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Questo piccolo atollo remoto è il luogo da raggiungere per le tue vacanze

Esiste un posto, situato dall’altra parte del mondo, che incanta per le sue forme e per i suoi colori, per quella natura lussureggiante, autentica e primordiale che ha dipinto di meraviglia ogni centimetro di questo piccolo lembo di terra. Un vero e proprio paradiso terrestre, selvaggio e straordinario, dove la vita scorre lentamente e diversamente dai ritmi frenetici e caotici che scandiscono le nostre giornate.

Questo luogo sembra un sogno a occhi aperti, e invece è reale e per questo ancora più straordinario. Per scoprirlo dobbiamo volare verso le Isole Tuamotu, nella Polinesia Francese e nel cuore dell’Oceano Pacifico. È proprio qui che, incastonato nella più grande catena di atolli nel mondo, sorge Tikehau, una piccola isola remota che vi permetterà di vivere l’esperienza di viaggio più bella di una vita intera.

Tikehau: l’atollo selvaggio e paradisiaco nel cuore dell’oceano

Si chiama Tikehau, e tradotto letteralmente vuol dire “Atterraggio Pacifico”. Il nome fa riferimento al fatto che l’isola è da sempre considerata come uno dei luoghi più pescosi del pianeta. L’atollo, infatti, è un punto di riferimento per il mercato ittico di Papeete.

I motivi per raggiungere questo lembo di terra nell’Oceano Pacifico sono tantissimi, e tutti sono destinati a incantare. Del resto basta guardare le fotografie che lo ritraggono per intuirli tutti.

Tikehau è un vero e proprio paradiso terrestre, un eden selvaggio e solitario dove vivere e condividere esperienze all’insegna di pace, relax e bellezza. Tra spiagge di sabbia rosa, vegetazione rigogliosa e ricca fauna locale, questo microcosmo delle meraviglie è la destinazione perfetta per chiunque sente l’esigenza di staccare da tutto e da tutti e di allontanarsi dai ritmi caotici della città.

L’isola è situata a poco più di 300 chilometri da Tahiti ed è raggiungibile in volo sia da Papeete, in circa un’ora, che da Rangiroa, in appena 20 minuti. A Tikehau vivono appena 400 anime, per lo più pescatori, ma quelle bastano a far conoscere ai viaggiatori la vera essenza dell’isola, la sua anima.

Se avete in mente di organizzare un viaggio qui, il consiglio è quello di alloggiare all’interno delle guest house in stile tahitiano per perdersi e immergersi nei colori, nei profumi e nella quotidianità di quest’isola e vivere così un’esperienza genuina e autentica.

Una vacanza in un paradiso terrestre

Non ci sono traffico, smog e caos, sull’atollo di Tikehau, ma ci sono i colori, quelli utilizzati da Madre Natura per dipingere uno dei luoghi più belli del pianeta. C’è il blu dell’oceano però, caratterizzato da tante sfumature turchesi, che circonda tutto intorno questo lembo di terra. Ci sono gli squali pinna bianca, le tartarughe e le mante, quelle che hanno ali che superano i 3 metri e che sono soprannominate “Diavoli di mare”.

Ci sono poi diversi esemplari di volatili. Sono tantissime, infatti, le colonie di uccelli che si rifugiano sull’atollo di Tikehau e con il loro canto giornaliero creano la perfetta colonna sonora di una vacanza indimenticabile.

Ci sono il cielo e il mare che si riflettono uno dentro l’altro e che insieme si perdono all’orizzonte. E c’è la natura, rigogliosa e straordinaria, che si trasforma nella cornice ideale di un’esperienza di pace, calma e serenità che tutti ci meritiamo.

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Il miracolo della natura che fiorisce nel deserto più arido del mondo

Esistono alcuni luoghi nel mondo che sono così belli da non sembrare veri. Paesaggi che, con le loro forme, i lineamenti e i colori sembrano usciti dai più celebri libri di fiabe. E invece sono reali e straordinari, portano la firma di Madre Natura. È proprio lei che, come un abile pittore, dipinge in maniera sublime il mondo che abitiamo, trasformandolo nel palcoscenico di spettacoli mozzafiato che non si possono descrivere, ma solo vivere.

Indescrivibile, infatti, è la bellezza della fioritura nel deserto più arido del mondo. Proprio qui, in una delle zone più selvagge e inospitali del pianeta, ogni 3 o 4 anni accade un miracolo, e il territorio si tinge d’incanto.

Il miracolo di Atacama: quando fiorisce il deserto

Per ammirare quello che è il più grande e strabiliante show della natura, e toccarlo con mano, dobbiamo volare nel deserto di Atacama, nella zona costiera nord occidentale del Cile.

L’area, che si estende per circa 1600 chilometri, è considerata tra le più aride e inospitali della terra, motivo per il quale la fauna del territorio è limitata a pochissimi esemplari. Non c’è molto da fare o da vedere qui, se non perdersi e immergersi in panorami sconfinati e solitari che si estendono fino all’orizzonte a ogni ora del giorno e della notte.

Eppure è proprio qui, in questo paesaggio arido e desolato, che ogni 3 o 4 anni succede qualcosa di straordinario, un vero e proprio miracolo che lascia senza fiato. Quando, infatti, le precipitazioni superano i 15 mm le condizioni permettono alla natura di esplodere in tutta la sua bellezza.

Milioni di fiori colorati, caratterizzati da diverse e cangianti sfumature, trasformano il deserto in un tappeto multicolor che si perde all’orizzonte, e che incanta la vista e stordisce i sensi. Lo spettacolo è davvero unico.

Un tappeto di fiori colorati sboccia nel deserto più arido del mondo

Fonte: iStock

Un tappeto di fiori colorati sboccia nel deserto più arido del mondo

Quando ammirare il “Desierto florido”

La fioritura nel deserto, dicevamo, è tanto rara quanto affascinante e si verifica ogni 3 o 4 anni, o comunque quando ci sono le condizioni ottimali per permettere alle specie endemiche di sbocciare. Le zone più suggestive, quelle che presentano fioriture rigogliose e inaspettate, sono soprattutto quelle che coinvolgono le province Huasco e Freirina.

Il fenomeno, che è stato ribattezzato “desierto florido”, ha fatto sì che la zona si trasformasse in una vera e propria attrazione turistica che richiama viaggiatori, fotografi e amanti della natura. Come abbiamo detto però, per ammirare lo show è necessario che si verifichino determinate circostanze meteorologiche come il surriscaldamento delle correnti marine e l’aumento delle precipitazioni.

Sono tanti gli esemplari che qui trovano la vita quando questi due fenomeni si verificano. Si stima, infatti, che siano almeno 200 le specie endemiche a fiorire. La più grande fioritura di sempre si è verificata nel 2015 tra Caldera e Huasco. In quell’occasione, infatti, il mondo intero ha assistito a un fenomeno unico ed eccezionale, una doppia fioritura sbocciata in primavera e in autunno.

Il periodo migliore per avvistare questo miracolo della natura, invece, è quello che precede l’autunno. Le prime settimane di settembre, infatti, vedono la fioritura nel suo picco massimo. A volte, però, l’esplosione è così potente e intensa, che i fiori continuano a colorare il deserto anche fino al mese di dicembre.

Il miracolo del deserto fiorito, Atacama

Fonte: iStock

Il miracolo del deserto fiorito, Atacama
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Questa cupola non ha nulla da invidiare alla Cappella Sistina

Non tutti sanno che in Italia, tra i tanti primati,c’è anche quello della cupola ellittica più grande del mondo e si trova in Piemonte. Il Santuario di Vicoforte, dedicato alla Natività di Maria Santissima anche detto Santuario Regina Montis Regalis, è uno dei principali capolavori del Barocco piemontese e si trova in provincia di Cuneo. La cupola della Basilica è la più grande al mondo tra quelle di forma ellittica ed è la quinta, per dimensioni, dopo San Pietro in Vaticano, il Pantheon di Roma, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze e la cupola del Gol Gumbaz in India.

La storia della cupola da record

Le vicende che portarono alla sua costruzione risalgono alla fine del Quattrocento e trovano origine a partire da un pilone votivo che sorgeva in un bosco, di cui oggi non è rimasta più traccia, alla base delle colline di Vicoforte. La posa della prima pietra avvenne nel 1596.

La cupola del Santuario, una superficie di oltre 6.000 metri quadrati, è decorata con l’affresco a tema unico più esteso al mondo: l’affresco, attraverso il tipico modello della teologia per immagini, rappresenta alcuni momenti della vita di Maria e la sua assunzione in cielo.

Fin dalla sue origini, ricollegabili a un avvenimento ritenuto miracoloso, il Santuario fu grande centro di devozione e importante meta di pellegrinaggio tanto che, a fine Cinquecento, il Duca Carlo Emanuele I di Savoia individuò nella Basilica il luogo che avrebbe dovuto accogliere le tombe della casa regnante. Soltanto il Duca, però, è sepolto presso il Santuario di Vicoforte, i suoi eredi scelsero la Basilica di Superga.

Visitare la cupola

Si può visitare la cupola e ammirare gli affreschi percorrendo i camminamenti che la circondano. I percorsi organizzarti sono due, il percorso breve e il percorso di salita alla cupola.

Il percorso breve è il più semplice e dura un’ora circa; offre l’opportunità di godere di un suggestivo affaccio all’interno del Santuario, attraverso le balconate poste alla base della cupola, a circa 23 metri di altezza.

Il percorso di salita alla cupola dura due ore circa e consente di raggiungere la sommità dell’edificio godendo di un affaccio mozzafiato dall’alto del cupolino (bisogna salire ben 266 gradini) oltre che di ammirare i particolari dell’affresco da molto vicino. Poiché si raggiungono punti considerati pericolosi, lungo il percorso i visitatori sono accompagnati da una guida e da un addetto alla sicurezza. Prima di entrare nel cuore dell’opera d’arte, bisogna indossare un elmetto e un’imbragatura, previa simulazione a terra di alcuni passaggi del percorso, per familiarizzare con l’utilizzo dei dispositivi di sicurezza.

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In California esiste un angolo di paradiso ispirato al Giappone

Ogni viaggio, si sa, è destinato a regalare emozioni autentiche, uniche e straordinarie che passano per i luoghi che visitiamo e per le esperienze che viviamo, quelle che incantano la vista, riscaldano il cuore e inebriano i sensi. E anche quando crediamo di aver visto tutto di una determinata destinazione, questa torna a sorprenderci con nuove e inedite meraviglie.

Ed è quello che succede ai viaggiatori che giungono a San Francisco, nella città collinare situata a nord della California che affaccia sull’Oceano Pacifico. Proprio qui, tra il suggestivo Golden Gate Bridge, le colorate case vittoriane e i magnifici grattacieli, si trova un luogo incantato. Un’oasi naturalistica e inaspettata che evoca posti lontani.

Si tratta del Japanese Tea Garden, che non è solo il più antico giardino giapponese di tutti gli States, ma è anche un piccolo paradiso terrestre fatto di natura e bellezza che invita cittadini e viaggiatori a staccare da tutto e a scoprire le meraviglie che si ispirano al Giappone. Preparate le valigie, si parte!

Il giardino segreto nel cuore di San Francisco

San Francisco, dicevamo, è una di quelle destinazioni da visitare almeno una volta nella vita. Le cose da fare e da vedere qui sono tante, ma se è un’esperienza unica che volete vivere in città, per staccare da tutto e da tutti e per vivere momenti di autentica bellezza, allora il consiglio è quello di raggiungere il Japanese Tea Garden.

Come il nome stesso suggerisce, il Japanese Tea Garden è un giardino da tè giapponese che proprio alla cultura del Paese del Sol levante si ispira. Situato all’interno del Golden Gate Park, il più grande parco della città, questo luogo permette di fare un viaggio nel viaggio che invita a immergersi tra le bellezze del Giappone pur trovandosi dall’altra parte del mondo.

Le origini del Japanese Tea Garden risalgono al 1894 quando, in occasione della California Midwinter International Exposition, fu creato questo piccolo angolo naturalistico di circa un acro. Al termine della mostra, però, l’architetto paesaggista Makoto Hagiwara fu incaricato di creare un giardino nipponico permanente. Così è nato il Japanese Tea Garden che oggi si snoda su una superficie di oltre due ettari e che è il più antico giardino giapponese degli Stati Uniti d’America.

Japanese Tea Garden, un angolo di Giappone a San Francisco

Fonte: 123rf

Japanese Tea Garden, un angolo di Giappone a San Francisco

Il giardino giapponese in California

Visitare un giardino del tè giapponese è un’esperienza che tutti dovremmo fare almeno una volta nella vita. All’interno di questi luoghi, dove si respira bellezza, pace e silenzio, si ha come la sensazione di perdersi e immergersi all’interno di un dipinto fatto di colori meravigliosi e profumi inebrianti. Una sensazione che si può vivere anche durante un viaggio a San Francisco visitando gli interni del Golden Gate Park.

Una volta arrivati nel giardino nipponico, il paesaggio intorno si trasforma. Appaiono così laghetti, ponti, un tempio buddista e una sala da te, incorniciati da una natura lussureggiante caratterizzata da specie endemiche ordinate sistematicamente.

Passeggiare tra le stradine verdeggianti del giardino, e perdersi in queste, permette ai viaggiatori di lasciarsi alle spalle il caos della città e di godersi un’esperienza autentica all’insegna della bellezza e della natura. Ma non è tutto perché all’interno del Japanese Tea Garden è possibile anche partecipare alla caratteristica cerimonia del tè giapponese all’interno della Tea House.

Japanese Tea Garden, un angolo di Giappone a San Francisco

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Japanese Tea Garden, un angolo di Giappone a San Francisco
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La cascata che si getta nel mare è tra i segreti più belli d’Italia

L’Italia è un luogo meraviglioso che affascina e sorprende da tempi immemori viaggiatori e persone provenienti da ogni parte del mondo. Lo fa con il suo immenso patrimonio storico, culturale e naturalistico, con la sua bellissima a costa, bagnata dal Mediterraneo e illuminata dal sole, con le città, quelle grandi che conservano i resti di un passato che non si può dimenticare, con le metropoli e poi, ancora, con i borghi e le isole.

Le cose da fare e da vedere nel nostro Paese sono tantissime, e anche quando crediamo di aver visto tutto, in realtà, lui torna a sorprenderci e a incantarci con i suoi segreti. E oggi è proprio di una bellezza nostrana che vogliamo parlarvi, di un luogo nascosto e affascinante, e ancora poco conosciuto dai turisti, dove la natura ha creato uno dei suoi più grandiosi capolavori. Si tratta di una cascata che si getta nel mare e che regala una delle visioni più belle del mondo.

Un segreto custodito in terra sarda

Per scoprire questo luogo ancora poco conosciuto, ma estremamente affascinante, dobbiamo recarci in Sardegna, la meravigliosa isola italiana che è diventata meta imprescindibile di viaggiatori e turisti che giungono nello Stivale ogni giorno. Proprio qui, tra spiagge di sabbia bianca che si alternano a coste selvagge e a un entroterra aspro e frastagliato, si apre una visione da sogno: una cascata bianca che si getta dentro il mare.

Per ammirare questo paesaggio così inedito e incredibile dobbiamo recarci a Cuglieri, in provincia di Oristano, proprio dove si estende la regione storica del Montiferru che prende il nome dal massiccio di origine vulcanica che caratterizza l’intero territorio. Tra altipiani verdeggianti, boschi lussureggianti e fiumi, appare all’improvviso un corso d’acqua che attraversa la terra e che si lancia nel vuoto fino a fondersi col mare.

Si tratta della cascata di Cabu Nieddu, che nasce dall’incontro di un corso d’acqua, il rio Salighes, e la costa. Il fiume, infatti, attraversa il magnifico scenario del Montiferru fino ad arrivare all’altopiano di Campeda. La sua corsa finisce proprio sulla scogliera dalla quale si getta a picco creando uno scenario unico al mondo. Il più bello della Sardegna e dell’Italia intera.

La cascata che si getta nel mare: una visione mozzafiato

È uno scenario unico, affascinante e straordinario, quello che si apre davanti agli avventurieri che giungono fin qui, e che non si può descrivere ma solo vivere. Quello messo in scena dalla natura, in questa zona della Sardegna, è uno spettacolo incredibile e raro. Sono poche, infatti, le cascate che si gettano nel mare, in Italia e nel resto del mondo. Eppure Cabu Nieddu lo fa, regalando ai cittadini e ai viaggiatori uno show di immensa bellezza.

La cascata, situata tra la baia de s’Archittu e la marina di Tresnuraghes, compie un salto di circa quaranta metri, potente e selvaggio, fino a fondersi con le acque che bagnano il territorio, creando un paesaggio idilliaco.

Il periodo migliore per godersi lo spettacolo è quello che va tra i mesi di novembre e marzo. Le piogge invernali, infatti, riempiono il corso d’acqua regalando così una caduta abbondante, maestosa e impressionante.

È possibile ammirare la cascata di Cabu Nieddu dal mare, navigando la costa in barca, oppure optare per una delle tante escursioni via terra che permettono di raggiungere i punti più strategici per l’osservazione.

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Molto più di una “collina scoscesa”: questa è la strada più ripida d’Europa

Viaggiare vuol dire scoprire paesaggi e posti incantevoli, alcuni facili da raggiungere altri difficili. In quest’ultimo caso la fatica e le difficoltà vengono puntualmente ripagate da uno spettacolo mozzafiato e da una vista che rimane impressa nella nostra mente e nel nostro cuore. D’altronde le strade difficili da scalare non esistono solo metaforicamente ma anche realmente e l’esempio perfetto in questo senso è la Hardknott Pass, una strada tortuosa e a un’unica corsia che taglia a metà il Lake District, una regione montuosa e un parco nazionale della Cumbria a nord-ovest dell’Inghilterra. Certo attraversarla non è semplice, ma l’esperienza intensa e la bellezza della natura che la circondano ne valgono sicuramente la pena almeno una volta nella vita.

Una strada ripida ma dai paesaggi incantevoli

Dolci e verdi pendii circondati della vegetazione: l’Inghilterra non è solo questo! Hardknott Pass, infatti è una delle strade più ripide del mondo e dell’Inghilterra stessa, tanto da contendersi il primato nel Regno Unito con Rosedale Chimney Bank, nel North Yorkshire. La strada con la sua pendenza che arriva fino al 33% prende il nome da “Hard Knott”, che significa letteralmente “dura collina scoscesa”. Una definizione che la rispecchia in pieno perché il percorso è formato da una serie di tornanti che mettono a dura prova le abilità dei guidatori. In effetti non è raro che ci si trovi alle prese con una visibilità ridotta a causa delle curve molto strette che caratterizzano il sentiero.

Hardknott Pass in Inghilterra

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Uno scorcio della Hardknott Pass

Una strada impervia, ma senza dubbio affascinante che non attira l’interesse solo degli automobilisti, ma anche degli appassionati delle due ruote, che si tratti di motociclisti o ciclisti. Sono in molti a decidere di salire in sella per essere puntualmente ripagati della fatica ammirando monumenti spettacolari come l’Hardknott Roman Fort, un sito archeologico che risale all’epoca romana. Tra le meraviglie del parco nazionale in cui si trova Hardknott Pass, tra una curva e l’altra, si arriva in cima e si rimane folgorati dalla vista che si staglia davanti agli occhi. Una volta raggiunta la vetta (che si trova a quasi 400 metri), si può ammirare nei giorni sereni l’incantevole Isola di Man.

Un percorso che affascina fin dai tempi degli antichi romani

Hardknott Pass con la sua salita che dura pochi ma intensi chilometri, forse non proprio per le sue altitudini, ma per la straordinaria pendenza, era già nota ai romani con il nome di Decima Strada. Considerata uno degli avamposti più solitari dell’Impero Romano, i sudditi dell’imperatore l’avevano costruita per collegare le terme di Ravenglass ai presidi di Ambleside e Kendal. Caduta in rovina dopo l’abbandono dei romani della Gran Bretagna, da quel momento la strada è stata utilizzata per il trasporto di merci con i carri e gli animali da traino.

Resti del forte romano a Hardknott Pass

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I resti del forte romano a Hardknott Pass

Nonostante il trascorrere dei secoli, il fatto che sia rimasta inaccessibile è diventato il suo punto di forza. Hardknott Pass infatti è la meta prediletta da chi vuole misurarsi con le sue abilità e i suoi limiti in quello che è un piccolo scorcio d’Inghilterra in cui il tempo sembra essersi fermato.

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Sembra un quadro, ma il paesaggio è stato dipinto da Madre Natura

Esistono dei luoghi che sono così belli da non sembrare reali. Posti che si aprono davanti allo sguardo incredulo degli avventurieri che osano spingersi fino ai confini del mondo e che incantano per la loro immensa bellezza, che non si possono descrivere, ma solo vivere.

E oggi è proprio di un posto così che vogliamo parlarvi, di un capolavoro naturalistico che non conosce uguali. Di un paesaggio che sembra un quadro, ma che in realtà è stato dipinto da Madre Natura. Benvenuti a Landmannalaugar.

Landmannalaugar, il paradiso naturale dei colori

Il nostro viaggio di oggi ci conduce al cospetto di un territorio incontaminato e sconfinato che da sempre popola le travel wish list di tutti gli avventurieri del mondo. Stiamo parlando dell’Islanda, quell’isola caratterizzata da paesaggi che lasciano senza fiato, che inebriano la vista e stordiscono i sensi. Vulcani, geyser, terme e campi di lava si alternano a parchi nazionali e imponenti ghiacciai creando visioni di immensa bellezza.

Ed è proprio dentro una visione, surreale e mozzafiato, che oggi vogliamo portarvi. Un territorio montuoso situato nel sud dell’isola, e nei pressi del vulcano Hekla, caratterizzato da formazioni geologiche uniche che per forme, lineamenti e colori restituiscono la sensazione di trovarti davanti a un capolavoro d’arte.

Ci troviamo a Landmannalaugar, all’interno della Fjallabak Nature Reserve, la riserva dei meravigliosi altopiani islandesi che è diventata meta imprescindibile di tutti i viaggiatori che arrivano nel Paese, e il motivo è facilmente intuibile. Qui, infatti, su ampie distese di lava che si alternano a sorgenti di acqua calda, si snodano tutta una serie di montagne di riolite multicolor che creano uno scenario davvero unico al mondo. Sembra di trovarsi davanti a un quadro, ma in realtà questo paesaggio è stato dipinto da Madre Natura, ed è bellissimo.

Landmannalaugar, paradiso terrestre e colorato in Islanda

Fonte: 123rf

Landmannalaugar, paradiso terrestre e colorato in Islanda

Il quadro islandese dipinto da Madre Natura

Partendo da Hella, la cittadina islandese celebre per gli avvistamenti dell’aurora boreale, è possibile raggiungere Landmannalaugar in automobile, percorrendo la pista F26, o in autobus. Arrivati qui i viaggiatori possono ammirare quello che è uno dei più grandi e spettacolari capolavori visivi della natura.

Le montagne di riolite che si snodano sull’altopiano lavico di Laugahraun, infatti, sono caratterizzate da tinte e sfumature incredibili che brillano al sole e si infiammano al tramonto. Sono rosse e arancioni, azzurre, verdi e gialle, sono spettacolari e creano un paesaggio multicolor che sembra essere stato creato dalle pennellate di un pittore.

Nel Landmannalaugar è presente un centro assistenza, aperto solo durante il periodo estivo, e un rifugio che può ospitare fino a un massimo di 78 persone, e che si configura come il punto di partenza perfetto per andare alla scoperta di tutte i paesaggi sconfinati e incantati che si snodano nelle Highlands islandesi.

Una volta arrivati fin qui il consiglio è quello di immergersi in questo quadro e di esplorarlo seguendo uno dei numerosi itinerari escursionistici che conducono alla scoperta degli altopiani dell’Islanda. Fermatevi a osservare il paesaggio e tutti i suoi scorci: da qui la vista è mozzafiato.

Landmannalaugar, il paesaggio dipinto da Madre Natura

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Landmannalaugar, il paesaggio dipinto da Madre Natura

 

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Dormire tra le onde dell’oceano nell’hotel più piccolo del mondo

Le esperienze di viaggio, quelle uniche, straordinarie e indelebili, passano anche per gli alloggi. Stanze, strutture ricettive e case da affittare, infatti, non sono più soltanto i luoghi del riposo e del ristoro, ma veri e propri elementi caratterizzanti dell’intera avventura.

Lo abbiamo imparato alloggiando nelle case sugli alberi, nei glamping di lusso e nelle baite immerse nella natura. E poi, ancora, in tutte quelle strutture ricettive stravaganti, bizzarre e spettacolari. E oggi è proprio in uno di questi luoghi che vogliamo portarvi, una struttura solitaria e selvaggia che permette di dormire tra le onde dell’oceano e che è entrata nel Guinness World Records come l’hotel più piccolo del mondo. Pronti a vivere un’esperienza mozzafiato?

Dormire alle Canarie, nell’hotel più piccolo del mondo

Per vivere questa avventura al di fuori dall’ordinario dobbiamo recarci in uno dei posti più suggestivi e affascinanti del mondo. Stiamo parlando di El Hierro, la piccola e selvaggia isola delle Canarie. Organizzare un viaggio qui, in qualsiasi periodo dell’anno e in ogni stagione, è sempre un’ottima idea. Ad attendere i viaggiatori, infatti, ci sono paesaggi di una bellezza indescrivibile.

Scogliere frastagliate a strapiombo sul mare, paesaggi vulcanici e boschi di pini, piscine naturali e spiagge dorate bagnate dalle acque turchesi e cristalline dell’oceano, un patrimonio naturalistico immenso, quello che appartiene a quest’isola, che fa di El Hierro un vero e proprio paradiso terrestre tutto da scoprire.

E se tutto questo non dovesse bastarvi, sappiate che potete rendere ancora più straordinario il vostro viaggio a El Hierro alloggiando in un hotel davvero speciale. Non uno qualunque, ma quello entrato nel Guinness World Record come l’hotel più piccolo del mondo. Una struttura ricettiva solitaria e selvaggia posta in una posizione privilegiata che permette di dormire tra le onde dell’oceano. Trascorrere la notte qui, questo è chiaro, è un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita.

Dormire tra le onde dell’oceano

Ci troviamo al cospetto dell’Hotel Puntagrande, una struttura ricettiva adagiata su una lingua di roccia che si fonde con l’oceano selvaggio. L’edificio, dichiarato dal Governo dell’arcipelago spagnolo come bene di interesse culturale, ha una storia antichissima e affascinante.

Situata a La Frontera, nell’isola di El Hierro, la struttura è stata costruita nel 1830. Si trattava di una casa di circa 40 metri quadri, la prima e l’unica in questa zona dell’isola, che poi è stata ampliata e trasformata in un hotel a due piani, una delle strutture ricettive più esclusive e suggestive delle Isole Canarie e del mondo intero.

L’hotel in questi anni ha catturato l’attenzione di migliaia di viaggiatori, non solo per essere entrato nel Guinnes dei primati come l’hotel più piccolo del mondo nel 1989, ma anche per la sua posizione privilegiata e completamente immersa in uno dei paesaggi più spettacoli dell’isola.

L’hotel più piccolo del mondo è dotato di 5 stanze, 3 camere e una suite, costruite in pietra lavica e tutte affacciate direttamente sull’Oceano Atlantico, lontano da ogni insediamento urbano e industriale. Alloggiare qui, e risvegliarsi con il suono delle onde dell’oceano è un’esperienza unica, fatta di natura, bellezza e libertà.

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I segreti nascosti dietro la Piramide Nera d’Egitto

Costruita dopo le piramidi di Giza, questa è però la più misteriosa d’Egitto. La Piramide di Amenemhat III, un Faraone appartenente XII dinastia egizia, meglio conosciuta come “Piramide Nera”, è un intricato labirinto che ancora oggi nasconde dei segreti.

Si trova all’interno della necropoli di Dahshur, uno dei siti archeologici più importanti dell’antichità, che comprende anche sepolture di nobili e un villaggio di operai nella zona di Saqqara, a una ventina di chilometri a Sud rispetto alle piramidi di Giza e al Cairo. Intitolata al sovrano Amenemhat detto “il potente”, è chiamata “Piramide Nera” per via della presenza di basalto nel nucleo molto scuro e al pyramidion in diorite grigia. Un reperto di pyramidion è conservato nel Museo egizio del Cairo e, secondo gli esperti, potrebbe svelare alcuni misteri, a partire dal materiale con cui è stato forgiato.

Cos’è il pyramidion

Il pyramidion è la particolare cuspide piramidale monolitica che rappresentava l’apice delle antiche piramidi e di molti obelischi egizi. Secondo gli storici, questo elemento architettonico rappresentava la pietra sacra chiamata “benben”. Nella mitologia egizia, era la collina emersa dall’oceano primordiale. Su questa collina il creatore Atum generò se stesso e la prima coppia divina di Shu e Tefnut. La sua forma era piramidale, ecco perché i principali edifici religiosi dell’antico Egitto hanno questo aspetto. Fra tutti i pyramidion che sono rimasti, il più particolare è proprio quello della piramide di Amenemhat III.

Gli antichi egizi vengono dallo spazio?

Torna quindi l’antica credenza secondo cui gli antichi egizi potrebbero essere arrivati dallo spazio. Ecco la teoria. I primi egittologi non riuscivano a comprendere di quale materiale fosse composto il pyramidion. L’aspetto di questo materiale e la sua resistenza ricordano il ferro, che però a quei tempi non era ancora conosciuto.

È stato quindi ipotizzato che questa pietra nera e lucida potesse essere giunta sulla Terra dallo spazio sotto forma di meteorite. Ecco perché si parla di una pietra spaziale, posta dagli antichi egizi in cima alla piramide come fosse un’antenna che serviva per comunicare con gli alieni.

Cos’hanno scoperto gli esperti

Gli studiosi hanno poi scoperto che i pyramidion, quasi tutti costruiti durante l’Antico Regno, erano ottenuti da materiali rari, come la diorite o il nero basalto. Con il loro colore scuro dovevano creare un contrasto con il bianco del calcare che rivestiva le piramidi. Durante il Medio Regno, gli egizi cominciarono a usare il granito e ad aggiungervi iscrizioni geroglifiche. Il pyramidon di Amenemhat III proveniente dalla piramide di Dahshur, decorato con geroglifici, non è dunque fatto con una pietra proveniente dallo spazio, ma è di granito scuro.

Perché si chiama “Piramide Nera”

Ci sono due ragioni per cui la piramide di Amenemhat III è detta “Piramide Nera”. La prima, come anticipato, è per via della presenza di basalto nel nucleo molto scuro e al pyramidion in diorite grigia. Ma c’è anche un altro motivo. L’appellativo si deve anche al suo aspetto attuale, grigio e semi distrutto. La piramide, infatti, oggi appare come un cumulo di macerie.

Una rivoluzione epocale

Ma questa piramide ha una grande importanza in quanto rappresenta un passaggio epocale nell’evoluzione architettonica delle piramidi, passando dal modello “a gradoni” a quello dalle linee classiche. E non è tutto. Fu anche la prima a ospitare sia il Faraone defunto sia le sue regine (il labirinto interno pare servisse proprio al re per raggiungere le stanze delle mogli). Infine, era quella ad avere uno dei pyramidion più belli dell’arte egizia.

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Il mistero dei volti apparsi in villaggio dell’Andalusia

C’è un piccolo borgo dell’Andalusia che attira molti curiosi e appassionati di fenomeni paranormali per un fatto straordinario accaduto negli Anni ’70. È il villaggio di Bélmez de la Moraleda, a un’ora di auto da Granada, nel Sud della Spagna.

L’apparizione dei Volti di Bélmez

Qui, una certa María Gómez Cámara, vide improvvisamente apparire sul pavimento di casa un volto. Nonostante cercasse di lavare via l’immagine, questa non si cancellava. Nonostante avesse provato a picconare il pavimento e a cementarlo di nuovo per rimuovere l’immagine questa tornava ancora.

Avvertite le autorità locali, si scoprì che sotto il pavimento, proprio nel punto in cui era apparso il volto, erano celate delle ossa umane. In effetti, dove sorgeva l’abitazione della famiglia Gómez Cámara un tempo si trovava un cimitero di epoca romana. Peccato che, secondo studi condotti in seguito, le ossa non fossero di epoca romana ma molto più recente, intorno al XIII secolo. Quando altri volti apparvero in alte stanze della casa, alcuni addirittura nella mansarda, quindi non a contatto con la terra, il caso fece il giro della Spagna, divenendo il più straordinario fenomeno paranormale di tutta la Spagna, ma anche d’Europa e poi del mondo.

Fu così che molti curiosi e soprattutto appassionati di turismo esoterico iniziarono a recarsi nel paesino andaluso apposta per vedere i visi apparsi sul pavimento e studiare il fenomeno di quelli che divennero famosi come i Volti di Bélmez. Nei fine settimana, folle di pellegrini si addensavano fuori dalla casa, arrivando a picchi di 20mila persone, un numero enorme per un paese di soli 2mila abitanti.

Il significato

Molti sono stati gli studiosi che hanno visitato e analizzato questi volti e che hanno dato diverse spiegazioni. Veri e propri “ghostbuster” in versione spagnola. Secondo alcuni si tratterebbe di una frode, ma sono in tanti a ritenere che si tratti di un fenomeno paranormale, visto che dopo decenni queste figure continuano ad apparire. Provarono addirittura a tenere chiusa una stanza per tre mesi e quando la riaprirono trovarono ben 17 nuovi volti.

Quando nel 2004 la signora maria morì, comparvero dei volti anche in un’altra casa, quella dove la donna nacque, benché continuassero a esserci anche in quella dove aveva vissuto. Questo fece sì che alcuni parapsicologi sostenessero che i volti venivano creati dal subconscio di Maria, un fenomeno chiamato “teleplastia” ovvero la capacità di materializzare involontariamente immagini. Questi volti, quindi, avevano e hanno un forte legame con la signora Maria Gómez Cámara che sarebbe stata, a sua insaputa, un medium capace di attivare il fenomeno dei volti nei luoghi dove ha vissuto.

Turismo del paranormale

Il mistero dei Volti di Bélmez che dapprima aveva creato grande scompiglio nel paese e tra le autorità locali e quelle religiose – oltre che nella vita di Maria Gómez e della sua famiglia – ha cambiato una volta per tutte anche le sorti del piccolo paese dell’Andalusia che da Bélmez de la Moraleda è diventato “il paese dei volti”, in spagnolo “Caras de Bélmez”.

Chi desidera avventurarsi nel paese dei volti trova facilmente le indicazioni per raggiungere la “Casa dei volti“, al numero 5 di calle Rodriguez Acosta, una classica casa spagnola intonacata di bianco e con gli infissi gialli, e la “Nuova casa dei volti”, al numero 2 della stessa via, visto che gli indirizzi sono due. Nella seconda casa è stato allestito un piccolo museo, il Centro de Interpretación de Las Caras de Bélmez che racconta la storia delle apparizioni.