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La cupola barocca più bella del mondo è in Italia, e celebra l’infinito

Simboli, giochi di luce, meraviglia: lascia senza fiato la cupola barocca più bella del mondo. Per ammirarla non si deve andare troppo lontano: infatti si trova in Italia e celebra l’infinito.

Siamo a Torino, nella centralissima piazza Castello. Lì si affaccia la chiesa di San Lorenzo, nota anche come Real chiesa di San Lorenzo. E basta varcare le sue porte per lasciarsi stupire da una struttura che è una vera e propria opera d’arte. A realizzarla è stato l’architetto Guarino Guarini, i lavori sono iniziati nel 1668 per concludersi a maggio del 1680.

Al suo interno si possono ammirare marmi policromi, opere d’arte e poi la cupola in tutta la sua maestosità e i suoi enigmi.

La cupola barocca di Guarini a Torino

Tra marmi colorati, cappelle e opere d’arte, la Real chiesa di San Lorenzo a Torino è una delle mete da non perdere se si programma una visita alla città. Ricca di bellezza, tra i suoi elementi più preziosi ha la cupola barocca che la sovrasta.

La struttura presenta diverse particolarità, tra queste quella di avere un’altezza indefinibile perché l’occhio non riesce a coglierne la lontananza. Inoltre, è posta sopra quattro grandi finestre e altrettanti archi. Sono invece otto quelli che compongono la cupola barocca, con altrettante finestre ovali dalle quali penetra la luce. Un gioco di ombre e di luce che è davvero suggestivo e che valorizza il grande lavoro svolto dall’architetto Guarino Guarini per realizzare questo edificio religioso.

E poi i simboli: il numero otto significa infinito e, oltre alla cupola Barocca, lo si ritrova, ad esempio, nella stella a otto punte che campeggia sul pavimento. E poi ancora la luce, che si fa via via più potente salendo con lo sguardo, penetrando all’interno dell’edificio grazie alle finestre.

La cupola è alta circa 55 metri, misurati da terra e fino al suo colmo, ed è senza dubbio una delle più belle al mondo in stile barocco.

La Real chiesa di San Lorenzo, perché è stata realizzata e cosa vedere al suo interno

La storia che ha portato alla realizzazione della Real chiesa di San Lorenzo a Torino è strettamente collegata con quella del mondo dell’epoca. Bisogna, però, fare un ulteriore salto indietro nel tempo rispetto a quando è stata realizzata. A circa cento anni prima e alla vittoria della battaglia di San Quintino da parte di Emanuele Filiberto I del Ducato di Savoia e Filippo II di Spagna, suo cugino. Era il 10 agosto del 1557 e i due decisero di far costruire una chiesa dedicata a San Lorenzo.

Così, a circa 50 chilometri da Madrid, il re spagnolo fece innalzare un monastero, mentre il Duca decise di far restaurare una cappella a nome del santo, che ancora oggi è presente all’ingresso. Nel 1634, poi, iniziarono i lavori di ampliamento, ma la chiesa attuale è stata in gran parte progettata da Guarino Guarini. I lavori sono stati molto lunghi, durati dal 1668 al 1680, e si sono conclusi con la consacrazione e l’inaugurazione.

All’interno della chiesa ci sono tantissime opere da ammirare: da altari, a dipinti, fino alle statue. Senza dimenticare la suggestione dei marmi policromi. E affreschi nascosti che si possono ammirare solo a mezzogiorno e in concomitanza con gli equinozi, uno di questi è quello di Dio Padre benedicente nella cappella dell’Immacolata.

La chiesa si trova nella centralissima piazza Castello di Torino e, a guardarla da fuori, non sembra nemmeno un edificio religioso. La meraviglia colpisce quando si varcano le sue porte. Infatti un’altra delle sue particolarità è quella di essere priva di una facciata decorata, anche se Guarini l’ha progettata.

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Laghi di Avigliana, incanto del Piemonte

Immergersi nella natura più autentica senza allontanarsi troppo dalla grande città non è un sogno se stiamo parlando di Torino: a una mezz’oretta d’auto, infatti, si apre l’incantevole scenario del Parco dei Laghi di Avigliana, nato nel 1980, dove i due specchi d’acqua dolce si estendono ai piedi della suggestiva città medievale vegliati dal Castello.

Un’oasi perfetta per una gita fuori porta, dove staccare dalla routine e compiere piacevoli passeggiate in un contesto paesaggistico superlativo.

Al cospetto del Lago Grande e del Lago Piccolo

I Laghi di Avigliana vantano un’origine davvero antica: hanno, infatti, visto la luce durante le due ultime glaciazioni avvenute nella Preistoria e oggi sono il fulcro del Parco, scrigno di biodiversità e meta ambita per il birdwatching.

Suddivisi da un istmo, sono il Lago Grande e il Lago Piccolo sulla base della loro estensione: il Lago Grande ha una superficie che supera i 90 ettari ed è uno dei sette laghi balneabili del Piemonte dove poter praticare tutti gli sport acquatici, noleggiare pedalò, kayak e piccole imbarcazioni mentre il Lago Piccolo, che è situato più in alto, ha una profondità di 12 metri ed è abbracciato da canneti, boschi, prati e zone paludose, proprio com’era in origine.

Incantano in ogni stagione ma la primavera è il periodo migliore per godersi qualche ora di sole o un picnic sulle spiagge: in particolare, al Lago Grande troviamo la spiaggia libera Baia Grande, con tavoli in legno, bagni e fontanella mentre al Lago Piccolo la raccolta spiaggia di fronte al locale La Zanzara.

Non mancano poi locali nei dintorni dove pranzare con una vista invidiabile.

Lo splendido Giro dei Due Laghi

lago grande avigliana

Fonte: iStock

Lago Grande Avigliana

Oltre a rilassarsi sulle sponde e fare il pieno di natura, non potete perdere il Giro dei Due Laghi, adatto a tutti, con panorami da favola tutto l’anno nel cuore della natura incontaminata: basti pensare che da qui si riesce ad ammirare anche la Sacra di San Michele, affascinante complesso religioso sulla cima del Monte Pirchiriano.

Si tratta di una piacevole e rigenerante camminata che si può iniziare da ogni angolo del parco e che porta alla scoperta di svariati e interessanti ambienti naturali, tra cui prati, boschi e paludi, dove dimorano numerose specie di uccelli acquatici come germani reali, aironi e svassi.

Inoltre, le acque pullulano di lucci, pesci gatti, cavedani, carpe, trote, tinche e altri esemplari lacustri.

Potete scegliere se percorrere soltanto uno dei due laghi oppure unire gli itinerari in uno solo per un totale di 8 chilometri.

Il giro del Lago Grande parte dai campi sportivi, entra nel Parco e fiancheggia la sponda ovest fino ad attraversare una strada carrozzabile per poi arrivare alla sponda est dove si trovano alcune passerelle in legno che galleggiano a filo d’acqua.

Il Lago Piccolo, invece, seppur non balneabile è quello che riserva il paesaggio naturale più autentico, ottimo da esplorare a piedi, a cavallo o in mountain bike per scorgere la fauna e la flora selvatiche.

Ma non soltanto: è la casa dei germani, delle folaghe, dei cormorani, degli aironi cinerini e dello svasso maggiore.

Come arrivare al Parco dei Laghi

Il parco si può raggiungere comodamente con il treno, scendendo alla stazione di Avigliana e camminando per un chilometro e mezzo fino ad arrivare al Lago Grande.

Chi si sposta in auto, in mezz’ora può arrivare sia via autostrada sia seguendo le strade statali: il parcheggio per il Lago Grande si trova presso il centro sportivo mentre per il Lago Piccolo all’incrocio con Strada San Bartolomeo.

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Bandiere Verdi 2023: Piemonte regione più green d’Italia

Come ogni anno, Legambiente ha assegnato le Bandiere Verdi alle località d’Italia che si sono distinte per aver risposto meglio alla crisi climatica e allo spopolamento. Sono 19 quest’anno le zone premiate per la loro sostenibilità ambientale.

Il primato va alla regione Piemonte, che ha ottenuto cinque Bandiere Verdi, confermandosi così Regione più green d’Italia, seguita dal Friuli-Venezia Giulia con quattro Bandiere, Veneto con tre, Lombardia e Valle d’Aosta rispettivamente con due bandiere, Alto Adige, Liguria e Trentino con una Bandiera Verde.

Vediamo nel dettaglio le località premiate nel 2023.

Piemonte, Regione più green d’Italia

Nel Piemonte sono stati tre i Comuni che hanno ottenuto la Bandiera Verde: Balme, in provincia di Torino, premiato per aver preservato il paesaggio tradizionale e per aver adottato una politica per contrastare l’utilizzo di mezzo a motore da parte dei turisti; Caraglio, in provincia di Cuneo, per il recupero di un’area degradata; Valdieri, sempre nel cuneese, per la valorizzazione del vallone del Valasco.

Due Bandiere Verdi sono invece state date a due associazioni piemontesi, quella per l’Ecomuseo Valle Elvo e Serra Sordevolo di Biella, per il recupero delle tradizioni montane, e ad Alpstream – Centro internazionale per lo studio dei fiumi alpini di Ostana (Cuneo) premiato per le ricerche svolte sui fiumi alpini.

Le Bandiere Verdi del Friuli-Venezia Giulia

Tre le Bandiere Verdi assegnate alla regione Friuli-Venezia Giulia. L’ha ricevuta il Comune di Preone, in provincia di Udine, per un progetto incentrato sul turismo slow e sulla valorizzazione delle peculiarità naturali del territorio.

Sempre vicino a Udine è stato premiato Venzone, per il contributo decisivo dato alla esemplare ricostruzione del centro storico del suo Duomo trecentesco, straordinaria testimonianza di impegno, competenza e passione in difesa dei beni culturali e artistici. E infine è stata premiata la famiglia Ivan Provenzale di Val Tramontina, in provincia di Pordenone, per le scelte operate di vivere in un borgo disabitato nelle terre alte, promuovendo esperienze di comunità improntate a co-progettare un futuro conviviale e sostenibile.

Le Bandiere Verdi del Veneto

Tre le Bandiere Verdi assegnate alla regione Veneto. Una è andata al Comune di Fonzaso, in provincia di Belluno, per i progetti culturali e sociali sviluppati, frutto di un processo di rigenerazione di un opificio con lo scopo di contrastare lo spopolamento in corso e la dispersione dei giovani dalle vallate e dalle montagne feltrine e bellunesi. Un’altra è stata assegnata al Comune di Enego, in provincia di Vicenza, per essersi attivato nel ripristino forestale dopo la tempesta Vaia, facendo convergere gli intenti e le
collaborazioni tra diversi Enti, società ed Associazioni all’interno di un masterplan generale di interventi per la ricostituzione delle foreste e la ridefinizione dei pascoli della Piana di Marcesina, una delle aree tra le più colpite in assoluto. E infine alla Cooperativa LASSÙ di Comelico Superiore, Belluno, per l’attività di sensibilizzazione della comunità locale sul tema ambientale.

Le Bandiere Verdi della Lombardia

Le due Bandiere Verdi della Lombardia sono state assegnate a due associazioni che si sono particolarmente distinte: l’Associazione Gruppo Sentieri Amici della Storia di Val Brembilla in provincia di Bergamo per il costante impegno da parte dei volontari nel ripristino e il mantenimento di una rete di sentieri tra antiche contrade con alto valore identitario, etnografico e naturalistico.

E all’Associazione Castanicoltori Lario Orientale di Sala al Barro in provincia di Lecco per la promozione della buona pratica di cura delle selve castanili affinché questo patrimonio agricolo, che il passato ci ha trasmesso, continui a esistere e possa passare alle generazioni future.

Le Bandiere Verdi della valle d’Aosta

Anche la Valle d’Aosta ha ottenuto due Bandiere Verdi. La prima è stata assegnata al Comitato per l’ampliamento del Parco del Mont Avic Fénis, per la volontà di un gruppo di privati di ampliare il territorio del parco sui propri terreni, mentre la seconda all’Associazione Aosta Iacta Est, per aver organizzato negli ultimi 15 anni la manifestazione “Giocaosta”, un’iniziativa che ha dimostrato e dimostra la capacità di una comunità di proporre aggregazione e attrattività turistica a impatto zero, offrendo una diversa e virtuosa strada nella fruizione ludica degli spazi pubblici.

Le Bandiere Verdi del Trentino-Alto Adige

Una Bandiera a testa per il Trentino e l’Alto Adige. Una è stata data alla Malga Riondera
di Ala, in provincia di Trento, per la grande attenzione alla sostenibilità ambientale, sia nelle scelte di risparmio energetico adottate sia nel calcolo del bilancio idrico aziendale. E una a Baumgart – frutteti tradizionali di Bolzano, per il recupero dei frutteti tradizionali nelle aree urbane.

La Bandiera Verde della Liguria

La Bandiera Verde 2023 della Liguria è stata assegnata ai Rifugi della Deiva di Sassello, in provincia di Savona, per l’ospitalità e la sostenibilità.

 

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In Italia esiste un parco dove svettano enormi funghi di pietra

Di formazioni rocciose bizzarre l’Italia ne è piena, ma queste di cui vi stiamo per parlare sono davvero simpaticissime, così tanto che si fa fatica persino a credere che siano vere: in un bellissimo parco del nostro Paese svettano fieri nei cieli degli enormi funghi di pietra.

La Riserva dei Ciciu del Villar

Il posto in questione si chiama Riserva dei Ciciu del Villar, un’area naturale protetta del Piemonte, e più precisamente in località Costa Pragamonti, nei pressi dell’abitato del comune di Villar San Costanzo, in provincia di Cuneo.

Ciciu è una parola che ha molto da dire: è un termine dialettale piemontese che significa “pupazzo” o “fantoccio”, un po’ come effettivamente potrebbero sembrare queste particolari formazioni geologiche.

Esse, infatti, oltre a rappresentare quasi “un unicum” nel patrimonio ambientale piemontese, si caratterizzano per essere delle colonne di roccia, frutto di anni di erosione, a forma di fungo (sì, hanno persino il “cappello” tipico). Un curioso fenomeno naturale che risale, molto probabilmente, al termine dell’ultima era glaciale. Un’azione erosiva che, se dobbiamo essere del tutto onesti, non si è ancora fermata per via delle piogge e dei conseguenti rigagnoli che si formano.

Nel 2000 è stato effettuato un approfondito studio che ha evidenziato alcune interessanti curiosità: la presenza di almeno due diverse generazioni di colonne di ciciu, e un totale di circa 479 formazioni concentrate in un’area di approssimativamente 0,25 chilometri quadrati. Per quanto riguarda le dimensioni, anche lì la natura ha pennellato come meglio ha creduto: le colonne più basse misurano mezzo metro, quelle più alte arrivano persino ai 10. Il “cappello” che poggia sopra le colonne, ossia l’elemento definitivo che le fa sembrare per l’appunto dei funghi, può invece arrivare anche a 8 metri.

Luogo di misteriose leggende

Un posto così peculiare non può di certo essere esente da misteriose e curiose leggende. Con il passare dei secoli ne sono nate tantissime: alcune sostengono che questi funghi di roccia siano il risultato di incantesimi, altre che siano dei veri e propri miracoli.

Un storia in particolare narra che, in tempi antichissimi e persino difficili da pronunciare, le masche, ossia le streghe del folclore piemontese, furono trasformate in queste formazioni rocciose a seguito di un uragano che interruppe il rito magico di un sabba.

La più diffusa, e più credibile per la popolazione, sostiene che i ciciu siano venuti alla luce a causa di un miracolo di San Costanzo, un legionario romano che venne martirizzato durante la persecuzione dei cristiani dell’imperatore Diocleziano. San Costanzo approdò sul monte San Bernardo in quanto perseguitato da 100 soldati che volevano ucciderlo. Una volto arrivato si voltò verso i legionari ed esclamò: “O empi incorreggibili, o tristi dal cuore di pietra! In nome del Dio vero vi maledico. Siate pietre anche voi!”; fu così che nacquero i ciciu.

Cosa vedere presso la riserva

Oltre a queste gigantesche e peculiari formazioni di pietra, presso la Riserva dei Ciciu del Villar è possibile “perdersi” grazie alla presenza di diversi percorsi e  sentieri che conducono alla scoperta del suo prezioso e interessante patrimonio naturalistico.

Questo incredibile giardino che potremmo definire roccioso è infatti popolato non solo da queste rocce con un cappello, ma anche da querce roverelle e castagni ,insieme a circa 300 specie floristiche diverse. Una vegetazione che, come vuole la natura, rallenta l’attuale azione erosiva proteggendo così i ciciu.

Al contempo, con un po’ di fortuna è possibile osservare anche tanti animali tipici della zona tra cui il picchio muratore, il picchio rosso minore, il picchio verde, la cincia dal ciuffo e la cinciarella, il codibugnolo, il fiorrancino e molto altro ancora. Fra i mammiferi non si possono non citare i tanti ghiri, così come gli scoiattoli, volpi, cinghiali, caprioli, donnole, faine e tassi.

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L’anima più vera di Torino da scoprire in questi musei

I musei sono da sempre in cima alle nostre to do list quando raggiungiamo una nuova destinazione, e il perché è presto detto. Ci piace pensare a questi edifici come scrigni di meraviglie, indipendentemente dalle dimensioni e dalle posizioni. Dei microcosmi che custodiscono tesori, oggetti e storie che riguardano le culture e le tradizioni di una città, di un paese, di una popolazione. Che riguardano noi.

Del resto è il nome stesso di queste istituzioni a restituirci il loro significato. Il termine museo, infatti, deriva dal greco antico mouseion che vuol dire luogo sacro alle Muse, le figlie di Zeus protettrici delle arti e delle scienze.

Ed è proprio in questo luoghi che è possibile scoprire e riscoprire molte città. Come Torino, per esempio, che racconta il suo volto più autentico proprio attraverso musei iconici.

Benvenuti a Torino

È una Torino sorprendente e a tratti inedita quella che possiamo scoprire attraverso i suoi musei, come quello del cioccolato, del caffè, del calcio e della Fiat. Sono gli stessi musei che raccontano la città, la sua storia, le sue origini e tutte quelle caratteristiche che la rendono unica.

Il capoluogo piemontese, già noto per le sue raffinate architetture, per i lussuosi edifici barocchi, per le pregiate caffetterie che popolano il centro storico e per quella Mole Antonelliana che ridefinisce tutto il paesaggio urbano, ospita alcuni dei musei più celebri del nostro stivale, come quello Egizio che ogni giorno ospita centinaia di visitatori provenienti da tutto il mondo.

A questo si aggiungono tutte quelle istituzioni che sono direttamente collegate con la storia della città, come quello delle automobili e del caffè, per citarne alcuni. Scopriamoli insieme.

Scoprire la città attraverso i suoi musei

Se parliamo di Torino non possiamo non menzionare la splendida residenza sabauda iscritta alla lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 1997. La Reggia di Venaria, progettata dall’architetto Amedeo di Castellamonte, è un vero e proprio simbolo della città, nonché uno scrigno di storia, cultura, arte e architettura del capoluogo piemontese.

A questa si aggiunge il Centro Storico Fiat, un museo che espone automobili, treni, camion e biciclette con marchio Fiat e che funge anche da archivio aziendale, e Casa 500, uno spazio espositivo creato all’interno della Pinacoteca Agnelli che è molto più di un museo automobilistico, ma è un vero e proprio viaggio nella storia dell’Italia e del periodo di espansione industriale.

Ci spostiamo ora all’interno del Museo Lavazza del quartiere Aurora che consente ai visitatori di vivere una vera e propria esperienza multisensoriale. Una tappa imperdibile per tutti gli amanti del caffè che qui potranno scoprire la secolare relazione tra la storica azienda e la celebre bevanda, attraverso un’esperienza immersiva nella cultura del caffè e dei suoi rituali.

Gli appassionati del pallone, invece, troveranno imperdibile il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata che racconta la storia di una squadra che ha fatto la storia del Belpaese.

Ultimo, ma non per importanza, è Il Museo Nazionale del Risorgimento italiano, un’istituzione che racconta la storia dell’unificazione del Paese e della città sabauda in quegli anni. Inoltre, il Palazzo Carignano che ospita il museo, ha ricoperto un ruolo centrale durante il periodo risorgimentale come sede del primo Parlamento del Regno d’Italia.
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Il museo diffuso più grande delle Alpi

C’è una zona del nostro Paese che è un pullulare di meraviglie, un susseguirsi di borghi molto interessanti, castelli sontuosi, complessi monumentali importantissimi, musei imperdibili e una natura che toglie il fiato, un patrimonio così vasto e speciale che ha fatto sì che proprio qui prendesse vita il museo diffuso più grande delle Alpi.

Il Museo Diffuso Cuneese

Parliamo della provincia di Cuneo in Piemonte dove è nato, nel 2016, il progetto ‘Museo Diffuso’ da un’idea della Fondazione San Michele di Cuneo e dal Rotary Club di Cuneo, in collaborazione con i Rotary Club di Cuneo Alpi del Mare, Bra, Canale Roero, Mondovì, Barcellonette.

L’obiettivo è chiaramente la promozione turistica di questo particolare territorio, ma mettendo a sistema chiese e monumenti attraverso la realizzazione di un portale web contenente videoguide in tre lingue (italiano, inglese, francese) raggiungibile attraverso l’utilizzo di QR CODE. In poche parole, tramite una semplice applicazione scaricabile gratuitamente su smartphone e tablet è possibile accedere al portale e usufruire della guida in autonomia direttamente in loco.

Un progetto la cui forza principale è essere modulabile e implementabile nel tempo e nello spazio: l’ingresso di nuovi interlocutori può portare a un ampliamento dell’offerta, mantenendo però sempre una linea uniforme e riconoscibile.

Augusta Bagiennorum cuneese

Augusta Bagiennorum, resti del teatro romani

Provincia di Cuneo, cosa vedere assolutamente

Imperdibile, in questa zona, è certamente l’area archeologica di Augusta Bagiennorum in località Roncaglia a Benevagienna. Un’antica città fondata alla fine del I secolo a.C. e riscoperta a fine Ottocento, per opera di Giuseppe Assandria e Giovanni Vacchetta che, affittando i campi dai contadini, condussero diverse campagne di scavo.

La città romana aveva forma di trapezio ed era cinta su tre lati da un fossato e da una palizzata in legno. Oggi, tra le cose più belle da ammirare ci sono un teatro che all’epoca era in grado di contenere circa 3.000 spettatori e il Museo Archeologico allestito negli spazi dell’elegante Palazzo Lucerna di Rorà, nel centro di Benevagienna.

Un’altra tappa imperdibile è Mondovì Breo con la chiesa dei Santi Pietro e Paolo che si affaccia su una delle piazze più caratteristiche del borgo. Sorge a ridosso del colle, in una posizione rialzata rispetto all’abitato, ed è incassata tra le case che le fanno da corona.

Gli interni, invece, presentano una bella decorazione pittorica e pregevoli esempi di scultura. Particolarmente interessanti sono i busti ritratto del parroco don Giovanni Gazzano e del benefattore don Marco Antonio Bruno situati lungo la navata centrale.

Mondovì cuneese

La città di Mondovì

Bellissimo anche il Complesso monumentale di San Francesco a Cuneo, ossia l’edificio medievale più importante della città. Basti pensare che si trova in un quartiere che era uno dei più antichi della città e ospitava una chiesa dedicata al Santo di Assisi già alla fine del Duecento.

A Fossano, invece, già all’inizio del XIV secolo esisteva una Confraternita del Cristo Crocefisso che distribuiva elemosine e accoglieva bisognosi e pellegrini forestieri. Qui, tra il 1730 e il 1739, venne edificata una chiesa con una facciata dalle forme mosse e che, all’interno, presenta decorazioni che furono affidate ai fratelli Pietro Antonio e Giovanni Pietro Pozzo per le finte architetture, Michele Antonio Milocco per gli affreschi, Cipriano Beltramelli e Bernardino Barelli per gli stucchi.

A Montà d’Alba da non perdere è il Santuario dei Piloni che si compone di diversi nuclei appartenenti a epoche differenti. Nonostante uno stato di profondo abbandono che ha caratterizzato tutto il complesso fino agli anni Ottanta, oggi la struttura è stata completamente recuperata e restaurata, a tal punto da diventare uno dei siti più frequentati del Roero.

Tracce di Medioevo a Manta con Santa Maria del Castello, di cui non si conosce la data di edificazione, ma che si ritiene sia stato costruita tra 1416 e 1426. All’epoca la chiesa era ad aula unica, ma nel tempo venne più volte rimaneggiata: la copertura lignea fu sostituita da una volta a botte e furono aperte cappelle laterali, come quella dedicata alla Madonna del Rosario che fu poi demolita nel 1958, ma della quale ancora si vede l’arco di ingresso.

Manta piemoente

Veduta del Castello di Manta

Non possono mancare di certo i paesaggi come quello di Castelmagno dove sorge un santuario che risulta essere frequentato già dal periodo romano. La Valle Grana, infatti, era certamente nota ai Romani come un’importante crocevia grazie alla possibilità di passare alla Valle Stura e alla Valle Maira attraverso il passo di Valcavera e il colle del Mulo.

Infine a Cussanio il Santuario della Madonna della Provvidenza che si raggiunge percorrendo uno scenografico viale a doppia fila di carpini, da cui si gode un’ottima visuale sul complesso.

Tutte le novità di quest’anno

Quest’anno al Museo Diffuso Cuneese si sono aggiunte meraviglie come il Complesso Museale di San Francesco in Cuneo, di cui vi abbiamo parlato sopra;  il Museo Casa Galimberti di Cuneo, che si distingue per essere un luogo unico per leggere la storia non solo della città, ma dell’intera Nazione; Via Roma e Piazza Galimberti sempre in Cuneo città che sono, rispettivamente, il cuore pulsante del capoluogo piemontese e la piazza più amata dai cuneesi;  l’Area Archeologica e il Museo della Necropoli di Valdieri, dove si sviluppano particolari insediamenti di carattere naturalistico, come testimoniano la presenza della Riserva del Ginepro Fenicio e del Sentiero delle Farfalle; l’Area Archeologica e il Museo Archeologico di Bene Vagienna, di cui vi abbiamo parlato sopra, e il Museo degli Usi e della Gente di Montagna di Serra di Pamparato, che sorge all’interno di un palazzo storico risalente al XVIII secolo.

Nel corso della primavera verrà ultimato anche l’ultimo contenuto video dedicato al Forte di Vinadio e alle fortificazioni della Valle Stura. Il sito, quindi, si arricchisce di una nuova sezione dedicata in modo specifico all’archeologia. Ad oggi sono oltre 30 le videoguide realizzate, per un totale di 38 località coinvolte e 513 contributi video dedicati. Infine, per il 2022 il Rotary Club Cuneo si occuperà di coinvolgere nel progetto alcuni siti di Villar San Costanzo quali la Parrocchiale di San Pietro in Vincoli, la Riserva Naturale dei Ciciu e l’Abbazia di San Costanzo al Monte, mentre l’ATL si focalizzerà sulle città di Cuneo, Fossano, Borgo San Dalmazzo e Mondovì.

Un vero e proprio Museo Diffuso da non perdere e che si trova nel cuore delle nostre Alpi.

Castelmagno cuneese

Il santuario di Castelmagno

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Il misterioso campanile sperduto nelle campagne

Gli abitanti lo chiamano “Ciucarun”, che nel dialetto del posto vuol dire “grande campanile”. Siamo in Piemonte, nella Serra Morenica d’Ivrea, dove il campanile di San Martino si innalza suggestivo e solitario in mezzo a un verdeggiante pianoro panoramico. È l’unico edificio sopravvissuto all’abbandono dell’antico villaggio di Pearno, in seguito alla costituzione del borgo fortificato di Bollengo, in provincia di Torino, nel 1250. La torre campanaria è anche ciò che rimane della chiesa dedicata a San Martino.

La storia del campanile solitario

Sfortunatamente, non si hanno documenti certi riguardo l’origine del Ciucarun. Uno dei primi in cui viene citato lo splendido campanile e la relativa chiesa, della quale – come dicevamo – non vi è più traccia, si riferisce alla fondazione di Bollengo risalente alla metà del Duecento. Nello specifico, si tratta dell’ingiunzione alla popolazione di Paerno e di altri villaggi vicini di trasferirsi nel nuovo borgo fortificato.

Bisogna attendere fino al XV secolo per avere notizie certe su San Martino quando, un documento del 1477, affermava che la chiesa, da parrocchia autonoma, veniva declassata a semplice oratorio. Fino a che, nel 1731, un decreto vescovile ne ordinò la demolizione. A restare in piedi fu soltanto la torre campanaria, che ancora oggi si può ammirare in tutto il suo antico splendore, anche grazie anche all’intervento di restauro messo in atto dal Comune di Bollengo nel 2000. A contribuire a dare al monumento solitario una visibilità maggiore è stato anche il suo ingresso nel circuito dell’Ecomuseo AMI – Anfiteatro Morenico d’Ivrea.

Realizzato in stile romanico, tra l’XI ed il XII secolo, il Ciucarun svetta tra la natura e il cielo per un’altezza di sei piani, cinque dei quali delimitati da cornici di archetti pensili in cotto. Dal basso verso l’alto si può notare la tipica successione di feritoie, monofore e bifore, oggi tutte murate, fatta eccezione per quella della cella campanaria. Alla base della torre, sul lato ovest, è visibile una porta ad arco, ora murata, che costituiva uno degli accessi al campanile, mentre tracce di muratura confermano la presenza della chiesa annessa. All’interno c’è traccia di una piccola cappella absidata, aspetto comune ad altri campanili coevi, come quello dell’abbazia di Fruttuaria.

Tra le bellezze dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea

Visitare il Ciucarun, significa anche andare alla scoperta di un territorio ricco di fascino e costellato di chiese e monumenti preziosi, immersi nella natura. Il campanile di San Martino è, infatti, una delle attrazioni dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI), situato nella parte centro-settentrionale del Canavese, splendido angolo del Piemonte, a ridosso dei massicci alpini valdostani: una delle più rilevanti conformazioni geologiche di origine glaciale del mondo per estensione, caratterizzazione morfologica e livello di conservazione. L’offerta, qui, è davvero variegata, tra musei, castelli, siti archeologici, beni religiosi, parchi, aree umide, laghi e tanti luoghi in cui praticare sport e attività outdoor, nonché ecovillaggi.

Gli amanti delle escursioni hanno a disposizione un sistema di itinerari di tipo naturalistico-sportivo, per chi desidera esplorare il territorio a piedi, in mountain bike e a cavallo, seguendo l’intero arco collinare principale dell’AMI, che comprende la Serra d’Ivrea, le morene frontali e quelle della Valchiusella. I panorami che si ammirano tra questi sentieri sono assolutamente unici.

Misterioso campanile sperduto campagne

Il solitario campanile di San Martino, detto “Ciucarun”

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I misteri di Torino, città della magia nera (e bianca)

L’antica Capitale d’Italia nasconde ancora molti segreti. A Torino, infatti, ci sono diversi luoghi che l’hanno resa, a dir di molti, una “città magica”. Molte tradizioni e spazi del Capoluogo piemontese risultano ancora oggi essere legati alla superstizione, all’alchimia, alla massoneria e persino all’occultismo.

La sua fama risale ai tempi dei romani. Fondata nel 28 a.C. per volere di Augusto, Augusta Taurinorum, fu eretta a presidio del confine dell’Impero. All’epoca la città era divisa in una zona Est, quella dove sorge il Sole e che indicava il lato benigno del territorio, e una zona Ovest, quella dove tramonta il Sole e nascono le tenebre e dove venivano sepolti i morti e crocifissi i condannati.

Ancora oggi, piazze, portoni e palazzi riportano evidenti simboli esoterici, mentre antiche leggende parlano di misteriose gallerie sotterranee, di potenti reliquie, come la Santa Sindone custodita nella Cattedrale e il Sacro Graal. Inoltre, la città sarebbe al centro di due triangoli: uno di magia nera, legato alla sfortuna, e uno di magia bianca ovvero con luoghi portafortuna.

I luoghi della magia nera a Torino

Piazza Statuto è un luogo considerato negativo, in quanto coincide con il vertice del triangolo di magia nera di cui la città farebbe parte, insieme a San Francisco e a Londra. Pare che gli antichi romani avessero collocato in questa zona della città la necropoli e la vallis occisorum ovvero il patibolo dove venivano giustiziati i criminali. Ad aggiungere caratteristiche negative a questo luogo ci pensa poi lo snodo centrale delle fognature posto al centro della piazza che, nell’antichità, venivano chiamate “cloache” ossia “bocche dell’inferno”. Il monumento più famoso di questa piazza, la Fontana del Traforo del Frejus, pare sia suscettibile di un’interpretazione diversa dalla versione tradizionale, che vuole che questo monumento sia un omaggio ai minatori caduti duranti i lavori del traforo: per gli illuminati il Genio alato rappresentato in cima è la personificazione di Lucifero, che guida le forze dell’oscurità, guardando con aria di sfida le forze benigne, ossia l’oriente, simbolo di luce e nascita. Inoltre, in precedenza sulla sua testa era collocata una stella a cinque punte che poi fu rimossa: forse un terzo occhio? Infine, nella piazza si trova anche l’obelisco geodetico, che sta a indicare il passaggio del 45° parallelo che, per gli esperti di magia, indica il centro delle potenze maligne della città.

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La Fontana del Traforo del Frejus a Torino

In via Lascaris in passato c’era una Loggia Massonica. Alla base del palazzo, oggi sede di una banca, si trovano delle strane fessure a forma di occhi, che dovevano essere dei punti di sfiato o di illuminazione per i locali nel sottosuolo. Negli anni, a causa della loro strana forma, si è diffusa la credenza che si tratti degli occhi del diavolo.

Palazzo Trucchi di Levaldigi, in via XX Settembre, presenta un batacchio centrale che raffigura il demone con due serpenti mentre scruta chiunque bussi alla porta. Per questo è meglio conosciuto come il Portone del Diavolo, un luogo che sarebbe carico di energia negativa e attorno al quale si narrano tante leggende. Quella più inquietante è sicuramente la storia dell’origine del portone: molti raccontano che questo sia comparso improvvisamente in una notte, durante la quale un apprendista stregone invocò inutilmente Satana, che lo imprigionò per sempre dietro la porta.  Ad avvalorare l’ipotesi, misteriosi omicidi e sparizioni. Una su tutte, la storia del Maggiore Melchiorre Du Perril scomparso al suo interno nel 1817 e ritrovato vent’anni dopo, murato tra due pareti.

Tra corso Regina Margherita e corso Valdocco, vicino all’antica prigione in via Corte d’Appello, si trovava il patibolo dove venivano uccisi i condannati a morte fino al 1863. Si tratta di un luogo che è da sempre stato legato alla morte e alle tenebre e quindi entrato di diritto nella lista dei luoghi della magia nera di Torino.

I luoghi della magia bianca a Torino

Tra i monumenti più famosi di Torino c’è la Mole Antonelliana. Vero simbolo della città, è l’opera più conosciuta dell’architetto Antonelli. La Mole è uno dei simboli esoterici di magia bianca del Capoluogo piemontese. Secondo gli esperti di esoterismo, sarebbe un’enorme antenna che irradia l’energia positiva presa dal sottosuolo di tipo maschile (quella femminile è invece collegata alla Gran Madre) in grado di fare da equilibratore. Una leggenda che riguarda la Mole vuole che custodisca il Sacro Graal, in quanto la statua della Fede davanti alla Gran Madre avrebbe lo sguardo rivolto proprio verso l’edificio. Inoltre, la Mole rappresenta uno dei tanti simboli massonici italici, infatti Alessandro Antonelli, l’architetto che ne iniziò la costruzione nel 1863, era un massone.

Torino misteriosa

La Mole., simbolo di Torino

La Gran Madre è una delle chiese più belle della città ed è considerata come un forte punto di magia bianca. Si dice che anche qui sia sepolto il Sacro Graal. A sostegno di questa teoria contribuiscono le due statue poste davanti alla chiesa: una di queste rappresenta la religione, l’altra invece incarna la fede, in quanto regge una coppa (che simboleggia appunto il Sacro Graal). Si dice che lo sguardo della prima indichi il percorso da seguire per trovarlo (forse alla Mole Antonelliana, ma potrebbero anche essere il Palazzo di Città o Moncalieri, nel Medioevo frequentata dai Templari). Infine, c’è da considerare il nome inusuale per un luogo di culto cristiano, in quanto evoca una pagana Grande Madre, intesa come madre di tutti i viventi, alla base di tutti i culti misterici dell’antichità.

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La Chiesa Gran Madre a Torino

Piazza Castello sarebbe un altro dei luoghi legati alla magia bianca torinese e, nello specifico, il punto in cui sorge la Fontana dei Tritoni del Palazzo Reale, l’epicentro dell’energia positiva della città. Là dove sorge il palazzo, infatti, segna il confine tra la città bianca e quella nera. In particolare, il cancello del palazzo, con le due statue dei Dioscuri, indicherebbe proprio il confine che separa la zona Est da quella Ovest.

Nella Fontana Angelica di piazza Solferino sono raffigurate due figure femminili che rappresentano allegoricamente la Primavera e l’Estate e due figure maschili, l’Autunno e l’Inverno. L’Inverno volge lo sguardo verso Est, dove sorge il Sole, simbolo di energia positiva. L’acqua che viene versata dagli otri (che rappresentano i segni zodiacali dell’Acquario e dell’Ariete) rappresenta la conoscenza data agli uomini, una simbologia fortemente positivista.

Qui la magia bianca incontra la magia nera

Il Museo Egizio, secondo per importanza dopo quello del Cairo, ha una grande importanza per gli esperti di magia bianca e nera. Sembra proprio che il museo custodisca numerosi oggetti dotati di cariche sia positive sia negative, divenendo così un enorme campo energetico di forze della luce e delle tenebre. Tra gli oggetti a cui sono attribuite le cariche negative ci sono sicuramente quelli del Faraone Tutankamon (di cui è esposto un solo reperto, mentre gli altri sono conservati nei sotterranei) e la piccola testa mummificata del malefico Seth, fratello e assassino di Osiride, dio dei morti e dell’oltretomba.

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Piemonte: la caccia più romantica dell’anno ha inizio

Uno strano e suggestivo fermento c’è nell’aria nei giorni immediatamente precedenti a San Valentino e questo non stupisce. Le coppie di viaggiatori di tutto il mondo sono alla ricerca di nuove destinazioni da raggiungere, siano queste estremamente romantiche, magiche o avventurose.

Ma non sono gli unici a manifestare un certo fervore, dall’altra parte, infatti, le strade, i quartieri e le piazze delle città che conosciamo si abbigliano a dovere con il solo obiettivo di celebrare l’amore universale. Ed è quello che sta succedendo in una regione d’Italia, e più precisamente nelle città del basso Piemonte, dove sta per partire un’originale caccia al tesoro dedicata agli innamorati d’Italia e del mondo intero.

Romantiche postazioni in Piemonte

Sono 17 i comuni del basso Piemonte del Distretto del Novese che hanno aderito a quella che possiamo considerare l’esperienza più romantica e avventurosa di questo San Valentino dedicata ai cittadini e alle coppie di viaggiatori.

Succede che in questi giorni, tutte le panchine che puntellano l’intero territorio, siano queste panoramiche o solo di passaggio, si preparano a trasformarsi nel luogo perfetto dove celebrare l’amore. Le sedute in città, infatti, saranno addobbate con cuori e simboli romantici di ogni forma e dimensione. Un vero e proprio Selfie Corner da condividere con la propria dolce metà per celebrare l’amore e San Valentino.

Si possono scattare fotografie, con la garanzia che queste siano davvero instagrammabili, o ci si può semplicemente riposare e rilassare dopo una passeggiata in città. Quelle più panoramiche offrono una suggestione in più: la vista su un territorio meraviglioso tutto da conoscere ed esplorare.

L’obiettivo, del resto, è proprio quello di offrire nella semplicità di una panchina, la visione sugli scorci della città, da una postazione estremamente romantica, per trascorrere una giornata e un momento condiviso all’insegna dell’amore.

A caccia di panchine romantiche: come funziona l’iniziativa

Che stiate organizzato un viaggio in Piemonte in occasione di San Valentino o una gita fuori porta in questo magico territorio, è doveroso partecipare a questa bizzarra e divertente avventura. La caccia al tesoro, o meglio alla panchina, inizierà il 13 febbraio e avrete dalla vostra parte più di un aiuto per trovarle tutte, o solo quelle che più vi ispirano.

Sono 17 i comuni che al momento hanno aderito a questa iniziativa romantica, ma altri potrebbero presto aggiungersi, e sono Arquata Scrivia, Borghetto di Borbera, Capriata d’Orba, Carrosio, Cassano Spinola, Fresonara, Grondona, Lerma, Montaldeo, Mornese, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, Serravalle Scrivia, Tassarolo, Villalvernia e Voltaggio.

Ad aiutare le coppie in questa caccia al tesoro ci penserà l’applicazione Visit Distretto del Novese che, proprio nei prossimi giorni, pubblicherà le coordinate per trovare le panchine trasformate in romantici Selfie Corner dal 13 febbraio fino a fine mese.

Non solo panchine, però, questa caccia al tesoro permetterà a cittadini e viaggiatori di scoprire e riscoprire i luoghi più suggestivi del territorio attraverso l’arte, la cultura e i panorami che lasciano senza fiato. Non mancano, ovviamente, le eccellenze gastronomiche.

Prima di raggiungere la vostra panchina, infatti, vi raccomandiamo di fare scorta di baci di dama, per concludere l’esperienza nel mondo più dolce che c’è.