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Scoperto un sito archeologico dell’era mesolitica in Serbia, ritrovamento eccezionale

Vicino a Zvonska Banya, sopra il canyon Tsedilka, nella grotta Peshteria, è stato di recente portato alla luce un importante sito archeologico dell’era mesolitica.

Gli scavi, condotti dalla Facoltà di Filosofia di Belgrado, hanno rivelato la presenza di strumenti in pietra e osso, insieme a pendenti realizzati dai denti di una specie di carpa. Si tratta di una scoperta eccezionale, paragonabile per datazione al celebre sito di Lepenski Vir, che testimonia l’antica presenza umana in questa regione.

Le ricerche e la collaborazione internazionale

Il primo sopralluogo nella grotta risale al 2011, quando gli archeologi serbi, in collaborazione con l’Università dell’Arizona, visitarono oltre 40 grotte nella Serbia orientale.

Soltanto nel 2022, però, sono iniziati gli scavi sistematici che hanno portato alla conferma dell’importanza storica del sito. Dušan Mihailović, professore di archeologia e capo dello studio, ha dichiarato alla rivista PHAR che i test al radiocarbonio hanno avvalorato l’epoca mesolitica del sito, una scoperta rara in Serbia dai tempi dell’apertura di Lepenski Vir e del sito di Gerdap.

La vita delle comunità mesolitiche

Le datazioni indicano che il sito risale al periodo tra il 6.000 e il 7.000 a.C. Gli scavi hanno portato alla luce reperti che offrono uno spaccato della vita quotidiana delle comunità mesolitiche: dalla caccia alla pesca, fino ai contatti con altre popolazioni.

Mihailović ha spiegato che tale periodo rappresenta un’era di transizione, in cui il clima si avvicinava a quello odierno e le risorse naturali come l’acqua e le piante divennero fondamentali per il sostentamento umano: le comunità iniziarono così a sviluppare tecniche di pesca e di raccolta di alimenti vegetali, integrandole con la caccia tradizionale.

L’importanza della scoperta

Nella grotta sono stati rinvenuti oltre 100 reperti, tra cui inserti di falci per la raccolta di cereali e due denti di una carpa del Danubio, utilizzati come applicazioni ornamentali: i ritrovamenti indicano un contatto diretto tra le comunità mesolitiche del Ponišavie e quelle del Danubio e sottolineano una continuità culturale e una rete di comunicazioni che attraversava le regioni danubiane.

La scoperta è particolarmente significativa poiché si colloca nel periodo di passaggio tra Mesolitico e Neolitico, epoca in cui le prime comunità neolitiche iniziarono a diffondersi nei Balcani provenendo dall’Anatolia. Il sito di Zvonska Banya rivela la presenza di alcuni degli ultimi cacciatori-raccoglitori prima della transizione verso l’agricoltura, offrendo così un’opportunità inedita per studiare i contatti tra le popolazioni locali e i nuovi gruppi neolitici.

Tracce del Paleolitico e riconoscimento internazionale

Quest’anno, durante le indagini, è stato rinvenuto un nuovo strato ancora più antico, risalente con ogni probabilità al tardo Paleolitico. Mihailović ha affermato che le tracce di cacciatori pre-mesolitici presenti nella grotta testimoniano un’occupazione umana risalente a più di 10.000 anni fa.

Lo strato apre nuovi orizzonti per la conoscenza della preistoria della regione di Pirot, con evidenze che risalgono fino a 28.000 anni fa.

Insomma, la scoperta della grotta di Peshteria ha suscitato l’interesse della comunità scientifica, ritagliandosi anche un articolo pubblicato su una rivista internazionale. Secondo Mihailović, il sito potrebbe portare a nuove comprensioni sulla preistoria dell’Europa orientale e fornire una rara visione della vita delle prime comunità stanziali e dei loro scambi culturali.

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A Rosignano Marittimo nasce il primo archeo-agriturismo d’Italia

Nascosta per secoli sotto il fertile manto dei campi di grano, la Pieve di San Gerusalemme e San Giovanni Battista è finalmente riemersa nelle campagne di Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno.

Nel settembre 2023, gli archeologi hanno portato alla luce le rovine della chiesa risalente al X secolo, grazie a un progetto di scavi sostenuto dall’agriturismo Cappellese (che ha interamente finanziato l’iniziativa) che sorge all’interno del Parco Culturale di Camaiano e si è rivelato il primo esempio di “archeo-agriturismo” in Italia, capace di unire l’interesse per l’archeologia con l’ospitalità rurale.

Il primo archeo-agriturismo d’Italia

Il progetto dell’agriturismo Cappellese, promosso da Coldiretti Toscana, rappresenta infatti un’innovazione nel settore agrituristico.

I visitatori hanno l’opportunità di esplorare il sito archeologico, immergendosi sia nella natura che nella storia, e di vivere così un’esperienza che “trasporta il passato nel presente”.

Fabiana Michetti, titolare dell’agriturismo, ha condiviso il suo entusiasmo per la scoperta: “Vogliamo rendere questa scoperta accessibile a tutti, dai turisti alle scolaresche, per avvicinare le persone alla storia millenaria di queste terre“.

Un ritrovamento straordinario: la Pieve di Camaiano

L’antica Pieve, che misura 36 metri di lunghezza per 16 di larghezza, era un importante luogo di culto nel Medioevo, abbandonato verso la fine del 1300 a causa della peste nera.

Le sue fondamenta, che risalgono all’epoca romana, sono testimonianza di un insediamento antico e prospero, e l’architettura ha fornito spunti significativi per gli archeologi, rivelando un complesso storico le cui pietre furono utilizzate per costruire la chiesa di Castelnuovo della Misericordia e le fattorie locali, inclusa quella del Cappellese.

Il turismo esperienziale e la valorizzazione del territorio

L’iniziativa dell’agriturismo Cappellese si inserisce in una tendenza in costante crescita nei confronti del turismo esperienziale.

Solo in Toscana, il turismo rurale sta riscontrando un aumento del 13% rispetto al 2019, con un interesse sempre maggiore per attività che uniscono cultura, storia e natura. “Gli imprenditori agricoli della Toscana” spiega Marco Masala, presidente regionale di Terranostra “hanno saputo valorizzare i territori, riscoprendo antiche tradizioni e rilanciando filiere storiche che rischiavano di scomparire“.

Una scoperta casuale: l’intuizione dalle immagini satellitari

E pensare che la scoperta della Pieve di Camaiano è stata fortuita. L’archeologo Francesco Pagliani, che ha diretto la prima campagna di scavi, racconta che fu un’anomalia nelle immagini satellitari a destare sospetti.

Un’irregolarità nella crescita del grano, causata da un diverso livello di umidità nel terreno, ha permesso di individuare l’area in cui scavare. Ed è proprio grazie a quelle immagini che gli esperti hanno compreso che sotto il campo si celava una struttura antica, confermando l’esistenza della Pieve di cui si conosceva l’esistenza ma non l’esatta ubicazione.

Un viaggio nel passato a pochi passi dal mare

A un solo chilometro di distanza dall’agriturismo Cappellese, i visitatori possono altresì godere appieno di una rigenerante atmosfera sospesa tra mare e colline.

La passeggiata fino al sito rappresenta un’opportunità unica per scoprire la storia e ammirare il paesaggio toscano: si tratta di un modello di archeo-agriturismo che promette di ispirare altre realtà italiane a rivalutare il proprio patrimonio storico per offrire un viaggio autentico che abbraccia passato e presente, natura e cultura.

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Asia Israele mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Israele: torna alla luce un insediamento di 5000 anni fa

Un insediamento di 5.000 anni fa, che fornisce una visione dell’inizio del processo di urbanizzazione nella Terra d’Israele, è stato scoperto durante gli scavi dell’Israel Antiquities Authority vicino a Beit Shemesh, nel sito di Hurvat Husham.

Gli scavi hanno avuto luogo in preparazione dell’espansione della zona industriale occidentale della città, chiamata “Brosh”, su iniziativa del Shamir Engineering Group e della Bet Shemesh Economic Development Company, e la scoperta è stata presentata nel corso della 17esima conferenza “Discoveries in the Archaeology of Jerusalem and its Surroundings Conference“, che ha avuto luogo presso il Jay and Jeanie Schottenstein National Campus for the Archaeology of Israel.

Le rivelazioni che sono emerse dal sito

Lo scavo ha rivelato, inoltre, un edificio pubblico che potrebbe essere stato utilizzato per attività rituali, all’interno del quale è presente una stanza con circa 40 vasi conservati intatti. Tra questi, anche diversi vasi di piccole dimensioni, particolare che suggerisce un uso simbolico piuttosto che domestico.

I vasi sono stati trovati nella loro posizione originale, proprio come erano stati collocati dagli abitanti del luogo nella prima età del bronzo IB (fine del IV millennio a.C.).

vasi edificio israele

Fonte: Crediti IAA – Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo

i vasi intatti nel sito di Hurvat Husham

I direttori degli scavi dell’Israel Antiquities Authority Ariel Shatil, Maayan Hamed e Danny Benayoun hanno dichiarato a questo proposito: È interessante che questi numerosi vasi e brocche siano stati collocati qui poco prima che l’intero sito venisse abbandonato per sempre. Si può letteralmente immaginare la gente che ha deposto questi oggetti e li ha lasciati qui.
Non si sa cosa sia successo in seguito in questa stanza, ma ci sono segni di combustione e vasi caduti l’uno sull’altro. L’esame in laboratorio del contenuto dei vasi con diversi metodi scientifici farà ulteriore luce sul sito: saremo in grado di dire se contenessero olio, acqua, grano, o se fossero forse specifici per oli esotici o altre sostanze
“.

Le dimensioni della struttura, le mura ampie, le panche sistemate all’interno, indicano con ogni probabilità che si trattasse di un edificio con una funzione pubblica, forse un tempio: “Non conosciamo quasi nessun edificio pubblico in Israele di questo periodo antico e precedente“, proseguono i ricercatori. “Il confronto con i pochi edifici noti di questo tipo porta alla conclusione che questo è probabilmente uno dei primi templi mai scoperti nei bassopiani della Giudea“.

Ma non è tutto. Nei pressi dell’edificio, infatti, sono tornate alla luce una serie di grandi pietre erette disposte in fila, risalenti a prima della costruzione dell’intera struttura.

La loro presenza promette di essere istruttiva riguardo al processo socio-politico relativo alla fondazione del servizio cultuale a Hurvat Husham: sembra che in origine ci fosse un’area di attività cultuale aperta al pubblico, che poi si è trasformata in attività rituale in un complesso chiuso con accesso più controllato. Questo processo di sviluppo del sito, insieme ad altri processi, testimonia un aumento della complessità sociale“, afferma il dottor Yitzhak Paz, esperto dell’Età del Bronzo Antico presso l’Israel Antiquities Authority. “Questo è uno degli indicatori dello sviluppo dell’urbanizzazione in Israele durante la prima età del bronzo. Nel sito sono stati scoperti anche due forni per la produzione di ceramica, tra i primi mai scoperti in Israele“.

Una scoperta che risulta eccezionale

edificio pubblico israele

Fonte: Crediti IAA – Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo

Gli scavi dell’Israel Antiquities Authority

L’antico insediamento di Hurvat Husham è stato scoperto per la prima volta nel 2021, durante gli scavi condotti da Marion Zindel e Natan Ben-Ari per conto della Israel Antiquities Authority. Negli ultimi tre anni e mezzo lo scavo è stato ampliato, chiarendo l’estensione del sito e la sua importanza per comprendere le origini del processo di urbanizzazione in Israele.

La prima età del bronzo è uno dei periodi più complessi della storia d’Israele, durante il quale si verificarono per gli abitanti della regione cambiamenti drammatici nello stile di vita e nella visione del mondo: il numero di persone che vi vivevano aumentò drasticamente e per la prima volta si creò una complessità sociale e la struttura politica di una società gerarchica.
Al culmine del periodo, l’accelerazione del fenomeno dell’urbanizzazione è evidente, e si possono già vedere costruzioni pubbliche monumentali: fortificazioni, edifici religiosi e governativi, competenze e standardizzazione in varie industrie, nonché un commercio più intenso con le regioni vicine come Egitto, Siria, Anatolia e Mesopotamia.

Il sito scoperto a Hurvat Husham è eccezionale non solo per le sue dimensioni, ma perché ci rivela alcune delle prime caratteristiche della transizione dalla vita di villaggio alla vita urbana“, affermano i responsabili degli scavi. “Il sito ci insegna che circa 5.000 anni fa erano già stati fatti i primi passi verso lo sviluppo di una società urbana nei bassopiani della Giudea. Poche generazioni dopo, vediamo già grandi città nella zona, circondate da un muro, con palazzi e altri edifici, come nel sito di Tel Yarmouth, che si trova nel raggio d’azione di questo sito“.

Eli Escusido, direttore dell’Israel Antiquities Authority, ha concluso: “La Terra d’Israele, grazie alla sua natura e alla sua posizione geografica, è stata un terreno fertile per lo sviluppo delle antiche civiltà e il sito di Hurvat Husham, scoperto dai ricercatori dell’Israel Antiquities Authority, rivela un altro importante tassello nel puzzle dello sviluppo urbano della nostra regione“.

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Cagliari mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Rinasce il bellissimo anfiteatro romano di Cagliari: il progetto

A Cagliari la Giunta comunale ha avviato un progetto da 4 milioni di euro finalizzato alla rinascita dell’Anfiteatro romano, un sito antico che per anni è stato abbandonato. Massimo Zedda della Giunta comunale, d’accordo con l’assessore alla Cultura Maria Francesca Chiappe, ha firmato il documento per dare il via ufficiale ai lavori che saranno organizzati secondo due livelli di intervento.

In un primo momento saranno effettuati i lavori per un’apertura del sito in breve tempo “come parco archeologico e contenitore di eventi culturali” che ospiterà anche concerti ed eventi culturali di vario genere. Successivamente si porteranno a termine alcuni interventi “di lunga durata” per rendere l’anfiteatro un “tassello urbano” anche grazie al coinvolgimento delle amministrazioni di altri luoghi storici nei dintorni come l’Orto botanico.

La rinascita dell’anfiteatro romano di Cagliari

Con un budget complessivo di quattro milioni di euro, la delibera di palazzo Bacaredda prevede interventi di regimentazione delle acque, salvaguardia dei versanti soprastanti, il restauro del muro del podio e il risanamento del primo ambulacro. Sarà anche ripristinato il muro di confine con l’orto botanico per poi creare anche un’arena per gli spettacoli ed eventi con una platea nella cavea in grado di ospitare dagli 800 ai 1000 spettatori.

L’ingresso al sito sarà in viale Fra’ Ignazio, accessibile anche alle persone con disabilità. “La ristrutturazione del blocco dei servizi ritenuto indispensabile per la funzionalità dell’area, come spazio per spettacoli ed eventi dovrà mantenere l’intera volumetria oggi esistente” ha dichiarato la Giunta.

Anfiteatro Cagliari

Fonte: Getty images

L’anfiteatro di Cagliari dall’alto

Dai gladiatori agli eventi culturali

L’anfiteatro romano di Cagliari risale al II secolo d.C. e si trova in una piccola valle alle pendici occidentali del colle di Buon Cammino. Le gradinate sono state intagliate nella roccia che caratterizza quel territorio della Sardegna, utilizzando il materiale di risulta per costruire il piano dell’arena. Nel corso dei secoli la struttura ha subito diverse variazioni e mutamenti, come le gradinate asportate, e la facciata meridionale oltre i 20 metri di altezza che non c’è più. Alla metà del secolo scorso l’arena era completamente interrata e cominciarono gli scavi con la supervisione di Giovanni Spano che portarono alla luce alcune monete, reperti antichi, lastre di marmo sottili.

La capienza massima dell’epoca era di circa 10.000 spettatori che potevano assistere a scontri tra uomini e belve feroci, all’esecuzione di condanne capitali e combattimenti all’ultimo sangue tra gladiatori come accadeva nel Colosseo di Roma. Con la diffusione del Cristianesimo nei territori dell’Impero romano le lotte di questo tipo divennero sempre più impopolari fino al divieto nel 438 d.C. con l’imperatore Valentiniano III. Quindi l’anfiteatro cadde in disuso fino al medioevo quando diventò una cava per i conquistatori che potevano reperire materiale per costruire nuovi monumenti e costruzioni.

In fondo all’arena c’è ancora oggi un lungo corridoio di 95 metri che conduce a una cisterna sotterranea nell’Orto dei Cappuccini. E nei primi anni 2000 l’anfiteatro fu ricoperto da una struttura di ferro e legno per permettere la messa in scena di alcuni spettacoli in estate. Dopo un po’ queste strutture sono state rimosse per riportare l’anfiteatro alla sua funzione originaria di sito archeologico che si vuole confermare nuovamente con questo nuovo progetto in corso.

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Arabia Saudita Asia Borghi mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Scoperta una città di ben 4000 anni in Arabia Saudita

Un’incredibile scoperta è stata fatta nel cuore di un’oasi in Arabia Saudita da un gruppo di archeologi. Siamo a Khaybar, nella regione dell’Hegiaz, nell’area occidentale della Penisola Arabica, a circa 150 chilometri a nord di Medina. È qui che, da tempo, il gruppo di ricerca internazionale congiunto del Khaybar Longue Durée Archaeological Project indaga per trovare risposte ai loro quesiti: seppur nascosti dalle rocce vulcaniche di basalto, infatti, osservando il sito dall’alto, il gruppo è riuscito a rivelare potenziali percorsi e le fondamenta di case, suggerendo il punto in cui gli archeologi avrebbero potuto trovare tracce di un antico insediamento.

Ed è scavando che hanno portato alla luce una città antica di ben 4000 anni, costruita tra il 2.400 e il 2.000 avanti Cristo, durante l’Età del Bronzo. Si tratta di una scoperta fondamentale che, come hanno affermato gli stessi archeologi, rivela come la vita all’epoca stesse lentamente cambiando da un’esistenza nomade a una urbana.

La scoperta della città di al-Natah

La città, chiamata al-Natah dagli archeologi, è stata scoperta da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati francesi del French National Center for Scientific Research (CNRS) e dai colleghi dell’Hadès Bureau d’investigation Archéologique, della Royal Commission for AlUla di Riyadh e di altri istituti. Dai diversi lavori di ricostruzione, i ricercatori hanno determinato che al-Natah rappresentava al tempo una città fortificata di 2,6 ettari dov’erano presenti una cinquantina di abitazioni, di uno o due piani.

Gli archeologi, inoltre, hanno aggiunto che l’antico insediamento era di tipo complesso perché suddiviso in diverse aree: una residenziale, una amministrativa e una necropoli. Questa scoperta ha messo in evidenza dei dati molto importanti perché, finora, si pensava che la Penisola Arabica fosse arida e quindi popolata principalmente da nomadi. Con al-Natah, invece, il pensiero cambia direzione e i ricercatori sono sempre più sicuri nell’affermare che le oasi presenti in questa zona fossero in grado di sostenere le prime comunità stanziali nell’area.

Città di al-Natah

Fonte: AFALULA-RCU-CNRS

Mappa di al-Natah suddivisa per aree

I ritrovamenti archeologici

Molto interessanti sono anche le scoperte fatte al suo interno. Gli archeologi hanno trovato ceramiche, attrezzi da lavoro e armi che avvalorano la tesi di al-Natah come una città complessa e avanzata per il periodo in cui è esistita e, soprattutto, per la sua posizione in mezzo al deserto. La scoperta di Al-Natah, seppur si tratti di una città più piccola rispetto a quelle della Mesopotamia o dell’Egitto esistite nella stessa epoca, ha permesso di mettere in evidenza un’altra teoria.

Secondo il professor Charloux, infatti, queste oasi fortificate erano probabilmente in collegamento fra loro e garantivano gli scambi tramite le comunità nomadi, che si ritiene fossero comunque preponderanti nell’area. “La documentazione archeologica testimonia una bassa urbanizzazione (o urbanesimo lento), che evidenzia una complessità sociale debole, ma crescente durante l’età del bronzo antico e medio”, spiegano i ricercatori.

Viviamo in tempi interessanti durante i quali, grazie alle nuove tecnologie, è possibile fare sempre nuove scoperte, come quella recente avvenuta in Messico grazie semplicemente a Google o l’eccezionale scoperta della prima tomba del Medio Regno nella necropoli dell’Assasif a Tebe da parte di un gruppo di ricerca egiziano-americana.

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Africa Egitto mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

La scoperta di una tomba del Medio Regno cambia la storia dell’Assasif

La missione archeologica congiunta egiziano-americana, operante al South Asasif Conservation Project, ha di recente portato alla luce una scoperta archeologica di rilievo: la prima tomba del Medio Regno (all’incirca 2055-1790 a.C.) individuata nell’area dell’Assasif.

La necropoli, sulla riva occidentale del Nilo di fronte all’antica Tebe, in Egitto, si sviluppa in una valle che si snoda verso il complesso funerario di Deir el-Bahari, accanto al tempio della regina Hatshepsut.

La tomba, sigillata e perfettamente conservata, contiene sepolture che racchiudono una serie di oggetti preziosi, dai gioielli agli specchi in rame, offrendo uno spaccato inedito sulle pratiche funerarie dell’epoca.

Una scoperta inattesa

L’incredibile scoperta è avvenuta durante le operazioni di pulizia della superficie meridionale della tomba di Karabasken (TT 391), appartenente alla XXV dinastia.

È qui che gli archeologi hanno identificato vari pozzi funerari intatti, custoditi per millenni e ancora contenenti i resti umani dei defunti e il loro corredo funerario.

Il dott. Mohamed Ismail Khaled, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha commentato l’importanza della scoperta, affermando che potrebbe cambiare la narrazione storica legata alla necropoli dell’Assasif, ridefinendola come uno dei principali luoghi di sepoltura del Medio Regno a Tebe.

Una tomba di famiglia: gioielli, amuleti e usanze funerarie

All’interno della tomba appena scoperta, sono state identificate undici camere funerarie che ospitano resti scheletrici di due uomini, cinque donne e tre bambini.

Una tale configurazione suggerisce che la tomba fosse destinata a una famiglia e utilizzata per diverse generazioni, dalla XII alla XIII dinastia. Tra i reperti, i più sorprendenti sono i gioielli femminili, databili alla prima fase della XII dinastia. Particolare attenzione ha destato poi la collana rinvenuta accanto all’uomo nella sepoltura 9, composta da 40 perle in faience (maiolica) e due perle cilindriche in corniola, con un amuleto a forma di testa di ippopotamo sul retro.

Nonostante molti materiali funerari siano stati danneggiati da inondazioni che hanno distrutto sarcofagi di legno e bende in lino, gli oggetti realizzati in pietre dure e materiali resistenti sono rimasti intatti. Tra i gioielli recuperati, si annoverano collane, braccialetti, anelli e cinture in corniola, ametista, granato, agata rossa e faience, ornati da amuleti raffiguranti figure simboliche come teste di ippopotamo, falchi e occhi wedjat. Uno dei pezzi più pregiati è una collana con perle in ametista e un amuleto in amazzonite al centro, insieme a una cintura di perle di corniola.

Oggetti rituali e specchi di raffinata fattura

La direttrice del team americano, Marion Brew, ha descritto l’incontro con specchi in rame dalle impugnature finemente lavorate: uno con un manico a forma di fiore di loto e un altro con il raro motivo della dea Hathor dalle quattro facce. Inoltre, sono stati ritrovati lingotti di rame e una statuetta in faience smaltata che rappresenta una figura femminile, con dettagli decorativi sui capelli e sui gioielli. Accanto alla statuetta, quasi 4.000 piccole perle di fango formavano l’acconciatura originale, fornendo una testimonianza tangibile delle tecniche di decorazione dell’epoca.

Oltre ai gioielli, la tomba conteneva una tavola per le offerte di forma quadrata, intagliata con figure in rilievo che rappresentano teste di toro, zampe e pagnotte. Il canale al centro della tavola, destinato a far scorrere l’acqua, rifletteva l’usanza di garantire nutrimento per l’anima nell’aldilà, un’usanza chiave nelle pratiche funerarie egiziane.

Il valore del ritrovamento

Una simile scoperta non soltanto aggiunge tasselli alla comprensione delle usanze funerarie del Medio Regno, ma rappresenta un passo significativo verso lo studio delle influenze artistiche e culturali della XXV dinastia.

Con il ritrovamento della prima tomba del Medio Regno nel South Asasif, la necropoli si colloca all’interno del complesso funerario tebano, contribuendo a ridefinire la storia della regione e svelando una collezione eccezionale di manufatti che testimoniano l’abilità artistica e la complessità spirituale della civiltà egizia antica.

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Gerusalemme itinerari culturali mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

La scoperta che potrebbe riscrivere la storia di Gerusalemme

La scoperta della cosiddetta “Tomba T1” nella Città di Davide potrebbe riscrivere la storia dell’antica Gerusalemme e rivelare finalmente il luogo di sepoltura di Re Davide.

L’affascinante ipotesi è stata avanzata sulla base di recenti studi che riconducono il sito alla necropoli reale della dinastia davidica, come narrato nei testi biblici.

L’antica e suggestiva Città di Davide

La Città di Davide, estesa su un’area di circa 12 acri, è il sito originario dell’antica Gerusalemme e ospita alcuni tra i più preziosi reperti archeologici del Regno di Giuda.

Secondo il Libro dei Re, Re Davide e i suoi successori furono sepolti proprio in questo luogo, accanto alla Fonte di Gihon, l’unica sorgente di acqua dolce della città.

I testi suggeriscono che la necropoli reale si trovasse nel punto meridionale della città, sopra il celebre “Tunnel di Ezechia,” un’infrastruttura idrica scavata per convogliare l’acqua alla Piscina di Siloe.

L’antico insediamento, risalente a oltre tremila anni fa, è stato il centro politico e spirituale del regno fondato da Re Davide. Scavi condotti nel corso dei decenni hanno rivelato una serie di strutture, gallerie e reperti che gettano nuova luce sull’organizzazione urbana e sulla vita quotidiana di un’epoca in cui Gerusalemme iniziava ad affermarsi come simbolo di unità e cultura per il popolo ebraico.

Uno degli elementi più affascinanti della Città di Davide è il Sistema Idrico di Siloam, un complesso ingegnoso di gallerie e canali costruito per convogliare l’acqua della già citata sorgente di Gihon: tale sistema, grazie all’imponente galleria sotterranea, era essenziale per garantire la sopravvivenza degli abitanti in tempi di guerra, permettendo loro di avere accesso a risorse idriche sicure anche durante gli assedi.

Il mistero della Tomba T1: è questo il luogo di sepoltura del Re?

La teoria che T1 possa essere la Tomba di Davide risale al 1887, quando l’esploratore francese Charles Clermont-Ganneau ipotizzò che una misteriosa curva nel tunnel fosse stata scavata per evitare le tombe reali. Tale ipotesi ha portato nel XX secolo a ulteriori scavi sponsorizzati dal Barone Edmond de Rothschild e guidati dall’archeologo Raymond Weill, che identificò diversi siti di sepoltura, inclusa T1.
 

La Tomba T1, situata nella roccia e lunga circa 16 metri, è caratterizzata da due livelli sovrapposti e una depressione rettangolare sul fondo, probabilmente destinata ad accogliere un corpo o un sarcofago. Nonostante la struttura sia stata alterata nel tempo, tracce di malta del periodo del Secondo Tempio suggeriscono che T1 sia stata usata in epoche successive, confermando che potrebbe aver avuto diverse destinazioni d’uso.

Alcuni studiosi contestano l’identificazione di T1 e T2 come tombe reali, ritenendole cisterne o basamenti di edifici della stessa epoca. Tuttavia, recenti studi mostrano analogie tra T1 e le tombe reali della tarda Età del Bronzo, come quelle di Ebla e Ugarit, semplici nella struttura ma ritenute nobili per il loro contenuto e posizione.

Se confermata, la teoria aprirebbe nuove prospettive sulla storia biblica e sulla gestione delle sepolture dei re d’Israele. La scelta di seppellire Re Davide all’interno delle mura di Gerusalemme potrebbe, infatti, aver rappresentato un simbolo di protezione contro le profanazioni e un forte segno di potere.
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La tomba di Nefertari a Luxor (forse) riaprirà al pubblico

La tomba della Regina Nefertari a Luxor, in Egitto, è stata chiusa a marzo per alcuni lavori di restauro, ma di recente il Consiglio Supremo delle Autorità egiziane ha annunciato che è in programma una riapertura al pubblico nonostante la minaccia dell’umidità. Secondo quanto riferito dal sito Egypt Independent, il Ministero del Turismo e delle Antichità avrebbe intenzione di aprire nuove attrazioni per incoraggiare il turismo culturale, ma i visitatori potrebbero danneggiare indirettamente questo importante sito archeologico, causando traspirazioni deleterie per le pitture murarie preziose presenti.

La tomba è stata chiusa negli anni Cinquanta del XX secolo per dei danni gravi causate da infiltrazioni di acqua e dai cristalli di cloruro di sodio filtrati dal calcare poroso che hanno raggiunto i blocchi di pietra e l’intonaco. Il primo intervento è stato fatto poi negli anni ’80, ma il vero restauro è durato dal 1988 al 1992 per poi riaprire il sito al pubblico nel 1995. Ma nel 2003 si decide di chiuderla definitamente per la sua fragilità, e nel 2014 le autorità egiziane fecero una copia esatta della tomba nella Necropoli di Tebe spendendo circa 700.000 euro.

Perché riaprire la tomba di Nefertari

Mohamed Ismail Khaled, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, lo scorso 27 ottobre ha condotto un’ispezione alla tomba per verificare gli ultimi sviluppi del restauro e ha confermato che la tomba di Nefertari è in buono stato. Una commissione di esperti è stata coinvolta per misurare i livelli di umidità all’interno e valutare la possibilità di riaprirla secondo alcune precise condizioni.

Con le dovute accortezze non si correggerebbero rischi nel riaprire al pubblico questo luogo scoperto nel 1904 da una missione italiana guidata da Ernesto Schiaparelli. All’interno della tomba furono trovati alcuni resti del sarcofago in granito rosa e pezzi del corredo funerario tra cui amuleti, cofanetti di legno dipinti, un paio di sandali in fibra di palma intrecciata, frammenti di un bracciale d’oro e altro.

L’Istituto Paul Getty nel 1986, in collaborazione con il Consiglio Supremo delle Antichità, cominciò i lavori di restauro per poi aprirla al pubblico seguendo alcune regole. Nella tomba, infatti, sono presenti alcune pitture murarie prestigiose che l’hanno resa una delle più splendide della Valle delle Regine. Queste rappresentano la regina nel regno dei morti e il suo incontro con alcune divinità, con immagini di colori intensi e dettagli raffinati ammirati da turisti provenienti da tutto il mondo.

Tali pitture che coprono 520 metri quadrati sono belle da vedere, ma custodiscono anche una spiritualità affascinante che fa parte della storia e della cultura dell’antico Egitto che incanta molti appassionati. Il culmine rappresenta la trasformazione di Nefertari nella mummia di Osiride sorretta dalle dee Iside e Neith.

Regina Nefertari

Fonte: Getty Images

La Regina Nefertari, grande sposa reale

Chi era la Regina Nefertari

Nefertari Meritmut è stata una figura femminile molto importante dell’antico Egitto. Vissuta nel XIII secolo a.C. ha sposato il faraone Ramses II, uno dei più potenti della storia, e ha avuto una grande influenza sul popolo che viene paragonata a quella di Cleopatra e Nefertiti. Aveva un’ottima istruzione per l’epoca ed ebbe un ruolo diplomatico importante mantenendo la corrispondenza con altri sovrani del periodo storico.

Oltre alla tomba tra le più grandi e spettacolari della Valle delle Regine, Nefertari ha anche un complesso monumentale di Abu Simbel che Ramses ha fatto costruire in suo onore. Dal loro matrimonio nacquero due figlie femmine e quattro maschi, ma nessuno visse abbastanza da ereditare il trono. Nefertari morì a circa 40 anni, durante il 25° anno di regno di Ramses II.

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Scoperta un’antica città Maya grazie a Google

La civiltà dei Maya è una delle più interessanti e misteriose al mondo. Chiunque visiti il Messico inserisce nel suo itinerario di viaggio almeno uno o più siti archeologici che ne mostrano le profonde capacità architettoniche, oltre che gli aspetti culturali e religiosi di una società che ha regnato per lungo tempo su gran parte dell’America centrale. Pensate che ci sono alcuni luoghi, come Tikal in Guatemala, dove c’è ancora tantissimo da scoprire perché la giungla che custodisce le rovine è talmente fitta che ci vorrebbero anni e anni di scavi e lavori per svelare templi e piramidi…oppure ci vorrebbe Google.

Gli Indiana Jones moderni non hanno bisogno dei classici strumenti degli archeologi, a volte basta semplicemente un computer. È successo negli Stati Uniti d’America, dove Luke Auld-Thomas, dottorando presso l’università statunitense di Tulane, ha scoperto su Google l’esistenza di una città Maya perduta che comprende più di 6.000 edifici, con templi piramidali e un ‘campo sportivo’, quello utilizzato per il classico gioco della pelota.

La scoperta della città Maya su Google

La città Maya segreta, situata nello stato messicano sudorientale di Campeche, al confine con il Guatemala, è stata scoperta puramente per caso da uno dei membri di un team di esploratori. Luke Auld-Thomas ha dichiarato alla BBC: “Ero circa alla pagina 16 dei risultati di ricerca e ho trovato un’indagine laser effettuata da un’organizzazione messicana per il monitoraggio ambientale”. Ed è proprio partendo da quest’indagine, e dopo un’attenta elaborazione e traduzione dei dati, che il ricercatore ha notato qualcosa che assomigliava a una città.

In questo modo è stata rivelata Valeriana, il nome dato a quello che si ritiene rappresenti il secondo sito Maya più grande mai scoperto. Gli archeologi, dopo aver mappato ed esplorato tre aree, la cui superficie totale è pari a quella della città di Edimburgo, sono arrivati a una prima conclusione: la città potrebbe aver ospitato fino a 50.000 persone al suo apice, tra il 750 e l’850 d.C. Una cifra, stimano i ricercatori, superiore alla popolazione che vive attualmente nella regione.

Perché è una scoperta importante

Si tratta di una scoperta molto importante, soprattutto considerando quanti misteri ancora avvolgano la società Maya. La professoressa Elizabeth Graham dell’University College di Londra, che non ha partecipato allo studio, ha evidenziato come i risultati di questa nuova scoperta contribuiscano a rafforzare l’idea che i Maya vivessero in città o paesi complessi piuttosto che in villaggi isolati.

La città scoperta dalla squadra di archeologi comprende 6.674 edifici e, dalle sue caratteristiche, appare agli occhi degli esperti come una capitale: sono stati riscontrati due centri principali con grandi edifici, collegati da fitte case e strade rialzate e con due piazze in cui si trovano dei templi piramidali, dove i Maya avrebbero praticato il loro culto, nascosto tesori e seppellito i loro morti. Come anche nel caso di Chichen Itza, una delle 7 Nuove Meraviglie del Mondo in Messico, anche qui è stato ritrovato il campo della pelota che, più che uno sport, rappresentava un vero e proprio rito cerimoniale che prevedeva, alla fine, il sacrificio di alcuni giocatori.

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Toscana, i luoghi degli Etruschi spiegati ai bambini

La Toscana non è solo fatta di città d’arte, di musei, delle colline del Chianti, della selvaggia Maremma o delle spiagge della Versilia. Questa splendida regione italiana è anche la terra degli Etruschi. Con un patrimonio archeologico ancora poco conosciuto e poco sfruttato, la Toscana ci racconta una delle culture più misteriose e affascinanti attraverso acropoli affacciate sul mare, necropoli e musei ricchi di ritrovamenti storici che le organizzazioni turistiche regionali vogliono far conoscere sia ai visitatori adulti che ai bambini.

Per stimolare la fantasia dei più piccoli e per permettere alle loro famiglie di organizzare al meglio un itinerario, infatti, Toscana Promozione Turistica ha messo a disposizione un avvincente audiolibro intitolato “Il Vaso della Concordia”, di Lorenza Cingoli e Marina Forti. Scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale, i capitoli sono stati scritti per i ragazzi tra i 5 e i 12 anni per raccontare una bellissima avventura etrusca in italiano, inglese e tedesco. Vediamo insieme chi erano gli Etruschi e quali tappe fare in Toscana per scoprirli.

Chi erano gli Etruschi

Tra i popoli più antichi che hanno abitato l’Italia ci sono gli Etruschi. Dalle origini misteriose, vissero in gran parte del paese tra il IX e il I secolo a.C.: inizialmente, l’Etruria comprendeva l’area tra i fiumi Arno in Toscana e Tevere nel Lazio, espandendosi successivamente verso il Nord, nel Veneto meridionale, e a Sud, in Campania. Sul territorio toscano, quello che interessa a noi per creare l’itinerario da vivere con i vostri bambini, le città di origini etrusche sono, per esempio, Arezzo e Perugia.

A quei tempi rappresentavano città-stato indipendenti e alcune appartenevano alla cosiddetta “dodecapoli”: una forte alleanza economica, religiosa e militare tra 12 città dell’impero etrusco. Amanti dell’arte, soprattutto nella lavorazione della terracotta e dei metalli, lasciarono splendide opere artistiche, insieme a città e borghi che ancora oggi conservano le impronte del loro passaggio.

Itinerario alla scoperta del popolo etrusco

I luoghi degli Etruschi da scoprire con i bambini sono diversi: dalle città, dove troverete musei ricchi di reperti, ai parchi archeologici sulla costa, dove all’interno dell’itinerario potete inserire anche altre entusiasmanti attività per intrattenere i più piccoli. Scopriamo insieme quali sono le tappe, così da aiutarvi a organizzare al meglio il vostro viaggio.

Le città etrusche in Toscana

Una delle principali città etrusche in Toscana è Chiusi, in provincia di Siena. Qui potete visitare il Museo Nazionale Etrusco, dov’è stata esposta una ricca selezione di reperti ordinati secondo un criterio cronologico e topografico provenienti principalmente dalle raccolte di collezionisti chiusini e, in parte, da scavi archeologici. Alle porte della città, invece, si trova la necropoli di Poggio Renzo con la famosa Tomba della Scimmia, scoperta da Alessandro François nel marzo del 1846 e che prende il nome dalla raffigurazione di una scimmia dipinta nel fregio che orna la camera centrale della tomba. Sfortunatamente la necropoli è chiusa, quindi se fate tappa a Chiusi potrete visitare solo il museo.

Anche Cortona fu città etrusca, tra le più importanti e potenti soprattutto grazie alla sua posizione collinare. Per immergervi nel suo passato potete visitare il Museo dell’Accademia Etrusca MAEC, ricco di reperti etruschi rinvenuti tra la Valtiberina e la Valdichiana, provenienti dalle tombe gentilizie del Sodo e di Camucia. Tra i più belli citiamo lo straordinario lampadario etrusco e la collezione dei bronzetti. Ad Arezzo, invece, fu rinvenuta la celebre Chimera, oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, mentre in città merita una visita il museo “Gaio Cilnio Mecenate” con i gioielli etruschi provenienti dalla necropoli di Poggio del Sole.

A Fiesole, l’area archeologica e il museo civico documentano la storia antichissima della città, mentre il Museo Etrusco Guarnacci di Volterra conserva una delle più importanti collezioni di reperti etruschi, l’Urna degli Sposi, il coperchio di un’urna cineraria in terracotta, e l’Ombra della Sera, una statuetta in bronzo risalente al III secolo a.C. Sempre a Volterra potete fare tappa al Parco Archeologico Enrico Fiumi, ossia l’acropoli etrusco-romana con i resti dell’antica Velathri.

Cortona Toscana etrusca

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Cortona, dove si trova il Museo dell’Accademia Etrusca MAEC

I parchi archeologici etruschi

L’itinerario perfetto per scoprire il popolo etrusco in Toscana mixa città e parchi archeologici. A chi viaggia con bambini è consigliato visitare la Costa degli Etruschi, il tratto che va da Livorno a Piombino e che custodisce l’unica città etrusca affacciata sul mare. Stiamo parlando del Parco archeologico di Baratti e Populonia, un luogo ricco di fascino non solo per i reperti, ma anche per il paesaggio naturale in cui è immerso. Qui potete visitare l’acropoli, dove i cartelli con le informazioni hanno racconti dedicati anche ai più piccoli e dove potrete ammirare templi, ville e mosaici, e le necropoli.

Se volete far felici i vostri bambini, portateli al Parco Archeominerario di San Silvestro e salite sul trenino per scoprire le antiche miniere, le quali mostrano il legame indissolubile tra il passato etrusco e un presente più vicino a noi.

Scendendo nella Maremma, invece, da visitare c’è Vetulonia, con i resti delle mura, le tombe e i reperti custoditi nel Museo Civico Archeologico, e le suggestive Vie Cave scavate nel tufo a Pitigliano. A Sovana, invece, troverete un grande sito etrusco che custodisce la famosa Tomba Ildebranda, anche questa scavata nel tufo e con un porticato a sei colonne. Imperdibile per chi viaggia in famiglia è il Museo Archeologico di Chianciano Terme, dove sono esposti oggetti appartenenti alla vita quotidiana della civiltà etrusca, narrata con semplicità per essere compresa facilmente anche dai più piccoli.

Parco Archeologico Populonia

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Rovine etrusche al Parco Archeologico di Populonia