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Scoperta una città di ben 4000 anni in Arabia Saudita

Un’incredibile scoperta è stata fatta nel cuore di un’oasi in Arabia Saudita da un gruppo di archeologi. Siamo a Khaybar, nella regione dell’Hegiaz, nell’area occidentale della Penisola Arabica, a circa 150 chilometri a nord di Medina. È qui che, da tempo, il gruppo di ricerca internazionale congiunto del Khaybar Longue Durée Archaeological Project indaga per trovare risposte ai loro quesiti: seppur nascosti dalle rocce vulcaniche di basalto, infatti, osservando il sito dall’alto, il gruppo è riuscito a rivelare potenziali percorsi e le fondamenta di case, suggerendo il punto in cui gli archeologi avrebbero potuto trovare tracce di un antico insediamento.

Ed è scavando che hanno portato alla luce una città antica di ben 4000 anni, costruita tra il 2.400 e il 2.000 avanti Cristo, durante l’Età del Bronzo. Si tratta di una scoperta fondamentale che, come hanno affermato gli stessi archeologi, rivela come la vita all’epoca stesse lentamente cambiando da un’esistenza nomade a una urbana.

La scoperta della città di al-Natah

La città, chiamata al-Natah dagli archeologi, è stata scoperta da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati francesi del French National Center for Scientific Research (CNRS) e dai colleghi dell’Hadès Bureau d’investigation Archéologique, della Royal Commission for AlUla di Riyadh e di altri istituti. Dai diversi lavori di ricostruzione, i ricercatori hanno determinato che al-Natah rappresentava al tempo una città fortificata di 2,6 ettari dov’erano presenti una cinquantina di abitazioni, di uno o due piani.

Gli archeologi, inoltre, hanno aggiunto che l’antico insediamento era di tipo complesso perché suddiviso in diverse aree: una residenziale, una amministrativa e una necropoli. Questa scoperta ha messo in evidenza dei dati molto importanti perché, finora, si pensava che la Penisola Arabica fosse arida e quindi popolata principalmente da nomadi. Con al-Natah, invece, il pensiero cambia direzione e i ricercatori sono sempre più sicuri nell’affermare che le oasi presenti in questa zona fossero in grado di sostenere le prime comunità stanziali nell’area.

Città di al-Natah

Fonte: AFALULA-RCU-CNRS

Mappa di al-Natah suddivisa per aree

I ritrovamenti archeologici

Molto interessanti sono anche le scoperte fatte al suo interno. Gli archeologi hanno trovato ceramiche, attrezzi da lavoro e armi che avvalorano la tesi di al-Natah come una città complessa e avanzata per il periodo in cui è esistita e, soprattutto, per la sua posizione in mezzo al deserto. La scoperta di Al-Natah, seppur si tratti di una città più piccola rispetto a quelle della Mesopotamia o dell’Egitto esistite nella stessa epoca, ha permesso di mettere in evidenza un’altra teoria.

Secondo il professor Charloux, infatti, queste oasi fortificate erano probabilmente in collegamento fra loro e garantivano gli scambi tramite le comunità nomadi, che si ritiene fossero comunque preponderanti nell’area. “La documentazione archeologica testimonia una bassa urbanizzazione (o urbanesimo lento), che evidenzia una complessità sociale debole, ma crescente durante l’età del bronzo antico e medio”, spiegano i ricercatori.

Viviamo in tempi interessanti durante i quali, grazie alle nuove tecnologie, è possibile fare sempre nuove scoperte, come quella recente avvenuta in Messico grazie semplicemente a Google o l’eccezionale scoperta della prima tomba del Medio Regno nella necropoli dell’Assasif a Tebe da parte di un gruppo di ricerca egiziano-americana.

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La scoperta di una tomba del Medio Regno cambia la storia dell’Assasif

La missione archeologica congiunta egiziano-americana, operante al South Asasif Conservation Project, ha di recente portato alla luce una scoperta archeologica di rilievo: la prima tomba del Medio Regno (all’incirca 2055-1790 a.C.) individuata nell’area dell’Assasif.

La necropoli, sulla riva occidentale del Nilo di fronte all’antica Tebe, in Egitto, si sviluppa in una valle che si snoda verso il complesso funerario di Deir el-Bahari, accanto al tempio della regina Hatshepsut.

La tomba, sigillata e perfettamente conservata, contiene sepolture che racchiudono una serie di oggetti preziosi, dai gioielli agli specchi in rame, offrendo uno spaccato inedito sulle pratiche funerarie dell’epoca.

Una scoperta inattesa

L’incredibile scoperta è avvenuta durante le operazioni di pulizia della superficie meridionale della tomba di Karabasken (TT 391), appartenente alla XXV dinastia.

È qui che gli archeologi hanno identificato vari pozzi funerari intatti, custoditi per millenni e ancora contenenti i resti umani dei defunti e il loro corredo funerario.

Il dott. Mohamed Ismail Khaled, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha commentato l’importanza della scoperta, affermando che potrebbe cambiare la narrazione storica legata alla necropoli dell’Assasif, ridefinendola come uno dei principali luoghi di sepoltura del Medio Regno a Tebe.

Una tomba di famiglia: gioielli, amuleti e usanze funerarie

All’interno della tomba appena scoperta, sono state identificate undici camere funerarie che ospitano resti scheletrici di due uomini, cinque donne e tre bambini.

Una tale configurazione suggerisce che la tomba fosse destinata a una famiglia e utilizzata per diverse generazioni, dalla XII alla XIII dinastia. Tra i reperti, i più sorprendenti sono i gioielli femminili, databili alla prima fase della XII dinastia. Particolare attenzione ha destato poi la collana rinvenuta accanto all’uomo nella sepoltura 9, composta da 40 perle in faience (maiolica) e due perle cilindriche in corniola, con un amuleto a forma di testa di ippopotamo sul retro.

Nonostante molti materiali funerari siano stati danneggiati da inondazioni che hanno distrutto sarcofagi di legno e bende in lino, gli oggetti realizzati in pietre dure e materiali resistenti sono rimasti intatti. Tra i gioielli recuperati, si annoverano collane, braccialetti, anelli e cinture in corniola, ametista, granato, agata rossa e faience, ornati da amuleti raffiguranti figure simboliche come teste di ippopotamo, falchi e occhi wedjat. Uno dei pezzi più pregiati è una collana con perle in ametista e un amuleto in amazzonite al centro, insieme a una cintura di perle di corniola.

Oggetti rituali e specchi di raffinata fattura

La direttrice del team americano, Marion Brew, ha descritto l’incontro con specchi in rame dalle impugnature finemente lavorate: uno con un manico a forma di fiore di loto e un altro con il raro motivo della dea Hathor dalle quattro facce. Inoltre, sono stati ritrovati lingotti di rame e una statuetta in faience smaltata che rappresenta una figura femminile, con dettagli decorativi sui capelli e sui gioielli. Accanto alla statuetta, quasi 4.000 piccole perle di fango formavano l’acconciatura originale, fornendo una testimonianza tangibile delle tecniche di decorazione dell’epoca.

Oltre ai gioielli, la tomba conteneva una tavola per le offerte di forma quadrata, intagliata con figure in rilievo che rappresentano teste di toro, zampe e pagnotte. Il canale al centro della tavola, destinato a far scorrere l’acqua, rifletteva l’usanza di garantire nutrimento per l’anima nell’aldilà, un’usanza chiave nelle pratiche funerarie egiziane.

Il valore del ritrovamento

Una simile scoperta non soltanto aggiunge tasselli alla comprensione delle usanze funerarie del Medio Regno, ma rappresenta un passo significativo verso lo studio delle influenze artistiche e culturali della XXV dinastia.

Con il ritrovamento della prima tomba del Medio Regno nel South Asasif, la necropoli si colloca all’interno del complesso funerario tebano, contribuendo a ridefinire la storia della regione e svelando una collezione eccezionale di manufatti che testimoniano l’abilità artistica e la complessità spirituale della civiltà egizia antica.

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La scoperta che potrebbe riscrivere la storia di Gerusalemme

La scoperta della cosiddetta “Tomba T1” nella Città di Davide potrebbe riscrivere la storia dell’antica Gerusalemme e rivelare finalmente il luogo di sepoltura di Re Davide.

L’affascinante ipotesi è stata avanzata sulla base di recenti studi che riconducono il sito alla necropoli reale della dinastia davidica, come narrato nei testi biblici.

L’antica e suggestiva Città di Davide

La Città di Davide, estesa su un’area di circa 12 acri, è il sito originario dell’antica Gerusalemme e ospita alcuni tra i più preziosi reperti archeologici del Regno di Giuda.

Secondo il Libro dei Re, Re Davide e i suoi successori furono sepolti proprio in questo luogo, accanto alla Fonte di Gihon, l’unica sorgente di acqua dolce della città.

I testi suggeriscono che la necropoli reale si trovasse nel punto meridionale della città, sopra il celebre “Tunnel di Ezechia,” un’infrastruttura idrica scavata per convogliare l’acqua alla Piscina di Siloe.

L’antico insediamento, risalente a oltre tremila anni fa, è stato il centro politico e spirituale del regno fondato da Re Davide. Scavi condotti nel corso dei decenni hanno rivelato una serie di strutture, gallerie e reperti che gettano nuova luce sull’organizzazione urbana e sulla vita quotidiana di un’epoca in cui Gerusalemme iniziava ad affermarsi come simbolo di unità e cultura per il popolo ebraico.

Uno degli elementi più affascinanti della Città di Davide è il Sistema Idrico di Siloam, un complesso ingegnoso di gallerie e canali costruito per convogliare l’acqua della già citata sorgente di Gihon: tale sistema, grazie all’imponente galleria sotterranea, era essenziale per garantire la sopravvivenza degli abitanti in tempi di guerra, permettendo loro di avere accesso a risorse idriche sicure anche durante gli assedi.

Il mistero della Tomba T1: è questo il luogo di sepoltura del Re?

La teoria che T1 possa essere la Tomba di Davide risale al 1887, quando l’esploratore francese Charles Clermont-Ganneau ipotizzò che una misteriosa curva nel tunnel fosse stata scavata per evitare le tombe reali. Tale ipotesi ha portato nel XX secolo a ulteriori scavi sponsorizzati dal Barone Edmond de Rothschild e guidati dall’archeologo Raymond Weill, che identificò diversi siti di sepoltura, inclusa T1.
 

La Tomba T1, situata nella roccia e lunga circa 16 metri, è caratterizzata da due livelli sovrapposti e una depressione rettangolare sul fondo, probabilmente destinata ad accogliere un corpo o un sarcofago. Nonostante la struttura sia stata alterata nel tempo, tracce di malta del periodo del Secondo Tempio suggeriscono che T1 sia stata usata in epoche successive, confermando che potrebbe aver avuto diverse destinazioni d’uso.

Alcuni studiosi contestano l’identificazione di T1 e T2 come tombe reali, ritenendole cisterne o basamenti di edifici della stessa epoca. Tuttavia, recenti studi mostrano analogie tra T1 e le tombe reali della tarda Età del Bronzo, come quelle di Ebla e Ugarit, semplici nella struttura ma ritenute nobili per il loro contenuto e posizione.

Se confermata, la teoria aprirebbe nuove prospettive sulla storia biblica e sulla gestione delle sepolture dei re d’Israele. La scelta di seppellire Re Davide all’interno delle mura di Gerusalemme potrebbe, infatti, aver rappresentato un simbolo di protezione contro le profanazioni e un forte segno di potere.
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La tomba di Nefertari a Luxor (forse) riaprirà al pubblico

La tomba della Regina Nefertari a Luxor, in Egitto, è stata chiusa a marzo per alcuni lavori di restauro, ma di recente il Consiglio Supremo delle Autorità egiziane ha annunciato che è in programma una riapertura al pubblico nonostante la minaccia dell’umidità. Secondo quanto riferito dal sito Egypt Independent, il Ministero del Turismo e delle Antichità avrebbe intenzione di aprire nuove attrazioni per incoraggiare il turismo culturale, ma i visitatori potrebbero danneggiare indirettamente questo importante sito archeologico, causando traspirazioni deleterie per le pitture murarie preziose presenti.

La tomba è stata chiusa negli anni Cinquanta del XX secolo per dei danni gravi causate da infiltrazioni di acqua e dai cristalli di cloruro di sodio filtrati dal calcare poroso che hanno raggiunto i blocchi di pietra e l’intonaco. Il primo intervento è stato fatto poi negli anni ’80, ma il vero restauro è durato dal 1988 al 1992 per poi riaprire il sito al pubblico nel 1995. Ma nel 2003 si decide di chiuderla definitamente per la sua fragilità, e nel 2014 le autorità egiziane fecero una copia esatta della tomba nella Necropoli di Tebe spendendo circa 700.000 euro.

Perché riaprire la tomba di Nefertari

Mohamed Ismail Khaled, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, lo scorso 27 ottobre ha condotto un’ispezione alla tomba per verificare gli ultimi sviluppi del restauro e ha confermato che la tomba di Nefertari è in buono stato. Una commissione di esperti è stata coinvolta per misurare i livelli di umidità all’interno e valutare la possibilità di riaprirla secondo alcune precise condizioni.

Con le dovute accortezze non si correggerebbero rischi nel riaprire al pubblico questo luogo scoperto nel 1904 da una missione italiana guidata da Ernesto Schiaparelli. All’interno della tomba furono trovati alcuni resti del sarcofago in granito rosa e pezzi del corredo funerario tra cui amuleti, cofanetti di legno dipinti, un paio di sandali in fibra di palma intrecciata, frammenti di un bracciale d’oro e altro.

L’Istituto Paul Getty nel 1986, in collaborazione con il Consiglio Supremo delle Antichità, cominciò i lavori di restauro per poi aprirla al pubblico seguendo alcune regole. Nella tomba, infatti, sono presenti alcune pitture murarie prestigiose che l’hanno resa una delle più splendide della Valle delle Regine. Queste rappresentano la regina nel regno dei morti e il suo incontro con alcune divinità, con immagini di colori intensi e dettagli raffinati ammirati da turisti provenienti da tutto il mondo.

Tali pitture che coprono 520 metri quadrati sono belle da vedere, ma custodiscono anche una spiritualità affascinante che fa parte della storia e della cultura dell’antico Egitto che incanta molti appassionati. Il culmine rappresenta la trasformazione di Nefertari nella mummia di Osiride sorretta dalle dee Iside e Neith.

Regina Nefertari

Fonte: Getty Images

La Regina Nefertari, grande sposa reale

Chi era la Regina Nefertari

Nefertari Meritmut è stata una figura femminile molto importante dell’antico Egitto. Vissuta nel XIII secolo a.C. ha sposato il faraone Ramses II, uno dei più potenti della storia, e ha avuto una grande influenza sul popolo che viene paragonata a quella di Cleopatra e Nefertiti. Aveva un’ottima istruzione per l’epoca ed ebbe un ruolo diplomatico importante mantenendo la corrispondenza con altri sovrani del periodo storico.

Oltre alla tomba tra le più grandi e spettacolari della Valle delle Regine, Nefertari ha anche un complesso monumentale di Abu Simbel che Ramses ha fatto costruire in suo onore. Dal loro matrimonio nacquero due figlie femmine e quattro maschi, ma nessuno visse abbastanza da ereditare il trono. Nefertari morì a circa 40 anni, durante il 25° anno di regno di Ramses II.

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Napoli, Pompei, Procida e Paestum raccontate dal Guardian

Di recente, un giornalista del Guardian ha intrapreso un viaggio attraverso alcune delle mete più iconiche del Sud Italia, raccontando il suo itinerario in un articolo ricco di osservazioni e dettagli. Quando si sente parlare bene del proprio Paese e del suo patrimonio artistico e culturale, nonché dei suoi paesaggi, non può che fare piacere ed è per questo che oggi vi mostriamo come sono questi iconici luoghi visti dagli occhi di un forestiero.

Il suo racconto inizia con l’arrivo in Mediterraneo, tra pioggia e cieli grigi, durante un viaggio in treno da Parigi. Nonostante il clima iniziale, proseguendo verso sud, il giornalista scorge finalmente la tanto agognata luce del sole, insieme alla vivacità e al calore di luoghi come Napoli, Pompei, Procida e Paestum.

Viaggiare in treno, lo slow tourism come ritorno alle origini

Durante il tragitto, il giornalista nota la differenza tra un viaggio in treno e il frettoloso ritmo del trasporto aereo. Attraversando città come La Spezia e Pisa, afferma che il viaggio in treno incarna la “joy of missing out” (la gioia di lasciarsi andare), perfetta per un turismo lento e contemplativo.

In questo percorso, simile a quello compiuto dal poeta inglese John Keats nel 1820, il viaggiatore trova un’attenzione alla scoperta, senza la frenesia moderna. Dopo aver attraversato il Nord Italia, in particolare la Liguria, la destinazione è il Sud, a partire dalla Campania.

Napoli, più autentica di così non si può

Il giornalista descrive Napoli come un luogo autentico, dove il fervore della vita cittadina si manifesta nelle strade affollate e nei ristoranti all’aperto. La città, racconta, si anima ulteriormente quando il Napoli gioca contro la Juventus e i tifosi seguono con entusiasmo la partita mentre gustano una pizza in un caffè di strada.

Napoli è anche il punto di partenza per visitare le vicine isole, tra cui Procida, che, secondo il giornalista, ha conservato il proprio carattere genuino e non è stata trasformata in un’isola esclusivamente turistica.

Napoli

Fonte: iStock

Sguardo su Napoli vista di sera

Procida, profumo di agrumi e senso di familiarità

Procida, scrive il giornalista, è ben diversa da altre destinazioni insulari, poiché ha mantenuto la sua autenticità e non è diventata un “esperimento di gentrificazione”.

Una delle attività migliori che si può fare soggiornando sull’isola, tra un tuffo e l’altro, dopo un po’ di tintarella, è sicuramente mangiare e lasciarsi coccolare il palato dalla deliziosa cucina locale. Tra i piatti consigliati ci sono gli spaghetti al pesto di limone, tipici del luogo grazie ai celebri limoni dolci dell’isola.

Le case colorate di Marina di Corricella e l’atmosfera di un’isola ancora legata alla sua tradizione marinara colpiscono particolarmente l’autore dell’articolo del Guardian, che ne evidenzia il fascino genuino raccontando il legame di Procida con la storia locale, ancora oggi.

Pompei, città eterna in continua scoperta

La visita a Pompei è uno dei momenti più suggestivi del viaggio. Il giornalista osserva come il sito archeologico, sotto la direzione del tedesco Gabriel Zuchtriegel, stia vivendo una nuova fase di scoperta e reinterpretazione.

Vesuvio, Pompei

Fonte: iStock

Pompei e il Vesuvio sullo sfondo

Accompagnato dall’archeologo Alessandro Russo, il giornalista entra nella Regio IX, una zona in cui si stanno scoprendo affreschi intatti e dettagli inediti della vita quotidiana degli antichi abitanti di Pompei. Racconta di un ritratto di una bambina con uva e melograni, sopravvissuto incredibilmente intatto e visibile oggi grazie alle nuove tecniche di scavo.

Paestum, viaggio nell’antica Grecia

Proseguendo il suo viaggio verso sud, il giornalista del Guardian racconta l’esperienza di Paestum, una città fondata dai Greci e famosa per i suoi imponenti templi e per il museo archeologico.

Qui, il protagonista dell’articolo si sofferma sulla Tomba del Tuffatore, un capolavoro ritrovato nel 1968 che raffigura un giovane che si tuffa da una grande altezza, in quella che potrebbe rappresentare una scena allegorica della morte o della vita.

Tempio Era, Paestum

Fonte: iStock

Il Tempio di Era nel sito archeologico di Paestum

Il giornalista è affascinato da come Paestum mantenga un’atmosfera antica e intatta, lasciandolo profondamente colpito dall’energia e dal mistero di questi luoghi.

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Scoperta un’antica città Maya grazie a Google

La civiltà dei Maya è una delle più interessanti e misteriose al mondo. Chiunque visiti il Messico inserisce nel suo itinerario di viaggio almeno uno o più siti archeologici che ne mostrano le profonde capacità architettoniche, oltre che gli aspetti culturali e religiosi di una società che ha regnato per lungo tempo su gran parte dell’America centrale. Pensate che ci sono alcuni luoghi, come Tikal in Guatemala, dove c’è ancora tantissimo da scoprire perché la giungla che custodisce le rovine è talmente fitta che ci vorrebbero anni e anni di scavi e lavori per svelare templi e piramidi…oppure ci vorrebbe Google.

Gli Indiana Jones moderni non hanno bisogno dei classici strumenti degli archeologi, a volte basta semplicemente un computer. È successo negli Stati Uniti d’America, dove Luke Auld-Thomas, dottorando presso l’università statunitense di Tulane, ha scoperto su Google l’esistenza di una città Maya perduta che comprende più di 6.000 edifici, con templi piramidali e un ‘campo sportivo’, quello utilizzato per il classico gioco della pelota.

La scoperta della città Maya su Google

La città Maya segreta, situata nello stato messicano sudorientale di Campeche, al confine con il Guatemala, è stata scoperta puramente per caso da uno dei membri di un team di esploratori. Luke Auld-Thomas ha dichiarato alla BBC: “Ero circa alla pagina 16 dei risultati di ricerca e ho trovato un’indagine laser effettuata da un’organizzazione messicana per il monitoraggio ambientale”. Ed è proprio partendo da quest’indagine, e dopo un’attenta elaborazione e traduzione dei dati, che il ricercatore ha notato qualcosa che assomigliava a una città.

In questo modo è stata rivelata Valeriana, il nome dato a quello che si ritiene rappresenti il secondo sito Maya più grande mai scoperto. Gli archeologi, dopo aver mappato ed esplorato tre aree, la cui superficie totale è pari a quella della città di Edimburgo, sono arrivati a una prima conclusione: la città potrebbe aver ospitato fino a 50.000 persone al suo apice, tra il 750 e l’850 d.C. Una cifra, stimano i ricercatori, superiore alla popolazione che vive attualmente nella regione.

Perché è una scoperta importante

Si tratta di una scoperta molto importante, soprattutto considerando quanti misteri ancora avvolgano la società Maya. La professoressa Elizabeth Graham dell’University College di Londra, che non ha partecipato allo studio, ha evidenziato come i risultati di questa nuova scoperta contribuiscano a rafforzare l’idea che i Maya vivessero in città o paesi complessi piuttosto che in villaggi isolati.

La città scoperta dalla squadra di archeologi comprende 6.674 edifici e, dalle sue caratteristiche, appare agli occhi degli esperti come una capitale: sono stati riscontrati due centri principali con grandi edifici, collegati da fitte case e strade rialzate e con due piazze in cui si trovano dei templi piramidali, dove i Maya avrebbero praticato il loro culto, nascosto tesori e seppellito i loro morti. Come anche nel caso di Chichen Itza, una delle 7 Nuove Meraviglie del Mondo in Messico, anche qui è stato ritrovato il campo della pelota che, più che uno sport, rappresentava un vero e proprio rito cerimoniale che prevedeva, alla fine, il sacrificio di alcuni giocatori.

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Cosa vedere a Saint Florent in Corsica

Saint Florent è davvero un gioiello nel cuore della Corsica, dal fascino unico, che unisce la bellezza selvaggia del suo litorale ad un ricco patrimonio storico.  Si trova precisamente tra il deserto delle Agriate, nella Corsica settentrionale, ed il Capo Corso, un borgo che è diventato un’icona per i viaggiatori che vogliono vivere un’esperienza autentica su quest’isola del Mediterraneo.

In passato questo borgo che si affaccia sul Golfo omonimo di Saint Florent era un piccolo villaggio di pescatori ed agricoltori, di epoca romana, che nei secoli ha subito influenze da parte del popolo genovese, che hanno segnato l’architettura del borgo, trasformandolo in un vero e proprio simbolo della Corsica del nord. Ma cosa vedere e cosa fare a Saint Florent? Ecco una lista di attrazioni turistiche ed attività che non devono mancare se si decide di visitare questo borgo dell’isola francese.

Alla scoperta del borgo storico

Il cuore pulsante del borgo è un insieme di strette vie acciottolate, che portano i visitatori alla scoperta di un centro storico affascinante, dagli edifici caratterizzati da un color pastello e dai tetti in ardesia, che raccontano l’influenza genovese sulla cittadina. Nel centro storico di Saint Florent è possibile visitare anche la storica Cittadella, una fortezza costruita nel Quindicesimo secolo per proteggere il borgo dagli attacchi nemici, costruita su un promontorio che domina il golfo. Per chi vuole ammirare il tramonto e scattare una foto indimenticabile, visitare la Cittadella al tramonto è la scelta giusta, vivendo un’atmosfera quasi magica.

Passeggiando tra le vie del centro si incontra anche la Cattedrale di Santa Maria Assunta del Nebbio, struttura di epoca romana e che sembra custodire al suo interno lo spirito dell’antica Corsica.

Centro storico del borgo di Saint Florent in Corsica, con fontana in primo piano e campanile sullo sfondo

Fonte: iStock

Centro storico di Saint Florent, Corsica

Il porto di Saint Florent

Passeggiando verso il mare si arriva al porticciolo, dove vivere un’atmosfera vivace e dove pescatori, turisti e residenti si mescolano nei diversi locali che si affacciano sul mare. Oltre ad essere il luogo d’incontro per i marinai, il piccolo porto cittadino è anche un luogo molto frequentate di sera, grazie alla presenza di diversi ristoranti dove è possibile gustare piatti a base di pesce fresco e famosi vini dell’isola. Fra questi sicuramente è importante citare il Patrimonio, un vino rosso, corposo ed intenso, che sicuramente gli amanti della bevanda non possono lasciarsi scappare.

Tra spiagge e natura selvaggia

Il borgo di Saint Florent è anche un punto di accesso ideale per attività a contatto con la natura. Da qui, infatti, è possibile esplorare e scoprire alcune delle spiagge più belle ed anche meno affollate della Corsica. Ad esempio, si può raggiungere spiaggia della Saleccia, dal carattere selvaggio e fra le più belle dell’isola, famosa per la sua bellissima sabbia bianca che crea un contrasto unico con il mare turchese. Può essere raggiunta sia via mare che attraverso un percorso sterrato nel Deserto delle Agriate. Un vero e proprio angolo di pace.

A breve distanza si trova anche la spiaggia di Loto, un’altra località fra le meno colpite dal turismo di massa, dove è possibile passare giornate di relax e divertimento, a contatto con la natura.

Si è parlato anche del Deseto delle Agriate. Si tratta di una regione di macchia mediterranea, caratterizzata dalla presenza di alcune basse montagne coperte dalla gariga, che altro non è che un tipo di vegetazione bassa ed arbusti che seccano durante il periodo estivo. È l’unica grande zona della Corsica senza una strada costiera. Qui, infatti, per raggiungere le spiagge si devono percorrere strade sterrate in fuori strada, percorrere a piedi alcuni dei numerosi sentieri oppure a cavallo. Esplorare il Deserto delle Agriate è per gli amanti della natura e delle attività all’aperto un’ottima occasione per immergersi in un ambiente naturale ancora selvaggio ed unico nel suo genere.

Una ragazza cammina sola sulla Spiaggia di Saleccia, facilmente raggiungibile da Saint Florent

Fonte: iStock

La spiaggia di Saleccia

Esperienze enogastronomiche della Corsica

Questa zona settentrionale della Corsica è la meta perfetta per gli amanti del vino. Infatti, Saint Florent si trova vicino alla regione vinicola di Patrimonio, una delle zone più prestigiose della Corsica, diventata famosa a livello mondiale per la produzione di vini eccezionali ed unici. È possibile partecipare a diversi tour che portano gli ospiti alla scoperta delle diverse cantine locali, partecipando a diverse degustazioni. Inoltre, nei mesi estivi di Luglio e Agosto si tiene la festa del vino di Patrimonio, l’occasione giusta per immergersi nella vivace atmosfera del borgo ed assaggiare le migliori annate del vino Patrimonio.

Un buon vino, va accompagnato sempre a del buon cibo e Saint Florent non deluderà i suoi visitatori. Tra i piatti tipici della cucina locale che è possibile assaporare in questo borgo si consiglia il brocciu, un formaggio fresco simile alla ricotta, usato anche per i dolci come il fiadone, una torta tradizionale dal sapore di formaggio fresco e limone. Infine, la charcuterie corse, ovvero la salumeria corsa, che offre una vastissima ed ottima scelta di salumi come la coppa, il lonzu ed il figatellu, perfetti da accompagnare ad un buon bicchiere di Patrimonio per un aperitivo vista mare.

Quando visitare Saint Florent?

La Corsica è caratterizzata, data la sua posizione, da un clima mediterraneo, quindi estati calde e soleggiate, che rendono i mesi che vanno da Giugno a Settembre il periodo ideale per visitare l’isola ed il borgo. Tuttavia, da considerare anche la stagione primaverile o autunnale, soprattutto per tutti coloro che vogliono visitare la Corsica e le sue bellezze con un clima più mite e lontani da grandi afflussi di turisti.

Chiaramente, visitare Saint Florent d’estate vuol dire anche vivere alcuni fra gli eventi culturali e musicali più conosciuti del Mediterraneo, come il Festival della Musica, in grado di attirare artisti locali ed internazionali. Come anche concerti, mostre e spettacoli all’aperto che riempiono le affascinanti vie del centro storico.

Inoltre, per chi desidera visitare meglio questa zona della Corsica, si consiglia anche il noleggio di una barca, poiché consente di raggiungere facilmente alcune fra le baie più belle e nascoste dell’isola, da una prospettiva unica.

Insomma, questo affascinante borgo antico della parte settentrionale della Corsica, è in grado di unire bellezze naturali, culturali e sapori autentici. Scoprire Saint Florent consente di conoscere un angolo dell’isola che nulla ha da invidiare alle più importanti mete, come Porto Vecchio, e vivere un’esperienza autentica ed unica, in pura tranquillità.

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Zamalek, cosa fare nel quartiere cosmopolita del Cairo

Conosci il quartiere cosmopolita de Il Cairo, Zamalek? La Capitale dell’Egitto è magnifica sotto molti punti di vista: una città caotica, dove passato e presente si incontrano per raccontare la storia, con uno sguardo rivolto al futuro. Qua il Nilo scorre placido, ed è persino possibile fermarsi a osservare l’unica Meraviglia del Mondo Antico in condizioni perfette ovvero la Necropoli di Giza). Tra una visita alle piramidi e un tuffo nella cultura egiziana, non puoi perderti Zamalek, il quartiere cosmopolita: ecco cosa fare.

Zamalek a Il Cairo, le attività da fare

Zamalek è una zona indubbiamente privilegiata de Il Cairo, con numerose attrazioni nei dintorni, ideale per fare una passeggiata, o semplicemente per vedere le aree verdi, prenotare persino dei percorsi benessere. Un susseguirsi di case, di boutique, di parchi, di giardini e anche musei.

Giardino della grotta sommersa

Un parco tranquillo con grotte sotterranee che è stato fondato nel 1867: un punto di ritrovo per le coppie, usato persino come set cinematografico, il cui design è ispirato ai giardini italiani. Questa oasi verde è un punto di ritrovo per allontanarsi dalla città frenetica. Durante il weekend, è piuttosto trafficato.

Cairo Tower

Salire sulla Torre del Cairo è una di quelle esperienze imperdibili che non possiamo non suggerirti di fare. Una icona moderna della Capitale dell’Egitto, che si trova esattamente nel quartiere di Zamalek: è alta 187 metri e per 10 anni è stata la torre più alta in Africa. La piattaforma di osservazione circolare a 360 gradi permette di godere di una vista privilegiata della città.

Teatro dell’Opera del Cairo

Immancabile una visita al Teatro dell’Opera del Cairo, struttura polifunzionale che fa parte del Cairo’s National Cultural Centre. Si trova esattamente nella parte meridionale dell’Isola di Gezira nel fiume Nilo, nel quartiere di Zamalek. La Sala Piccola, in particolar modo, è un’alternativa ai balletti e all’opera: i biglietti non sono molto costosi e l’ambiente è intimo e suggestivo.

Aperitivo con vista panoramica sul Nilo

Chi di noi, leggendo la storia dell’Antico Egitto, non ha mai sognato di visitare questo luogo meraviglioso? Possiamo addirittura sorseggiare un cocktail e ascoltare musica in un punto privilegiato, ovvero con vista sul Nilo.

Palazzo Aisha Fahmy

Il Palazzo Aisha Fahmy de Il Cairo è nel quartiere di Zamalek ed è stato riaperto di recente dopo anni di ristrutturazione (dal 2005 al 2015). Comprende ben 30 stanze, due sale, ed è impossibile non lasciarsi conquistare dalle decorazioni e dagli affreschi, così come dalle iscrizioni giapponesi.

Shopping di antiquariato

Zamalek è un quartiere cosmopolita, vivo, in cui è davvero difficile non soffermarsi nelle boutique e nei negozi di antiquariato. Il consiglio che ti diamo è di perderti tra le vie di Zamalek, di prenderti i tuoi tempi, di fermarti nei vari negozietti di antiquariato, dove puoi persino trovare souvenir da riuscire a mettere in valigia, come vecchie stampe, ninnoli, giornali d’epoca. Tra tutti, da segnare Noubi e Nostalgia Art Gallery. E alla fine, dopo un po’ di shopping… ti suggeriamo di fermarti in uno dei vecchi cafè del luogo, tra divani con cuscini ricamati e specialità egiziane.

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Il Times celebra Parma come meta ideale per l’autunno

La città di Parma ha conquistato il Times, lo storico quotidiano britannico rimasto ammaliato non solo dall’ottimo cibo (come si fa a non amare il famoso parmigiano o il prosciutto?), ma anche per la sua atmosfera colta e rilassata, per l’elegante centro storico e per l’interessante passato che ne ha plasmato storia e identità. La città, infatti, fu fondata dai Romani e prima dell’unificazione d’Italia fu prima di proprietà dei francesi, poi degli spagnoli e degli austriaci e nel XIX secolo fu governata da Maria Luigia, la seconda moglie di Napoleone.

Ma soprattutto, quello che la giornalista Julia Brookes ha apprezzato di più della città di Parma è il suo essere compatta, facilmente visitabile a piedi o in bicicletta, ma soprattutto non è invasa dal classico turismo di massa che invece interessa sempre più le città vicine, in primis Bologna. Ai suoi lettori, l’articolo consiglia un itinerario di 48 ore da trascorrere in città durante il periodo autunnale, con tanti suggerimenti su cose da vedere e, soprattutto, su cosa e dove mangiare.

L’itinerario per una perfetta fuga autunnale

L’articolo consiglia di affidarsi a una guida locale per scoprire i segreti storici della città di Parma. Dal Duomo romanico riccamente decorato (la cupola è affrescata con il capolavoro dell’Assunzione della Vergine di Correggio) e il vicino battistero, realizzato in marmo rosa di Verona e ricoperto di dorati affreschi bizantini, al Palazzo della Pilotta, un magnifico complesso costruito per i duchi Farnese nel XVI e XVII secolo e che oggi ospita diversi musei.

Tra questi, imperdibile è il vasto Teatro Farnese, il primo teatro moderno dell’Occidente. Quasi del tutto distrutto dalle bombe del 1944, venne ricostruito in epoca moderna restituendoci una delle più straordinarie architetture teatrali del Seicento. Le altre tappe consigliate sono Palazzo Ducale e il Teatro Regio, quest’ultimo costruito nel 1829 in stile neoclassico e considerato uno dei teatri più importanti d’Italia.

I souvenir gastronomici

Non stupisce che una giornalista straniera si innamori del cibo italiano, soprattutto quello delizioso prodotto a Parma. Ecco perché ai suoi lettori suggerisce di acquistare un souvenir diverso, dal profumo inebriante e dal gusto indimenticabile. Ovviamente si tratta del parmigiano, da comprare rigorosamente nei negozi di gastronomia locali, e del prosciutto.

Per restare in tema di cibo, oltre a consigliare diversi indirizzi dove mangiare i piatti tipici locali e della zona, consiglia anche di partecipare a un’esperienza: quella che racconta il processo di produzione del Parmigiano Reggiano. All’interno dell’articolo vengono citati dei caseifici situati fuori città, dove fare un tour delle diverse fasi di preparazione, compreso di degustazione.

D’altronde, l’Emilia Romagna è la Food Valley d’Italia per eccellenza, un territorio ricco di prelibatezze gastronomiche amate in tutto il mondo. Parma e le sue colline, dove si produce il famoso Prosciutto di Parma DOP, è una tappa irrinunciabile in questa regione per chiunque ami il buon cibo. Noi di SiViaggia, in aggiunta ai consigli della rivista britannica, vi consigliamo di allungare la vostra visita e di scoprire anche i dintorni, come l’antico borgo di Felino o alcuni percorsi di trekking come il Percorso del Gallo e il Percorso La Costa.

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Toscana, i luoghi degli Etruschi spiegati ai bambini

La Toscana non è solo fatta di città d’arte, di musei, delle colline del Chianti, della selvaggia Maremma o delle spiagge della Versilia. Questa splendida regione italiana è anche la terra degli Etruschi. Con un patrimonio archeologico ancora poco conosciuto e poco sfruttato, la Toscana ci racconta una delle culture più misteriose e affascinanti attraverso acropoli affacciate sul mare, necropoli e musei ricchi di ritrovamenti storici che le organizzazioni turistiche regionali vogliono far conoscere sia ai visitatori adulti che ai bambini.

Per stimolare la fantasia dei più piccoli e per permettere alle loro famiglie di organizzare al meglio un itinerario, infatti, Toscana Promozione Turistica ha messo a disposizione un avvincente audiolibro intitolato “Il Vaso della Concordia”, di Lorenza Cingoli e Marina Forti. Scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale, i capitoli sono stati scritti per i ragazzi tra i 5 e i 12 anni per raccontare una bellissima avventura etrusca in italiano, inglese e tedesco. Vediamo insieme chi erano gli Etruschi e quali tappe fare in Toscana per scoprirli.

Chi erano gli Etruschi

Tra i popoli più antichi che hanno abitato l’Italia ci sono gli Etruschi. Dalle origini misteriose, vissero in gran parte del paese tra il IX e il I secolo a.C.: inizialmente, l’Etruria comprendeva l’area tra i fiumi Arno in Toscana e Tevere nel Lazio, espandendosi successivamente verso il Nord, nel Veneto meridionale, e a Sud, in Campania. Sul territorio toscano, quello che interessa a noi per creare l’itinerario da vivere con i vostri bambini, le città di origini etrusche sono, per esempio, Arezzo e Perugia.

A quei tempi rappresentavano città-stato indipendenti e alcune appartenevano alla cosiddetta “dodecapoli”: una forte alleanza economica, religiosa e militare tra 12 città dell’impero etrusco. Amanti dell’arte, soprattutto nella lavorazione della terracotta e dei metalli, lasciarono splendide opere artistiche, insieme a città e borghi che ancora oggi conservano le impronte del loro passaggio.

Itinerario alla scoperta del popolo etrusco

I luoghi degli Etruschi da scoprire con i bambini sono diversi: dalle città, dove troverete musei ricchi di reperti, ai parchi archeologici sulla costa, dove all’interno dell’itinerario potete inserire anche altre entusiasmanti attività per intrattenere i più piccoli. Scopriamo insieme quali sono le tappe, così da aiutarvi a organizzare al meglio il vostro viaggio.

Le città etrusche in Toscana

Una delle principali città etrusche in Toscana è Chiusi, in provincia di Siena. Qui potete visitare il Museo Nazionale Etrusco, dov’è stata esposta una ricca selezione di reperti ordinati secondo un criterio cronologico e topografico provenienti principalmente dalle raccolte di collezionisti chiusini e, in parte, da scavi archeologici. Alle porte della città, invece, si trova la necropoli di Poggio Renzo con la famosa Tomba della Scimmia, scoperta da Alessandro François nel marzo del 1846 e che prende il nome dalla raffigurazione di una scimmia dipinta nel fregio che orna la camera centrale della tomba. Sfortunatamente la necropoli è chiusa, quindi se fate tappa a Chiusi potrete visitare solo il museo.

Anche Cortona fu città etrusca, tra le più importanti e potenti soprattutto grazie alla sua posizione collinare. Per immergervi nel suo passato potete visitare il Museo dell’Accademia Etrusca MAEC, ricco di reperti etruschi rinvenuti tra la Valtiberina e la Valdichiana, provenienti dalle tombe gentilizie del Sodo e di Camucia. Tra i più belli citiamo lo straordinario lampadario etrusco e la collezione dei bronzetti. Ad Arezzo, invece, fu rinvenuta la celebre Chimera, oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, mentre in città merita una visita il museo “Gaio Cilnio Mecenate” con i gioielli etruschi provenienti dalla necropoli di Poggio del Sole.

A Fiesole, l’area archeologica e il museo civico documentano la storia antichissima della città, mentre il Museo Etrusco Guarnacci di Volterra conserva una delle più importanti collezioni di reperti etruschi, l’Urna degli Sposi, il coperchio di un’urna cineraria in terracotta, e l’Ombra della Sera, una statuetta in bronzo risalente al III secolo a.C. Sempre a Volterra potete fare tappa al Parco Archeologico Enrico Fiumi, ossia l’acropoli etrusco-romana con i resti dell’antica Velathri.

Cortona Toscana etrusca

Fonte: iStock

Cortona, dove si trova il Museo dell’Accademia Etrusca MAEC

I parchi archeologici etruschi

L’itinerario perfetto per scoprire il popolo etrusco in Toscana mixa città e parchi archeologici. A chi viaggia con bambini è consigliato visitare la Costa degli Etruschi, il tratto che va da Livorno a Piombino e che custodisce l’unica città etrusca affacciata sul mare. Stiamo parlando del Parco archeologico di Baratti e Populonia, un luogo ricco di fascino non solo per i reperti, ma anche per il paesaggio naturale in cui è immerso. Qui potete visitare l’acropoli, dove i cartelli con le informazioni hanno racconti dedicati anche ai più piccoli e dove potrete ammirare templi, ville e mosaici, e le necropoli.

Se volete far felici i vostri bambini, portateli al Parco Archeominerario di San Silvestro e salite sul trenino per scoprire le antiche miniere, le quali mostrano il legame indissolubile tra il passato etrusco e un presente più vicino a noi.

Scendendo nella Maremma, invece, da visitare c’è Vetulonia, con i resti delle mura, le tombe e i reperti custoditi nel Museo Civico Archeologico, e le suggestive Vie Cave scavate nel tufo a Pitigliano. A Sovana, invece, troverete un grande sito etrusco che custodisce la famosa Tomba Ildebranda, anche questa scavata nel tufo e con un porticato a sei colonne. Imperdibile per chi viaggia in famiglia è il Museo Archeologico di Chianciano Terme, dove sono esposti oggetti appartenenti alla vita quotidiana della civiltà etrusca, narrata con semplicità per essere compresa facilmente anche dai più piccoli.

Parco Archeologico Populonia

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Rovine etrusche al Parco Archeologico di Populonia