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La canzone “Romagna mia” è stata scritta nel parco di questo hotel

Era il 1954 quando Aurelio Casadei, detto Secondo, compose una delle canzoni più celebri del panorama musicale italiano: “Romagna mia”. Lo fece nel giardino di un albergo che compie anch’esso 70 anni e che si trova a Gatteo Mare, nel cuore della Romagna.

Questo brano, rappresentativo del ballo liscio – entrato di diritto a far parte della tradizione, della cultura popolare e del costume italiano e oggi candidato a Patrimonio dell’Unesco – è diventato il simbolo e l’inno della Romagna. E oggi c’è la fila per poter soggiornare là dove tutto è nato e che ricorda questo importantissimo momento storico per l’Italia.

Dove è nata “Romagna mia”

La struttura si chiama Villa Mia e appartiene alla famiglia Ricci, romagnola doc, proprietaria ormai di diversi hotel lungo la Riviera Romagnola. Oggi la villetta color rosa confetto è un apart-hotel nel centro dell’isola pedonale di Gatteo Mare-Villamarina a 200 metri dalla spiaggia.

Il nome della villetta è dedicato proprio alla canzone “Romagna mia” e gli ospiti possono rilassarsi in quel giardino che fa parte della proprietà e che ispirò il re del liscio. Sulla facciata della casa è riportato il testo della canzone.

Curiosità su “Romagna mia”

Il titolo originale del brano, in realtà, era “Casetta mia” e Secondo – anche se poi sarà suo nipote Raoul Casadei a farne il fiore occhiello della sua orchestra – l’aveva già scritto, dedicandolo alla propria casa di Gatteo a Mare, ma non l’aveva mai proposto. Poi gli fu consigliato di cambiargli il titolo e di dedicarlo alla sua Romagna. Il successo fu immediato e non soltanto in Italia, ma anche all’estero, proprio grazie ai turisti stranieri che già in quegli anni frequentavano la Riviera Romagnola e le sue balere.

La stessa famiglia di Secondo Casadei ha gestito per lunghissimo tempo la “Ca’ del Liscio“, la mega balera, considerata il tempio della musica romagnola, che si trova a Ravenna, accogliendo i più grandi artisti internazionali e mondiali oltre naturalmente alle orchestre più popolari, con un’enorme affluenza di pubblico che arrivava da tutta Italia.

La Romagna e il liscio

Per chi è appassionato di liscio e di musica nazionalpopolare, da non perdere è una visita alla sede della casa discografica dei Casadei, la Casadei Sonora e all’abitazione di Secondo Casadei a Savignano sul Rubicone in provincia di Forlì-Cesena, che nel 2017 sono entrate a far parte delle oltre cento Case della Memoria in Italia, insieme a quella Giacomo Puccini, Giovanni Pascoli, Enrico Caruso, Luciano Pavarotti, Leonardo Da Vinci, Dante Alighieri e moltissimi altri personaggi della storia della cultura del nostro Paese.

Si tratta di un singolare piccolo viaggio nella “Romagna in musica”, in cui si possono apprendere la storia e le curiosità di questa tradizione musicale e si possono visionare manoscritti e spartiti originali, strumenti, foto d’epoca e i numerosi riconoscimenti di una carriera lunga 50 anni.

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L’incredibile viaggio sulla ferrovia più ripida della Germania

I viaggi in treno possono essere davvero affascinanti: mentre i vagoni si muovono lenti, dai finestrini panoramici si può godere di paesaggi incantevoli e sempre diversi. Insomma, è una vera e propria esperienza da vivere a tutto tondo, magari andando a cercare alcune linee particolari, che possano offrire quell’emozione in più. Come ad esempio la Höllentalbahn, la ferrovia più ripida della Germania. Scopriamola insieme.

La Höllentalbahn, un viaggio mozzafiato

Mentre prende sempre più piede il trend del viaggio slow in treno, ci sono alcuni vecchi tragitti che vengono rispolverati e messi a disposizione dei turisti che sono alla ricerca di emozioni e paesaggi spettacolari. E allora andiamo in Germania, e più precisamente nel cuore della Foresta Nera, per scoprire la Höllentalbahn: si tratta della ferrovia più ripida del Paese, perché supera un dislivello di ben 400 metri in appena 12 km, in un tratto con pendenza di oltre il 57%. In passato, per poter affrontare questa salita così particolare, i treni dovevano adoperare il sistema a cremagliera, che trainava la locomotiva – per poi frenarla durante la discesa.

Oggi ovviamente non è più così: le locomotive moderne sono abbastanza potenti da tirare l’intero treno anche su un dislivello importante, e i suoi freni sono più che sufficienti per reggere in discesa. Tuttavia, il fascino di un tempo è rimasto inalterato, soprattutto per via dei meravigliosi panorami che la ferrovia si trova ad attraversare. Costruita a cavallo tra l’800 e il ‘900, la Höllentalbahn è lunga solamente 25,5 km e collega la città di Friburgo a quella di Donaueschingen, affrontando numerosi tunnel e viadotti. Dal 2019, l’intero percorso è elettrificato ed è servito dai treni della Deutsche Bahn. Ma quali sono i suoi paesaggi più suggestivi?

I luoghi più belli lungo la Höllentalbahn

Punto di partenza della ferrovia è la deliziosa città di Friburgo, una delle perle della Foresta Nera, che merita assolutamente una visita. Ma saliamo a bordo del treno e partiamo per un viaggio incredibile: l’itinerario attraversa la valle Höllental, chiamata anche Valle dell’Inferno per via del suo aspetto inquietante. È infatti una lunga gola racchiusa tra ripide pareti rocciose ricoperte di conifere, attraversata da un fiume dalle acque scure che scorrono veloci e spumeggianti, infrangendosi tra i massi. La ferrovia si arrampica in questo stretto pertugio, dividendosi il poco spazio con la normale strada asfaltata.

Nel corso del viaggio, si attraversano 9 gallerie scavate nella montagna, e non meno numerosi sono i ponti e i viadotti da cui si gode di un panorama unico. Il più suggestivo? È senza dubbio il Ravenna Viadukt, un ponte in pietra a 9 arcate alto ben 58 metri, il quale consente di percorrere l’affascinante Gola di Ravenna. Poco più avanti si incontra un altro viadotto bellissimo, il Ponte Gutachtal che sovrasta il ruscello Gutach, una moderna struttura ad 8 campate che viene addirittura considerato un monumento culturale.

E poi, tra gli altri paesaggi incredibili merita menzione quello del Lago Titisee, incastonato tra le rigogliose vallate della Foresta Nera. Situato a circa 850 metri di altitudine, è una nota meta turistica sia estiva che invernale, perché nei mesi caldi consente di trovare refrigerio in mezzo al verde, mentre durante la stagione fredda la superficie del lago gela, permettendo di pattinare sul ghiaccio. Ammirare questo panorama dal finestrino è un’esperienza davvero meravigliosa.

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Libri, boschi e magnifici panorami: la magia di Montereggio

A pensarci bene, l’Italia è bella per questo: in piccoli luoghi sperduti, nascosti o solo dimenticati, si trovano le tracce di secoli di storia, sia essa con la s maiuscola o minuscola.

Prendete ad esempio il borgo di Montereggio, frazione del comune di Mulazzo, in provincia di Massa Carrara. Meno di cinquanta anime, stando agli ultimi rilevamenti. In pratica: un grumo di case di pietra con un paio di campanili a sormontare i tetti, edifici aggrappati alla sommità di una collina circondata da boschi a perdita d’occhio.

Eppure questo luogo remoto e rurale è la culla di una fetta importante dell’editoria italiana.

Montereggio, il monumento ai librai ambulanti con il campanile dell’antica Chiesa di Sant’Apollinare

Montereggio, il paese dei librai

Nato come insediamento medievale in posizione militare strategica sul passo che congiunge la valle del fiume Magra con la via Francigena, Montereggio è sempre stato un borgo agricolo, sorretto da agricoltura e pastorizia.

All’inizio del XIX secolo il paese era caratterizzato da una forte emigrazione. Buona parte della popolazione, almeno per parte dell’anno, si trasformava da contadino in venditore ambulante, attraversando l’Italia, ma anche altri paesi d’Europa, occupandosi di rifornirsi di merci in un luogo per poi venderle in un altro.

A questo fenomeno contribuì in maniera decisiva l’anno senza estate. Il 1816, infatti, fu caratterizzato da alcune anomalie climatiche che distrussero i raccolti, costringendo la popolazione rurale a trovare altri mezzi di sostentamento. A Montereggio i membri delle famiglie del borgo si risolsero a trasformarsi in venditori ambulanti di un nuovo tipo di merce, molto desiderato negli ambienti borghesi delle città: i libri.

A Montereggio le strade e le piazze sono intitolate ai grandi nomi dell’editoria italiana

Pur essendo analfabeti, i venditori montereggini avevano imparato che il libro era un oggetto facilmente trasportabile (più delle pietre per affilare le falci che di solito portavano), redditizio e richiesto, viste le pesanti censure operate dalla maggior parte degli apparati burocratici degli Stati italiani ed europei, in primis l’Impero austriaco.

Partiti da questo piccolo borgo di pietra della collina lunigianese, i librai montereggini si resero protagonisti di una vera e propria invasione culturale del centro e del nord Italia, contribuendo in maniera fattiva, nel corso dell’Ottocento, alla diffusione delle idee mazziniane tramite il contrabbando di opuscoli e scritti degli intellettuali risorgimentisti. Dapprima muniti solo di una gerla, poi di un carretto e infine caratterizzati dalle loro bancarelle, divennero una consuetudine nelle piazze delle città italiane lungo tutto il Novecento.

Angoli di Montereggio

Alcuni di loro resero permanente la loro emigrazione in Italia e all’estero, trasformandosi da librai in editori e dando vita a piccole e grandi case editrici, come nel caso della Casa Editorial Maucci, che prendeva il nome da una famiglia montereggina e che da Barcellona aprì succursali a Madrid, Città del Messico e Buenos Aires, rendendosi protagonista dell’esportazione dei grandi classici europei del Novecento in Sud America.

Una storia che, in esaurimento nel secondo Dopoguerra, viene celebrata ogni anno dal noto Premio Bancarella, nato nel 1952 a Mulazzo e poi spostato a Pontremoli, a pochi chilometri da Montereggio, proprio per celebrare con un riconoscimento letterario annuale la storia dei librai lunigianesi e del piccolo borgo sulla collina in particolare.

Come arrivare e cosa vedere a Montereggio

La storia e la tradizione dei venditori ambulanti di libri trova robusta testimonianza nelle strade di Montereggio, un paese oggi animato da pagine e scaffali, nei cui vicoli trovano posto piccole biblioteche e le cui strade sono intitolate ai grandi nomi dell’editoria italiana.

Se a questo si unisce il fascino di un borgo medioevale ben conservato e gli splendidi panorami naturali sulle colline circostanti, ricoperte di boschi, una visita a Montereggio diventa un appuntamento da non perdere.

Non poteva mancare una little free library a Montereggio

Il piccolo borgo si trova sul fianco di un colle a oltre 600 metri di altitudine sul livello del mare. Per raggiungerlo occorre recarsi a Pontremoli, il centro più importante della Lunigiana, e percorrere la Strada provinciale 31 che da qui porta alla frazione di Arpiola, correndo lungo il versante in destra orografica del fiume Magra. Seguendo le indicazioni stradali per Mulazzo, la strada inizia ad inerpicarsi sulla collina. Giunti nel capoluogo comunale, si passa sotto l’antico arco in pietra adiacenti i lavatoi e si prosegue seguendo le indicazioni per Montereggio: in circa 15 minuti sarete arrivati a destinazione.

Si può lasciare l’auto negli appositi posteggi all’imbocco del paese, sotto l’antica Chiesa di Sant’Apollinare, caratteristico edificio religioso che accoglie i visitatori. Il suo campanile di pietra svetta, coronato dal verde delle colline che contornano la vista. Costruita nell’undicesimo secolo, con un rosone in arenaria a decorazione della facciata, venne semi-distrutta da una violenta grandinata alla fine dell’Ottocento. Oggi è stata restaurata, ricostruendo il soffitto con le piagne, le tipiche lastre di arenaria con cui sono costruiti molti dei tetti delle costruzioni lunigianesi. Vista la costruzione della nuova chiesa parrocchiale nel centro del paese, intanto, l’antica è stata declassata a oratorio. La posizione e l’aspetto, però, le conferiscono una magia e un carattere unico.

Tex e Zagor sulle panchine di Montereggio, con un panorama speciale sulle colline verdeggianti

Dalla adiacente piazza Angelo Rizzoli, con il suo monumento ai librai di Montereggio che fa bella mostra di sé, inizia la scoperta del borgo di Montereggio. Il libro è il minimo comune denominatore della visita, tra panchine panoramiche realizzate come un fumetto da sfogliare, piccole librerie per lo scambio libero di volumi, testimonianze del passato del paese nelle numerose targhe affisse sui muri in pietra delle abitazioni e un’ampia biblioteca colma di volumi di seconda mano in vendita per sostenere le associazioni locali che mantengono vivo il paese dei librai.

Ogni momento dell’anno è buono per visitare Montereggio, che assume un fascino diverso a seconda della stagione. Il borgo si anima soprattutto nella bella stagione: in primavera arrivano i canti del maggio, un’antica tradizione contadina del centro Italia che vede musici e cantanti attraversare le strade del paese con canti benauguranti per l’arrivo del bel tempo; in estate il Festival del Fumetto e la Festa del Libro rimandano alla grande tradizione dei librai di Montereggio, tra bancarelle e incontri letterari.

Al fascino del paese di pietra e della storia dei librai ambulanti, si abbina il forte richiamo della natura. I dintorni sono caratterizzati da numerosi percorsi per trekking, mountain bike e ippovie per scoprire le piccole meraviglie che si celano tra i boschi, come torrenti, cascate e panorami che possono spingersi da favolose viste appenniniche, come dal vicino Passo dei Casoni, fino al Golfo di La Spezia, visibile dalla vetta del Monte Cornoviglio.

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Una terrazza sulle Apuane: Fivizzano tra castelli, storia e panorami imperdibili

La Lunigiana è una terra di confine. Una piccola porzione di territorio incuneata tra Emilia Romagna, Liguria e Toscana, di cui fa parte amministrativamente, conservando però una propria originalità culturale lontana dallo stereotipo della toscanità.

Di grande rilevanza in epoca preistorica per la cultura delle statue stele e in epoca medievale per la funzione di collegamento tra la bassa padana e il nord della Toscana in direzione di Roma, la Lunigiana perse importanza dal punto di vista commerciale e militare con il passare dei secoli. Una fortuna, in qualche modo, che oggi rende possibile l’accesso ad un territorio che ha conservato, come una crisalide, molte delle sue caratteristiche antiche.

All’aspetto storico, la Lunigiana abbina anche caratteristiche naturali distintive, chiusa com’è a ovest dal mare, a sud dalla catena montuosa delle Alpi Apuane e a nord-est dagli Appennini.

Il connubio di questa duplice connotazione è ciò che rende speciale Fivizzano, un borgo che è un piccolo scrigno incassato tra il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e il Parco naturale regionale delle Alpi Apuane.

Una sorta di balcone panoramico che permette di spingere lo sguardo sulle cime verdi della dorsale appenninica e al contempo ammirare la nuda, aspra roccia dei picchi apuani, di sedere in eleganti caffè in una caratteristica piazza e di visitare massicce fortezze e impervi castelli nelle immediate vicinanze.

Fonte: CC BY-SA 3.0

La Fontana Medicea al centro della piazza di Fivizzano

Il borgo di Fivizzano

Fivizzano è il borgo più rilevante della vallata attraversata dai torrenti Rosaro, Aulella e Lucido. Da un lato sormontata dagli oltre 1.800 metri di altitudine del monte La Nuda e della Cima Belfiore, che separano la provincia di Massa Carrara da quella di Reggio Emilia, e da un altro affacciata sul Pizzo d’Uccello, scenografica cima apuana, ricopre un territorio abitato fin dalla preistoria.

La cittadina che oggi conosciamo è sorta ed ha acquisito rilevanza intorno ad un ospedale per i pellegrini che si dirigevano verso Roma attraversando il valico del Cerreto, poco più a nord-est di Fivizzano. Nel medioevo il borgo assunse pertanto una notevole rilevanza strategica, rendendola frequente bersaglio di contese fra i signori feudali di questa porzione d’Italia.

Amministrata soprattutto dai marchesi Malaspina, fu catturata dal leggendario condottiero lucchese Castruccio Castracani nella prima metà del Trecento, occupata poi nel primo Quattrocento dai Visconti di Milano e a fine secolo devastata dalle truppe francesi di Carlo VIII.

A differenza di molti borghi lunigianesi, Fivizzano passò sotto il dominio di Firenze alla fine del XV secolo. Un accadimento che donò al centro una decisiva importanza dal punto di vista commerciale, di cui beneficiò tutta la cittadina e di cui ancora oggi si giova.

Si prenda ad esempio la Piazza Medicea, centro cittadino e simbolo del borgo, caratterizzata dalla bella fontana secentesca che si trova al centro e dagli eleganti palazzi che la circondano, oggi abbelliti da locali e caffè che mantengono una signorile eleganza. In stile fiorentino, sia la fontana che i palazzi gentilizi valgono come testimonianza della longa manus del capoluogo su Fivizzano.

La Piazza del Marzocco a Fivizzano

Altra attestazione è la Piazza del Marzocco, piccolo slargo di fronte al Palazzo Comunale dove una colonna in marmo sorregge il leone simbolo della Repubblica Fiorentina, al centro di uno spazio verde decorato con il giglio di Firenze. Il monumento venne innalzato nel 1477, al momento della dedizione formale del borgo di Fivizzano alla Repubblica. Danneggiato nel corso dei secoli, è stato restaurato dall’amministrazione locale nel 2007.

Il centro storico, circondato dalla cinta muraria aperta da tre porte, è caratterizzato inoltre dal Palazzo Fantoni Bononi, dimora della famiglia nobile omonima che vi ha collocato al piano terreno il Museo della Stampa Jacopo da Fivizzano, dedicato al tipografo quattrocentesco che, tornato in patria da Venezia, vi importò l’arte della stampa e aprì una delle prime stamperie d’Italia.

I panorami imperdibili di Fivizzano

Assieme alle sue nobili caratteristiche architettoniche, Fivizzano si caratterizza per la sua eccezionale posizione panoramica. Come l’ha definita Giosué Carducci:una perla sperduta fra i monti.

Già le strade che si percorrono per raggiungere Fivizzano, la Strada Statale 63 che proviene da Aulla e da Reggio Emilia o ancor più la Strada Provinciale 21 che arriva dalla vicina Licciana Nardi, offrono scorci mozzafiato sul Pizzo d’Uccello e sulle altre cime delle Alpi Apuane che fanno di sfondo al borgo.

Il luogo ideale per ammirare la peculiare posizione di Fivizzano è la Chiesina della Tergagliana, un piccolissimo edificio religioso eretto in vetta all’omonimo monte, qualche centinaio di metri più in alto rispetto al paese.

Le verdi cime degli Appennini dalla vetta del Monte Tergagliana

La Chiesina della Tergagliana si può raggiungere a piedi tramite un breve ma ripido sentiero che parte dai piedi delle mura di Fivizzano, prendendo via Ponte e parcheggiando, per l’appunto, nei pressi dell’antico ponte sul torrente Rosaro. L’escursione dura un paio d’ore fra andata e ritorno, ma la chiesa può essere raggiunto con un percorso più breve anche dalle case abbandonate di Virolo, raggiungibili in auto attraverso una strada molto stretta, o in mountain bike.

Dalla Chiesina della Tergagliana lo sguardo abbraccia il pianoro dove sorge Fivizzano, che si distingue per il campanile della Chiesa dei Santi Jacopo e Antonio, le maestose cime delle Apuane e le verdi sommità degli Appennini. Un panorama da non perdere in ogni stagione dell’anno.

Fivizzano e dintorni, cosa visitare nelle frazioni

Il comune di Fivizzano è il secondo per ampiezza tra quelli della Lunigiana ed è punteggiato da ben 94 frazioni e piccoli abitati, con una miriade di castelli, edifici religiosi e panorami da esplorare e scoprire.

Nelle immediate vicinanze del borgo si trova ad esempio il Castello di Verrucola, imponente fortezza medievale che precede, come datazione, lo sviluppo di Fivizzano. La Statale 63 costeggia il borgo medioevale, che si raggiunge attraversando un ponte sul torrente Mommio: è affascinante passeggiare tra gli antichi edifici di pietra, le vecchie case e i tre possenti blocchi che costituiscono il castello vero e proprio, ovvero il mastio, la torre e il cassero. In più, la struttura è oggi vivacizzata dalla presenza del buon ristorante Locanda al Castello.

Il Castello di Verrucola

Nei pressi della frazione di Gragnola sorge l’imponente Castello dell’Aquila, che domina il borgo e la confluenza tra il torrente Aulella e il torrente Lucido, in posizione estremamente scenografica sia per chi lo ammira da lontano che per chi lo visita. Il castello è di proprietà privata e si può visitare su prenotazione.

Il Castello dell’Aquila

Per ammirare più da vicino le cime delle Apuane ci si può spingere fino alla frazione di Vinca, nella valle del torrente Lucido, tra le vette dei monti Sagro, Grondilice e Pizzo d’Uccello. Oltre agli aspri e meravigliosi panorami montani, Vinca offre peculiari caratteristiche gastronomiche: è celebre il suo pane scuro, realizzato in grandi forme rotonde da due chili, ma anche il lardo e i prodotti di castagne.

Sono solo tre esaltanti esempi della ricchezza di un territorio davvero punteggiato di piccole meraviglie, ma meritano una citazione anche Aiola, Equi Terme, Viano, Monte dei Bianchi, Monzone, Arlia, Sassalbo, Rometta, Magliano.

Fivizzano, insomma, è immersa in un contesto fantastico, oggi rimosso dai principali circuiti turistici, dove fermarsi e scoprire storia, cultura e natura come poche altre se ne conoscono.

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Lago di Gramolazzo: una cartolina in qualsiasi stagione

Nel panorama suggestivo delle Alpi Apuane, c’è un luogo che sembra essere quasi magico: si tratta del lago di Gramolazzo, un incanto turchese su cui si riflettono i boschi circostanti. Siamo in Toscana, e più precisamente nei pressi di un piccolo borgo della Garfagnana. Questa è la meta ideale per un bel trekking o per una semplice camminata nella natura, alla scoperta di paesaggi da sogno.

La storia del lago di Gramolazzo

Forse non avete mai sentito parlare del lago di Gramolazzo, ma è ben più probabile che invece il suo “vicino”, il lago di Vagli, non vi sia del tutto sconosciuto. Entrambi sono infatti bacini artificiali, accomunati da una storia che affonda le radici nel secolo scorso. Fu la SELT Valdarno (Società Ligure-Toscana di Elettricità) a decidere della realizzazione di una diga sul fiume Serchio, per poter sfruttare le sue acque – e quelle dei suoi affluenti – per scopi idroelettrici. La prima ad essere eretta fu la diga sul torrente Edron, nel 1947, ed è anche la più famosa.

Lo sbarramento, infatti, portò all’inabissamento di alcuni piccoli borghi nei dintorni, il più noto dei quali è Fabbriche di Careggine, un centro abitato di fabbri artigiani bresciani: quando il lago, eccezionalmente, viene svuotato è ancora possibile vedere i suoi resti. Pochi anni dopo, venne eretta la diga sul fiume Serchio, una maestosa opera in muratura larga be 96 metri e alta 34 metri. Fu questa a dare vita al lago di Gramolazzo, una vera bellezza. Sebbene sia di origine artificiale, infatti, lo specchio d’acqua è uno dei più suggestivi della regione.

Lago di Gramolazzo e dintorni: cosa vedere

Perché il lago di Gramolazzo merita assolutamente una visita? Si tratta di un luogo straordinario, perfetto per una gita fuori porta in ogni periodo dell’anno. In primavera e in autunno, in effetti, i suoi colori lasciano incantati: il verde dei boschi che si specchiano nel lago dona alle acque lacustri un incredibile color smeraldo, mentre l’arrivo della stagione autunnale regala mille sfumature di giallo e di rosso a tutto il paesaggio. In estate, naturalmente, la natura è più rigogliosa che mai e se ne può approfittare per qualche bella passeggiata nelle foreste e per un tuffo rinfrescante – nei dintorni del lago ci sono strutture ricettive, zone per pic nic, aree giochi e piccole spiagge balneabili.

E in inverno? Qui siamo nel cuore delle Alpi Apuane, ai piedi della montagna più alta della catena (il Monte Pisanino, 1947 metri di quota). Non è raro poter ammirare il paesaggio bellissimo della neve che imbianca i boschi e che si riflette nel lago con il suo candore incredibile. La Vigilia di Natale, è proprio lungo le sue sponde che vengono accesi i Natalecci, caratteristici falò che inaugurano le feste. Ovviamente, non c’è solo la natura: nei pressi del lago di Gramolazzo si può visitare il borgo di Minucciano, un piccolo gioiello della Garfagnana.

Tra i capolavori da visitare c’è sicuramente la pieve di San Lorenzo di Vinacciara, costruita attorno al 1.100 secondo i dettami dello stile romanico, utilizzando come materiale principale la pietra. Al suo interno, sono custodite numerose opere d’arte realizzate da artisti locali. Non meno affascinante è l’eremo santuario della Beata Vergine del Soccorso, che sorge sul valico che conduce verso la Lunigiana. Meta di pellegrinaggio, venne eretto nel ‘500 sul luogo in cui si trovava un’edicola in onore della Madonna del Soccorso.

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Tequila, Whisky e vino: puoi gustarli a bordo di questi treni

Viaggiare in treno è un’esperienza che affascina e incanta, un modo per scoprire il mondo che risveglia il senso dell’avventura in ognuno di noi. Il ritmo lento e cadenzato del convoglio che attraversa paesaggi mozzafiato, il comfort dei vagoni, la possibilità di incontrare persone provenienti da ogni angolo del pianeta, tutto contribuisce a creare un’atmosfera unica, quasi magica. E poi, c’è quel tocco retrò che solo i viaggi in treno possono offrire, un richiamo nostalgico a un tempo in cui la vita scorreva più lentamente.

Ma c’è un elemento che può rendere un viaggio in treno ancora più memorabile: la degustazione di bevande alcoliche a bordo. Immagina di sederti comodamente al tuo posto, mentre il mondo scorre lentamente davanti ai tuoi occhi, e di avere tra le mani un bicchiere di whisky pregiato, o di vino dal gusto intenso.

Oggi ti porteremo in un incredibile viaggio dove potrai gustare alcune delle bevande alcoliche più eccezionali al mondo, in un autentico paradiso su rotaie. Sei pronto a salire a bordo?  Allora rilassati, bevi e lasciati trasportare dal fascino senza tempo di un’esperienza unica nel suo genere.

Sapori in movimento: i tour enogastronomici più affascinanti del mondo

desgustazione treno

Fonte: istock

Puoi degustare bevande alcoliche pregiate su questi treni

In ogni angolo del globo, treni speciali sono pronti a condurti in un viaggio indimenticabile. Non si tratta di semplici mezzi di trasporto, ma di veri e propri portali verso un universo di sapori e aromi, dove ogni sosta è un’occasione per scoprire tradizioni secolari, tecniche di distillazione e segreti di famiglia. Oggi, ne abbiamo selezionati alcuni che vale davvero la pena provare almeno una volta nella vita. Perché viaggiare non è solo vedere, ma anche assaporare. E questi treni sono l’occasione perfetta per farlo. Quindi, prepara la valigia, prendi il tuo bicchiere e sali a bordo. Il viaggio sta per cominciare.

Alla scoperta delle cantine di San Diego

Immergiti nel cuore vitivinicolo della California con il tour in treno delle cantine di San Diego, un’esperienza indimenticabile per gli amanti del buon vino. Questo tour, della durata di circa cinque ore, ti porterà alla scoperta delle migliori cantine urbane e sale di degustazione della zona, offrendoti un assaggio autentico della cultura vinicola locale.

Non solo avrai la possibilità di conoscere da vicino il processo di vinificazione, ma potrai anche assaporare fino a 15 degustazioni di vini locali, serviti direttamente a bordo del treno. Un modo unico per goderti il viaggio, mentre i paesaggi californiani scorrono fuori dal finestrino. Inoltre, il tour include un pranzo italiano, accuratamente abbinato ai vini per esaltare i loro sapori e aromi. Una vera festa per il palato, che ti permetterà di scoprire le affinità tra i vini locali e la cucina italiana.

Esplorando il Texas a bordo del treno della vodka

Immagina di salire a bordo del Sunset Express, un treno straordinario che ti porterà in un affascinante viaggio da Cedar Park a Bertram e ritorno. Durante le 2,5 ore di percorrenza per le 44 miglia, ogni momento sarà indimenticabile.

A bordo, saranno offerti tre campioni di vodka, un drink di benvenuto e tre cocktail. È un’esperienza unica dove il gusto si unisce al divertimento in un’atmosfera festosa. Qui, ti aspetta una serata all’insegna del gusto, durante la quale avrai l’opportunità di assaporare le creazioni di Vintage Distilling, Kruto Vodka e Bloody Buddy. Ma ricorda: l’obiettivo è godersi la vodka in modo responsabile. Quindi, non saranno ammessi ulteriori alcolici a bordo.

Il viaggio è previsto per il 20 gennaio 2024. Non perdere l’occasione di vivere un’esperienza diversa dal solito, all’insegna del divertimento e della scoperta.

Alla scoperta della Scozia: un viaggio emozionante sul treno del whisky

Preparati per un’avventura indimenticabile a bordo del Royal Scotsman, il leggendario treno whiskey che ti guiderà in un viaggio sensoriale attraverso le affascinanti Highlands scozzesi.

Questo non è un viaggio come tutti gli altri, ma un tour di quattro giorni organizzato dalla Scotch Malt Whisky Society, che ti condurrà da Edimburgo a Kyle of Lochalsh, passando per Dundee, Keith, Inverness e altri luoghi incantevoli. Durante il viaggio, avrai l’opportunità di visitare la storica distilleria Benromach, di esplorare la maestosa tenuta Rothiemurchus e di partecipare a degustazioni di whisky guidate da esperti nel settore.

Qui, avrai l’opportunità di gustare una cucina raffinata, goderti panorami spettacolari dalle finestre del treno e rilassarti in alloggi di lusso.

Il Jose Cuervo Express: un’avventura sul treno della tequila in Messico

Immergiti in un’avventura che ti porterà nel cuore pulsante dell’iconica bevanda messicana: la tequila. Il Jose Cuervo Express ti offre un’esperienza unica, intrisa di cultura, sapori e paesaggi affascinanti.

Il viaggio inizia nella vivace città di Guadalajara, ti conduce attraverso la pittoresca Tlaquepaque e culmina nella leggendaria città di Tequila. Durante questo tour di 11 ore, avrai l’opportunità di assaporare il vero spirito del Messico.

Mentre il paesaggio cambia fuori dalla finestra, avrai la possibilità di gustare cocktail esclusivi a base di tequila Jose Cuervo, aggiungendo un tocco di lusso al tuo viaggio. L’apice dell’esperienza sarà la visita alla distilleria La Rojeña, dove potrai scoprire i segreti dietro la produzione di questa bevanda iconica.

Le vie dell’Amarone e le meraviglie del paesaggio alpino

Se siete alla ricerca di un’avventura indimenticabile nel cuore dell’Italia, preparatevi a salire a bordo del Treno delle Alpi e lasciatevi trasportare in un viaggio straordinario lungo le vie dell’Amarone, da Milano fino alla incantevole Cortina d’Ampezzo.

Qui, potrai assaporare l’autenticità e la passione che si nascondono dietro ogni bottiglia di questo pregiato vino italiano. Il tuo percorso ti porterà attraverso i panorami mozzafiato delle Alpi, fino a raggiungere la magica Cortina d’Ampezzo. Lì, avrai l’opportunità di immergerti nella bellezza delle Dolomiti e di assaporare l’atmosfera unica di questa rinomata località montana.

Un’esperienza indimenticabile, che vi lascerà ricordi indelebili e un amore ancora più profondo per le meraviglie del nostro Bel Paese.

Viaggio sulla Ferrovia Circumetnea, il treno dei vini dell’Etna

La Strada del Vino dell’Etna ti invita a scoprire il cuore pulsante del territorio siciliano a bordo di un treno unico nel suo genere, il Treno dei vini dell’Etna.

Un viaggio straordinario, organizzato da associazioni locali dedicate, vi condurrà attraverso le più belle cantine della regione, permettendovi di degustare vini squisiti direttamente alla fonte. Non solo avrete l’opportunità di visitare aziende agricole rigogliose e strutture ricettive accoglienti, ma sarete anche introdotti ai prodotti locali e ai piatti tradizionali della Sicilia, rendendo la vostra esperienza ancora più ricca e indimenticabile.

Ogni luogo visitato racconta una storia, una parte dell’affascinante tessitura culturale che rende la Sicilia così unica e affascinante.

Preparati a vivere un’esperienza che risveglia i sensi e tocca l’anima. Sali a bordo del Treno dei Vini dell’Etna e lasciati trasportare in un viaggio indimenticabile attraverso la bellezza, la cultura e i sapori della Sicilia.

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La camera da letto con vista sugli elefanti: un sogno

L’Africa, una terra di contrasti sorprendenti e bellezze sconfinate, ha da sempre esercitato un fascino irresistibile su chiunque abbia avuto la fortuna di calpestare le sue terre. Avvolta in un manto di mistero e avventura, è un mosaico di culture e paesaggi che non smettono mai di stupire.

Oggi, ci dirigiamo verso le vastità delle pianure del Lowveld, più precisamente nella Riserva della Sabi Sand. Quest’area è uno dei gioielli più brillanti del continente africano, un luogo dove l’umanità e la natura si incontrano in un equilibrio delicato. Con la sua ricca biodiversità, è un ecosistema complesso e affascinante, un patrimonio inestimabile per l’umanità intera.

Qui, sulle rive del fiume Manyeleti, sorge l’incantevole Simbambili Game Lodge. Questa struttura di alto livello offre un’esperienza unica nel suo genere, consentendo agli ospiti di immergersi totalmente nella straordinaria fauna selvatica africana.
Il lodge è un luogo dove si può godere della tranquillità e della bellezza della natura, avvolti in un ambiente confortevole, pronti a vivere avventure indimenticabili.

Simbambili Game Lodge: un paradiso nella natura selvaggia

Simbabili Game Lodge Africa

Fonte: Getty Images

Simbabili Game Lodge, Riserva Sabi Sand, Africa

Il Simbambili Game Lodge, situato nel cuore del Parco Nazionale Kruger, è un luogo di raffinata eleganza immerso in un paesaggio selvaggio e incontaminato. Le suite si integrano armoniosamente con l’ambiente circostante, regalando una vista panoramica mozzafiato sulle incantevoli pianure africane e sulla ricca fauna selvatica che le popola.

I visitatori avranno l’incredibile opportunità di esplorare la riserva attraverso emozionanti escursioni guidate, nelle quali si può avvistare una vasta gamma di specie animali, compresi i mitici “Big Five” dell’Africa: il leone, il leopardo, il rinoceronte, l’elefante e il maestoso bufalo.

Inoltre, questa meravigliosa riserva vanta la presenza di ben 147 specie diverse, offrendo una biodiversità che poche altre località al mondo possono eguagliare. Tra graziose antilopi e affascinanti gazzelle, uccelli dai colori sgargianti e suggestivi rettili, ogni escursione diventa un’avventura indimenticabile.

Con la sua posizione privilegiata tra le vaste pianure della Riserva, il Simbambili Game Lodge rappresenta un rifugio romantico perfetto per chiunque sia alla ricerca di un’esperienza di safari intima e coinvolgente.

Le meraviglie del Parco Nazionale Kruger

Il Simbambili Game Lodge si trova nella più grande riserva naturale del Sudafrica: il Parco Nazionale Kruger che, con quasi due milioni di ettari, rappresenta l’autentica essenza dell’Africa.

Questo territorio abbraccia anche un’importante eredità storica e archeologica. Infatti, fa parte della “Kruger to Canyons Biosphere“, un’area riconosciuta dall’UNESCO come Riserva Internazionale dell’Uomo e della Biosfera, un titolo che sottolinea l’importanza del rapporto tra l’uomo e la natura e l’urgenza di preservare questi ambienti per il futuro.

Le vaste praterie dipingono un’immagine iconica delle immense distese della savana africana, mentre le rigogliose foreste costituiscono un rifugio ideale per numerosi animali. Inoltre, con centinaia di specie di uccelli registrate, tra cui molte endemiche dell’Africa meridionale, il Parco è una destinazione di primo piano per gli appassionati di birdwatching provenienti da tutto il mondo.

Per gli amanti della fauna selvatica, il Parco Nazionale Kruger non è solo un paradiso. È una terra di avventure, una meta da sogno dove ogni giorno offre nuove scoperte ed emozioni indimenticabili.

Parco Kruger

Fonte: iStock

Parco Kruger, Riserva Sabi Sand, Africa
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Val Ciamin, la più solitaria valle altoatesina dove regna il silenzio

C’è una splendida valle, tranquilla, solitaria, poco conosciuta e incredibilmente romantica, che regala uno dei panorami più belli delle Dolomiti. Tra il gorgoglìo dei ruscelli, le altissime cime che fanno da cornice e i prati verdeggianti, questa piccola valle racchiude tutte le bellezze naturalistiche dell’Alto Adige in pochi chilometri quadrati.

È la Val Ciamin, nellAlpe di Siusi, stretta tra due dei massicci più iconici e imponenti dei “monti pallidi”: il Catinaccio – che in tedesco, Rosengarten, giardino di rose, suona molto più poetico – e lo Sciliar, il simbolo delle Dolomiti dell’Alto Adige, che, insieme, formano il Parco Naturale Sciliar-Catinaccio. Un territorio meraviglioso a dir poco, ricco di scorci suggestivi e di antiche leggende.

Alla scoperta della Val Ciamin

La Val o Valle Ciamin (o Tschamin) è una piccola valle che, dal Comune di Tires, una frazione di Fiè allo Sciliar, si insinua alle pendici dello Sciliar e del Rosengarten-Catinaccio fino ai rifugi Bergamo e Alpe di Tires. La si percorre a piedi o in mountain bike (o e-mountain bike, se volete fare meno fatica, specie nel secondo tratto che è piuttosto ripido). Nel periodo estivo, l’ufficio del turismo di Tires organizza escursioni guidate a piedi o in e-bike nella valle.

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Fonte: @IDM Südtirol Alto Adige – Harald Wisthaler

Il profilo inconfondibile dello Sciliar

L’intero itinerario, che è lungo circa otto chilometri e ha un dislivello di mille metri, è più semplice e piuttosto pianeggiante nella prima metà del cammino, quindi adatto a tutti, anche ai passeggini, mentre a circa metà strada inizia a inerpicarsi su per la montagna e sono consigliati, oltre ai bastoncini, anche una buona dose di allenamento. Ma lo sforzo vale assolutamente la pena. Poi capirete perché.

A piedi nella valle

Alla partenza del sentiero che prende il via da Bagni di Lavina Bianca, una frazione di Tires al Catinaccio dalla cui cava, sin dal XIX secolo, viene estratta la ghiaia bianca, c’è una malga, la Tschamin Schwaige, dove rifocillarsi prima di mettersi in cammino. Poi, fino al rifugio Bergamo, alla fine di questa incantevole valle dolomitica, che si trova a 2.165 metri d’altezza, non c’è più nulla, se non qualche tavolo di legno dove fare una sosta ristoratrice un pic-nic nelle belle giornate di sole, ma solo splendide cime dolomitiche e altipiani.

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Fonte: @Seiser Alm Marketing – Werner Dejori

Camminare lungo la selvaggia Val Ciamin

Il rifugio si trova nella zona più tranquilla dell’area dello Sciliar-Catinaccio e domina dall’alto la selvaggia e solitaria Val Ciamin. Il rifugio offre alloggio per 70 persone e fermarsi per la notte è una delle esperienze più belle che si possano fare. Il panorama al tramonto (o all’alba, per chi ce la fa a svegliarsi presto) sui “monti pallidi” che, per via di un’antica leggenda, si colorano di rosa e sulla cima di Valbona (3.033 metri) è uno dei più magici che esistano non soltanto in Italia ma al mondo.

Inoltre, lassù, senza alcun inquinamento luminoso, si possono ammirare delle meravigliose stellate. Chi desidera percorrere il sentiero in giornata, invece, può approfittare di un caldo pasto tipico tirolese nell’antica stube di legno.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

La radura Rechter nella Val Ciamin

La Valle Ciamin corre lungo l’omonimo rio Ciamin, che nasce sottoterra ed esce dalle rocce nella valle e scorre costeggiando baite di legno, attraversando distese di pascoli verdi e fioriti a primavera, come la spettacolare radura Rechter Leger, e boschi di sempreverdi e di abeti rossi. Questo cammino si può fare tutto l’anno. Quando c’è la neve, è perfetto per una splendida ciaspolata, specie nelle giornate di sole.

La leggenda di Re Laurino

A molti piace credere che il Catinaccio si tinga di rosa all’ora del tramonto per via di un’antica leggenda locale, quella del giardino di Re Laurino, un sovrano a capo di una comunità di piccolissimi esseri viventi in un mondo dominato da giganti che viveva sul Catinaccio. Un giorno, il re, innamorato di Simhild, una giovane promessa a un altro uomo, però, decise di rapirla e di portarla nel suo castello di pietra.

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Fonte: @IDM Südtirol Alto Adige – Clemens Zahn

Lo spettacolo del Catinaccio-Rosengarten sulle Dolomiti

Laurino sperava di conquistarla grazie al suo magnifico giardino dove fiorivano meravigliose rose rosse protette da un filo di seta dorato. Per liberare la promessa sposa, il fidanzato della principessa chiese aiuto a Dietrich von Bern, re dei goti che, insieme ai suoi guerrieri, partì subito alla volta del castello, strappò il filo di seta del giardino e calpestò le rose. Re Laurino indossò una cappa magica che lo rese invisibile e invincibile, ma durante la battaglia von Bern riuscì a strappargli la cintura e lo sconfisse.

La giovane fu liberata e anche Re Laurino riuscì a fuggire. Con una formula magica trasformò il giardino di rose in pietra. Nessuno, né di giorno né di notte avrebbe dovuto rivedere lo splendore delle rose. Al posto del giardino non rimase che nuda e pallida roccia. Tuttavia, nella formula magica Laurino si scordò di menzionare il crepuscolo, pertanto, per pochi istanti, a quell’ora, si può ancora ammirare lo splendore delle rose sul Catinaccio.

La sorgente magica

Lungo il cammino s’incontra una sorgente d’acqua diversa dalle altre, si dice infatti che sia miracolosa. L’antica sorgente di Hohen Steg era stata sepolta da una frana ed è stata riscoperta solo di recente, oggi è famosa nella valle per i suoi effetti curativi.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Il rio Ciamin che corre lungo tutta la valle

Si racconta difatti che il vecchio lattoniere del vicino paese di Tires, un certo Robert, riuscì a curare i suoi disturbi gastrici grazie a questa magica acqua. Quando si passa di qui vale quindi la pena riempire la propria borraccia. Male sicuramente non fa.

È la stessa acqua che sgorga dalla sorgente di Bagni di Lavina Bianca, che veniva sfruttata ancora oggi dagli abitanti del posto per curare reumatismi, anemie e disturbi metabolici. Nel corso degli anni, Bagni di Lavina Bianca (in tedesco Weisslahnbad) ha richiamato un numero sempre maggiore di visitatori, che venivano appositamente per sottoporsi alle cure e per godere del magnifico paesaggio davanti al gruppo del Catinaccio.

Quando andare in Val Ciamin

La Val Ciamin è percorribile tutto l’anno. D’inverno si può camminare nella neve con le ciaspole ma il rifugio Bergamo chiude per la stagione (apre da giugno). Il periodo migliore per andarci è sicuramente dalla primavera fino all’autunno, quando iniziano le belle giornate di sole e si può passeggiare al fresco, magari rinfrescando i piedi nelle fresche acque del rio Ciamin che corre lungo il percorso.

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Fonte: @Annelies Stifter

Il rifugio Bergamo che domina la Valle Ciamin

A primavera i prati fioriti sono uno spettacolo per i sensi tra colori e profumi che si respirano e che si ritrovano nel gusto dei deliziosi formaggi che vengono prodotti direttamente nelle malghe. Basta camminare a piedi nudi nei prati per godere di momenti di incredibile relax.

In autunno, la valle si tinge dei colori più caldi, in una tavolozza che sfuma dal verde dei sempreverdi al giallo, oro e rosso dei boschi. Questa è anche la stagione del Törggelen che ha inizio a ottobre e che dura fino alla fine di novembre, quando i contadini aprono le porte delle tradizionali Buschenschank, le osterie altoatesine, per offrire i più classici prodotti agricoli caratteristici dell’autunno.

A tavola si servono le tipiche Kartoffelpuffer, frittelle di patate, zuppa d’orzo, canederli o mezzelune ripiene di erbe insieme a costine di maiale e insaccati, accompagnati da canederli e crauti. Si finisce sempre con le castagne arrosto e un bicchiere di vino novello, che è poi il prodotto che ha dato origine a questo evento.

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Fonte: @Seiser Alm Marketing – Werner Dejori

I picchi dolomitici in fondo alla Val Ciamin

Il Törggelen è una tradizione nata proprio nell’Alpe di Siusi e nella Val Venosta, rimasta viva qui ma diffusa poi in tutto l’Alto Adige ed è strettamente legata alla storia del vino. Il termine Törggelen deriva da “Torggl” (dal latino torquere, torcere) e indica il torchio di legno che veniva usato nelle cantine dei contadini per la spremitura dell’uva.

Anticamente, gli ospiti che si recavano nei Buschenschank per degustare il vino novello si portavano il proprio cibo. Oggi a tutti piace la comodità di e la curiosità di gustare gli stessi piatti cucinati da cuochi diversi, perché ognuno ha poi la propria variante. Uno ottimo motivo per organizzare subito un weekend in questa inesplorata valle altoatesina.

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Il Triangolo d’oro in Asia, cosa vedere assolutamente

Panorami meravigliosi, ricche città dalle origini antichissime e una natura sconfinata: il Triangolo d’oro è una regione a cavallo tra ben tre diversi Stati asiatici, e solo di recente è diventato una vera e propria meta turistica. La sua storia, in effetti, è costellata di eventi che davvero poco hanno a che fare con le incredibili bellezze che lo caratterizzano. Scopriamo qualcosa in più su questo angolo incantevole e i suoi luoghi imperdibili.

Che cos’è il Triangolo d’oro

Vasta regione montuosa situata nel Sudest Asiatico, il Triangolo d’oro nacque là dove il fiume Mae Sai si getta nelle acque del Mekong, esattamente al confine tra Myanmar, Laos e Thailandia. Oggi, in realtà, questo nome identifica un’area ben più grande, che racchiude un’ampia varietà di paesaggi: dalle colline del nord-est di Myanmar alle montagne settentrionali della Thailandia, passando per gli incredibili altopiani del Laos e le rigogliose vallate che li circondano.

Da dove deriva questo nome così particolare? Un tempo, questo era il regno della droga: immense distese di papaveri da oppio ne hanno fatto una delle principali regioni al mondo dedita alla produzione di questa sostanza stupefacente, che veniva acquistata nelle città di frontiera e pagata con barre d’oro. Nel corso dei decenni, ha avuto inizio un vasto commercio di altre droghe, tra cui l’eroina e le metanfetamine. Gli sforzi fin qui compiuti per sradicare il traffico internazionale di stupefacenti non hanno veramente avuto successo, ma nel contempo il Triangolo d’oro è diventato una bellissima meta turistica.

Le tappe imperdibili

Cosa vedere in un viaggio alla scoperta del Triangolo d’oro? Immersa tra le montagne e circondata da una natura incontaminata, la città di Kengtung è una delle più belle del Myanmar: qui ci si può immergere nella cultura locale, passeggiando tra le coloratissime bancarelle del mercato di Kyaing Tong, per poi ammirare il suoi antichi templi buddisti come quello di Wat Kyaiktiyo. Non meno affascinante è il Palazzo di Kengtung, risalente al XVIII secolo: un gioiello assolutamente da visitare. Mentre, a poca distanza dal centro abitato, ecco il meraviglioso monastero di Wat Pa, uno dei più antichi del Paese.

È invece nel Laos che possiamo tuffarci tra le atmosfere uniche di Ban Houayxay: la città, adagiata lungo le sponde del fiume Mekong, è piccolina ma davvero molto graziosa, con un centro vivace dove si possono trovare ristoranti e caffè per chi vuole scoprire i sapori locali. Molto suggestivo è il tempio di Wat Chomkao Manilat, una delle attrazioni principali della zona, ma la vera bellezza si trova nella natura incontaminata del Parco Nazionale dell’Huay Xai, tra foreste pluviali e cascate incantevoli: è il luogo ideale per fare trekking.

Infine, in Thailandia si concentrano numerose città antiche tutte da scoprire. È il caso di Chiang Rai, ricca di templi come il Wat Phra Keow (un tempo ospitava la famosa statua del Buddha di Smeraldo) e il Wat Phra Sing. O di Chiang Mai, la seconda città più grande del Paese: il suo territorio ospita circa 300 edifici religiosi, tra cui il celebre Wat Phrathat Doi Suthep, meta di pellegrinaggio buddhista e punto di osservazione unico per ammirare il paesaggio circostante. Mentre a Mae Hong Son si possono visitare numerosi villaggi per fare un’esperienza autentica, oppure concedersi un’immersione nella natura selvaggia.

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Valle dei Mocheni, con un magnifico scenario naturale

A pochi chilometri da Trento, si trova una terra che è rimasta intatta nella sua bellezza, quasi come un segreto da custodire gelosamente. I visitatori l’hanno ribattezzata ‘la valle incantata’ e non c’è forse altro modo di definirla, una volta che si è al cospetto del magnifico scenario naturale che racchiude, lasciato intatto dagli insediamenti umani isolati. Non è però solo il paesaggio che si svela allo sguardo a rendere questo luogo così speciale, ma anche la presenza di un‘isola linguistica germanofona di origine medievale. Benvenuti nella Valle dei Mocheni.

Alla scoperta della Valle dei Mocheni

La Valle dei Mòcheni, o Valle del Fèrsina (in mòcheno: Bersntol, in tedesco: Fersental) è una gemma nascosta del Trentino-Alto Adige, percorsa dal torrente Fèrsina, dalla sua sorgente fino alla cittadina di Pergine Valsugana, in provincia di Trento. Circondata dalle vette del settore occidentale del gruppo del Lagorai, è un susseguirsi di pascoli e boschi, in particolare larici e abeti rossi, interrotti solo qua e là da baite, masi e gruppi di case sparse, immersi in uno spazio che sa di infinito, dove tracce di agricoltura e allevamento spezzano solo per qualche istante il dominio della natura, permettendole di rimanere incontaminata e di preservare gli habitat di specie animali e vegetali protette.

Oltre a essere una meta molto apprezzata per le escursioni estive e per vacanze rilassanti e rigeneranti, è anche un luogo con un interessante passato minerario, testimoniato dalla Miniera-Museo Grua va Hardömbl, che si apre a 1.700 metri di quota con il suo tesoro di pirite, blenda, calcopirite, galena e oro. Situata nei pressi del sentiero che conduce al Lago di Erdemolo e distante 5 km dal centro di Palù del Fersina, è così ben conservata da sembrare quasi “viva”. Attrezzi e strumenti da lavoro, originari del sito, minerali e altri oggetti portano la mente a ritroso nel tempo, in epoche lontanissime o in altre più vicine a noi.

Per comprendere appieno la storia e la cultura di questi luoghi e della comunità che li abitano, è stato realizzato l’Istituto Mòcheno che ha lo scopo di tutelare e valorizzare il patrimonio etnografico e culturale, con particolare riguardo alle espressioni linguistiche. Una visita al Filzerhof, permette, ad esempio, di conoscere come viveva la comunità mòchena nei secoli scorsi. In questo maso, infatti, convergono tutti gli aspetti della vita locale, dalle attività lavorative alle relazioni sociali, dalla trasmissione delle conoscenze – anche quelle linguistiche – allo svolgersi dei rituali tradizionali.

Risalendo la Valle dei Mocheni verso Sant’Orsola si raggiunge, invece, l’interessante Museo Pietra Viva, che propone un affascinante viaggio nel mondo dei minerali e dei minatori, attraverso 400 anni di storia che hanno visto fiorire e decadere l’attività mineraria in questa valle di immigrazione tedesca. All’interno, si trova la ricostruzione del più grande “geode”, ossia una cavità rocciosa ricoperta di cristalli, scoperto negli anni ’90 dai due fratelli che hanno dato vita a questo percorso ricco di storia, cultura e natura.

Chi sono i Mocheni

I Mòcheni sono gli abitanti della valle che ne porta il nome, discendenti di una comunità di origine germanica che ha mantenuto negli usi e nella lingua la radice tedesca. I primi abitanti sono arrivati qui nel Medioevo dalla Germania, chiamati dai signori feudali di Pergine come manodopera per gli allevamenti e le coltivazioni. Pian piano la comunità è diventata stanziale, continuando a popolare la zona e dedicandosi allo sfruttamento dei giacimenti di rame e argento. Mochen, secondo il codice linguistico dei contadini tedeschi scesi qui a lavorare nelle miniere, deriva da machen, ‘fare’. Un nome attribuito in senso dispregiativo per indicare gli abitanti della montagna di lingua tedesca.

A partire dagli anni ’60, dopo la repressione operata dal fascismo con la proibizione dell’uso della lingua germanica e dopo una fase di disinteresse, nel secondo dopoguerra, verso queste isole linguistiche, è iniziato un processo di rivalutazione di questa e altre minoranze della provincia di Trento.

Attualmente i paesi appartenenti alla comunità mòchena sono quattro: Roveda (Oachlait, in mocheno), Frassilongo (Garait) e Fierozzo (Vlarotz) – sulla sponda sinistra della Fèrsina – e Palù (Palai), nella parte alta sulla sponda destra. La lingua mòchena è usata a livello orale da quasi la totalità delle famiglie di Roveda e di Palù, da gran parte delle famiglie di Fierozzo e da alcune famiglie a Frassilongo.