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Vacanza a Ölüdeniz, laguna paradisiaca della Riviera Turca

Il paradiso terrestre esiste e si trova in Turchia. La Costa Turchese, conosciuta soprattutto come Riviera Turca, è un mix perfetto di mare azzurro, spiagge sabbiose, montagne alte 3000 metri e siti archeologici protetti dalla macchia mediterranea. Questo tratto di costa che collega l’Egeo e il Mediterraneo, situato nella Turchia sud-occidentale, è stato a lungo una fuga glamour per lasciarsi alle spalle il caldo delle città e per gli europei alla ricerca di mete suggestive dal fascino storico. Qui, la bellezza della costa incontra i segni lasciati dalle popolazioni passate come persiani e bizantini.

Tra le diverse località balneari della riviera, quella di Ölüdeniz è considerata la più particolare e imperdibile anche grazie alla presenza di una spettacolare Laguna Blu. L’acqua è sempre limpida e calma, la spiaggia è composta da piccoli sassolini e l’intera zona è riconosciuta come riserva naturale. Organizzare una vacanza in questa parte della Turchia significa regalarsi un’occasione unica per scoprire un lato diverso del paese, solitamente associato al dinamismo di Istanbul e alle romantiche mongolfiere della Cappadocia.

Viaggio a Ölüdeniz: cosa fare e vedere

Ölüdeniz, che in italiano significa Mar Morto, è una delle località turistiche più famose della riviera, situata nella provincia di Muğla. Sono molte le cose da fare e da vedere in questa zona della Turchia, adatte a soddisfare le esigenze di ogni tipologia di viaggiatore: da quello che preferisce rilassarsi sulla spiaggia a chi non rinuncia al turismo d’avventura, fino agli amanti delle immersioni subacquee e della storia. Questo sito è sempre affollato nei mesi estivi, l’ideale è andarci nella stagione primaverile quando si può godere appieno della sua natura incantevole.

La meravigliosa Laguna Blu e il monte Babadağ

Immaginate acque cristalline che sfumano dal turchese al blu e montagne rigogliose tutt’attorno: benvenuti alla Laguna Blu. Questa è la location più famosa e fotografata di Ölüdeniz e non è difficile capirne il perché. Potete rilassarvi sul lato gratuito, conosciuto come Belcekız, o su quello più riparato della laguna, situato all’interno dei confini di un parco naturale protetto e il cui ingresso è a pagamento. Sulla spiaggia sono presenti lidi attrezzati, ristoranti e bar, dai quali potrete godervi la bellezza di questo luogo sorseggiando un cocktail fresco o provando qualche specialità tipica.

Sullo sfondo svetta il monte Babadağ, una delle principali destinazioni della Turchia per il parapendio, oltre che per ammirare la laguna dall’alto. Con i suoi 2000 metri, il monte Babadağ può essere raggiunto con un trekking o con una comoda funivia che parte direttamente da Ölüdeniz, da 225 metri d’altitudine, e arriva a 1.700 metri. Da qui godrete di una vista privilegiata non solo sulla Laguna Blu, ma anche sugli altri splendidi tratti di costa e sulla città di Fethiye, situata a pochi chilometri più a nord. Il monte Babadağ, grazie alle condizioni favorevoli garantite dai venti, è anche una delle mete più ambite dagli amanti del parapendio.

Parapendio su laguna blu Turchia

Fonte: iStock

Parapendio sullo splendido paesaggio della Laguna Blu

Trekking lungo il sentiero della Via Licia

Chi al relax della spiaggia preferisce il turismo d’avventura, sarà felice di sapere che il primo tratto del famoso sentiero della Via Licia parte proprio dalle vicinanze della Laguna Blu di Ölüdeniz. Il cammino, il cui punto di inizio è Ovacik, a 3 chilometri dalla laguna, regala panorami mozzafiato a ridosso della costa. Ammirerete piccole baie e calette, come la splendida Valle delle Farfalle, attraverserete siti archeologici e storici come Sidyma, antica città romana, e piccoli villaggi, dov’è possibile pernottare tratta dopo tratta. Il sentiero dura 9-10 giorni, ma potete tranquillamente farne solo una parte in base al tempo a vostra disposizione. La città più vicina ai punti di partenza e di arrivo del cammino è quella di Fethiye, da dove partono anche tantissimi tour in barca e dove, nelle immediate vicinanze, sorse l’antica città di Telmessos, la più grande della Licia.

Tour in barca alla scoperta della Valle delle Farfalle

Tra le cose più belle da fare durante una vacanza a Ölüdeniz c’è sicuramente il tour in barca alla scoperta della Valle delle Farfalle, considerata una delle spiagge più belle d’Europa. È chiamata così perché habitat naturale di una farfalla rara, la falena tigrata, e può essere raggiunta sia a piedi, seguendo un sentiero adatto ai più esperti, che in barca. Durante il tour scoprirete non solo questa spiaggia, ma anche la Grotta Azzurra e le altre baie nascoste della Riviera Turca, nelle quali potrete nuotare e fare snorkeling perché i fondali sono ricchi di pesci curiosi.

Valle delle Farfalle in Turchia

Fonte: iStock

Spiaggia Valle delle Farfalle, tra le più belle d’Europa

Il villaggio fantasma di Kayaköy

A soli 5 chilometri da Ölüdeniz si trova un villaggio fantasma, un tempo composto da 4.000 case in pietra che formavano la cittadina greca di Levissi, oggi conosciuta con il nome di Kayaköy. Questo villaggio senza tempo, immerso in una valle verdeggiante, fu abbandonato nel 1923 in seguito a uno scambio di popolazioni disposta dalla Società delle Nazioni al termine della guerra d’indipendenza turca. Dopo un breve periodo durante il quale la speculazione edilizia ha provato a trasformarlo in un hub turistico e in seguito alle proteste di artisti e intellettuali turchi, oggi è considerato un monumento che celebra la pace e la cooperazione tra Turchia e Grecia.

Come arrivare a Ölüdeniz

La località balneare di Ölüdeniz si trova a metà strada fra Bodrum e Antalya, due delle destinazioni più famose della Turchia. Sconsigliamo di arrivare da Istanbul, distante quasi 800 chilometri, mentre consigliamo di atterrare all’aeroporto di Antalya, a circa 200 chilometri rispetto a Ölüdeniz. Antalya è ben collegata con l’Italia da diversi aeroporti come Milano e Roma. Una volta atterrati vi basterà prendere i mezzi pubblici con direzione Fethiye, da dove partono bus o taxi collettivi per Ölüdeniz.

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Come arrivare dall’aeroporto di Katowice a Cracovia

Insieme a Varsavia, Cracovia è la meta più visitata della Polonia. Ben collegata con l’Italia grazie alle più importanti compagnie aeree, le quali hanno creato tratte comode e veloci partendo da diversi aeroporti, rappresenta la destinazione perfetta anche solo per una fuga di un weekend. Antica capitale del paese, qui è custodito un importante patrimonio storico e artistico, dal castello reale alla fabbrica di Schindler.

Ma come arrivare dall’aeroporto di Katowice al centro di Cracovia per iniziare il vostro viaggio in tutta tranquillità e senza stress? Ve lo spieghiamo noi in questo articolo, dove troverete tutte le informazioni di cui avete bisogno.

L’aeroporto di Katowice Pyrzowice

Cracovia ha due aeroporti, quello di Cracovia – Balice (KRK) e quello di Katowice Pyrzowice (KTW). Il secondo, al quale stiamo dedicando questo articolo, è situato a circa 30 chilometri a nord dalla città di Katowice, una delle più importanti basi aeree della Polonia, e a 100 chilometri da Cracovia. Con la compagnia Wizz Air, per esempio, è raggiungibile dall’Ugo Niutta di Napoli, mentre con Ryanair partono tutti i giorni voli da Milano della durata di un’ora e quaranta.

Si trova al quarto posto tra gli aeroporti con il più alto traffico passeggeri della Polonia dopo il Fryderyk Chopin di Varsavia, il Giovanni Paolo II di Cracovia e il Lech Wałęsa di Danzica, con circa un milione e mezzo di viaggiatori che lo frequentano mediamente ogni anno. Atterrando qui è possibile recarsi a Cracovia, una tra le più belle città del territorio polacco e dell’Europa dell’est, con l’autobus. Sono disponibili anche i taxi e i transfer privati, tuttavia li sconsigliamo considerata la distanza e l’alto costo della tratta.

Come raggiungere Cracovia con l’autobus

Il mezzo più utilizzato è l’autobus, la soluzione più economica e veloce, e quindi alla portata di tutti. Gli autobus partono dal terminal e conducono a Cracovia operando un’unica fermata a Katowice città. Tra le compagnie di riferimento c’è la Matuszek, che organizza le corse seguendo gli orari degli arrivi; nel caso di ritardi, il bus aspetta i passeggeri. Il prezzo è di circa 16 euro ed è possibile acquistarlo comodamente online dal sito.

Anche la compagnia Infobus effettua la tratta dall’aeroporto di Katowice alla stazione di Cracovia. Il costo del biglietto è di circa 13 euro mentre il tempo di percorrenza è in media di un’ora e quaranta. Le altre compagnie che organizzano il trasferimento per il centro di Cracovia sono la stessa WizzAir e FlixBus, quest’ultima a un prezzo tra i 10 euro e i 13 euro. Per una soluzione ancora più economica, consigliamo di prendere un BlaBlaCar che, a soli 3€, vi porterà da Katowice città a Cracovia in circa un’ora.

Dall’aeroporto di Katowice ad Auschwitz

L’aeroporto di Katowice è situato a poca distanza da una delle attrazioni più visitate in Polonia: il campo di concentramento di Auschwitz. Se avete poco tempo e una volta atterrati desiderate cominciare subito il vostro viaggio, vi consigliamo di arrivare in questo luogo importante per la memoria storica europea direttamente dall’aeroporto. Potete valutare sia la prenotazione di un transfer privato che, dal terminal degli arrivi, vi porterà velocemente alla vostra destinazione, che il treno. In questo secondo caso dovrete prima arrivare alla stazione centrale di Katowice e, da qui, salire su uno dei tanti treni che, in un’ora e dieci, vi condurrà alla fermata di Oswiecim, a circa 2 chilometri da Auschwitz.

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Istanbul cambia volto, tutte le novità in città

Sapete qual è una delle città più visitate del mondo? È la magnifica e affascinate Istanbul, realtà che sorge a cavallo tra Europa e Asia, sullo stretto del Bosforo, e che regala angoli di puro pregio. Da qualche anno a questa parte in città sono in atto una serie di profondi lavori di restauro della cultura e del patrimonio storico, che sta rivelando strati precedentemente trascurati ma dalla bellezza incredibile.

La nuova vita del Bulgur Palas

Il Bulgur Palas è un bellissimo palazzo storico di Istanbul che si trova sulla collina Kocamustafapaşa, uno dei sette colli di Istanbul (si, Roma non è la sola). Commissionato da Mehmet Habip Bey, è stato progettato nel 1912 da Giulio Mongeri, un architetto levantino di origine italiana.

Nel corso degli anni questo edificio svolse diverse funzioni, fino ad arrivare ad essere del tutto abbandonato. Ma solo fino al 2021, anno in cui la municipalità di Istanbul lo ha acquistato e sottoposto a un enorme lavoro di restauro.

A partire da febbraio di quest’anno, infatti, il Bulgur Palas offre ampie viste panoramiche sul Mar di Marmara, sulla penisola storica della città costellata di minareti e sul suo nuovo quartiere pieno di grattacieli, ma anche una biblioteca da 150 posti, spazi espositivi, bar con giardino e molto altro ancora.

Bulgur Palas di Instabul

Fonte: Getty Images

Il bellissimo Bulgur Palas di Istanbul

La Cisterna del Parco Gülhane

Il 2023, invece, è stato l’anno in cui è stata riaperta al pubblico la Cisterna del Parco Gülhane. Si tratta di un vero e proprio bacino idrico di ben i 1.500 anni che sorge a soli 10 minuti di distanza dalla ben più famosa Cisterna Basilica, la più grande cisterna sotterranea ancora conservata ad Istanbul.

Gülhane, nello specifico, è solo un pezzo di un sistema di cisterne cittadino che un tempo comprendeva più di 200 serbatoi che fornivano acqua agli abitanti dell’epoca. Si trova all’interno di un parco alberato che faceva parte dei terreni privati ​​del Palazzo Topkapi e ospita anche la Colonna dei Goti, forse il più antico monumento romano esistente in città, e l’Alay Köşkü, un gioiello di padiglione del XVI secolo.

Cisterna del Parco Gülhane, Istanbul

Fonte: iStock

Un angolo della bellissima Cisterna del Parco Gülhane

La rinascita di Casa Botter

Agli inizi del Novecento Istanbul era la casa dell’olandese Jean Botter, sarto del Sultano Abdülhamid II, che decise di costruire un edificio con negozio, atelier di sartoria e appartamenti per la sua famiglia lungo la Grande Rue de Pera, l’odierna Istiklal caddesi.

Per la realizzazione dell’edificio, il creatore di moda scelse di rivolgersi a Raimondo D’Aronco, architetto friulano, che progettò un palazzo ambizioso e ispirato all’Art Nouveau francese. Con il passare del tempo fu venduto più volte, fino a trasformarsi in una sorta di un fantasma sulla via principale della città. Tuttavia, nel 2021 il comune di Istanbul ha avviato un importante processo di restauro e che ha lasciato tutti senza fiato.

Oggi l’edificio si chiama Casa Botter ed è un palazzo dal fascino incredibile che ha riaperto nell’aprile 2023 sotto forma di centro pubblico di arte e design, con mostre a rotazione di artisti moderni e contemporanei.

Artİstanbul Feshane, da fabbrica a centro d’arte

Straordinaria è anche la storia dell’Artİstanbul Feshane, un’ex fabbrica tessile che oggi è stata trasformata in un nuovo gigantesco centro con gallerie d’arte, una zona food, una biblioteca e persino un palco per concerti.

Situato sulle rive del Corno d’Oro, ha avuto bisogno di una riqualificazione durata ben quattro anni, con grandi interventi di restauro di cui si è occupato il dipartimento del patrimonio culturale del Comune, tanto che le sue affascinanti colonne originali in ghisa, portate in Turchia dal Belgio, sono ancora al loro posto.

Müze Gazhane, nuovo centro culturale

Nel quartiere di Hasanpaşa a Kadıköy sorge l’Hasanpaşa Gazhanesi, un gasometro costruito nel 1891 che forniva energia a tutto il lato asiatico della città, finché non diventò obsoleto.

Ma a partire dal 2013, gli edifici dell’impianto industriale sono stati restaurati e rifunzionalizzati dall’amministrazione della città, trasformandolo in un vero e proprio centro culturale: il complesso, chiamato Müze Gazhane, attualmente include sei sale espositive, due palchi per teatro e concerti all’interno dei gasometri, una biblioteca, un Museo del Clima e uno del Fumetto, una biblioteca, una libreria, laboratori, una sala studio, oltre a un mercato e due caffetterie. Ma non è tutto, perché il gasometro più grande ospita anche una piattaforma panoramica imperdibile.

Anadolu Hisarı, la più antica fortezza ottomana di Istanbul

Infine Anadolu Hisarı, una magnifica fortezza medievale che si trova sul lato anatolico (asiatico) del Bosforo. Si tratta della più antica fortezza ottomana di Istanbul, tanto che dà il nome al quartiere che lo circonda nel distretto di Beykoz.

Una vera e propria meraviglia costruita nel 1395 da Yildirim Beyazit, ossia 58 anni prima della conquista della città, che sorge su di uno sperone roccioso a tre metri sopra il livello del mare e che è circondata da una cinta protettiva del diametro di 20 metri.

Tuttavia, è rimasta chiusa per più di un decennio fino alla sua riapertura nel maggio 2023. E al giorno d’oggi, durante le notti estive, le sue torri si illuminano per fare da sfondo spettacolare a concerti gratuiti all’aperto organizzati dal comune.

La meravigliosa città di Istanbul, quindi, ha delineato una nuova strategia pubblica di recupero del patrimonio storico, restituendo a cittadini e visitatori degli spazi straordinari con un nuovo volto e dal valore eccezionale.

Anadolu Hisarı, Turchia

Fonte: iStock

La meravigliosa Anadolu Hisarı
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Bormio, regina dello Stelvio tra terme e piste da sci per tutto l’anno

Incastonata tra le imponenti montagne dell’Alta Valtellina, nella splendida cornice del Parco Nazionale dello Stelvio, sorge una cittadina dalla storia millenaria, considerata una perla del turismo del Nord Italia. Si tratta di Bormio, un comune in provincia di Sondrio, in Lombardia.

Sci e altri sport sulla neve, trekking in montagna, centri termali in cui rigenerare corpo e spirito, immersioni nel centro storico e degustazioni di prodotti tradizionali realizzati con maestria: Bormio è una meta turistica che offre per tutto l’anno un caleidoscopio di esperienze tutte da provare.

Bormio tra storia e tradizioni

Le origini di Bormio risalgono a epoche antichissime, fino alla preistoria, quando i cacciatori sostavano in queste aree durante i mesi estivi. L’epoca romana è stata quella che ne ha riconosciuto l’importanza dovuta alle sue fonti termali, anche se le prime documentazioni sulla storia di questa cittadina risalgono all’anno mille.
Nata per motivi commerciali, Bormio era inizialmente un crocevia per i passi alpini, attraverso i quali si snodavano i vari commerci tra i territori che si trovano a sud e a nord delle Alpi.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, che ha trasformato queste zone in teatro di aspri combattimenti tra italiani e austriaci, si è assistito a un boom turistico che ha portato Bormio a diventare una zona rinomata della Valtellina, con un’offerta adatta ad ogni esigenza.

Splendida vista su Bormio innevata

Fonte: iStock

Vista su Bormio innevata

Cosa fare a Bormio durante tutto l’anno

Bormio è terra di sport invernali (e non solo) sulla neve, di camminate e ciaspolate, di parchi termali, oltre che rappresentare un luogo dalla storia millenaria con tradizioni tramandate da generazioni.

Ecco cosa fare e vedere a Bormio in inverno, quando la neve imbianca tutto ciò che incontra, dalle cime dei monti più alti fino ai tetti delle case in città, ma anche durante l’estate, quando il sole riscalda le giornate più lunghe dell’anno.

Sci e altri sport sulla neve

Quando si parla di Alta Valtellina si pensa subito allo sci e a tutti quegli sport adrenalinici che prendono vita sulla candida neve. Nel cuore di questa zona alpina, Bormio è il luogo perfetto per vivere tali esperienze durante tutto l’anno, non soltanto in inverno. Da dicembre ad aprile la skiarea di Bormio, immersa nel panorama mozzafiato del Passo dello Stelvio, offre ben tre comprensori per un totale di 115 km di piste.

Nello specifico, si può raggiungere il comprensorio di Bormio, con 50 km di piste e 15 impianti di risalita, il comprensorio di S. Caterina Valfurva, con i suoi 35 km di piste e 9 impianti di risalita, oppure il comprensorio di S. Colombano, con 30 km di piste e 12 impianti di risalita. Le piste di Bormio, adatte a tutti i tipi di sciatori, principianti ed esperti, sono state scelte per le gare di Coppa del Mondo di Sci Alpino e delle Olimpiadi Invernali Milano Cortina 2026.

Nonostante la maggior concentrazione sia in inverno, la possibilità di sciare qui è garantita tutto l’anno, considerando che da novembre ad aprile sono aperte le piste a Bormio, mentre da maggio a novembre ci si può cimentare sulle piste bianche del Passo dello Stelvio, che ha il vantaggio di essere l’area sciabile estiva più vasta delle Alpi.

Sci e sport sulla neve tutto l’anno a Bormio

Fonte: iStock

Sport sulla neve a Bormio

Trekking e scialpinismo

Non solo sci durante l’inverno. Bormio è circondata da meravigliose montagne ricche di sentieri che si snodano tra i pendii di un paesaggio montano spettacolare. Attraverso diversi impianti di risalita presenti nell’area, si possono raggiungere diversi luoghi panoramici dai quali intraprendere camminate e ciaspolate, e raggiungere accoglienti rifugi nei quali pranzare assaporando squisite pietanze tipiche.

Uno dei percorsi adatti a una piacevole camminata con le ciaspole ai piedi, ideale anche per coloro che non sono esperti, è quello che parte dalla località Al Forte di Oga, raggiungibile con seggiovia. Un itinerario molto breve e senza grandi pendenze, che attraversa boschi di peccio, larice e cembro regalando splendidi scorci su Bormio e sui suoi tetti innevati, i sorvegliati speciali dell’imponente Cima Reit alle loro spalle.

Un altro percorso adatto a tutti è quello che unisce l’amore per la montagna con i valori del luogo e dei suoi abitanti. Stiamo parlando dell’itinerario che conduce a uno dei simboli della tradizione montana della Valtellina, ossia la Capanna Dosdè, un antico bivacco risalente al 1890, situato a 2.824 metri di altitudine: da questa pittoresca capanna dall’inconfondibile tetto rosso la vista si apre su un panorama di incredibile bellezza, con splendidi laghetti d’alta quota, la Val Viola ai suoi piedi e pendii verdeggianti che la chiudono in un abbraccio.

Capanna Dosdè è stata per anni un punto di riferimento per gli appassionati di trekking e sci alpinismo in queste zone. Nel 2023, dopo una sapiente ristrutturazione resa possibile grazie alla collaborazione tra la celebre azienda locale produttrice dell’amaro Braulio e il CAI di Bormio, l’edificio storico ha riacquistato tutto il fascino di un tempo, divenendo il luogo perfetto anche per eventi e degustazioni.

Capanna Dosdè, luogo significativo di Bormio

Fonte: Ufficio Stampa Casa Braulio

Capanna Dosdè

Relax alle Terme di Bormio

Bormio non significa soltanto piste da sci sulle imponenti montagne innevate, o camminate tra i sentieri più suggestivi e panoramici. Ciò che la rende una delle cittadine più amate del Nord Italia è la sua acqua termale.

Sono tre le aree nelle quali poter godere di acque termali di qualità, percorsi benessere, piscine e trattamenti di varia natura: Bagni Vecchi, Bagni Nuovi e Bormio Terme.

La più antica è la piscina dei Bagni vecchi, appartenente al gruppo QC Terme, considerata una delle terme più belle d’Europa: uno specchio d’acqua calda ricca di proprietà benefiche, scavata nella roccia e aperta ad una vista mozzafiato sulla vallata e sulla cittadina di Bormio. É questo il luogo ideale per vivere pause rigeneranti durante le fredde giornate invernali, immersi in accoglienti acque termali ammirando i circostanti paesaggi innevati.

Terme di Bormio, vista dai Bagni Vecchi

Fonte: iStock

Terme di Bormio

I Bagni Nuovi si trovano a poca distanza e presentano splendidi giardini in cui trascorrere piacevoli momenti a Bormio nelle giornate estive più calde, mentre Bormio Terme si trova nel centro storico cittadino e offre strutture più adatte all’intera famiglia.

Per coloro che vogliono provare l’esperienza delle terme, ma in maniera gratuita, a circa metà strada tra Bormio e le fonti termali più antiche sorge la Pozza di Leonardo da Vinci: una vasca in pietra e sassi realizzata a mano, che raccoglie l’acqua termale (circa 36 gradi) prima che si riversi interamente nel torrente Braulio.

Come raggiungerla? Non esistono indicazioni precise sulla sua ubicazione esatta e per scoprirla non dovrete fare altro che affidarvi alle indicazioni della popolazione locale.

Visita al centro storico

La storia millenaria di Bormio rivive grazie ai vicoletti che si snodano tra palazzi storici, antiche chiese e musei, fino a raggiungere le terme e i molteplici punti panoramici sulle splendide montagne alpine. Una storia fatta di tradizioni culturali, religiose ed enogastronomiche che rendono questa cittadina il luogo perfetto in cui trascorrere una vacanza tra divertimento e relax.

Passeggiando per i vicoli storici si incontrano antichi edifici e chiese, come quella del Santo Spirito (la cappella Sistina della cittadina), o la chiesa del Crocefisso (risalente al XIV sec).

In Piazza Cavour, il cuore pulsante di Bormio sul quale spicca la Torre delle Ore (del XIV secolo), si trova il Kuerc (coperchio), un’antica tettoia ad anfiteatro che rappresentava il luogo di incontro per la popolazione.

Degustazioni alla scoperta delle tradizioni

Il legame profondo che unisce Bormio alla montagna si percepisce anche nei gustosi piatti della tradizione e negli squisiti vini e amari che qui vengono prodotti con sapiente maestria. Un’arte che è possibile toccare con mano visitando la cantina di Casa Braulio, storica produttrice del celebre amaro alle erbe, situata proprio nel centro storico di Bormio.

Dopo una mattinata in montagna sulle piste da sci o trascorsa camminando lungo sentieri panoramici, questa cantina merita sicuramente una tappa per rilassarsi con squisite degustazioni di quei prodotti nati dall’elaborazione di erbe valtellinesi unite alle acque pure che sgorgano dal cuore delle Alpi.

La visita a Casa Braulio non è semplicemente un tour in cui vengono spiegati i vari passaggi di produzione e conservazione dei prodotti realizzati, ma è una vera e propria immersione sensoriale che unisce l’antico al moderno, la tradizione all’innovazione. Così si attraversano gli spazi delle Antiche Cantine (tra il XIX e XX secolo) collegati alle Cantine Moderne e Contemporanee, in un viaggio immersivo arricchito da tecnologie interattive lungo gli spazi sotterranei, nella sala infusi o nel laboratorio delle erbe.

Il viaggio alla scoperta del Braulio può essere prenotato comodamente dal sito ufficiale della cantina, con un costo di 10 euro a persona per assistere alla visita alle cantine, che dura circa un’ora, con degustazione finale. L’esperienza in cantina è prenotabile comodamente online tramite il sito ufficiale amarobraulio.com.

sperienza immersiva nella cantina di Casa Braulio

Fonte: Ufficio Stampa Casa Braulio

Cantina di Casa Braulio
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Un biglietto unico per quattro siti archeologici: succede in Sicilia

La Sicilia è una regione straordinaria, un lembo di terra in cui mare, cultura, natura si fondono attirando ogni anno migliaia di visitatori. È una terra, questa, in cui la storia più antica si accompagna con il mito, e in cui le leggende aleggiano ovunque rendendo il tutto ancor più affascinante. I luoghi migliori in cui vivere queste epiche atmosfere sono i siti archeologici della regione, quattro dei quali ora si possono visitare con un biglietto unico.

Il biglietto unico per immergersi nella storia

Dal 26 giugno di quest’anno a disposizione di tutti i visitatori (e gli abitanti) della Sicilia c’è a un biglietto unico che consente di scoprire le storia più antica e vera: quella che si può osservare e comprendere nei siti archeologici della regione. Non tutti, ma quattro di essi che sono uno più straordinario dell’altro.

Chiamato “La Sicilia dei templi”, il biglietto permette di visitare angoli straordinari della Sicilia occidentale: il Museo Salinas, il Parco della Valle dei Templi ad Agrigento, e i Parchi di Segesta e di Selinunte a Trapani. La sua validità è di 15 giorni, e le amministrazioni stanno già lavorando per estendere l’iniziativa anche ai siti della Sicilia orientale.

Attualmente sono disponibili le seguenti tipologie di biglietto:

  • Ticket cumulativo per i quattro siti: 36,20 euro (ridotto 20,60 euro);
  • Valle dei Templi + Salinas: 18,20 euro (ridotto 10,60 euro);
  • Salinas + Segesta: 15,60 euro (ridotto 8,80 euro);
  • Salinas + Selinunte: 13,60 euro (ridotto 6,80 euro).

Nel prezzo vi è incluso anche l’accesso alle mostre in corso nei vari siti, ma è bene sapere che durante i 15 giorni di validità è concessa una sola entrata per ciascun sito coinvolto. Il risparmio però è notevole: circa il 20% sul costo totale degli ingressi singoli.

Sappiate, inoltre, che ognuno dei siti archeologici coinvolti ha un programma di eventi, mostre, concerti, esperienze e visite guidate, sia diurne che notturne, consultabile sui rispettivi siti web.

Tutte le meraviglie dei siti coinvolti

Il Museo archeologico regionale “Antonino Salinas” si trova a Palermo ed è una di quelle attrazioni da non perdere assolutamente in città: conserva una delle più ricche collezioni archeologiche d’Italia e testimonianze della storia siciliana in tutte le sue fasi, che vanno dalla preistoria al medioevo. Si tratta quindi di un vero e proprio scrigno di meraviglie preziose, pieno di collezioni di immenso valore.

Non è di certo da meno il Parco della Valle dei Templi ad Agrigento, un angolo della regione che custodisce il patrimonio monumentale di Akragas, una delle colonie greche più importanti del Mediterraneo. Patrimonio Unesco dal 1997, nel 2015 ha ricevuto la DEVU, dichiarazione di eccezionale valore universale, che premia la qualità dei servizi offerti ai visitatori e il livello di accessibilità del sito.

Voliamo ora al Parco di Segesta a Trapani, che sorge sul sito della più importante città elima di Sicilia. Straordinarie sono le sue due acropoli posizionate sulle cime del Monte Barbaro, che conservano i resti di un tempio dorico, un teatro, di un’area medievale e molto altro ancora. Ad incantare è anche il panorama mozzafiato in cui è immerso, che spazia dal Monte Inici al Golfo di Castellammare.

Infine, l’altrettanto affascinante Parco di Selinunte, annoverato tra i siti archeologici più grandi del Mediterraneo e con evidenze archeologiche che documentano la raffinatezza dello stile dorico raggiunto dalle officine templari di Sicilia tra VI e V secolo a.C..

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Lago dell’Accesa: una gemma incastonata nella Toscana meridionale

Tra Gavorrano e Massa Marittima, pochi chilometri nell’entroterra rispetto al Golfo di Follonica, tra morbide e amene colline dai fianchi coperti di campi coltivati, circondato da una vegetazione varia che lo nasconde parzialmente alla vista di chi passa, sorge il Lago dell’Accesa, un sereno, cristallino e poco conosciuto specchio d’acqua nella zona meridionale della Toscana.

Un luogo estremamente rilassante, immerso nel verde e nel silenzio, circondato da un alone di leggenda che affonda le radici in tempi antichissimi. Una meta ideale per una gita fuori dai soliti circuiti e dalle solite destinazioni, tra un tuffo in acque profondissime, un picnic nelle piattaforme attrezzate sulle rive del lago e una passeggiata alla scoperta di alcuni fra i più importanti reperti etruschi della regione.

Visto dall’alto, nelle innumerevoli foto scattate dai droni o dalla vetta dei poggi circostanti, il Lago dell’Accesa rivela la sua forma particolare: un cerchio quasi perfetto, tagliato in orizzontale nel suo lato sud-occidentale, dove una lingua di terreno chiude una sorta di piccola laguna che è come un piccolo occhio.

Fonte: Lorenzo Calamai

Lago dell’Accesa, un’oasi dedicata al relax

Il sentiero che costeggia le rive dello specchio d’acqua non fa il giro intero del lago, ma ne percorre esclusivamente la metà orientale. Nella zona nord il panorama è costituito da un fitto canneto, come da tipica vegetazione lacustre, che si interrompe di quando in quando grazie ad alcuni pontili in legno.

Queste piattaforme sono in un’ ottima posizione per stendere l’asciugamano, prendere il sole e tuffarsi nell’acqua straordinariamente trasparente del lago, che diventa subito profonda, anche se è necessario fare attenzione alla vegetazione subacquea. Si possono anche utilizzare per mettere in acqua uno standing up paddle (SUP) con il quale esplorare tutto il bacino. Inoltre alcune delle piattaforme sono dotate di tavoli e panche da picnic, che rendono ancora più piacevole e comoda la permanenza.

Se invece siete più tipi da spiaggia la zona sud offre altre sistemazioni più classiche, con qualche accesso comodo al lago, anche con acqua più bassa adatta ai bambini. Il sentiero, infatti, si allontana un attimo dalla costa dello specchio d’acqua, ma conduce fino alla laguna blu circolare sul lato meridionale.

Il Lago dell’Accesa è straordinario nel suo genere: raggiunge grandi profondità, fino anche a 40 metri, ed è alimentato da sorgenti sotterranee. Non ha immissari, ma dà vita al torrente Bruna, che attraverserete se seguirete il percorso intorno alle rive del lago, il quale ha acque altrettanto cristalline.

Fonte: Lorenzo Calamai

Uno scorcio sulle morbide colline che contornano il Lago dell’Accesa

Come arrivare al Lago dell’Accesa

Il Lago dell’Accesa si trova nel territorio comunale di Massa Marittima, non distante dal tracciato della Aurelia, nella parte settentrionale della provincia di Grosseto. Dista una ventina di minuti da Follonica, la principale località balneare nelle vicinanze.

Il territorio rappresenta l’ultima propaggina meridionale delle Colline Metallifere, un complesso di rilievi caratterizzata da numerosi giacimenti minerari e da aree di produzione di energia geotermica, data la presenza di soffioni boraciferi.

Lago dell'Accesa

Fonte: DeAgostini/Getty Images

Vista aerea del lago e dei suoi dintorni

Per raggiungerlo si percorre la E80/SS1 Variante Aurelia fino all’uscita di Gavorrano Scalo. Da qui si possono seguire le indicazioni per il Lago dell’Accesa e imboccare la Strada provinciale dell’Accesa fino alla frazione La Pesta. Qui si imbocca una strada sterrata che in poche centinaia di metri porta ad un ampio parcheggio non lontano dalla rive del lago. Dal parcheggio parte il sentiero che, costeggiando il fosso che rappresenta l’origine del fiume Bruna, porta ad un passerella in legno dove la traccia si biforca: a destra si trovano le piattaforme attrezzate, a sinistra la laguna blu.

Il lago e i suoi dintorni sono anche una meta gettonata per gli amanti della mountain bike, grazie ai numerosi sentieri che percorrono le colline vicine e attraversano i poderi circostanti, fino ad arrivare alla conca dove si trova l’Accesa.

Gli Etruschi al Lago dell’Accesa

Un’altra eccezionalità del Lago dell’Accesa è quella di essere una zona abitata fin dai tempi etruschi: dal VI secolo prima di Cristo le sponde erano abitate per sfruttare i vicini giacimenti di metalli. Gli Etruschi infatti erano universalmente riconosciuti come un popolo di fabbri, con ottime competenze alla forgia.

Nelle immediate vicinanze del lago si trovano reperti archeologici visitabili gratuitamente di un antico insediamento etrusco: un raro esempio di una città dei vivi, mentre la maggior parte di ciò che di quella civiltà è arrivato ai giorni nostri sono le necropoli, le città dei morti.

etruschi lago dell'accesa

Fonte: Lorenzo Calamai

Gli scavi archeologici con i resti etruschi nelle vicinanze del lago

All’area archeologica si accede direttamente dal parcheggio. Invece che imboccare il sentiero che va al lago, proseguite inoltrandovi nel bosco di eucalipti, all’interno del quale si diramano varie tracce. Ognuna porta a una diversa area dove giacciono i reperti.

Quello che rimane dell’antico insediamento etrusco sono soltanto cumuli di pietre, dai quali si possono intuire le tracce delle fondamenta di qualche edificio. Ampi pannelli informativi, in ogni caso, aiutano nella scoperta degli immensi quantitativi di storia che sono passati sulle sponde del lago negli ultimi 3mila anni.

Storie, miti e leggende del Lago dell’Accesa

Con la sua forma caratteristica, la calma e il silenzio che lo circondano, l’estrema trasparenza dei suoi flutti, il Lago dell’Accesa possiede una notevole aura misterica. Il fatto, poi, che sia alimentato da sorgenti che si trovano sul fondale, a una notevole profondità e quindi invisibili all’occhio umano, ha dato vita a una serie di miti e leggende sul suo conto.

Secondo una di queste, il lago non sarebbe esistito fino al medioevo e sarebbe frutto di una terribile punizione divina.

Una volta terreno fertile ricoperto di campi coltivati a grano dai contadini locali, lo specchio d’acqua sarebbe frutto dell’ira dei cieli per non aver santificato il giorno di Sant’Anna, protettrice dei mietitori. Il 26 luglio, giorno in cui si celebra la santa, i contadini avrebbero dovuto dedicarsi al riposo, alla preghiera e al raccoglimento, e invece disubbidirono tale mandato, scendendo comunque nei campi a trebbiare il grano.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le piattaforme attrezzate rendono ideale passare una giornata al lago

Fu così che nel bel mezzo della raccolta, al suono delle campane che indicava il mezzodì, una tempesta si manifestò improvvisamente nel cielo, mentre la terra iniziò a tremare. I contadini, i carri, il bestiame e il loro raccolto vennero inghiottiti in una voragine fiammeggiante che si aprì nel terreno, mentre si scatenava un fortissimo diluvio.

Al cessare della tempesta, al posto dei campi coltivati si trovava un lago, chiamato dell’Accesa proprio per le fiamme che avevano inghiottito che aveva osato contravvenire alle regole sacre. La leggenda vuole che tutt’oggi, nel giorno di Sant’Anna, si possano udire dalle profondità delle acque le grida dei contadini, lo scalpitio dei cavalli e i rintocchi delle campane del paese che fu sprofondato.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le campagne nei dintorni del Lago dell’Accesa

In tempi più recenti, alla fine degli anni Novanta, il Lago dell’Accesa è assurto alle cronache locali per essere diventato una sorta di Loch Ness italiano: si diceva che una coppia di turisti tedeschi fosse giunta in riva al lago con al guinzaglio il loro eccentrico animale domestico, un coccodrillo.

La creatura si sarebbe liberata dalle catene, gettata nel lago e sparita nella natura, ritornando alla vita selvaggia che più le si confà. Da allora, per qualche tempo, si susseguirono gli avvistamenti (mai confermati) di lucertoloni anfibi dalle parti del Lago dell’Accesa, tanto che gli abitanti della zona, si erano presi pure la briga di dare un soprannome al coccodrillo, Birillo, di cui però si sono perse le tracce da tempo.

Chissà se è stato il freddo, chissà se qualcos’altro, chissà se ancora Birillo il coccodrillo non sguazzi nei meandri del Lago dell’Accesa.

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In Sicilia tra natura e archeologia: il fascino unico di Pantalica

La Sicilia è un’isola fatta di luoghi unici, capaci di unire eccezionalità naturali al lascito storico delle civiltà che hanno preceduto quella contemporanea.

Difficile trovare un esempio più alto di questo genere di luoghi rispetto a Pantalica, luogo di unione di archeologia e natura come pochi altri al mondo, a circa 25 chilometri nell’entroterra rispetto a Siracusa.

Qui il fiume Anapo e il torrente Calcinara hanno scavato profonde gole, che circondano un altipiano roccioso coperto da una vegetazione parziale. Un territorio aspro e affascinante, dalla conformazione particolare, che assume un fascino ulteriore perché sede di una delle più ampie necropoli protostoriche siciliane.

Quella che è oggi la necropoli rupestre di Pantalica, nome probabilmente di origine bizantina, si pensa infatti fosse l’antica città di Hybla, un’importante città-stato risalente a prima dell’ottavo secolo avanti Cristo, data di riferimento della conquista greca della Sicilia. Dell’abitato siculo non è rimasto niente, solamente le tombe scavate nella roccia o poste in grotte già preesistenti in questo groviglio di canyon e speroni montani, a cui si accostano anche abitazioni e luoghi di culto di età medievale, quando le popolazioni bizantine si ritirarono dalle coste prese di mira dalle incursioni navali di pirati e altri popoli.

Necropoli di Pantalica, Sicilia

Fonte: Lorenzo Calamai

Veduta della necropoli nord-ovest di Pantalica

Dal 2005 la necropoli di Pantalica fa parte del Patrimonio dell’umanità UNESCO. Oggi visitare questo immenso tesoro che unisce archeologia e natura è un’esperienza imperdibile, capace di fondere l’interesse per una storia che incombe in ogni momento sul proprio passaggio alla elettrizzante freschezza di un bagno nelle acque cristalline dell’Anapo o un tuffo nel blu del seducente Calcinara.

Pantalica: come arrivare e quali sentieri percorrere

Il sito di Pantalica si trova tra Sortino e Ferla, due belle cittadine di retaggio barocco del siracusano. Nelle vicinanze di ciascuna delle due si trova un ingresso all’area della necropoli rupestre di Pantalica, che a sua volta si trova all’interno della Riserva naturale orientata di Pantalica, Valle dell’Anapo e torrente Cava Grande.

Dal lato di Ferla, si esce dal paese seguendo le indicazioni presenti e in poco meno di 10 chilometri, percorrendo la Strada regionale 11, al parcheggio della cosiddetta Sella di Filiporto. Da qui un sentiero scende e incontra subito la chiesetta di San Micidario, una delle testimonianze bizantine del luogo. Proseguendo, si trovano più avanti la Grotta del Drago, gigantesca cavità naturale che si apre sopra alcune tombe, e si può raggiungere l’acropoli dell’antica città sicula e visitare i resti dell’Anaktoron, ovvero il palazzo del principe, l’unico edificio in pietra costruito ex novo dell’intero sito.

Pantalica

Fonte: Lorenzo Calamai

Indicazioni sul sentiero di Pantalica

Infine, si può scendere all’altezza del fiume Anapo, che scorre diverse decine di metri più in basso, e percorrere il tracciato dell’antica ferrovia Siracusa-Vizzini. Non ci sono più i binari su questo tracciato dismesso negli anni Cinquanta, rimane solo un ampio sentiero corredato di aree attrezzate, molto piacevole da percorrere a piedi.

Dal lato di Sortino, invece, si segue la panoramica via Pantalica fino a raggiungere il cancello che chiude la strada e segnala l’ingresso nella Riserva naturale orientata. Da questa parte la discesa verso il letto del torrente Calcinara è più impervia e ripida, con un tratto tutto in gradini in pietra, ma anche paesaggisticamente più affascinante. Al cospetto di innumerevoli aperture nella roccia, corrispondenti ad antichissime tombe, si scende verso le cristalline e fredde acque del torrente. Una volta giunti a valle, si trovano alcune radure con piccole piscine naturali dove potersi rinfrescare e dove la famiglie, in estate, si sistemano per una giornata rinfrescante, vista l’ombra, l’acqua bassa e la poca corrente del corso.

Qui si presenta una scelta: se si è debitamente attrezzati con zaino impermeabile e scarpette da fiume, si può scendere il corso del Calcinara passando via acqua fino a trovare una zona di propria preferenza dove accomodarsi. Il torrente si collega poi al fiume Anapo in corrispondenza della galleria della succitata vecchia ferrovia e poco dopo si trova il sentiero che risale al punto di partenza, una scarpinata in salita abbastanza impegnativa.

Fonte: Lorenzo Calamai

La necropoli rupestre di Pantalica si trova lungo il corso del fiume Anapo

Il sentiero, invece, prosegue attraversando il Calcinara e risalendo sulla sponda opposta, fino a portare all’affascinante esplorazione di una serie di cavità artificiali di epoca bizantina, antiche abitazioni nella parte più alta dell’altopiano. Da qui si può raggiungere la Strada regionale 11 e ricollegarsi al sentiero che parte dall’ingresso di Ferla, esplorare le attrazione di quel versante, e infine tornare al punto di partenza dopo la galleria che si incontra sul percorso della ferrovia.

Le necropoli di Pantalica e il palazzo del principe

A Pantalica si trovano circa 5mila tombe di epoca diversa. La maggior parte risalgono all’età protostorica della Sicilia, tra il XIII e l’VIII secolo a.C.

Per ragioni storiche non ancora del tutto definite, circa 1300 anni prima della nascita di Cristo le popolazioni sicule che abitavano principalmente le zone costiere dell’isola abbandonarono i loro insediamenti per ritrarsi nell’entroterra, in zone naturali impervie e con una posizione dominante sul circondario dal punto di vista dell’altitudine.

Fu così che iniziò la storia di Pantalica, dove comunque permangono tracce di insediamenti precedenti, già dell’età del bronzo. La civiltà di Pantalica aveva l’abitudine di seppellire i propri morti non lontano dagli agglomerati urbani, in grotte scavate nella roccia: queste sono rimaste, mentre le case in legno, canne e paglia delle popolazioni locali non hanno, ovviamente, lasciato traccia di loro.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una cascata sul torrente Calcinara nella Riserva naturale orientata di Pantalica

La città, tra alti e bassi, sarebbe rimasta florida fino al settimo secolo avanti Cristo, quando la fondazione di Akrai, l’odierna Palazzolo Acreide, per mano dei Greci di Siracusa comportò la probabile distruzione di Hybla. L’unica costruzione testimone della storia della città, al di fuori delle tombe, è il palazzo del principe, l’Anaktoron.

Sulla sommità più alta dello sperone roccioso che campeggia al centro delle due gole del fiume Anapo e del torrente Calcinara rimangono le fondamenta di un antichissimo edificio in pietra, molto probabilmente di proprietà del regnante dell’insediamento. Il particolare fascino e il mistero che ispira questa costruzione deriva dal fatto che, secondo gli archeologi, sarebbe stato costruito da maestranze provenienti da altri luoghi del Mediterraneo, forse Micene, dato che le popolazioni sicule non avevano dimestichezza nell’edificare costruzioni in pietra.

Pantalica fu abitata anche in epoca medioevale. Chiese e abitazioni rupestri di epoca bizantina testimoniano il ritorno ad un insediamento abitato nei secoli precedenti il Mille, probabilmente per sfuggire alle incursioni arabe e dei pirati sulle coste siciliane. Attorno al passaggio del millennio, furono popolazioni arabe ad insediarsi a Pantalica, come ricordato da fonti storiche.

Fonte: Lorenzo Calamai

Pantalica: una tomba nel letto del torrente Calcinara

Un tuffo a Pantalica

Un’aura di mistero ancestrale circonda Pantalica.

Scendendo verso i corsi d’acqua che ne caratterizzano la geografia, è inevitabile trovarsi ad osservare le decine di cavità che in ogni momento sono visibili in diverse aree delle conformazioni rocciose tutto intorno. Sono testimonianze del passato, luoghi arcani di sepoltura cerimoniale che ci ricordano in ogni momento che il nostro passo in un luogo che sembra sperduto, dominato dalla natura, è in realtà probabilmente lo stesso passo compiuto da tante altre persone molto simili nel corso degli ultimi 4mila anni.

Pensieri pronti a essere cullati dal dolce suono del fiume che scorre. Sia l’Anapo che il Calcinara sono corsi d’acqua incontaminati, dalle acque pure e cristalline, che si offrono al visitatore per un tuffo rigenerante e un momento di contatto con la natura selvaggia.

Fonte: Lorenzo Calamai

Un tuffo nelle acque dell’Anapo

Sono tante le piscine naturali e le spiagge d’acqua dolce che è possibile sfruttare tra i sentieri di Pantalica. Lungo il letto dell’Anapo le zone migliori sono probabilmente quelle immediatamente precedenti e immediatamente successive alla galleria sul tracciato dell’antica ferrovia.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le piscine naturali del torrente Calcinara

Il torrente Calcinara, però, è forse quello che offre gli angoli di acqua dolce più belli e suggestivi. Oltre alle già citate piccole polle nella prima parte del percorso che scende sa Sortino, si consiglia di risalire brevemente la parte del corso d’acqua prima della confluenza con l’Anapo: si potrà raggiungere un tratto davvero splendido, con un paio di ampie piscine naturali ombreggiate dove l’acqua assume tonalità del blu elettrico e alcuni massi offrono l’opportunità di tuffarsi dalla cima di una cascatella, mentre la parete rocciosa sovrastante si apre in alcune cavità artificiali tipiche della necropoli.

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Clima e temperature a Baku: quando visitare la località

Baku è la capitale dell’Azerbaigian, la città è situata sulle rive del Mar Caspio, ricca di storia e con una cultura vibrante tra gli aspetti più interessanti di Baku c’è sicuramente il suo clima. Se state pensando di visitarla, partite dalla Città Vecchia, conosciuta come Icherisheher, il quartiere è patrimonio UNESCO. Stretti vicoli e stradine acciottolate e negozi di souvenir vi accoglieranno con il sorriso, se poi vorrete tentare la scalata alla Torre della Vergine, otterrete come ricompensa una vista panoramica spettacolare della città.

Se vi avanza un po’ di tempo, scoprite le Flame Towers, tre grattacieli che fanno dello skyline della città e che devono il loro nome al richiamare il significato di Azerbaigian: terra del fuoco; dal tramonto sono illuminate a led che simulano il fuoco.

Clima e un po’ di geografia di Baku

Baku è situata a circa 30 metri sotto il livello del mare, questo la rende proprietaria di un piccolo primato: la capitale più bassa del mondo in termini di altitudine; il clima di Baku viene classificato come semi-arido questo significa che in Baku troverete estati calde e secche mentre gli inverni saranno relativamente miti e umidi. La vicinanza con il Mar Caspio però, aiuta nel mantenere moderate le temperature, questo comporta un clima meno estremo rispetto alle regioni più interne dell’Azerbaigian.

Il clima di Baku nelle quattro stagioni

Partiamo dall’estate di Baku che viene segnalata come caratterizzata da temperature elevate e bassa umidità. Da giugno ad agosto la temperatura giornaliera oscilla tra i 25°Ce i 30°C; non di rado però si possono superare anche i 35°C, rendendo le giornate estive particolarmente torride. Un altro aspetto particolare e distintivo del clima di Baku durante l’estate, è il vento. La città infatti è particolarmente conosciuta per essere battuta dal Khazri il vento del nord freddo e secco, e Gilavar il vento caldo e umido del sud, questi due venti possono influenzare la percezione delle temperature.

L’autunno a Baku è la stagione di transizione, le temperature diminuiscono gradualmente e regalano un settembre ancora abbastanza caldo con le temperature che si aggirano intorno ai 23°C, ma a partire da ottobre scendono raggiungendo i 14°C che portano a novembre. In autunno le precipitazioni aumentano pur restando relativamente scarse, novembre viene segnalato come il mese più piovoso della stagione autunnale con una media di circa 30 mm di pioggia, anche se le giornate di pioggia non sono poi così frequenti.

Come sono le temperature di Baku

Fonte: iStock

Quali sono le temperature di Baku durante ogni stagione

Gli inverni a Baku sono sostanzialmente miti rispetto ad altre città con la stessa latitudine, le temperature invernali infatti oscillano tra i 4°C e gli 8°C. Ma gennaio si rivela il mese più freddo con temperature che possono arrivare anche agli 0°C durante le notti più fredde. Sappiate che, anche se la neve è rara, non è completamente assente, la città anche se raramente, sperimenta leggere nevicate che però si risolvono velocemente, le precipitazioni invernali sono per lo più sotto forma di pioggia, i venti invernali invece possono essere piuttosto impegnativi, specialmente quando soffia il Khazri, il vento del nord.

La primavera a Baku è forse la stagione più piacevole, da marzo a maggio le temperature tornano ad aumentare passando da una media di 9°C di marzo ai 20°C di maggio. Se le temperature si alzano, di contro la primavera porta a Baku un aumento considerevole delle precipitazioni piovose, aprile e maggio sono infatti i mesi più piovosi dell’anno con una media di 25/30 mm di pioggia caduta ciascuno. Le giornate primaverili di Baku, tuttavia, anche con il mix di pioggia leggera e sole, sono particolarmente piacevoli, la vegetazione riprende e la città rifiorisce rendendola colorata e profumata di piante e fiori primaverili.

Baku e l’influenza del mar Caspio

La conoscenza del clima di Baku è essenziale, non solo per i residenti ma anche per i turisti che ogni anno visitano la città pianificando di esplorarla per scoprire anche gli angoli più caratteristici, magari dall’alto della Baku Ferris Wheel, la ruota panoramica che offre una vista mozzafiato sulla città e sul mare. Oppure visitando il tempio del fuoco di Ateshgah, patrimonio mondiale UNESCO, e godendo della vista delle ‘’montagne infuocate’’; questo tempio zoroastriano è stato costruito da mercanti indiani tra il XVII e il XVIII secolo, o dedicandovi a scoprire il parco nazionale di Baku e restando, non poco sorpresi, dalla riproduzione in miniatura di una piccola Venezia, con tanto di gondole, ponti e canali.

Il mar Caspio, come già detto in precedenza, ha un’influenza significativa per Baku che ne modera le temperature estive  impedendo l’eccessivo calore, allo stesso tempo mantiene le temperature più miti nelle stagioni fredde rispetto alle aree più interne, fornendo tra l’altro una forma di umidità costante che contribuisce alla sensazione di freschezza durante i mesi più caldi. I venti, in particolare il Khazri giocano un ruolo cruciale per Baku, abbassando rapidamente le temperature e portando piogge improvvise influenzando la qualità dell’aria. Come molte altre città nel mondo, Baku non è immune ai cambiamenti climatici, negli ultimi decenni i segni del cambiamento climatico ha portato ad estati più calde ed inverni più miti.

Clima di Baku

Fonte: iStock

Clima di Baku, capitale dell’Azerbaigian

La posizione geografica e la presenza del mar Caspio giocano un ruolo cruciale nel modellare il clima di Baku, anche se i professionisti competenti stanno monitorando attentamente la situazione, lavorando per implementare misure che possano mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico; inoltre si lavora anche sulla consapevolezza pubblica per promuovere pratiche sostenibili che riducano l’impatto ambientale sulla città.

Il periodo migliore per visitare Baku

Se ti stai chiedendo quale sia il periodo migliore per visitare Baku, devi sapere che la finestra della primavera, e più precisamente da aprile a giugno, e quella dell’autunno da settembre a novembre sono le scelte top. Durante questi mesi, il clima è mite e piacevole con temperature che si aggirano tra i 15 e i 25 gradi. In modo particolare, la stagione primaverile conquista i turisti con fioriture e luoghi particolarmente suggestivi mentre l’autunno è perfetto per chi ama temperature medie e piacevoli ma non vuole troppi turisti attorno. L’estate, invece, ha un clima piuttosto caldo e spesso superiore ai 30 gradi: nonostante molti turisti la scelgano durante il periodo, non è forse la migliore possibilità.

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Ercolano, riaperta ai visitatori l’antica spiaggia

L’antica spiaggia di Herculaneum, la prima all’interno di un parco archeologico, è stata finalmente riaperta al pubblico. I visitatori potranno passeggiare liberamente sull’intera superficie e immergersi nella magia della città lambita dal mare. Si conclude, così, un percorso pluriennale di attività multidisciplinari di ricerca, scavo archeologico, restauro, ingegneria e architettura, con l’arricchimento dell’esperienza di visita del Parco, puntando nel medio termine alla ricongiunzione dell’area archeologica principale con la Villa dei Papiri.

Come è rinata l’antica spiaggia di Ercolano: il progetto

L’antica Ercolano, città di mare, distrutta dall’eruzione del 79 d.C., rivive con la sistemazione finale, sull’onda di una progettazione donata dal Packard Humanities Institute nell’ambito del partenariato pubblico-privato denominato “Herculaneum Conservation Project” per restituire un’immagine il più possibile vicina a come si presentava prima che quel boato improvviso interrompesse lo scorrere quotidiano della vita alle falde del Vesuvio.

Negli ultimi decenni, l’area dell’antica spiaggia è stata progressivamente interessata da corrosione e decadimento, determinati da un insieme di fattori naturali legati alla veicolazione delle acque piovane e di risalita, che l’avevano trasformata in una zona paludosa con accumuli di acqua e vegetazione infestante e connessi pericoli di allagamento e impatti sulla conservazione del patrimonio.

Proprio a causa della complessità dei problemi da affrontare, è stato adottato un approccio multidisciplinare per restituire la spiaggia alla sua sicurezza e fruibilità, con la realizzazione di un’area percorribile e la valorizzazione del fronte a mare della città antica, offrendo così ai visitatori una percezione completamente rinnovata dell’antica Herculaneum. L’impianto di illuminazione contribuisce a valorizzare ancora di più il fronte mare della città antica durante le visite e gli eventi serali.

Visitatori nell'area dell'antica spiaggia di Ercolano

Fonte: Ansa

I visitatori potranno passeggiare liberamente sull’intera superficie dell’antica spiaggia di Ercolano

L’antica spiaggia di Herculaneum

La documentazione fotografica d’archivio legata ai lavori di scavo degli anni ’90 mostra la presenza, nella zona della spiaggia, di una piattaforma in tufo segnata da lunghe incisioni parallele che furono interpretate come segni lasciati nel tufo dalle chiglie delle barche. Indagini recenti hanno dimostrato che il litorale nel corso dei secoli ha più volte cambiato il proprio livello, alzandosi e abbassandosi almeno dal III secolo a.C. In quel momento il banco di tufo – roccia sedimentaria estratta per essere utilizzata come materiale di costruzione – era parzialmente fuori dal mare. Il progressivo abbassamento del livello del banco, a causa di fenomeni legati al vulcanesimo, insieme all’azione delle onde ha depositato le sabbie che hanno via via creato la spiaggia romana del 79 d.C.

L’antica spiaggia appariva come una distesa di sabbia vulcanica di colore nero da cui, in alcuni punti, emergeva la piattaforma tufacea sottostante. Era leggermente inclinata verso il mare, la cui linea di battigia doveva trovarsi pressappoco dove oggi termina l’area di scavo. Non vi si svolgevano solo attività marinare, ma era usata anche per raggiungere la città e per salire attraverso delle rampe verso le case affacciate direttamente sul mare, oltre che per rifornire di legna le Terme Suburbane.

Nella notte dell’eruzione del 79 d.C., sulla spiaggia c’erano più di 300 fuggiaschi, ma anche molti animali, tra cui muli e cavalli. A fine 2021, l’antica spiaggia ha restituito lo scheletro dell’ultimo fuggiasco di Ercolano, un uomo di circa 40/45 anni di età. Si trovava probabilmente in riva al mare o nelle aree della città soprastante, trascinato dalla forza dell’eruzione insieme ai suoi averi, conservati in una sacca di tessuto. Sulla spiaggia, oltre allo scheletro sono stati ritrovati moltissimi reperti di legno trascinati dal flusso piroclastico. Tutto questo rende gli scavi di Ercolano unici al mondo.

Scheletri nell'area dell'antica spiaggia di Ercolano

Fonte: Ansa

Gli scheletri dei fuggiaschi di Ercolano, durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
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Giornate Europee dell’Archeologia: i siti meno noti da visitare in Italia

Da venerdì 14 a domenica 16 giugno, tornano le Giornate Europee dell’Archeologia, un vero e proprio appuntamento con la storia. Nei luoghi della cultura italiana sono previste attività volte a promuovere il prezioso patrimonio archeologico del nostro Paese e a far conoscere il lavoro degli archeologi, attraverso visite guidate, laboratori, escursioni e tanti altri eventi, organizzati con la volontà di mantenere vivo il dialogo con il pubblico, le università, gli enti locali, le associazioni e tutti gli attori del territorio.

Come nascono (e perché) le Giornate Europee dell’Archeologia

Dal 2010, il Ministero della Cultura in Francia ha affidato a Inrap, l’Istituto nazionale di ricerca archeologica preventiva, il coordinamento e la promozione delle Giornate Nazionali dell’Archeologia (Journées Nationales de l’Archéologie o JNA). Nel 2019, la manifestazione ha aperto le porte all’Europa, e dal 2020, le JNA hanno preso il nome di Giornate Europee dell’Archeologia (Journées Européennes de l’Archéologie o JEA). Con oltre 1.500 iniziative nel Vecchio Continente e la partecipazione di 30 Paesi europei, le JEA hanno continuato a vedere aumentare l’entusiasmo e la partecipazione.

Promuovere la ricchezza e la diversità culturale dell’Europa, rendere l’archeologia più visibile al pubblico, sensibilizzare i cittadini e le autorità politiche sulla necessità di tutelare il patrimonio archeologico, attrarre nuovo pubblico che non sia abituato a visitare i luoghi in cui si fa archeologia, valorizzare l’intera catena operativa “dallo scavo al museo”, favorire la condivisione delle conoscenze tra gli archeologi e i visitatori sono i principali obiettivi di questo imperdibile evento.

I siti archeologici meno noti e le aperture straordinarie

Anche quest’anno la Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino, in Campania, aderisce alle Giornate Europee dell’Archeologia, in programma dal 14 al 16 giugno, con iniziative organizzate in alcuni dei suoi luoghi della cultura. Tra questi, la splendida Area Archeologica dell’Anfiteatro Romano di Avella, in provincia di Avellino, poco fuori il centro abitato del quartiere San Pietro. Edificato in età tardo-repubblicana, nel I secolo a.C, l’anfiteatro è fra i più antichi della Campania, ed è rapportato a quello di Pompei, non tanto per le sue dimensioni – 60 metri di lunghezza e 35 di larghezza, quindi più contenute – quanto per il materiale e la tecnica di costruzione in opus reticolatum di tipo giallo.

In Abruzzo, venerdì 14 giugno alle ore 18, presso l’agriturismo  “Le Magnolie” di Vasto (Via Palombari, 54) parte la passeggiata archeologica “Di pozzo in pozzo alla scoperta dell’Acquedotto romano delle Luci”. Sabato 15 giugno, alle ore 9:30, dopo la visita guidata al suggestivo Museo Archeologico di Schiavi di Abruzzo, partirà l’escursione (cappello, scarponcini, pantaloni lunghi) lungo il sentiero denominato  “La Camera Verde”, per giungere all’Area Sacra dei Templi Italici, dove, dalle ore 10, inizieranno luogo le visite guidate curate dalla Soprintendenza Archeologia e Belle Arti per le province di Chieti e Pescara.

Sabato 15 giugno alle ore 19.00, ci sarà l’apertura straordinaria del Parco Archeologico di Mileto Antica, in provincia di Vibo Valentia, che rappresenta il primo esempio di un parco d’età medievale in Calabria Il Parco comprende il sito della città antica, che venne abbandonata nel 1783 a seguito del noto terremoto che sconvolse tutta la regione e che si sviluppava lungo la dorsale caratterizzata da rilievi collinari che costituiscono i punti focali dell’insediamento dove troviamo i principali resti monumentali dell’antica Mileto. Oltre ai ruderi dell’Abbazia della SS Trinità, tra i più importanti monumenti medievali in Calabria, sono visibili diversi reperti marmorei.

In occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, il Pantheon a Roma apre i suoi fossati per una visita esclusiva. Il suggestivo itinerario, che avrà il suo epilogo all’interno del monumento, guidato da un assistente alla fruizione del Ministero della Cultura, comincerà alle ore 11.00 di sabato 15 giugno. Collocati sui fianchi laterali del corpo cilindrico a una quota corrispondente a quella di calpestio di epoca romana, i fossati conservano affascinanti resti di edifici di età imperiale come i Saepta Iulia, luogo di riunione dei comizi centuriati e la Basilica di Nettuno, il cui utilizzo originario è ancora oggi oggetto di dibattitto tra gli studiosi.

Domenica 16 giugno, alle ore 10.30 e 12.00, al Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri in località Naquane, in Val Camonica, si potrà visitare il percorso del Corén del Valento fino alla Roccia 60, sulla quale è inciso il celebre simbolo della Rosa Camuna, guidati dalla direttrice Maria Giuseppina Ruggiero. Al suo interno, il Parco accoglie 104 rocce, in arenaria levigata dai ghiacciai, incise con alcune delle raffigurazioni più note del repertorio d’arte rupestre della vallata della Lombardia orientale, riconosciuto dall’UNESCO nel 1979 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.