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Pan di Zucchero, uno degli scogli più suggestivi d’Italia

La natura è in grado di creare dei piccoli capolavori che l’uomo, nonostante anni di evoluzione, non sarebbe mai capace di replicare. Il nostro Paese è ovunque testimone di questa maestria, ma tra tutte le meraviglie della natura ce n’è una che conserva persino un curioso primato: è il faraglione più alto del Mediterraneo.

Parliamo di Pan di Zucchero, un suggestivo scoglio che sorge a pochi chilometri di distanza dall’insenatura di Masua, frazione di Iglesias, nella zona sud-occidentale della Sardegna.

Pan di Zucchero: info utili

Fino al XVIII secolo questo isolotto di roccia in mezzo al mare sardo si chiamava Concali su Terràinu. Tuttavia, a causa della sua quasi somiglianza con il Pão de Açúcar – un maestoso colle alto 396 metri sul livello del mare che svetta a Rio de Janeiro – è da molti anni conosciuto come lo Scoglio di Pan di Zucchero.

Ad essere del tutto onesti, è anche il colore della sua roccia calcarea che ricorda questo dolce ingrediente: ha sfumature bianche, candide, ed è così particolare che durante il momento del tramonto i raggi del sole lo illuminano cono tonalità che vanno dal giallo all’arancione.

Il Pan di Zucchero non è da sempre lì, in mezzo al prezioso e limpido mare sardo. La sua posizione – così come la sua forma – è il frutto della potente azione dell’erosione marina che ne ha determinato l’isolamento dalla terraferma. Dall’aspetto massiccio e arrotondato, sfoggia ben 133 metri di altezza e una superficie di 0,03 km².

Pan di Zucchero, Sardegna

Fonte: iStock – Ph: makasana

Lo Scoglio Pan di Zucchero visto dall’alto

E poi le piogge, che nel corso dei secoli hanno portato alla creazione sulle pareti di questa imponente roccia di due grotte simili a gallerie: due grandi e solenni archi si aprono al livello del mare, porte accessibili in barca e che regalano un’esperienza emozionante.

Straordinario è anche il panorama da cui è incorniciato, con falesie che si stagliano a oltre 100 metri di altezza, gli scogli di S’Agusteri e il Morto (ad esso collegati) e una serie di calette che fanno innamorare.

Come raggiungerlo

Nonostante possieda un nome angelico, raggiungere il Pan di Zucchero non è un impresa sempre facile poiché i fondali nei suoi dintorni sono spesso caratterizzati da forti correnti, anche se apparentemente calmi.

Ma se le condizioni atmosferiche lo permettono, occorre semplicemente salire a bordo di una barca o un gommone dalla splendida insenatura di Masua.

Oltre all’emozione di trovarsi al cospetto di questo gigantesco scoglio e di passare con un’imbarcazione nelle sue “viscere” grazie alle sue suggestive aperture, il Pan di Zucchero offre la possibilità di fare climbing, ma esclusivamente con attrezzatura e supporto di guide specializzate. Una volta in cima il panorama è emozionante, e in più la sua vetta è anche lo spot ideale per raggiungere con lo sguardo i tre “fratelli minori”, due detti s’Agusteri e uno il Morto.

Le grotte sono lunghe rispettivamente 20 e 25 metri e sono l’ habitat di uccelli marini, mentre di fronte a questo grazioso isolotto si affaccia lo sbocco a mare del tunnel minerario di Porto Flavia.

Il tunnel minerario di Porto Flavia

Porto Flavia è una complessa opera umana che sembra stare in equilibrio tra montagna e mare. Si tratta infatti di un vero e proprio capolavoro di ingegneria, progettato da Cesare Vecelli, poiché prima di esso i minerali erano caricati a mano sulle navi a vela e trasportati al porto di Carloforte, da dove poi partivano verso il resto del continente.

Porto Flavia, Sardegna

Fonte: iStock – Ph: Marc_Osborne

Porto Flavia, la miniera in bilico tra montagna e mare

Parliamo perciò di un’incredibile miniera con un tunnel lungo circa 600 metri che offre una vista emozionante sul suggestivo faraglione di Pan di Zucchero (e non solo).

Realizzata tra il 1922 e il 1924, comprende anche un villaggio minerario che si fa spazio sul pendio di Punta Cortis e in cui sorge pure un museo delle Macchine da Miniera. E poi l’affascinante spiaggetta di Porto Flavia, dalla sabbia morbida e l’acqua trasparente, persino incorniciata da una fresca e rigenerante pineta.

Le spiagge da non perdere in zona

La zona in cui sorge lo Scoglio di Pan di Zucchero è davvero meravigliosa e culla di spiagge e calette che sono un invito al benessere e al relax. Imperdibile, per esempio, è la stessa Spiaggia di Masua che è accarezzata da un mare cristallino, oltre a donare un panorama più che speciale.

Un po’ più a Nord davvero speciale è Cala Domestica, una baia eccezionale protetta da alte falesie e controllata da una torre spagnola. Fino al 1940, da queste parti si imbarcavano minerali estratti dalle miniere, e per questo è ancora oggi la culla di rovine di magazzini, depositi e gallerie scavate dai minatori.

Dalla conformazione che ricorda un fiordo, offre sabbia bianca che si mescola a granelli ambrati e dorati, mentre alle sue spalle dei piccoli arbusti di macchia mediterranea si fanno spazio su graziose dune.

Poi ancora la Spiaggia di Buggerru che è una distesa di sabbia morbida dai riflessi chiari bagnata da un mare dalle splendide tonalità azzurre. Dal fondale basso e sabbioso, è a due passi dal centro abitato di questo ex villaggio minerario.

Andando verso Sud, invece, da non perdere sono le spiagge del Golfo del Leone di Gonnesa che mette a disposizione oltre 3 km di lidi incontaminati. Tra queste merita una menzione la Plag’e Mesu – che tradotto significa “spiaggia di mezzo” – che è una grande lingua di sabbia bianca bagnata dal tipico mare cristallino della Sardegna. Essendo esposta dal maestrale, è particolarmente amata dai surfisti che qua trovano numerose onde da dominare.

Infine Funtanamare – Funtan’e Mari in campidanese – che è il tratto più lungo della zona e che conserva un aspetto selvaggio. Con sabbia fine dalle mille sfumature dorate e rosate, fa da letto a un’acqua marina che assume tinte che vanno dal verde smeraldo all’azzurro.

Affollatissima d’estate, in realtà è meta molto ambita anche durante i mesi invernali perché qui si può venire ad ammirare tutta la forza del mare. Inoltre, regala un’atmosfera dai profili magici al tramonto, quando i raggi del sole baciano le linee dello Scoglio di Pan di Zucchero e dei promontori di Masua che si innalzano a strapiombo sul mare.

Funtanamare, Sardegna

Fonte: iStock

La bella Spiaggia di Funtanamare
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Ritrovato il tempio sommerso di una fiorente ed enigmatica civiltà

Il Parco Archeologico dei Campi Flegrei, area nota fin dall’antichità per la sua attività vulcanica nel cuore del placido Golfo di Napoli, è un “museo sottomarino” che non finisce mai di sorprendere e di portare alla luce nuove scoperte.

Questa volta, a riemergere è un tempio sommerso, nella zona di Puteoli, che ci mostra il ruolo fondamentale delle attività commerciali della tribù araba dei Nabetei, i fondatori della magnifica città di Petra in Giordania.

L’altare ritrovato nel Golfo di Napoli

Sommersi da circa uno o due metri d’acqua, i resti dell’antica città di Puteoli sono composti da parti di pavimenti in pietra, pilastri e mura ormai cadenti: nel 2021, durante un’immersione, Michele Stefanile, archeologo dell’Università di Napoli, insieme al collega Michele Silani dell’Università Vanvitelli, hanno scoperto una lastra di marmo bianco al di sotto di un cumulo di sabbia e pietre.

Più tardi, tornati a rimuovere i detriti, hanno notato che la lastra portava incise iscrizioni in latino, dedicate a una divinità venerata ben duemila anni fa nei deserti delle attuali Arabia Saudita e Giordania: è stato quindi chiaro che si trattava di un altare.

Durante una recente conferenza stampa, i funzionari del Ministero della Cultura hanno dichiarato che l’altare sommerso faceva parte di un tempio nell’avamposto più a occidente della tribù dei Nabetei, mercanti e commercianti che vivevano nel deserto e che prosperarono nella periferia est dell’Impero Romano a partire dal IV secolo d.C.

L’enigma dei Nabetei

L’enigmatica tribù dei Nabetei, nel periodo di maggior splendore, svolgeva un ruolo cruciale di collegamento commerciale tra i beni di lusso provenienti dall’Oriente e l’Impero Romano.

Già Plinio il Vecchio riportava che il ceto ricco inviava, ogni anno, ingenti somme di denaro in Arabia, Cina e India per acquistare ambite merci quali seta, spezie e incenso.

Avendo il controllo del passaggio dei beni attraverso il deserto, i Nabetei fondarono un regno che incanta ancora oggi nelle sontuose rovine di Petra, in Giordania, e di Hegra, in Arabia Saudita.

E, in Italia, la maggior parte del commercio arabo arrivava al porto di Puteoli, al largo dell’odierna costa di Pozzuoli, il porto più importante del primo Impero Romano.

L’altare scoperto da poco (con un altro ritrovato nelle vicinanze) dimostra, quindi, che i Nabetei erano presenti a Puteoli ma apre anche a un enigma: non possedendo abilità di navigazione né porti propri, com’è possibile che siano salpati attraverso il Mediterraneo e approdati a Puteoli per avviare lì le loro attività commerciali?

Una presenza concreta a Puteoli

Tuttavia, gli esperti ritengono che i Nabetei fossero una “presenza concreta” a Puteoli.

Questo perché, impiegando droni e scansioni laser per mappare le rovine sommerse dall’alto, si è potuto calcolare che gli altari rinvenuti di recente (parte di un grande tempio) duemila anni fa dovevano essere in una zona privilegiata, a meno di 50 metri dal litorale e lungo una delle principali strade che conduceva alla spiaggia.

Il tempio avrebbe così svolto un ruolo chiave per i mercanti Nabetei lontani dalla loro terra, consentendo loro di concludere gli affari e gli accordi sotto la protezione della divinità in cui credevano e di celebrare le cerimonie religiose in spazi sacri.

In più, rappresentava una sorta di “manifesto” che segnalava la presenza dei ricchi mercanti ai potenziali clienti dell’affollato porto e fungeva da “punto di informazioni” per i commercianti Nabetei appena arrivati.

L’archeologo Stefanile e i colleghi stanno eseguendo dei nuovi scavi a Puteoli con l’obiettivo di riportare alla luce le rimanenti rovine del tempio (che sarebbero al di sotto di poche decine di centimetri di sabbia).

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Spiaggia del Principe, un sogno della Costa Smeralda

Lo sappiamo bene, la Sardegna è una delle mete balneari più amate dai turisti che arrivano da ogni angolo del mondo, e sono tantissime le sue spiagge da sogno, lambite da acque cristalline. Stavolta vogliamo portarvi alla scoperta di una piccola oasi che incanta tutti coloro che hanno la fortuna di ammirare il suo panorama: ecco la Spiaggia del Principe, perla della Costa Smeralda.

La Spiaggia del Principe, tra storia e natura

Un arco di sabbia bianca e finissima, dove si infrange un mare così trasparente da lasciar intravedere il fondale per decine di metri: è la Spiaggia del Principe, un angolo di paradiso incastonato tra il verde della Costa Smeralda. Molto affollata d’estate, fuori stagione si rivela essere un’oasi di pace e tranquillità, l’ideale per chi cerca un po’ di relax lontano dalla gente – anche se è troppo tardi per un tuffo in acqua. Perché questa spiaggia è così speciale? Indubbiamente, è davvero bella: in molti la considerano tra le migliori di tutta la Sardegna, sembra quasi uscita da una cartolina. D’altra parte, la sua storia lo conferma.

Il suo vero nome è Spiaggia di Poltu di li Cogghj, ovvero “porto delle pelli”: in passato era infatti il punto d’imbarco privilegiato per il carico di moltissime merci artigianali prodotte nella regione, tra cui principalmente pellami. Negli anni ’60, Karim Aga Khan IV giunse in Costa Smeralda e se ne innamorò perdutamente. Il principe ismaelita, che ha dato il più grande contributo allo sviluppo turistico di questa zona all’epoca incontaminata e selvaggiamente affascinante, si lasciò conquistare dalle bellissime spiagge. E, tra le tante, scelse proprio quella che, oggi, viene chiamata Spiaggia del Principe in suo onore. È qui che avrebbe voluto costruire la sua villa, un progetto poi naufragato. Resta una piccola caletta che i turisti tornano ad affollare anno dopo anno.

Come arrivare alla Spiaggia del Principe

Raggiungere la Spiaggia del Principe è davvero facilissimo: si trova nel cuore della Costa Smeralda, a due passi da altre splendide località come la Spiaggia di Capriccioli e quella del Romazzino. In loco c’è un comodo parcheggio a pagamento, chiuso da una sbarra da cui si dipana un piccolo sentiero in discesa, che in alcuni punti è abbastanza accidentato. Il percorso, che si addentra nella profumata macchia mediterranea, non è altro che una piacevole passeggiata di una decina di minuti, al termine della quale il paesaggio si apre su una vera e propria cartolina.

La spiaggia candida è una mezzaluna circondata da rocce rossastre e bassa vegetazione, ed è divisa in due da un piccolo promontorio affacciato sul mare. Tutto il litorale è ad accesso libero – al contrario di quanto accade per molte altre spiagge sarde, ormai divenute a numero chiuso. Non ci sono stabilimenti attrezzati, ma chi vuole sfruttare qualche comodità in più può affittare ombrellone e sdraio direttamente sul litorale. Intorno, la natura è davvero incontaminata: ad eccezione di un piccolo chiosco dove trovare qualcosa da mangiare, ci sono solo sabbia, rocce e acqua cristallina. E la vista non è da meno, con un panorama fantastico che include l’isola di Mortorio.

La Spiaggia del Principe è l’ideale per chi ama rilassarsi al sole e fare un bel tuffo rinfrescante. È adatta anche per i più piccini, perché il fondale sabbioso digrada molto dolcemente – attenzione però al sentiero per arrivare al litorale, che è un po’ scosceso. E anche se in alcuni giorni la baia è spazzata dai venti, rimane sempre un’oasi meravigliosa tutta da scoprire. In estate, come abbiamo visto, è sempre molto frequentata ed è consigliabile arrivare presto per trovare posto. Ma all’inizio e alla fine della stagione si può ammirare il suo paesaggio in tutta tranquillità.

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Porto Istana, gemma preziosa della Sardegna

Raccontare Porto Istana assomiglia alla descrizione di un sogno: onde cristalline e turchesi che disegnano la superficie del mare e che giungono ad accarezzare la soffice, morbida e candida sabbia, mentre la brezza culla i colorati arbusti della macchia mediterranea e spande, tutt’intorno, il profumo del ginepro, del leccio, del corbezzolo, del cisto, dell’erica e dell’olivastro.

Un dipinto che si regala a pochi chilometri da Olbia, lungo la meravigliosa costa della Gallura, alle pendici di Capo Ceraso, promontorio di granito rosato nella frazione di Murta Maria.

Porto Istana, tra i profumi, i suoni e i colori della natura

A una ventina di minuti di auto dalla città di Olbia, comodamente raggiungibile, Porto Istana è un paradiso balneare plasmato da quattro spiagge separate da piccole fasce di roccia.

Tutte le quattro calette, numerate partendo da nord, vantano finissima sabbia abbagliante e fondali che digradano con dolcezza, perfetti anche per i più piccoli, acque generalmente calme e sicure, e sono riparate dalle correnti e dai venti.

Ma non è tutto: mentre ci si rilassa distesi al sole in un simile scenario, lo sguardo viene attratto dall’imponente e suggestiva Isola di Tavolara, cui si può approdare in barca dal vicino Porto di San Paolo.

E, ancora, Porto Istana offre una zona libera, per chi desidera la più assoluta tranquillità, e una zona attrezzata (di cui una parte è riservata agli ospiti di un hotel 4 stelle a pochi passi dal mare).

Accessibile anche a persone con disabilità e ben collegato alla città dai mezzi pubblici, l’incantevole litorale dispone di noleggio ombrelloni e lettini, nonché strutture ricettive, villaggi vacanze, ampio parcheggio, ristoranti e bar nelle vicinanze.

Non dimentichiamo, poi, che i limpidi fondali pullulano di fauna e flora marine e ne fanno una meta d’eccellenza per gli appassionati di snorkeling, diving e immersioni.

Le meraviglie dei dintorni

Dopo bagni di sole e tuffi nelle acque turchesi di Porto Istana, potete ritagliarvi del tempo anche per scoprire le altrettante meraviglie che regalano i suoi dintorni a partire dalla sabbia dorata di Lido del Sole e di Li Cuncheddi, in direzione San Teodoro.

Spiaggia “cittadina” di Olbia è invece La Playa di Pittolongu, estesa e affascinante mezzaluna di sabbia candida e fine alternata a piccole conchiglie, lungo la strada che conduce a Golfo Aranci: nelle vicinanze, date un’occhiata anche alla Spiaggia Lo Squalo, separata da Pittolongu da una lingua di roccia, di finissima sabbia che tende al grigio chiaro, al Pellicano e Marerocce, e a Bados, più a nord, magnifica spiaggia con vista sulla Tavolara.

E poi, la costa di Olbia è nota per altre perle indiscusse come, in direzione Costa Smeralda, quelle dal mare cristallino e dalla sabbia bianca di Marinella, Portisco e Porto Rotondo, e della Marina di Cugnana, tra cui la Spiaggia Bianca.

E per chi ama il diving? La costa nei pressi di Olbia vanta numerosi punti di immersione imperdibili nel promontorio di Capo Figari, nel territorio di Golfo Aranci, e nell’area marina: la secca del Papa, lo scoglio di Molarotto, il relitto di Molara e Tedja Liscia, solo per fare alcuni esempi.

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La Sardegna più segreta raccontata da Michela Murgia

Scomparsa la scrittrice sarda Michela Murgia, autrice di molti saggi e racconti, che le hanno valso anche alcuni premi, come il Campiello che vinse con il romanzo “Accabadora”, e che ha raccontato la sua Sardegna, quella vera e meno conosciuta.

Il suo primo libro era, infatti, un’insolita guida intitolata “Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell’isola che non si vede“, pubblicata nel 2008. Una guida per viaggiatori, non per semplici turisti, che racconta non di spiagge paradisiache, ma di luoghi inediti, usi, costumi, leggende e tradizioni secolari.

La Sardegna inedita

Raccontava la stessa Murgia che “Ci sono buchi in Sardegna che sono case di fate, morti che sono colpa di donne vampiro, fumi sacri che curano i cattivi sogni e acque segrete dove la luna specchiandosi rivela il futuro e i suoi inganni”.

E poi “Ci sono statue di antichi guerrieri alti come nessun sardo è stato mai, truci culti di Santi che i Papi si sono scordati di canonizzare, porte di pietra che si aprono su mondi ormai scomparsi, e mari di grano lontani dal mare, costellati di menhir contro i quali le promesse spose strusciano impudicamente il ventre nel segreto della notte, vegliate da madri e nonne”.

La guida raccoglie così dieci itinerari inediti più uno. “Questa storia”, spiega infatti l’autrice “è un viaggio in compagnia di dieci parole, dieci percorsi alla ricerca di altrettanti luoghi, più uno. Undici mete, perché i numeri tondi si addicono solo alle cose che possono essere capite definitivamente. Non è così la Sardegna, dove ogni spazio apparentemente conquistato nasconde un oltre che non si fa mai cogliere immediatamente, conservando la misteriosa verginità delle cose solo sfiorate”.

I nostri luoghi inediti della Sardegna

Una guida, anche se non nuova, fortemente consigliata a chi sta programmando un viaggio in Sardegna e vuole uscire dai soliti itinerari. Come quelli che spesso vi raccontiamo noi, come i campi di tulipani che sembrano un angolo di Olanda o le rocce dalle forme più bizzarre da cui sono nate molte leggende, borghi abitati dalle streghe e antichi villaggi nati da civiltà preistoriche sconosciute, case-grotta tuttora utilizzate e misteriosi castelli che spuntano nel bel mezzo del nulla. Se vi abbiamo incuriositi, sfogliate la nostra gallery.

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San Sperate, il borgo delle pietre sonore

Nel sud della Sardegna, a pochi chilometri da Cagliari, c’è un paese-museo amato dai viaggiatori per diverse ragioni. Gode di una posizione formidabile, vanta un’ospitalità proverbiale, è animato da una incredibile vivacità culturale, è incoronato da splendidi giardini ed è particolarmente rinomato per la produzione di agrumi e pesche. Ciò che lo rende ancora più caratteristico, però, è la famosa arte muraria che ha trasformato il volto di questi luoghi e l’incredibile Giardino Sonoro. Stiamo parlando di San Sperate, un borgo che ha fascino e unicità da vendere.

I murales di San Sperate, il paese-museo

Quella della odierna San Sperate è “una storia scritta con i colori dell’entusiasmo”. Camminare per le pittoresche vie di questo splendido borgo nel sud della Sardegna significa intraprendere un viaggio emozionante nel mondo dell’arte, una immersione magica in un caleidoscopio di figure e colori. Sono centinaia i murales che decorano i muri degli edifici, trasformando il paese in un museo a cielo aperto.

Tutto ha avuto inizio nel 1968, anno di grandi fermenti politici e culturali, quando il giovane artista Pinuccio Sciola, ritornato dopo una serie di viaggi in giro per l’Europa, contagiò la sua comunità con una vulcanica voglia di cambiamento, fondato sui valori dell’arte e della partecipazione attiva della gente alla riscrittura consapevole del proprio futuro. In concomitanza con la festa religiosa del Corpus Domini, Sciola e i suoi amici iniziarono a ricoprire gli umili muri fatti di fango con strati di calce. L’operazione, sorprese positivamente i compaesani, incuriositi e ammaliati dal bianco accecante esaltato dal sole d’estate.

Nacquero così i primi murales, molti dei quali riprendevano soggetti di carattere antropologico e politico. San Sperate si è ben presto trasformato in un laboratorio di creazione e confronto e, complice l’attenzione della stampa nazionale ed estera, negli anni successivi sono arrivati in questo angolo di Sardegna numerosi artisti, molti dei quali stranieri, che hanno dato il loro entusiastico contributo, dipingendo nuove opere dai soggetti più disparati. In particolare, la conoscenza di David Alfaro Siqueiros, uno dei grandi maestri del muralismo messicano insieme ad Orozco, Rivera e Tamayo, si è tradotta in un empatico gemellaggio tra San Sperate e Tepito, quartiere storico di Città del Messico.

Negli ultimi quarant’anni San Sperate ha ospitato workshop internazionali d’arte, celebri artisti di teatro come Dario Fo ed Eugenio Barba, e musicisti di fama internazionale. Fondamentale per il muralismo, resta il contributo dei numerosi artisti locali, senza dimenticare gli importanti progetti artistici realizzati negli ultimi anni, come “Il fiume dei writers” nel 2009 e “Colore Identità” nel 2011, che ha acceso di colori alcune strade del paese, al fine di valorizzare ulteriormente il centro storico.

Il Giardino Sonoro, un felice connubio tra arte e natura

Pinuccio Sciola è autore anche di uno dei luoghi più magici di San Sperate: il Giardino Sonoro. Si tratta di un museo a cielo aperto, utilizzato dall’artista fin dagli anni ’60 come laboratorio, in cui ha dato vita a un’identità in pieno connubio con la natura sino a renderlo sito espositivo agli inizi del ventesimo secolo.

Un orizzonte di pietre megalitiche, uno spazio artistico senza tempo, in continuo divenire, che permette ai visitatori di compiere un’emozionante passeggiata all’interno dell’agrumeto in un percorso senza segnali né direzioni, tra i megaliti capaci di amplificare magicamente il senso di smarrimento. Sono sculture che riprendono le forme del megalitismo sardo ma che al contempo parlano un linguaggio moderno, attraverso linee che si incrociano simmetricamente, forme geometriche, eleganti segmenti e forme astratte che giocano con il rapporto arte e natura, forma e contenuto, idea e materia.

Un luogo immerso nel verde, carico di energie, che coinvolge tutti i sensi, dando la possibilità ai visitatori di poter godere, in una dimensione inedita, delle maraviglie che arte e natura possono arrivare a creare fondendosi insieme.

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Anche l’Italia ha il suo eden terrestre e noi lo abbiamo trovato

Lo diciamo spesso, ma la verità è che ribadirlo non è mai ridondante: non occorre necessariamente volare oltreoceano per rimanere a bocca aperta di fronte a luoghi che sembrano quasi magici. Nel corso del tempo abbiamo parlato di moltissimi posti incredibili che si trovano in Italia e oggi non faremo eccezione, raccontandovi di quello che sembra essere l’eden terrestre made in Italy.

Stiamo parlando di una spiaggia, anzi, per essere precisi di una spiaggetta, piccola e incontaminata, lontana dal clamore delle mete estive più gettonate. Una piccola perla incastonata nel Golfo di Orosei, in Sardegna: la spiaggia di Osala.

Osala, Osaledda e Osalla

Già la sua cornice dovrebbe lasciare intendere quanto possa essere bellissima e al contempo selvaggia: il  Golfo di Orosei, infatti, è noto per essere una delle aree più selvagge e naturalisticamente inalterate dell’intera Sardegna. Lungo tutto la sua costa si nascondono cale e insenature che sembrano uscite da un racconto fantastico, tra sabbie finissime e acque cristalline. Per non fare confusione, però, occorre subito precisare che la sua porzione centrale è divisa in tre spiagge, dal nome molto simile: Osala, Osaledda e Osalla.

Uno scorcio di Osala

Fonte: iStoc

Vista della spiaggia e della vegetazione di Osala

Nonostante, appunto, i nomi siano estremamente simili, l’essenza di ognuna di queste spiagge è molto diversa. Osalla è la spiaggia più grande, quella che si estende dal nord del promontorio Punta Nera ed è in qualche modo attrezzata, con piccoli punti ristoro qui e lì; Osaledda, invece, è la porzione di spiaggia dov’è collocato l’arenile ed è interrotta dalla costruzione del porto. E infine, c’è Osala, il paradiso terrestre.

Osala, fra colline e vegetazione mediterranea

Più piccola delle altre due spiagge, meno esposta e più raccolta, Osala è incanta per diverse ragioni. In primis, il colpo d’occhio: sembra quasi di trovarsi in Kenya, nel corso di un safari tra dune e mare. Sabbia e macchia mediterranea si fondono insieme e la presenza del rio Osala contribuisce alla sensazione tropicale, trasportando chiunque in una dimensione alternativa dove la natura regna incontrastata e dove l’uomo non è altro che un ospite occasionale.

 

Uno scorcio di Osala
Osala e il suo rio

La sabbia, fine e di colore dorato, si solleva leggera a ogni passo e ogni tanto si ritira, lasciando spazio a canne, enule marine, salicornie e tamerici. Poi, l’attrazione principale: il mare. Le acque di Osala sono trasparenti, di un azzurro cangiante e, durante alcune ore della giornata, si trasformano in un vero e proprio specchio che, riflettendo il paesaggio circostante, crea dei giochi di luce e colore strabilianti.

Il nuraghe e la strada per Osala

Ma c’è anche un altro motivo per visitare Osala: in cima al promontorio che divide la spiaggia di Osala da quella di Osalla si trova il nuraghe di Gulunie. Questa costruzione in pietra è una delle più caratteristiche della Sardegna e proprio quella di Gulunie è una delle pochissime ad affacciarsi proprio sul mare. Raggiungendo il nuraghe, dunque, si potrà godere di una vista panoramica senza pari, che abbraccia il Golfo e, al contempo, permette anche di ammirare i due corsi d’acqua dolce che scorrono ai piedi della collina.

Uno scorcio di Osala

Fonte: iStock

Le acque di Osala

Se a questo punto vi state chiedendo come raggiungere Osala, eccovi serviti: dovrete prima raggiungere Dorgali, comune in provincia di Nuoro. Da qui potrete informarvi con i vari centri turistici per usufruire di mezzi e navette altrimenti, se avete un mezzo vostro, basterà percorrere la Strada Statale 125 e arrivare al bivio che indica la Grotta di Ispinigoli. Da qui basterà seguire le indicazioni per la spiaggia, ben segnalata.

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Sella del Diavolo, un angolo d’Italia avvolto nel mito

La Sardegna è un’isola che è in grado di offrire degli scorci che sono di una bellezza spesso disarmante. Un angolo del nostro Paese dove mare e montagna si fondono, e in cui piccoli borghi fanno spazio a imponenti cascate dai suoni fragorosi. Un territorio eccezionale e che nasconde anche tesori antichi così come magnifiche località che sono avvolte nel mito, tra cui la splendida Sella del Diavolo.

Come arrivare alla Sella del Diavolo

Nonostante il nome che potrebbe sembrare spaventoso, la Sella del Diavolo è un bellissimo e peculiare promontorio che sorge nella zona Sud di Cagliari e che separa la Spiaggia del Poetto da quella di Calamosca. Simbolo della città, si affaccia sul Golfo degli Angeli che, oltre a essere un vero angolo di paradiso, per i cagliaritani è anche sacro.

Si tratta quindi di una meraviglia della natura, una sorta di sua carezza sul mare situata a soli 5 chilometri di distanza dal centro città. Arrivarci è molto semplice: dal centro di Cagliari è possibile salire a bordo di un autobus pubblico che in soli 10 minuti conduce al capolinea di Calamosca, da qui si prosegue a piedi sino ad incontrare l’inizio del sentiero che sale verso il belvedere.

Perché si chiama così?

Non si può non rimanere incantanti dalla Sella del Diavolo: si trova al centro esatto del Golfo degli Angeli ed è la propaggine che si spinge sino al mare del colle di Sant’Elia. Da lassù lo scenario che si può ammirare è così emozionante che il suo nome deriverebbe da una leggenda biblica.

Sella del Diavolo, Cagliati

Fonte: iStock

Il profilo della Sella del Diavolo

A onor del vero, esistono due versioni di questo racconto antico, ma secondo la leggenda più diffusa furono proprio i diavoli a rimanere folgorati dalla pura bellezza di questo posto, tanto che cercarono di impossessarsene.

Per l’altra variante furono invece gli angeli a chiedere in dono a Dio questo angolo straordinario di Sardegna perché qui vi era una totale assenza di malvagità. Una richiesta che però scatenò la gelosia di Lucifero.

Avvenne così uno scontro proprio nelle infinità dei cieli che illuminano la costa cagliaritana, una battaglia che vide vittorioso l’esercito degli angeli guidato dall’arcangelo Michele. Il Diavolo però non ne uscì indenne, ma anzi, durante lo scontro perse la sella, che cadde solidificandosi e dando origine al mitico promontorio.

Fu così, dunque, che nacque il curioso nome di questa affascinante sporgenza montuosa e del Golfo degli Angeli, in quanto gli abitanti dell’ampia insenatura lo vollero dedicare ai loro salvatori.

Come salire e cosa fare sul promontorio

Come vi abbiamo detto in precedenza, la Sella del Diavolo è un luogo iconico di Cagliari e che da sempre attira l’interesse degli escursionisti (e non solo). Non vi sorprenderà sapere, quindi, che è meta prediletta di chi ama avventurarsi nella natura pur restando praticamente in città. Inoltre, è destinazione ideale anche per il trekking notturno.

Dal piazzale accanto alla Spiaggetta di Calamosca o dal porticciolo di Marina Piccola si sviluppano alcuni sentieri che permettono di esplorare il promontorio. Il tutto mentre si è circondati da scorci paesaggistici eccezionali e che, nelle giornate particolarmente limpide, consentono di allungare lo sguardo fino a Capo Carbonara e i dodici chilometri del Poetto e del suo lungomare. Alle loro spalle svetta anche il profilo del parco di Molentargius-Saline.

Escursioni presso la Sella del Diavolo

Fonte: iStock

Il panorama dalla Sella del Diavolo

Intraprendere questi tragitti equivale a poter osservare le palme di san Pietro, ginepri, olivastri, cespugli di lentischi ed euforbie. Tra le altre cose, la Sella del Diavolo è anche la temporanea dimora di uccelli rari e pregiati, come il falco pellegrino, gheppio e la pernice sarda, così come di curiose volpi e conigli selvatici.

Cosa vedere lungo il cammino

In questo affascinante angolo di Sardegna è presente un sentiero naturalistico e archeologico che costeggia tutto il promontorio. La salita è possibile unicamente dal versante di Calamosca, dopodiché si ha l’opportunità di seguire uno dei tanti percorsi tracciati dagli escursionisti e senza paura di perdersi.

Dopo circa una mezzora di salita, si costeggia una rete della zona militare per poi arrivare a uno strapiombo direttamente sopra il rimessaggio barche del porticciolo di Marina Piccola, punto da cui si può cogliere un panorama che spazia da Viale Poetto sino a Capo Carbonara e al mare aperto

Sul punto più elevato, tra le altre cose, sopravvivono ancora le rovine di un tempio punico dedicato ad Astarte, o almeno così si sostiene perché proprio qui è stata ritrovata una lastra che oggi è conservata al museo archeologico di Cagliari.

Ci sono anche due cisterne, una di origine punica, e un’altra di epoca romana. Ma non è finita qui perché, oltre al panorama magico e alla quiete della natura, sopravvivono anche alcuni resti del monastero dei Vittorini, monaci dell’XI secolo che per lungo tempo si occuparono della gestione delle saline della zona.

Poi ancora una torre di guarda di matrice spagnola che era parte del sistema costiero di difesa dalle incursioni saracene e alcune strutture militari, compreso un fortino, che risalgono alla Seconda Guerra Mondiale.

Le spiagge protette dal promontorio

La Sella del Diavolo è un luogo magico e in cui poter effettuare sorprendenti escursioni. Al contempo, mentre si è vigilati dal suo incredibile profilo, è anche un promontorio che ai suoi piedi protegge due spiagge bellissime: quella del Poetto e di Calamosca.

La Spiaggia del Poetto è immensa e bellissima, tanto da estendersi per 8 chilometri di litorale tra Cagliari e Quartu Sant’Elena. Caratterizzata da sabbia soffice e mare azzurro, è una delle spiagge cittadine maggiori d’Europa, nonché tra le più belle e frequentate di tutta l’Isola.

La Spiaggia di Calamosca, dal canto suo, sorge in una splendida baia sormontata da due imponenti promontori: a est Capo sant’Elia, mentre a ovest c’è l’affascinante Sella del Diavolo.

Il mare anche qui è limpido e presenta persino delle tonalità che vanno dal verde smeraldo all’azzurro, acque che lambiscono un arenile composto di sabbia con ciottoli levigati. Ad apprezzarla sono anche le famiglie con i bambini grazie al suo fondale che degrada dolcemente, abissi che sono assai amati anche da chi pratica pesca subacquea e immersioni.

Insomma, almeno una volta nella vita bisogna visitare la Sella del Diavolo, un luogo tanto leggendario quanto bellissimo.

Spiaggia di Calamosca, Cagliari

Fonte: iStock

Veduta della Spiaggia di Calamosca
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In Sardegna c’è un giardino bellissimo, che pochi conoscono

Si affaccia sul mare cristallino della baia di Nora, sulla costa Sud-Ovest della Sardegna, uno dei giardini più belli d’Italia. Con il suo verde lussureggiante, che offre ombra e refrigerio d’estate e colorate fioriture nei mesi più freddi, incornicia le bianche spiagge che s’affaccia su questo tratto di costa, forse il più bello dell’isola.

In Sardegna è nato un nuovo giardino

È il Giardino del Sant’Efis Hotel che è appena entrato a far parte del circuito dei Grandi Giardini Italiani, di cui fanno parte altri 144 giardini sparsi in tutta Italia.

È un giardino privato, in quanto fa parte di un bellissimo boutique hotel, ma chiunque può entrare a visitarlo e a godere della sua magnificenza.

Prende il nome da San Efisio, il santo martire venerato in tutta la Sardegna. La sua posizione è molto strategica e regala agli ospiti dell’hotel e ai visitatori una vista panoramica senza precedenti, creando una sensazione di totale immersione nella bellezza naturale che lo circonda, una vera e propria oasi di tranquillità.

Un’oasi magnifica

Il progetto del giardino è stato affidato all’ingegnere paesaggista Maurizio Usai, che ha ideato un parco sensoriale, unico nel suo genere per sfumature di colori e di profumi.

Nel suo progetto del Giardino di Sant’Efis, Usai ha voluto portare avanti la tradizione sarda per le piante sub tropicali: infatti, la città di Pula nell’Ottocento era nota per le scoperte botaniche del Marchese di Villarmosa, che acclimatava piante rinvenute principalmente in Argentina, Brasile e Uruguay, importando le prime jacarande, i ficus magnolioide e le phytolacca.

Queste piante si sono adattate perfettamente al clima della Sardegna. Quindi, Usai ha integrato alle piante già esistenti, come le palme e i folti arbusti di strelitzie, una collezione di hibiscus. Vicino al mare si possono ammirare hibiscus di colore giallo, molto rari e di grande impatto.

L’altro famoso giardino sardo

In Sardegna esiste un altro giardino che già da qualche anno appartiene ai Grandi Giardini Italiani. Si tratta del Beranu Froriu, meglio conosciuto come Il giardino di Turri, un parco divenuto celebre per le sue magnifiche fioriture di tulipani, e che si trova nel centro della Sardegna, una zona pianeggiante che prende il nome di Marmilla.

Questo parco di sette ettari è un imperdibile paradiso per chi ama le fioriture primaverili e desidera ammirare gli splendidi tulipani anche in Sardegna: ne fioriscono ben 500.000, oltre alle rose e ad altre 450 varietà di fiori, tra cui peonie, muscari, iris, giacinti, ranuncoli, allium e narcisi.

Estate tra i Grandi Giardini Italiani

“Anche in estate i giardini offrono un’occasione di svago, in cui ammirare la natura, ma anche scoprire il nostro immenso patrimonio artistico e culturale”, spiega Judith Wade, CEO dei Grandi Giardini Italiani. “Un’opportunità anche per trovare giovamento dall’afa e dalla folla delle località di mare”. E per chi trascorre le vacanze al mare in Italia ci sono altri splendidi giardini che si possono visitare.

In Liguria fanno parte dei Grandi Giardini Italiani quelli di Villa Marigola a Lerici, di Villa Durazzo e La Cervara a Santa Margherita Ligure, i Giardini di Villa della Pergola ad Alassio, famoso per le fioriture di glicini, e quelli di Villa Grock a Imperia, appartenuta al Re dei clown.

Nelle Marche ci sono i giardini di Villa Imperiale e di Villa Caprile a Pesaro.

Nel Lazio si possono visitare i giardini di Villa Bell’Aspetto a Nettuno e la Fondazione Nicola del Roscio – Giardino Botanico a Gaeta.

In Campania ne fanno parte il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, il Parco Idrotermale del Negombo e i Giardini La Mortella a Ischia e, infine, Villa San Michele ad Anacapri.

Ma i giardini più numerosi sono in Sicilia. Qui si possono visitare il Giardino di Casa Pennisi ad Acireale, quelli di Radicepura a Giarre, l’Orto Botanico di Palermo, la Fondazione Casa Cuseni e Villa Schuler a Taormina e il Giardino dell’Impossibile a Favignana. Uno più bello dell’altro.

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Magic Johnson innamorato della Sardegna: “Qui è un paradiso”

“Another day in paradise”: questo lo splendido messaggio che Earvin “Magic” Johnson, storico campione dell’NBA, ha condiviso su Instagram come didascalia di una bellissima serie di foto che lo ritraggono insieme ad amici e familiari in una località da sogno. Il “paradiso” in questione altro non è che la Sardegna, un luogo magico che continua ad attirare migliaia di turisti – anche famosi – da ogni angolo del mondo.

La Sardegna, un vero paradiso

Da sempre una delle mete turistiche italiane per eccellenza, la Sardegna ha conquistato anche Magic Johnson e la sua famiglia. Ma non solo: assieme alla star dell’NBA c’è anche l’amico Samuel L. Jackson, celebre attore premio Oscar che ha partecipato a numerosi film di grandissimo successo. Su Instagram, il cestista ha condiviso alcune splendide foto della sua vacanza, che lo ritraggono – sempre in ottima compagnia – tra giornate al mare e squisite cene a base di pesce. D’altra parte, la cucina italiana non ha nulla da invidiare a quella di qualsiasi altro Paese, e lo confermano i tantissimi vip internazionali che ogni anno approdano qui per assaporare le nostre prelibatezze.

E dunque, per Magic Johnson e la sua allegra compagnia, questo è “un altro giorno in paradiso”. Secondo quanto riportato dal magazine statunitense TMZ, la star avrebbe affittato uno yacht per godersi al meglio queste vacanze da sogno, ammirando lo splendido mare della Sardegna e le sue coste affascinanti anche da lontano. E, a quanto pare, non si è certo accontentato di un’imbarcazione qualunque: avrebbe preso a noleggio il Phoenix 2, un super yacht di lusso che costerebbe ben 1,2 milioni di dollari alla settimana. Naturalmente, Johnson e i suoi amici non si sono limitati a navigare per il Mediterraneo, approdando di tanto in tanto presso alcune delle più belle località sarde (e non solo).

Le vacanze italiane di Magic Johnson

Amatissima dai vip internazionali, l’Italia è la meta scelta da Magic Johnson e da Samuel L. Jackson per le loro vacanze estive. Prima tappa – a bordo dello yacht – è Portofino, rinomata località turistica ligure: la sua bellissima piazzetta affacciata sul mare è un must per chi passa da quelle parti. E non mancano raffinate boutique per un po’ di shopping di lusso, oltre ovviamente a tanti ristorantini dove assaporare del buon pesce. Poi la comitiva è ripartita alla volta della Sardegna, dove è approdata sul litorale di Capriccioli, una delle destinazioni più in della costa orientale. Siamo infatti in Costa Smeralda, ed è qui che sorge il prestigioso Hotel Cala di Volpe.

Tra spiagge da sogno e un mare cristallino che sembra finto, Johnson e famiglia hanno gustato qualche altra specialità del luogo, per poi salire di nuovo a bordo del Phoenix 2 e lasciare la Sardegna. Continuando a solcare le acque del Mediterraneo, stavolta si sono diretti a Capri, un’altra delle mete preferite dalle star: d’altra parte, come resistere al fascino ineguagliabile dei Faraglioni che si stagliano contro il mare? Anche qui, ovviamente, tappa per deliziare il palato: ad aggiungersi al gruppo è stato anche Michael Jordan, che non ha disdegnato le prelibatezze locali. Quale sarà la prossima destinazione? Una cosa è certa: il nostro Paese è decisamente rimasto nel cuore di Magic Johnson.