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Tra mare e rocce, un paradiso italiano: la Grotta di Nettuno

È una meraviglia del creato, un paradiso terrestre fiore all’occhiello della città di Alghero e di tutto il Mediterraneo: la Grotta di Nettuno, “ricamata” dalla natura, rifugio da sempre del dio del mare, è un luogo da ammirare con i propri occhi almeno una volta nella vita.

Tra le falesie a strapiombo sul blu del promontorio di Capo Caccia, a 24 chilometri dalla città, la Grotta risale a ben 2 milioni di anni fa e si presenta come una delle cavità marine più grandi d’Italia, disegnata da incredibili formazioni carsiche, una candida spiaggia e un maestoso lago sotterraneo, con uno sviluppo orizzontale di quattro chilometri allo stesso livello del mare.

Scoperta probabilmente da un pescatore algherese alla fine del Settecento, è oggi un gioiello che attrae, ogni anno, più di 150.000 visitatori provenienti da tutto il mondo (e non è difficile immaginare il perché).

Tutto il fascino dello splendido itinerario turistico

L’entusiasmante itinerario turistico al cospetto della magnifica Grotta di Nettuno è di circa un chilometro percorrendo il sentiero appositamente ricavato lungo il costone laterale.

Dall’ingresso, drappeggiato da stalattiti e stalagmiti, la prima tappa mozzafiato è il Lago La Marmora, trasparente lago salato annoverato tra i più grandi d’Europa, con la bellissima spiaggia sabbiosa, un tempo ricoperta da piccoli ciottoli e, per questo, chiamata “Spiaggia dei Ciottolini”.

Al centro, svetta l’Acquasantiera, monumentale stalagmite di due metri nata dallo stillicidio eterno come la Grotta: sulla sua sommità, ecco alcune piccole vaschette dove si raccoglie l’acqua dolce, preziosa fonte per gli uccelli che nidificano nell’area marina protetta di Capo Caccia – Isola Piana nel cuore del Parco di Porto Conte.

Percorrendo una leggera discesa, si raggiunge la “Sala delle Rovine“, ornata da imponenti stalattiti, e subito dopo la “Sala della Reggia” dove è impossibile non rimanere estasiati: uno spettacolo magico, reso ancora più emozionante dalle cristalline acque del lago che fanno da specchio a colossali colonne che si ergono fino al soffitto per nove metri, quasi lo sorreggessero.

Tra intarsi, lavori a traforo, mosaici e un lusso armonico e simmetrico, si erge un’immensa colonna di 18 metri mentre, sul fondo del lago, tra festoni calcitici e grandi colate, spicca la forma stalagmitica “Albero di Natale”.

Proseguendo, si incontra la Sala Smith con la colonna più imponente della Grotta, il Grande Organo, le cui colate assomigliano, appunto, alle canne di un organo, e poi la Cupola, formazione dalle pareti lisce unite al soffitto con una colonna che ricorda la cupola di una Cattedrale.

Dopo averne ammirato la maestosità, è il momento della Sala delle Trine e dei Merletti, adornata da frange, merletti, delicati intarsi e, infine, della Tribuna della Musica, balcone dalla vista panoramica unica dall’alto sulla Grotta di Nettuno.

Come raggiungere la Grotta di Nettuno

Tappa imperdibile durante un soggiorno ad Alghero, la Grotta di Nettuno è raggiungibile con due itinerari, uno via terra e uno via mare.

Via terra, sono circa trenta minuti di auto da Alghero seguendo la SS127bis e poi la Strada Provinciale 55 per arrivare al punto più estremo del promontorio di Capo Caccia dove si trova l’ingresso alla Escala del Cabirol (Scala del Capriolo) con i suoi 654 scalini ricavati nella roccia.

È possibile anche servirsi dei mezzi pubblici con un autobus extraurbano giornaliero che parte dal terminal principale di via Catalogna ad Alghero (durata del viaggio 50 minuti).

Via mare, le imbarcazioni partono ogni giorno dal molo di Cala Dragunara a Porto Conte o dal porto turistico di Alghero con un viaggio di 40 minuti che consente di ammirare la costa, i promontori rocciosi di Punta Giglio e Capo Galera, e la magnifica Riviera del Corallo tra la natura selvaggia e incontaminata.

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In Sardegna sulla via della transumanza (con gli asinelli)

Per immergersi nella natura e scoprire i paesaggi più belli d’Italia, non c’è niente di meglio che fare un’escursione a piedi: è così che nasce un’iniziativa davvero curiosa, che coniuga avventura, storia e sapori. Si tratta della via della transumanza, un antico sentiero che ripercorre le orme di pastori e commercianti, nel cuore incontaminato della Sardegna. È un’esperienza tutta da vivere, ma non da soli: ad accompagnarvi ci sono infatti 30 dolcissimi asinelli, per concedersi un incontro che rimarrà indelebile nella vostra memoria.

La via della transumanza, escursione in Sardegna

Con la primavera ormai sbocciata, vivere un’esperienza all’aria aperta è un’ottima idea per un weekend fuori porta un po’ diverso dal solito. In Sardegna, c’è un’opportunità molto particolare da non lasciarsi sfuggire. È una passeggiata lungo la via della transumanza, costituita da antichi itinerari che un tempo venivano percorsi dai pastori e da strade ancora sterrate usate in passato come sentieri commerciali. Siamo nel cuore del Parco dei Sette Fratelli, una splendida oasi naturalistica situata nel sud-est della regione, luogo dove natura e storia si intrecciano mirabilmente: qui si possono ammirare molte testimonianze archeologiche delle civiltà nuragiche.

A riportare in vita questi incantevoli percorsi immersi nella natura sono stati due giovani stilisti olandesi trapiantati da anni in Sardegna – furono tra i primi, nel 2018, ad acquistare casa a 1 euro in uno dei paesini dimenticati della Barbagia, sfruttando quello che poi è diventato un trend soprattutto tra gli stranieri. Ovan e Marije hanno messo in piedi un progetto bellissimo, chiamato Amkina: non è solamente una camminata alla scoperta dei bellissimi paesaggi della via della transumanza, ma una vera e propria avventura in dolce compagnia.

Gli escursionisti potranno infatti incontrare 30 asinelli di razza sarda: “È un’esperienza emotiva, educativa, sostenibile. Gli asinelli si avvicinano alle persone per ricevere carezze” – ha raccontato Ignazio Concas, proprietario di un’azienda agricola che collabora a questa iniziativa. Si tratta di un’avventura meravigliosa per grandi e piccini, ma anche un’opportunità incredibile per vedere da vicino questi tenerissimi animali e per imparare a conoscerli. I bambini possono persino percorrere un breve tratto in groppa ad un asinello e scattare foto ricordo meravigliose.

L’inaugurazione del progetto è avvenuta lo scorso martedì 4 aprile, ma chi se lo fosse perso può recuperare tranquillamente in una qualsiasi delle prossime domeniche, a partire da quella successiva alla Pasqua. Scopriamo ora qual è il percorso che vi conduce tra le antiche vie della transumanza, dove si possono ammirare panorami unici al mondo.

Il percorso della via della transumanza

La passeggiata ha inizio dalla pineta di Funtana Ona, ai piedi di Monte Cresia: è qui che ha inizio un’ampia area verde, tra le più rigogliose di tutta la Sardegna. Dopo una bella camminata, si giunge nei pressi del vecchio ovile Zeus, dove fare una breve pausa per rifocillarsi e dare da bere agli asinelli. Poi il percorso continua verso la Piana dei Cavalli, attraverso la natura incontaminata: lungo il tragitto non è raro imbattersi in qualche cervo o in altri animali selvatici. Una delle tappe più suggestive dell’itinerario è il nuraghe Sa Fraigada, quasi sulla cima della montagna.

Da quassù, il panorama è meraviglioso: lo sguardo arriva sino al Golfo di Cagliari e alle sue acque turchesi. Viste le tante energie spese durante questa escursione, punto d’arrivo non può che essere una tavola imbandita di formaggi e salumi caserecci, assieme a verdure grigliate e tanti altri prodotti tipici del luogo, da accompagnare con un buon bicchiere di vino rosso. E così, a pancia piena, non resta che tornare indietro, concludendo una giornata che rimarrà indimenticabile.

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Puoi soggiornare in un tempio giapponese tra gli antichi Patrimoni dell’Umanità

Chiudete gli occhi e immaginate un luogo silenzioso e solitario. Un posto che parla di passato e di presente, di bellezza e di natura, di pace e di spiritualità circondato da meravigliose fioriture che tingono tutto di rosa in primavera e di rosso in autunno, da cervi che passeggiano liberamente e da antichissimi monumenti culturali che sono stati dichiarati Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.

Ora apriteli, perché questo luogo esiste davvero ed è pronto a realizzare i sogni dei viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo. Per scoprirlo, e viverlo, dobbiamo volare in Giappone e più precisamente a Nara, l’antica capitale del Paese situata a Honshu.

È proprio qui, tra santuari e opere d’arte di inestimabile valore, che è possibile vivere quella che è l’esperienza più affascinante e suggestiva di una vita intera: dormire in un tempio giapponese. Pronti a partire?

Benvenuti a Nara, l’antica capitale del Giappone

Raggiungere il Giappone, ed esplorarlo in lungo e in largo, è qualcosa che dovremmo fare tutti almeno una volta nella vita. Non è un caso, infatti, che il Paese del Sol levante popola da sempre le travel wish list dei viaggiatori di tutto il mondo. Le cose da fare e le destinazioni da esplorare sono tantissime e tutte, per un motivo o per un altro, sono destinate a incantare.

Ma c’è un luogo che, più di altri, vi permetterà di vivere un’avventura che non dimenticherete mai più. Stiamo parlando di Nara, l’antica capitale del Giappone situata nel territorio centro-meridionale di Honshu. I monumenti storici che appartengono alla città sono stati inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco e comprendono templi buddisti, un santuario shintoista, un palazzo e una foresta primordiale.

Le cose da fare e da vedere a Nara sono diverse, e tutte hanno a che fare con la cultura, la storia e la natura di questo territorio incredibile. Passeggiare nel parco cittadino, dove sorge il celebre tempio Tōdai-ji, è possibile avere incontri ravvicinati con i cervi che vivono in libertà, e che sono il simbolo della città. Nella zona orientale del medesimo parco, inoltre, si trova il santuario shintoista Kasuga Taisha, risalente al 768 d.C., che ospita più di 3000 lanterne.

Ed è proprio nei pressi del parco che vi invitiamo a restare, per vivere quella che è l’esperienza più straordinaria di una vita intera. Qui, infatti, esiste un altro tempio che è sede delle attività religiose della Jodo Shinshu ed è prenotabile su Airbnb per un soggiorno indimenticabile.

Nara, l'antica capitale del Giappone

Fonte: 123rf

Nara, l’antica capitale del Giappone

Dormire in un tempio giapponese nell’antica capitale del Giappone

Se avete sempre sognato di risvegliarvi circondati dall’atmosfera mistica e spirituale che avvolge i templi giapponesi, sappiate che a Nara potrete esaudire il vostro desiderio. Quello prenotabile su Airbnb, infatti, è uno dei pochissimi edifici sacri messi a disposizione degli ospiti.

Situato in una posizione privilegiata, e nei pressi del parco della città, questo tempio secolare è il luogo di partenza perfetto per andare alla scoperta dei siti culturali e naturali riconosciuti Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, della natura che caratterizza tutta l’area, ma anche delle grandi fioriture di ciliegio che esplodono in primavera. Durante la stagione, infatti, la città diventa il luogo prediletto di cittadini e viaggiatori che vogliono praticare l’Hanami.

L’alloggio, dicevamo, è situato nel parco del tempio dove si svolgono le attività religiose della Jodo Shinshu. La struttura ospita un giardino spazioso che si snoda su un’area di 300 metri quadri e una grande sala all’interno della quale c’è il santuario dove risiede il capo sacerdote.

La casa ha due camere da letto e può ospitare fino a un massimo di 9 persone per permettere agli ospiti di vivere e condividere una delle esperienze più straordinarie di sempre.

Dormire in un tempio giapponese a Nara

Fonte: Airbnb

Dormire in un tempio giapponese a Nara
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Turri, il borgo dei tulipani

Non soltanto mare caraibico e cristallino e spiagge da sogno: la Sardegna è molto altro ancora, custode di parchi, grotte, preziose testimonianze archeologiche, borghi ricchi di storia e tradizione, e piccole perle “nascoste” che non ti aspetti.

È il caso di Turri e della sua incantevole fioritura dei tulipani, un trionfo di colori a pieno contatto con la natura incontaminata, nel cuore della zona pianeggiante della Marmilla, tra la Giara di Gesturi, famosa per i cavalli selvatici, e la Giara di Siddi, a circa 45 minuti di auto da Cagliari.

Turri, il borgo tra zafferano e tulipani

Poco più di 400 abitanti e il primato della produzione di zafferano, l’oro rosso sardo, insieme a San Gavino Monreale: Turri è il borgo dei panorami variegati che sorge in collina nell’abbraccio dei campi coltivati.

Il centro storico ha conservato la tipica conformazione di un tempo, con le case a corte vegliate da alti muri, caratterizzate da orti familiari alle spalle e ampi cortili sul davanti.

Una passeggiata tra le vie dà modo di osservare gli ampi portali delle abitazioni, la maggior parte del XX secolo ma alcuni risalenti all’Ottocento, e la tardo gotica Chiesa di San Sebastiano, edificata nel Seicento, di impronta aragonese e a navata unica: degni di nota sono l’Altare Maggiore, con il trono di San Sebastiano e una pregevole varietà di marmi, e le quattro cappelle laterali.

Di fronte alla parrocchiale, sorge una costruzione della seconda metà dell’Ottocento, con decorazioni palladiane al di sopra dell’architrave delle finestre: fu sede, per un centinaio di anni, del vecchio Municipio e, ancora prima, del Monte Granatico, ovvero la Banca del Grano.

Da vedere anche la Casa Museo dell’Arte Contadina e il secolare Parco degli Ulivi, in località Molinu, dove svettano autentici monumenti naturali: il Parco include un centro di accoglienza, percorsi guidati e un Museo storico.

I dintorni del paese non sono da meno e rappresentano un territorio abitato fin dalla Preistoria, come testimoniano i due nuraghi complessi di “su Senzu” e “Cabonu” e quelli a torre unica di “Sirissi”, “Turriga” e “Bruncu Monti Ari“.

Tutta la meraviglia dei tulipani di Sardegna

Turri, come accennato, ha il suo fiore all’occhiello nella straordinaria fioritura dei tulipani, meta ottimale per un gita fuori porta tra colori, profumi e incredibile bellezza.

Location d’eccellenza è il Parco “Beranu Froriu”, in un contesto naturalistico esclusivo, custode altresì di un magnifico roseto con oltre 5000 rose e 450 varietà di fiori tra cui peonie, muscari, iris, giacinti, ranuncoli, allium e narcisi.

Parte del circuito dei Grandi Giardini Italiani, il parco di sette ettari è un imperdibile paradiso per chi ama le fioriture primaverili e desidera ammirare gli splendidi tulipani in Sardegna: qui, infatti, sono ben 500.000!

Camminare senza fretta nel cuore del parco, in cui sono numerosi gli spazi dedicati agli animali, fa sentire immersi in un’esplosione di colori rigeneranti, tra ulivi secolari, piccoli ponticelli da attraversare e numerosi sentieri che si intrecciano. Ma non è tutto: i paesaggi e i panorami che si godono da Turri sulle verdi colline tutt’intorno appagano lo sguardo.

Il periodo migliore per scoprire il borgo dello zafferano e dei tulipani è certamente la primavera!

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Pietravairano, il borgo dominato da un teatro-tempio

Le più belle scoperte accadono spesso per caso. E questa è avvenuta così tardi nel tempo che quasi non ci si crede. Era, infatti, il 4 febbraio 2000 quando Nicolino Lombardi, studioso e storico, appassionato di ultraleggeri, sorvolando i cieli di Pietravairano scorge i ruderi di quello che si sarebbe presto rivelato uno spettacolare teatro-tempio di epoca romana tardo-repubblicana, tra i gli esempi più belli e rari di impianti del tipo in Sud Italia.

La scoperta del teatro-tempio romano a Pietravairano

“Fu come vedere il tempio col colonnato ancora in piedi e il teatro con le gradinate colme di spettatori”, ha dichiarato Nicolino Lombardi, autore di questa incredibile scoperta tanto sognata, avvenuta dopo un’infinità di ricognizioni e ricerche nella zona. Il teatro-tempio di Pietravairano, accogliente borgo in provincia di Caserta, sorge sulla sommità di Monte San Nicola (una collina, in realtà), nella frazione Sant’Eremo.

Ci troviamo nell’area storico-geografica del Sannio, abitata dall’omonimo popolo italico che a partire dal IV sec. a.c. entrò in contatto con Roma, la cui supremazia si affermò nella zona tra il 343 e il 290 a.c. con la vittoria nelle tre Guerre Sannitiche cui seguì un processo di romanizzazione. Il tragitto panoramico consente di raggiungere in circa 15 minuti di cammino, a tratti impervio, il teatro-tempio situato a 410 metri di altezza, in un’area caratterizzata dalla presenza di una cinta muraria megalitica di età preromana, che offre un panorama unico.

L’impianto del teatro-tempio è, secondo gli archeologi, un progetto unitario, sviluppato su due terrazze a diverse altezze, che sembra rispecchiare la filosofia della Magna Grecia. Su quella superiore, resti visibili e rilievi planimetrici hanno mostrato la presenza di un tempio a pianta rettangolare, di stile tuscanico. Sui lati, in corrispondenza delle colonne frontali, vi erano due vasche di raccolta dell’acqua piovana, di cui resta solo quella orientale.

Sulla terrazza inferiore, a una ventina di metri più in basso, si trova, invece, il teatro del quale si conserva la cavea semicircolare, ricavata sfruttando il pendio naturale della collina sul modello dei teatri greci, con una capienza che si suppone non dovesse essere superiore ai 2.000 posti a sedere.

Come e quando visitare il teatro-tempio di Pietravairano

Il sito archeologico è stato recuperato attraverso un importante intervento di restauro durato diversi anni e giunto quasi a conclusione. Nel 2015 la Regione Campania finanziò anche la costruzione di un impianto di risalita che permettesse di raggiungere il sito in pochi minuti, evitando l’itinerario impervio, ma il progetto non è ancora stata realizzato. In tempi recenti, il teatro è stato restaurato e reso di nuovo agibile e funzionante, benché non siano mancate le polemiche per gli interventi ritenuti molto invasivi.

Se state pensando di organizzare una visita al teatro-tempio di Pietravairano, evitate se possibile i mesi più caldi dell’anno, poiché il percorso è interamente esposto al sole. Ricordatevi anche di portare con voi acqua e qualche spuntino. Il sentiero è accessibile a tutti ma presenta brevi tratti un po’ più impegnativi. La fatica è, tuttavia, ricompensata da uno dei panorami più spettacolari della provincia del medio-Volturno.

Una visita al borgo di Pietravairano

Il delizioso borgo di Pietravairano, in provincia di Caserta, si sviluppa su una serie di terrazze come un gigantesco presepe. Conserva ancora molto del suo impianto medievale, con il castello che domina un reticolo di stradine che invitano a fare una passeggiata rigenerante, costellata di belvedere che regalano straordinarie vedute del paesaggio circostante. Tra le sue attrazioni imperdibili c’è il Santuario di Santa Maria della Vigna, ricostruito nel secolo XVII, che conserva nella sua cripta originaria interessanti affreschi tardogotici.

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Piscina naturale di Cane Malu, un angolo di paradiso

A pochi chilometri dal pittoresco borgo medievale di Bosa sorge un gioiello naturalistico unico nel suo genere, incastonato in uno spettacolare scenario lunare. Si tratta della piscina naturale di Cane Malu, un’attrazione imperdibile nella costa occidentale della Sardegna. Una volta qui, lo sguardo viene rapito da un paesaggio quasi surreale, caratterizzato da scogliere di trachite bianca che fa brillare ancora di più il turchese intenso del mare. Un luogo dalla bellezza onirica che vale la pena esplorare.

Un ‘bagno sulla luna’ nella piscina di Cane Malu

Cane Malu, in sardo, significa ‘cane cattivo’. Ma perché è stato dato questo nome a un paradiso del genere? Il motivo è nella conformazione di questa grande vasca naturale, plasmata dall’impeto del vento che fa infuriare le acque, che per millenni hanno scavato e modellato la trachite, una roccia magmatica tipica della Sardegna. Quando il mare è agitato, il lembo bianco che delimita la piscina a una estremità ricorda la coda di un cane: da qui deriverebbe il nome ‘Cane Malu’.

Chi conosce bene questo luogo suggerisce di scegliere una giornata con il mare calmo e senza vento per evitare la corrente di risacca e godere appieno di tutta la bellezza da cui si è circondati. Nell’ora del tramonto, i giochi di luce che i raggi caldi del sole creano tra il candore della scogliera e i riflessi blu del mare rendono l’esperienza ancora più suggestiva.

Come raggiungere Cane Malu

Cane Malu sorge sulla Punta di Cabu d’Aspu, situata a pochi passi dalla grande spiaggia di Bosa Marina. Qui inizia il tratto settentrionale del litorale, in direzione Capo Marargiu, affascinante promontorio situato nella cosiddetta Costa dei Grifoni, per via dei rarissimi esemplari di questa specie di avvoltoio che vi nidificano. Si può raggiungere l’affascinante piscina naturale dopo una breve camminata di circa dieci minuti attraverso un sentiero che parte dal porto fluviale a ridosso della foce del Temo, costeggiando il mare e passando sulle candide scogliere di trachite che accentuano la trasparenza delle acque, perfette per gli amanti dello snorkeling.

Fare un bagno in questo piccolo capolavoro della natura è sicuramente un’esperienza magica. Tuttavia, bisogna prestare attenzione al fondale scivoloso, che si presenta pieno di ricci di mare. Cane Malu è anche il luogo ideale per godersi il sole e il relax, in una cornice paesaggistica che catapulta i bagnanti sulla luna.

Le altre spiagge nei dintorni di Bosa

Altrettanto incantevoli sono spiagge e calette nei dintorni. Quella di Turas, ad esempio, a sud di Bosa Marina, caratterizzata da sabbia dorata mista a ghiaia e frequentata soprattutto dagli amanti del windsurf. Pochi chilometri a nord del borgo in provincia di Oristano si incontra, invece, la spiaggia di S’Abba Druche, che in sardo significa “Acqua Dolce”. Incorniciata da un suggestivo paesaggio, di scenografiche rocce di tufo e vegetazione delle montagne costiere, è molto apprezzata dai turisti, e per le sue modeste dimensioni è sempre abbastanza affollata nei mesi estivi. A poche centinaia di metri dalla costa ci si imbatte anche in un’area archeologica, con vasche risalenti al periodo nuragico.

Dirigendosi ancora più a nord, lungo la strada che porta ad Alghero, ci si imbatte nello scenario incontaminato della spiaggia di Cumpoltitu (chiamata anche ‘Compultitu’ o ‘Cumpoltittu’), protetta ai lati da promontori ricoperti di macchia mediterranea che scendono fino al mare, dalle tonalità turchesi e azzurre. Un fondale roccioso e profondo caratterizza, invece, la piccola cala Sa Codulera, perfetta per lo snorkeling, poco distante da Torre Argentina, una delle spiagge più frequentate del bellissimo borgo di Bosa, caratterizzata da calette incorniciate da scogliere e falesie, grandi rocce trachitiche e scogli dall’aspetto lunare che affiorano dalle acque basse e trasparenti. Per il suo fondale basso è adatta anche alle famiglie con bambini.

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Questo cammino nel Sud della Sardegna è paradisiaco

C’è un modo insolito di scoprire la Sardegna più autentica, che non è soltanto fatto di mare e di spiagge. Un modo slow, sostenibile – come piace fare oggigiorno – e, perché no, economico. È il turismo dei cammini e, come accade in tutte le altre Regioni d’Italia, può essere praticato anche qui.

Tra i numerosi cammini che si possono percorrere in Sardegna ce n’è uno praticabile da chiunque e in qualsiasi stagione dell’anno. Un itinerario che attraversa paesaggi meravigliosi, che costeggia splendidi lidi e che tocca anche siti archeologici di grandissima importanza storica.

L’itinerario

Stiamo parlando del Cammino di Sant’Efisio, che da Cagliari giunge all’antica città di Nora dopo aver percorso a piedi 65 chilometri. Chi desidera percorrerlo per intero può farlo in due giorni di marcia.

Cagliari

La prima tappa per i fedeli che percorrono il Cammino di Sant’Efisio è alle porte di Cagliari, a Giorgino, uno dei rioni marittimi, dove si trova la chiesa che ospita la statua di Sant’Efisio. Una volta lasciata Cagliari, si cammina fino ad arrivare a La Maddalena Spiaggia di Capoterra, un ampio lido affacciato su acque limpide il cui colore varia tra il verde e l’azzurro.

Su Loi e Sarroch

Da qui, si procede verso la località di Su Loi, dominata da una torre cinquecentesca chiamata Torre degli Ulivi per poi proseguire verso Villa d’Orri dei marchesi Manca di Villa Hermosa, a Sarroch, sulla riva di ponente del Golfo degli Angeli. Si tratta dell’unica villa reale che esista in Sardegna. Risale alla fine del 1700 ed è rimasta intatta nel tempo. Ubicata in un’amena posizione tra i colli e il mare, è circondata da un grande parco. Famosa per aver ospitato illustri personaggi storici, tra i quali Carlo Felice di Savoia con la consorte Maria Cristina di Borbone, custodisce preziose memorie, anche documentali ed insigni tesori storici e artistici relativi al periodo dell’esilio sabaudo nell’isola e mantiene ancor oggi gran parte dei suoi originari arredi.

Villa San Pietro

Chi ne avesse voglia può anche dormire in uno dei tanti hotel, alcuni molto belli, che si incontrano lungo la strada, per riprendere, il giorno dopo, alla volta di Villa San Pietro (in sardo, Santu Perdu), una tappa che è stata introdotta solo nel 1943. Questo luogo è molto antico ed è abitato sin dall’epoca prenuragica e nuragica. Lo testimonia la presenza di domus de janas, di tombe dei giganti (se ne contano tre: “Su Cuccumeu”, “Perda e accuzzai” e “Su Lilloni”) e di un nuraghe, ancora in buona parte sotterrato.

L’antica Nora

Da qui manca solo di arrivare a Pula e, infine, alla splendida Nora, l’antica città fenicia e romana, un vero gioiello archeologico. Nora sorge all’estremità del capo di Pula ed è considerata uno degli insediamenti più antichi della Sardegna. Dominata dalla splendida Torre di Coltellazzo e caratterizzata da un importante porto, la città fenicia è ricca di fascino e di bellezza. Venne fondata intorno al VIII secolo a.C. da Norace, eroe iberico, mentre il suo sviluppo iniziò a partire dal IV secolo a.C., quando divenne un grande centro amministrativo, commerciale e religioso. Nel 238 a.C., Nora venne conquistata dai romani e in seguito arrivò ad ospitare 8mila abitanti, divenendo “caput vie” della Sardegna.

Il suo declino iniziò intorno al V secolo d.C. a causa dei saccheggi a opera degli arabi e dei vandali. Le continue scorribande costrinsero la popolazione a rifugiarsi verso le montagne, dove nacque la città di Pula.

Oggi, gran parte degli edifici di Nora è arrivato sino a noi ed è visitabile. Gli scavi nella zona iniziarono nel 1889, quando, nella spiaggia accanto alla Chiesa di Sant’Efisio – tappa ultima del nostro cammino – venne portato alla luce un “tophet”, l’antichissimo cimitero fenicio per bambini. Da allora, le ricerche non si sono più fermate e, a decenni di distanza dalle prime scoperte, sembra che Nora abbia ancora molto da raccontare agli archeologi.

Il pellegrino che percorre il Cammino di Sant’Efisio solitamente poi fa anche ritorno a Cagliari, sempre a piedi ed è per questo che viene anche chiamato “Grande” Cammino di Sant’Efisio.

Quando andare

Il momento migliore per intraprendere questo percorso è senza dubbio il 1° maggio, quando Cagliari celebra la Festa di Sant’Efisio, uno dei principali eventi annuali della città. Dal 1657, si svolge ininterrottamente ed è diventata la più lunga processione religiosa d’Italia.

Nato come pellegrinaggio, oggi è un itinerario che può fare tranquillamente chiunque sia appassionato di trekking e voglia scoprire il lato più selvaggio e tranquillo di questa parte della Sardegna del Sud, attraverso scenari mozzafiato, in bilico tra mare e terraferma.

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La location sarda di “Due vite”, il successo di Marco Mengoni

Un’immensa distesa sabbiosa e un cielo nuvoloso, schiarito solamente per un istante da qualche timido raggio di sole: è questa la location che Marco Mengoni ha scelto per il videoclip della sua ultima canzone intitolata Due vite, con la quale ha partecipato – e meritatamente vinto – il Festival di Sanremo 2023. Questo posto magico, che sembra quasi non appartenere al nostro mondo, si trova in realtà in Sardegna ed è una meta naturalistica molto amata dai turisti.

Le Dune di Piscinas, una bellezza sarda

Per una canzone così colma di sentimento, Marco Mengoni ha deciso di volare in Sardegna: non avrebbe mai potuto trovare una location più suggestiva che quella offerta dal parco costiero delle Dune di Piscinas, un’enorme area sabbiosa e incontaminata che si dipana lungo la Costa Verde. Siamo nel territorio di Arbus, piccolo comune situato nella regione sud-occidentale dell’isola, ed è qui che la forza del vento ha dato vita ad uno spettacolo della natura. Le dune sabbiose, modellate continuamente dalle correnti, offrono una vista mozzafiato che si stende ininterrottamente sino all’orizzonte, circondate qua e là solamente da qualche macchia verde.

Le Dune di Piscinas sono tra le più alte in Europa – alcune di esse raggiungono persino i 100 metri! – e si allungano nell’entroterra per almeno un paio di chilometri, lungo i quali l’unica cosa che si può vedere è la sabbia dorata che rifulge sotto i raggi del sole. È nel punto in cui invece incontrano il mare che nasce la Spiaggia di Piscinas, una lunghissima lingua sabbiosa lambita da acque cristalline, una vera e propria cartolina che sembra dipinta con una tavolozza di colori meravigliosi. Impossibile non rimanerne incantati, e i turisti possono trovare qui un angolino di pace dove abbronzarsi o fare un tuffo in mare lontani dalla folla.

Il paesaggio è unico al mondo, e se a prima vista potrebbe sembrare completamente desertico, non c’è niente di più sbagliato. A punteggiare l’enorme distesa sabbiosa sono piccole chiazze di macchia mediterranea, caratterizzate prevalentemente da ginepri secolari, giunchi altissimi e cespugli rigogliosi di splendide ginestre. Anche gli animali non sono certo assenti: qualche fortunato avrà sicuramente potuto avvistare un bell’esemplare di cervo sardo, e in estate le tartarughe marine escono dall’acqua per deporre le loro uova in grandi nidi sotto la sabbia, dove poi avverrà la schiusa. Davanti ad un panorama del genere, si può rimanere soltanto estasiati.

Le Dune di Piscinas

Fonte: Ph. Andrea Bianchera

Le Dune di Piscinas

Come arrivare alla Spiaggia di Piscinas

Come può un luogo così affascinante essere ancora incontaminato? A contribuire è senza dubbio il fatto che, per raggiungerlo, ci sono poche opzioni (e non tutte agevoli). Un paio di strade conducono sino a pochi passi dalla Spiaggia di Piscinas, che è anche dotata di un piccolo parcheggio. Ma sono entrambe sterrate, tortuose e molto strette, quindi non tutti hanno il coraggio di percorrerle. Eppure, è un’occasione unica per scoprire un paesaggio incredibile, dove il tempo sembra essersi fermato. Ci sono infatti alcune tappe che meritano una visita, lungo il percorso.

È il caso dell’antico borgo minerario di Ingurtosu, ormai quasi completamente abbandonato e caratterizzato da piccole abitazioni semidiroccate. Sembra quasi di stare nel far west, con case ridotte in rovina e tutto ciò che gli abitanti vi hanno lasciato che è ormai sepolto sotto strati di sabbia. È a due passi da qui che un tempo si trovavano le miniere più importanti di tutta la regione, dalle quali si estraevano piombo, zinco e argento. L’intera vallata rientra nel Parco Geominerario della Sardegna, e si stende proprio fino alle Dune di Piscinas.

Le Dune di Piscinas

Fonte: Ph. Andrea Bianchera

Le Dune di Piscinas
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Due antichi tesori riemergono dal mare italiano

Il mare a volte restituisce tesori inaspettati, che spesso raccontano di civiltà antichissime, riportandoci indietro di secoli o millenni. L’ultimo ritrovamento, di probabile interesse archeologico, è avvenuto per caso su una delle splendide spiagge della Sardegna. A fare la scoperta, un sessantenne durante una passeggiata, conclusasi in modo del tutto inaspettato.

Su una spiaggia a Sant’Antioco spuntano due anfore

Due antiche anfore sono state ritrovate su una spiaggia a Sant’Antioco da un luogotenente in congedo dei carabinieri, residente a Monza, ma attualmente sull’isola maggiore dell’Arcipelago del Sulcis, nell’estremo sud ovest della Sardegna, che fu colonia fenicio punica, poi città romana, fino a diventare lo splendido borgo di mare apprezzato da moltissimi turisti.

I due preziosi reperti, trovati dall’uomo durante una passeggiata, erano con molta probabilità depositati sul fondo del mare e sono stati trasportati a riva dalle mareggiate dei giorni precedenti. Un’anfora si presenta integra, mentre l’altra è solo parzialmente danneggiata. L’uomo ha immediatamente avvisato i carabinieri del ritrovamento, i quali si sono rivolti alla direttrice del Museo Archeologico “F. Barreca” per i successivi accertamenti tecnici che verranno svolti anche a cura del Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri di Cagliari e della Sovrintendenza archeologica.

Come ricordano i militari del TPC, i beni archeologici appartengono al patrimonio dello Stato e in caso di rinvenimento fortuito si applica l’articolo 90 del decreto legislativo 42 del 2004 che prevede che “chi scopre fortuitamente cose immobili o mobili di verosimile interesse archeologico deve farne denuncia entro 24 ore al soprintendente o al sindaco o all’autorità di pubblica sicurezza e provvede alla conservazione temporanea del bene, lasciandolo nelle condizioni e nel luogo in cui è stato rinvenuto”.

Il fascino archeologico di Sant’Antioco

Conosciuta non solo per il suo mare, ma anche per la storia e l’archeologia, Sant’Antioco ospita Il MAB, “Museo Archeologico Ferruccio Barreca”, che conserva ed espone al suo interno un’ampia gamma di reperti provenienti dall’isola sarda. Gran parte della collezione porta alla scoperta dell’importante insediamento urbano sorto sulle sponde orientali dell’isola al principio dell’VIII sec. a.C. e conosciuto con il nome di Sulky o Sulci, caposaldo portuale del distretto territoriale della Sardegna sud-occidentale che, insieme al comparto metallifero dell’Iglesiente, costituisce la sub-regione del Sulcis-Iglesiente. Il percorso museale segue un criterio topografico e cronologico incentrato sulle tre componenti principali dell’insediamento urbano sin dalle sue origini: l’abitato, le necropoli e il tofet.

Situato all’estremità settentrionale della cittadina di Sant’Antioco, in posizione periferica rispetto all’abitato fenicio, il tofet è una particolare tipologia di santuario cittadino, diffuso nelle città fenicie e puniche del Mediterraneo centrale. Un’area sacra e funeraria a cielo aperto, posta in posizione periferica rispetto all’abitato e dotata di recinti, altari o sacelli, destinata ad accogliere le sepolture di bambini deceduti in tenerissima età o nati morti. La località conserva ancora oggi il nome di “Sa guardia ‘e is pingiadas” (la guardia delle pentole), reminiscenza popolare della presenza di numerosi contenitori in ceramica che spesso emergevano nella zona.

Uno specchio della vita e della floridezza della città punica di Sulky tra il VI sec. e il III sec. a.C. è offerto dalla grande necropoli di Sant’Antioco, con più di 50 tombe sotterranee scavate nel settore di Is Pirixeddus. Le camere ipogee, alle quali si accedeva attraverso un corridoio scalinato, accoglievano numerose salme, forse i membri di una stessa famiglia, inumate dentro bare di legno, spesso dipinte di rosso o decorate con figure umane intagliate in rilievo. L’impianto funerario rimase in uso anche durante il periodo romano. Le iscrizioni funerarie latine, oggi in buona parte visibili nel Museo Archeologico “Ferruccio Barreca”, rappresentano la memoria vivente dei cittadini della città romana di Sulci.

L’area archeologica nota come Acropoli sorge, invece, sulla cima della collina di Is Pirixeddus, non lontano del forte Su Pisu, che dominava la città antica e l’antistante laguna. Le strutture e pavimenti in cocciopesto ornati con piccole tessere di colore bianco, scoperti negli anni Cinquanta e recentemente restaurati, rappresentano ciò che rimane di un affascinante tempio romano.

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Sa Spendula, la cascata più incredibile della Sardegna

Villacidro, nel Medio Campidano, è stato un tempo paese di montagna, rinomato per l’aria salubre, mentre oggi si presenta come una moderna cittadina in cui sopravvivono immutate le tradizioni agropastorali. La sua vera ricchezza è costituita dalle bellezze naturali che lo circondano, una su tutte Sa Spendula, la cascata più suggestiva della Sardegna, il cui fascino conquistò anche Gabriele D’Annunzio.

Sa Spendula, la cascata per eccellenza della Sardegna

È conosciuta in tutta la Sardegna e il suo nome, Sa Spendula, sta proprio per ‘La Cascata’. Del resto, non serve un’altra denominazione per definire quella che in tutto il territorio è considerata la cascata per eccellenza. Monumento naturale che più caratterizza Villacidro e meta imperdibile per chiunque giunga nella cittadina situata a 45 chilometri da Cagliari, è un maestoso salto del torrente Coxinas che ha le sue sorgenti nell’altopiano omonimo, a circa 700 metri sul livello del mare.

Il rio scende verso il Campidano lungo una gola stretta e profonda che si è formata tra il monte Omo e il Monte Margiani, poi a un certo punto compie tre balzi consecutivi, per un’altezza complessiva di 60 metri di dislivello. L’ultimo salto, di circa 30 metri, è proprio Sa Spendula, una lama d’acqua lucente che si infrange su rocce granitiche rosa e grigie, per poi precipitare dentro una gola dominata da una guglia detta Campanas de Sisinni Conti.

Immersa in uno scenario favoloso e circondata da montagne selvagge, questa cascata ha ricevuto nel tempo l’omaggio di viaggiatori e turisti d’eccezione, tra cui Gabriele D’Annunzio. Nel 1882, in occasione di una sua visita a Villacidro in compagnia di Cesare Pascarella ed Edoardo Scarfoglio, D’Annunzio dedicò a Sa Spendula il sonetto  ‘La Spendula’, pubblicato sul giornale letterario ‘Capitan Fracassa’, che diede ancora più prestigio a questa meraviglia naturale.

Come raggiungere la celebre cascata

Per raggiungere Sa Spendula si percorre un breve sentiero che costeggia il torrente e conduce proprio sotto al magnifico salto. Nei periodi di pioggia intensa, l’impetuosità dell’acqua non permette ai visitatori di avvicinarsi troppo, ma offre comunque lo spettacolo di una suggestiva nuvola spumeggiante. Qui vi troverete anche la fitta pineta Campus de Monti, con un’area attrezzata, raggiungibile attraverso un grazioso ponte in legno. Il luogo ideale per scampagnate con tutta la famiglia.

Le altre attrazioni nei dintorni di Villacidro

Tra i sentieri dell’area di grande valore naturalistico, detta Monte Linas-Oridda-Marganai, dove fare escursioni a piedi, in bici e a cavallo, lo spettacolo prosegue con le cascate del rio Linas: Piscina Irgas​, con un salto di 4​5 metri, e Muru Mannu, nel territorio di Gonnosfanadiga, che con il suo salto di 72 metri rappresenta la più alta della Sardegna. Tra le  attrazioni da non perdere ci sono anche la valle di Villascema, con i rinomati ciliegeti, e il Parco di San Sisinnio, con la più importante aggregazione di grandi oleastri della regione.

Villacidro è rinomata anche per i prodotti tipici, come l’eccellente olio d’oliva, i vini da cui deriva una pregiata acquavite, e le ciliegie, cui è dedicata a giugno una celebre sagra. Definita da molti viaggiatori del passato come ‘la piccola Svizzera sarda’, la cittadina nel sud-ovest dell’isola è da sempre uno dei centri più importanti della zona, rimasto saldamente ancorato ai valori del passato, celebrati dallo scrittore Giuseppe Dessì, cui ha dato i natali, al quale è dedicato il Parco Culturale Giuseppe Dessì all’interno del monte Linas.