quattro weekend tra giugno e luglio.

Festa della Lavanda in provincia di Assisi

Fioritura delle Lenticchie

Ogni anno, tra giugno e luglio, l’altopiano di Castelluccio di Norcia si trasforma in un mosaico di colori per la fioritura delle lenticchie. Questo fenomeno naturale, che prende il nome dalle celebri lenticchie di Castelluccio, attira appassionati di botanica, fotografi e turisti, desiderosi di ammirare e immortalare la bellezza del paesaggio. Distese di papaveri, fiordalisi e margherite si mescolano al verde delle piantine di lenticchia, creando un panorama unico nel suo genere.

L’accesso ai campi è libero, ma è fondamentale rispettare le coltivazioni e osservare la fioritura dai sentieri circostanti senza calpestare le piante. Ogni anno, migliaia di persone affollano il piccolo borgo di Castelluccio per partecipare a questo spettacolo straordinario, rendendo il periodo della fioritura uno dei momenti più attesi della stagione.

castelluccio di norcia

Fonte: 123rf

Le Piane di Castelluccio di Norcia

Fioritura dello Zafferano

Lo zafferano è una delle spezie più pregiate al mondo, coltivata anche in piccole aree del nostro paese. Sboccia tra ottobre e novembre, trasformando i campi in un tripudio di colori purpurei. Lo zafferano non è solo un ingrediente fondamentale nella cucina italiana, ma è anche una pianta che regala uno spettacolo visivo unico. I suoi fiori, di un delicato viola intenso, sono simbolo di tradizione e passione agricola in molte regioni italiane, soprattutto in Abruzzo, Sardegna e Umbria, destinazioni apprezzatissime durante la fioritura.

Lo zafferano a L’Aquila e nelle Terre dell’Aquila

La zona intorno a L’Aquila, in Abruzzo, è uno dei luoghi più celebri per la coltivazione dello zafferano, e ogni anno, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, i campi si tingono di viola. L’altopiano di Navelli è famoso per la produzione dello zafferano, e in autunno molte aziende agricole organizzano visite guidate e degustazioni per far conoscere il processo di produzione di questa preziosa spezia, o vedere la raccolta manuale dei fiori, un processo che avviene all’alba, quando i fiori sono ancora chiusi.

La Fioritura dello Zafferano in Sardegna

La Sardegna è indubbiamente in Italia la regione maggior produttrice di zafferano il cui nucleo storico e produttivo è concentrato nei comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca nel Medio Campidano con altre piccole isole produttive al nord della Sardegna. Una valorizzazione di questa realtà produttiva è giunta con il recente riconoscimento comunitario della DOP (Denominazione di Origine Protetta) a tutto il prodotto dell’isola.

Lo Zafferano in Umbria

Anche in Umbria, nella zona di Città della Pieve, si coltiva lo zafferano, e durante la fioritura autunnale, i campi di questa spezia si tinto di un viola intenso. La fioritura è un evento che attira visitatori da tutto il mondo, che possono assistere alla raccolta dei fiori e scoprire i segreti di un prodotto che ha una lunga storia nella regione.

le località della fioritura di zafferano

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Le destinazioni dello zafferano: le fioriture
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Borghi Toscana Viaggi

Toscana: primavera ad Asciano, il borgo delle Crete Senesi

Pensare che quella che oggi è considerata una delle più grandi ricchezze della Toscana veniva chiamata in passato deserto.

Non che nelle Crete Senesi, poco a sud-est di Siena, ci fosse un vero e proprio deserto, ma la particolare conformazione geologica e il massiccio utilizzo dei terreni per il pascolo aveva portato a una decisa erosione del terreno, con l’estensione delle aree compromesse per l’utilizzo agricolo da biancane e calanchi. Un’area non coltivabile e pertanto assimilata a un deserto.

Con il tempo il paesaggio di morbide colline antropizzate, diviso in appezzamenti geometrici scombinati solo dalle terre erose, è diventato la caratteristica distintiva di questo pezzo di Toscana. In primavera le morbide colline si coprono del verde brillante dell’erba appena nata, i cipressi sorvegliano il placido trascorrere del tempo, sinuose strade bianche si snodano lungo la campagna.

In mezzo a questo paesaggio paradisiaco sorge come una specie di oasi un borgo medievale di pietra e argilla: Asciano, il cuore delle Crete Senesi. Un paese dalle radici antichissime, che riesce a coniugare perfettamente la propria natura artistica con i panorami naturali circostanti, in un connubio esaltante.

Panorama delle Crete Senesi nei pressi di Asciano

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Panorama delle Crete Senesi

Cosa sono e dove si trovano le Crete Senesi

Per Crete Senesi si intende quella parte di territorio che sorge a sud est rispetto a Siena. Asciano, Buonconvento, Montalcino, Rapolano Terme sono i paesi a cui si fa solitamente riferimento con questo toponimo, che deriva dalla peculiare conformazione del paesaggio: qui tre milioni di anni fa, nel Pliocene, la terra era sommersa dalle acque di un gigantesco mare. Nel 2008, a pochi chilometri da Asciano, sono stati addirittura riportati alla luce i resti di una specie di delfino pliocenico.

Alla ritirata del mare, si è sedimentata sul terreno l’argilla che compone le dolci e ondulate colline e che emerge dal terreno in formazioni dovute all’erosione: biancane, bassi rilievi a forma di cupola dal caratteristiche colore bianco sporco, dovuto alla presenza di sali nell’argilla; calanchi, solchi a lama di coltello disposti parallelamente, dovuti al ruscellamento dell’acqua piovana sui fianchi delle colline.

Il paesaggio delle Crete Senesi è uno dei più belli della Toscana ed è spesso sinonimo delle attrazioni della regione al di fuori delle città d’arte. Colline brulle con alti alberi solitari a decorarli, ampi pascoli coperti solo di erba verde, casali contadini che punteggiano le alture, qualche tratto di bosco che popola gli avvallamenti tra i colli.

Crete Senesi in Toscana, vicino ad Asciano

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Quando torna la primavera le Crete Senesi tornano ad essere un trionfo di colori vivi

Si tratta di un territorio il cui aspetto varia di molto a seconda della stagione dell’anno in cui lo si visita: in estate l’ocra è il colore che domina, con le grandi balle di fieno che popolano i campi, il grano che assume la stessa colorazione delle crete; in autunno le foglie delle querce ingialliscono, mentre i cipressi rimangono nel loro verde perenne; in inverno la bruma copre gli avvallamenti tra le colline, mentre le vette spuntano come isole nel mare; in primavera tutto torna ad essere rigoglioso e verde, con gli appezzamenti agricoli che si ricoprono di vegetazione e i campi tornano ad essere coltivati.

Asciano, arte e cultura

In mezzo a questo splendido panorama sorge Asciano, un borgo medievale dall’anima artistica, fieramente ancorato alle proprie tradizioni.

L’origine del borgo è etrusca, come testimoniano gli scavi archeologici che hanno portato alla luce due grandi necropoli. Il periodo d’oro di Asciano, però, arriva nel Medioevo. Lo dimostra l’impianto del paese, con i vicoli curvi che compongono il centro storico, tra frammenti delle antiche mura, scorci, piazze e piazzette, palazzi storici.

Il luogo simbolo del borgo è la Basilica di Sant’Agata, una scenografica chiesa dalla facciata spoglia tipicamente gotica, affiancata da una maestosa torre campanaria sormontata da merli. L’interno, come la facciata, ha un aspetto austero, impreziosito da una bella collezione di opere d’arte del Cinquecento e del Seicento.

Asciano, la torre campanaria della Basilica di Sant'Agata

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La Basilica di Sant’Agata è il simbolo del borgo di Asciano

Passeggiando tra le viuzze del centro storico si giunge in Piazza del Grano, il centro della vita medievale del borgo. Il territorio di Asciano, con i suoi appezzamenti agricoli, era infatti in epoca medievale una sorta di granaio per Siena e le cittadine circostanti e quella che oggi è un piazza rettangolare decorata da una bella fontana fungeva allora da mercato cittadino. Ad un angolo della piazza sorge il Palazzo del Podestà, antica sede del governo di Asciano, decorato di stemmi araldici.

Da non perdere una visita a Palazzo Corboli, sede del Museo civico archeologico e d’arte sacra. Oltre ai reperti di epoca etrusca e romana, il museo è ospitato in una sede con splendide sale affrescate, già di per sé opere di pregio. Sfoggia inoltre una notevole collezione di opere pittoriche del Trecento e Quattrocento.

Gli amanti dell’arte non possono perdersi una visita alla Pieve di Sant’Ippolito, un edificio religioso sconsacrato un po’ in disparte rispetto al centro storico del borgo. Antichissima chiesa costruita già tre secoli prima dell’Anno Mille, la Pieve è decorata da uno splendido affresco che rappresenta una Madonna col Bambino in trono e i santi Ippolito e Cassiano. 

Dagli Anni Ottanta si suppone che l’opera sia stata realizzata dalla bottega del Pinturicchio nel momento in cui l’artista perugino era impiegato a Siena. Non solo: la figura di San Cassiano, l’unico rappresentato a guardare verso chi osserva l’affresco, sembra essere un autoritratto di Raffaello Sanzio, cresciuto proprio come apprendista di Pinturicchio. Il santo, infatti, corrisponde per raffigurazione e posa agli altri autoritratti compiuti da Raffaello in altre opere.

Nei dintorni di Asciano

Sarebbe però un errore limitarsi a visitare solo il centro storico e le adiacenze dello stesso nel momento in cui si visita Asciano.

Il borgo delle Crete Senesi sorge infatti in un territorio ricchissimo di splendidi panorami, testimonianze storiche, opere d’arte, attrazioni di ogni tipo.

Nella campagna tra Asciano e la frazione di Arbia, ad esempio, dal 1993 sorge un’opera di land art del francese Jean-Paul Philippe, il Site transitoireSi tratta di una sorta di portale in pietra che sorge nel bel mezzo di una strada bianca, sulla cima di una collina circondata da grandi campi coltivati. È una finestra: da una parte lo sguardo inquadra la frazione di Mucigliani, dall’altra si vede sullo sfondo Siena, tutt’intorno lo splendore del paesaggio.

Il giorno del solstizio d’estate il sole tramonta esattamente all’interno della cornice di pietra, dando vita a uno spettacolo ulteriore.

Le campagne circostanti sono lo scenario di una delle corse di ciclismo più suggestive della stagione professionistica, la Strade bianche, che si corre all’inizio di marzo. I corridori attraversano il territorio delle Crete Senesi per un totale di circa 200 chilometri prima di arrivare in Piazza del Campo a Siena, ma il clou della gara sta proprio nell’affrontare i tratti di percorso dove la strada è bianca, cioè sterrata, in mezzo a uno degli scenari più scenografici della Toscana.

La crescita di popolarità della Strade bianche ha incentivato il cicloturismo nella zona di Asciano e delle Crete senesi, che offrono tantissimi percorsi alla portata di tutti per vivere l’esplorazione del territorio in maniera lenta, ecologica, autentica.

Abbazia Monte Oliveto Maggiore

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Veduta aerea dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore

Tra i luoghi da visitare nei dintorni di Asciano è imperdibile l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, monastero benedettino seduto sulla vetta di una collina dalla quale si domina l’area delle Crete Senesi. Fu fondata all’inizio del trecento da Bernardo Tolomei, rampollo di nobile famiglia senese disposto ad abbandonare una vita di lussi per dedicarsi a una di povertà ed eremitaggio. In realtà l’abbazia da lui fondata sarebbe diventato un rilevante centro religioso, culturale ed economico tra Quattrocento e Cinquecento, e oggi è una costruzione imponente che racchiude un gran numero di opere d’arte e sfoggia una architettura monumentale e ambiziosa.

Il Chiostro grande è forse il pezzo forte della visita all’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, completamente affrescato da Luca Signorelli e Antonio Bazzi, detto il Sodoma, autore anche di gran parte delle altre opere che decorano il resto del complesso.

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Borghi Montescudaio Toscana Viaggi

Toscana: Montescudaio, borgo delle colline con vista mare

Tra le cime del Poggio di Montieri e delle Cornate di Gerfalco nasce il fiume Cecina. Il suo corso si snoda per poco più di 70 chilometri prima di chiudersi dolcemente con l’ingresso nel Mar Tirreno a Marina di Cecina, località balneare sulla costa della Toscana.

Le sue acque scorrono attraverso una splendida valle, omonima, circondata da verdi colline. I morbidi rilievi della Val di Cecina sono punteggiati di piccoli borghi, nati nel cuore del Medioevo con la funzione di insediamenti militari a protezione dell’entroterra dalle minacce che potevano abbattersi sul litorale, ma che con il tempo si sono trasformati in splendidi e privilegiati belvedere su uno dei tratti più belli della costa occidentale italiana.

Ne è un esempio supremo il borgo di Montescudaio, paese di circa duemila abitanti adagiato sul cucuzzolo di una morbida collina, con l’anima ancora saldamente legata all’entroterra ma uno slancio deciso verso il mare.

Conferisce un senso di interezza, questo connubio fra la natura collinare del luogo, che ha alle spalle rilievi più alti e di fronte l’Arcipelago toscano, che appare all’orizzonte nelle giornate più terse. Un luogo speciale da visitare alla fine dell’inverno o all’inizio della primavera, quando il primo sole, rinvigorito dal volgere della bella stagione, scalda le pietre degli antichi edifici, ma al tempo stesso regala limpide giornate dove lo sguardo può perdersi in tutto lo spettacolo circostante.

Toscana: il borgo di Montescudaio in Val di Cecina con la sua Torre civica

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La Torre civica di Montescudaio e i tetti del borgo

Montescudaio: cenni storici

Sebbene la zona di Montescudaio fosse abitata fin da tempi preistorici, l’origine della cittadina si fa risalire alle prime testimonianze scritte risalenti al IX secolo. L’antica famiglia toscana dei Della Gherardesca, di origine longobarda, costruì infatti un castello attorno al quale si formò il primo agglomerato del borgo odierno. Nelle vicinanze, inoltre, era stato fondato nello stesso periodo una abbazia di suore benedettine.

Nel Quattrocento Montescudaio si costituì in Comune, sottraendosi al dominio nobiliare. Questa forma di governo proto-democratica sarebbe rimasta in vigore per due secoli, prima che Montescudaio fosse ceduta come feudo ai marchesi Ridolfi nel 1648. Entrata a far parte del Granducato di Toscana nel 1737, la cittadina fu gravemente danneggiata da un terremoto nel 1846. La parte più antica del castello riportò numerosi crolli, e l’antica abbazia di Santa Maria finì distrutta.

Ci volle circa un decennio per ricostruire Montescudaio, riportandola alla bellezza piccola, rurale e panoramica che ancora oggi accoglie il visitatore. Un fascino che è quello, comunque, del periodo medievale, anche se oggi la natura difensiva e militare con la quale il paese è nato rimane un passo indietro rispetto alla potenza estetica del connubio tra l’architettura e la posizione panoramica del luogo.

Montescudaio: cosa vedere

La terrazza panoramica del borgo di Montescudaio in Toscana

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Montescudaio: vista dalla terrazza panoramica

Ancora oggi Montescudaio è un borgo aggrappato attorno alla sua acropoli, costituita dalle imponenti mura medievali.

Via del Borgo e via del Castello passano attorno alla fortificazione, dove le mura di cinta raggiungono addirittura i 15 metri di altezza. Al castello medievale si accede in corrispondenza della Torre civica, risalente al XII secolo, che con il suo orologio domina la parte centrale di Montescudaio ed è un po’ il simbolo del centro storico.

Da questa parte sopraelevate del paese si gode per prima cosa di una piacevole vista sui tetti delle case che compongono il borgo, con il rosso intenso dei coppi di terracotta che fa bella mostra di sé. Percorrendo il largo camminamento delle mura si giunge al luogo chiave della visita a Montescudaio: la grande terrazza panoramica sul lato occidentale offre una vista splendida che dalle colline circostanti si lancia verso il blu intenso del Mar Tirreno.

Qui nelle giornate terse e luminose le sagome della piccola isola della Gorgona, a destra di chi guarda, e dell’isola di Capraia, più a sinistra, appaiono chiare e ben distinte al largo. Oltre l’Arcipelago Toscano, se si è fortunati, nella giornata giusta si può addirittura individuare la punta settentrionale della Corsica (Capo Corso) dietro Capraia.

Il momento più suggestivo per trovarsi nell’ampio piazzale pavimentato è quello del tramonto. Il sole infatti cala all’orizzonte, incendiando il mare e il cielo in una miriade di colori diversi (rosa, arancio, rosso, blu, viola, indaco) e accentuando il contrasto delle isole dell’Arcipelago toscano rispetto alla tavola marina sulla quale giacciono.

L'isola di Capraia vista dal borgo di Montescudaio

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L’isola di Capraia vista dal borgo di Montescudaio qualche minuto dopo il tramonto

Alle spalle della terrazza panoramica principale, ombreggiata da una fila di alberi, si trova la Chiesa di Santa Maria Assunta. Si tratta dell’edificio religioso ristrutturato a metà dell’Ottocento, dopo il terremoto. Tuttavia la chiesa ha preso tale denominazione che in precedenza apparteneva alla già citata abbazia benedettina fondata prima dell’Anno Mille e i cui resti sono oggetto di recenti scavi archeologici nella campagna attorno a Montescudaio.

Una passeggiata per i vicoli e le viuzze nei dintorni porta alla scoperta di un borgo medievale dall’atmosfera semplice, genuina e silenziosa. Un contesto fuori dal tempo dal quale assorbire l’incanto della vita lenta, di una parziale disconnessione dal caos della quotidianità. Non mancano, sul versante settentrionale del borgo, altre piccole terrazze e panorami che si offrono da piccoli belvedere che, invece di essere rivolti verso il mare, consentono di apprezzare la bella campagna circostante, tra boschi, vigne, ulivi e casali.

Val di Cecina: i tesori della tavola

Proprio la campagna circostante il borgo è uno dei tesori di Montescudaio. Numerosi sentieri la attraversano partendo dalle porte del paese e andando a esplorare le colline circostanti: sono percorsi ideali per le giornate primaverili, quando la natura esplode in tutto il suo splendore e il contrasto visivo tra il verde e l’ocra della natura e il blu del mare in lontananza regala il meglio.

Nei boschi intorno al paese si trovano altre testimonianze del passato: la Badia, ovvero le già citate tracce dell’abbazia benedettina, ma anche tracce di antichi acquedotti, tabernacoli e piccole cappelle sono disseminate lungo i percorsi che è possibile affrontare.

Vigne nei dintorni di Montescudaio

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Vigne nei dintorni di Montescudaio

I dintorni di Montescudaio e, più in generale, l’intera Val di Cecina, regalano inoltre alcuni eccellenti prodotti enogastronomici.

L’amministrazione comunale è infatti tra i fondatori dell’associazione Città del Vino e fa parte delle organizzazioni Città dell’Olio e Città del Pane. Montescudaio ha inoltre una propria denominazione d’origine controllata per quanto riguarda il vino.

Ne danno bella mostra di sé le vigne e gli uliveti che si incontrano esplorando i dintorni del borgo e degli altri paesi vicini. Una visita a una delle tante aziende vitivinicole del territorio è un modo ideale per completare un itinerario di visita a Montescudaio.

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Toscana: tre borghi da scoprire in Casentino

Nel 1818 il pittore tedesco Caspar David Friedrich dipinge il suo quadro più celebre, il Viandante sul mare di nebbia. Rappresenta un uomo, probabilmente lo stesso Friedrich, che osserva da un promontorio roccioso una vallata montana invasa da una coltre di nebbia, immersa in un’atmosfera romantica, malinconica e inquieta.

Le sensazione, ma anche la concreta esperienza dell’osservare un panorama che ci rimane nascosto, è tipica dei mesi invernali nelle vallate di collina e di campagna. Presto, però, arriverà la primavera a squarciare il velo della bruma, e torneranno a rendersi vivi i colori dei boschi e dei prati, a svettare in lontananza i crinali delle montagne, a stagliarsi contro l’orizzonte i merli e i campanili dei piccoli borghi che siedono sulle vette di morbide colline tornite.

Un passaggio di stagione che vale la pena vivere e scoprire in Casentino, una valle della Toscana situata tra Firenze e Arezzo, dove scorre il primo tratto dell’Arno e che confina con la Romagna, con la quale condivide i rilievi appenninici e il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.

Una valle rurale e verde, eppure densa di storia, in particolare medievale: dalla battaglia di Campaldino raccontata da Dante Alighieri ne La Divina Commedia fino al Santuario della Verna, il luogo dove Francesco d’Assisi avrebbe ricevuto le stigmate e che è diventato poi uno dei luoghi di culto chiave del francescanesimo.

Un territorio che è punteggiato, inoltre, di piccoli borghi autentici, ognuno con le sue peculiarità. Cittadine il cui centro è situato al vertice di una collina e che dominano da lì la lunga pianura casentinese, un po’ come lo spuntone di roccia di Friedrich rispetto al suo mare di nebbia.

Poppi, il borgo simbolo del Casentino

Quando si scende lungo le curve della lingua d’asfalto che dal Passo della Consuma, il valico che collega Firenze al Casentino, lo sguardo sulla vallata si posa inevitabilmente sugli svettanti merli del Castello di Poppi, che si staglia sulla sommità di una collina e domina la pianura ai suoi piede.

Si tratta di uno dei simboli del Casentino, e sono molteplici le vedute panoramiche sulla valle dalle quali si individua chiaramente la sagoma del fortilizio che emerge tra i tetti degli altri edifici di questo piccolo gioiello medievale.

Vista sul borgo di Poppi, in Casentino - Toscana

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Il Castello di Poppi è uno dei simboli del Casentino

Poppi è oggi divisa in due parti: una, contemporanea, adagiata in pianura e cresciuta in tempi moderni attorno al passaggio della strada che sale verso il succitato Passo della Consuma; l’altra, quella più interessante, è quella dall’animo storico, che si sviluppa sui fianchi di un colle, in vetta al quale sorge il magnifico Castello.

In cima al borgo, caratterizzato da antiche mura, vicoli stretti ed edifici in pietra, si può godere di un panorama eccezionale, sorseggiando un aperitivo al chiosco nel giardino esterno al mastio. All’interno del Castello ha oggi sede il comune di Poppi, ma nella parte visitabile della struttura potrete scoprire di più sulla mitica Battaglia di Campaldino, tenutasi l’11 giugno 1289 nella pianura che dal borgo si estende in direzione di Firenze. Lo scontro decise la supremazia dei Guelfi fiorentini, fra i quali militava Dante Alighieri, sui Ghibellini aretini.

Bibbiena, il Museo Archeologico e il Carnevale

Nella Battaglia di Campaldino Bibbiena si schierò dalla parte dei Ghibellini di Arezzo, quella che fu poi sconfitta. Ne derivò devastazione e rovina: i fiorentini saccheggiarono prima il mercato e la vecchia pieve, poi, dopo giorni di assedio, entrarono dentro le mura del castello, saccheggiando ulteriormente la città.

È per questo che oggi Bibbiena, una delle cittadine più grandi del Casentino, ha pochi residuati dell’epoca medievale, come alcune piccole porzioni di mura. Con un’impronta meno rurale e più metropolitana, la città offre una bella vista panoramica dall’elegante Piazza Tarlati, con la sua torre dell’orologio e i pittoreschi vicoletti di contorno, animati da palazzi gentilizi.

La vicina Chiesa di San Lorenzo ospita due pale in terracotta invetriata di Andrea della Robbia. Degno di una visita anche il Museo Archeologico del Casentino: in sei sale si svolge un percorso affascinante, dedicato alla storia della valle dalla preistoria ai romani, passando per le statuette votive ritrovate al Lago degli Idoli, uno stagno vicino alla sorgente dell’Arno oggetto della scoperta di tanti manufatti di origine etrusca.

La torre dell'orologio di Piazza Tarlati nel borgo di Bibbiena, in Casentino

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La torre dell’orologio di Piazza Tarlati a Bibbiena

Ogni anno, per il martedì grasso, a Bibbiena si svolge il Carnevale della Mea, una rievocazione storica legata a una leggenda locale: in una sorta di versione casentinese di Romeo e Giulietta, la giovane e bella lavandaia Mea si dice fosse contesa tra il ricco figlio del Conte Tarlati del rione Piazza e il povero tessitore Cecco del rione Fondaccio; la disputa, che minacciava di coinvolgere entrambi i rioni in una sommossa cittadina, venne risolta dal Conte e la nuova pace tra i due rioni celebrata bruciando in piazza il pomo della pace, un grosso ginepro.

La leggenda viene rievocata di anno in anno con costumi tradizionali, un corteo storico, giocolieri e sbandieratori che animano l’addobbato centro storico della cittadina, per poi ripetere il rituale del Bello Pomo alle cinque del pomeriggio del martedì grasso: si brucia un albero di ginepro e dalle fiamme sprigionate si cerca di intuire quali siano gli auspici per l’anno a venire.

Raggiolo, un’enclave corsa in Casentino

Il centro del borgo di Raggiolo, in Casentino

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Il centro di Raggiolo è tutto in pietra

Isolato tra i boschi alle pendici del Pratomagno, il monte che separa il Casentino dal Valdarno, si trova il borgo di Raggiolo, un luogo davvero unico.

Popolato da edifici completamente costruiti in pietra, a cui si accede solamente a piedi passando per le sue stradine lastricate, ha una storia straordinaria: nel Cinquecento una colonia di còrsi si stabilì nel paese, dando vita a una vera e propria enclave, chiamati a ripopolare l’antico castello distrutto nel secolo precedente.

Simbolo del paese sono le castagne, frutto prediletto data la posizione del borgo all’interno di un bosco predominato da tali alberi. A Raggiolo si trova anche l’Ecomuseo della Castagna, un percorso di scoperta del legame tra questo frutto, il territorio e la cultura contadina locale.

L’edificio chiave è la Chiesa di San Michele, che fa bella mostra di sé nel bel mezzo del borgo, costruita sulle rovine del precedente castello dei Conti Guidi. Malgrado si trovi in un piccolo borgo remoto, la Chiesa è decorata da un certo numero di opere d’arte all’interno.

Oggi Raggiolo ha uno sparuto pugno di residenti fissi e rischia di rimanere un borgo fantasma, ancor più di quanto non dia l’impressione camminare per le silenziose vie di questo borgo dove il tempo è davvero sospeso.

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L’anima rinascimentale di Prato e del suo centro storico

Nel 1951 la città di Prato contava poco più di 77mila abitanti, gli stessi di Pisa e poco più della metà di quelli di Livorno. Dieci anni più tardi il conto dei residenti aveva superato i 110mila, in venti era sostanzialmente raddoppiato. Negli anni Novanta, mantenendo un forte tasso di crescita, era divenuta la seconda città per numero di abitanti in Toscana, pur trovandosi a meno di 20 chilometri di distanza dal capoluogo regionale, Firenze.

Oggi Prato non è solo la seconda città toscana ma anche la terza di tutto il Centro Italia, e continua a mantenere un saldo positivo nella crescita del numero di abitanti anno dopo anno. Dai 77mila cittadini di sessant’anni fa si è passati ai quasi 200mila attuali, un incremento sostenuto soprattutto da una forte industria manufatturiera, in particolare nel settore tessile.

La sua forza economica e la presenza di corpose comunità straniere, in particolare quella cinese, hanno portato Prato alla ribalta nazionale, ma quello che spesso sfugge a chi non conosce la città è il suo cuore artistico, agganciato all’antichità e al Rinascimento, sottovalutato dai circuiti del grande turismo.

Prato ha una storia un po’ diversa da quella delle altre città toscane. È partita in ritardo rispetto alle colleghe: Firenze e Pistoia, le altre due che occupano la lunga piana, erano insediamenti già con una notevole storia alle spalle quando Prato si costituisce come libero comune nel XII secolo. Con un destino che dalla metà del Trecento fu indissolubilmente legato alle sorti di Firenze, Prato ebbe una crescita e una espansione che la portò a svilupparsi urbanisticamente ed economicamente, ma anche in termini architettonici.

Proprio dagli effetti di questo sviluppo parte l’esplorazione della Prato artistica, dei suoi piccoli e grandi tesori, noti e meno noti, legati soprattutto alla sua poco conosciuta anima rinascimentale.

Cosa vedere nel centro storico di Prato: il Duomo

Nel 1141 un certo Michele Dagomari, mercante pratese, si trova a Gerusalemme ed entra in possesso di una cintura di lana di capra verdolina, intrecciata con del filo d’oro. La riceve come dote matrimoniale e la riporta in patria, consapevole della sua natura: si tratta secondo la leggenda della Sacra Cintola, cioè la cintura che Maria, ascesa al cielo, lascia nel proprio sepolcro come testimonianza, quella che serve a convincere l’incredulo San Tommaso.

Da allora la reliquia sarà oggetto di un culto importante e crescente, che porterà alla ristrutturazione del Duomo di Prato per come lo conosciamo oggi: la Cattedrale di Santo Stefano sorge in Piazza del Duomo, la sua sagoma elegante e simmetrica decorata dalla tipica bicromia romanica, realizzata tramite materiali locali: il marmo verde di Prato e l’alberese bianco.

Particolare della facciata del Duomo di Prato

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Il serpentino, conosciuto come marmo verde di Prato, e l’alberese sono le due pietre con cui sono rivestite le facciate degli edifici monumentali della città

All’esterno il Duomo è caratterizzato da uno splendido pulpito, “appeso come un nido all’angolo della facciata”, come scrive Curzio Malaparte. Realizzato da Michelozzo e Donatello, due dei nomi più eccellenti del Rinascimento toscano, è il luogo dal quale si celebra l’ostensione della Sacra Cintola, momento chiave della vita religiosa della comunità pratese, e decorato da rilievi di grande raffinatezza.

All’interno, invece, si trova il più importante ciclo di affreschi di Filippo Lippi, uno dei grandi pittori fiorentini della metà del Quattrocento (e autore anche dei celebri affreschi del Duomo di Spoleto). Nella cappella maggiore si trovano infatti le Storie di Santo Stefano e San Giovanni Battista, frutto di quattordici anni di lavoro, considerate il punto più alto della sua produzione.

Il Duomo di Prato è un tripudio per gli amanti dell’arte rinascimentale: vi si scoprono il bellissimo crocifisso ligneo e la scultura della Madonna col Bambino di Giovanni Pisano, la terracotta della Madonna col Bambino di Benedetto da Maiano, la Virtù di Paolo Uccello dipinta nella Cappella dell’Assunta, gli affreschi di Agnolo Gaddi nella Cappella del Sacro Cingolo.

Il Castello dell’Imperato e Santa Maria delle Carceri

Il centro storico di Prato, veduta aerea

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Veduta aerea del centro storico di Prato, con l’imponente Castello dell’Imperatore e la Basilica di Santa Maria delle Carceri in basso a sinistra

Svicolando da Piazza del Duomo tra le strette strade del centro storico in direzione sud, in pochi minuti si raggiunge l’ampia Piazza di Santa Maria delle Carceri, dove hanno dimora due dei più caratteristici edifici di Prato: l’omonima basilica, Santa Maria delle Carceri, e il Castello dell’Imperatore.

Quest’ultimo fa riferimento a Federico II di Svevia, mandante della sua costruzione, quando Prato ancora era poco più di una borgata.

Si tratta dell’unico esempio di architettura sveva in questa parte d’Italia e fu costruito nell’ottica della lotta per il controllo della Toscana fra l’Impero e lo Stato della Chiesa. Per edificarlo Federico inviò uno dei suoi più mirabili architetti, il siciliano Riccardo da Lentini, che nell’isola aveva già progettato gli imponenti manieri di Augusta e Milazzo e il mirabile Castello Maniace a Siracusa. Il Castello rimase però inizialmente incompiuto a causa della morte dell’imperatore.

Ancora oggi il Castello dell’Imperatore è uno dei simboli della città, con la sua sagoma imponente e gli squadrati merli. L’edificio è visitabile e offre, dai camminamenti di ronda a cui si accede dalle eleganti scale a chiocciola in marmo, una delle viste panoramiche più belle sul centro storico della città.

Affacciata sulla stessa piazza del castello si trova la Basilica di Santa Maria delle Carceri, un piccolo gioiello cinquecentesco frutto del genio architettonico di Giuliano da Sangallo. La facciata risulta divisa in due: la parte bassa ornata dei classici paramenti bianco-verdi in marmo, la parte alta disadorna, incompiuta. La sua particolarità è la pianta a croce greca, ovvero con tutte le braccia della croce della stessa lunghezza, ed è considerata una vera e propria gemma della prima fase del Rinascimento.

facciata basilica santa maria delle carceri prato

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La Basilica di Santa Maria delle Carceri, a pianta greca

All’interno si possono ammirare le vetrate opera del Ghirlandaio, le maioliche di Andrea della Robbia e l’unica scultura in bronzo conosciuta di Francesco da Sangallo, figlio di Giuliano: un San Giovanni Battista sopra l’acquasantiera in marmo.

Santa Maria delle Carceri, così chiamata perché nel seminterrato sotto la sacrestia si trovavano le antiche prigioni, è anche oggetto di due fenomeni astronomici particolari. Poiché venne eretta per proteggere un affresco della Vergine che riscuoteva venerazione e che era stata oggetto di alcune apparizioni miracolose, Giuliano da Sangallo la progettò attentamente affinché accadessero due eventi: il 15 luglio, giorno in cui fu registrata una di queste apparizioni, i raggi del sole colpiscono la lanterna della cupola e formano un disco di luce al centro dell’altare dalle 15:18 e per alcuni minuti; il 21 giugno, solstizio d’estate, i raggi del sole, penetrando sempre dalla lanterna della cupola, vanno a illuminare proprio l’immagine della Vergine.

Il Rinascimento a Prato: il Museo di Palazzo Pretorio

Per capire davvero quanto sia profonda l’anima artistica di Prato il Museo di Palazzo Pretorio diventa una tappa obbligata. In questo edificio medievale slanciato verso l’alto, che domina una piccola piazza nel cuore del centro storico, si trova una collezione di oltre 3mila opere pittoriche con un percorso che si snoda dal Trecento al Novecento, ma dove il Rinascimento rimane il cuore fondamentale dell’esposizione.

Palazzo Pretorio Prato

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L’elegante e disadorna facciata del Palazzo Pretorio di Prato

Il già citato Filippo Lippi, artista cardine del Quattrocento, è uno dei protagonisti del Museo, con una serie di opere tra le più notevoli della sua produzione. Una Crocifissione di grande impatto drammatico è l’opera visitabile più suggestiva del figlio di Filippo, Filippino.

Bernardo Daddi, Fra’ Diamante, Francesco Botticini, Luca Signorelli sono alcuni degli altri artisti le cui opere si susseguono nel percorso espositivo, fino ad arrivare a qualche opera novecentesca. Da poco, in una saletta al primo piano, è stato allestito un nuovo spazio dedicato al Risorgimento, con cimeli come fucili e uniformi dei pratesi che hanno partecipato all’impresa dell’unificazione dell’Italia.