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Kranj, la città con un canyon in centro

Considerata la capitale delle Alpi slovene, la splendida città di Kranj ha un fascino tutto particolare: non è solamente un luogo ricco di storia, arte e cultura, ma anche un’oasi dove la natura non ha mai veramente ceduto il passo all’uomo. Divisa in due dai fiumi Sava e Kokra, quest’ultimo ha lasciato sul territorio un’impronta ben precisa. Nel corso dei millenni, ha infatti scavato un profondo canyon che oggi spicca al centro della città, un capolavoro naturale come non si trova (quasi) in nessun altro posto al mondo.

Kranj, il canyon in centro città

Sembra incredibile che un paesaggio così suggestivo si trovi a due passi da noi: Kranj è una delle più belle città della Slovenia, terza per grandezza dopo Lubiana e Maribor. Incastonata ai piedi del Monte Triglav, la cima più alta delle Alpi slovene, è davvero bellissima. Il centro storico è stato modellato sulla base dei due fiumi che lo attraversano, regalando un vero e proprio spettacolo. In particolare, è il Kokra a dare vita ad un’opera naturale meravigliosa: si tratta di una gola rocciosa che divide in due l’abitato storico, il secondo canyon urbano più profondo presente in tutta Europa.

Lungo le rive del fiume vive un habitat molto speciale, fatto di boschi selvaggi e alberi da frutto che crescono spontaneamente – da cui la popolazione ha imparato a ricavare alcune vere prelibatezze. Ad un certo punto, il paesaggio cambia completamente: il verde rigoglioso lascia spazio al bianco della roccia che sprofonda per decine di metri a picco sull’acqua spumeggiante. È un canyon mozzafiato, disegnato da secoli di erosione. Lo si può percorrere grazie ad un bellissimo sentiero che si addentra nella gola, o affrontando una passerella sospesa da cui si gode di una vista incredibile.

Forte dell’emozionante spettacolo di cui il canyon è protagonista, Kranj è diventata una meta turistica molto apprezzata. Sono tanti i visitatori che la scelgono proprio per poter passeggiare nella natura incontaminata, ammirando il panorama della gola urbana. Per i meno esperti, è possibile persino fare una visita guidata alla scoperta della fauna e della flora che caratterizzano questo angolo di paradiso. E in estate, turisti e cittadini trovano refrigerio dall’afa proprio tra le pareti rocciose, sempre nel massimo rispetto dell’habitat naturale.

Cosa vedere a Kranj

Quali sono le altre bellezze di questa città della Slovenia, oltre al canyon urbano? Il centro storico è una vera sorpresa: tra piccole chiesette e tanti edifici storici, spicca il Castello Kieselstein. Costruito attorno alla metà del XVI secolo per volere dei conti di Ortenburg, ha subito numerosi restauri sino ad ottenere il suo aspetto attuale. Maestoso e bellissimo, oggi ospita l’esposizione permanente del museo regionale della Gorenjska, per fare un tuffo indietro nella storia di Kranj. I meravigliosi giardini sono invece la location ideale per concerti e altre manifestazioni.

A due passi dalla città, a portata di bici, c’è poi un luogo magico: si tratta dell’Udin Boršt (la foresta di Odino), un rigoglioso bosco da esplorare grazie ai tantissimi sentieri per il trekking. È il posto ideale per trascorrere qualche ora al fresco, durante le caldissime giornate estive. Infine, un’ultima tappa ci conduce nientemeno che sottoterra, tra le gallerie costruite in tempo di guerra per proteggere la popolazione dai bombardamenti. È come fare un viaggio nel tempo, con numerose testimonianze di come la vita quotidiana durante la Seconda Guerra Mondiale fosse difficile.

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La Giornata della Poesia e delle Foreste nei Parchi Letterari

Ogni anno, i Parchi Letterari italiani diventano location di eventi imperdibili che accolgono la primavera: l’occasione è data da due appuntamenti importanti, la Giornata della Poesia istituita dall’UNESCO e la Giornata delle Foreste promossa dalle Nazioni Unite, entrambe celebrate il 21 marzo. A queste si unisce la Giornata mondiale dell’Acqua, che cade invece il 22 marzo. Tra laboratori, incontri e passeggiate nella natura, la bella stagione viene inaugurata con una lunga serie di esperienze tutte da vivere, per godere dei meravigliosi paesaggi italiani.

Che cos’è la Giornata della Poesia e delle Foreste

Il primo giorno di primavera, l’Italia intera festeggia con due eventi di risonanza internazionale. Il primo è la Giornata Mondiale della Poesia, indetta per la prima volta nel 1999 dall’UNESCO per preservare il patrimonio immateriale di grandi artisti che hanno segnato il nostro territorio. In concomitanza, si celebra anche la Giornata Internazionale delle Foreste: nata nel 2012 su intervento delle Nazioni Unite, è l’occasione per riscoprire l’importanza della natura e degli alberi per la nostra generazione e per quelle future.

Perché non rendere speciali questi due appuntamenti, dando vita ad un connubio perfetto? Nasce così l’idea di celebrare la letteratura in tutte le sue sfumature, in modo che questa offra un’innovativa chiave di lettura per andare alla scoperta dei più bei panorami italiani. Per ospitare i tanti eventi collegati alla Giornata della Poesia e delle Foreste, la cornice ideale è quella dei Parchi Letterari: istituzioni nate negli anni ’90 come omaggio ai territori che hanno ispirato i più grandi artisti del nostro Paese. Andiamo a vedere alcuni degli appuntamenti da vivere.

Gli appuntamenti da non perdere nei Parchi Letterari

Un primo evento imperdibile è la conferenza che si tiene mercoledì 22 marzo presso il Centro Visite del Parco a Pescasseroli, piccolo borgo abruzzese incastonato nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Per l’occasione, viene presentato il volume “20 anni di Una Fiaba per la montagna”, raccolta di racconti in concorso che esprimono la magia degli Appennini e della loro natura incontaminata. Perché non sfruttare questa opportunità per andare alla scoperta dei magnifici panorami montani e fare un po’ di trekking?

Sempre mercoledì 22 marzo, la Sala degli Specchi di Villa Reale di Monza apre i battenti per celebrare Eugenio Villoresi, l’ingegnere che “portò il mare in Lombardia”. Fu lui, grazie ad una canalizzazione capillare, a distribuire le acque in tutta la regione, dando nuova vita ad aree ad alto tasso di siccità. La giornata si può concludere con una bella passeggiata presso il Parco Letterario Regina Margherita, che per l’occasione ricorda anche la poetica dell’artista polacca Wislawa Szymborska.

Per chi ama l’avventura all’aria aperta, un appuntamento meraviglioso è quello fissato per sabato 25 marzo: un trekking bellissimo alle Cinque Terre, in collaborazione con il Parco Letterario Eugenio Montale. Qui, tra i panorami mozzafiato del Promontorio del Mesco, il poeta trascorse le sue estati giovanili lasciandosi ispirare. L’itinerario ad anello, lungo poco più di 5 km e mezzo, conduce da Colla di Gritta a Fegina di Monterosso. È il modo migliore per scoprire il patrimonio di biodiversità della Liguria, ma anche la storia più antica di questa regione. Non a caso l’evento si chiama “Camminare sul Giurassico”: le rocce che caratterizzano il promontorio risalgono a millenni fa.

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Il Colorado della Provenza, un canyon a due passi dal mare

L’immediato entroterra della Provenza – Costa Azzurra regala un’infinità di luoghi e paesaggi inaspettati che meritano di essere scoperti durante una vacanza trascorsa nel Sud della Francia.

Tra i tanti luoghi da visitare ce n’è uno decisamente inaspettato, che per il suo territorio alquanto inusuale per le latitudini a cui si trova è chiamato “Colorado della Provenza”. Chi ha visitato alcuni dei parchi americani come la Monument Valley o il Bryce Canyon o Zion National Park o ancora l’Antelope Canyon, per esempio, si ritroverà nel paesaggio e nei colori che si presentano davanti agli occhi di chi viene qui.

Il luogo è Rustrel e prende il nome dal vicino villaggio che conta all’incirca 700 abitanti, uno dei tanti “village perché” come li chiamano da queste parti arroccati sulle colline che fanno da cornice a tutta la Riviera francese.

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Fonte: 123rf

Il color ocra del Colorado della Provenza

Qui tutto è color ocra. A rendere unico questo luogo sono le sue incredibili formazioni rocciose, nate dall’erosione del tempo e dagli agenti atmosferici. Queste formazioni risalgono a più di 200 milioni di anni fa. I giacimenti di ocra iniziarono a essere sfruttati fin dal ‘700 e le formazioni rocciose odierne sono anche il risultato dell’erosione e degli scavi fatti nel corso degli anni.

La leggenda di Rustrel

Un’antica leggenda narra che la terra di Rustrel sia diventata rossa per via del sangue versato dalla bella Sirmonde che si suicidò lanciandosi giù dalle falesie pur di non essere trafitta dalla spada dal marito che aveva scoperto che la moglie aveva un amante.

I sentieri del Colorado della Provenza

Il modo migliore per esplorare questo luogo incredibile è seguendo i vari sentieri che negli anni sono stati tracciati tra le rocce color ocra e la verdissima macchia mediterranea.

Uno degli itinerari più suggestivi da percorrere a piedi è quello che porta ai Camini delle Fate, delle formazioni rocciose simili a quelle che si trovano nella Cappadocia, in Turchia.

L’itinerario del Sahara è il più gettonato. Semplice e adatto a tutti, è lungo 2,1 chilometri e il giro dura circa 40 minuti considerando l’andata e il ritorno.

Il sentiero dei Belvedere abbraccia l’intero Colorado provenzale, regalando una splendida vista di tutto il “Colorado”. Questa passeggiata è più difficile e ha un dislivello maggiore, ma offre un panorama che vale la fatica. Il circuito è lungo circa 4 km e dura circa un’ora e 45 minuti di cammino con un dislivello di 70 metri.

Tutti i sentieri sono indicati con segnaletiche blu e arancio, posizionate sui pali di ferro rosso che aiutano a seguire gli itinerari corretti da seguire. Infatti, è severamente vietato uscire dai tracciati in quanto il Colorado della Provenza è un patrimonio naturale molto fragile e sensibile al grande afflusso di visitatori. Per riuscire a preservarlo bisogna essere estremamente rispettosi del territorio. Inoltre, è vietato avvicinarsi ai Camini delle fate in quanto la roccia è estremamente friabile e quindi pericolosa, con rischio di cadute e smottamenti.

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L’incredibile parco che ha vinto un premio prestigiosissimo

C’è un parco bellissimo, istituito nell’ormai lontano 1965, che è appena stato insignito di un prestigioso premio grazie alla sua incredibile biodiversità, ma anche per i suoi servizi ecosistemici a beneficio della popolazione. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

Il Parco Nazionale Tingo María in Perù

A vincere il premio come Green Destinations Story Award all’ITB di Berlino nella categoria “comunità fiorenti”, è il Parco Nazionale Tingo María in Perù che ha meritato questo riconoscimento per le sue testimonianze stimolanti e come modello di destinazione sostenibile.

Un luogo meraviglioso e importantissimo dove si punta alla conservazione della biodiversità, ma anche alla possibilità di far usufruire di servizi ecosistemici tutta la popolazione. Non a caso sono state identificate e sviluppate tre nuove opportunità commerciali, e tutte attraverso l’attuazione di pratiche sostenibili.

Uno di questi è il ricorso sostenibile alla farfalla come risorsa naturale per la produzione di artigianato, souvenir e accessori. Sono stati poi individuati protocolli per l’allevamento e la raccolta di api melipone per la produzione di miele e polline con proprietà medicinali e la loro vendita in eco-botteghe.

Infine, sono stati impiegati prodotti locali come caffè, cacao, banane, frutti della passione, camu camu e limoni per la produzione di gelato artigianale, creando così un legame tra i prodotti agricoli e il settore turistico.

Tutto ciò potrebbe sembrare di poco conto, ma la verità è che in questo modo sono state realizzate partnership strategiche con le popolazioni locali al fine di garantire standard di vita qualitativamente elevati e di generare reddito in modo sostenibile, mitigando l’impatto negativo sull’ambiente.

Il Parco Nazionale Tingo María ha primeggiato su altre destinazioni sostenibili come Thailandia, Filippine, Italia ed Estonia. Green Destinations è un’organizzazione globale senza scopo di lucro il cui obiettivo è quello di favorire la sostenibilità delle destinazioni, delle loro imprese e delle loro comunità.

Cosa sono nello specifico i Green Destination Story Awards

Per capire meglio l’importanza di questo premio è necessario comprendere più a fondo cosa sono i Green Destination Story Awards. Essi illustrano le iniziative più promettenti per lo sviluppo del turismo sostenibile e premiano 6 categorie basate sulle proposte presentate al concorso annuale Green Destinations Top 100 Stories 2022, in cui il Perù ha ottenuto 9 riconoscimenti.

Le destinazioni peruviane incluse nella top 100 sono: il Parco Nazionale Bahuaja Sonene, il Parco Nazionale Manu, la Riserva Nazionale Paracas, il Parco Nazionale Tingo María, la Valle del Colca, la Riserva Nazionale Pacaya Samiria, la Riserva Nazionale Tambopata, il Santuario Storico della Foresta di Pómac e l’Alto Mayo Tarapoto. Il Santuario Storico della Foresta di Pómac a Lambayeque è stato inoltre nominato ai Green Destination Story Awards nella categoria governance, conservazione e recupero.

Perù come destinazione sostenibile

Il Perù, nel corso di questi anni, ha preso sempre di più le sembianze di una destinazione sostenibile. Un esempio è appunto il Parco nazionale di Tingo María che si trova a 6 chilometri a sud-ovest della città di Tingo María, nei distretti di Mariano Dámaso Beraún e Rupa Rupa, nella Regione di Huánuco.

È una delle aree naturali protette più antiche del Perù, costituita dalla catena montuosa della Bella Durmiente. Come vi abbiamo accennato prima, ha sviluppato importanti strategie per integrare peculiarità dell’area e conservazione delle sue risorse naturali.

Il turismo è un’attività produttiva di grande impatto sull’economia del Perù, con una variegata offerta di esperienze uniche dedicate ai visitatori. La destinazione è impegnata nella promozione di un turismo responsabile nei confronti del clima, è attenta alla conservazione dell’ambiente e allo sviluppo economico e sociale del Paese.

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Giordania, il meraviglioso Jordan Bike Trail che passa attraverso il deserto

L’avreste mai detto che la Giordania è una delle migliori destinazioni per trascorrere le vacanze in bicicletta? Eppure è così e lo è soprattutto grazie al Jordan Bike Trail, un itinerario di 730 chilometri con conduce alla scoperta del Paese, da Nord a Sud, in 12 macro tappe, tra rovine archeologiche di immenso valore, riserve naturali e villaggi ospitali.

Cosa aspettarsi dal Jordan Bike Trail

Il Jordan Bike Trail permette di avventurarsi lungo sentieri rocciosi e attraversare deserti di sabbia rossa. Il tutto mentre si è accompagnati dall’ospitalità e la cucina beduina, accampandosi nelle aspre montagne abitate da pastori e dai loro greggi, o utilizzando uno dei tanti alberghi presenti.

Con un dislivello di 20.000 metri e suddiviso in 12 magiche tappe, attraversa da Nord a Sud l’intero territorio giordano mentre corre sul crinale dei monti che hanno visto millenni di storia, con luoghi famosi per il Cristianesimo e per le popolazioni che hanno solcato questo territorio.

In sostanza si passa in mezzo ad aree con magnifici resti romani incorniciati dalla natura, intere città riportate alla luce e antichi castelli medievali edificati durante le Crociate, fino alla più che meravigliosa città nabatea di Petra.

Se vi state chiedendo se si può affrontare in autonomia la risposta è sì: la Giordania, oltre a essere un Paese sicuro, è anche abitato da popolazioni nomadi molto ospitali.

Le tappe sono divise in tre grandi aree, ognuna delle quali prevede alcuni stop essendo lunghe diversi chilometri: la regione settentrionale, quella centrale e quella meridionale, ognuna con quattro diversi possibili itinerari.

 Jordan Bike Trail intinerario

Fonte: iStock

Un angolo del Jordan Bike Trail

L’incredibile itinerario

Se il vostro obiettivo è visitare i più famosi siti turistici della Giordania, la regione meridionale è la più caratteristica e sicuramente la più turistica. È quella che arriva a Petra, la città rosa, che attraversa il deserto del Wadi Rum per terminare sul Mar Rosso giordano ad Aqaba.

Selvaggio e avventuroso è l’itinerario del Nord, quello che va da Um Qais a Madaba, che passa tra deserti di roccia, costeggia corsi d’acqua e attraversa wadi e montagne.

Il percorso del Centro della Giordania parte da Madaba e arriva a Shobak, con tappe nelle antiche cittadelle e tra le rovine di castelli.

Itinerario Nord

L’itinerario che attraversa il Nord inizia dai resti della città di Gadara (oggi Um Qais) per poi regalare una tonificante discesa verso la diga di Al Arab. Cominciano subito dopo una serie di strade asfaltate e sterrate in cui ammirare villaggi più piccoli, prima di un’ulteriore lunga discesa verso la Valle del Giordano che è anche il punto più basso del viaggio. Da lì si risale a Pella con i resti di un’altra città della Decapoli per poi percorrere un lunga e lenta salita verso Kufr Rakeb, uno dei cinque distretti metropolitani che compongono il comune di Barqash.

Lasciando Kufr Rakeb si ha la possibilità di salire e scendere tra le famose foreste di querce del nord della Giordania. Qui si può ammirare il castello di Ajloun, una fortezza musulmana del XII secolo, per poi pedalare su una lunga discesa prima di risalire fino ad Anjara. Dopo Anjara direzione Khirbet as-Souq, su un terreno boscoso e ondulato.

castello di Ajloun jordan bike trail

Fonte: iStock

Il castello di Ajloun

Il percorso continua e arriva sino al Wadi Zarqa, un punto da dove godere di viste impressionanti. Inizia poi una lunga scalata fuori dal canyon: un tratto particolarmente impegnativo durante le giornate calde. Di seguito si scende in un’altra valle per risalire a Rumeimeen, dove sorge una cascata in cui dedicarsi a un po’ di relax, per poi proseguire fino a Fuheis.

A Fuheis prende vita praticamente un altro viaggio: vi lascerete alle spalle le rigogliose foreste del Nord per andare verso una zona più arida, pedalando lungo il bordo della Valle del Giordano. L’arrivo è a Madaba.

Itinerario Centrale

L’itinerario centrale parte da Madaba e permette di attraversare due dei principali wadi della Giordania centrale: Wadi Zarqa-Ma’in e Wadi Hidan. In quest’ultimo vale la pena prendersi un momento per fermarsi e godersi il ​​panorama visibile durante la discesa, ma anche per rilassarsi sotto la piacevole ombra offerta dai diversi alberi presenti. Anche perché, subito dopo, si deve affrontate una lunga salita che conduce a Dhiban.

Il percorso procede, e forse con il tratto più complesso di tutti: bisogna salire ben oltre 1000 metri per raggiungere il bordo opposto del canyon. Il panorama, però, è davvero unico al mondo, così come la serie di piccoli villaggi che caratterizzano la zona. Infine, da Rakin una discesa tecnica, seguita da un’ulteriore salita, scorta nella valle sotto Karak.

Karak vi regalerà altrettanti panorami impressionanti per poi proseguire per alcuni chilometri di strada sterrata attraverso piccoli villaggi giordani e tende di pastori sulla strada per Wad Hasa, l’ultimo dei principali wadi visibili durante questo tratto di Jordan Bike Trail.

Karak giordania

Fonte: iStock

La vista da Karak

L’Itinerario Centrale giunge poi al suo termine seguendo una pittoresca strada sterrata lungo il bordo del canyon, prima di superare Busayra fino a Dana. A Dana potrete emozionarvi con ampie vedute del Wadi Feynan e poi proseguire su un’altra bellissima valle fino a Shobak e al suo storico castello.

Itinerario Sud

L’itinerario in 12 tappe prosegue verso Sud poiché da Shobak si dovrà pedalare su una strada sterrata lungo la Valle Araba con alcune delle viste più spettacolari dell’intero percorso. Alla fine si salirà sulla King’s Highway e, dopo un’altra breve salita, si raggiungerà il punto più alto del sentiero, poco meno di 1700 metri. In discesa poi verso Little Petra e Petra, con viste meravigliose dei siti.

Da Petra una serie di salite, discese e strade sterrate condurranno in un’ampia area desertica fino ad Abbasiya.

La penultima tappa farà tirare un respiro di sollievo: le impervie salite sono ormai un lontano ricordo. Ma attenzione, rimane da affrontare la sabbia del deserto con i suoi contrafforti di arenaria: il Wadi Rum si comincia a vedere in lontananza, ma bisogna ancora avvicinarsi a Quwayrah e alla Desert Highway. Da lì si arriverà finalmente al deserto monumentale giordano dove organizzare un soggiorno in una tenda beduina.

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Fonte: iStock

Soggiornare nel Wadi Rum

Per ultimo, dalle infinità del deserto a un tratto complesso che conduce a Titen, un villaggio che un tempo apparteneva all’Arabia Saudita. Da questo momento in poi tutto sarà in discesa fino ad Aqaba, costeggiando le meraviglie del Mar Rosso.

Informazioni utili

Ogni tappa del Jordan Bike Trail fornisce informazioni sulle difficoltà dei percorsi, le distanze e il tempo medio di percorrenza, con mappe, file GPX per l’orientamento, dati altimetrici, luoghi di ristoro e per pernottare, trasporti, dove noleggiare le biciclette, la descrizione dei luoghi di maggior interesse che s’incontrano lungo il percorso e suggerimenti vari.

L’organizzazione del Jordan Bike Trail si propone anche di consigliare itinerari alternativi per quei ciclisti che non hanno molto tempo a disposizione per completare i vari percorsi e di fornire le principali informazioni sulla pianificazione del viaggio prima di partire.

È bene sapere, però, che è altamente sconsigliato andare da Sud verso Nord perché il tragitto è stato appositamente esplorato e progettato per essere percorso al contrario. Questo vuol dire che i tratti in salita sono su strada, mentre quelli in discesa o pianeggianti sono su sterrato/fuoristrada ove possibile. Inoltre, non si può entrare nel Wadi Rum provenendo da Aqaba.

Non resta che percorrere questo affascinante Paese a bordo di una bicicletta per scoprirne le sue sfaccettature più autentiche.

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Fonte: @Jordan Bike Trail

Jordan Bike Trail
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Questo luogo è stato scelto dalla Nasa per fare esperimenti

C’è acqua su Marte? Come si vivrebbe sul Pianeta Rosso? La Nasa sta cercando di rispondere a tutte queste domande con un esperimento che viene effettuato in una località amena del Sud della Spagna, il Parco minerario di Riotinto.

La superficie di questo parco è del tutto simile a quella su Marte. Gli studiosi stanno trivellando il suolo alla ricerca dell’acqua e di altri materiali da poter sfruttare, proprio come farebbero nello spazio. Ma senza doverci andare veramente.

Qui, tra odori di zolfo e rame, scorre un fiume dal colore rosso sangue, in un paesaggio fatto di pietre ricche di sfumature gialle, rosse e arancio, che lo rendono simile a quello della superficie di Marte.

Da miniera a banco di prova della Nasa

A Riotinto, dove un tempo di trovava una miniera, oggi si stanno sperimentando strumenti, robot e tecnologie sulla Terra prima di partire alla ricerca della vita su Marte. Gli esperti della Nasa e dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, che da tempo ne studiano il terreno, hanno rinvenuto dei batteri che potrebbero addirittura facilitare la nostra presenza sul Pianeta Rosso.

Si sta cercando di capire come potere estrarre tracce di DNA e quindi risalire alla presenza di qualche microorganismo. Gli strumenti in uso alla Nasa sono in grado di scorgere ogni sorta di materiale chimico, come le proteine, i polisaccaridi, gli acidi nucleici ecc.

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Fonte: 123rf

Il fiume Tinto in Andalusia

A differenza di Marte, il Parco del Riotinto è attraversato da un fiume, il Tinto. Il colore delle sue acque è dovuto alla forte presenza di ferro. Infatti, qui si trova uno dei più grandi giacimenti minerari della Spagna. I giacimenti di ferro sono stati sfruttati sin dai tempi dei Fenici e abbandonati soltanto negli Anni ‘50.

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Fonte: 123rf

La vecchia miniera di Riotinto in Spagna

A metà dell’800, gli inglesi della Rio Tinto Company Limited portarono centinaia di operai in queste lande desolate dell’Andalusia, le cui tracce si notano ancora oggi nei piccoli villaggi come Bellavista, che è ancora intatto e in perfetto stile Vittoriano.

Visitare Riotinto

I turisti possono visitare il Parco di Riotinto, meglio se all’ora del tramonto, per ammirare il colore rosso fuoco della terra, con un itinerario a bordo di un vecchio trenino d’epoca che risale al tempo in cui qui vi erano gli inglesi.

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Fonte: 123rf

Il trenino che attraversa Riotinto

Gli appassionati di archeologia industriale possono visitare le strutture delle vecchie miniere e la stazione ferroviaria dell’epoca. Per scoprire tutte le vicende di questa terra c’è anche un museo ospitato nel locale che una volta fungeva da ospedale.

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Cinque parchi da scoprire tra Italia e Svizzera

Tra l’Italia e la Svizzera c’è una rete di parchi tutti collegati tra loro che si possono scoprire in qualunque stagione dell’anno. Sono uno scrigno di bellezza fatta di boschi, montagne (le cime delle Prealpi), di tanti laghi e di aree umide, oltre che di flora e fauna autoctone.

Il progetto, voluto dall’Unione europea, dal Fondo europeo di sviluppo regionale, dalla Confederazione elvetica e Cantoni che lo hanno finanziato, si chiama Insubriparks e comprende cinque parchi nel territorio tra Nord Italia e Svizzera. Tre dei parchi si trovano in Lombardia mentre gli altri due nel Mendrisiotto e sono rispettivamente il Parco regionale Spina Verde, il Parco regionale Campo dei Fiori, il Parco regionale della Pineta di Appiano Gentile e Tradate, il Parco del Penz e il Parco delle Gole della Breggia.

I cinque parchi insubrici sono collegati tra loro da sei itinerari tematici. Si possono scoprire bellezze naturali e biodiversità, ma anche fortificazioni, confini e affascinanti informazioni sui modi di abitare nella storia. Ogni itinerario è contrassegnato da un simbolo diverso che accompagna tutte le tappe del percorso, rendendolo così più semplice.

Parco regionale Spina Verde

La forma che si insinua come una “spina”, da Est a Ovest nella fascia collinare di Como, dà il nome al Parco regionale Spina Verde, mille ettari di superficie verde attraversata da ben 80 chilometri di sentieri che costituiscono un museo all’aperto.

I sentieri si possono percorrere in autonomia facendosi guidare dalla cartellonistica didattica o prendere parte a visite guidate. Si scoprono così siti archeologici dell’era protostorica, monumentali resti medievali, la torre del Castello Baradello e le trincee della Prima Guerra Mondiale.

Il Parco Spina Verde è particolarmente amato dalle famiglie, dai ciclisti e da molti escursionisti per le sue bellezze, per il piacere della scoperta storica che si unisce alla passeggiata a contatto con la natura e per la vicinanza con Como. Il parco offre straordinari punti panoramici e di interesse naturalistico, siti di importanza archeologica, medievale, punti di ristoro, oltre a un ponte tibetano e ad aree attrezzate per percorsi ginnici e per il relax.

Parco regionale Campo dei Fiori

Tantissimi sono i sentieri che attraversano questo parco che si trova in provincia di Varese e che è chiamato proprio “la montagna dei varesini “. Si tratta di un’area naturale protetta che si estende sui territori occupati dal Massiccio del Campo dei Fiori e dal Massiccio del Monte Martica, sulle Prealpi varesine.

Si possono percorrere diversi tipi di sentieri, tematici o meno, con indicazioni e tappe in luoghi che raccontano la storia della zona, comprese alcune fortificazioni costruite lungo il confine italo-svizzero ai tempi della Prima guerra mondiale. Ma il parco è anche attraversato da due dei cammini più importanti d’Europa. Il primo è il Sentiero Europeo “E-1”, un percorso internazionale che parte da Capo Nord in Norvegia e che termina a Capo Passero in Sicilia. Il secondo, invece, è il “Sentiero del Giubileo” che parte al Passo dello Spluga, al confine con il Cantone Grigioni, e che scende lungo le rive del Lago di Como seguendo la vecchia via “Regina” per poi raggiunge la provincia di Varese.

Nel parco ci sono laghi, stagni, torbiere e sorgenti, ma anche alcuni luoghi piuttosto famosi per la loro bellezza naturale. Tra questi, il Masso erratico di Brinzio, un grosso masso in gneiss trasportato e depositato dai ghiacciai nella valle di Intrino, sul versante Nord del Campo dei Fiori, le Marmitte dei giganti del torrente Vellone, la Fontana del Ceppo, una sorgente attiva tutto l’anno, e ben 130 grotte, le Grotte del Campo dei Fiori, con gallerie che si estendono per 30 km sottoterra.

Parco regionale della Pineta di Appiano Gentile

Tanti i sentieri che si possono percorrere in questo grande parco di circa 50 km quadrati a cavallo tra la provincia di Varese e quella di Como. È talmente ampio da comprendere al proprio intero addirittura 15 Comuni, uno dei quali completamente dentro il Parco, Castelnuovo Bozzente. Ed è proprio al suo interno che si trova anche la famosa “Pinetina” dove si allena la squadra dell’Inter. A parte questi luoghi popolati, la maggior parte del parco è fatto di foreste di pini, querce e castagni.

Il parco è attraversato da tanti sentieri escursionistici, molti dei quali anelli nei quali è praticamente impossibile perdere la strada. Alcuni durano poco più di un’altra, altri una giornata intera, ciascuno può scegliere l’itinerario che più gli aggrada.

Parco del Penz

Ci troviamo in Svizzera. Il Parco del Penz, nei pressi di Chiasso, si estende su una superficie di 245 ettari tra pianura e collina attraversata da piccole valli dove scorrono i ruscelli che sfociano nel torrente Faloppia e puntellate da vigneti, attraverso i quali si può passeggiare seguendo alcuni sentieri ben indicati.

Tanti gli itinerari che si possono percorrere a piedi o in bicicletta nel parco svizzero per 25 km, con collegamenti alla rete dei sentieri del Mendrisiotto e del Parco Spina Verde, in Italia. Sicuramente i più belli sono quelli che conducono ad alcuni punti panoramici, come il Dosso Pallanza con la “Terrazza Belvedere” e l’area dell’Oratorio di S. Stefano e S. Lorenzo. Il punto di estremo Sud della Svizzera si trova nel parco segnalato con la pietra di confine 75B, in zona Moreggi.

Parco delle Gole della Breggia

Quest’area naturale protetta svizzera è ubicata all’estremo Sud del Ticino e, come dice il nome, comprende una serie di gole scavate dal torrente Breggia nel coso di 200 milioni di anni. Sono tanti gli itinerari che si possono percorrere in autonomia o in compagnia di guide esperte nel Parco della Breggia.

A partire dall’itinerario geologico per scoprire la diversità delle rocce del parco, quello storico, che tocca i luoghi legati alle attività dell’uomo come il Mulino del Ghitello, la Torre dei Forni della Saceba e alcuni edifici storici e opifici. Si visita anche un’imponente struttura, quella dell’ex cementificio, testimonianza di un passato industriale che oggi può essere approfondito partecipando al Percorso del cemento con la visita delle gallerie di estrazione.

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Scoperta in un Parco romano una statua che ha sorpreso tutti

Un incredibile reperto è stato ritrovato nel Parco Scott a Roma, a circa 20 metri di profondità, durante un intervento di bonifica dell’area. Una scoperta eccezionale, che ha lasciato a bocca aperta anche gli addetti ai lavori, e che va ad aggiungersi alle meraviglie infinite riportate alla luce nella Capitale.

Scoperta una statua di Ercole a grandezza naturale

Un’antichissima statua marmorea a grandezza naturale è stata ritrovata nell’area del Parco Scott, tra la Cristoforo Colombo e la via Appia Antica, durante un intervento di bonifica del condotto fognario da parte di Gruppo Acea e Bacino Sud. A renderlo noto, il Parco Archeologico dell’Appia Antica, che ha spiegato in un post su Facebook come sono arrivati al prezioso ritrovamento. Si apprende così che i lavori, cominciati dopo che la vecchia conduttura è collassata in più punti, provocando anche l’apertura di pericolose voragini nel Parco e smottamenti della collina, hanno comportato grandi movimentazioni di terra, cui seguirà il ripristino del profilo altimetrico dell’area e la piantumazione di nuove alberature.

Oltre a vantare un enorme pregio naturalistico, l’area è di grande interesse archeologico, vista la prossimità con il Sepolcro di Priscilla, al secondo miglio della via Appia Antica. Per questo motivo, gli interventi di sbancamento, che hanno raggiunto la quota di 20 metri sotto il livello di piano di calpestio, sono stati costantemente seguiti dall’archeologa Federica Acierno, coordinata dai funzionari del Parco Archeologico dell’Appia Antica.

Poi la sorpresa: dopo settimane di lavori è emersa una statua marmorea a grandezza naturale che, “per la presenza della clava e della leontè – la pelle di leone che ne copre il capo – possiamo senz’altro identificare con un personaggio in veste di Ercole”, si legge nel post del Parco Archeologico dell’Appia Antica.

Stando a quanto riporta “Il Corriere della Sera”, la statua potrebbe essere stata inavvertitamente collocata sotto Parco Scott durante i lavori di costruzione del condotto fognario, nella prima metà del Novecento. “Abbiamo spostato il reperto in uno dei nostri depositi e stiamo vagliando diverse ipotesi per ricostruirne la provenienza e la datazione – ha dichiarato al quotidiano la funzionaria Francesca Romana Paolillo – La statua deve essere lavata, dopodiché procederemo per confronti. Quel che ci pare già evidente dalle caratteristiche del volto, comunque, è che rappresenti una figura vestita da Ercole, non l’eroe mitologico stesso”.

Le strade di Roma regalano sorprese senza fine

La statua di un Ercole a grandezza naturale è solo l’ultima delle grandi scoperte avvenute a Roma, dopo quella regalataci recentemente dall’antica Via Salaria. Un’altra buona notizia è che la Via Appia ha ufficialmente iniziato il suo cammino per diventare un bene riconosciuto dall’Unesco. Con il nome completo di Via Appia – Regina Viarum, la strada consolare di novecento chilometri che connette Roma a Brindisi è stata candidata a entrare nella Lista del Patrimonio Mondiale, di cui potrebbe diventare il 59esimo sito italiano, con un progetto promosso dal Ministero della Cultura.

L’affascinante Cammino dell’Appia Antica è stato anche inserito dal “Guardian” tra i viaggi da fare nel 2023. Il progetto, in itinere, è finalizzato alla valorizzazione e messa a sistema dell’antico tracciato romano, ed è nato dall’esperienza di Paolo Rumiz, Irene Zambon, Alessandro Scillitani e Riccardo Carnovalini che, nel 2015, hanno percorso a piedi – e poi raccontato – il tragitto dimenticato di questa antica strada, che non smette mai di stupire.

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Parco Nazionale del Durmitor, un viaggio tra cime, laghi e canyon

Un viaggio in Montenegro è l’occasione ideale per lasciarsi sorprendere da un capolavoro naturalistico e paesaggistico di rara bellezza, uno scrigno di tesori solcato da profondi canyon e disegnato da 48 imponenti cime di roccia calcarea che superano i 2000 metri, 18 laghetti alpini dai colori mozzafiato e una verdeggiante distesa, a perdita d’occhio, di abeti e pini.

Si tratta del Parco Nazionale del Durmitor, il più grande dei cinque del Paese, nella zona nord-ovest, a circa due ore di auto dalla capitale Podgorica, una meta imperdibile per fare il pieno di natura, meraviglia e relax.

Il Parco, il luogo più affascinante delle Alpi Dinariche

Proclamati Parco Nazionale già nel 1952 e dichiarati Patrimonio UNESCO nel 1980, gli straordinari paesaggi del massiccio del Durmitor (“il più potente e maestoso tra i giganti montuosi dei paesi slavi del sud” per citare le parole del geografo Hussert, con un’altezza di 2522 metri) risplendono di un fascino unico, luoghi incontaminati plasmati da rocce carsiche, dalle caverne più profonde della penisola Balcanica, e da limpidi fiumi che, con la loro azione incessante, hanno dato vita a superbi canyon come nel caso del fiume Tara: di ben 1300 metri, è il più esteso e profondo d’Europa, secondo soltanto a quello del Colorado.

Ma non è tutto: il Parco vanta un’estensione di 321 chilometri, un’impagabile ricchezza di fauna e flora (sono più di 1300 le specie di piante vascolari) con autentiche rarità naturali quali, ad esempio, le foreste di pini neri a Crna poda dove svettano tronchi a oltre 50 metri di altezza che superano i 400 anni di vita.

Fonte d’ispirazione per chi ama la natura e paradiso per i trekker e gli escursionisti, dona anche la possibilità di scoprire antichi, e più recenti, monumenti culturali: i più significativi sono quelli di origine medievale tra cui ponti, torri di guardia, resti di fortificazioni e città, necropoli e i monasteri nella Valle del fiume Tara.

Meritano una menzione particolare anche i mulini che si incontrano lungo i torrenti del Durmitor e i “katuni” (villaggi), e le tipiche case rurali chiamate “savardak”.

Le chicche da non perdere assolutamente

lago nero

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Il Lago Nero

Il Parco è una delle destinazioni più interessanti per il turismo montenegrino e pullula di meraviglie tutte da scoprire e ammirare con una passeggiata, una gita in bicicletta, un percorso di rafting, un’escursione e un sentiero per il trekking.

Ma quali sono i punti da non lasciarsi sfuggire? Il Lago Nero (Crno Jezero), ombreggiato dal Picco di Meded e abbracciato da foreste di abete bianco europeo, abete rosso e pino silvestre, è il più suggestivo dei 18 laghi, composto da due piccoli laghetti, perfetto per nuotare e andare in barca o rilassarsi sulle sue sponde in uno scenario da fiaba.

Centro turistico del Parco e punto di partenza per le escursioni, è la raccolta città di montagna di Zabljak, stazione sciistica con 11 chilometri di piste da sci e snowboard. Immersa tra radure silenziose, pure sorgenti e torrenti, è l’ideale per riscoprire il contatto con la natura incontaminata e praticare attività sportive all’aria aperta nonché per assaggiare le specialità locali tra cui va citata la focaccia di granturco.

Ancora, da vedere il Ponte sul fiume Tara, conosciuto come “ponte di Djurdjevica“: con 5 arcate e una lunghezza di 365 metri, svetta al di sopra del canyon più grande del Montenegro. Lo splendido fiume, dalle acque cristalline, è perfetto per gli amanti del rafting.

Infine, meritano una visita il Lago di Zminje dal colore verde intenso, nel cuore della foresta a 1500 metri di altitudine, e il Lago di Jablan, vegliato dalla montagna Crvena Greda, tra il volo delle farfalle e il canto degli uccellini.

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Gole del Raganello, spettacolo naturale della Calabria

Nel Sud nel nostro Paese, e più precisamente in Calabria, prende vita un canyon selvaggio le cui rocce sono magistralmente dipinte dall’acqua. Un ambiente da scoprire con meraviglia e prudenza e caratterizzato da un’esplosione di gelide cascatelle, vasche d’acqua cristallina, scivoli naturali, piccoli laghetti, pareti di roccia, tronchi d’albero e molto altro ancora: le Gole del Raganello.

Cosa sapere sulle Gole del Raganello

La spettacolare riserva naturale Gole del Raganello è situata nei comuni di San Lorenzo Bellizzi, Civita e Cerchiara di Calabria, in provincia di Cosenza. Occupa una superficie di 1600 ettari all’interno del maestoso Parco Nazionale del Pollino, ed è stata istituita nel 1987.

Queste affascinanti pareti rocciose costituiscono un canyon, lungo circa 17 km, che si diparte dalla Sorgente della Lamia fino a raggiungere un’area vicina all’abitato di Civita, dove sorge il peculiare Ponte del Diavolo. Da questo punto in poi il corso del torrente diventa più regolare e scorre lungo una valle più aperta che si mantiene tale fino alla foce. Il canyon del Raganello viene distinto dagli esperti in due parti: le Gole alte e le Gole basse.

Le prime si snodano in un percorso di circa 9 km e, pur presentando una conformazione molto accidentata, sono di grande interesse naturalistico ed escursionistico. Le seconde, dal canto loro, si dipanano in un percorso di approssimativamente 8 km in un tragitto simile per conformazione a quello superiore, ma più difficoltoso da percorrere.

Gole del Raganello calabria

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Un angolo delle Gole del Raganello

Sfortunatamente, nel 2018 da queste parti è avvenuta una terribile tragedia: un gruppo di escursionisti fu colto da una piena improvvisa, causata da un violentissimo temporale abbattutosi nei pressi dell’abitato di San Lorenzo Bellizzi. Il bilancio fu drammatico e, per questo motivo, per visitare questa meraviglia della natura è obbligatorio usufruire dell’accompagnamento di una guida.

Cosa aspettarsi dalla Gole del Raganello

Le Gole del Raganello sono pura poesia. Un mondo incredibile che viene difficile credere che sia vero in quanto tra strapiombi e verticalità, la storia popolare e il fascino naturale si mescolano in perfetta armonia.

Presso le Gole Alte del Raganello, chiamate anche Gole del Barile, si può notare che il canyon si caratterizza per essere circondato da pareti rocciose alte fino a 700 metri. Selvagge e multicolori, sono anche la culla di cascate di acqua cristallina. Ma non solo, da questa parte del Raganello si possono intravedere numerosi tipi di animali come la faina, la volpe, la donnola, il tasso, l’aquila reale, il falco e il corvo imperiale.

Le Gole Basse sono più corte ma più “acquatiche” e soprattutto le rocce si elevano in tutta la loro maestosità, tanto da arrivare anche a un’altezza di due metri. Inoltre, attraversando questo lato del canyon si può persino passare sotto gli spruzzi della Doccia del Diavolo per poi imbattersi in due vasche in cui l’acqua va controcorrente.

Un panorama meraviglioso, quello delle Gole del Raganello, e in cui è possibile praticare varie attività come canyoning, torrentismo, trekking acquatico, rafting ed esplorazioni nelle grotte, a patto che tutto questo sia fatto con una guida esperta.

Ogni tipo di escursione ha la sua difficoltà, ma grazie alle guide sarà più facile capire quella che è più adatta alle proprie possibilità. In sostanza, scoprire le Gole del Raganello vuol dire vivere un’avventura unica che permette di praticare sport e, allo stesso tempo, ammirare una natura autentica e della vera bellezza paesaggistica.

canyon più bello calabria

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La maestosità delle Gole del Raganello

Curiosità e leggende sulle Gole del Raganello

Fare un’escursione lungo il corso del Raganello è come andare alla scoperta delle viscere della terra. Nel corso dei secoli, pur se poco accessibili, sono state sempre frequentate dagli uomini, compresi quelli poco onesti. Banditi, ladri, briganti, malfattori durante il secolo scorso, proprio per via delle sue conformazioni, ne hanno fatto la propria dimora.

Non a caso, sono oggi ancora in uso alcuni toponimi come grotta dei Briganti e grotta di Marsilia. Non da meno sono le leggende che vengono narrate dagli anziani del luogo.

Inoltre, sono tantissime le storie che raccontano l’origine del nome di questo luogo. Secondo l’opinione di alcuni studiosi, andrebbero ricercate molto indietro nel tempo in quanto la parola Raganello deriverebbe dal greco ragas, termine che indica un dirupo roccioso.

Altri, invece, hanno ritenuto plausibile che deriverebbe da termini locali come ragàre, cioè trascinare, lottare, come a indicare la potente azione del fiume che trascina tutto a valle.

Decisamente caratteristico è il Ponte del Diavolo sulla cui origine, come potete immaginare, aleggiano numerose leggende. In una di queste si narra che fu San Francesco di Paola a far realizzare vicino al suo paese questo ponte che attraversava un torrente.

Un’altra sostiene che siano stati gli abitanti di Civita a farlo costruire, mentre un’altra ancora è convinta che sia stata opera di un proprietario terriero. Tra le altre cose, si narra che per edificarlo sia stato fatto un patto col Diavolo in persona.

Il principe delle tenebre avrebbe preso l’anima della prima persona che lo aveva attraversato in cambio dell’aiuto durante la costruzione. Tuttavia, si infuriò moltissimo e addirittura decise di prendere a calci il ponte lasciando dei segni che ancora oggi si possono notare. Tutto ciò accadde, sempre secondo la leggenda, perché il primo ad attraversare il ponte fu un cane.

Il Ponte del Diavolo si trova nel comune di Civita, è stato completamente realizzato in pietra e collega i due punti del canyon scavati dal fiume Raganello. Camminandoci avrete modo di scoprire uno spettacolo panoramico molto suggestivo.

Ponte del Diavolo gole del raganello

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Il Ponte del Diavolo presso le Gole del Raganello

I borghi della riserva naturale Gole del Raganello

Come vi abbiamo accennato in precedenza, le Gole del Raganello sono situate nei comuni di San Lorenzo Bellizzi, Civita e Cerchiara di Calabria.

San Lorenzo Bellizzi è un piccolo borgo che, oltre alle bellezze paesaggistiche, regala anche alcune meraviglie storico-architettoniche. Una di queste è la Chiesa di San Lorenzo che ha un interno in pietra locale decorata con mascheroni e che conserva numerosi reperti come ostensori, pissidi e calici d’argento.

Civita, dal canto suo, è un borgo di origine albanese che ancora mantiene usi, lingua e riti degli antenati giunti dall’Albania tra 1470 e il 1492. E proprio da qui, scendendo oltre 600 gradini, si arriva al famigerato Ponte del Diavolo in un paesaggio rupestre d’intatta bellezza.

Infine, Cerchiara di Calabria il cui gradevole centro storico, dalla forma circolare, prende vita su uno sperone di roccia .

Insomma, con le giuste accortezze vale enormemente la pena visitare la zona delle Gole del Raganello.

civita calabria

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Veduta di Civita