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Vacanza a Ölüdeniz, laguna paradisiaca della Riviera Turca

Il paradiso terrestre esiste e si trova in Turchia. La Costa Turchese, conosciuta soprattutto come Riviera Turca, è un mix perfetto di mare azzurro, spiagge sabbiose, montagne alte 3000 metri e siti archeologici protetti dalla macchia mediterranea. Questo tratto di costa che collega l’Egeo e il Mediterraneo, situato nella Turchia sud-occidentale, è stato a lungo una fuga glamour per lasciarsi alle spalle il caldo delle città e per gli europei alla ricerca di mete suggestive dal fascino storico. Qui, la bellezza della costa incontra i segni lasciati dalle popolazioni passate come persiani e bizantini.

Tra le diverse località balneari della riviera, quella di Ölüdeniz è considerata la più particolare e imperdibile anche grazie alla presenza di una spettacolare Laguna Blu. L’acqua è sempre limpida e calma, la spiaggia è composta da piccoli sassolini e l’intera zona è riconosciuta come riserva naturale. Organizzare una vacanza in questa parte della Turchia significa regalarsi un’occasione unica per scoprire un lato diverso del paese, solitamente associato al dinamismo di Istanbul e alle romantiche mongolfiere della Cappadocia.

Viaggio a Ölüdeniz: cosa fare e vedere

Ölüdeniz, che in italiano significa Mar Morto, è una delle località turistiche più famose della riviera, situata nella provincia di Muğla. Sono molte le cose da fare e da vedere in questa zona della Turchia, adatte a soddisfare le esigenze di ogni tipologia di viaggiatore: da quello che preferisce rilassarsi sulla spiaggia a chi non rinuncia al turismo d’avventura, fino agli amanti delle immersioni subacquee e della storia. Questo sito è sempre affollato nei mesi estivi, l’ideale è andarci nella stagione primaverile quando si può godere appieno della sua natura incantevole.

La meravigliosa Laguna Blu e il monte Babadağ

Immaginate acque cristalline che sfumano dal turchese al blu e montagne rigogliose tutt’attorno: benvenuti alla Laguna Blu. Questa è la location più famosa e fotografata di Ölüdeniz e non è difficile capirne il perché. Potete rilassarvi sul lato gratuito, conosciuto come Belcekız, o su quello più riparato della laguna, situato all’interno dei confini di un parco naturale protetto e il cui ingresso è a pagamento. Sulla spiaggia sono presenti lidi attrezzati, ristoranti e bar, dai quali potrete godervi la bellezza di questo luogo sorseggiando un cocktail fresco o provando qualche specialità tipica.

Sullo sfondo svetta il monte Babadağ, una delle principali destinazioni della Turchia per il parapendio, oltre che per ammirare la laguna dall’alto. Con i suoi 2000 metri, il monte Babadağ può essere raggiunto con un trekking o con una comoda funivia che parte direttamente da Ölüdeniz, da 225 metri d’altitudine, e arriva a 1.700 metri. Da qui godrete di una vista privilegiata non solo sulla Laguna Blu, ma anche sugli altri splendidi tratti di costa e sulla città di Fethiye, situata a pochi chilometri più a nord. Il monte Babadağ, grazie alle condizioni favorevoli garantite dai venti, è anche una delle mete più ambite dagli amanti del parapendio.

Parapendio su laguna blu Turchia

Fonte: iStock

Parapendio sullo splendido paesaggio della Laguna Blu

Trekking lungo il sentiero della Via Licia

Chi al relax della spiaggia preferisce il turismo d’avventura, sarà felice di sapere che il primo tratto del famoso sentiero della Via Licia parte proprio dalle vicinanze della Laguna Blu di Ölüdeniz. Il cammino, il cui punto di inizio è Ovacik, a 3 chilometri dalla laguna, regala panorami mozzafiato a ridosso della costa. Ammirerete piccole baie e calette, come la splendida Valle delle Farfalle, attraverserete siti archeologici e storici come Sidyma, antica città romana, e piccoli villaggi, dov’è possibile pernottare tratta dopo tratta. Il sentiero dura 9-10 giorni, ma potete tranquillamente farne solo una parte in base al tempo a vostra disposizione. La città più vicina ai punti di partenza e di arrivo del cammino è quella di Fethiye, da dove partono anche tantissimi tour in barca e dove, nelle immediate vicinanze, sorse l’antica città di Telmessos, la più grande della Licia.

Tour in barca alla scoperta della Valle delle Farfalle

Tra le cose più belle da fare durante una vacanza a Ölüdeniz c’è sicuramente il tour in barca alla scoperta della Valle delle Farfalle, considerata una delle spiagge più belle d’Europa. È chiamata così perché habitat naturale di una farfalla rara, la falena tigrata, e può essere raggiunta sia a piedi, seguendo un sentiero adatto ai più esperti, che in barca. Durante il tour scoprirete non solo questa spiaggia, ma anche la Grotta Azzurra e le altre baie nascoste della Riviera Turca, nelle quali potrete nuotare e fare snorkeling perché i fondali sono ricchi di pesci curiosi.

Valle delle Farfalle in Turchia

Fonte: iStock

Spiaggia Valle delle Farfalle, tra le più belle d’Europa

Il villaggio fantasma di Kayaköy

A soli 5 chilometri da Ölüdeniz si trova un villaggio fantasma, un tempo composto da 4.000 case in pietra che formavano la cittadina greca di Levissi, oggi conosciuta con il nome di Kayaköy. Questo villaggio senza tempo, immerso in una valle verdeggiante, fu abbandonato nel 1923 in seguito a uno scambio di popolazioni disposta dalla Società delle Nazioni al termine della guerra d’indipendenza turca. Dopo un breve periodo durante il quale la speculazione edilizia ha provato a trasformarlo in un hub turistico e in seguito alle proteste di artisti e intellettuali turchi, oggi è considerato un monumento che celebra la pace e la cooperazione tra Turchia e Grecia.

Come arrivare a Ölüdeniz

La località balneare di Ölüdeniz si trova a metà strada fra Bodrum e Antalya, due delle destinazioni più famose della Turchia. Sconsigliamo di arrivare da Istanbul, distante quasi 800 chilometri, mentre consigliamo di atterrare all’aeroporto di Antalya, a circa 200 chilometri rispetto a Ölüdeniz. Antalya è ben collegata con l’Italia da diversi aeroporti come Milano e Roma. Una volta atterrati vi basterà prendere i mezzi pubblici con direzione Fethiye, da dove partono bus o taxi collettivi per Ölüdeniz.

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Un biglietto unico per quattro siti archeologici: succede in Sicilia

La Sicilia è una regione straordinaria, un lembo di terra in cui mare, cultura, natura si fondono attirando ogni anno migliaia di visitatori. È una terra, questa, in cui la storia più antica si accompagna con il mito, e in cui le leggende aleggiano ovunque rendendo il tutto ancor più affascinante. I luoghi migliori in cui vivere queste epiche atmosfere sono i siti archeologici della regione, quattro dei quali ora si possono visitare con un biglietto unico.

Il biglietto unico per immergersi nella storia

Dal 26 giugno di quest’anno a disposizione di tutti i visitatori (e gli abitanti) della Sicilia c’è a un biglietto unico che consente di scoprire le storia più antica e vera: quella che si può osservare e comprendere nei siti archeologici della regione. Non tutti, ma quattro di essi che sono uno più straordinario dell’altro.

Chiamato “La Sicilia dei templi”, il biglietto permette di visitare angoli straordinari della Sicilia occidentale: il Museo Salinas, il Parco della Valle dei Templi ad Agrigento, e i Parchi di Segesta e di Selinunte a Trapani. La sua validità è di 15 giorni, e le amministrazioni stanno già lavorando per estendere l’iniziativa anche ai siti della Sicilia orientale.

Attualmente sono disponibili le seguenti tipologie di biglietto:

  • Ticket cumulativo per i quattro siti: 36,20 euro (ridotto 20,60 euro);
  • Valle dei Templi + Salinas: 18,20 euro (ridotto 10,60 euro);
  • Salinas + Segesta: 15,60 euro (ridotto 8,80 euro);
  • Salinas + Selinunte: 13,60 euro (ridotto 6,80 euro).

Nel prezzo vi è incluso anche l’accesso alle mostre in corso nei vari siti, ma è bene sapere che durante i 15 giorni di validità è concessa una sola entrata per ciascun sito coinvolto. Il risparmio però è notevole: circa il 20% sul costo totale degli ingressi singoli.

Sappiate, inoltre, che ognuno dei siti archeologici coinvolti ha un programma di eventi, mostre, concerti, esperienze e visite guidate, sia diurne che notturne, consultabile sui rispettivi siti web.

Tutte le meraviglie dei siti coinvolti

Il Museo archeologico regionale “Antonino Salinas” si trova a Palermo ed è una di quelle attrazioni da non perdere assolutamente in città: conserva una delle più ricche collezioni archeologiche d’Italia e testimonianze della storia siciliana in tutte le sue fasi, che vanno dalla preistoria al medioevo. Si tratta quindi di un vero e proprio scrigno di meraviglie preziose, pieno di collezioni di immenso valore.

Non è di certo da meno il Parco della Valle dei Templi ad Agrigento, un angolo della regione che custodisce il patrimonio monumentale di Akragas, una delle colonie greche più importanti del Mediterraneo. Patrimonio Unesco dal 1997, nel 2015 ha ricevuto la DEVU, dichiarazione di eccezionale valore universale, che premia la qualità dei servizi offerti ai visitatori e il livello di accessibilità del sito.

Voliamo ora al Parco di Segesta a Trapani, che sorge sul sito della più importante città elima di Sicilia. Straordinarie sono le sue due acropoli posizionate sulle cime del Monte Barbaro, che conservano i resti di un tempio dorico, un teatro, di un’area medievale e molto altro ancora. Ad incantare è anche il panorama mozzafiato in cui è immerso, che spazia dal Monte Inici al Golfo di Castellammare.

Infine, l’altrettanto affascinante Parco di Selinunte, annoverato tra i siti archeologici più grandi del Mediterraneo e con evidenze archeologiche che documentano la raffinatezza dello stile dorico raggiunto dalle officine templari di Sicilia tra VI e V secolo a.C..

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Lago dell’Accesa: una gemma incastonata nella Toscana meridionale

Tra Gavorrano e Massa Marittima, pochi chilometri nell’entroterra rispetto al Golfo di Follonica, tra morbide e amene colline dai fianchi coperti di campi coltivati, circondato da una vegetazione varia che lo nasconde parzialmente alla vista di chi passa, sorge il Lago dell’Accesa, un sereno, cristallino e poco conosciuto specchio d’acqua nella zona meridionale della Toscana.

Un luogo estremamente rilassante, immerso nel verde e nel silenzio, circondato da un alone di leggenda che affonda le radici in tempi antichissimi. Una meta ideale per una gita fuori dai soliti circuiti e dalle solite destinazioni, tra un tuffo in acque profondissime, un picnic nelle piattaforme attrezzate sulle rive del lago e una passeggiata alla scoperta di alcuni fra i più importanti reperti etruschi della regione.

Visto dall’alto, nelle innumerevoli foto scattate dai droni o dalla vetta dei poggi circostanti, il Lago dell’Accesa rivela la sua forma particolare: un cerchio quasi perfetto, tagliato in orizzontale nel suo lato sud-occidentale, dove una lingua di terreno chiude una sorta di piccola laguna che è come un piccolo occhio.

Fonte: Lorenzo Calamai

Lago dell’Accesa, un’oasi dedicata al relax

Il sentiero che costeggia le rive dello specchio d’acqua non fa il giro intero del lago, ma ne percorre esclusivamente la metà orientale. Nella zona nord il panorama è costituito da un fitto canneto, come da tipica vegetazione lacustre, che si interrompe di quando in quando grazie ad alcuni pontili in legno.

Queste piattaforme sono in un’ ottima posizione per stendere l’asciugamano, prendere il sole e tuffarsi nell’acqua straordinariamente trasparente del lago, che diventa subito profonda, anche se è necessario fare attenzione alla vegetazione subacquea. Si possono anche utilizzare per mettere in acqua uno standing up paddle (SUP) con il quale esplorare tutto il bacino. Inoltre alcune delle piattaforme sono dotate di tavoli e panche da picnic, che rendono ancora più piacevole e comoda la permanenza.

Se invece siete più tipi da spiaggia la zona sud offre altre sistemazioni più classiche, con qualche accesso comodo al lago, anche con acqua più bassa adatta ai bambini. Il sentiero, infatti, si allontana un attimo dalla costa dello specchio d’acqua, ma conduce fino alla laguna blu circolare sul lato meridionale.

Il Lago dell’Accesa è straordinario nel suo genere: raggiunge grandi profondità, fino anche a 40 metri, ed è alimentato da sorgenti sotterranee. Non ha immissari, ma dà vita al torrente Bruna, che attraverserete se seguirete il percorso intorno alle rive del lago, il quale ha acque altrettanto cristalline.

Fonte: Lorenzo Calamai

Uno scorcio sulle morbide colline che contornano il Lago dell’Accesa

Come arrivare al Lago dell’Accesa

Il Lago dell’Accesa si trova nel territorio comunale di Massa Marittima, non distante dal tracciato della Aurelia, nella parte settentrionale della provincia di Grosseto. Dista una ventina di minuti da Follonica, la principale località balneare nelle vicinanze.

Il territorio rappresenta l’ultima propaggina meridionale delle Colline Metallifere, un complesso di rilievi caratterizzata da numerosi giacimenti minerari e da aree di produzione di energia geotermica, data la presenza di soffioni boraciferi.

Lago dell'Accesa

Fonte: DeAgostini/Getty Images

Vista aerea del lago e dei suoi dintorni

Per raggiungerlo si percorre la E80/SS1 Variante Aurelia fino all’uscita di Gavorrano Scalo. Da qui si possono seguire le indicazioni per il Lago dell’Accesa e imboccare la Strada provinciale dell’Accesa fino alla frazione La Pesta. Qui si imbocca una strada sterrata che in poche centinaia di metri porta ad un ampio parcheggio non lontano dalla rive del lago. Dal parcheggio parte il sentiero che, costeggiando il fosso che rappresenta l’origine del fiume Bruna, porta ad un passerella in legno dove la traccia si biforca: a destra si trovano le piattaforme attrezzate, a sinistra la laguna blu.

Il lago e i suoi dintorni sono anche una meta gettonata per gli amanti della mountain bike, grazie ai numerosi sentieri che percorrono le colline vicine e attraversano i poderi circostanti, fino ad arrivare alla conca dove si trova l’Accesa.

Gli Etruschi al Lago dell’Accesa

Un’altra eccezionalità del Lago dell’Accesa è quella di essere una zona abitata fin dai tempi etruschi: dal VI secolo prima di Cristo le sponde erano abitate per sfruttare i vicini giacimenti di metalli. Gli Etruschi infatti erano universalmente riconosciuti come un popolo di fabbri, con ottime competenze alla forgia.

Nelle immediate vicinanze del lago si trovano reperti archeologici visitabili gratuitamente di un antico insediamento etrusco: un raro esempio di una città dei vivi, mentre la maggior parte di ciò che di quella civiltà è arrivato ai giorni nostri sono le necropoli, le città dei morti.

etruschi lago dell'accesa

Fonte: Lorenzo Calamai

Gli scavi archeologici con i resti etruschi nelle vicinanze del lago

All’area archeologica si accede direttamente dal parcheggio. Invece che imboccare il sentiero che va al lago, proseguite inoltrandovi nel bosco di eucalipti, all’interno del quale si diramano varie tracce. Ognuna porta a una diversa area dove giacciono i reperti.

Quello che rimane dell’antico insediamento etrusco sono soltanto cumuli di pietre, dai quali si possono intuire le tracce delle fondamenta di qualche edificio. Ampi pannelli informativi, in ogni caso, aiutano nella scoperta degli immensi quantitativi di storia che sono passati sulle sponde del lago negli ultimi 3mila anni.

Storie, miti e leggende del Lago dell’Accesa

Con la sua forma caratteristica, la calma e il silenzio che lo circondano, l’estrema trasparenza dei suoi flutti, il Lago dell’Accesa possiede una notevole aura misterica. Il fatto, poi, che sia alimentato da sorgenti che si trovano sul fondale, a una notevole profondità e quindi invisibili all’occhio umano, ha dato vita a una serie di miti e leggende sul suo conto.

Secondo una di queste, il lago non sarebbe esistito fino al medioevo e sarebbe frutto di una terribile punizione divina.

Una volta terreno fertile ricoperto di campi coltivati a grano dai contadini locali, lo specchio d’acqua sarebbe frutto dell’ira dei cieli per non aver santificato il giorno di Sant’Anna, protettrice dei mietitori. Il 26 luglio, giorno in cui si celebra la santa, i contadini avrebbero dovuto dedicarsi al riposo, alla preghiera e al raccoglimento, e invece disubbidirono tale mandato, scendendo comunque nei campi a trebbiare il grano.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le piattaforme attrezzate rendono ideale passare una giornata al lago

Fu così che nel bel mezzo della raccolta, al suono delle campane che indicava il mezzodì, una tempesta si manifestò improvvisamente nel cielo, mentre la terra iniziò a tremare. I contadini, i carri, il bestiame e il loro raccolto vennero inghiottiti in una voragine fiammeggiante che si aprì nel terreno, mentre si scatenava un fortissimo diluvio.

Al cessare della tempesta, al posto dei campi coltivati si trovava un lago, chiamato dell’Accesa proprio per le fiamme che avevano inghiottito che aveva osato contravvenire alle regole sacre. La leggenda vuole che tutt’oggi, nel giorno di Sant’Anna, si possano udire dalle profondità delle acque le grida dei contadini, lo scalpitio dei cavalli e i rintocchi delle campane del paese che fu sprofondato.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le campagne nei dintorni del Lago dell’Accesa

In tempi più recenti, alla fine degli anni Novanta, il Lago dell’Accesa è assurto alle cronache locali per essere diventato una sorta di Loch Ness italiano: si diceva che una coppia di turisti tedeschi fosse giunta in riva al lago con al guinzaglio il loro eccentrico animale domestico, un coccodrillo.

La creatura si sarebbe liberata dalle catene, gettata nel lago e sparita nella natura, ritornando alla vita selvaggia che più le si confà. Da allora, per qualche tempo, si susseguirono gli avvistamenti (mai confermati) di lucertoloni anfibi dalle parti del Lago dell’Accesa, tanto che gli abitanti della zona, si erano presi pure la briga di dare un soprannome al coccodrillo, Birillo, di cui però si sono perse le tracce da tempo.

Chissà se è stato il freddo, chissà se qualcos’altro, chissà se ancora Birillo il coccodrillo non sguazzi nei meandri del Lago dell’Accesa.

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In Sicilia tra natura e archeologia: il fascino unico di Pantalica

La Sicilia è un’isola fatta di luoghi unici, capaci di unire eccezionalità naturali al lascito storico delle civiltà che hanno preceduto quella contemporanea.

Difficile trovare un esempio più alto di questo genere di luoghi rispetto a Pantalica, luogo di unione di archeologia e natura come pochi altri al mondo, a circa 25 chilometri nell’entroterra rispetto a Siracusa.

Qui il fiume Anapo e il torrente Calcinara hanno scavato profonde gole, che circondano un altipiano roccioso coperto da una vegetazione parziale. Un territorio aspro e affascinante, dalla conformazione particolare, che assume un fascino ulteriore perché sede di una delle più ampie necropoli protostoriche siciliane.

Quella che è oggi la necropoli rupestre di Pantalica, nome probabilmente di origine bizantina, si pensa infatti fosse l’antica città di Hybla, un’importante città-stato risalente a prima dell’ottavo secolo avanti Cristo, data di riferimento della conquista greca della Sicilia. Dell’abitato siculo non è rimasto niente, solamente le tombe scavate nella roccia o poste in grotte già preesistenti in questo groviglio di canyon e speroni montani, a cui si accostano anche abitazioni e luoghi di culto di età medievale, quando le popolazioni bizantine si ritirarono dalle coste prese di mira dalle incursioni navali di pirati e altri popoli.

Necropoli di Pantalica, Sicilia

Fonte: Lorenzo Calamai

Veduta della necropoli nord-ovest di Pantalica

Dal 2005 la necropoli di Pantalica fa parte del Patrimonio dell’umanità UNESCO. Oggi visitare questo immenso tesoro che unisce archeologia e natura è un’esperienza imperdibile, capace di fondere l’interesse per una storia che incombe in ogni momento sul proprio passaggio alla elettrizzante freschezza di un bagno nelle acque cristalline dell’Anapo o un tuffo nel blu del seducente Calcinara.

Pantalica: come arrivare e quali sentieri percorrere

Il sito di Pantalica si trova tra Sortino e Ferla, due belle cittadine di retaggio barocco del siracusano. Nelle vicinanze di ciascuna delle due si trova un ingresso all’area della necropoli rupestre di Pantalica, che a sua volta si trova all’interno della Riserva naturale orientata di Pantalica, Valle dell’Anapo e torrente Cava Grande.

Dal lato di Ferla, si esce dal paese seguendo le indicazioni presenti e in poco meno di 10 chilometri, percorrendo la Strada regionale 11, al parcheggio della cosiddetta Sella di Filiporto. Da qui un sentiero scende e incontra subito la chiesetta di San Micidario, una delle testimonianze bizantine del luogo. Proseguendo, si trovano più avanti la Grotta del Drago, gigantesca cavità naturale che si apre sopra alcune tombe, e si può raggiungere l’acropoli dell’antica città sicula e visitare i resti dell’Anaktoron, ovvero il palazzo del principe, l’unico edificio in pietra costruito ex novo dell’intero sito.

Pantalica

Fonte: Lorenzo Calamai

Indicazioni sul sentiero di Pantalica

Infine, si può scendere all’altezza del fiume Anapo, che scorre diverse decine di metri più in basso, e percorrere il tracciato dell’antica ferrovia Siracusa-Vizzini. Non ci sono più i binari su questo tracciato dismesso negli anni Cinquanta, rimane solo un ampio sentiero corredato di aree attrezzate, molto piacevole da percorrere a piedi.

Dal lato di Sortino, invece, si segue la panoramica via Pantalica fino a raggiungere il cancello che chiude la strada e segnala l’ingresso nella Riserva naturale orientata. Da questa parte la discesa verso il letto del torrente Calcinara è più impervia e ripida, con un tratto tutto in gradini in pietra, ma anche paesaggisticamente più affascinante. Al cospetto di innumerevoli aperture nella roccia, corrispondenti ad antichissime tombe, si scende verso le cristalline e fredde acque del torrente. Una volta giunti a valle, si trovano alcune radure con piccole piscine naturali dove potersi rinfrescare e dove la famiglie, in estate, si sistemano per una giornata rinfrescante, vista l’ombra, l’acqua bassa e la poca corrente del corso.

Qui si presenta una scelta: se si è debitamente attrezzati con zaino impermeabile e scarpette da fiume, si può scendere il corso del Calcinara passando via acqua fino a trovare una zona di propria preferenza dove accomodarsi. Il torrente si collega poi al fiume Anapo in corrispondenza della galleria della succitata vecchia ferrovia e poco dopo si trova il sentiero che risale al punto di partenza, una scarpinata in salita abbastanza impegnativa.

Fonte: Lorenzo Calamai

La necropoli rupestre di Pantalica si trova lungo il corso del fiume Anapo

Il sentiero, invece, prosegue attraversando il Calcinara e risalendo sulla sponda opposta, fino a portare all’affascinante esplorazione di una serie di cavità artificiali di epoca bizantina, antiche abitazioni nella parte più alta dell’altopiano. Da qui si può raggiungere la Strada regionale 11 e ricollegarsi al sentiero che parte dall’ingresso di Ferla, esplorare le attrazione di quel versante, e infine tornare al punto di partenza dopo la galleria che si incontra sul percorso della ferrovia.

Le necropoli di Pantalica e il palazzo del principe

A Pantalica si trovano circa 5mila tombe di epoca diversa. La maggior parte risalgono all’età protostorica della Sicilia, tra il XIII e l’VIII secolo a.C.

Per ragioni storiche non ancora del tutto definite, circa 1300 anni prima della nascita di Cristo le popolazioni sicule che abitavano principalmente le zone costiere dell’isola abbandonarono i loro insediamenti per ritrarsi nell’entroterra, in zone naturali impervie e con una posizione dominante sul circondario dal punto di vista dell’altitudine.

Fu così che iniziò la storia di Pantalica, dove comunque permangono tracce di insediamenti precedenti, già dell’età del bronzo. La civiltà di Pantalica aveva l’abitudine di seppellire i propri morti non lontano dagli agglomerati urbani, in grotte scavate nella roccia: queste sono rimaste, mentre le case in legno, canne e paglia delle popolazioni locali non hanno, ovviamente, lasciato traccia di loro.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una cascata sul torrente Calcinara nella Riserva naturale orientata di Pantalica

La città, tra alti e bassi, sarebbe rimasta florida fino al settimo secolo avanti Cristo, quando la fondazione di Akrai, l’odierna Palazzolo Acreide, per mano dei Greci di Siracusa comportò la probabile distruzione di Hybla. L’unica costruzione testimone della storia della città, al di fuori delle tombe, è il palazzo del principe, l’Anaktoron.

Sulla sommità più alta dello sperone roccioso che campeggia al centro delle due gole del fiume Anapo e del torrente Calcinara rimangono le fondamenta di un antichissimo edificio in pietra, molto probabilmente di proprietà del regnante dell’insediamento. Il particolare fascino e il mistero che ispira questa costruzione deriva dal fatto che, secondo gli archeologi, sarebbe stato costruito da maestranze provenienti da altri luoghi del Mediterraneo, forse Micene, dato che le popolazioni sicule non avevano dimestichezza nell’edificare costruzioni in pietra.

Pantalica fu abitata anche in epoca medioevale. Chiese e abitazioni rupestri di epoca bizantina testimoniano il ritorno ad un insediamento abitato nei secoli precedenti il Mille, probabilmente per sfuggire alle incursioni arabe e dei pirati sulle coste siciliane. Attorno al passaggio del millennio, furono popolazioni arabe ad insediarsi a Pantalica, come ricordato da fonti storiche.

Fonte: Lorenzo Calamai

Pantalica: una tomba nel letto del torrente Calcinara

Un tuffo a Pantalica

Un’aura di mistero ancestrale circonda Pantalica.

Scendendo verso i corsi d’acqua che ne caratterizzano la geografia, è inevitabile trovarsi ad osservare le decine di cavità che in ogni momento sono visibili in diverse aree delle conformazioni rocciose tutto intorno. Sono testimonianze del passato, luoghi arcani di sepoltura cerimoniale che ci ricordano in ogni momento che il nostro passo in un luogo che sembra sperduto, dominato dalla natura, è in realtà probabilmente lo stesso passo compiuto da tante altre persone molto simili nel corso degli ultimi 4mila anni.

Pensieri pronti a essere cullati dal dolce suono del fiume che scorre. Sia l’Anapo che il Calcinara sono corsi d’acqua incontaminati, dalle acque pure e cristalline, che si offrono al visitatore per un tuffo rigenerante e un momento di contatto con la natura selvaggia.

Fonte: Lorenzo Calamai

Un tuffo nelle acque dell’Anapo

Sono tante le piscine naturali e le spiagge d’acqua dolce che è possibile sfruttare tra i sentieri di Pantalica. Lungo il letto dell’Anapo le zone migliori sono probabilmente quelle immediatamente precedenti e immediatamente successive alla galleria sul tracciato dell’antica ferrovia.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le piscine naturali del torrente Calcinara

Il torrente Calcinara, però, è forse quello che offre gli angoli di acqua dolce più belli e suggestivi. Oltre alle già citate piccole polle nella prima parte del percorso che scende sa Sortino, si consiglia di risalire brevemente la parte del corso d’acqua prima della confluenza con l’Anapo: si potrà raggiungere un tratto davvero splendido, con un paio di ampie piscine naturali ombreggiate dove l’acqua assume tonalità del blu elettrico e alcuni massi offrono l’opportunità di tuffarsi dalla cima di una cascatella, mentre la parete rocciosa sovrastante si apre in alcune cavità artificiali tipiche della necropoli.

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Ercolano, riaperta ai visitatori l’antica spiaggia

L’antica spiaggia di Herculaneum, la prima all’interno di un parco archeologico, è stata finalmente riaperta al pubblico. I visitatori potranno passeggiare liberamente sull’intera superficie e immergersi nella magia della città lambita dal mare. Si conclude, così, un percorso pluriennale di attività multidisciplinari di ricerca, scavo archeologico, restauro, ingegneria e architettura, con l’arricchimento dell’esperienza di visita del Parco, puntando nel medio termine alla ricongiunzione dell’area archeologica principale con la Villa dei Papiri.

Come è rinata l’antica spiaggia di Ercolano: il progetto

L’antica Ercolano, città di mare, distrutta dall’eruzione del 79 d.C., rivive con la sistemazione finale, sull’onda di una progettazione donata dal Packard Humanities Institute nell’ambito del partenariato pubblico-privato denominato “Herculaneum Conservation Project” per restituire un’immagine il più possibile vicina a come si presentava prima che quel boato improvviso interrompesse lo scorrere quotidiano della vita alle falde del Vesuvio.

Negli ultimi decenni, l’area dell’antica spiaggia è stata progressivamente interessata da corrosione e decadimento, determinati da un insieme di fattori naturali legati alla veicolazione delle acque piovane e di risalita, che l’avevano trasformata in una zona paludosa con accumuli di acqua e vegetazione infestante e connessi pericoli di allagamento e impatti sulla conservazione del patrimonio.

Proprio a causa della complessità dei problemi da affrontare, è stato adottato un approccio multidisciplinare per restituire la spiaggia alla sua sicurezza e fruibilità, con la realizzazione di un’area percorribile e la valorizzazione del fronte a mare della città antica, offrendo così ai visitatori una percezione completamente rinnovata dell’antica Herculaneum. L’impianto di illuminazione contribuisce a valorizzare ancora di più il fronte mare della città antica durante le visite e gli eventi serali.

Visitatori nell'area dell'antica spiaggia di Ercolano

Fonte: Ansa

I visitatori potranno passeggiare liberamente sull’intera superficie dell’antica spiaggia di Ercolano

L’antica spiaggia di Herculaneum

La documentazione fotografica d’archivio legata ai lavori di scavo degli anni ’90 mostra la presenza, nella zona della spiaggia, di una piattaforma in tufo segnata da lunghe incisioni parallele che furono interpretate come segni lasciati nel tufo dalle chiglie delle barche. Indagini recenti hanno dimostrato che il litorale nel corso dei secoli ha più volte cambiato il proprio livello, alzandosi e abbassandosi almeno dal III secolo a.C. In quel momento il banco di tufo – roccia sedimentaria estratta per essere utilizzata come materiale di costruzione – era parzialmente fuori dal mare. Il progressivo abbassamento del livello del banco, a causa di fenomeni legati al vulcanesimo, insieme all’azione delle onde ha depositato le sabbie che hanno via via creato la spiaggia romana del 79 d.C.

L’antica spiaggia appariva come una distesa di sabbia vulcanica di colore nero da cui, in alcuni punti, emergeva la piattaforma tufacea sottostante. Era leggermente inclinata verso il mare, la cui linea di battigia doveva trovarsi pressappoco dove oggi termina l’area di scavo. Non vi si svolgevano solo attività marinare, ma era usata anche per raggiungere la città e per salire attraverso delle rampe verso le case affacciate direttamente sul mare, oltre che per rifornire di legna le Terme Suburbane.

Nella notte dell’eruzione del 79 d.C., sulla spiaggia c’erano più di 300 fuggiaschi, ma anche molti animali, tra cui muli e cavalli. A fine 2021, l’antica spiaggia ha restituito lo scheletro dell’ultimo fuggiasco di Ercolano, un uomo di circa 40/45 anni di età. Si trovava probabilmente in riva al mare o nelle aree della città soprastante, trascinato dalla forza dell’eruzione insieme ai suoi averi, conservati in una sacca di tessuto. Sulla spiaggia, oltre allo scheletro sono stati ritrovati moltissimi reperti di legno trascinati dal flusso piroclastico. Tutto questo rende gli scavi di Ercolano unici al mondo.

Scheletri nell'area dell'antica spiaggia di Ercolano

Fonte: Ansa

Gli scheletri dei fuggiaschi di Ercolano, durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
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Giornate Europee dell’Archeologia: i siti meno noti da visitare in Italia

Da venerdì 14 a domenica 16 giugno, tornano le Giornate Europee dell’Archeologia, un vero e proprio appuntamento con la storia. Nei luoghi della cultura italiana sono previste attività volte a promuovere il prezioso patrimonio archeologico del nostro Paese e a far conoscere il lavoro degli archeologi, attraverso visite guidate, laboratori, escursioni e tanti altri eventi, organizzati con la volontà di mantenere vivo il dialogo con il pubblico, le università, gli enti locali, le associazioni e tutti gli attori del territorio.

Come nascono (e perché) le Giornate Europee dell’Archeologia

Dal 2010, il Ministero della Cultura in Francia ha affidato a Inrap, l’Istituto nazionale di ricerca archeologica preventiva, il coordinamento e la promozione delle Giornate Nazionali dell’Archeologia (Journées Nationales de l’Archéologie o JNA). Nel 2019, la manifestazione ha aperto le porte all’Europa, e dal 2020, le JNA hanno preso il nome di Giornate Europee dell’Archeologia (Journées Européennes de l’Archéologie o JEA). Con oltre 1.500 iniziative nel Vecchio Continente e la partecipazione di 30 Paesi europei, le JEA hanno continuato a vedere aumentare l’entusiasmo e la partecipazione.

Promuovere la ricchezza e la diversità culturale dell’Europa, rendere l’archeologia più visibile al pubblico, sensibilizzare i cittadini e le autorità politiche sulla necessità di tutelare il patrimonio archeologico, attrarre nuovo pubblico che non sia abituato a visitare i luoghi in cui si fa archeologia, valorizzare l’intera catena operativa “dallo scavo al museo”, favorire la condivisione delle conoscenze tra gli archeologi e i visitatori sono i principali obiettivi di questo imperdibile evento.

I siti archeologici meno noti e le aperture straordinarie

Anche quest’anno la Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino, in Campania, aderisce alle Giornate Europee dell’Archeologia, in programma dal 14 al 16 giugno, con iniziative organizzate in alcuni dei suoi luoghi della cultura. Tra questi, la splendida Area Archeologica dell’Anfiteatro Romano di Avella, in provincia di Avellino, poco fuori il centro abitato del quartiere San Pietro. Edificato in età tardo-repubblicana, nel I secolo a.C, l’anfiteatro è fra i più antichi della Campania, ed è rapportato a quello di Pompei, non tanto per le sue dimensioni – 60 metri di lunghezza e 35 di larghezza, quindi più contenute – quanto per il materiale e la tecnica di costruzione in opus reticolatum di tipo giallo.

In Abruzzo, venerdì 14 giugno alle ore 18, presso l’agriturismo  “Le Magnolie” di Vasto (Via Palombari, 54) parte la passeggiata archeologica “Di pozzo in pozzo alla scoperta dell’Acquedotto romano delle Luci”. Sabato 15 giugno, alle ore 9:30, dopo la visita guidata al suggestivo Museo Archeologico di Schiavi di Abruzzo, partirà l’escursione (cappello, scarponcini, pantaloni lunghi) lungo il sentiero denominato  “La Camera Verde”, per giungere all’Area Sacra dei Templi Italici, dove, dalle ore 10, inizieranno luogo le visite guidate curate dalla Soprintendenza Archeologia e Belle Arti per le province di Chieti e Pescara.

Sabato 15 giugno alle ore 19.00, ci sarà l’apertura straordinaria del Parco Archeologico di Mileto Antica, in provincia di Vibo Valentia, che rappresenta il primo esempio di un parco d’età medievale in Calabria Il Parco comprende il sito della città antica, che venne abbandonata nel 1783 a seguito del noto terremoto che sconvolse tutta la regione e che si sviluppava lungo la dorsale caratterizzata da rilievi collinari che costituiscono i punti focali dell’insediamento dove troviamo i principali resti monumentali dell’antica Mileto. Oltre ai ruderi dell’Abbazia della SS Trinità, tra i più importanti monumenti medievali in Calabria, sono visibili diversi reperti marmorei.

In occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, il Pantheon a Roma apre i suoi fossati per una visita esclusiva. Il suggestivo itinerario, che avrà il suo epilogo all’interno del monumento, guidato da un assistente alla fruizione del Ministero della Cultura, comincerà alle ore 11.00 di sabato 15 giugno. Collocati sui fianchi laterali del corpo cilindrico a una quota corrispondente a quella di calpestio di epoca romana, i fossati conservano affascinanti resti di edifici di età imperiale come i Saepta Iulia, luogo di riunione dei comizi centuriati e la Basilica di Nettuno, il cui utilizzo originario è ancora oggi oggetto di dibattitto tra gli studiosi.

Domenica 16 giugno, alle ore 10.30 e 12.00, al Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri in località Naquane, in Val Camonica, si potrà visitare il percorso del Corén del Valento fino alla Roccia 60, sulla quale è inciso il celebre simbolo della Rosa Camuna, guidati dalla direttrice Maria Giuseppina Ruggiero. Al suo interno, il Parco accoglie 104 rocce, in arenaria levigata dai ghiacciai, incise con alcune delle raffigurazioni più note del repertorio d’arte rupestre della vallata della Lombardia orientale, riconosciuto dall’UNESCO nel 1979 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

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Apollonia cosa vedere e cosa fare

Nascosta tra le dolci colline dell’Albania meridionale, nei pressi del villaggio di Pojan, si trova Apollonia, un’antica città greco-romana che racconta una suggestiva storia di potere, cultura e bellezza. Fondata nel VI secolo a.C. dai coloni di Corinto, Apollonia fiorì come uno dei principali centri commerciali e culturali del mondo antico, lasciando un’eredità che ancora oggi affascina archeologi, storici e viaggiatori.

Esploriamo le rovine delle sue imponenti mura e dei templi maestosi, immersi in un’oasi verdeggiante tra il mare Adriatico e le montagne albanesi. La brezza marina e il clima mediterraneo rendono l’atmosfera piacevole durante tutto l’anno, invitando a passeggiate rilassanti e picnic all’ombra degli alberi secolari.

I tesori del Parco Archeologico di Apollonia

Il Parco Archeologico di Apollonia è una meta imperdibile per gli amanti della storia, dell’archeologia e della cultura. Un luogo dove lasciarsi trasportare indietro nel tempo e respirare l’atmosfera di una civiltà antica, avvolti da un paesaggio mediterraneo di rara bellezza.

Simbolo di Apollonia è la suggestiva facciata del Bouleterion, chiamato anche Monumento degli Agonoteti, che risale al II secolo. In quanto sede delle riunioni del Consiglio della città e dell’esercizio della giustizia, era il luogo più importante dell’urbe. Tuttora in discreto stato di conservazione, presenta un imponente frontone con sei colonne con capitelli corinzi.

Con una capienza di circa 5000 spettatori, il teatro di Apollonia rappresenta uno dei resti archeologici più imponenti del sito. La sua acustica eccezionale rende possibile organizzare, anche ai giorni nostri, spettacoli e concerti. Il complesso, con la cavea, l’orchestra e la scena, è un’eloquente testimonianza della fiorente vita culturale della città antica.

Lo stesso vale per la Biblioteca, di cui restano solo le fondamenta: per secoli fu punto di riferimento per studiosi e filosofi e tuttora evoca l’atmosfera di fervore intellettuale che animava la città antica. Il Tempio di Artemide, dedicato alla dea della caccia, era uno dei maggiori edifici religiosi. Costruito in stile dorico, presentava una cella con la statua della dea e un colonnato esterno. Ancora oggi affascina con i suoi resti e richiama l’importanza del culto religioso nella vita degli antichi abitanti.

Oltre a questi monumenti principali, il sito archeologico di Apollonia offre ai visitatori la possibilità di ammirare numerose altre rovine di grande interesse, come l’agorà, l’odeon, le terme, le ville romane e le mura di cinta. Un vero e proprio museo a cielo aperto che permette di immergersi completamente nella storia e nella cultura di questa antica città mediterranea.

Il Monastero di Santa Maria

Sulla collina che domina il Parco Archeologico di Apollonia sorge il Monastero di Santa Maria, una notevole testimonianza dell’architettura bizantina e della storia cristiana del paese. Fondato nel VI secolo d.C., il monastero ha attraversato i secoli conservando il suo fascino e la sua atmosfera di spiritualità.

Le origini del monastero si intrecciano con la leggenda di San Giorgio, che si dice l’abbia fondato in segno di gratitudine per la vittoria sul drago. La sua costruzione risale al periodo di massimo splendore dell’Impero bizantino e nel corso dei secoli ha subito modifiche ed ampliamenti, diventando un importante centro religioso e culturale. Le sue linee essenziali, le volte a crociera e l’utilizzo di mattoni rossi rimandano all’architettura bizantina. La chiesa principale, a pianta cruciforme, è sormontata da una cupola ottagonale che domina l’intero complesso. All’interno, affreschi e mosaici di grande valore artistico raffigurano scene bibliche e figure di santi.

Oltre alla sua funzione religiosa, il monastero ha svolto un ruolo importante nella diffusione della cultura. Grazie alla sua biblioteca ricca di manoscritti antichi, tra cui opere teologiche, filosofiche e letterarie, fu un punto di riferimento per studiosi e teologi provenienti da tutto il Mediterraneo. Oggi il monastero è aperto ai visitatori, che possono ammirare la bellezza dell’architettura bizantina, i resti degli affreschi e dei mosaici, immergendosi in un’atmosfera di pace e spiritualità.

Chiesa di Santa Maria, Apollonia, Albania

Fonte: iStock

Chiesa di Santa Maria, Apollonia Albania

Il Museo Archeologico di Apollonia

Ambientato all’interno del Monastero di Santa Maria, il Museo Archeologico di Apollonia è una tappa fondamentale per chiunque visiti il Parco Archeologico e voglia approfondire la conoscenza di questa antica civiltà. La sua ricca collezione di reperti provenienti dagli scavi offre un panorama completo della storia, della cultura e dell’arte della città antica. Un museo che cattura l’immaginazione e trasporta i visitatori in un suggestivo viaggio nel tempo, alla scoperta di una civiltà che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del Mediterraneo.

Tra i tesori esposti vi sono strumenti preistorici che documentano tracce di presenza umana fin dal Paleolitico; sculture di divinità greche e romane provenienti da templi e santuari; ceramiche, vasi, coppe, piatti e altri oggetti di diverse epoche e stili; monete che offrono informazioni sulla storia economica, politica e sui rapporti con altre città del Mediterraneo; epigrafi su pietra, marmo e bronzo che documentano la storia, la politica, la religione e la vita quotidiana di Apollonia.

Cosa fare nei dintorni di Apollonia

Oltre alla visita delle antiche rovine della città greco-romana, nei dintorni del sito di Apollonia è possibile praticare diverse attività nella natura. Gli appassionati di trekking hanno a disposizione una rete di sentieri che si snodano tra le colline e le vallate circostanti, regalando panorami mozzafiato sulla costa adriatica e sulle montagne dell’Albania. Ci sono percorsi di diversa difficoltà, adatti sia a escursionisti esperti che a famiglie con bambini.
Per una giornata all’insegna del relax, in zona sono disponibili diverse aree picnic immerse nel verde, dove godersi un pranzo al sacco circondati dalla natura. Un’occasione per staccare dalla routine e rigenerarsi nella quiete di questo luogo suggestivo.

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Cosa vedere a Frèjus, la Pompei di Francia

Situata sulla costa meridionale della Francia, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Fréjus è una città che incanta con la sua storia e bellezza naturale. Fondata dai Romani nel 49 a.C., Fréjus è spesso chiamata la “Pompei di Francia” per la sua straordinaria eredità archeologica. Le antiche rovine, le strade medievali e le spiagge dorate rendono questa destinazione perfetta per chi desidera combinare cultura, storia e relax. Con un clima mite tutto l’anno e una posizione privilegiata vicino al Mar Mediterraneo, Fréjus è una meta imperdibile per gli amanti dell’arte, dell’archeologia (e del mare).

Cosa vedere a Fréjus

Sono tantissimi i punti di interesse a Fréjus, per una visita di non solo mare. L’Ufficio del turismo organizza praticamente tutto l’anno tour guidati alle rovine e non solo.

L’Anfiteatro Romano

Uno dei siti più emblematici di Fréjus è il suo Anfiteatro Romano, risalente al I secolo d.C. Progettato per ospitare combattimenti tra gladiatori e tra uomini e animali, l’anfiteatro è stato costruito vicino alla porta di accesso della città. Questo maestoso anfiteatro poteva ospitare fino a 10.000 spettatori ed è ancora utilizzato oggi per eventi culturali e concerti. Passeggiare tra le sue antiche mura offre un viaggio nel tempo, immaginando le grandi celebrazioni dell’epoca romana. Nei secoli la struttura è stata notevolmente rimaneggiata, e l’attuale versione è il frutto di un restauro effettuato intorno al 2010. Per visitare l’anfiteatro è bene verificare gli orari di apertura, che cambiano a seconda della stagione.

La Cattedrale di Fréjus

La Cattedrale di Saint-Léonce è un altro gioiello storico. Costruita tra il V e il XII secolo, la cattedrale combina elementi di architettura romana e gotica. È divisa in due navate che un tempo erano due diverse strutture: una dedicata a Notre Dame, su resti dell’antica chiesa paleocristiana, e l’altra a Santo Stefano, risalente all’XI-XII secolo. Meritano uno sguardo più approfondito l’abside con i sepolcri dei vescovi, le antiche statue, le pale d’altare e il magnifico crocifisso in legno del XVI secolo. Il chiostro a due piani del XII secolo è un gioiello architettonico, dichiarato monumento storico di Francia, con le coperture delle gallerie tutte in legno e arcate dipinte decorate con figure di santi, personaggi storici e animali veri e fantastici. Accanto, si trova l’antico battistero paleocristiano del V secolo, forse il più antico di Francia, e il campanile del XIII secolo.

Il Museo Archeologico

Il Museo Archeologico di Fréjus offre una panoramica completa sulla storia della città, dai tempi preistorici fino all’epoca romana. Tra i reperti esposti, spiccano mosaici, sculture e oggetti di uso quotidiano che testimoniano la vita nell’antica Forum Julii, come era conosciuta Fréjus in epoca romana.

43 km di Acquedotto Romano

Un altro esempio dell’ingegneria romana è l’Acquedotto di Fréjus, che un tempo forniva acqua alla città. I resti di questo impressionante sistema idrico si estendono per oltre 40 chilometri, fino al villaggio di Mons a 520 metri di altezza sul livello del mare, e possono essere ammirati in vari punti intorno alla città. Victor Hugo commentava: “L’acquedotto nuovo e completo di 2000 anni fa era sicuramente bello, ma non certamente più bello di queste gigantesche macerie crollate su tutta la piana, che corrono, cadono, si rialzano. L’edera e i rovi si arrampicano su tutte queste meraviglie di Roma e del tempo”.

Il vivace Porto di Fréjus

Il moderno porto turistico di Fréjus è un luogo vivace, ideale per una passeggiata rilassante. Con una vasta scelta di ristoranti, bar e boutique, il porto è il posto giusto per gustare una cena con vista sul mare o per fare shopping tra le caratteristiche botteghe provenzali.

Vita da spiaggia a Fréjus

Poi c’è il mare, bellissimo nelle sue sfumature mediterranee e con splendide spiagge, che rendono Fréjus una meta estiva apprezzatissima. La Plage de Fréjus, la Plage de Saint-Aygulf e St. Raphael offrono sabbia fine e acque cristalline, per nuotare, prendere il sole e praticare sport acquatici. La spiaggia di Port Fréjus, situata ad occidente rispetto al porticciolo turistico, è particolarmente comoda, ombrosa e adatta alle famiglie con bambini. Lungo tutto il lungomare si trovano numerosi ristoranti e boutique.

Informazioni pratiche

Quando andare

Fréjus può essere visitata tutto l’anno. L’estate è ideale per chi vuole abbinare una destinazione di mare e cultura, ma può essere molto affollata, soprattutto nei mesi di luglio e agosto. L’inverno è mite e tranquillo, perfetto per una visita più rilassata e per godere dei benefici del mare furi stagione. Fréjus ospita numerosi eventi e festival durante l’anno, ma per chi ci arriva in estate, da non perdere la festa coi fuochi d’artificio del 14 agosto.

Cosa mangiare

La cucina di Fréjus è un delizioso mix di sapori mediterranei e provenzali. Tra i piatti tipici, si possono gustare la bouillabaisse, una zuppa di pesce, e la ratatouille, uno stufato di verdure. Non può mancare un assaggio della pissaladière, una sorta di focaccia con cipolle, acciughe e olive. I frutti di mare freschi sono da non perdere, così come i dolci a base di mandorle e miele. Per accompagnare il tutto, è d’obbligo un bicchiere di rosé della Provenza, rinomato per la sua freschezza e leggerezza. Un consiglio? Cercate e monitorate i giorni e gli orari dei mercati rionali per immergervi nei prodotti freschi e stagionali di Provenza.

Come arrivare

Fréjus è facilmente raggiungibile sia in auto che con i mezzi pubblici. In auto, si trova lungo l’autostrada A8, che collega Marsiglia a Nizza. La stazione ferroviaria di Fréjus offre collegamenti in treno diretti con Marsiglia, Nizza e altre città della regione. Gli aeroporti più vicini sono quelli di Nizza-Costa Azzurra e Marsiglia-Provenza, entrambi a circa un’ora di distanza in auto.

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Il 2 giugno puoi salire a bordo dell’Archeotreno, per un viaggio epico in Italia

Con l’arrivo della bella stagione, riparte anche l’Archeotreno: si tratta di una splendida avventura da vivere in giornata, per andare alla scoperta di alcuni dei più preziosi siti archeologici del nostro Paese. A bordo di carrozze d’epoca perfettamente restaurate, i passeggeri potranno godersi dal finestrino l’incredibile paesaggio del litorale napoletano e della città di Pompei, per poi raggiungere Paestum e Velia, dove sorgono antiche rovine d’epoca greca.

L’Archeotreno: itinerario e tappe

L’Archeotreno è una delle iniziative di Fondazione FS Italiane, che da tempo si occupa di preservare il patrimonio carrozzabile del nostro Paese e di organizzare itinerari suggestivi a bordo di carrozze d’epoca, per vivere avventure mozzafiato. Stavolta il protagonista è un treno che, pur compiendo solamente una breve tratta, offre ai suoi passeggeri un’esperienza a dir poco unica: il viaggio collega la stazione di Napoli a quella di Paestum, per appena un paio d’ore di tragitto, durante il quale si possono però ammirare panorami da sogno.

È un’avventura pensata per i più curiosi e per le famiglie, visto che il divertimento è assicurato per grandi e piccini. L’Archeotreno va infatti alla scoperta di alcuni dei siti archeologici più belli d’Italia, sfruttando carrozze Centoporte risalenti agli anni ’30, carrozze Corbellini degli anni ’50 e una locomotiva elettrica d’epoca che invece proviene direttamente dagli anni ’60. Non ci resta dunque che scoprire l’itinerario e le sue tappe più belle. Il treno parte alle 8:25 dalla stazione di Napoli, per fare poi una breve sosta a Pietrarsa, dove si trova la sede del Museo Ferroviario Nazionale.

Il viaggio prosegue poi lungo il litorale napoletano, regalando ai passeggeri una vista incredibile sul Vesuvio e, dalla parte opposta, sul Golfo di Napoli e sulle sue acque scintillanti. Costeggiando Pompei, è possibile dare una sbirciata alle antiche rovine della città romana, andata distrutta dall’eruzione vulcanica del 79 d.C. Quindi ecco le coste del Cilento, con le loro splendide spiagge e i borghi affacciati sul mare. L’Archeotreno termina la sua avventura a Paestum, dove è possibile visitare l’area archeologica protetta dall’UNESCO: i suoi templi dorici testimoniano l’origine greca dell’antica polis.

Le date e i biglietti per l’Archeotreno

Al momento è previsto solamente un viaggio ed è dunque un’occasione da non perdere: l’Archeotreno parte il 2 giugno 2024, per un’avventura epica adatta a grandi e piccini. Scopriamo gli orari del percorso completo.

Corsa di andata:

  • Napoli Centrale – 8:25
  • Pietrarsa – 8:40
  • Salerno – 9:39
  • Battipaglia – 9:56
  • Paestum – 10:17

Corsa di ritorno:

  • Paestum – 17:12
  • Battipaglia – 17:38
  • Salerno – 17:57
  • Pietrarsa – 18:50
  • Napoli Centrale – 19:10

Il biglietto per l’Archeotreno, che include il viaggio di andata e quello di ritorno, costa 19.80 euro – con riduzione del 50% per i ragazzi tra i 4 e i 12 anni non compiuti e biglietto gratuito per i bambini sotto i 4 anni (senza garanzia di posto a sedere e con l’accompagnamento di un adulto pagante). Chi invece volesse acquistare il biglietto per una sola tratta – di andata o di ritorno – può farlo a soli 9,90 euro. I biglietti sono disponibili su tutti i canali di vendita Trenitalia: è dunque possibile acquistarli sul sito ufficiale, presso le biglietterie e i self service in stazione o nelle agenzie di viaggio abilitate.

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Pompei, apre una zona archeologica tutta nuova

A Pompei apre una nuova zona archeologica che si può visitare da un punto di vista decisamente inedito. Si tratta dell’Insula dei Casti Amanti, rinvenuta esattamente un anno fa, ed è visitabile da un nuovo percorso sopraelevato.

Cos’è Insula dei Casti Amanti

Il nuovo tassello del gigantesco complesso di Pompei era riemerso durante gli scavi a maggio del 2023. Gli archeologi che lavorano ininterrottamente nel parco archeologico avevano trovato due scheletri umani di due vittime del terremoto che ha colpito l’antica città romana poco prima dell’eruzione del Vesuvio, nel 79 a.C.. I due scheletri erano stati rinvenuti all’interno di una domus situata presso l’Insula dei Casti Amanti, un’area che prende il nome dalle decorazioni di un triclinio in essa trovato, dove è immortalato un languido bacio tra due innamorati e che si trova nel quadrante centrale del Parco archeologico di Pompei, lungo la via dell’Abbondanza. Nella stanza della domus in cui sono stati trovati i corpi, sono riemersi anche altri preziosi reperti. Gli archeologi avevano individuato anche un’anfora verticale, poggiata alla parete vicino a uno dei due scheletri, e una collezione di vasi, ciotole e brocche accuratamente accatastata contro un altro muro.

Il nuovo percorso di visita a Pompei

A distanza di un anno soltanto, grazie alla realizzazione di passerelle sospese, il pubblico ora può osservare dall’alto l’intera area di scavo, nonché le attività di indagine e restauro degli ambienti emersi recentemente, come la casa dei Pittori e del Cenacolo colonnato. La struttura fatta di acciaio s’inserisce perfettamente nel paesaggio del parco senza snaturarlo.

Cosa vedere nell’Insula dei Casti Amanti

Il percorso dall’alto consente una visione completa dell’area dei Casti Amanti e di osservare da un altro punto di vista l’architettura delle case romane di Pompei e l’alternarsi di ambienti adibiti a diversi usi, da quello commerciale a quello abitativo. Non solo, durante il percorso di visita il pubblico ha l’opportunità di assistere alle attività di scavo e di restauro dei reperti emersi. Tra queste ci sono una stanza decorata con figure mitologiche e divinità, disegni a carboncino eseguiti da bambini in un cortile di servizio e un androne dove sono stati rinvenuti due scheletri vittime dell’eruzione.

Come visitare Pompei e cosa vedere

Il Parco archeologico di Pompei è uno dei siti archeologici più famosi al mondo. Patrimonio dell’Umanità dal 1997, è una tappa imperdibile durante un viaggio a Napoli. Si tratta di un’intera città romana di 2000 anni fa rimasta intatta nei secoli a causa della violenta eruzione del Vesuvio che nel 79 a.C. distrusse le città di Pompei, Ercolano, Stabiae ed Oplonti. Riportata alla luce dopo anni, la città è rimasta cristallizzata agli attimi prima dell’eruzione, quando una pioggia di ceneri e lapilli avvolse ogni cosa: case, abitanti, strade, edifici pubblici e oggetti della vita quotidiana, fermando tutto in una terribile istantanea visibile al giorno d’oggi. Proprio per la loro unicità, gli scavi di Pompei sono una delle mete più visitate in Italia. Il sito si estende per circa 66 ettari, di cui 44 scavati, e permette di visitare circa 1500 diversi edifici portati alla luce, suddivisi tra domus e monumenti. A causa della sua vasta estensione, è consigliabile prenotare un tour guidato, per ottimizzare al meglio la visita senza tralasciare i monumenti principali. È aperto tutti i giorni dell’anno a eccezione del 1° gennaio, 1° maggio e 25 dicembre.