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Stonehenge sorprende ancora, scoperta la vera origine della sua pietra

Stonehenge, straordinario sito neolitico che si trova vicino ad Amesbury, in Inghilterra, da secoli affascina archeologi e studiosi per via delle sue leggende e dei suoi innumerevoli misteri. Su di esso, infatti, esistono pressoché infinite teorie sulla modalità e sullo scopo della sua costruzione, ma fino a questo momento ancora non si era trovata alcuna prova schiacciante per dimostrare la veridicità delle varie ipotesi. Tuttavia, un nuovo studio affermerebbe che è appena stata scoperta la vera origine della pietra con cui è stato costruito.

Lo studio che svela l’origine della pietra di Stonehenge

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature e svolto da un team internazionale di ricerca guidato dal geologo britannico Anthony Clarke dell’australiana Curtin University, sostiene che la composizione chimica dei minerali della monumentale Pietra dell’Altare di Stonehenge dimostrerebbe che il blocco di arenaria, per moltissimo tempo ritenuto originario del Galles, provenga in realtà dalla Scozia. Ciò vorrebbe dire, quindi, che questo sasso di ben 6 tonnellate sarebbe stato trasportato per oltre 700 chilometri.

Nel dettaglio, l’analisi effettuata dai ricercatori avrebbe rilevato che specifici granuli di minerali nella Pietra dell’Altare avrebbero un’età compresa tra 1.000 e 2.000 milioni di anni, mentre altri minerali circa 450 milioni di anni. Secondo il loro illustre e fondamentale parere emerso a seguito dello studio, questi dati fornirebbero un’impronta chimica distinta che suggerirebbe che la pietra provenga da rocce nel bacino delle Orcadi, in Scozia, ad almeno 750 chilometri di distanza da Stonehenge.

A questo punto, quindi, si aprono ancor più domande affascinanti su come tutto questo sia stato effettivamente possibile, considerando i vincoli tecnologici dell’epoca per trasportare una pietra così massiccia su distanze altrettanto gigantesche (soprattutto in quel momento storico). Stando alle prime ipotesi, vi è stata una probabile rotta di spedizione marittima lungo la costa della Gran Bretagna.

Perché è una scoperta importantissima

La Pietra dell’Altare è uno dei più grandi megaliti al centro di Stonehenge e il suo trasporto, per circa 750 chilometri, suggerirebbe che l’organizzazione della società neolitica britannica fosse molto più complessa e avanzata di quanto pensato fino a questo momento.

Gli studiosi avevano precedentemente stabilito che questo enorme sasso provenisse dalle colline del Galles occidentale, ma essendo la Pietra dell’Altare fatta di una roccia diversa rispetto alle altre la sua origine è stata spesso dibattuta, tanto che già lo scorso anno un gruppo di ricercatori dell’Università di Aberystwyth, in Galles, aveva messo un punto in modo definitivo sul fatto che la pietra non potesse provenire dal Galles. Tuttavia, la sua origine era rimasta sconosciuta, almeno fino a quest’ultima e interessantissima scoperta.

In questo recente studio, infatti, i dati raccolti dalla Pietra dell’Altare sono stati confrontati con i depositi sedimentari presenti in diverse aree del Paese, che hanno fatto emergere una corrispondenza con una sequenza di rocce situate nell’estremo nord-est della Scozia.

Tutto ciò suggerirebbe, dunque, che i popoli del Neolitico non fossero isolati, ma che al contrario possedevano una rete di contatti e scambi che si estendeva su distanze notevoli.

La scoperta appena effettuata ci fornisce quindi importantissime informazioni sull’origine di questo sito, che possono essere un ideale punto di partenza per provare a risolvere gli ancora tantissimi misteri e segreti che racchiude.

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La bellissima Putignano, in Puglia, diventa ufficialmente Città

Putignano è un vero e proprio incanto situato nella Murgia della città metropolitana di Bari, in Puglia. Noto per l’antico Carnevale, per le aziende manifatturiere tessili e per le grotte carsiche, offre un centro storico circondato da una strada principale della città moderna, ma anche una serie di viuzze strette che si affacciano su piazze minuscole o più grandi, come nel caso della bellissima piazza Plebiscito, cuore del paese. Ed ora, questa suggestiva località posta su tre colli a 375 metri sul livello del mare, vanta qualcosa in più: il titolo onorifico di Città.

Il titolo onorifico di Città di Putignano

Come riporta la Gazzetta del Mezzogiorno, Michele Vinella, sindaco di Putignano, ha annunciato che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito a Putignano, il 27 giugno scorso, il titolo onorifico di Città.

Attualmente sono circa 80 i comuni pugliesi che hanno raggiunto tale rango, e la “città” più antica di tutte è Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, sito patrimonio Unesco che vanta questo riconoscimento dal 1401.

Perché Putignano è ora una Città

Sono diversi i motivi per cui ora Putignano può vantare il titolo di Città. Uno su tutti è sicuramente il suo Carnevale, la cui nascita risale al 1394, quando le scorrerie saracene sulle coste della Puglia imposero di spostare le reliquie del protomartire S. Stefano da Monopoli verso l’entroterra, per poterle difendere più facilmente.

Ma non è di certo l’unica ragione, perché nella relazione del Ministero dell’Interno è evidenziata anche la storia del territorio, dimostrata dalla rilevanza economica di Putignano già nel X secolo d.C. e dalla presenza dei Cavalieri di Malta nel 1317.

Poi ancora per gli innumerevoli monumenti, come la Chiesa di Santa Maria La Greca che al suo interno ospita un’icona bizantina e le reliquie del Primo Martire, Santo Stefano, eletto protettore della città nel 1646; la Basilica dedicata a San Pietro, che custodisce una Cappella della Natività con un bellissimo presepe in pietra policromata; il Convento dei Domenicani con la Chiesa di San Domenico, santuario a pianta rettangolare che pullula di meravigliosi stucchi e bassorilievi.

Non mancano poi luoghi di interesse, tra cui il Museo Civico Principe Guglielmo Romanazzi Carducci dove spiccano la raccolta d’armi e il “Salone Giallo”, all’epoca luogo di mondanità, conversazioni e serate di ballo; il Teatro Comunale Giovanni Laterza, recentemente ristrutturato, elegante ed accogliente; la Biblioteca Comunale, all’interno della quale sono conservati oltre 70.000 volumi.

Assolutamente degne di nota sono anche le grotte, tra cui la Grotta del Trullo che sorge a circa 1 km dal centro storico e che è una delle grotte carsiche più suggestive di tutta la Puglia, e la Grotta di San Michele Arcangelo, con l’affascinante chiesa sotterranea.

Infine, le personalità illustri legate a Putignano, tra cui lo scultore Stefano da Putignano, la nobildonna e benefattrice Francesca Antoniano, il fondatore della casa editrice Edizioni Laterza Giovanni Laterza, il Principe Romanazzi Carducci e Cesare Contegiacomo, primo imprenditore di Putignano.

Insomma, il bellissimo paese di Putignano è ora una Città e di certo questo è un titolo onorifico che gli calza particolarmente a pennello.

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Siwa, una delle oasi più straordinarie d’Egitto

L’Egitto è una delle destinazioni più popolari del Nord dell’Africa: ha tante attrazioni e paesaggi variegati, che spaziano dalle spiagge dorate lambite dal mare azzurrissimo alle dune di sabbia del deserto dove scoprire le antiche e mistiche Piramidi. Alcuni degli angoli più sorprendenti del paesaggio di questa nazione, però, sono le oasi.

L’Oasi di Siwa, è una vera gemma nascosta nel cuore del deserto occidentale dell’Egitto, un luogo incantevole che ammalia i viaggiatori con la sua bellezza naturale e la sua ricca storia. Situata a circa 50 chilometri dal confine con la Libia, Siwa è un’oasi remota e un po’ difficile da raggiungere, ma che vale la pena di vedere per l’esperienza unica e autentica che offre ai viaggiatori.

Dove si trova l’Oasi di Siwa e come raggiungerla

L’Oasi di Siwa si trova nel Governatorato di Matrouh, nel nord-ovest dell’Egitto, a circa 560 chilometri dal Cairo. Circondata da palmeti lussureggianti e sorgenti d’acqua termale, Siwa è famosa per la sua atmosfera paradisiaca e la sua autenticità.

Il periodo migliore per visitare l’Oasi di Siwa è durante l’autunno e la primavera, quando le temperature sono più miti, poiché durante l’estate il caldo nel deserto egiziano può risultare davvero eccessivo.

Lago salato, Oasi di Siwa

Fonte: iStock

Il lago salato nell’Oasi di Siwa

Ma come raggiungere questa splendida oasi? Il modo ideale per arrivare a Siwa, è prendere un autobus da Il Cairo o Alessandria, oppure optare per un viaggio in auto, in pieno stile on the road. Siwa è anche accessibile tramite voli da Il Cairo all’aeroporto di Marsa Matrouh, da cui è poi possibile prendere un taxi o un autobus diretto all’oasi.

Cosa fare a Siwa e nei dintorni

Posta tra la depressione di Qattara e il Grande Mare di Sabbia, l’oasi di Siwa dista circa 600 km dalla capitale egizia, motivo per cui dirigersi lì in auto richiederà almeno 8-9 ore di guida. Eppure, come già accennato, Siwa è una delle oasi più particolari in Egitto: qui è possibile immergersi nell’atmosfera più autentica del luogo, andando alla scoperta di villaggi beduini e non solo.

La prima tappa è sicuramente quella alla Fortezza di Shali, centro nevralgico dell’antica storia di Siwa: oggi ancora domina il paesaggio, con le sue costruzioni in argilla e sale.

Ma non solo. In questa zona, infatti, è possibile anche fare un’escursione a due grandi laghi salati, il Siwan e il lago El-Zeitoun. Questa zona, inoltre, è particolarmente nota per la presenza del Tempio di Alessandro Magno, anche conosciuto con il nome di Tempio dell’Oracolo.

Fortezza di Shali

Fonte: iStock

La maestosa Fortezza di Shali

L’area che comprende l’oasi è vasta, ha una lunghezza di 80 km e una larghezza di circa 20 km e conta pressappoco 7.000 abitanti: tra questi, vi sono tribù originarie della Libia e della Tunisia, che parlano una lingua locale nota come Amazighi. La vita nell’oasi scorre lenta: la popolazione principalmente si occupa di attività agricole, come la coltura dei datteri e delle olive.

Gli amanti del relax saranno felici di sapere che nell’oasi di Siwa è possibile anche scoprire sorgenti di acqua calda rigenerative: ad esempio, la sorgente di Cleopatra, Bir Wahed e quelle che hanno origine dal monte Dakrour.

Tra le attività più belle da fare nei dintorni dell’oasi c’è quella di andare alla scoperta di Fitnas Island: ammirare il tramonto e i fenicotteri rosa sorseggiando un tè Siwan tradizionale, aromatizzato da foglie di limone, è un’esperienza da non perdere.

Per i più adrenalinici, invece, da non mancare è l’esperienza al Siwa Oasis Desert Safari: salite a bordo di una jeep 4×4 e avventuratevi nel Grande Mare di Sabbia per un po’ di sandboarding sulle dune.

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Pompei sorprende ancora, la nuova scoperta dell’eruzione

Proseguono con successo le ricerche archeologiche nella Regio IX, Insula 10 di Pompei, un’area particolarmente ricca di scoperte che da tempo alimenta l’interesse degli studiosi. Le indagini in corso, parte di un progetto più ampio volto a mettere in sicurezza i fronti di scavo, hanno recentemente portato alla luce un altro importante ritrovamento: un piccolo ambiente che custodisce i resti di due vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

La nuova scoperta negli Scavi di Pompei

Questa nuova scoperta, oggetto di un primo inquadramento scientifico pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei, ci riporta ai tragici istanti della catastrofe. All’interno del vano scoperto, un cubicolo adibito a stanza da letto temporanea, sono stati trovati i corpi di un uomo e di una donna. Quest’ultima, sul letto, portava con sé un piccolo tesoro composto da monete d’oro, d’argento e di bronzo, oltre a preziosi monili, tra cui orecchini in oro e perle, testimonianze della ricchezza e dello status sociale della vittima.

Il cubicolo, situato alle spalle del Sacrario blu, già documentato in precedenti scavi, e con accesso dal grande salone decorato in II stile, sembra fosse utilizzato come rifugio durante i lavori di ristrutturazione della casa. Le due vittime, sperando di sfuggire alla pioggia di lapilli che stava invadendo ogni spazio della domus, si rifugiarono in questa stanza, ignare del tragico destino che le attendeva.

L’ambiente, grazie alla porta chiusa, rimase sgombro dalle pomici, a differenza del salone adiacente, che si riempì rapidamente, bloccando la possibilità di fuga ai due sfortunati. Intrappolati nell’angusto spazio, furono infine travolti dai letali flussi piroclastici.

Le impronte nella cenere, perfettamente conservate, hanno permesso agli archeologi di ricostruire l’arredamento della stanza, rivelando la presenza di un letto, una cassa, un candelabro in bronzo e un tavolo con piano in marmo, ancora ornato con suppellettili in bronzo, vetro e ceramica. Questi reperti offrono uno spaccato straordinario della vita quotidiana a Pompei, permettendo di approfondire le conoscenze sulla società pompeiana e sulle tragiche storie individuali che si intrecciano con il dramma collettivo dell’eruzione.

I progetti del Parco Archeologico di Pompei

Il progetto di scavo in questione si inserisce in un più ampio approccio multidisciplinare adottato negli ultimi anni dal Parco Archeologico di Pompei. Questo metodo mira non solo alla conservazione del sito, ma anche al miglioramento dell’assetto idrogeologico e della sicurezza dei fronti di scavo. Sulla base dei dati raccolti, il Parco sta adattando continuamente le proprie strategie, concentrandosi sul restauro, la salvaguardia e l’accessibilità del patrimonio, e delimitando con precisione le nuove aree di scavo all’interno della città sepolta.

Contemporaneamente, il Ministero della Cultura e il governo hanno destinato importanti investimenti a nuovi scavi nel territorio circostante, tra cui Civita Giuliana, Villa dei Misteri e l’antica Oplonti nel Comune di Torre Annunziata. Questi interventi consentiranno di arricchire ulteriormente la nostra comprensione della vita nell’antica Pompei e nei suoi dintorni.

Secondo Gabriel Zuchtriegel, Direttore del Parco Archeologico di Pompei, l’analisi dei dati antropologici relativi alle vittime rinvenute fornirà informazioni preziose sulla vita quotidiana degli antichi pompeiani e sulle loro microstorie. “Pompei rimane un grande cantiere di ricerca e restauro”, – ha dichiarato Zuchtriegel, – “ma nei prossimi anni ci aspettiamo importanti sviluppi negli scavi archeologici e nella valorizzazione del territorio, anche grazie agli investimenti Cipess recentemente annunciati dal Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano”.

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Nuova scoperta a Selinunte: ritrovato un tempio antichissimo

Il sito archeologico di Selinunte, in Sicilia, non smette mai di stupire. Nuovi edifici legati all’area sacra, tra l’età arcaica e quella classica, e una struttura che sembrerebbe un piccolo tempio, alle spalle del Tempio C, pari a circa due terzi del Tempio R, sono alcune delle ultime scoperte legate alla campagna di scavi in corso nel Parco archeologico di Selinunte da parte della New York University e dell’Università Statale di Milano. Gli esperti hanno riferito che la scoperta è di estremo interesse e valore, che potrebbe ridisegnare il perimetro dell’area.

L’eccezionale ritrovamento

Da più di dieci anni, gli archeologi dell’Institute of Fine Arts–NYU e dell’ateneo milanese stanno effettuando scavi archeologici a Selinunte, studiando a fondo i santuari urbani all’interno del grande muro di peribolo sull’Acropoli e portando alla luce porzioni di abitati e interessanti manufatti.

In particolare, in questa ultima campagna di scavi, sono stati fatti grandi passi in avanti, tanto che, se le ipotesi dovessero risultare esatte, si potrebbe riscrivere il perimetro dell’intera area del sito archeologico. I risultati degli ultimi scavi sono stati presentati lo scorso 11 agosto dal direttore del Parco archeologico Felice Crescente e dall’archeologo Clemente Marconi, che coordina 60 collaboratori e studenti che hanno effettuato diversi lavori di indagine a Selinunte.

“Le attività di ricerca effettuate in questa zona”, ha commentato l’assessore ai Beni culturali e all’identità siciliana Francesco Paolo Scarpinato “riservano sempre nuove scoperte. In questo caso, si tratta di rinvenimenti di grande valore. In autunno, quando riprenderanno le attività, avremo dettagli più chiari sulla portata del ritrovamento”.

La missione di scavi ha individuato un accesso monumentale a Nord Ovest dell’Acropoli e anche un ambiente con un pozzo circolare contenente diversi oggetti, tra cui alcune monete e gioielli d’oro. Ma il ritrovamento più importante è stata una struttura che parrebbe condurre a un tempietto non ancora conosciuto, non grandissimo e senza colonne.

Il parco archeologico di Selinunte

Selinunte era un importante centro urbano della Magna Grecia in Italia, che sorgeva lungo la costa Sud-occidentale della Sicilia, nel territorio che oggi ricade sotto la provincia di Trapani. Non è solamente una preziosa testimonianza del passato di questa florida regione, ma anche un luogo dove la natura non ha mai ceduto il passo all’uomo: il sito, affacciato sulle acque cristalline del Mar Mediterraneo, è il più grande di tutta Europa e vanta ben 270 ettari di dolci colline punteggiate da templi e antichi resti di altri edifici.

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Fonte: Ansa

Gli scavi archeologici in corso a Selinunte

Al suo apice, la città ospitava 30.000 abitanti e copriva un’area di 670 acri. Il Tempio C, situato in questo quadrante, fu costruito in stile dorico intorno alla metà del VI secolo a.C. Scavi precedenti hanno portato alla luce centinaia di antichi sigilli, indicando che il tempio probabilmente fungeva da archivio ed era dedicato ad Apollo. Eretta su un altopiano calcareo a strapiombo sul mare, regala una vista mozzafiato sulla spiaggia di Selinunte e sulle acque cristalline che la lambiscono.

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Cosa vedere a Isola delle Femmine in Sicilia

Lungo la costa siciliana è presenta una vera e propria gemma nascosta della Sicilia, a pochi chilometri da Palermo. Si tratta di isola delle Femmine, un piccolo isolotto capace di incantare i propri visitatori grazie alle sue acque cristalline, le spiagge imperdibili ed un ricco patrimonio storico e naturale.

La storia dell’isola

Nonostante le sue piccole dimensioni, questa località siciliana è una destinazione ideale per chi cerca una fuga rilassante dalle mete più affollate e dal traffico delle città. Prima di visitare l’isola delle Femmine, però, è bene conoscere qualcosa in più sulle sue origini e sulla sua storia, a partire dal suo nome così particolare.

L’origine della denominazione “Isola delle Femmine” rimane ancora un mistero, una storia avvolta dalle leggende locali. Alcuni cittadini, infatti, sostengono che questo nome derivi da una prigione femminile, che in antichità si trovava proprio sull’isola, mentre altri credono che il nome sia collegato ad alcune tradizioni di pesca locali. In passato, infatti, le donne locali avevano un ruolo importante nella società.

La teoria più plausibile, però, che il nome dell’isola derivi dalla lingua araba, precisamente da “Fim”, che in italiano significa letteralmente “bocca” e che si riferisce alla forma dell’isola.

Con un occhio sempre al passato, Isola delle Femmine era un importante punto di difesa contro le incursioni dei pirati ed oggi ospita i resti di una torre di avvistamento risalente al sedicesimo secolo e costruita proprio per difendere l’isola ed i suoi abitanti. La presenza di questa torre, diventata un simbolo, contribuisce alla creazione di un’atmosfera davvero unica, in grado di attirare turisti da tutto il mondo.

Cosa vedere a Isola delle Femmine?

Questa piccola isola siciliana, nonostante le sue piccole dimensioni, è un paradiso naturale, protetto dal lontano 1997 e che rappresenta un ambiente perfetto per chi ama passeggiare nella natura. Isola delle Femmine è accessibile solo via mare ed offre l’opportunità di fare snorkeling ed immersioni, così da esplorare i suoi ricchi fondali ed osservare da vicino pesci colorati, coralli e spugne di mare. Inoltra, quest’isola è anche un habitat sicuro per diverse specie di uccelli migratori, che qui trovano riparo.

Sull’isola è possibile ammirare quello che poco prima è stato definito come suo “simbolo”: la torre di avvistamento. Questa struttura venne costruita nel sedicesimo secolo e faceva parte del sistema difensivo delle torri costiere della Sicilia. Nonostante oggi la torre sia in rovina, offre una vista spettacolare sul Mar Tirreno. Visitare la torre sull’isola è come fare un viaggio nel passato, immaginando la vita di tutti i guardiani che da qui difendevano il proprio territorio.

Un viaggio nel passato che può essere fatto anche passeggiando per vie dell’antico borgo marino del comune di Isola delle Femmine, sull’isola principale. Qui è possibile perdersi tra le strette stradine, fra case di diversi colori vivaci e le barche dei pescatori ormeggiate nel porto, oltre che visitare piccoli negozi presso i quali poter acquistare prodotti di artigianato locali e alimenti tipici della regione.

Le spiagge più belle di Isola delle Femmine

La Sicilia, si sa, è rinomata a livello internazionale per le bellezze uniche del suo territorio e le sue spiagge da cartolina. Molte di queste località balneari, infatti, sono state insignite in passato della Bandiera Blu ed offrono un ambiente ideale per passare una giornata al mare, all’insegna del relax, facendo un bagno in un mare limpido e tranquillo. Ma quali sono le spiagge più belle nei pressi di Isola delle Femmine?

  •  Spiaggia di Isola delle Femmine: è un lungo tratto di sabbia dorata, che ricopre tutta la costa del paese. È perfetta per le famiglie e per i bambini, grazie al suo fondale marino poco profondo e per le sue acque limpide e pulite. Inoltre, sono presenti diversi stabilimenti dove poter trovare tutti i comfort possibili, come lettini ed ombrelloni, ma anche bar e ristoranti.
    Questa spiaggia è una delle più affollate durante i periodi di alta stagione ed è la soluzione ideale per chi non vuole allontarsi troppo dal centro abitato e godere di una giornata di fuga al mare;
  • Spiaggia di Capaci: si trova a pochi minuti da Isola delle Femmine ed è una delle più grandi di questa zona della Sicilia. Anche qui è possibile trovare diversi stabilimenti, ma non mancano spiagge libere per chi cerca un’esperienza di totale libertà sulle spiagge siciliane. La spiaggia di Capaci, grazie alle correnti che soffiano spesso nella zona, è ideale per sport come windsurf o kitesurf;
  • Spiaggia di Mondello: nonostante Mondello non faccia parte di questo comune siciliano, è impossibile non menzionare questa bellissima spiaggia tra le attrazioni balneari di Isola delle Femmine. Si trova a circa un’ora di auto dal paese ed è una delle spiagge più famose e belle dell’intera Sicilia, raggiungibile anche dall’affascinante Palermo;
  • Baia del Corallo: si trova tra Isola delle Femmine e Sferracavallo e si distingue fra le altre per le sue acque trasparenti e ricche di coralli, che la rendono la destinazione ideale per gli amanti dello snorkeling e delle immersioni. Il paesaggio che circonda la spiaggia è caratterizzato da rocce e scogli, che donano a Baia del Corallo un aspetto quasi incontaminato. È l’ideale per chi cerca tranquillità e relax e vuole immergersi nella natura.
Vista della spiaggia bianca di Mondello, in Sicilia, con diversi bagnani e acque turchesi

Fonte: iStock

Spiaggia bianca di Mondello, nei pressi di Isola delle Femmine

Oltre a rilassarsi in spiaggia ed esplorare il borgo, Isola delle Femmine offre una ricca serie di attività all’aperto ed escursioni, che permettono ai visitatori di creare esperienza uniche e ricordi indimenticabili di una vacanza in Sicilia. Infatti, è possibile effettuare diverse escursioni in barca, grazie alle quali scoprire ed ammirare baie nascoste attorno all’isolotto e lungo la costa e permettono di nuotare al largo, facendo immersioni e snorkeling scoprendo i ricchi fondali marini siciliani, tra coralli e relitti sommersi.

Allo stesso tempo, per chi ama le camminate all’aperto e le escursioni, è d’obbligo una visita al parco naturale di Capo Gallo, facilmente raggiungibile in auto da Isola delle Femmine. Seguendo i sentieri all’interno di questa ricca vegetazione e macchia mediterranea, è possibile arrivare a godere di viste uniche e panorami mozzafiato che si affacciano sulla costa siciliana.

Isola delle Femmine è una destinazione unica, che unisce il fascino dell’antica storia regionale con la sua bellezza naturale e le sue spiagge caraibiche. Una destinazione perfetta per visitatori di tutte le età e per chiunque sia alla ricerca di una vacanza all’insegna del relax e del divertimento in un mare da sogno.

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SiViaggia regala il magazine GATE numero 41

Ogni mese vi regaliamo il magazine di lifestyle GATE da scaricare e sfogliare. La rivista, scritta in italiano e in inglese, contiene articoli di viaggi, ma anche di moda e attualità. Alle pagine 46-49 del numero 41, trovate l’ultimissimo articolo di SiViaggia dedicato al nostro weekend a Mérida, la Roma di Spagna, la seconda città con più siti archeologici risalenti all’epoca romana al mondo.

Capoluogo dell’Estremadura, la regione interna della Spagna al confine con il Portogallo, questa splendida città fu fondata lungo un’importantissima direttrice chiamata via de la Plata che collegava in Sud al Nord del Paese, ma soprattutto luogo di relax dove amavano ritirarsi gli antichi romani, dopo aver trascorso una vita combattendo, e dove ancora oggi si viene per divertisti. Vi spieghiamo come.

Inoltre, sfogliando le pagine del magazine trovate anche qualche utile consiglio per organizzare le prossime gite fuori porta, alla scoperta di un’altra città dalla forte impronta romana in Italia, di borghi termali e di passeggiate gourmet. È sufficiente registrarsi gratuitamente per poter effettuare il download.

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Sta per nascere il Percorso degli Olimpionici, la nuova ciclopedonale che porta a Pompei

Quello che sta per nascere è un itinerario epico che, una volta terminato, condurrà i visitatori verso una delle mete più visitate d’Italia, attraversando un paesaggio incantevole, a dir poco. Siamo in dirittura d’arrivo nella realizzazione della nuova ciclopedonale che prende il nome di Percorso degli Olimpionici e che va da Vico Equense fino a Pompei, passando per Castellammare di Stabia e altri incantevoli luoghi campani. Un’opera meravigliosa e paesaggisticamente tra le più belle mai realizzate. I lavori dovrebbero terminare entro il 2025. Ma vediamo di cosa si tratta nel dettaglio.

Il Percorso degli Olimpionici

Il nome Percorso degli Olimpionici è nato dal fatto che questo itinerario, non ancora tracciato ufficialmente, viene utilizzato frequentemente da atleti professionisti per allenarsi nelle loro discipline. Una volta ultimato, dunque, potrà essere sfruttato al massimo prima di tutto dai professionisti, ma anche da tanti ciclisti e camminatori amatoriali, in un contesto meraviglioso che tutto il mondo ci invidia.

Il nuovo Percorso degli Olimpionici permetterà di godere delle eccellenze paesaggistiche di questo tratto di costa della Campania, ma anche culturali, visto che l’itinerario si conclude niente meno che a Pompei, il sito archeologico più visitato d’Italia dopo il Colosseo, specialmente d’estate, quando i turisti – soprattutto stranieri – affollano questa zona. E si sa quanto gli stranieri, specie i nordici, amino fare hiking o fare vacanze in bicicletta.

Le tappe del percorso

Una volta realizzata, questa grandiosa opera metterà anche a sistema numerose attività turistiche che si trovano lungo il tracciato, dal Parco archeologico di Pompei al Santuario della Madonna di Pompei alla città di Castellammare di Stabia con il suo centro storico e le terme alla città turistica di Vico Equense attraverso lo straordinario lungomare.

Un itinerario sostenibile

Inoltre, il tracciato sarà utile per favorire e promuovere un elevato grado di mobilità ciclistica e pedonale, alternativa all’uso dei veicoli a motore, sviluppando così un’attenzione sempre crescente a forme di mobilità alternativa, rispettose dell’ambiente e che non producano inquinamento.

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Destinazione Martano, perla del Salento

Martano è un’incantevole cittadina situata in Puglia, nella provincia di Lecce. È il comune più popoloso della Grecia Salentina, un’isola etnico-linguistica in cui si parla ancora una lingua antica, di origine greca: il grico. Il centro storico di Martano veniva chiamato “Isola Terra”, e richiama la “chora” bizantina. Conosciuta anche per la sua bellezza paesaggistica, Martano unisce natura incontaminata e tradizioni centenarie, è la destinazione ideale per chi desidera esplorare la penisola salentina.

Le bellezze di Martano

Il borgo conserva un patrimonio storico significativo, offrendo ai visitatori un viaggio nel tempo tra edifici e monumenti antichi. Per non farsi mancare nulla, il meraviglioso contesto naturale invita a piacevoli escursioni, degustazioni di vino e corsi di cucina.

vista della Chiesa Santi Medici di Martano

Fonte: Comune di Martano

Chiesa Santi Medici di Martano

Il Comune di Martano è ben collegato con le altre città storiche, fra cui Lecce, Otranto e Gallipoli. Dista pochi chilometri da località balneari come Torre dell’Orso, Torre Sant’Andrea e Alimini; diventando la base perfetta per esplorare la costa adriatica e fare lunghe passeggiate.

Il centro storico di Martano è ricco di palazzi e chiese:

  • Chiesa Matrice (dedicata a Maria S.S. Assunta in Cielo, festeggiata il 15 agosto)
  • Cappella della Madonna del Carmine (XVIII sec.)
  • Cappella dell’Immacolata Concezione di Maria (XVII sec.)
  • Castello Aragonese ora Palazzo Baronale (XV sec.)
  • Monastero di Santa Maria della Consolazione (risalente al 1685, è rinomato per liquori e infusi)
  • Casale di Apigliano (insediamento rurale medievale che ospita la Chiesa di Santa Maria di Apigliano, conosciuta come San Lorenzo, “A’ Lavrenti” in grico)

Grazie alle sue bellezze naturali, Martano è la meta perfetta per tutti i turisti che amano l’esplorazione, la natura e l’attività fisica; in particolare, le lunghe camminate e il trekking.

Il Comune di Martano permette ai viaggiatori una visita che arricchisce l’anima e il corpo; un tuffo nella cultura e nella natura di luoghi incantati, ricchi di storia.

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Egitto, una nuova scoperta fa luce sulla costruzione delle piramidi

L’Egitto è una terra affascinante e gran parte del suo charme lo deve alle magnifiche, possenti e misteriosi piramidi. Infatti, le piramidi sono da sempre un mistero per via della loro forma geometrica perfetta, della loro immensità e delle curiosità circa la loro costruzione. Tantissimi sono gli studi e le ricerche al riguardo: come è possibile che in un’epoca in cui la manovalanza non disponeva degli aiuti degli strumenti più tecnologici e avanzati, si siano potute costruire delle strutture così possenti e perfette?

Ecco perché ancora oggi si producono ricerche, documentari e saggi sulle piramidi egizie. Non a caso, infatti, gli studi sulla origine e sul modo in cui le piramidi siano state costruite continuano ancora ed è così che possiamo parlare di una nuova scoperta al riguardo: l’ultimo studio pubblicato il 5 agosto 2024 sulla rivista Plos One di Xavier Landreau ha rivelato ulteriori dettagli sul modo in cui sia stato possibile far fluire l’acqua nei pozzi posti dentro la Piramide di Djoser, acqua che è servita al trasporto dei blocchi di costruzione della stessa piramide.

La Piramide di Djoser e la scoperta francese

Xavier Landreau, ricercatore dell’Istituto CEA Paleotechnic in Francia e il suo team hanno raccontato al mondo sulla rivista Plos One la loro nuova scoperta: uno studio ben accurato, infatti, sembrerebbe fare chiarezza, finalmente, sul modo in cui l’acqua sia stata fatta fluire all’interno dei due imponenti pozzi posti nella Piramide di Djoser.

Piramide di Djoser, Saqqara

Fonte: iStock

Vista sulla Piramide di Djoser a Saqqara

Secondo questo studio, infatti, questi due pozzi di acqua servivano a far sì che questa potesse far alzare e poi abbassare un galleggiante utile al trasporto dei blocchi per la costruzione della piramide.

Alla base della loro teoria, dunque, ci sarebbe l’utilizzo di un sistema idraulico realizzato sapientemente all’interno della piramide stessa. I ricercatori hanno individuato ben due pozzi verticali all’interno della struttura piramidale, che potrebbero essere stati sfruttati per far fluire l’acqua: a supporto di questa ipotesi, comunque plausibile, il team di studiosi ha anche esaminato una struttura proprio adiacente alla Piramide di Djoser, la recinzione di Gisr el-Mudir. Il cosiddetto “Grande Recinto” è una costruzione, in passato misteriosa e poco compresa dalla scienza, che forse è servita nei lavori di costruzione della Piramide di Djoser come una sorta di diga. In questo modo, la diga avrebbe contenuto l’acqua e i sedimenti provenienti dalle fonti idriche più vicine per far poi confluire l’acqua, una volta purificata dai vari detriti, all’interno dei pozzi nella piramide.

Inoltre, i ricercatori hanno anche portato alla luce molteplici scomparti scavati all’interno del terreno esterno alla piramide, che forse all’epoca potrebbero essere stati costruiti come impianto di trattamento dell’acqua. Qui, i sedimenti si sarebbero depositati man mano che l’acqua fluiva lungo i diversi comparti, prima di essere convogliata priva di impurità all’interno dei pozzi della struttura.

Questa scoperta fa nuova luce sui metodi ingegneristici di cui si sono serviti gli antichi egizi per costruire una delle più stupefacenti meraviglie del mondo, nonché dimostra che gli egizi erano già in grado di utilizzare nell’antichità alcune tecnologie idrauliche che anche oggi sembrano più che avanzate.

Qual è la Piramide di Djoser

La Piramide di Djoser è ritenuta la più antica e la più maestosa dell’area della necropoli di Saqqara: questa imponente piramide rappresenta infatti un’importante pietra miliare nell’evoluzione dell’architettura funeraria egizia. Costruita durante la III dinastia per il faraone Djoser, la monumentale struttura è stata progettata dall’architetto Imhotep, che l’ha resa famosa per la sua innovazione e la grandiosità.

La piramide si distingue per essere la prima in pietra a gradoni della storia egizia e la sua struttura ha infatti posto le basi per le future piramidi che hanno poi caratterizzato il paesaggio delle necropoli egizie. La sua forma a gradoni, simboleggiante la scala che il faraone doveva salire per raggiungere il cielo e unirsi agli dei, riflette le credenze spirituali dell’antico Egitto. Imhotep, inoltre, introdusse anche gallerie sotterranee e corridoi nel complesso funerario, aprendo la strada a nuove tecniche architettoniche che si sarebbero evolute nelle piramidi successive.