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Incredibile scoperta archeologica: “Diventerà famosa come Pompei”

Una nuova scoperta archeologica riscrive la storia di un’antica città romana di cui, in fondo, sapevamo davvero poco: gli esperti hanno infatti ritrovato alcune rovine eccezionali ben al di fuori di quello che, finora, si riteneva fosse il confine cittadino. Questo significa che il sito archeologico è decisamente molto più grande di ciò che si è sempre creduto. E forse diventerà la nuova Pompei, un luogo dal fascino incredibile che attirerà moltissimi turisti.

Croazia, l’incredibile scoperta a Salona

L’antica Salona, appena fuori dai confini del territorio in cui oggi sorge l’omonima città croata (chiamata anche Solin), rappresenta una delle più affascinanti testimonianze lasciate in vita dalla civiltà romana, anche tanti secoli dopo la sua scomparsa. È qui, a due passi da Spalato, che sono infatti state rinvenute le tracce di una piccola cittadina nata già ai tempi degli Illiri, che però trovò il suo massimo sviluppo sotto l’Impero Romano, diventandone uno dei suoi centri più importanti, anche per la sua posizione strategica.

Di recente, gli archeologi hanno scoperto qualcosa che rende il sito ancora più interessante: al di fuori di quello che era considerato il limite della città, sono stati rinvenuti degli antichi bastioni che dimostrano le reali dimensioni di Salona. Le nuove rovine si estendono sino all’area meridionale di Solin, presso Gospin Otok, e ci regalano una visione del tutto diversa di quella che doveva essere, in passato, la vera portata di questo centro d’importanza commerciale e militare. Al suo interno, dovevano trovarsi anche un antico convento, le grandi terme solo in parte esplorate e la porta meridionale che dava accesso alla città.

“Queste scoperte diventeranno ben presto celebri ritrovamenti archeologici come le famose città di Aquileia e di Pompei, e avranno un’importanza significativa nello sviluppo economico della città di Solin” – spiega l’architetto e storico dell’arte croato Radoslav Bužančić, aggiungendo inoltre che il sito è in perfetto stato di conservazione perché nel tempo è stato adeguatamente finanziato affinché preservasse il suo originale splendore. Questo impegno ora porterà i suoi frutti, grazie anche all’incessante lavoro degli archeologi che hanno ritrovato i nuovi resti delle mura.

Salona, un’antica città romana

Salona fu un importante centro economico e militare all’epoca dell’Impero Romano: durante il regno dell’Imperatore Augusto, assunse persino il ruolo di capitale della provincia della Dalmazia. Venne in parte oscurata nel periodo in cui Diocleziano, nato proprio in questa città, costruì il suo meraviglioso Palazzo nella vicina Spalato, ma non perse mai il suo grande rilievo. Nel corso dei secoli, Salona venne più volte assalita e distrutta, per poi essere sempre ricostruita diventando pian piano più grande. Fin quando, nel VI secolo, venne abbandonata dai suoi cittadini in fuga che trovarono rifugio proprio presso il Palazzo di Diocleziano e il villaggio fortificato che, nel frattempo, vi era sorto attorno.

Nel corso dei prossimi anni, il sito archeologico di Salona verrà rivalorizzato grazie anche alle più recenti scoperte, che inevitabilmente attireranno la curiosità di molti turisti. Le autorità hanno già in programma diversi progetti per presentare l’antica città e i suoi preziosi tesori al pubblico. Ad esempio, presto il locale centro culturale ospiterà alcuni mosaici trovati all’interno dell’area archeologica.

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La scoperta avvenuta in Italia databile alle fine dell’età imperiale

L’Italia, “terra di santi, poeti e navigatori”, ma sopratutto di storia, molta della quale deve ancora essere compresa a fondo. Non a caso, nel nostro Paese avvengono tantissime scoperte archeologiche, come quella che vi stiamo per raccontare che è databile alla fine dell’età imperiale.

La scoperta avvenuta a Macerata

Ci troviamo a Villa Potenza, in provincia di Macerata, dove sono da poco iniziati gli scavi esplorativi nell’area adiacente al Centro Fiere. Operazioni che attualmente sono ferme a causa del maltempo, ma che riprenderanno non appena il clima si sarà stabilizzato, e sotto la direzione della Soprintendenza.

Uno degli obiettivi di questa scavi è la realizzazione, da parte del Comune della città, di un campo da rugby, ma invece quello che è emerso è una necropoli tardo-romana, e quindi risalante alla fine dell’età imperiale.

Le dichiarazione degli addetti ai lavori

Come riportato dal Corriere Adriatico, l’assessore comunale all’Urbanistica, Silvano Iommi, ha spiegato che: “È stato dato l’incarico a una società esperta in archeologia preventiva. Nei giorni scorsi è emersa, in sede di verifiche di superficie, la presenza di numerose tombe presumibilmente di epoca tardo-romana. L’indagine dovrà proseguire sotto la sorveglianza della Soprintendenza per verificare la consistenza della scoperta, ma a giudicare dalle trincee finora fatte risultano una quarantina di tombe o siti da scavare, a una profondità che varia dai 40 ai 60 centimetri”.

Una scoperta non da poco in quanto: “Siti di probabili tombe che ora vanno scavati, ma dalla presenza di resti in laterizio e il fatto che siano scure, è facile che siano tombe. La necropoli non era mai stata trovata prima in quella zona ad Est. Era stata fatta un’ipotesi del perimetro murario, ora è confermata la presenza di quello che in parte si era intuito, sarà svolto un approfondimento nei prossimi mesi, poi la Soprintendenza deciderà il da farsi”, ha continuato.

L’assessore, sempre come si piò leggere sul quotidiano locale, ha concluso: “Debbo dire che si sta rivelando utile la norma introdotta nel codice degli appalti che dispone azioni preliminari archeologiche in certe zone di rilievo. Peraltro la realizzazione di un campo da rugby impone lavori in superficie che non andrebbero a incidere su eventuali tombe: in ogni caso ora è in corso la protezione dell’area con la recinzione. Le rilevazioni fatte con il georadar indicherebbero la presenza di tombe su più strati, dunque a profondità maggiori di quelle che finora si sono viste: probabilmente le verifiche andranno avanti per tutti il mese di marzo”.

In sostanza, bisogna ancora verificare la portata del ritrovamento e, per questo motivo, i lavori proseguiranno per almeno 2/3 mesi. C’è da precisare, però, che lo spostamento del campo da rugby dalla sua attuale posizione vicino al sito archeologico di Recina, nei pressi del fiume, all’area adiacente al Centro Fiere era stato motivato proprio dalla volontà di allargare gli scavi di Helvia Recina.

Del resto Helvia Recina è un’antica città romana, oggi sito archeologico, che vanta numerosi resti tra cui quelli di un teatro romano del II secolo d.C. di ben 72 metri di diametro e di cui sono ancora bene riconoscibili l’orchestra, la cavea e il frontescena in laterizio come prevedeva il teatro romano classico.

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È stata fatta un’enorme scoperta risalente a 5000 anni fa

Studiare le antiche civiltà e scoprire quali fossero le loro abitudini quotidiane è qualcosa di sorprendente: è come fare un tuffo nel passato, alla ricerca delle nostre radici. E ogni tanto capita che gli archeologi facciano ritrovamenti in grado di regalarci una nuova visione di ciò che accadeva millenni fa. Proprio come è successo in queste settimane, grazie all’incredibile scoperta avvenuta in Iraq.

Iraq, il ritrovamento a Lagash

L’Iraq è stata la culla di alcune delle più antiche civiltà mai esistite, ed è qui che negli anni sono emerse splendide testimonianze archeologiche (come la recente scoperta del muro di Hammurabi avvenuta per opera di un team italiano). Gli scavi proseguono senza sosta, alla ricerca di ciò che la terra può ancora nascondere ai nostri occhi. Ed è proprio così che, nelle scorse settimane, si è verificato un ritrovamento a dir poco eccezionale, che ci offre uno scorcio di vita quotidiana risalente a ben 5000 anni fa.

La scoperta è avvenuta tra le rovine dell’antica città di Lagash, a non molta distanza da Nassirya: si tratta di un importante sito archeologico, dove un tempo sorgeva quello che gli esperti considerano uno dei primi centri urbani mai edificati dai sumeri. Trovandosi vicino alla confluenza dei fiumi Tigri ed Eufrate, l’area era molto fertile (a dispetto del suo attuale aspetto desertico) e aveva permesso lo sviluppo di una solida civiltà: “Lagash era una delle città più importanti dell’Iraq meridionale. I suoi abitanti dipendevano dall’agricoltura, dal bestiame, dalla pesca e anche dallo scambio di merci” – ha spiegato l’archeologo iracheno Baker Azab Wali.

Nonostante le numerose testimonianze riemerse in questo territorio, non sappiamo ancora molto sulla civiltà sumera, soprattutto in considerazione di quella che doveva essere la vita quotidiana degli abitanti della città di Lagash. Mentre gli studi si concentrano principalmente su re e sacerdoti, i cittadini comuni rimangono spesso all’ombra. Ma la nuova scoperta fa luce su alcune delle abitudini di questa antica popolazione. Un team italo-statunitense ha infatti trovato i resti di una taverna: tutto ciò ci rivela che anche in passato si andava a mangiare e bere fuori, condividendo momenti preziosi in compagnia.

Scoperta una taverna di 5000 anni fa

I resti della taverna sono databili a quasi 5000 anni fa: “Questa scoperta dimostra che a quel tempo esisteva una sorta di uguaglianza tra le classi sociali, in termini di luoghi di intrattenimento e tenore di vita medio” – ha dichiarato Bakar Azab Wali. I reperti individuati sono poi un’istantanea di quelle che dovevano essere le abitudini dei cittadini di Lagash. Il team di ricercatori dell’Università della Pennsylvania e dell’Università di Pisa, guidato da Holly Pittman, ha infatti trovato ciò che rimane di un primitivo sistema di refrigerazione, oltre ad un grande forno.

Sono poi emersi numerosi banchi utilizzati dai commensali e circa 150 ciotole in ceramica, alcune delle quali ancora contenenti ossa di pesci e di altri animali. Infine, hanno scoperto la prova dell’abbondante consumo di birra tra i sumeri, una bevanda che veniva servita in tavola anche più spesso di quanto non lo fosse l’acqua. In uno dei templi vicini alla taverna, in effetti, i ricercatori hanno rinvenuto una tavoletta con incisa sopra, in caratteri cuneiformi, la ricetta di questo nettare degli dei.

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L’incredibile scoperta riemersa dal sottosuolo al Vallo di Adriano

Quello che gli archeologi inglesi hanno da poco trovato sottoterra, presso il Vallo di Adriano, è qualcosa di davvero incredibile (e preziosissimo): in uno dei siti più importanti della Gran Bretagna, sono riemersi dei reperti molto rari che si nascondevano tra terra e limo in un posto in cui nessuno avrebbe mai pensato di cercare.

Gemme preziose trovate al Vallo di Adriano

Nei dintorni del Vallo di Adriano, e più precisamente presso la cittadina di Carlisle, sono state rinvenute ben 30 gemme preziose che erano rimaste celate sottoterra per secoli. Si tratta di ametiste, diaspri rossi e pietre di ogni genere, alcune di esse incise con immagini come quella di Venere o di un satiro. Con esse, vi erano anche 40 forcine per capelli e delle perle di vetro appartenenti ad una collana. Gli archeologi inglesi hanno trovato questi reperti nelle condutture di un antichissimo impianto termale d’epoca romana: i bagni comprendevano vasche d’acqua calda, piscine e saune, tutti luoghi di ristoro probabilmente utilizzati dai soldati di stanza proprio al Vallo di Adriano.

Come sono finiti tutti questi oggetti nelle tubature dei bagni romani? Le pietre preziose erano probabilmente incastonate in anelli, amuleti e sigilli che i soldati portavano con sé nel momento di immergersi nelle vasche: il calore, sciogliendo la colla che teneva le gemme ben salde al loro posto, avrebbe permesso a queste ultime di scivolare via e perdersi nell’acqua, per poi finire negli scarichi durante le operazioni di pulizia delle piscine. Così, questi reperti di grandissimo valore sono rimasti per secoli nascosti tra le incrostazioni delle condutture, fino a quando non sono stati ritrovati durante una campagna di scavi.

Le gemme sono state datate tra il II e il III secolo d.C., e dato il loro elevato valore appartenevano probabilmente a personalità militari o ad aristocratici. Nella maggior parte dei casi, si tratta di pietre di piccole dimensioni con incisioni minuscole, segno di un artigianato di altissima qualità. “Il metallo si espande e se la pietra non è adeguatamente fissata può cadere” – ha spiegato al Guardian il professor Martin Henig, esperto di arte romana presso l’Università di Oxford . “Immagino che le gemme recuperate dai canali di scolo si siano accumulate nel tempo, dobbiamo ricordare infatti che moltissime persone utilizzavano quei bagni”.

Che cos’è il Vallo di Adriano

Il Vallo di Adriano è un importante sito archeologico inglese: si tratta di una lunga fortificazione in pietra risalente alla prima metà del II secolo d.C., eretta probabilmente per volere dell’imperatore Adriano. All’epoca della sua costruzione, segnava il confine tra i territori romani della Britannia e la Caledonia, dividendo praticamente in due quello che è l’attuale Regno Unito – ancora oggi, spesso lo si utilizza per identificare il confine tra Inghilterra e Scozia. Ultimo avamposto militare a settentrione dell’Impero Romano, veniva costantemente sorvegliato da numerosi soldati.

Era tradizione, all’epoca, che i militari trovassero ristoro nei bagni termali: quelli rinvenuti presso Carlisle sono davvero monumentali, segno dell’importanza che rivestivano nell’antichità. Furono probabilmente proprio i soldati a perdere le pietre preziose che oggi sono state ritrovate nelle tubature degli impianti termali. L’intero complesso del Vallo di Adriano e le strutture ad esso collegate sono protette come Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, per il loro immenso valore storico.

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Scoperta la mummia più vecchia di sempre

È di poche ore fa, la straordinaria notizia arrivata direttamente dall’Egitto, e più precisamente dalla celebre zona archeologica di Saqqara. Una nuova scoperta è stata appena fatta dalla squadra del professor Zahi Hawass, ex ministro delle Antichità dell’Egitto e attualmente segretario generale del Consiglio supremo delle Antichità Egizie. Un ritrovamento che ha dell’incredibile e che cambia, ancora una volta, la storia di questo bellissimo Paese.

La scoperta, infatti, riguarda un sarcofago, ritrovato in uno scavo profondo ben 15 metri e realizzato in calcare sigillato con la malta, all’interno del quale è stata rinvenuta la mummia di un uomo. Nulla di nuovo, certo, se non fosse che dalla decifrazione del nome trascritto sul sarcofago stesso, Hekashepes, così si doveva chiamare, la mummia risalirebbe a 4.300 anni fa. Datazione che pone le basi per considerare questo ritrovamento e la mummia stessa, come la più antica e completa, ricoperta con una foglia d’oro.

Una scoperta eccezionale

Un ritrovamento davvero eccezionale, avvenuto in un complesso tombale risalente tra la V e la VI dinastia (nel periodo compreso tra il 2.465 e il 2.152 a.C.) e che è stato fatto nei pressi della famosa piramide a gradoni di Djoser, nella necropoli patrimonio Unesco di Saqqara, un’area che dista circa 30 chilometri a Sud del Cairo.

Una scoperta che spicca per l’eccezionale conservazione della mummia stessa e che segna un traguardo importante per l’equipe che ha effettuato il ritrovamento. E che si unisce ad altre tombe rinvenute nel sito appartenute ad alti funzionari del tempo. Tra le altre, infatti, sono state ritrovate e riportate alla luce anche altre tombe, come quella di Khnumdjedef, appartenente alla casta sacerdotale e ispettore degli ufficiali e supervisori dei nobili durante gli anni di regno dell’ultimo faraone della V dinastia, Unas.

Ma anche la sepoltura di Meri, che secondo l’iscrizione rinvenuta era «custode dei segreti e assistente del grande conduttore del Palazzo». Oltre, poi, alla presenza di ben nove statue raffiguranti persone della servitù, quella di un uomo con sua moglie, vasi e manufatti.

La grande importanza di questo ritrovamento straordinario

Di fatto, quindi, il ritrovamento del corpo mummificato di Hekashepes dona un valore ancora maggiore alla già straordinaria campagna archeologica in corso e questo grazie al fatto che il complesso di tombe rinvenute, pur non appartenendo a faraoni, riconduce a persone che a quel tempo godevano di una certa importanza nella scala sociale. Ponendo delle solide basi per collegare la vita dei faraoni a quella delle persone che gli orbitavano intorno e con cui, con grande probabilità, erano soliti interagire.

Una scoperta che si unisce alle grandi rivelazioni di questo sito archeologico e che già nel 2020 si era reso protagonista di un ritrovamento di ben venti sarcofagi dipinti e databili a 2500 anni fa. E che fa ben sperare che questo sia un nuovo inizio o il continuo di un’onda favorevole di scoperte di un passato antico ma mai dimenticato. E di cui ci sono ancora tantissimi misteri e lati nascosti da scoprire e su cui fare chiarezza, per scrivere correttamente quella che è la storia di tutti noi.

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In Qatar uno dei siti archeologici più incredibili al mondo

Il Qatar non è fatto solo di avveniristici grattacieli a Doha e di natura primordiale che comprende il deserto di dune che cantano e la costa ricoperta di mangrovie. La storia di questo Paese è molto lunga e anche molto ricca di testimonianze che sono in pochi ancora a conoscere.

Le misteriose incisioni rupestri del Qatar

Nel Nord del Paese, a una novantina di chilometri dalla Capitale, c’è un luogo chiamato Al Jassasiya, nel bel mezzo del deserto roccioso. È uno dei più suggestivi per via delle antichissime incisioni rupestri che sono state scoperte.

Il sito comprende ben 874 incisioni, note come “petroglifi”, le più antiche delle quali si ritiene risalgano al Neolitico. Tuttavia, alcuni studiosi non sarebbero d’accordo con questa datazione, ma sarebbero convinti che le incisioni sono molto più recenti.

I petroglifi sono stati attentamente studiati e catalogati dagli archeologi che hanno identificato le incisioni su roccia di Al Jassasiya come uno dei siti più antichi del Qatar. Alcuni degli esperti suggeriscono che le incisioni potrebbero risalire al III secolo a.C., mentre altri le collocano tra il X e il XVIII secolo d.C., quindi molto più recenti.

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Fonte: 123rf

Una delle incisioni nella roccia ad Al-Jassasiya, nel Nord del Qatar

La scoperta e le ipotesi

Quando scoprirono il sito di Al Jassasiya nel 1957 pensavano fosse una grotta o una cava di arenaria. Nessuno avrebbe mai immaginato cosa nascondesse veramente.

Si tratta di un luogo che ancora oggi è carico di mistero. Le incisioni sulla roccia occupano una superficie di circa 700 metri e rappresentano diverse forme, come pesci, ostriche, rosette e coppelle.

Gli intagli a forma di “dau”, conservati fino a oggi, permettono di risalire a un passato lontano mentre le coppelle potrebbero rappresentare dei recipienti utilizzati per contenere le perle – sulla costa una volta la raccolta delle perle era l’attività principale delle popolazione – o per giocare ad antichi giochi da tavolo come quello che ancora oggi in Africa e Asia conoscono come “mancala” o “gioco di semina” e che un tempo qui era chiamato Al Haloosa o Al Huwaila.

La parola “Al Jassasiya” in arabo significa “collina” o anche “coloro che cercano” e, poiché il sito si trova su una zona rialzata a picco sul mare, probabilmente veniva usata come punto di vedetta per controllare le navi in entrata nel Qatar.

Un’altra importante scoperta che è stata fatta nei pressi del sito è quella dei resti di insediamenti residenziali. In questi alloggi è stato ritrovato del vasellame risalente al XV secolo.

Questo luogo, ricco di fascino e decisamente inaspettato che merita assolutamente una visita se si decide di visitare il Qatar, resta ancora oggi un enigma, a tanti anni di distanza dalla scoperta.

Vale la pena andarci anche per un alto motivo: nei pressi del sito lungo la costa si trova una delle spiagge più famose del Qatar per la sua bellezza unica. La spiaggia di Al Jassasiya è un’oasi nascosta, con le mangrovie a fare da sfondo verde al bianco della sabbia e alle acque cristalline e poco profonde. Un vero paradiso conosciuto da pochi.

 

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Una nuova meraviglia antichissima è stata scoperta in Italia

Tra borghi medievali e una rigogliosa vegetazione, la necropoli etrusca era rimasta ben celata agli occhi degli archeologi. Fin quando, del tutto inaspettatamente, è tornata a riemergere in tutto il suo splendore. La scoperta appena avvenuta in Italia ha sorpreso gli esperti: ecco tutti i dettagli.

La necropoli etrusca trovata a Vetulonia

La Toscana torna a regalarci qualcosa di meraviglioso: terra di recenti scoperte archeologiche di grande valore, la regione cela ancora molti tesori. Tra questi spicca, senza dubbio, la necropoli etrusca da poco tornata alla luce, dopo essere rimasta per secoli ben nascosta. Individuata dagli archeologi a poca distanza dal sito di Vetulonia, si tratta di un luogo di sepoltura di cui fino ad oggi eravamo totalmente all’oscuro. Questo sito non era infatti censito nella Carta Archeologica di Vetulonia, un importante documento storico stilato da Doro Levi nel 1931.

Trovare la necropoli non è stato facile, in effetti. L’intera area è disseminata di antiche testimonianze etrusche e romane, molte delle quali sono però andate perdute nel corso dei secoli. La fitta vegetazione e i borghi medievali che pian piano sono spuntati su tutto il territorio hanno reso quasi impossibile individuare tutte le vestigia rimaste ancora intatte. Per questo, negli ultimi anni gli esperti hanno dato il via ad attività di ricerche le quali, finalmente, stanno dando buoni frutti. La necropoli etrusca appena rinvenuta è una delle sorprese più interessanti. È stata ritrovata in località Poggio Valli, nei pressi del borgo di Castiglione della Pescaia.

“Nella nuova necropoli è possibile individuare un processo di sviluppo della tipologia architettonica delle sepolture etrusche di età orientalizzante e arcaica che conduce dalle tombe a circolo di pietre che racchiudono una semplice fossa terragna, chiusa o aperta su un lato breve, localizzati sulla spianata sommitale del poggio, alle tombe con fossa rivestita da filari in blocchi di pietra sotto piccoli tumuli cinti da tamburo, fino alle tombe a camera vere e proprie, inserite entro alti tumuli con tamburo e accessibili mediante un corridoio d’accesso.” – ha affermato Simona Rafanelli, direttore scientifico del MuVet (Museo Civico Archeologico di Vetulonia).

Il sito archeologico di Vetulonia, in Toscana

Vetulonia è una piccola frazione del borgo di Castiglione della Pescaia, immersa nel cuore verde della Maremma Grossetana. Qui, verso la fine del XIX secolo, venne rinvenuto un importante sito archeologico. La scoperta, ad opera di Isidoro Falchi, ha permesso di riportare alla luce alcune preziosissime vestigia della civiltà etrusca. In particolare, sono stati rinvenuti i resti di un centro abitato di età ellenistica e numerose necropoli disposte sulle colline che lo circondano. Visitando le varie località di sepoltura, è possibile ammirare l’evoluzione delle cerimonie funerarie etrusche.

Dalle primissime tombe a pozzetto, semplici buchi scavati nella terra, si passa alle fosse destinate all’inumazione e poi alle tombe monumentali. Molti anche i reperti, appartenuti al corredo funerario dei defunti, che sono stati ritrovati nel sottosuolo. Oggetti d’ambra, d’argento, di bronzo e d’oro sono oggi custoditi presso il Museo di Vetulonia, dedicato proprio all’archeologo Isidoro Falchi, ma anche presso il Museo Nazionale di Firenze e quello della Maremma di Grosseto.

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Sta per tornare alla luce una delle più importanti scoperte archeologiche di Gerusalemme

Gerusalemme è una città ricca di fascino e di storia, tra le più antiche al mondo: qui si trovano importanti testimonianze archeologiche legate soprattutto al mondo religioso, tanto che sono milioni i pellegrini in visita ogni anno alla Città Santa. Presto ci sarà un’altra attrazione assolutamente da scoprire, come annunciato nei giorni scorsi dall’Autorità Israeliana per le Antichità. Sta infatti per tornare alla luce un prezioso sito archeologico rimasto nascosto per oltre 2.000 anni.

La Piscina di Siloam torna alla luce

La Piscina di Siloam (chiamata anche Piscina di Siloe) fu un importante punto di approvvigionamento idrico della Gerusalemme fiorita sotto il regno del Re Ezechia, attorno al VIII secolo a.C. Venne costruita circa 2.700 anni fa e raccoglieva le acque della sorgente di Gihon, che venivano convogliate e poi immagazzinate tramite due tunnel sotterranei scavati direttamente nella roccia. Questa piscina si trova nella Città di Davide, il nucleo più antico di Gerusalemme, e più precisamente lungo il fianco meridionale del Monte Ophel.

La sua esistenza venne scoperta verso la fine dell’800, epoca a cui risale anche l’iscrizione in ebraico antico che indicava come l’acqua venisse convogliata dalla sorgente di Gihon alla piscina – una preziosa testimonianza risalente ai tempi di Ezechia, che ora si trova presso il Museo Archeologico di Istanbul. Non sappiamo molto sul reale uso di questa piscina: alcuni esperti ipotizzano che potesse essere impiegata per il mikveh, il tradizionale bagno rituale che i pellegrini facevano per purificarsi prima di visitare il Tempio.

Di certo, la Piscina di Siloam è strettamente legata al culto cristiano: citata più volte nella Bibbia, sarebbe il luogo in cui Gesù ridiede la vista ad un uomo cieco dalla nascita, compiendo uno dei suoi più celebri miracoli. Nei secoli, questo sito venne più volte restaurato – soprattutto durante l’epoca bizantina. Ma pian piano cadde in stato d’abbandono e venne dimenticata, sin quando alcune testimonianze non vi condussero nuovamente gli archeologi. Ora la splendida piscina torna a mostrarsi in tutta la sua bellezza: l’Autorità Israeliana per le Antichità ha infatti annunciato una nuova campagna di scavi volta a riportarla completamente alla luce e a renderla visitabile al pubblico.

Il percorso archeologico aprirà al pubblico

La Piscina di Siloam verrà resa per la prima volta visitabile: secondo quanto spiegato dalle autorità israeliane, farà parte di un percorso archeologico di grande bellezza che avrà inizio presso la Città di Davide e terminerà ai piedi del Kotel, il Muro del Pianto. “La piscina nel Parco Nazionale della Città di Davide a Gerusalemme è un sito di importanza storica, nazionale e internazionale. Dopo molti anni di attesa, meritiamo di poterlo scoprire e di renderlo presto accessibile ai milioni di visitatori che arrivano a Gerusalemme ogni anno” – ha spiegato il sindaco Moshe Lion al Jerusalem Post.

Secondo i progetti dell’Autorità Israeliana per le Antichità, gli scavi permetteranno di riportare alla luce la piscina nella sua interezza per la prima volta da quando è stata costruita. Durante i lavori, il pubblico potrà pian piano ammirare i risultati degli archeologi e i progressi compiuti nel rendere nuovamente visibile questo importante sito israeliano dal valore storico e religioso davvero immenso.

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È appena avvenuta una nuova clamorosa scoperta in Egitto

Se c’è un Paese in cui le scoperte sono pressoché infinite e che, di conseguenza, non smette mai di sorprendere, quello è l’Egitto. E proprio da queste parti il giorno di Natale, ma reso noto solo nelle ultime ore, è stato effettuato uno straordinario ritrovamento da un’équipe di ricercatori polacchi del Centro di archeologia mediterranea dell’Università di Varsavia durante gli scavi nella necropoli di Tebe.

La scoperta negli scavi della necropoli di Tebe

La necropoli di Tebe si trova sulla riva occidentale del Nilo, di fronte a Luxor. Si distingue per essere uno dei siti meglio noti e più visitati dell’Egitto. Vi basti sapere che dalle sue tombe provengono molti degli oggetti che oggi ammiriamo nei musei di tutto il mondo.

Un luogo davvero importante a tal punto che l’UNESCO l’ha inserita nella lista del Patrimonio dell’umanità nel 1979.  Le tombe della necropoli, escluse quelle della Valle dei Re e della Valle delle Regine, sono complessivamente oltre 400.

E in questi giorni gli archeologi, che hanno lavorato sotto la supervisione del professore Patryk Chudzik, hanno illustrato un ritrovamento definito “unico nel suo genere” tramite un articolo pubblicato sul “Journal of African Archaeology”.

Quello che è emerso dagli scavi, infatti, sono ben nove misteriose teste di coccodrillo che erano nascoste all’interno di due tombe egizie, dove erano sepolte da millenni. I resti degli animali sono stati rivenuti dall’interno di due tombe appartenenti a funzionari di alto rango vissuti durante il Nuovo Regno d’Egitto, che si estendeva tra il XVI secolo a.C. e l’XI secolo a.C.

Una scoperta che, in realtà, si rivela del tutto insolita nella storia della ricerca in Egitto. A tal proposito, il dottor Chudzik ha dichiarato che è la prima volta che dei resti di coccodrilli vengono trovati dentro a delle sepolture. Fino a questo momento, infatti, sono sempre state rinvenute all’interno dei templi.

I teschi del mistero

La scoperta appena avvenuta è quindi avvolta da un velo di mistero. Il team è al lavoro dal 2013 nella necropoli, ma le due tombe solo ultimamente hanno destato l’attenzione dello staff di Chudzik. Da quello che è emerso, una apparteneva a Cheti, un dignitario durante il governo del faraone Nebhepetre Mentuhotep II (2055 a.C.-2002 a.C.), mentre l’altra a un anonimo servitore della corte reale che ricopriva uno status relativamente elevato.

Entrambe le tombe contenevano nove crani di coccodrillo, della variante di grandi dimensioni originaria degli habitat d’acqua dolce dell’Egitto. Ma ad attirare particolarmente l’attenzione degli archeologici è stato il ritrovamento delle sole teste. C’è bisogno di capire, quindi, per quali motivi non siano stati rinvenuti anche i corpi dei coccodrilli. Inoltre, a differenza di quanto erano abituati a fare gli egizi, le teste erano avvolte nel lino e, soprattutto, prive di qualsiasi forma di conservazione.

Chudzik ha dichiarato ad Arkeonews: “Conosciamo molte mummie di coccodrillo che sono state trovate lungo il Nilo. Sono tutte mummie di coccodrilli interi che sono state depositate in catacombe appositamente preparate per animali sacri, in questo caso coccodrilli o animali sacri del dio Sobek”. Ha poi continuano sottolineando che è insolito trovare coccodrilli sepolti con gli esseri umani, piuttosto che nelle catacombe di animali sacri. Secondo Chudzik, quindi, sono necessarie ulteriori ricerche per svelare il mistero delle teste di coccodrillo sepolte.

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Capodanno gratis al museo: i migliori da visitare in Italia

Mancano solo poche ore all’arrivo del nuovo anno ma già si fanno avanti le prime iniziative artistico-culturali a favore di una maggior fruizione dei tanti beni sparsi da nord a sud nel nostro Paese. Un Capodanno all’insegna della bellezza, quindi, e che apre il 2023 con la possibilità, per chiunque ne voglia approfittare, di visitare gratuitamente alcuni dei siti e musei più importanti e di valore in Italia, dalla Pinacoteca di Brera al Colosseo (nella foto), per un tour nella cultura su e giù per la nostra penisola in un viaggio di inizio anno nella grande bellezza dell’arte e della cultura italiana.

Un’iniziativa voluta e promossa dal Ministero della Cultura e che, sotto la guida di Gennaro Sangiuliano, offre la possibilità di accedere gratuitamente, ogni prima domenica del mese, ai poli museali e ai parchi archeologici statali italiani, partendo proprio da domenica 1° Gennaio 2023. Un inizio anno denso di meraviglie e di emozioni, quindi, in cui poter godere delle infinite bellezze dei luoghi della cultura in Italiana e delle tante testimonianze che, proprio qui, sono poste in mostra a favore di chi vorrà scoprirle più da vicino.

Visite gratuite alla bellezza, da Roma alla sempre splendida Venezia

Magari partendo dalla capitale, Roma, che lascerà aperte le porte di monumenti come il Colosseo e il Foro Romano, resti di un antico e glorioso passato, ma anche di musei come la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Galleria Borghese, il Vittoriano e Palazzo Venezia, fino anche alle famose Terme di Caracalla.

A Napoli, invece, città dalle mille e più meraviglie da scoprire, saranno fruibili gratuitamente Palazzo Reale, il Museo Archeologico Nazionale e il Museo di Capodimonte. Ma anche bellezze uniche e dal valore storico incommensurabile come i vicini Parchi Archeologici di Pompei ed Ercolano e il Parco dei Campi Flegrei a Pozzuoli. Senza spostarsi dalla Campania, poi, sarà visitabile gratuitamente anche una delle regge più belle al mondo, la famosa Reggia di Caserta e i suoi bellissimi giardini.

Firenze, città d’arte per eccellenza, apre il suo 2023 con le visite gratuite alle Gallerie degli Uffizi, un luogo visitato ogni anno da migliaia di viaggiatori che arrivano in città proprio per godere delle bellezze di questo luogo. Ma sarà anche possibile lasciarsi travolgere dalla bellezza dei Giardini di Boboli, del Museo Nazionale del Bargello, delle Cappelle Medicee e della Galleria dell’Accademia.

Per chi fosse nei paraggi, la sempre meravigliosa Venezia apre le porte al Museo d’Arte Orientale e al Museo Archeologico, mentre dal lato opposto del Nord Italia, a Torino, saranno visitabili i Musei Reali ma anche Palazzo Carignano e Villa della Regina.

A Bologna, capoluogo emiliano, sarà possibile accedere gratuitamente alla Pinacoteca Nazionale e al Museo Nazionale Etrusco “Pompeo Aria”. In più, senza spostarsi troppo, a Parma, saranno visitabili il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, la Galleria Nazionale e il Teatro Farnese, mentre a Ferrara sarà la Galleria Estense la vera protagonista dell’iniziativa e di questo primo giorno del 2023.

Le aperture di inizio anno in Lombardia

Milano, proprio nella giornata di Capodanno, rende omaggio a un’eccellenza dal valore unico, rendendo possibile la visita gratuita alla Pinacoteca di Brera e alle famose Gallerie d’Italia. Infine, senza uscire dalla Lombardia, sarà possibile godere della bellezza della Certosa di Pavia, del maestoso Palazzo Ducale di Mantova e delle suggestive Grotte di Catullo e Museo Archeologico di Sirmione, in provincia di Brescia.

Una carrellata di luoghi di interesse dall’enorme valore storico, artistico e culturale e un’occasione unica per iniziare il nuovo anno godendo a pieno della bellezza del nostro Paese e delle tracce del suo grande passato.