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C’era una volta la Città Proibita

C’era una volta, tanto tempo fa, un luogo maestoso e opulento che occupava gran parte del tessuto urbano di una delle città più popolate al mondo. Un palazzo riservato solo a pochi eletti, agli imperatori e alle loro famiglie, un centro cerimoniale e politico del governo. C’è ancora oggi quel complesso di edifici che compongono la Città Proibita di Pechino, il palazzo imperiale più grande al mondo.

Ci troviamo in Cina, e più precisamente nel centro storico della sua grande capitale. È qui, tra le stanze di questo immenso palazzo dalle dimensioni esagerate, che per oltre 500 anni hanno vissuto gli imperatori del Paese.

Sono serviti più di un milione di uomini per costruirlo e quasi un ventennio per realizzare quel palazzo un tempo proibito. E bastano i suoi numeri e farci comprendere la complessità e la grandezza del sito che comprende quasi mille edifici e oltre 8000 camere con una superficie che si snoda su uno spazio di 72000 metri quadrati.

La città Proibita

La città proibita

È il palazzo imperiale più grande del mondo ed è bellissimo. Lo è perché è sontuoso e opulento e perché è la massima espressione della tradizionale architettura cinese, nonché la più grande fonte d’ispirazione di tutti gli edifici dell’Asia orientale.

Il nome di Città Proibita fu scelto proprio per indicare l’inaccessibilità a palazzo da parte dei cittadini. L’ingresso, infatti, era consentito solo sotto espressa autorizzazione esclusiva da parte dell’imperatore.

Sono stati 24, in tutto, gli imperatori che hanno vissuto qui, 14 quelli della Dinastia Ming e 10 di quella Qing. Dopo essere stata residenza imperiale, la Città Proibita è stata ribattezzata col nome Gugong che letteralmente vuol dire ex palazzo. Dal 1925, al suo interno, è stato istituito il Museo Nazionale del Palazzo che conserva ed espone tutti i tesori imperiali.

Dal 1987, invece, la Città Proibita è stata dichiara Patrimonio Mondiale dell’Umanità da parte dell’Unesco.

La Città Proibita

La Città Proibita

Gugong: all’interno del palazzo imperiale più grande del mondo

Dopo diversi restauri, che hanno portato il palazzo ai suoi antichi splendori, la Città Proibita è diventata per la prima volta accessibile a tutti i cittadini e ai viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.

Sono 980, in totale, gli edifici che compongono l’imperiale residenza e che conservano tesori, misteri e collezioni appartenute agli imperatori della Cina.

Dalla Sala della Suprema Armonia, il più grande e importante edificio della Città Proibita, alla Sala del’Armonia Centrale, il luogo di riposo dell’imperatore, passando per la Sala dell’Armonia Preservata, utilizzata per i banchetti e le cerimonie, al Palazzo della Purezza Celeste, edificio in cui gli imperatori trascorrevano la notte.

Elencare tutti gli ambienti della Città Proibita è una missione quasi impossibile, quello che possiamo dirvi però è che ogni stanza e in ogni edificio si configurano come scrigni preziosi di misteri e tesori. Ci sono più di un milione di opere d’arte nelle collezioni del Museo del Palazzo, tra cui ceramiche, dipinti, calligrafia e bronzi, che raccontano le storie di un passato glorioso accessibile, secoli fa, solo a pochi eletti.

Ma oggi, quella inaccessibilità non esiste più e la Città Proibita si è trasformata in una delle attrazioni turistiche più visitate e magiche di tutta l’intera Cina.

La Città Proibita

La Città Proibita

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La villa italiana che cela misteri incredibili

È una delle più prestigiose ville rinascimentali della Toscana e il suo fascino è arricchito da misteri e leggende che le hanno valso l’interesse anche da parte di “Freedom Presenta“, il programma televisivo a cura di Roberto Giacobbo dedicato all’insondabile e al mistero.

Si tratta della Villa di Corliano, dimora storica a San Giuliano Terme, a pochi chilometri da Pisa, che celerebbe tra le sue stanze l’apparizione di un fantasma e gli echi di “strani esperimenti” svolti nei sotterranei.

Il fascino e la storia della sontuosa Villa

Edificata nel XV secolo, la Villa di Corliano, tra le più belle della regione, fa parte di un ampio complesso monumentale composto dalle scuderie, dal frantoio, dalla fattoria a opera dell’architetto Ignazio Pellegrini, dalla cappella gentilizia intitolata ai Santi Pietro e Paolo, dalla kaffeehaus ( piccolo edificio utilizzato per prendere cioccolata e caffè in tazza per i momenti di svago) e da un vasto parco di circa tre ettari abbracciato dalla cinta muraria e custode di piante secolari.

Gli interni conservano ancora oggi pregevoli affreschi di Andrea Boscoli, risalenti al Cinquecento, e di Nicola Matraini, della metà del Settecento.

Definita dal fiorentino Vincenzo di Luca Pitti come “il più bel Palazzo che sia intorno a Pisa”, vide la luce per volontà della famiglia degli Spini di Firenze i quali la vendettero poi, nel 1536, ai conti Agostini Venerosi della Seta i cui discendenti ne sono tuttora proprietari.

Assunse le attuali forme nel Settecento,  dopo la ristrutturazione seguita dall’architetto Pellegrini per le nozze di Teresa della Seta Gaetani Bocca, donna particolare e stravagante per l’epoca, in grado di condurre da sola una carrozza con sei cavalli e profondamente innamorata della sua villa.

La raffinatezza e il fascino della dimora fecero sì che, nel corso dei secoli, qui soggiornassero illustri personaggi quali, ad esempio, Lord Byron, Vittorio Alfieri, il sovrano Carlo Alberto di Savoia, Cristiano VI di Danimarca e molti altri.

Ai nostri giorni la Villa di Corliano è un’incantevole struttura ricettiva di lusso con ristorante dove respirare l’autentica atmosfera nobiliare ed è cornice ideale per eventi, banchetti, congressi e feste tra arte, storia e natura.

I misteri della Villa di Corliano

Oltre che per l’indiscutibile bellezza, la Villa è nota anche per i misteri che la avvolgono, uno su tutti la presenza del fantasma di Teresa, la contessa vissuta qui tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 e talmente innamorata di questo luogo da “non voler più andare via”.

La sua vicenda attrae tra le mura della Villa numerosi studiosi e appassionati anche da Oltreoceano, alla ricerca di prove che possano spiegare gli strani fenomeni raccontati dai testimoni (del passato e del presente): suoni, ticchettio di scarpe, passi che sembrano danzare nel salone nelle notti di luna piena…

Ma non è tutto.

Alla fine dell’Ottocento, pare che il chirurgo Francesco Vacca Berlinghieri svolgesse nei sotterranei esperimenti legati al galvanismo, ovvero la scienza di far muovere i muscoli mediante gli impulsi elettrici.
E Mary Shelley, in visita alla Villa, prese spunto per scrivere il suo celeberrimo romanzo: Frankestein.

Un’ulteriore curiosità? Il medico era soprannominato Francesco La Pietra: Franken Stein.

villa corliano

Veduta aerea della Villa di Corliano

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Come in un quadro: la montagna che ha rubato i colori all’arcobaleno

Sono tantissimi i viaggi che organizziamo ogni giorno e che ci portano alla scoperta dei luoghi più sensazionali del mondo. Eppure, proprio quando crediamo di aver visto tutto, ecco che le meraviglie del pianeta che abitiamo ci sorprendono ancora una volta con la loro grande bellezza, così immensa da sembrare finta o artificiale. E invece è reale, così come lo è splendida montagna Vinicunca che ha rubato i colori all’arcobaleno e di quella si è abbigliata.

Immaginate di avere davanti agli occhi una terra variopinta e surreale su quella poter camminare. È quello che accade quando si raggiunge la Montaña de Siete Colores, un massiccio montuoso situato a 5200 metri sul livello del mare e che appartiene alle Ande, che a guardarlo sembra essere una cartolina dipinta a mano dai migliori illustratori

Qui, numerosi viaggiatori provenienti da tutte le parti del mondo giungono ogni giorno dell’anno per ammirare quei colori, per lasciarsi incantare dal meraviglioso spettacolo messo in scena dalla natura che, come un pittore, ha dipinto le montagne con vigorose e intense pennellate.

Vinicunca

Vinicunca

La montagna delle meraviglie

Per ammirare con i nostri occhi questa meraviglia che appartiene al pianeta, dobbiamo recarci in Perù, al cospetto delle Ande. Nella regione di di Cusco, e più precisamente tra le province di Quispicanchi e Canchi, troviamo Vinicunca, anche conosciuta col nome di Montaña de Siete Colores.

Un caleidoscopio di colori si apre davanti allo sguardo di chi osserva. L’arancione, il blu, il viola, il rosso e il giallo si intrecciano al marrone e al rosa in maniera indissolubile tra i monti. E sembra quasi di poter camminare su un arcobaleno.

Vinicunca

Vinicunca

Vinicunca, l’arcobaleno sotto ai nostri piedi

Trovarsi al cospetto della montagna arcobaleno è un’esperienza unica, da fare almeno una volta nella vita. A guardare questa meraviglia del mondo è facile lasciarsi trasportare dalle suggestioni che uno scenario così magico può provocare.

In realtà quello che si nasconde dietro ai colori che caratterizzano questa montagna delle Ande è stato ampiamente spiegato dalla scienza. Le striature che splendono sotto il sole non sono altro che il risultato dei diversi minerali che nel corso di milioni di anni si qui sono depositati e poi sovrapposti.

Ossido di ferro, manganese, zolfo, calcio, magnesio, rame ossidato e granito hanno creato questi sette colori che oggi rendono la montagna una delle più suggestive del mondo intero.

A rendere ancora più suggestiva la montagna arcobaleno è stato il fatto che questa, per molti secoli, è rimasta nascosta sotto uno spesso strato di ghiaccio, come se fosse un tesoro a proteggere. Una volta che questo si è sciolto però ha mostrato al mondo intero uno scenario meraviglioso, inedito e sensazionale.

Oggi Vinicunca è diventato un luogo da esplorare e da scoprire, per perdersi e immergersi nelle meraviglie del nostro mondo. Tuttavia, l’esplorazione della montagne delle Ande prevede può risultare abbastanza impegnativa, meglio quindi se ci si avvale della presenza di guide esperte.

Lungo il tragitto di quella valle incantata, è possibile incontrare gli animali che popolano l’altopiano da secoli, tra i quali il vicuña e l’alpaca, e i villaggi delle comunità locali.

Vinicunca

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Tulum: vivere come Pablo Escobar (o quasi)

Incastonata tra la giungla e il mare caraibico, la residenza del re colombiano della droga è stata trasformata in un hotel. Non una struttura ricettiva qualsiasi, ma una delle più lussuose, suggestive e affascinanti di tutto il Messico. Una vera oasi di meraviglie che affaccia direttamente sulle spiagge paradisiache di Quintana Roo, nello Yucatán, a pochissima distanza dalla lussureggiante riserva naturale dello Sian Ka’an Biosphere Reserve.

E chissà com’era quando ci abitava lui, Pablo Escobar, che aveva acquistato una delle ville più esclusive dello stato del Messico situata in una posizione privilegiata.

Lasciata in stato di abbandono per molti anni, dopo la sua morte del 1993, è stato il gallerista newyorkese Lio Malca a portarla in auge. Ma non ha solo ripristinato l’antica residenza di Pablo Escobar, lui l’ha trasformata in un art-hotel di lusso all’interno del quale è possibile vivere un’esperienza unica all’insegna di arte, natura e bellezza.

Casa Malca

Casa Malca

Casa Malca: l’hotel più bello del mondo

Cosa hanno in comune Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Pablo Escobar? Le opere di due degli esponenti maggiori dell’arte contemporanea sono esposte proprio in quella che fu la residenza del signore colombiano della droga. Tutto merito di Lio Malca, che ha scelto di trasformare quella villa di Tulum, in un art-hotel, arredandolo con oggetti e quadri appartenenti alla sua collezione privata.

Ecco che si può dormire tra le sculture di Kaws, passeggiare tra i corridoi rivestiti con la carta da parati disegnata da Keith Haring e mangiare e bere con la vista sulle opere di Basquiat e Vik Muniz che completano gli ambienti sfarzosi e lussuosi delle suites e degli ambienti comuni.

Straordinario dentro, incantato fuori. Casa Malca, infatti, è posizionato in una posizione strategica che permette di ammirare tutte le meraviglie di Tulum. Basta raggiungere la terrazza panoramica per osservare la giungla da una parte e il mare caraibico dall’altra per restare senza fiato.

Casa Malca

Casa Malca

L’esperienza straordinaria nella villa di Pablo Escobar

Correva l’anno 2014 quando, l’inaugurazione di Casa Malca, attirò l’interesse della stampa e dei viaggiatori. A quei tempi, il gallerista Lio Malca, aveva creato un hotel con sole otto camere. Ma l’entusiasmo crescente diede la spinta per ampliare la struttura arrivando a contare oggi 71 suites costruite sulla spiaggia tre ristoranti, due bar, una sauna e due piscine, una interna e una esterna. Non manca, ovviamente, la suggestiva terrazza panoramica.

L’esperienza che si vive all’interno dell’ex villa di Pablo Escobar è unica e straordinaria, così la descrivono tutti i viaggiatori che qui hanno trascorso le loro vacanze da sogno. Dai party sulla spiaggia fino all’alba, passando per i servizi disponibili a ora del giorno e della notte circondati da un’atmosfera opulenta e sfarzosa che nessuno vuole lasciare mai.

Quello a Tulum è davvero un art-hotel dei sogni, un luogo da mille e una notte dotato di moderni confort e arredi esclusivi. E sembra quasi di immaginarla la quotidianità del re della droga in questa villa, che possiamo replicare anche noi soggiornando qui, nei limiti della legalità s’intende.

Ma quanto costa vivere così? Circa mille euro a notte, ma a guardare le fotografie e le recensioni dei viaggiatori possiamo dire che ne vale assolutamente la pena.

Casa Malca

Casa Malca

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Diamante itinerari culturali luoghi misteriosi Posti incredibili Viaggi

Tra diamanti e storie sepolte sotto il lago che sembra un zaffiro

Esiste un luogo così magico e suggestivo che sembra finto, o al massimo uscito da qualche cartone della Walt Disney. Tutto merito di quella forma perfetta e di quel colore così intenso che lo caratterizzano in maniera univoca e gli danno le sembianze di un enorme zaffiro incastonato nella terra di tundra e di fiumi, di laghi e piccoli villaggi. Eppure il cratere di Pingualuit è reale, ed è bellissimo da qualsiasi prospettiva lo si guardi.

Lì, dove un tempo c’era una terra pianeggiante, un grosso cratere creato da un meteorite ha lasciato il segno per sempre, scolpendo in maniera definitiva i lineamenti della la penisola di Ugava, nel Québec del nord.

Ribattezzato l’occhio di cristallo dagli Inuit, protettori di questa terra da secoli, il cratere di Pingualuit è diventato famoso nel mando per una missione organizzata da parte di un ricercatore di diamanti. Ma il vero tesoro stava le storie che le sue acque profonde possono raccontare.

L’ottava meraviglia del mondo

Correva l’anno 1943 quando, la prima fotografia aerea ritrasse la bellezza di questo cratere ricolmo di acque dalle mille sfumature di blu. Negli anni ’50, i giornali di tutto il mondo, si apprestavano a condividere quell’istantanea che sembrava aver svelato l’ottava meraviglia del mondo. Fu solo alla fine degli anni ’90, però, che qualcuno si interessò davvero al cratere di Pingualuit e organizzò una missione per scoprire i suoi segreti.

Si trattava di dell’Ontario Frederick W. Chubb  che, credendo che questo fosse la testimonianza di un antico vulcano, organizzò una missione per andare alla ricerca di diamanti e pietre preziose. All’arrivo, però, grazie alla presenza degli esperti, si scoprì che quello era un cratere creato dall’impatto fortissimo di un meteorite caduto su quella terra più di un milione di anni fa.

Un cratere che ha un diametro di oltre 4 chilometri e una profondità che supera i 250 metri. Non a caso è considerato uno dei bacini d’acqua più profondi di tutto il Nord America, nonché uno dei più limpidi del mondo intero. Le acque dolci che abbondano all’interno della voragine sono, invece, considerate le più pure di tutto il nostro pianeta.

Oggi questo specchio d’acqua illuminato dal sole fa parte del Parco Nazionale di Pingualuit istituito nel 2004 e che comprende tutta la tundra circostante.

Ma il cratere di Pingualuit è molto più di un’attrazione turistica da raggiungere e fotografare. Nonostante l’esistenza di questo occhio di cristallo fu concessa al mondo negli anni ’40 attraverso la fotografia, c’era già chi lo conosceva e lo proteggeva. Si tratta degli Inuit, la popolazione originaria dell’area, che hanno tenuto segreto per secoli questo luogo.

Il mistero della perfezione

Sono stati gli Inuit a dare il nome di occhio di cristallo di Nunavik al cratere, una denominazione suggestiva che non fa che confermare il fascino esercitato da questo luogo. Ma non erano solo le sue dimensioni maestose a distinguerlo, ma anche la sua perfetta simmetria circolare. Sembrava quasi come se qualcuno disegnato un cerchio, lo avesse scavato e poi riempito d’acqua.

E visto da vicino, il cratere, è ancora più sensazionale. Gli occhi si perdono nella profondità che si spalanca nel cratere, dove all’interno scintilla un blu intenso dal colore zaffiro. Considerato un luogo sacro, gli Inuit hanno celato a lungo l’esatta posizione del cratere, venerandolo come fonte di energia, rinascita e purezza. Il nome stesso di Pingualuit è un omaggio alla sua stessa presenza, è traducibile infatti come “Là dove la terra risorge”.

Il cratere, creato un milione di anni fa, si riempito nei secoli di acqua dolce a seguito della caduta delle piogge e dello scioglimento delle nevi, dando vita a un lago cristallino di immensa meraviglia.

Il cratere di Pingualuit

Il cratere di Pingualuit

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Il museo a cielo aperto che splende sotto il cielo della Sicilia

C’era una volta, tanto tempo fa, un fiume che scorreva lento e poi veloce sulla costa settentrionale sicula. Erano ventuno i chilometri percorsi per raggiungere l’antica Halaesa che si snodavano tra la vegetazione lussureggiante e tratti di terreno arido e desolato, tra le montagne silenziose e maestose e il mare che faceva da sfondo a questo viaggio. C’è ora, in quello stesso luogo, un museo a cielo aperto che splende sotto il sole della Sicilia, ed è meraviglioso.

Non ci sono molti modi per descrivere Fiumara d’arte perché la sua esagerata bellezza, che si riflette negli occhi di chi guarda, incanta e stupisce fino a stordire. Una galleria d’arte en plen air che si snoda che scolpisce il territorio seguendo le antiche orme del vecchio fume, un unicum in tutto il territorio italiano.

Il parco di sculture, che ha preso forma nel 1982, oggi si caratterizza come uno degli agglomerati di land art più straordinari del nostro Paese capace di coniugare il linguaggio dell’arte contemporanea con il suggestivo paesaggio della fiumara.

38º parallelo - Piramide

38º parallelo – Piramide, Fiumara d’arte

Fiumara d’arte: così è nato il progetto

Correva l’anno 1982 quando, il collezionista d’arte Antonio Presti, ebbe l’idea di commissionare un monumento per onorare la memoria del padre recentemente scomparso. Per farlo si rivolse allo scultore Pietro Consagra. Ma la sua idea non era quella di creare un’opera contemplativa e personale da mettere in casa o in giardino, quanto più di far realizzare qualcosa che fosse accessibile a tutti, alla comunità. Così scelse di farla realizzare lì, sulla foce della fiumara.

L’opera dedicata al padre, però, era solo un pezzo di un puzzle più grande che Antonio Presti aveva nella sua mente. Voleva creare un parco di sculture sul letto del fiume per valorizzare il territorio, per far dialogare l’arte e la natura.

In occasione dell’inaugurazione della scultura di Consagra, che avvenne il 12 ottobre del 1986, l’imprenditore e collezionista italiano annunciò l’idea di trasformare la fiumara in un grandioso progetto di land art in Sicilia.

Labirinto di Arianna

Labirinto di Arianna, Fiumara d’arte

Una galleria a cielo aperto da scoprire

Quel giorno, di tanti anni fa, il territorio della fiumara è stato plasmato per sempre. Nonostante i diversi problemi a livello giuridico e amministrativo che hanno tenuto in sospeso il progetto, oggi la Fiumara d’Arte è uno dei parchi scultura più straordinari del nostro Paese, nonché uno dei più grandi d’Europa.

La prima opera a essere realizzata sul terreno è stata proprio quella di Pietro Consagra, la scultura La materia poteva non esserci realizzata nel 1986 in cemento armato e alta diciotto metri. Dopo di questa è seguita Una curva gettata alle spalle del tempo, di Paolo Schiavocampo, situata nei pressi di Castel di Lucio.

Altre opere sono state aggiunte negli anni, come il Monumento per un poeta morto di Tano Festa, ribattezzata dai siciliani come Finestra sul Mare, e Stanza di barca d’oro dell’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa.

Il risultato finale è un parco delle meraviglie che si snoda per chilometri, che omaggia tutto il territorio attraverso la presenza di sculture che incorniciano il mare, che danno movimento ai prati, che riflettono i colori del cielo. Un itinerario delle meraviglie che attraversa la città di Messina nei comuni di Castel di Lucio, Mistretta, Motta d’Affermo, Pettineo, Reitano e Tusa.

Finestra sul Mare

Finestra sul Mare, Fiumara d’arte

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Bruxelles: i giardini delle meraviglie spalancano le porte

Sono solo tre le settimane che abbiamo a disposizione per entrare, attraversare e osservare quelle che sono tra le più grandi serre del mondo, un vero e proprio giardino delle meraviglie che ospita e conserva da secoli alcune delle piante più rare e pregiate della terra. Benvenuti nelle Serre Reali di Laeken.

Ci troviamo a pochi chilometri da Bruxelles, 5 per la precisione. È qui che durante lo straordinario risveglio della natura in primavera, che si trasforma in una vera e propria attrazione di viaggio per i cittadini di tutto il mondo, che le serre reali aprono le porte per pochi giorni.

Ed è proprio questa parziale accessibilità a rendere questo microcosmo così speciale. La scelta di limitare le visite a un solo periodo all’anno è fatta proprio per mantenere inalterato il fragile equilibrio che caratterizza ogni specie vivente che ha trovato nelle Serre Reali di Laeken la sua casa.

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken

C’era una volta il giardino del re Re

Correva l’anno 1873 quando, l’architetto Alphonse Balat venne chiamato dal Re Leopoldo II per progettare un complesso di serre all’interno del castello di Laeken che doveva essere l’ultimo tassello della sua residenza belga. La richiesta era chiara, quella di creare un luogo straordinario destinato a incantare negli anni a venire. E così è stato fatto.

Le Serre Reali di Laeken, costruite secondo i dettami dell’Art Nouveau, si configurano come una piccola e grandiosa città di vetro incastonata in un panorama che lascia senza fiato. Padiglioni monumentali si alternano a cupole di vetro, ampi portici e vetrate dalle linee sinuose, che creano un paesaggio ondulato e fuori dall’ordinario.

Straordinarie all’esterno, incantate all’interno. Le serre di Bruxelles sono nate per ospitare la collezione privata delle piante del Re, e da quel giorno di tanti secoli fa non hanno mai smesso si assolvere questo dovere. Oltre alle collezioni antiche, che vivono ancora qui oggi, si aggiungono tutta una serie di esemplari rari e preziosi che provengono da ogni parte del mondo.

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken: cosa vedere e quando andare

Le Serre Reali di Laeken rappresentano davvero un unicum in tutto il mondo, non solo perché sono ospitate all’interno di un edificio che è diventato col tempo un gioiello dell’Art Nouveau, ma anche perché le collezioni di piante lo trasformano in una dele più grandi serre del mondo.

Una tappa imperdibile e imprescindibile in un viaggio a Bruxelles, dato che si trova solo a 5 chilometri dalla capitale, sia per le sue fattezze architettoniche che per la presenza di piante rare e uniche. C’è solo un momento dell’anno, però, in cui questi giardini delle meraviglie aprono le porte ai visitatori consentendo l’esplorazione di quell’immenso complesso che si snoda per oltre 3 ettari.

È qui, tra i padiglioni e i viali alberati, che troviamo le piante africane, le palme, le rose e le azalee nonché la più grande collezione di camelie. Alcune specie sono conservate nel giardino principale, quelle che invece richiedono in una manutenzione speciale sono protette nelle serre.

Sono tantissime, infatti, le cure che un’abile squadra di giardinieri dà alle piante ogni giorno, da anni, per preservare questo microcosmo naturale di bellezza. Un universo al quale possiamo accedere durante quel breve periodo di primavera. Tra aprile e maggio, infatti, le porte delle Le Serre Reali di Laeken si aprono a tutti. Ed è in quel momento che possiamo vedere avverarsi la magia.

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken

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Una delle meraviglie del mondo si trova in Georgia

Un luogo incredibile in un paesaggio quasi lunare ed ancestrale. Sul confine tra Georgia e Azerbaijan (e per questo molto conteso e al centro di lotte religiose e di appartenenza territoriale) si trova un sito di monasteri rupestri nel cuore del Caucaso.

Meta lontana dalle solite rotte turistiche, vale la pena di essere scoperta. Qui si trovano una quindicina di monasteri arroccati e letteralmente incastonati tra le rocce: decine di chiese, cappelle, cupole, pennacchi, e refettori costellano un vasto altipiano semidesertico tra le due ex repubbliche sovietiche.

Alla scoperta di Davit Gareja

Giunti sull’altipiano di Gareja, a circa 60-70 km a sud est della capitale georgiana Tiblisi, si iniziano a scorgere cappelle blu e pennacchi spuntare dalla sabbia e dalla pietra. Il complesso monastico ortodosso georgiano di Davit Gareja, infatti, si trova nella regione della Cachezia nella Georgia orientale, sulle pendici semidesertiche del monte Gareja.

Un luogo che per la sua bellezza quasi primitiva lascerà a bocca aperta i viaggiatori. Di alcuni edifici, chiese e cappellette in particolare, restano solo ruderi ancora visibili; due di questi monasteri, invece, sono abitati ancora oggi dai monaci georgiani, riconoscibili dal lungo saio nero. Il Monastero di Lavra, forse il più noto, si trova nella regione georgiana, ed è il più antico. Il complesso di Udabno, il secondo meglio conservato, si trova invece nel distretto di Agstafa in Azerbaigian.

Il Monastero di Lavra e i panorami da Natlismtsemeli

Non è semplice visitare tutti i monasteri del sito di Davit Gareja, perché sono disseminati in una vasta area che difficilmente viene perlustrata interamente dai turisti. Tuttavia sugli itinerari maggiormente frequentati c’è senza dubbio il più antico dei monasteri, ossia quello di Lavra. E’disposto
 su tre livelli, in una sorta di corte che include le grotte di Davit e del suo discepolo del Kakheti Lukiane, una chiesa rupestre del VI secolo chiamata Peristsvaleba, e la tomba di Davit. Sembra uscire dalla montagna, infatti per metà è chiuso sul fianco dalla roccia.

Poco distante da Lavra, percorrendo a fatica uno sterrato in salita, si giunge ad un altro monastero che si è difeso dallo scorrere del tempo senza essere cancellato del tutto. Si tratta del Monastero di Natlismtsemeli, anch’esso quasi un tutt’uno con il costone roccioso che sembra quasi inglobarlo. Da lontano ci si accorge della sua collocazione grazie una macchia di colore blu in mezzo ad infinite distese di sabbia. La sua piccola cupola color cobalto, infatti, svetta sul crinale e indica la direzione. Affreschi e dipinti sono stati rovinosamente portati via dalle intemperie e dall’incuria dell’essere umano, ma vale la pena comunque arrivare sino a qui perché il panorama è davvero da film.

Il Monastero di Udabno

Udabno è una ex cittadina sovietica dove ancora oggi vivono circa 200 famiglie e si trova il secondo monastero più famoso di Davit Gareja. Sulla collina che domina la località svetta il monastero di Udabno,
 che merita di essere segnato sulla road map per i mirabili affreschi che custodisce, tra cui quelli raffiguranti l’Ultima Cena, e san Davit e il discepolo Kakheti Lukiane circondati da cervi.

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La foresta incantata si tinge di blu: è magia

È una foresta incantata, quella di Hallerbos, che assomiglia proprio a quelle che abbiamo visto nelle fiabe. Ma questa è reale, come solo lei sa essere, anche se agli occhi appare magica, quasi finta, come se qualcuno l’avesse dipinta a suon di pennellate blu e viola.

In realtà, la foresta situata tra Zenne e Zonien, a pochi chilometri da Bruxelles, non porta la firma di nessun artista di prestigio, né è segnata dalla mano dell’uomo. A creare questo spettacolo di intensa meraviglia, che splende nella sua massima bellezza in primavera, è stata Madre Natura.

Nel periodo che va da aprile a maggio, infatti, le campanule in fiore che sbocciano ricoprono l’intera area boschiva tingendo la foresta di blu. Ed è allora che la magia ha inizio.

Foresta Blu di Halle

Foresta Blu di Halle

Benvenuti nella Foresta Blu

Ribattezzata Foresta Blu per quell’intensa e colorata distesa di fiori che sbocciano in primavera, Hallerbos è una foresta fitta e lussureggiante situata a poco più di mezz’ora dalla capitale del Belgio.

Si tratta di un vero e bosco magico che, durante questo periodo, fa sognare i cittadini del Paese e del mondo intero che si recano in questo luogo per osservare uno degli spettacoli più incredibili della natura.

Il bosco si estende su 552 ettari di terreno all’interno dei quali si snodano faggi, querce e aceri che con le loro chiome, tra le quali penetrano i raggi del sole che creano incredibili giochi di luci e ombre, svettano verso il cielo creando uno spettacolo di per sé meraviglioso.

Qui, in ogni stagione dell’anno, i cittadini si recano per lunghe passeggiate immergendosi completamente in un paesaggio naturale che, durante la stagione primaverile, diventa surreale. La fioritura delle campanule di Hallerbos, infatti, è celebre in tutto il mondo, perché è questa a colorare di mille sfumature, che vanno dal blu al viola, l’intera area boschiva.

La fioritura, attesa ogni anno, dura dalle tre alle quattro settimane. L’appuntamento è ad aprile.

Foresta Blu di Halle

Foresta Blu di Halle

Alla scoperta del bosco delle meraviglie

Situata tra le Fiandre e la Vallonia, la Foresta Blu di Halle è considerata una delle attrazioni naturalistiche più belle di tutto il Belgio, non è un caso che ogni anno cittadini e viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo si recano qui per ritrovare le energie e stabilire un contatto con la natura più autentica.

Il modo migliore per scoprire la foresta è quello di attraversarla, facendo lunghe passeggiate tra i sentieri e le stradine che si snodano nel bosco per ammirare la natura e i suoi abitanti. Non è raro, infatti, avvistare cervi e caprioli che fanno capolino tra gli alberi. Ma qui si può anche meditare, leggere o praticare lo straordinario bagno nella foresta per fare il pieno di energia e benessere.

Hallerbos è bella tutto l’anno e in ogni stagione, ma è in primavera che si trasforma in un bosco delle meraviglie che sembra essere uscito da un libro di fiabe. I colori della natura che conosciamo, infatti, lasciano spazio a tinte inedite e straordinarie che colorano tutto di blu e di viola. È merito delle campanule in fiore che sbocciano ad aprile regalando allo sguardo una visione fatata.

Foresta Blu di Halle

Foresta Blu di Halle

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È fiorita la nemophila blu: la collina Miharashi diventa un mare delle meraviglie

C’è qualcosa di estremamente meraviglioso che accade intorno a noi durante questi mesi. E non si tratta solo delle giornate che si allungano o del sole che diventa protagonista assoluto della nostra quotidianità con i suoi primi caldi raggi, ma di veri e propri spettacoli incantati che si manifestano in ogni dove.

Sono gli show messi in scena dalla natura che si risveglia, più bella e magica che mai, gli stessi che danno vita a vere e proprie migrazioni umane di viaggiatori che vanno alla scoperta degli angoli fioriti del globo. Distese infinite che si perdono all’orizzonte, boschi lussureggianti e colorati, tappeti che ricoprono pianure, colline e montagne, queste sono solo alcune delle destinazioni delle meraviglie da scoprire adesso.

E poi c’è la collina Miharashi che durante la primavera si trasforma. E, come per magia, diventa un mare blu grazie a una delle fioriture più spettacolari del mondo intero.

Hitachi Seaside Park: la fioritura delle meraviglie

Sono migliaia, anzi milioni, i semi di nemophila blu che vengono piantati su tutta la collina Miharashi nell’Hitachi Seaside Park e che esplodono in tripudio di mille sfumature di azzurro tra aprile e maggio.

Ci troviamo a Hitachinaka City, nella prefettura di Ibaraki in Giappone. È qui che un parco situato vicino alla spiaggia di Ajigaura, e che affaccia direttamente sull’Oceano Pacifico, mette in scena gli spettacoli più belli del mondo.

L’Hitachi Seaside Park si estende per 350 ettari all’interno dei quali si snodano fioriture di ogni genere che si alternano durante l’anno e che è possibile ammirare percorrendo strade e sentieri che si fanno spazio tra le colline. Il paesaggio, da qualsiasi prospettiva lo si guardi, appare surreale, fiabesco e unico.

In primavera inoltrata, e più precisamente tra aprile e maggio, il parco si trasforma in un palcoscenico delle meraviglie dove la natura è assoluta protagonista. Un mare di piccoli fiori blu si estende fino all’orizzonte, annullando i confini tra cielo e mare. Si tratta della nemophila blu, che viene seminata dagli addetti ai lavori durante la stagione autunnale, per poi sbocciare in questo periodo.

Ma i fiori blu, che si estendono sulla collina e la trasformano in un mare calmo e placido per settimane, non sono gli unici a fiorire nell’Hitachi Seaside Park, accanto a questi, infatti, ci sono le giunchiglie e i tulipani, e poi ancora i narcisi e cipressi estivi. Tutto il parco è un vero e proprio caleidoscopio di colori in ogni stagione.

Una tavolozza di colori accessibile tutto l’anno

Lo spettacolo della collina che diventa mare attira qui, in primavera, migliaia di visitatori provenienti da ogni parte del mondo. Eppure, quello della nemophila blu, non è l’unico spettacolo che incanta gli occhi dei viaggiatori.

L’Hitachi Seaside Park, infatti, è celebre per ospitare una miriade di cipressi estivi che tra settembre e ottobre si tingono di un rosso brillante che sembra accendere tutti i prati e le colline. E dopo l’azzurro e il rosso ecco apparire anche gli altri colori delle fioriture periodiche  che incantano e che trasformano il parco in un giardino delle meraviglie.

Situato a  poco più di 100 km da Tokyo, l’Hitachi Seaside Park è raggiungibile in treno o in autobus dalla città giapponese. Prima di organizzare un viaggio qui è possibile monitorare lo stato delle fioriture attraverso il sito web.

Hitachi Seaside Park

Hitachi Seaside Park