Da Bruxelles si sta lavorando al fine di dar vita a una nuova normativa per gli spostamenti tra i Paesi membri che sia univoca. L’obiettivo è quello di omologare in un solo modello i criteri sanitari di entrata nelle frontiere. Ciò vuol dire che le regole per viaggiare in Europa potrebbero presto cambiare. Cerchiamo di capire insieme in che modo.
Come cambiano le regole e da quando
Stando a quanto trapelato fino a questo momento, il consiglio dell’Unione Europea avrebbe intenzione – già da martedì – di rivedere il sistema delle mappe di contagio tracciate dal Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc). Uno strumento che rivela il quadro della situazione epidemiologia in ogni Paese membro e che ha determinato le possibilità di spostamento tra i confini europei.
In sostanza, il sistema dovrebbe rimanere solo a livello informativo, superando l’approccio utilizzato fino a ora che riguarda “l’area geografica di provenienza dei viaggiatori“. Probabilmente, quindi, basterà essere in possesso del Green Pass, eliminando conseguentemente l’obbligo di presentare il risultato di un tampone negativo o di sottoporsi a quarantena.
Come funziona la mappa dell’Ecdc
Questo strumento è sempre stato utilizzato con lo scopo di orientare le decisioni degli Stati membri dell’Unione Europea per quanto riguarda le limitazioni sui viaggi tra Paesi. Viene assegnato il colore “verde” alle aree e regioni a basso rischio di contagio, e poi il “giallo”, il “rosso” e infine il “rosso scuro” in base all’incidenza dei casi di positività su 100mila abitanti negli ultimi 14 giorni.
Con le nuove norme decise a livello Ue, la mappa dell’Ecdc dovrebbe continuare comunque a essere aggiornata settimanalmente, ma avrà carattere meramente informativo.
Quali saranno le nuove norme da seguire
Le regole, contenute nella raccomandazione concordata dagli ambasciatori Ue in vista del Consiglio Affari Generali di martedì, hanno l’obiettivo di semplificare la mobilità europea per cercare di ritornare il più vicino possibile a una normalità.
Restrizioni, quindi, non più legate all’area di arrivo dei singoli viaggiatori, ma esclusivamente sulla presentazione del Super Green Pass, ovvero il documento che certifica l’avvenuta vaccinazione o guarigione, con durata confermata di 9 mesi a partire dall’1 febbraio.
Spostamenti permessi anche con Green Pass base, ossia quello ottenuto tramite tampone. In questa eventualità, la validità sarà di 72 ore nel caso di test molecolare con esito negativo, e di 24 per gli antigenici.
Cambierà, inoltre, anche il modo di redigere la mappa. Ciò vuol dire che i colori (che vanno dal verde al rosso scuro) saranno il risultato della combinazione dell’insorgere di nuovi casi con la copertura vaccinale. L’obiettivo fondamentale di tutto questo è aumentare il numero dei vaccinati. Infatti, secondo il documento per chi non è in possesso di un certificato di vaccinazione o di guarigione e arriva da una zona rosso scuro, dovrebbe essere obbligato a sottoporsi a un test molecolare o antigenico prima della partenza e alla quarantena/autoisolamento per dieci giorni dopo l’arrivo.
In poche parole, non importerà più da quale Paese si proviene. Quello che conterà sarà il personale certificato Covid. E martedì, al Consiglio Affari Generali, dovrebbe essere il giorno della svolta poiché uno dei temi in agenda è proprio il “coordinamento a livello Ue nel contesto del Covid-19”, che dovrebbe approvare una revisione delle raccomandazioni sui viaggi e proprio come ve la abbiamo illustrata.
Del resto, cambiamenti sulle normative stanno già avvenendo nei singoli Paesi: la Francia ha tolto l’obbligo di mascherina all’aperto; le restrizioni sono state alleggerite fortemente in Irlanda e più cautamente in Belgio, dove il governo ha introdotto il cosiddetto “barometro”, vale a dire un sistema di classificazione del rischio che si basa sulle ospedalizzazioni e sulle terapie intensive. Fuori dall’Ue, nel Regno Unito, Boris Johnson ha abolito l’obbligo di mascherine al chiuso e il “passaporto vaccinale”.
La “plausibile” fine della pandemia e il cambio di regole
Da una parte c’è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che parla di “plausibile” fine della pandemia in Europa grazie alla diffusione della variante Omicron, dall’altra ci sono gli Stati Ue che finalmente hanno trovato un accordo — non vincolante — per salvaguardare la libera circolazione in sicurezza all’interno dell’Unione, privilegiando un approccio basato sulla persona e non sull’area geografica di provenienza. Il tutto con lo scopo di recuperare un po’ di normalità.
È bene sapere, tuttavia, che l’Oms resta comunque cauta nelle sue valutazioni. In particolare, il direttore dell’Organizzazione Mondiale della sanità Europa, Hans Kluge, parlando all’Afp ha spiegato che la variante Omicron potrebbe arrivare a infettare il 60% degli europei entro marzo. Questo vuol dire che dovremmo essere in una nuova fase della pandemia che potrebbe portarla più vicino alla fine.
“Una volta che l’onda Omicron si sarà placata, ci saranno alcune settimane e mesi di immunità globale, o grazie al vaccino o perché la gente sarà immune a causa dell’infezione e anche un calo a causa della stagionalità“, ha detto Kluge, precisando però che non siamo ancora in una fase endemica del virus: “Endemico significa (…) che possiamo prevedere cosa accadrà, questo virus ha sorpreso più di una volta. Quindi dobbiamo stare molto attenti“. In poche parole, è vero che la situazione sembrerebbe migliorare, ma nei fatti tutto questo non vuol dire che siamo verso un pieno ritorno alla normalità.
La raccomandazione sui viaggi visionata dal quotidiano El Pais conferma che ora ci si sente pronti per un cambiamento, anche grazie ai risultati raggiunti con la campagna vaccinale nell’Ue. Ad oggi ha ricevuto almeno una dose il 70% della popolazione di riferimento, mentre il 75% ha completato il ciclo.
Ma non solo. Nonostante l’aumento dei contagi, che ha fatto registrare nuovi record in vari Paesi tra cui l’Italia, la situazione sembra più sotto controllo e non c’è stato un incremento altrettanto esponenziale della pressione sugli ospedali. La commissaria europea alla Salute, Stella Kyriakides, consiglia comunque prudenza poiché “il virus è ancora pericoloso“.
Come si sta muovendo l’Italia
Nel frattempo, il governo italiano starebbe valutando delle soluzioni per chi sì è già sottoposto alla terza dose di vaccino contro il Covid- 19 (se volete sapere quali Paesi hanno aperto solo a chi ha fatto il richiamo cliccate qui). Il motivo è molto semplice: dal giorno 1 febbraio la scadenza del Green Pass in Italia passerà da 9 a 6 mesi.
Il taglio, quindi, della durata della Carta Verde rappresenterebbe un problema non da poco per coloro che per primi hanno fatto la terza dose, già da ottobre. Una spiacevole situazione nella quale sarebbero incappati già diversi turisti stranieri che si sono visti costretti a rinunciare alle vacanze in Italia perché nei loro Paesi hanno fatto la terza dose ad agosto o a settembre, ritrovandosi dunque nel limbo di un Green Pass considerato scaduto e senza la possibilità di essere rinnovato con una quarta dose. La previsione è quella di una proroga quasi inevitabile vista l’attuale assenza di un’ulteriore dose di richiamo.