Categorie
Borghi Idee di Viaggio itinerari mete storiche siti archeologici Viaggi viaggiare

Viaggio tra i vulcani di fango delle Salse di Nirano

Paesaggi dal fascino lunare, nati da un fenomeno geologico unico. La Via dei Vulcani di Fango è un vero e proprio percorso emozionale che porta alla scoperta di affascinanti borghi, dimore storiche, siti archeologici e una natura sorprendente.

Il sentiero si snoda per oltre 60 km attraverso il territorio di sei comuni – Fiorano Modenese, Maranello, Sassuolo, Scandiano, Castellarano e Viano – e due province, toccando oltre 50 luoghi di interesse, legati dalle formazioni argillose chiamate ‘salse’, che rappresentano un unicum a livello scientifico, geologico e botanico. Una destinazione senz’altro da scoprire per chi visita l’Emilia-Romagna.

La Via dei Vulcani di Fango

I cosiddetti ‘vulcani di fango’ sono prodotti dalla risalita in superficie di acqua salata e fangosa mista ad idrocarburi gassosi e liquidi che, venendo in superficie, stemperano le argille dando luogo alle tipiche formazioni a cono o polla, a seconda della densità del fango. Un fenomeno noto sin dall’antichità, come dimostrano diversi ritrovamenti archeologici in zona, e studiato da celebri scienziati del passato, con osservazioni anche molto fantasiose.

Il nome ‘salsa’ (dal latino ‘salsus’) deriva dall’alto contenuto di sale delle acque fossili, ricordo del mare che fino ad un milione di anni fa occupava l’attuale Pianura Padana. Sale che rende particolarmente inospitali e aridi i terreni attorno, tanto che le sole piante che qui possono sopravvivere sono graminacee come la Puccinellia fasciculata, diffuse nei litorali costieri. Le salse vengono considerate fenomeni “pseudovulcanici”, in quanto hanno caratteristiche simili ai vulcani, ma hanno origini completamente diverse, non essendo collegate al magma ed essendo assolutamente fredde.

La Riserva Naturale Salse di Nirano

Istituita nel 1982, la Riserva Naturale delle Salse di Nirano tutela il più vasto e peculiare complesso di “salse” della regione e, con quello di Aragona (Agrigento), il più importante d’Italia e uno tra i più complessi d’Europa. Si estende su circa 200 ettari nel territorio comunale di Fiorano Modenese, tra i corsi d’acqua Fossa e Chianca, sulle prime pendici dell’Appenino Modenese. Di minore estensione, ma non meno affascinanti e spettacolari, sono le salse situate nei comuni di Maranello (località Puianello), Sassuolo (località Montegibbio) e Viano (località Regnano e Casola Querciola).

Parte dell’Ente Parchi dell’Emilia Centrale, la Riserva è una delle principali tappe della Via dei Vulcani di Fango. Con la sua rete di 13 sentieri attrezzati e percorsi didattici aperti a tutti, anche a disabili e ipovedenti, il Centro visite Cà Tassi, sede anche del Ceas Pedecollinare, l’Ecomuseo Cà Rossa e il Campo catalogo delle cultivar antiche, accoglie circa 70.000 visitatori all’anno.

Alla scoperta del borgo di Fiorano

Una volta qui, vale la pensa visitare il borgo storico di Fiorano, partendo dal Santuario della Beata Vergine in piazzale Giovanni Paolo II, dove è visibile un’area archeologica all’aperto che conserva i resti murari di un ambiente interrato dello scomparso castello di Fiorano, che occupava un tempo la sommità del colle, distrutto nel Seicento per costruire il santuario.

Una piacevole passeggiata conduce tra le case dell’antico borgo detto “il Sasso”, lungo via Brascaglia che circonda il colle e via Bonincontro da Fiorano, dove si trova un edificio che conserva ancora le finestre decorate con formelle in terracotta, risalenti al Quattrocento.

Categorie
mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

In Italia è stata scoperta una nuova necropoli

Sono già state numerosissime le scoperte archeologiche avvenute in Italia nel corso degli ultimi anni ma le sorprese non si fermano mai: durante gli scavi per la costruzione di nuovi edifici o nuove aree di complessi esistenti, spesso vengono alla luce reperti e rovine che arricchiscono il patrimonio storico e culturale del Paese.

È stato così anche per la recente scoperta di una piccola necropoli nel cuore di una grande città italiana.

A Napoli riemerge una necropoli romana

Celata da secoli nelle cavità dell’ospedale Asclalesi di Napoli, una piccola necropoli di epoca romana con tre o quattro sepolture (una delle quali forse di un bambino) è stata rinvenuta circa due settimane fa nel corso degli scavi per la realizzazione della nuova area di radioterapia.

Nel cortile del presidio di Forcella, a circa due metri di profondità, al di sotto di quella che era una cisterna d’acqua, gli operai hanno ritrovato un primo scheletro ma, con tutta probabilità, vi sono anche altre tombe tra cui una di dimensioni più piccole, il che fa pensare alla presenza di un bambino.

Siccome l’area è di interesse storico, i lavori erano eseguiti dagli archeologi della Soprintendenza che, non appena si sono trovati di fronte all’inaspettato ritrovamento, hanno dato il via agli studi previo controllo da parte dei Carabinieri per escludere che lo scheletro fosse riconducibile a circostanze differenti.

In seguito alle prime verifiche, i corpi sembrano risalire al periodo romano tardo-imperiale, in un lasso di tempo che va dal V al VI secolo d.C ma, per il momento, siamo nel campo delle ipotesi: prima di poter determinare la datazione corretta della necropoli dovranno essere esaminati anche i materiali presenti nelle tombe scavate nel terreno, prive di corredi o altro.

Quel che comunque è certo è che le sepolture sembrano molto più antiche rispetto alla costruzione del convento di Santa Maria Egiziaca all’Olmo: il convento fu edificato nel Trecento mentre l’ospedale Ascalesi risale al Seicento.

Nel periodo romano, l’area dove oggi sorge Forcella, zona del centro storico di Napoli tra i quartieri Pendino e San Lorenzo e tra Spaccanapoli e Corso Umberto I, aveva destinazione funeraria in quanto subito al di fuori della cinta urbana dell’antica Neapolis: qui trovavano posto anche sepolture monumentali.

Il primo scheletro della necropoli è stato rinvenuto a pochi metri di profondità ma ciò non stupisce gli archeologi poiché anche le Mura Greche sono vicine ai basoli (lastre di roccia) della pavimentazione stradale.

La parola all’esperta circa l’eccezionale ritrovamento

La dottoressa Giuliana Boenzi, funzionaria archeologa alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, ha sottolineato come la scoperta della necropoli sia di notevole importanza in quanto aggiunge ulteriori tasselli per approfondire la conoscenza dei luoghi e, in particolare, della zona su cui sorge l’ospedale Ascalesi dove, finora, non erano mai state messe in atto indagini archeologiche con il supporto della moderna tecnologia.

Infatti, oltre alle tombe, sarà di sicuro interesse l’analisi dei materiali dei livelli superiori poiché potranno raccontare qualcosa in più delle fasi più antiche del convento di Santa Maria Egiziaca all’Olmo di cui ancora oggi non si sa poi molto.

Categorie
mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Sensazionale nuova scoperta avvenuta in Italia

L’Italia è una terra ricca di tesori, molti dei quali ancora ben celati nel nostro sottosuolo. Strati e strati di storia che si sono sovrapposti nel corso dei secoli, tanto che basta scavare appena al di sotto della superficie per trovare una qualche meraviglia.

Ed è il caso di un piccolo borgo della Toscana, terra di Etruschi e di Romani, dove da anni proseguono – quasi – ininterrottamente scavi archeologici che riportano alla luce preziosi ritrovamenti.

Siamo a San Casciano dei Bagni in provincia di Siena dove sono state fatte delle nuove e sensazionali scoperte che fanno parte già della sesta campagna di scavi della zona.

I nuovi ritrovamenti

Nei mesi di giugno, luglio e anche ora che siamo ad agosto, la campagna di scavi effettuata presso il santuario Etrusco e Romano del Bagno Grande ha coronato, con le sue inattese ed eccezionali scoperte archeologiche, un percorso di ricerca lungo un anno.

Tra i tesori appena rinvenuti ci sono rappresentazioni di bronzo di organi anatomici, in particolare un orecchio, un utero e un pene dedicati alle divinità, circa 3mila monete antiche di fresco conio, resti di altari in travertino riemersi dal fango a cui gli Etruschi e i Romani affidavano le loro preghiere.

“Ma la vera sorpresa”, ha raccontato in anteprima all’Ansa Jacopo Tabolli, etruscologo dell’Università per stranieri di Siena e direttore del progetto scientifico “è arrivata in queste ultime settimane con la scoperta delle reali dimensioni del santuario, che era stato degli Etruschi e che i Romani, nei primi secoli dell’Impero, vollero rifondare rendendolo monumentale”.

La scoperta ha quindi un valore “Eccezionale” scrive l’Ansa “al punto da ordinare alla zecca il conio di un tesoro di sfavillanti monete in argento, oricalco e bronzo destinate forse proprio alle offerte dell’Imperatore, per onorare quegli dei che dovevano vegliare sulla sua salute e su quella dei tanti notabili romani pronti ad affrontare il viaggio verso questo luogo sacro”. Si tratta di “Un contesto senza uguali in Italia e nel Mediterraneo antico”, affermaTabolli, “per le dimensioni dell’area del santuario, molto più grandi di quello che potevamo immaginare, con diversi edifici sacri, altari, piscine”.

È già in progetto la realizzazione di un museo interamente dedicato alle scoperte del Bagno Grande che sarà ospitato in un palazzo cinquecentesco del centro storico del borgo toscano dove saranno esposti i reperti già scavati e quelli che arriveranno in futuro.

Una zona d’”oro” per l’archeologia

Dalle analisi fisiche applicate, allo studio dei resti organici e archeometrici i ricercatori hanno scoperto, nel corso degli anni, l’eccezionalità del Bagno Grande di San Casciano, con le sue acque e i suoi tesori.

Come ogni estate, lo splendido borgo di San Casciano dei Bagni anche quest’anno si è popolato di studenti di archeologia provenienti da tutto il mondo. Tra le strade del paese, lungo i sentieri del territorio, dentro i magazzini del museo delle Stanze Cassianensi, ma soprattutto sul cantiere di scavo del Bagno Grande si sono mescolate lingue e culture diverse, tradizioni di ricerca e scavo differenti. Non solo archeologhe e archeologi dalle Università di Siena, Pisa, Firenze, Roma, Salerno, Lecce, Sassari, ma anche da Dublino, da Nicosia a Cipro, e poi da Leiden, fino a Buffalo negli Stati Uniti.

E, mentre si sono moltiplicate le esperienze di condivisione attorno al santuario Etrusco e Romano di San Casciano, così il cantiere di scavo in concessione dalla direzione generale del ministero della Cultura al Comune di San Casciano dei Bagni, si è ingrandito, abbracciando nuove parti del paesaggio archeologico antico attorno alle polle di acqua calda. E si sono moltiplicate le scoperte. “Oggi, sia pur ancora a metà del nostro cammino, siamo orgogliosi di mostrare i risultati ottenuti”, ha commentato il direttore di scavo Emanuele Mariotti che SiViaggia aveva intervistato quando furono fatte le prime scoperte e ci aveva spiegato che il sito di San Casciano era noto per essere “uno dei più importanti siti termali della Toscana”.

Le prime scoperte a San Casciano dei Bagni

Risale al 2021 la scoperta del cuore del santuario, costituito da una vasca sacra al cui interno gli archeologi del progetto avevano portato alla luce migliaia di monete Romane, più di 40 statue e statuette di bronzo – tra cui lo splendido putto etrusco di San Casciano – offerte vegetali alle divinità delle acque calde.

Più di sessanta studiose e studiosi di quindici enti di ricerca si sono avvicendati tra il sito archeologico a San Casciano dei Bagni e il Laboratorio di Restauro della Soprintendenza a Grosseto. Dalle analisi fisiche applicate, allo studio dei resti organici e archeometrici la ricerca ha confermato l’eccezionalità del Bagno Grande di San Casciano, con le sue acque e i suoi tesori.

Categorie
mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

In Italia è avvenuta un’altra importante scoperta

Nonostante decenni di scavi archeologici (e centinaia di scoperte incredibili), sotto terra si celano ancora tantissime sorprese. E ogni tanto qualcuna di esse torna ad emergere, rivelandoci dettagli inediti sulla nostra storia, sugli usi e costumi delle popolazioni che hanno abitato in passato il nostro Paese. Quello che è accaduto di recente nel sito di un’antica città etrusca, in effetti, è davvero incredibile.

La scoperta archeologica a Kainua

Alle porte di Bologna, nei pressi di un piccolo borgo nell’entroterra emiliano, sorge un importante sito archeologico: è qui che si trovano le rovine di Kainua, un’antica città etrusca tra le più importanti dell’Etruria Padana, fondata nel V secolo a.C. Nel suo perimetro e negli immediati dintorni sono stati rinvenuti non solo i resti di mura e antichi edifici che ci raccontano qualcosa in più sull’urbanistica di una società così lontana da noi, ma anche moltissimi reperti di grande valore storico e culturale. Proprio di recente, gli esperti hanno fatto una scoperta unica.

Una nuova campagna di scavo, condotta dalla professoressa Elisabetta Govi, ha portato alla luce diversi elementi che fanno chiarezza su alcuni dettagli finora sconosciuti delle popolazioni etrusche nella Pianura Padana. La prima scoperta è una cornice architettonica formata da un enorme portico eretto nei pressi del tempio dedicato alla dea Uni, come in Etruria non se ne erano mai visti. Ma, ancora più importante, gli archeologi hanno rinvenuto due teste di terracotta e alcuni frammenti che testimoniano l’esistenza di altri reperti simili sotterrati nei dintorni. Si tratta di teste votive rappresentanti alcuni volti femminili, e sappiamo che in passato venivano sepolte nell’area sacra della città.

Sebbene sia una consuetudine nota, finora questa era stata documentata solamente nella zona dell’Etruria Tirrenica. È invece la prima volta che gli esperti trovano traccia di teste votive a Marzabotto, dove (lungo la via degli etruschi) sorgono i resti della città di Kainua. “Queste scoperte andranno ad arricchire le collezioni museali, consentendo di comprendere sempre meglio gli aspetti di vita quotidiana di questa civiltà” – ha spiegato Denise Tamborrino, direttrice del sito archeologico di Kainua. Parole alle quali si aggiungono quelle di Giorgio Cozzolino, direttore Musei Emilia-Romagna: “Siamo molto entusiasti per queste nuove scoperte che confermano anche l’ottima e continuativa collaborazione con l’Alma Mater Studiorum di Bologna”.

Kainua, un importante patrimonio archeologico

La città etrusca di Kainua rappresenta un unicum nel suo genere: seppure alcuni dei suoi edifici vennero distrutti dal crollo di parte del pianoro su cui si trovavano, a causa dell’erosione dovuta alle acque del fiume Reno, l’impianto urbanistico è rimasto pressoché intatto e si possono ammirare ancora oggi tracce della sua planimetria. Molte sono le architetture di cui ci è giunta testimonianza, dalle numerose case-bottega alle due necropoli con le loro tombe e all’acropoli perfettamente conservata.

Ciò che ora è riemerso a Kainua va ad ampliare le nostre conoscenze sulla civiltà etrusca, e si va ad aggiungere alle numerose scoperte archeologiche delle ultime settimane. In tutta la penisola vanno infatti avanti lavori di ricerca sui principali siti archeologici, con l’obiettivo di individuare e preservare l’immenso patrimonio storico e culturale che si cela sotto un leggero strato di terra.

Categorie
Curiosità mete storiche siti archeologici Viaggi

Il sito archeologico più importante d’Italia apre di notte

Il sito archeologico più importante d’Italia ora può essere visitato anche di notte. A partire dal 1° luglio e fino al 26 agosto partono le passeggiate notturne a Pompei.

Itinerario notturno

Il percorso ha inizio da Porta Marina e conduce all’area monumentale del Foro Civile, dove si affacciano tutti i principali edifici pubblici per l’amministrazione della città e della giustizia, per la gestione degli affari, per le attività commerciali, come i mercati, oltre ai principali luoghi di culto cittadino.

Sulla parete interna laterale della Basilica sarà, invece, proiettato un video 79 d.C. basato su una selezione di circa 90 foto scattate durante l’emergenza pandemica.

Un resoconto inaspettato di una Pompei privata dei suoi visitatori e perfino del suo vulcano, attraverso immagini non da cartolina di largo consumo. E documentano inoltre anche i quattro depositi di Pompei (Boscoreale, Terme Femminili, Granai del Foro, Casa Bacco), normalmente chiusi al pubblico.

Il percorso si conclude con la visita all’Antiquarium, un edificio dell’’800 che ospita uno spazio museale dedicato all’esposizione permanente di reperti che illustrano la storia di Pompei.

Il 16 luglio è in programma anche un’apertura straordinaria serale di Villa Regina. Sono inoltre attese il 24 e 25 settembre le Giornate europee del patrimonio, con iniziative speciali nei vari siti del parco archeologico di Pompei e l’apertura straordinaria serale il 24 settembre dalle 20 alle 23 con ingresso a 1 euro.

Info utili

Tutti i venerdì sera (a eccezione di venerdì 12 agosto) dalle 20 alle 23 (con ultimo ingresso 22) si può camminare su quelle antiche pietre avvolti dalle suggestioni notturne, accompagnati da un suggestivo percorso sonoro e da proiezioni artistiche. L’ingresso serale a Pompei costa 5 euro. L’accesso sarà consentito fino a un massimo di 1500 persone, distribuite su fasce orarie (500 ogni ora).

Cosa vedere a Pompei

Anche se siamo abituati ad associare l’archeologia classica con Roma, il posto in cui si percepisce davvero come si poteva vivere nell’Impero romano è Pompei. Una città grande, importante e ricca, sepolta da 7 metri di cenere e lapilli per più di mille anni e con tantissimi segreti ancora da scoprire. A Pompei è possibile ripercorrere non solo i luoghi di culto o quelli di importanza storica ma anche la vita di tutti i giorni, come le sue tantissime taverne, i muri con le scritte di propaganda, il lupanare e le piccole botteghe.

L’anfiteatro pompeiano è davvero un’opera mastodontica arrivata ai giorni nostri in ottimo stato. Parliamo di una lunghezza di 135 metri per 104, poteva ospitare fino a 20.000 spettatori. Costruito nel I secolo a.C. ebbe per anni un calendario molto fitto di incontri, tra combattimenti tra gladiatori, giochi circensi, fu un centro importante per incontri politici e opportunità commerciali.

Siamo abituati a pensare alle statue romane, alle tantissime forme di architettura, urbanistica, ma abbiamo pochissime testimonianze dei loro dipinti. L’immenso valore aggiunto di Pompei è che si può ammirare la magnificenza, l’eleganza e la precisione dei dipinti romani, non solo i quattro stilli per affrescare gli ambienti, ma quando troviamo figure umane o animali il risultato è davvero mozzafiato.

Pompei è un sito in continuo divenire, spessissimo si aprono al pubblico aree nuove del sito, e altrettanto spesso si fanno nuovi ritrovamenti. Ogni volta è una nuova scoperta.

 

Categorie
mete storiche Notizie siti archeologici Toscana Viaggi

Tornano le “Notti dell’Archeologia”, cosa non perdere

Durante il prossimo mese di luglio tornano, dopo lo stop causato dalla pandemia, le “Notti dell’Archeologia“, una storica rassegna estiva che conduce famiglie, giovani e viaggiatori alla scoperta di musei e siti archeologici della Regione Toscana.

Un mese di eventi in cui si susseguiranno concerti, visite guidate, proiezioni, laboratori e trekking serali per rivivere la storia e conoscere da vicino la cultura dei popoli che ci hanno preceduto e che ci hanno reso chi siamo.

Il programma delle “Notti dell’Archeologia”

È un programma ricchissimo quello delle “Notti dell’Archeologia”, a tal punto che si riveleranno una vera e propria occasione per vivere in modo autentico la storia e per visitare, allo stesso tempo, una delle regioni più belle d’Italia. Tanti gli appuntamenti, ma tutti con una sola missione: esplorare il territorio nella maniera più speciale e intima possibile.

Scoprire il patrimonio storico di questa zona del nostro Paese vuol dire concedersi una passeggiata tra le rovine della civiltà etrusca, per poi passare a fare una visita guidata tra le stanze di maestosi castelli, assistere a rappresentazioni, rievocazioni o rivivere la storia attraverso piccoli modellini da collezione in mostra nelle stanze di un museo.

In poche parole, le “Notti dell’Archeologia” torneranno ad animare l’estate toscana con una serie di appuntamenti che permetteranno a chiunque vorrà parteciparvi di rivivere la storia antica e moderna in modo originale e coinvolgente, ma anche di scoprirla nel caso in cui non si conoscesse.

Giunta ormai alla XXII edizione, questa importante rassegna è un vero e proprio viaggio nel passato che coinvolge tutti: dagli appassionati di storia fino ai bambini, per poi passare agli studenti, le famiglie e i curiosi di ogni età. Persone che sono in cerca di un punto di vista originale e di posti da scoprire che lasciano senza fiato.

“Notti dell’Archeologia”, come funzionano

Dal 1° al 31 luglio, i luoghi storici e culturali di una delle regioni più amate d’Italia si organizzeranno per garantire aperture straordinarie serali e notturne, conferenze sui temi dell’archeologia, trekking urbano e nei siti archeologici, visite guidate e iniziative didattiche dedicate ai più piccoli.

Dall’arte, al teatro, fino alla musica, sarà impossibile annoiarsi grazie alle tante attività e alle varie modalità per conoscere la cultura di questo territorio. Ci sarà chi sceglierà un concerto tra le mura di un castello medioevale, chi invece si affiderà alla tecnologia QR code, come ad esempio la Rocca Fiorentina di Fucecchio, e chi ancora preferirà il racconto a dei piccoli modellini da collezione, come fa il “Museo del Figurino Storico” di Calenzano.

Un’occasione imperdibile per visitare palazzi storici, siti archeologici e i musei meno conosciuti, lasciandosi trasportare lungo i secoli tra abbazie, civiltà preistoriche, oggetti sacri e leggende. Gli orari degli eventi varieranno a seconda della data e delle location, ma il tutto con l’obiettivo di soddisfare le esigenze di grandi e piccini.

Il ricco programma è quindi rivolto a un pubblico di tutte le età con lo scopo di suscitare l’interesse verso l’archeologia, la storia e tutto il patrimonio culturale della Regione, ricorrendo a stili e linguaggi diversi che poco hanno a che fare con quello accademico.

Non resta che approfittare di questa occasione, tanto unica quanto rara, per scoprire con altri occhi una delle regioni più incredibili del Belpaese.

Categorie
Albania Europa mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Albania, un’eccellenza italiana per dar nuova vita al teatro di Durazzo

L’area archeologica della città di Durazzo si appresta a diventare un parco, polo culturale e hub tra i più importanti dell’Albania e del Mediterraneo: il progetto di riqualificazione e nuova configurazione è stato vinto dallo studio Stefano Boeri Architetti e SON Architects, a seguito del bando indetto dal Ministero della Cultura albanese e dalla Fondazione Albanese – Americana per lo Sviluppo (AADF).

L’obiettivo è quello della valorizzazione dei beni storici di Durazzo con anche la progettazione di una serie di itinerari in città che uniranno l’area dell’anfiteatro romano con il lungomare e altri monumenti di interesse storico-artistico di cui la città albanese è ricca.

Al via la progettazione del Parco Archeologico

Non è la prima volta che lo studio di architettura di Stefano Boeri lavora in ambito archeologico: in Italia ha già dato vita a progetti per Domus Area a Roma e per il Parco Archeologico di Ostia Antica. E anche in Albania sono numerosi i progetti che lo vedono già coinvolto.

Tra i lavori che portano la sua firma: il piano regolatore della città di Tirana, del Bosco Verticale, e del “Cubo di Blloku”, centro polifunzionale con uffici, ristorazione e attività commerciali.

Adesso la nuova sfida è “l’interpretazione, presentazione e valorizzazione dell’anfiteatro romano, del foro bizantino e delle terme romane, nonché della progettazione di una serie di percorsi urbani nel centro storico di Durazzo”, come riporta una nota stampa della Boeri Architects. “Il progetto darà anche vita a un parco archeologico nel cuore della città per residenti e visitatori”.

Un progetto che punta a restituire all’anfiteatro, per anni mai adeguatamente valorizzato, il suo ruolo di punto nevralgico dell’intera area archeologica, insieme alle terme e al foro bizantino, oggi purtroppo chiusi al pubblico e poco visibili.
Il foro, che fungeva da spazio pubblico per eventi e fiere, ha una superficie di 2530 metri quadri e conserva le tracce di un portico circolare con, al centro, un podio sotto al livello stradale, marciapiedi ed edifici mentre le terme si sviluppano per 700 metri quadrati e includono vari ambienti tra cui la piscina e il caldarium (il frigidarium e il tepidarium rimangono tuttora interrati).

L’anfiteatro, dalla forma ellittica, è un’icona e un punto di riferimento per il centro di Durazzo: anche se è stato trascurato a lungo e mai coinvolto in progetti specifici con la creazione, ad esempio, di un itinerario dedicato, è la principale attrazione archeologica della città e accoglie circa ventimila visitatori ogni anno.

Il progetto di Stefano Boeri prevede inoltre la realizzazione di nuovi percorsi urbani per facilitare la fruizione dei siti storici da parte di residenti e turisti. Continua la nota dello studio: “L’obiettivo principale del progetto è collegare il lungomare e il porto di Durazzo con le principali attrazioni turistiche della città, poiché molti beni culturali periferici sono ancora disconnessi e di difficile accesso per residenti e visitatori, ostacolando così il pieno sviluppo turistico”.

Il patrimonio storico e archeologico di Durazzo: è il momento di portarlo alla ribalta

Durazzo è una città che vanta un passato importante e beni storici di sicuro interesse, ancora poco noti, che devono essere finalmente valorizzati.

Lo ha sottolineato, a margine del concorso, Elva Margariti, Ministro della Cultura della Repubblica d’Albania: “L’anfiteatro di Durazzo non è solo un monumento culturale, ma una rappresentazione simbolica della città di Durazzo, una testimonianza della passata gloria di questa antica città, che deve essere restituita all’attenzione di ogni visitatore di Durazzo. I secoli hanno gettato un’ombra ma non hanno spento la luce dell’immenso patrimonio culturale di Durazzo, per questo motivo il progetto di conservazione e rivitalizzazione dell’anfiteatro è necessario per restituire parte della gloria ‘perduta”. L’anfiteatro dovrà tornare alla luce in tutta la sua grandezza e far parte della mappa culturale di Durazzo che avrà l’obiettivo di collegare, attraverso una rete di percorsi, tutti i monumenti della città”.

Categorie
mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Nuove scoperte nel sito archeologico più famoso del mondo

È uno dei siti archeologici più famosi del mondo e, forse, anche uno dei più misteriosi dal momento che non si riesce ancora a capire cosa sia esattamente. Uno dei luoghi che vengono ancora studiati, a tal punto da regalarci nuove e interessanti scoperte che aprono la strada verso una comprensione più chiara e maggiore.

Stonehenge, rivenute le tracce più antiche in assoluto

Siamo a Stonehenge, sito archeologico che si trova vicino ad Amesbury nello Wiltshire in Inghilterra, un luogo fuori dal comune a tal punto che ci si domanda ancora chi lo abbia costruito, se è un un monumento ai defunti, un posto per la memoria collettiva o uno spazio per cerimonie comuni.

Gli archeologi non hanno una risposta certa, e per questo sono sempre al lavoro: vogliono ricostruire storia e significato del sito Patrimonio Unesco. Ed è proprio durante uno dei tanti scavi nella zona che sono emerse nuovi stupefacenti risultati: oltre 400 fosse attorno al sito che testimoniano una frequentazione dell’area sin dal Mesolitico.

Un team di archeologi e geologi della University of Birmingham e della Ghent University ha riportato alla luce queste meraviglie di 2,5 metri di diametro. La più grande di queste misura 4 metri di diametro e ne è profonda 2. Secondo gli esperti risalirebbe a ben 10.000 anni fa e sarebbe la più estesa del Nord Europa, nonché antecedente alle famosissime pietre in arenaria.

Non è ancora del tutto chiaro a caso servissero, ma i ricercatori suggeriscono si tratti di potenziali pozzi preistorici utilizzati come trappole per la selvaggina di grosse dimensioni. Scavati sulle alture di Stonehenge, permettevano presumibilmente di avere una visione a 360° del paesaggio e della fauna selvatica qui presente.

Una sensazionale scoperta che confermerebbe la presenza di numerose attività umane nel sito ancor prima della collocazione dei primissimi megaliti. Il tutto grazie a complesso lavoro interdisciplinare che ha combinato indagine geofisica, carotaggi e scavi archeologici, insieme a un’articolata elaborazione informatica.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Koen Deforce, del Dipartimento di Archeologia della Ghent University, ha affermato che: “La nostra attenzione non si è concentrata sui molti monumenti di Stonehenge, ma su tracce più sottili del passato: resti di brevi rituali preistorici, o tracce di come le persone usavano la terra“.

Mentre Nick Snashall, archeologo del Stonehenge & Avebury World Heritage Site, ha dichiarato che: “Combinando nuove tecniche di rilevamento geofisico con carotaggi e scavi puntuali, il team ha rivelato alcune delle prime prove di attività umana mai rinvenute nel paesaggio di Stonehenge. La scoperta della più grande fossa del primo Mesolitico conosciuta nell’Europa nord-occidentale mostra che questo era un luogo speciale per le comunità di cacciatori-raccoglitori migliaia di anni prima che fossero erette le prime pietre“.

Infine Paul Garwood, professore di Preistoria presso l’Università di Birmingham, che ha affermato:”Quello che stiamo vedendo non è un’istantanea di un momento nel tempo. Le tracce che vediamo nei nostri dati abbracciano millenni, come indicato dal lasso di tempo di settemila anni tra le fosse preistoriche più antiche e quelle più recenti che abbiamo scavato. Dai primi cacciatori-raccoglitori dell’Olocene ai successivi abitanti dell’età del bronzo di fattorie e campi coltivati, l’archeologia che stiamo rilevando è il risultato di un’occupazione complessa e in continua evoluzione del paesaggio“.

Categorie
Idee di Viaggio itinerari culturali mete storiche patrimonio dell'umanità piramidi siti archeologici Viaggi

Alla scoperta della terra dei Faraoni Neri e delle loro piramidi

A sud dell’Egitto, da Assuan fino alla confluenza tra Nilo Azzurro e Nilo Bianco, dove oggi si trova Khartum, la capitale del Sudan, si estende la magica regione della Nubia, conosciuta come “la terra dell’oro”, per gli storici siti minerari presi d’assalto dai cacciatori del prezioso metallo fin dai tempi più remoti. Questa affascinante regione storica dell’Africa è però nota anche per i Faraoni Neri e per essere custode di piramidi, templi e rovine che costituiscono un patrimonio unico nel suo genere.

I tesori della Nubia, tra necropoli e piramidi dei Faraoni Neri

A partire dai primi anni del secolo scorso, sono state portate alla luce importanti testimonianze del periodo napateo e meroitico attraverso cui si è tentato di ricostruire la storia della Nubia successiva al regno della XXV dinastia, quella dei Faraoni Neri, che sarebbe durata fino al 653 a.C. Quest’area, che si estende fino alla quinta cateratta e che gli Egizi chiamarono Regno di Kush, è sorprendentemente ricca di siti archeologici e monumenti, attraverso cui si ripercorrono le tracce di un’antica civiltà che fu una sorta di anello di congiunzione tra le genti del bacino Mediterraneo e quelle dell’Africa subsahariana.

Ne è un fulgido esempio la necropoli reale di Meroe, una delle attrazioni più visitate del Sudan. Patrimonio UNESCO dal 2011, questa città millenaria, situata a nord-est di Khartum, custodisce il più ampio sito nubiano di piramidi (in origine ne contava oltre 200) che svettano sulla sabbia dorata del deserto quale simbolo del dominio dei Faraoni Neri. Poiché qui non c’è pericolo di imbattersi in orde di turisti (a differenza dei siti e monumenti presi d’assalto in Egitto) si possono contemplare in tutta tranquillità piramidi tombali di regine e re strutturalmente diverse da quelle egizie, più piccole, recenti e aguzze, benché purtroppo molte siano in cattivo stato di conservazione.

Diversi danni vennero inflitti dall’esploratore italiano Giuseppe Ferlini, che ne demolì oltre quaranta nella sua ricerca di tesori. La città ha lasciato testimonianze epigrafiche in geroglifici e in un proprio alfabeto particolare. Degno di nota è anche il tesoro della Candace, risalente al I sec. a.C., rinvenuto in una tomba della necropoli reale.

Kerma è, invece, uno dei campi di sepolture più antichi dell’Africa e uno dei più estesi siti archeologici della Nubia. In decenni di scavi e ricerche vi sono stati ritrovati numerosissimi oggetti, migliaia di sepolcri e quartieri residenziali. Nel suo Museo sono esposte le sette statue dei Faraoni Neri provenienti dal nascondiglio di Doukki Gel.

Le piramidi di Meroe

A spasso tra i templi della Nubia

Altrettanto suggestiva, Naga conserva i monumenti più significativi e intatti del periodo meroitico. Tra questi, il tempio del dio Amon, con sfingi raffigurate con la testa di ariete poste di fronte all’ingresso principale, e il tempio di Apedemak, un dio-guerriero dalla testa di leone.

Non lontano da Naga, si trova Musawwarat es Sufra con due importanti testimonianze del Regno di Kush: il tempio del Leone, dedicato ad Apedemak, e il complesso chiamato “Grande Recinto” , che racchiudeva tre templi, due dei quali si alzavano sopra piattaforme, circondati da una serie di cortili e da altre costruzioni la cui destinazione risulta tuttora sconosciuta.

Musawwarat es Sufra Grande Recinto

Il Grande Recinto del sito di Musawwarat es Sufra

Vicino alla moderna città di Karima ci si imbatte nella vasta necropoli di El-Kurru, mentre a meno di 400 km dalla capitale del Sudan si incontra l’area archeologica del Jebel Barkal, la “Montagna Pura”, Patrimonio dell’Umanità dal 2003 e centro spirituale del Regno di Kush, custode di templi in parte ancora inesplorati.

Alle pendici del Jebel Barkal, si può ammirare il tempio rupestre di Mut, dedicato alla compagna del dio Amun. Dal 2013, l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma collabora con la National Corportation of Antiquities and Museums per la salvaguardia del sito Patrimonio UNESCO. Il complesso cantiere di restauro, diretto da Maria Concetta Laurenti, ha consentito il recupero delle straordinarie pitture murali del tempio.

Le straordinarie pitture murali del tempio rupestre di Mut

Categorie
Curiosità itinerari culturali mete storiche siti archeologici Viaggi

Scoperta in Italia una nuova necropoli

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce antiche testimonianze che coprirebbero due secoli di storia. Si tratta di 17 sepolture riconducibili tra I secolo a.C. e V secolo d.C. che la Soprintendenza ha inserito in un contesto ancora poco esplorato, se non addirittura completamente sconosciuto. Una necropoli dal grande valore storico che ora sarà oggetto di studi approfonditi.

A Pomezia scoperta una necropoli romana

Siamo a Pomezia, nel territorio dell’Agro Romano a sud di Roma, circondata dai Castelli romani. Qui, durante i lavori in un cantiere sul cavalcavia della linea Roma-Formia, è emersa una necropoli romana. Un sito archeologico sino ad ora ignoto ed inatteso, che si va ad aggiungere a quelli già presenti e riconosciuti del territorio, come l’antico sito di Lavinium (nella foto sotto) ritrovato a seguito di una campagna archeologica condotta dall’Università Sapienza di Roma a partire dal 1957, quando sono emersi la tomba di Enea, le mura e una porta della città, le Terme, ed un deposito votivo dedicato a Minerva. Lavinium, a sud di Roma, fu considerata la città fondata da Enea e dagli esuli troiani. Le nuove scoperte, come è intenzione dell’amministrazione della città di Pomezia, dovrebbero confluire proprio nel Museo civico archeologico Lavinium, per poter essere completamente fruibile dai turisti.

Gli scavi e le indagini archeologiche

La sensazionale scoperta archeologica è avvenuta tra gennaio e febbraio scorso, durante alcuni lavori sul cavalcavia della linea ferroviaria Roma-Formia. La Soprintendenza chiamata come ente ufficiale nella valutazione dei reperti venuti alla luce, ha specificato che il nuovo sito appartiene “a un contesto finora completamente ignoto”, databile tra il I secolo avanti Cristo e il V dopo Cristo.

Le indagini da parte di archeologi e operai della società Eos Arc, sotto la direzione scientifica della funzionaria archeologa Francesca Licordari, sono immediatamente partite. Come primo step è stato analizzato stratigraficamente un intero appezzamento, il più ricco di reperti. SI tratta di un’area particolarmente grande ed estesa, in cui sono emersi gli elementi più antichi emersi sino a questo momento. Con tutta probabilità, quel luogo potrebbe riservare ulteriori sorprese. Ad oggi sono riemerse un asse viario su cui sono ancora ben visibili i solchi carrai diverse strutture murarie, che potrebbero probabilmente far parte di una antichissima villa rustica.

Il tesoro di Pomezia: diciassette tombe e un anello antico

Il patrimonio archeologico italiano, immenso e di grande valore storico culturale, si arricchisce ulteriormente con la recente scoperta di Pomezia. Questo sito a sud della capitale, sino ad ora sconosciuto, è composto da 17 sepolture: tombe differenti sia per tipologia che per dimensioni,  che sono state realizzate tra il III e il V secolo dopo Cristo. Ciò che è certo è che in queste sepolture venne tumulato almeno un defunto di fede cristiana, come testimoniato dal ritrovamento di un anello con cristogramma chiaro simbolo cristiano. L’area, tuttavia, potrebbe celare ulteriori necropoli o testimonianze secolari di grande rilievo: gli scavi hanno interessato soltanto una piccola parte della zona, quindi si tratta di un territorio esplorato soltanto in parzialmente, in cui potrebbero venire alla luce nuovi tesori nascosti per secoli.

sito archeologico Lavinio