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In questo palazzo svelate le stanze segrete del re

Una scala a chiocciola conduce in un ambiente mai visto prima. Per anni è rimasto celato agli sguardi indiscreti dei visitatori che ora, invece, potranno accedervi e scoprire luoghi inediti che raccontano la storia d’Italia, e anche qualche curioso aneddoto.

Stiamo parlando delle stanze segrete del re che si trovano all’interno della palazzina di caccia di Stupinigi, nel Comune di Nichelino, in provincia di Torino. Eretta per la famiglia Savoia tra il 1729 e il 1733 su un progetto dell’architetto della casa reale Filippo Juvarra, fa parte del circuito delle residenze sabaude del Piemonte e, nel 1997, è stato proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Dal 26 marzo e fino al 6 novembre, la Fondazione Ordine Mauriziano organizza delle visite guidate straordinarie alla scoperta di alcuni spazi segreti della palazzina, solitamente chiusi al pubblico.

Non a caso il progetto si chiama Passepartout, perché apre le porte a luoghi sconosciuti finora. Per un weekend al mese sono tre in particolare gli spazi a cui i visitatori potranno accedere per la prima volta in assoluto.

Le stanze segrete svelate

C’è l’appartamento di ponente di re Carlo Felice, che fu re di Sardegna e duca di Savoia a partire dal 1821. Opposto allo speculare appartamento di levante, l’appartamento – in attesa di restauro – è l’insieme delle stanze appartenute al re e alla duchessa Cristina di Borbone. Gli spazi vennero ampliati sotto la direzione di Benedetto Alfieri nel XVIII secolo per accogliere le stanze di Vittorio Emanuele, duca d’Aosta e figlio di re Vittorio Amedeo III e sono affrescate con scene di caccia. Il nome di questo tour è “Le stanze chiuse del re”.

Ci sono gli ambienti nascosti della servitù, che comprendono corridoi e passaggi segreti, serviti per divincolarsi nel dedalo di stanze e per raggiungere, senza quasi farsi notare dai padroni di casa, le sale e gli appartamenti privati. Il tour si chiama “Dietro le porte segrete”.

E, infine, il “Sotto il cervo”, che porta alla balconata che s’affaccia sul salone centrale e poi, dopo aver salito una cinquantina di gradini di una stretta scala a chiocciola, sulla sommità della cupola di Juvarra, da cui si può notare l’originale forma a barca rovesciata della cupola sotto il cervo, simbolo della palazzina, e godere di una vista a 360 gradi che arriva fino a Torino. Questo tour si chiama “Sotto il cervo”.

Un po’ di storia

La palazzina di caccia di Stupinigi è tra i più bei monumenti di Torino. Fu costruita per essere una residenza per la caccia e per ospitare le feste dei Savoia. Tra i complessi settecenteschi europei, è tra le più spettacolari. È stata riaperta al pubblico solo qualche anno fa, dopo importanti lavori di restauro, e oggi è un vero e proprio museo, con i suoi arredi originali, i dipinti e i capolavori d’ebanistica.

Le visite solitamente cominciano dalla settecentesca Scuderia Juvarriana, dove si trova la scultura originale del cervo di Francesco Ladatte. Attraverso la biblioteca e l’antibiblioteca si giunge al salone centrale, cuore della palazzina, una sala ellittica posta all’intersezione della croce di Sant’Andrea (che ospita gli appartamenti reali). Da qui si accede all’appartamento del re, a quello della regina, all’anticappella e alla Cappella di S. Uberto, fino a raggiungere l’appartamento di levante destinato ai Duchi del Chiablese. Alla fine del percorso si raggiunge la Sala da gioco, in cui l’arredo segue il duplice filone delle cineserie e dei mobili dedicati allo svago. C’è infine il parco storico, un giardino progettato nel 1740 da Michel Benard sul modello dei giardini francesi.

Info utili

Le prima visite guidate iniziano il 26-27 marzo con “Le stanze chiuse del re”. Si prosegue con “Dietro le porte segrete”, il 24-25 aprile e il 29-30 ottobre e, infine, con “Sotto il cervo”, in programma il 28-29 maggio e il 24-25 settembre.

Per prendere parte alle visite guidate è obbligatoria la prenotazione. Per le visite “Dietro le porte segrete” e “Sotto il cervo” i visitatori saranno muniti anche di caschetto di protezione.
Le visite sono limitate a un numero massimo di dieci – fortunati – ospiti.

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La palazzina di caccia di Stupinigi

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Caen, la città francese tra luci e scorci magici

Cittadina vivace, tappa quasi obbligata nell’itinerario per la visita delle spiagge dello sbarco, Caen, conosciuta anche con il soprannome di la città delle 100 guglie, è un luogo pieno di sorprese e frizzante vita notturna. I monumenti si illuminano di luci colorate, i mercati serali animano le vie del centro storico sino alla marina. Tra monumenti e scorgi suggestivi, il capoluogo della bassa Normandia merita di essere scoperto. Un passato turbolento per via delle conseguenze del secondo conflitto mondiale, non ha impedito a Caen di rinascere e valorizzare il centro e i quartieri con un’interessante proposta culturale.

I monumenti simbolo di Caen

Tra i simboli di Caen, da segnare sulla mappa della città, c’è sicuramente il suo imponente castello che domina ancora il centro cittadino. Raggiungere i camminamenti delle mura medievali, dall’alto dei suoi bastioni, il panorama a 360 gradi su Caen è davvero incantevole. Da visitare, al suo interno, ci sono senza dubbio: la Sala dello Scacchiere, il Museo della Normandia, il Museo delle Belle Arti, la Loggia del Governatore e la Chiesa di Saint-Georges. All’esterno, ideale luogo di svago molto frequentato soprattutto in primavera-estate, si trova un grande parco giochi, l’orto botanico e un parco che ospita diverse sculture.

Il tour alla scoperta di Caen può proseguire visitando due noti edifici della città, voluti da Guglielmo il Conquistatore, che la città, la più potente della Normandia: l’Abbazia degli Uomini e l’Abbazia delle Dame, che oggi ospitano il municipio e il consiglio regionale. L’Abbazia degli Uomini, gioiello di architettura romanica e gotica, prima ospitò i monaci, in seguito diventò liceo, e ancora un ospedale durante la seconda guerra mondiale. Al suo interno, nel coro gotico, si trova l’imponente tomba di Guglielmo il Conquistatore (in realtà, per sicurezza e timore che venisse trafugata, oggi custodisce solo un frammento osseo del sovrano).

Anche l’Abbazia delle donne, altro luogo imperdibile di Caen, venne utilizzata per diversi scopi nella storia: prima monastero di suore benedettine, poi ospedale e ospizio. Ospita la magnifica cripta e la tomba di Mathilde di Fiandre, regina d’Inghilterra, duchessa di Normandia e moglie di Guglielmo il Conquistatore. Il momento ideale per visitare questo luogo, e il suo parco, è il tramonto: la vista sulla città al calar del sole è unica.

Quartieri e scorci pittoreschi

Monumenti imponenti e maestosi e piccole viuzze graziose e ricche di scorci pittoreschi. Passeggiare per gli antichi quartieri di Caen, sintesi dell’architettura normandise, è indimenticabile. Rue du Vaugueux, ad esempio, si trova proprio sotto il castello, ed è rimasto intatto, fermo nel tempo. Qui si trovano le caratteristiche case a graticcio, colorate e adorante di fiori. Questo è il quartiere medievale di Caen, riqualificato negli ultimi decenni, e divenuto un vero cuore pulsante della città: vivace, pieno di locali e ristoranti tra i più rinomati della zona. Da non perdere, per scatti fotografici da cartolina, sono poi le case a graticcio più antiche. Si trovano in rue Saint Pierre e in rue de Geôle: la più famosa è Maison des Quatrans, costruita nel 1460.

Se volete visitare la strada più antica di Caen, invece, dovete dirigervi in Rue Froide, una via acciottolata e costellata da botteghine, atelier, caffè e molte librerie (anche per bambini). Questa antica strada ha mantenuto immutato tutto il suo fascino medievale. Tra le cose da fare necessariamente c’è quella di spiare nei cortili della case: residenze borghesi che nascondono giardini rigogliosi, angoli romantici ed opere d’arte. Ad esempio, al civico 16 di rue Froide, che si affaccia sull‘ex Maison des Sens, famosi vetrai del XVI secolo, si trova uno splendido portico da fotografare.

La marina e le spiagge di Caen

Dal cuore della città di Caen si arriva al mare, al porto turistico, dove è bello concedersi una passeggiata in ogni momento della giornata, di giorno e di notte. Caen, come detto, può essere il punto di partenza per visitare le spiagge dello sbarco in Normandia come Omaha Beach, Gold Beach, Juno Beach. Al porto di Caen si trovano ormeggiate meravigliose barche a vela, terrazze, bar e ristoranti sulla promenade Quai Vendeuvre. Da non perdere qui, nella giornata di domenica, il tradizionale mercato di Saint-Pierre. In estate questo luogo si anima ancora di più con spettacoli di luci, musica e il mercato notturno.

Il quartiere più modaiolo e di tendenza di Caen, si trova proprio a pochi passi dal porto turistico. E’ la Penisola di Caen, che ospita la note biblioteca Alexis de Tocqueville, dall’architettura futuristica, con le luminose facciate in vetro e l’affaccio meraviglioso sulle rive dell’Orne. Questo è il paradiso per gli amanti dell’arte, soprattutto di street art: intorno all’edificio, infatti, è possibile ammirare moltissime opere di street artist francesi (e non solo), e notevoli murales. Qui si tengono diversi concerti e spettacoli. Un quartiere luminoso che si riflette nelle acque del fiume.

 

Caen, Normandia

Un angolo di Caen

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Riapre il parco di tulipani più bello del mondo. Ed è pura magia

Se i tulipani sono il simbolo dell’Olanda, questo parco ne è il cuore assoluto. E sta per riaprire i cancelli al pubblico, ansioso di tornare ad ammirare milioni di specie di tulipani di ogni forma e colore, dopo due anni di chiusura dovuta alla pandemia. Sì, perché non tutti i tulipani sono uguali. E in questo giardino si possono ammirare proprio tutti, in un tripudio di colori.

Stiamo parlando del parco di Keukenhof, che riapre per la stagione il 24 marzo e sarà visitabile fino al prossimo 15 maggio. Come ogni stagione, anche quella del 2022 ha un tema intorno al quale ruotano le composizioni. Quest’anno sarà “Flower Classics” ovvero il tulipano – ma non solo, poiché nel parco sbocciano anche altre specie di fiori – come elemento classico visto nell’arte, nell’architettura e nel design.

E la collaborazione con il Mauritshuis, il museo che si trova a L’Aia che proprio quest’anno celebra il duecentesimo anniversario e che ospita il famoso capolavoro di Jan VermeerRagazza col turbante” anche detta la “Ragazza con l’orecchino di perla”, ne è un eccellente esempio.

Oltre ai milioni di tulipani, narcisi e giacinti del parco, la mostra floreale all’interno dei padiglioni di Keukenhof si è ingrandita a dismisura ed è divenuta ancora più bella. Più di 600 coltivatori di fiori portano in mostra i loro fiori più belli affinché possano essere ammirati dai visitatori.

“Siamo felici di poter dare di nuovo il benvenuto ai visitatori”, ha commentato il direttore del parco Bart Siemerink. “Non abbiamo potuto aprire al pubblico per due anni, benché il parco fosse comunque fiorito e bellissimo. Lo scorso anno, milioni di persone lo hanno potuto ammirare attraverso i video e seguire le fioriture, ma vederle dal vivo è completamente diverso e nessuno video rende l’idea in quanto non consente di sentirne i profumi e di godere dell’atmosfera che si respira nel parco. I primi godere giacinti e i primi tulipani sono già sbocciati e i visitatori possono già godere dei colori fin dal primo giorno di apertura. In tutta la regione di Bollenstreek (quella dei bulbi) si possono anche ammirare i primi campi fioriti”.

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Il parco di Keukenhof in Olanda

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Da Mendoza a Buenos Aires: la magica rotta delle stelle

Da sempre il firmamento affascina l’umanità intera. Su di lui e sugli oggetti celesti che lo popolano sono state scritte poesie, testi e canzoni, sono stati dipinti capolavori e poi, ancora, create sculture. Noi, invece, ci siamo messi in viaggio seguendo le buie e suggestive mappe dell’astroturismo per raggiungere i cieli più belli del mondo come quelli custoditi dall’Argentina.

Sono sempre di più i luoghi del mondo che tutelano e valorizzano il firmamento, riducendo l’inquinamento luminoso e annullando i confini artificiali che ci separano dal cielo così da creare una vera e propria rotta delle stelle che illumina il cammino, che incanta e che affascina.

Un viaggio straordinario, quello che vi proponiamo oggi, che va da Mendoza a Buenos Aires, che passa per San Juan e Córdoba. Un viaggio che è sopratutto dell’anima, prima che del corpo, un’esperienza che ci invita a contemplare le meraviglie del mondo a testa in su, per  esplorare l’affascinante e magico cielo che ci sovrasta. Pronti a partire?

Osservare il cielo da un teatro di stelle

Come dei teatri meravigliosi che annullano le distanze tra gli uomini e il cielo, così sono i planetari, palcoscenici di visioni, immersioni e approfondimenti sul firmamento e sugli astri.

A Malargüe, in provincia di Mendoza, troviamo l’Osservatorio di raggi cosmici Pierre Auger e il Planetario di Malargüe, due luoghi straordinari che permettono di indagare tutti i misteri che riguardano il cielo. A questi si aggiunge anche il Planetario comunale Janaxpacha Huasi a Aconquija, in Catamarca dove, tra cieli infiniti e montagne suggestive, è possibile immergersi in un paesaggio unico illuminato solo dalle stelle.

Anche nel cuore della città di Buenos Aires è possibile osservare le galassie e decifrare i loro enigmi. La capitale dell’Argentina, infatti, ospita il Planetario Galileo Galilei, un luogo imprescindibile sulla rotta delle stelle.

Dal campo del cielo ai parchi bui: la rotta delle stelle

La caccia di stelle continua con l’osservazione diretta del cielo che ci porta  in uno dei luoghi più magici, affascinanti e misteriosi dell’intero Pianeta. Ci troviamo a Chaco, nel Campo del Cielo, la provincia celebre per la pioggia di meteoriti caduta sul territorio 4500 anni fa che ha resto questo uno dei paesaggi più affascinanti del mondo intero.

A San Juan, invece, esiste uno dei cieli più bui del nostro pianeta ed è quello che sovrasta il suggestivo Parco Nazionale di El Leoncito, a Calingasta, considerato un vero gioiello del turismo astronomico. Sono molti i viaggiatori che ogni anno si recano qui per ammirare la danza delle stelle.

Nell’ambiente selvaggio e suggestivo di Misiones, troviamo il Parco Provinciale Salto Encantado, con i suoi 13.227 ettari verdi. Qui è possibile organizzare escursioni notturne per ammirare le stelle e scoprire tutte le leggende della regione.

Ai piedi del celebre Cerro Uritorco, situato a 1979 metri sul livello del mare, c’è un territorio già famoso e frequentato da tutti gli amanti dei misteri del cosmo. A Capilla del Monte la Fondazione Internazionale Starlight, che protegge i cieli notturni, ha certificato il primo impianto argentino con un cielo straordinario. Le stelle, però, potrebbe non essere le uniche a popolare il cielo. Non a caso, infatti, questa zona è stata ribattezzata l’autostrada degli UFO.

rotta delle stelle argentina

rotta delle stelle argentina

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Nel cuore della capitale c’è un fantasma che si aggira in un museo

Situato nel cuore antico e suggestivo della città eterna, c’è un edificio che è impossibile non notare per la sua maestosa eleganza, una dimora che conserva ancora il fascino degli antichi sfarzi mondani dei suoi antichi proprietari. Stiamo parlando del Palazzo Braschi, edificio del rione Parione a Roma, oggi sede delgi Museo di Roma.

Eretto tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II, questo palazzo fu progetto dall’architetto Cosimo Morelli per volere di Papa Pio VI intenzionato a regalarlo a suo nipote, Luigi Braschi Onesti. Ed è proprio alla famiglia Braschi che, questo meraviglioso edificio della capitale, è indissolubilmente legato.

Non solo per le sue origini e la storia legata al pontefice, o alla famiglia nobile che scelse la città eterna come rifugio mondano, ma in particolare alla giovane Costanza che, si dice in giro, vaga ancora nelle stanze del museo.

La storia di Costanza, il fantasma di Palazzo Braschi

Palazzo Braschi conserva una storia antica quanto affascinante, quella della famiglia che qui dimorò. Le cronache del tempo raccontano della giovane donna che sposò Luigi Braschi Onesti, una ragazza colta e raffinata che amava organizzare feste e banchetti all’interno della sua dimora.

I gossip del tempo la dipingono come una donna piena di vita che consumava le sue passioni in numerose relazioni extraconiugali. Altri dettagli della vita di Costanza, che da nubile faceva Falconieri di cognome, sono a noi sconosciuti, così come sono ignoti quelli relativi alla sua morte.

Sono diverse le persone che, in visita a quello che è oggi il Museo di Roma, affermano di averla incontrata tra le stanze meno frequentate dell’edificio. C’è chi dice, invece, di sentire spesso dei rumori di passi o di vedere luci e ombre che si aggirano tra i corridoio. Che sia davvero Costanza che, malinconica, si aggira in quella che un tempo era la sua dimora?

Altri fantasmi a Roma

Costanza Braschi non è l’unico fantasma che si aggira nel cuore della capitale. Ce n’è un altro, forse il più famoso di Roma, che secondo alcuni si palesa in città nella notte tra il 10 e l’11 settembre ogni anno. Stiamo parlando di Beatrice Cenci, una giovane nobildonna romana vissuta in città in epoca rinascimentale.

La sua storia, celebre in tutta il mondo, ha ispirato artisti, poeti e scrittori tra cui anche Guido Reni e Stendhal. Si dice della donna che fosse posta sotto il controllo di un padre violento e autoritario. Nonostante le diverse denunce, nessuno fece nulla per salvarla. Così fu lei stessa, con la complicità dei suoi fratelli e di alcuni conoscenti, a ucciderlo. Beatrice Cenci e gli atri furono processati e condannati a morte l’11 settembre del 1599. Si dice che il fantasma della giovane donna, a ogni anniversario della sua morte, vaga sul ponte di Castel Sant’Angelo con la sua testa in mano.

Sempre nel cuore della città eterna c’è un altro fantasma che sembra essere stato avvistato più volte, stiamo parlando di Giuseppe Balsamo, meglio conosciuto come il Conte di Cagliostro. L’uomo, alchimista, guaritore e truffatore, fu denunciato da sua moglie Lorenza Serafini Feliciani per maltrattamenti e violenze. Cagliostro fu così arrestato e rinchiuso, con la condanna a ergastolo, in una stanza senza porte e finestre dove morì. Chi vive a Roma giura di averlo visto tra le strade del Vicolo delle Grotte, dove un tempo abitava, e udito il grido disperato dell’uomo che invoca sua moglie.

Sempre nel cuore della capitale, e nello specifico a Piazza di Spagna, gli abitanti della città dicono di aver visto più volte, al calar del sole, John Keats e Percy Bysshe Shelley. I due poeti romantici, vissuti all’inizio dell’ottocento, passeggiano a braccetto mentre contemplano le meraviglie della città eterna.

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Scoperto a Notre-Dame un misterioso sarcofago

Proseguono i lavori di ristrutturazione di Notre-Dame, la maestosa cattedrale metropolitana di Parigi, dopo l’incendio del 2019. Oltre al suo immenso patrimonio fatto di tantissimi tesori di storia e d’arte, a quanto pare ci sono meraviglie ancora sconosciute, come il misterioso sarcofago recentemente scoperto.

Notre-Dame, dall’incendio alla scoperta

Era il 15 aprile del 2019 e tutto il mondo guardava incredulo le immagini dell‘incendio di Notre-Dame, una delle più belle cattedrali del mondo. Costruita a partire dal 1160, a causa del fuoco aveva visto collassare le guglie del suo tetto.

Ma nel posizionare le impalcature nella navata, sono stati scoperti un sarcofago in piombo perfettamente conservato -probabilmente del XIV secolo, – e diversi luoghi di sepoltura sotto il pavimento, assieme a delle sculture. Meraviglie rinvenute sotto il livello del transetto della cattedrale, parzialmente distrutto dall’incendio dell’aprile 2019.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Ad annunciarlo è stato il ministero della Cultura che ha dichiarato che le vestigia ritrovate sono “di notevole qualità scientifica”. Fra le sepolture rinvenute, “è stato estratto un sarcofago antropomorfo in piombo, integralmente conservato“.

Potrebbe trattarsi, aggiunge, di quello “di un alto dignitario, probabilmente risalente al XIV secolo”. L’operazione di estrazione delle sepolture ha messo anche in evidenza, immediatamente al di sotto del livello di pavimentazione attuale della cattedrale, “l’esistenza di una fossa nella quale sono stati depositati elementi scolpiti policromi identificati come appartenenti alla cosiddetta “jubé“, la tribuna su archi costruita attraverso la navata principale delle chiese per isolare il coro. Un ambiente, quindi, riservato ai monaci o ai canonici.

Durante i lavori condotto della metà del XIX secolo, Viollet-le-Duc, che ideò la guglia, aveva ritrovato altri frammenti della “jubé” che oggi sono esposti al museo del Louvre.

Siamo stati in grado di inviare una piccola fotocamera all’interno che mostrava resti di stoffa, materia organica come capelli, ma anche resti di piante. Il fatto che questi resti siano lì indica che il contenuto è stato preservato nel migliore dei modi”, ha affermato Christophe Besnier dell’Istituto Archeologico Nazionale francese.

Quando riapre Notre-Dame

Stando a quanto dichiarato dalla ministra francese della cultura Roselyne Bachelot e il presidente Emmanuel Macron, Notre-Dame riaprirà nel 2024. All’epoca dei fatti, Macron aveva invocato la ricostruzione del monumento gotico – tra i simboli della Francia, ma anche dell’Europa intera – in tempo per le Olimpiadi di Parigi 2024.

Anche il generale Jean-Louis Georgelin, che segue il cantiere per conto di Macron, ha garantito che Notre-Dame potrà riaprire nel 2024. Una celebrazione liturgica di ringraziamento è già fissata per il 16 aprile, anche se i lavori non dovessero essere del tutto conclusi per quella giornata.

In attesa della sua riapertura, la cattedrale si arricchisce grazie anche a queste significative scoperte, che rendono la storia di questa meraviglia parigina ancor più importante.

I ritrovamenti avvenuti aiuteranno gli archeologi a comprendere meglio le pratiche funebri che avvenivano durante il Medioevo francese. Ma la verità è che non c’è tempo da perdere: il ministro della cultura, Roselyne Bachelot-Narquin, ha fatto sapere che gli studiosi potranno condurre ulteriori ricerche nell’area degli scavi fino al 25 marzo, con lo scopo anche di sfruttarne al massimo le sue potenzialità.

sarcofago notre dame

Il ritrovamento del sarcofago

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Sembra una fiaba: la neve rossa è un incanto

In questi giorni non si parla d’altro che della neve rossa che ha colorato, come d’incanto, le nostre catene montuose. Ma non si tratta di una magnifica opera temporanea di land art, né tanto meno di una set di un film girato nel continente. È la natura che, ancora una volta, ci restituisce le più belle visioni di sempre e ci spinge, ancora una volta, a esplorare il mondo che abitiamo, perché questo è un luogo straordinario.

Ogni stagione che ci prepariamo ad accogliere, o a salutare, porta con sé una serie di fenomeni meravigliosi che portano la firma di Madre Natura. Dalla neve, bianca e candida che avvolge gli edifici, le strade e le intere città, alla primavera che, con il suo risveglio, ci catapulta direttamente nel mondo dei balocchi.

Ma c’è qualcosa che, probabilmente, in molti non avevano mai visto perché forse non ne erano neanche a conoscenza. Stiamo parlando di un particolare fenomeno che tinge la neve di rosso che, a sua volta, colora tutto intorno, come per magia.

Come in un film: quando la neve si colora di rosso

Capita, durante i viaggi che organizziamo, di ritrovarsi davanti a quelli che sembrano essere dei veri e propri caleidoscopi di colore. Sorgenti d’acqua calda che prendono in prestito i colori dall’arcobaleno, deserti aridi che si trasformano in tappeti di fiori e poi, ancora, laghi salati che si trasformano in dipinti che fanno sognare.

Così succede anche alla neve che, lascia da parte il suo candido colore bianco per tingersi di diverse sfumature di rosso. Un fenomeno che è possibile ammirare in alta montagna e nelle regioni polari. Ma da cosa è dovuto?

A prima vista sembrerebbe quasi scontato pensare a una colorazione artificiale fatta da qualcuno per creare un suggestivo spettacolo per chi guarda. E invece, come vi abbiamo anticipato, si tratta di un fenomeno del tutto naturale che può verificarsi per due motivi.

La neve rossa, infatti, può verificarsi a causa della presenza di organismi unicellulari del genere Chlamydomonas, appartenenti alla categoria delle alghe verdi. Questi organismi hanno una particolarità: sono ricchi di carotenoidi, tra cui l’astasantina, che gli permette di proteggersi dai raggi ultravioletti, ma che crea anche questa inedita e particolare tinta di rosso, che può essere più chiara o più scura in base alla quantità di alghe presenti.

Gli organismi che proliferarono sotto gli strati di neve, iniziano a sporificare e quando la neve si discioglie questi appaiono in superficie. È quello il momento in cui si verifica questo straordinario e inedito cambio colore della neve che prende anche il nome di watermelon snow o blood snow.

Tuttavia c’è anche un altro fenomeno che tinge la neve, e che ci riguarda più da vicino. A volte, infatti, la neve rossa non è dovuta alle spore dell’alga, ma al deposito della sabbia del deserto. Questa viene trasportata dal vento sui territori di alta montagna e qui si ferma, fino a creare degli scenari surreali e quasi fantascientifici.

Neve rossa in Italia: quando e dove

La neve che cambia colore per la presenza della sabbia del deserto trasportata dai venti è un fenomeno che ci riguarda da vicino. A causa dei forti venti di Scirocco, i granelli del deserto del Sahara viaggiano fino a noi creando uno spettacolo insolito e affascinante.

Le montagne dei Pirenei e quelle delle Alpi occidentali, nei scorsi giorni, si sono colorate di un rosso più o meno intenso, creando dei paesaggi quasi alieni, ma estremamente successivi. Anche le Dolomiti e la meravigliosa Sierra Nevada sono diventate le protagoniste di questo show. Ma non è finita perché, secondo gli esperti, la neve rossa potrebbe intensificarsi nei prossimi giorni.

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In Italia esiste un borgo attraversato da un fiume di latte che appare e scompare

Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno ha incanto il mondo intero e non solo per la minuziosa descrizione che appartiene ai versi di Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, ma anche per la magia che sprigiona questo specchio d’acqua nostrano da qualsiasi prospettiva lo si guardi.

Ed è proprio nel Lago di Como che, un piccolo fiume, si tuffa come fanno tanti altri. Eppure questo corso d’acqua porta con sé una serie di misteriose leggende e di suggestioni dovute sia alle sue origini che al suo particolare colore che ricorda proprio il bianco del latte.

Il suo nome è Fiumelatte, il corso d’acqua più breve d’Italia che attraversa e taglia in due l’omonimo borgo situato in provincia di Lecco, già annoverato tra i paesi d’Italia con i nomi più bizzarri. Un piccolo gioiello nascosto, alla stregua di un tesoro prezioso, nel comune di Varenna tutto da scoprire.

Vista sul borgo di Fiumelatte, Varenna

Vista sul borgo di Fiumelatte, Varenna

Fiumelatte, il piccolo borgo di Lecco

Il suo nome è Fiumelatte ed è un piccolissimo borgo bagnato dall’omonimo fiume dal quale prende il nome. Passeggiare tra questo micro agglomerato di case, un tempo abitazioni di pescatori oggi diventate per lo più dimore di turisti e villeggianti, è una vera e propria esperienza surreale.

Questa frazione di Varenna, che si specchia delle limpide acque del lago di Como, si aggrappa ai piedi del monte Fopp ed è conosciuta soprattutto per il fiume che lo attraversa tagliandolo letteralmente in due.

Ed è proprio qui, da quel ponticello che si affaccia proprio su quell’acqua rigorosa e bianca, che comincia la magia, quella conservata tra le leggende e i misteri del fiume bianco come il latte.

Fiumelatte, Varenna

Fiumelatte, Varenna

Il fiume dal colore del latte e le sue leggende

Incastrato tra le vecchie abitazioni che formano il piccolo borgo, si trova quello che l’amministrazione locale ha definito il fiume più breve d’Italia, come recita anche il cartello situato sul ponte che lo attraversa e che funziona da belvedere.

Sul fatto che sia il più breve d’Italia, in molti hanno dei dubbi, ma che il suo corso sia decisamente fugace lo confermano i suoi soli 250 metri di sviluppo. Fiumelatte, che prende il suo nome proprio dalla caratteristica colorazione che assume l’acqua, nasce da una grotta situata sulla cima del paese e nascosta dalla fitta vegetazione e si tuffa, come d’incanto, nello splendido Lago di Como.

Ma non è solo la brevità del suo corso a renderlo particolarmente interessante, e neanche quel colore biancastro dato dalla schiuma dell’acqua in superficie, ma il fatto che questo fiume compare e scompare più volte durante l’anno.

Fiumelatte, infatti, inizia a scorrere con l’arrivo della primavera, e più precisamente il 25 marzo, per poi smettere di farlo il 7 ottobre. Il motivo? Ancora non è stato svelato così come nonostante le numerose spedizioni negli anni, nessuno sia riuscito a individuare la sorgente e quindi a spiegare il fenomeno intermittenza. L’ipotesi più accreditata è che il fiume provenga da una sorgente carsica naturale del Moncodeno, ma di fatto nessuno lo ha mai confermato.

Così ecco che con gli anni nuove storie e fantasiose leggende hanno provato a spiegare tutto il fascino e la suggestione che per natura appartengono a questo corso d’acqua. Nel paese si narra che un tempo qui viveva una fanciulla molto bella che aveva tre pretendenti, se uno di loro fosse riuscito a svelargli la sorgente di Fiumelatte sarebbe diventato suo marito.

I tre giovani innamorati, quindi, decisero di avventurarsi nella grotta del fiume per scoprire le sue origini e in quella rimasero per settimane. Una volta tornati, con un aspetto invecchiato e trasandato, cominciarono a raccontare quel che avevano visto nell’antro.

Uno disse di aver conosciuto una sirena, di aver visto un luogo che sembrava un paradiso, ma che d’improvviso si trasformò in un antro senza via d’uscita. Il secondo ammise di essersi ritrovato in un luogo luminoso e scintillante popolato da bellissime donne, ma anche quello di trasformò in un cunicolo abitato da spaventose creature notturne. Del terzo pretendente, invece, si dice che egli fu così sconvolto da ciò che vide che una volta tornato nel villaggio non volle mai più parlare della grotta.

La grotta di Fiumelatte

La grotta di Fiumelatte

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Lauwersmeer: a caccia di stelle in Olanda

Non c’è niente di più magico di un cielo stellato. Pensare di poter viaggiare seguendo quei puntini luminosi che brillano sopra le nostre teste non è più un desiderio collegato solo ed esclusivamente all’immaginario favolistico o a quello onirico. Ce lo insegnano tutti quei luoghi che promuovono l’assenza dell’inquinamento luminoso e che ci permettono di godere delle visioni più straordinarie di sempre.

Le stesse che hanno incantato pittori, scrittori, poeti e artisti e che ora ci meravigliano, diventando le attrazioni principali dei viaggi che organizziamo durante le nostre stagioni preferite.

È sempre più comune, infatti, il desiderio di mettersi in viaggio alla ricerca dei cieli stellati più belli del mondo, quelli dove le stelle e i pianeti sono i grandi protagonisti, quelli come il Parco Nazionale del Lauwersmeer, il più scuro, magico e affascinante Dark Sky Park in Europa.

Parco Nazionale del Lauwersmeer

Parco Nazionale del Lauwersmeer

Meraviglioso di giorno, magico di notte: Parco Nazionale del Lauwersmeer

Esiste un luogo di incantevole bellezza, vicino al mare di Wadden, dove viaggiatori di tutto il mondo possono ritrovare quel contatto autentico e primordiale con la natura. Stiamo parlando del Parco Nazionale del Lauwersmeer, un gioiello prezioso che si snoda sul confine  tra le province della Frisia e di Groninga.

Sono 6000 gli ettari che contraddistinguono questo eden della natura dove vive un’enorme varietà di uccelli, dove trovano rifugio tantissime specie di flora e fauna, lì tra corsi d’acqua, prati selvatici, distese infinite di orchidee e canne alte e lussureggianti.

E se il parco è una vera e propria meraviglia di giorno, è quando cala la notte che sprigiona tutta la sua magia. Quando il sole saluta gli abitanti del parco, gli animali notturni escono dai loro rifugi e, silenziosamente, passeggiano nel buio. Ma non sono soli: a guidarli ci sono le stelle che brillano e che squarciano l’oscurità.

Parco Nazionale del Lauwersmeer

Parco Nazionale del Lauwersmeer

Il Dark Sky Park in Olanda

I luoghi privi di inquinamento luminoso, in Europa, sono rari e per questo ancora più apprezzati dagli amanti dell’Astroturismo. Stiamo parlando dei Dark Sky Park, parchi e riserve che assicurano che la natura non venga disturbata dalle luci artificiali e venga preservata tutta la sua bellezza.

Il Parco Nazionale del Lauwersmeer, con il suo titolo di Dark Sky Park, rientra tra questi. Una presenza eccezionale e un vanto per l’Olanda, dato che il Paese è tra i primi posti per il più alto livello di inquinamento luminoso al mondo.

E invece Lauwersmeer è un vero tesoro prezioso, perché quando il sole tramonta, succede qualcosa di meraviglioso. La natura sembra sprofondare nell’oscurità più intensa che però non fa paura, perché basta alzare gli occhi al cielo per trovare la bussola, per ritrovare la strada inseguendo le stelle.

Il Dark Sky Park di Lauwersmeer è considerato uno dei luoghi più bui della terra dove poter scoprire e riscoprire la natura nel silenzio e nella tranquillità assoluta, interrotta solo dal risveglio degli animali notturni. La caccia alle stelle ha inizio quando arriva il crepuscolo, ma il firmamento è così fitto e popolato che sarà facile perdere velocemente il conto.

Parco Nazionale del Lauwersmeer

Parco Nazionale del Lauwersmeer

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Come in una fiaba: il sogno d’oriente in Italia

Esiste un luogo di incredibile bellezza nel nostro Paese, così bello da non sembrare neanche vero. Un gioiello che manifesta tutto il splendore negli esterni lussuosi e negli interni che si palesano in un caleidoscopio di colori, un capolavoro architettonico in stile moresco che rappresenta il più bel grande sogno d’Oriente mai realizzato in Italia. Stiamo parlando del Castello di Sammezzano.

Situato nel comune di Reggello, in provincia di Firenze, questo capolavoro di architettura orientalista è uno dei luoghi più affascinanti del nostro Paese. Circondato un suggestivo giardino, nel Valdarno, il castello è stato inserito tra i Luoghi del Cuore Fai.

Un bene prezioso da recuperare e salvaguardare che racconta una storia fatta di sogni grandiosi realizzati proprio nel nostro Paese, un sogno che però oggi sembra sempre meno accessibile da tutti.

Castello di Sammezzano

Castello di Sammezzano

Castello di Sammezzano, una bellezza fragile

Il Castello di Sammezzano è una bellezza fragile, così lo ha definito il Comitato per i duecento anni dalla nascita del Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona. L’edificio, infatti, non è attualmente accessibile e la sua grandiosa maestosità è contemplabile solo dall’esterno o dalle foto oggi diffuse sul web.

Quello di Sammezzano sembra un castello delle fiabe che ricorda la straordinaria Alhambra di Granada perché da quella prende ispirazione. Un sogno realizzato dal marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, su suo progetto e finanziamento.

Edificato tra il 1853 e il 1889, su una preesistente grande fattoria del 1605 , questo gioiello orientale ospita 365 stanze decorate in stile moresco, ognuna delle quali è dedicata a ogni giorno dell’anno. Dopo la morte di Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, che dedicò la sua intera vita a perfezionare l’edificio in cui visse per più di 40 anni, il castello fu lasciato in stato di abbandono.

Dopo essere diventato oggetto di saccheggio durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale è stato trasformato in un hotel di lusso fino agli anni ’90 per poi passare nelle mani di un’azienda inglese. Nuovamente abbandonato, a causa degli alti costi di manutenzione, il Castello di Sammezzano è diventato il simbolo di una fragile e infinita bellezza da preservare.

Castello di Sammezzano

Castello di Sammezzano

Un sogno a occhi aperti: gli interni del Castello di Sammezzano

Le istantanee che immortalano gli interni del castello rappresentano le testimonianze di quel sogno orientale mai dimenticato. Anche l’accesso alla struttura è pressoché impossibile al momento, ma attraverso le fotografie a nostra disposizione possiamo godere dei frammenti di quella grande bellezza. La stessa che contraddistingue in maniera univoca la sala dei Pavoni – Peacock Room -, il grande ambiente nel quale il padrone di casa intratteneva gli ospiti.

Stucchi e maioliche in stile moresco che caratterizzano la regale stanza, non sono altro che il preludio della meraviglia che che si snoda per il resto del castello.

Tutto intorno all’imponente struttura del Regello, c’è un meraviglioso parco lussureggiante nel quale campeggiano maestose sequoia che arrivano a sfiorare i 50 metri d’altezza.

La bellezza straordinaria dell’edificio lo ha trasformato, col tempo, in un sogno quasi proibito, nonché in un luogo di grande ispirazione per i registi cinematografici. Gli esterni, così come gli interni mozzafiato, sono apparsi in diversi i film romantici e sognanti, proprio come l’edificio. Tra i più famosi ricordiamo Finalmente… le mille e una notte di Antonio Margheriti, Il fiore delle mille e una notte di Pier Paolo Pasolini e il più recente Il racconto dei racconti – Tale of Tales.

Castello di Sammezzano

Castello di Sammezzano