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Tra diamanti e storie sepolte sotto il lago che sembra un zaffiro

Esiste un luogo così magico e suggestivo che sembra finto, o al massimo uscito da qualche cartone della Walt Disney. Tutto merito di quella forma perfetta e di quel colore così intenso che lo caratterizzano in maniera univoca e gli danno le sembianze di un enorme zaffiro incastonato nella terra di tundra e di fiumi, di laghi e piccoli villaggi. Eppure il cratere di Pingualuit è reale, ed è bellissimo da qualsiasi prospettiva lo si guardi.

Lì, dove un tempo c’era una terra pianeggiante, un grosso cratere creato da un meteorite ha lasciato il segno per sempre, scolpendo in maniera definitiva i lineamenti della la penisola di Ugava, nel Québec del nord.

Ribattezzato l’occhio di cristallo dagli Inuit, protettori di questa terra da secoli, il cratere di Pingualuit è diventato famoso nel mando per una missione organizzata da parte di un ricercatore di diamanti. Ma il vero tesoro stava le storie che le sue acque profonde possono raccontare.

L’ottava meraviglia del mondo

Correva l’anno 1943 quando, la prima fotografia aerea ritrasse la bellezza di questo cratere ricolmo di acque dalle mille sfumature di blu. Negli anni ’50, i giornali di tutto il mondo, si apprestavano a condividere quell’istantanea che sembrava aver svelato l’ottava meraviglia del mondo. Fu solo alla fine degli anni ’90, però, che qualcuno si interessò davvero al cratere di Pingualuit e organizzò una missione per scoprire i suoi segreti.

Si trattava di dell’Ontario Frederick W. Chubb  che, credendo che questo fosse la testimonianza di un antico vulcano, organizzò una missione per andare alla ricerca di diamanti e pietre preziose. All’arrivo, però, grazie alla presenza degli esperti, si scoprì che quello era un cratere creato dall’impatto fortissimo di un meteorite caduto su quella terra più di un milione di anni fa.

Un cratere che ha un diametro di oltre 4 chilometri e una profondità che supera i 250 metri. Non a caso è considerato uno dei bacini d’acqua più profondi di tutto il Nord America, nonché uno dei più limpidi del mondo intero. Le acque dolci che abbondano all’interno della voragine sono, invece, considerate le più pure di tutto il nostro pianeta.

Oggi questo specchio d’acqua illuminato dal sole fa parte del Parco Nazionale di Pingualuit istituito nel 2004 e che comprende tutta la tundra circostante.

Ma il cratere di Pingualuit è molto più di un’attrazione turistica da raggiungere e fotografare. Nonostante l’esistenza di questo occhio di cristallo fu concessa al mondo negli anni ’40 attraverso la fotografia, c’era già chi lo conosceva e lo proteggeva. Si tratta degli Inuit, la popolazione originaria dell’area, che hanno tenuto segreto per secoli questo luogo.

Il mistero della perfezione

Sono stati gli Inuit a dare il nome di occhio di cristallo di Nunavik al cratere, una denominazione suggestiva che non fa che confermare il fascino esercitato da questo luogo. Ma non erano solo le sue dimensioni maestose a distinguerlo, ma anche la sua perfetta simmetria circolare. Sembrava quasi come se qualcuno disegnato un cerchio, lo avesse scavato e poi riempito d’acqua.

E visto da vicino, il cratere, è ancora più sensazionale. Gli occhi si perdono nella profondità che si spalanca nel cratere, dove all’interno scintilla un blu intenso dal colore zaffiro. Considerato un luogo sacro, gli Inuit hanno celato a lungo l’esatta posizione del cratere, venerandolo come fonte di energia, rinascita e purezza. Il nome stesso di Pingualuit è un omaggio alla sua stessa presenza, è traducibile infatti come “Là dove la terra risorge”.

Il cratere, creato un milione di anni fa, si riempito nei secoli di acqua dolce a seguito della caduta delle piogge e dello scioglimento delle nevi, dando vita a un lago cristallino di immensa meraviglia.

Il cratere di Pingualuit

Il cratere di Pingualuit

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Valogno: il borgo dipinto che sembra uscito da un libro di fiabe

Esistono luoghi di una bellezza così indescrivibile che fatichiamo a credere che siano reali perché somigliano a quelli che fanno parte del nostro immaginario infantile. Borghi, città e territori che sembrano essere usciti da un libro di fiabe ma che in realtà sono a noi vicini, in attesa di essere esplorati.

Come il borgo di Valogno, una piccola frazione di Sessa Aurunca in provincia di Caserta che incanta al primo sguardo. Perché lì, sulle pareti delle case e degli edifici che si affacciano tra le strade e i vicoli del territorio, le opere d’arte dipinte sui muri fanno da sfondo a un itinerario pieno di fascino e suggestione.

Valogno è un borgo dipinto, una piccola galleria d’arte en plein air dove la fantasia e l’immaginazione diventano reali attraverso forme, colori e immagini che accompagnano il visitatore in un tour favolistico che fa sognare.

Valogno

Valogno

Valogno: come in un libro di favole

Come le pagine di un libro di fiabe da sfogliare, così è Valogno. Il piccolo borgo del parco regionale Roccamonfina-Foce del Garigliano, incastonato tra montagne e tufo vulcanico, è diventato il paese delle meraviglie. Lo ha fatto per colorare di gioia l’anima e lo sguardo delle persone, di chi qui vive e chi torna, di qui chi arriva e non vorrebbe mai andare a via.

A Valogno non ci sono supermercati, non ci sono i locali e neanche i pub. Ci sono tre chiese dove gli abitanti si recano ogni domenica per ascoltare la messa, e per fermarsi nel piazzale antistante per chiacchierare. Sono poche le persone che qui sono rimaste, meno di cento, tutti gli altri sono andati nelle grandi città a cercare fortuna.

Ma chi ha scelto di restare ha costruito da solo una nuova fortuna, cambiando quel destino che accomunava questo borgo a tutti quelli dimenticati nel nostro Paese. Una fortuna fatta di speranza e di bellezza, fatta di storie che ora sono narrate su quei muri segnati dal tempo, dalle esperienze e dagli abbandoni.

Così, attraverso l’arte, quel piccolo territorio arroccato a 400 metri sul livello del mare è rinato, trasformandosi in un borgo delle meraviglie dove le favole prendono vita.

Valogno

Valogno

La rinascita di un borgo mai dimenticato

Il destinato di Valogno, però, non era quello di essere dimenticato. Lo ha dimostrato Giovanni Casale che, lasciata la grande e caotica capitale italiana, si è trasferito proprio qui, alla ricerca di un nuovo inizio. Ed è stato proprio nel borgo che ha dato vita, nel 2008, all’Associazione culturale il Risveglio insieme alla sua famiglia. È nato così un vero e proprio laboratorio d’arte che ha richiamato all’attenzione tutti gli artisti del territorio italiano.

Insieme hanno innescato la rigenerazione urbana del piccolo borgo che per anni ha subìto un forte spopolamento, attraverso la street art, coinvolgendo anche chi è rimasto, nonostante tutto, sul territorio. Da qui è iniziata quella che possiamo definire la rinascita del borgo che ha, inevitabilmente, attirato giornalisti, fotografi e viaggiatori provenienti da tutto il mondo e che oggi conta circa 100 installazioni artistiche tra murales e ceramiche.

Aldilà della bellezza delle opere d’arte, quello che incanta di Valogno è il desiderio di raccontare storie e di lasciarle impresse sui muri come un dialogo eterno tra passato, presente e futuro.

Valogno

Giovanni Casale, Valogno

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La foresta incantata si tinge di blu: è magia

È una foresta incantata, quella di Hallerbos, che assomiglia proprio a quelle che abbiamo visto nelle fiabe. Ma questa è reale, come solo lei sa essere, anche se agli occhi appare magica, quasi finta, come se qualcuno l’avesse dipinta a suon di pennellate blu e viola.

In realtà, la foresta situata tra Zenne e Zonien, a pochi chilometri da Bruxelles, non porta la firma di nessun artista di prestigio, né è segnata dalla mano dell’uomo. A creare questo spettacolo di intensa meraviglia, che splende nella sua massima bellezza in primavera, è stata Madre Natura.

Nel periodo che va da aprile a maggio, infatti, le campanule in fiore che sbocciano ricoprono l’intera area boschiva tingendo la foresta di blu. Ed è allora che la magia ha inizio.

Foresta Blu di Halle

Foresta Blu di Halle

Benvenuti nella Foresta Blu

Ribattezzata Foresta Blu per quell’intensa e colorata distesa di fiori che sbocciano in primavera, Hallerbos è una foresta fitta e lussureggiante situata a poco più di mezz’ora dalla capitale del Belgio.

Si tratta di un vero e bosco magico che, durante questo periodo, fa sognare i cittadini del Paese e del mondo intero che si recano in questo luogo per osservare uno degli spettacoli più incredibili della natura.

Il bosco si estende su 552 ettari di terreno all’interno dei quali si snodano faggi, querce e aceri che con le loro chiome, tra le quali penetrano i raggi del sole che creano incredibili giochi di luci e ombre, svettano verso il cielo creando uno spettacolo di per sé meraviglioso.

Qui, in ogni stagione dell’anno, i cittadini si recano per lunghe passeggiate immergendosi completamente in un paesaggio naturale che, durante la stagione primaverile, diventa surreale. La fioritura delle campanule di Hallerbos, infatti, è celebre in tutto il mondo, perché è questa a colorare di mille sfumature, che vanno dal blu al viola, l’intera area boschiva.

La fioritura, attesa ogni anno, dura dalle tre alle quattro settimane. L’appuntamento è ad aprile.

Foresta Blu di Halle

Foresta Blu di Halle

Alla scoperta del bosco delle meraviglie

Situata tra le Fiandre e la Vallonia, la Foresta Blu di Halle è considerata una delle attrazioni naturalistiche più belle di tutto il Belgio, non è un caso che ogni anno cittadini e viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo si recano qui per ritrovare le energie e stabilire un contatto con la natura più autentica.

Il modo migliore per scoprire la foresta è quello di attraversarla, facendo lunghe passeggiate tra i sentieri e le stradine che si snodano nel bosco per ammirare la natura e i suoi abitanti. Non è raro, infatti, avvistare cervi e caprioli che fanno capolino tra gli alberi. Ma qui si può anche meditare, leggere o praticare lo straordinario bagno nella foresta per fare il pieno di energia e benessere.

Hallerbos è bella tutto l’anno e in ogni stagione, ma è in primavera che si trasforma in un bosco delle meraviglie che sembra essere uscito da un libro di fiabe. I colori della natura che conosciamo, infatti, lasciano spazio a tinte inedite e straordinarie che colorano tutto di blu e di viola. È merito delle campanule in fiore che sbocciano ad aprile regalando allo sguardo una visione fatata.

Foresta Blu di Halle

Foresta Blu di Halle

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In Argentina esiste l’autostrada degli UFO. Chi ha il coraggio di percorrerla?

Amanti del paranormale, semplici curiosi e – perché no? – anche increduli scettici provenienti da ogni angolo del mondo: è qui, tra le montagne dell’Argentina, che trova spazio un luogo ricco di misteri. Nel cuore del Paese, tra mille bellezze, si dipana infatti l’autostrada degli UFO. Pronti per un’avventura che ha dell’incredibile?

L’autostrada dell’UFO, la magia dell’Argentina

Ebbene sì, esiste davvero una strada divenuta famosa per i suoi avvistamenti alieni. Soprannominata “autostrada degli UFO”, è quella che conduce alla volta di Capilla del Monte e dell’imponente vetta di Cerro Uritorco, che si staglia nel cuore di un’immensa vallata dell’entroterra argentino. Siamo a poco più di 100 km da Cordoba, dove la natura è ancora incontaminata e nei villaggi si respira un’atmosfera autentica. Lungo la strada, almeno stando alle tantissime testimonianze dei turisti che l’hanno già percorsa, non sarebbe affatto raro abbattersi in alcuni eventi soprannaturali.

C’è chi dice di aver avvistato delle strane luci muoversi a zig zag nel cielo, chi invece non ha alcun dubbio e rivela di aver visto un vero e proprio UFO. La verità, naturalmente, è ben lontana dall’essere scoperta: quel che sappiamo per certo è che l’autostrada in questione ha un fascino decisamente surreale, soprattutto quando si è ormai ad un passo da Capilla del Monte. Questo delizioso villaggio incastonato tra le montagne vive infatti una realtà che sembra ben diversa da quella a cui siamo abituati. È il paradiso del new age, tra negozietti di cristalli e pietre magiche, terapeuti di ogni arte esoterica e – ovviamente – persone che hanno avuto contatti alieni.

Qui, quasi tutti i residenti hanno una storia da raccontare, e sono moltissimi i visitatori che, una volta giunti nella cittadina, avvertono un’energia diversa. Per i più curiosi, c’è un osservatorio astronomico che permette di ammirare l’immensità dello spazio (e magari avvistare qualche movimento sospetto). E naturalmente non può mancare una visita presso il locale museo dedicato proprio all’ufologia, che custodisce cimeli decisamente bizzarri. Nel mese di febbraio, inoltre, Capilla del Monte celebra il suo Alien Festival: per tre giorni ci si sbizzarrisce tra concerti e sfilate in costume.

Capilla del Monte

Il villaggio di Capilla del Monte

L’incredibile mistero di Cerro Uritorco

Se Capilla del Monte vi sembra un luogo ricco di misteri, non avete ancora sentito parlare di Cerro Uritorco, una delle sette meraviglie naturali della regione. Si tratta della vetta più alta delle Sierras Chicas, situata a circa 3 km dal villaggio: per raggiungere la sua cima ci si inerpica in un lungo sentiero di trekking immerso nella natura, non particolarmente difficile se si ha un minimo di allenamento. Pare che sia proprio questa montagna il centro dell’attività extraterrestre dell’intera Argentina. Addirittura, per molti sarebbe nientemeno che un portale verso altri mondi.

Nelle vicinanze, c’è un’altra attrazione che riconduce al mistero alieno. Il 9 gennaio 1986, dopo che un ragazzino disse di aver visto un UFO sorvolare la montagna, sulla vetta di Cerro Pajarillo apparve una grande impronta circolare di erba bruciata, di circa 100 metri di diametro, che sembrava proprio lasciata dall’atterraggio di un disco volante. Inutile dire che questo incidente diede linfa vitale ad un turismo dedito proprio alla ricerca di UFO e altre testimonianze del passaggio extraterrestre. Un turismo che ancora oggi, dopo tanti anni, non accenna a trovare tregua.

Capilla del Monte

Il panorama di Capilla del Monte

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In Inghilterra c’è un bosco incantato che sembra uscita da un libro di fiabe

A guardarlo bene sembra quasi di conoscerlo il bosco di Micheldever perché probabilmente questo assomiglia proprio a quello che ha fatto da sfondo alle vicende dei protagonisti delle nostre favole preferite. Che sia davvero questo, non possiamo saperlo, quello che è certo però è che questo angolo di natura lussureggiante sembra davvero essere uscito da un libro di fiabe.

C’è chi a guardare le foto lo scambia per un dipinto impressionista e chi ancora per un abile disegno ad acquerello, quello che è certo è che questo bosco, probabilmente, è uno dei più suggestivi e magici di tutto il mondo.

Per scoprirlo, e attraversarlo, dobbiamo recarci nel Regno Unito e più precisamente nella contea dell’Hampshire. È qui che tra i piccoli e sognanti villaggi si estende una foresta lussureggiante e silenziosa che in primavera diventa un tripudio di colore grazie alle campanule in fiore.

Tra faggi, farfalle e sentieri incantati

La magia che conserva questo angolo di paradiso dell’Hampshire non ha nulla a che vedere con la stregoneria. Il merito dell’atmosfera idilliaca e onirica che caratterizza questo luogo, infatti, è da attribuire esclusivamente a Madre Natura che, ancora una volta, rende il mondo che abitiamo straordinario.

Il bosco di Micheldever appare davanti agli occhi degli osservatori come un’intricata e fitta rete di giochi di luce. I raggi del sole, infatti, si insinuano tra i faggi e le conifere illuminando i fiori di campo tra i quali si nascondono timidamente farfalle e uccelli di diverse specie.

Questo luogo, infatti, è diventato con gli anni l’habitat ideale di molte specie floristiche e faunistiche. Addentrandoci nel bosco e nella sua profondità, attraverso i tanti sentieri che si fanno strada tra alberi e cespugli, ecco che possiamo fare incontri ravvicinati con daini e cervi Muntjac che hanno fatto del bosco la loro casa. Questi animali, abituati alla presenza dell’uomo, si trasformano in guide straordinarie per scoprire le meraviglie naturali di questa foresta incantata.

Il bosco incantato di Micheldever

Poco battuto dai sentieri più turistici, ma meta prediletta dei cittadini del territorio, il bosco di Micheldelver è un luogo davvero straordinario che assicura un’esperienza sensoriale fatta di pace e bellezza. Ricco di bellezze naturali, questo angolo fatato che si estende per oltre 300 ettari, si trova a soli 8 chilometri dalla città di Winchester.

Rifugio perfetto per fuggire dal caos cittadino e per fare il pieno di energie in ogni stagione dell’anno, il bosco di Micheldelver è il luogo ideale per ritrovare il contatto con la natura più autentica attraverso passeggiate, bagni nella foresta o meditazione, ma anche picnic nelle aree di sosta attrezzate con tavoli e panche in compagnia di farfalle, uccelli e fiori.

Il bosco di Micheldelver è aperto gratuitamente ai visitatori 365 giorni l’anno e raggiunge il suo massimo splendore in primavera. È in questo periodo, precisamente tra aprile e maggio, che le campanule in fiore trasformano tutto il territorio circostante in un paesaggio dalle mille sfumature di lilla e dai profumi inebrianti che crea atmosfere magiche e uniche.

Foresta di Micheldever

Campanule in fiore nel bosco di Micheldever

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Apre il più bel giardino di camelie d’Italia (con tanto di castello)

Già il castello che ospita il giardino delle camelie, considerato tra i più pittoreschi d’Italia, è un piccolo gioiello che vale la pena visitare. Quando arriva la primavera, e il parco si colora di una moltitudine di petali di tutte le tonalità di rosa e si diffonde nell’aria un profumo inebriante, questo luogo è pura magia.

Il Castello di Miradolo

Stiamo parlando del Castello di Miradolo, un affascinante esempio di architettura neogotica che sorge all’imbocco della Val Chisone, a una quarantina di chilometri circa da Torino. Residenza nobiliare appartenuta alle famiglie Massel di Caresana e Cacherano di Bricherasio fino al 1950, deve il suo attuale aspetto a Maria Elisabetta Ferrero della Marmora, detta “Babet”, sposa del marchese Maurizio Massel, che negli Anni Venti dell’Ottocento facce apportare diverse modifiche, intervenendo sulla facciata del palazzo, facendo realizzare la citroniera e la torre rotonda e trasformando il giardino all’italiana in un parco paesaggistico di oltre 6 ettari, oggi riconosciuto tra i giardini storici tutelati dalla Regione Piemonte, con esemplari unici per bellezza e importanza storica e botanica.

Questo fino agli Anni ’90, quando il castello venne abbandonato per circa vent’anni, finché non se ne prese cura un gruppo di privati della Fondazione Cosso che riuscì a restituire alla comunità un patrimonio storico, architettonico e naturalistico estremamente prezioso.

Castello di Miradolo

Il giardino del Castello di Miradolo @Archivio Fondazione Cosso

Il giardino delle camelie

Oggi il parco del Castello di Miradolo è un esempio di giardino all’inglese, in cui le linee sinuose e la presenza di piccoli corsi d’acqua sono segni inconfutabili di uno stile romantico, organizzato intorno a un’imponente radura centrale, alberi di diversa dimensione e pregio, tra cui cinque davvero monumentali e, soprattutto, oltre 160 esemplari di camelie, tra le varietà più antiche e rare d’Italia.

Alle camelie ottocentesche introdotte dalla Contessa Sofia Cacherano di Bricherasio, ultima discendente della famiglia e proprietaria della dimora fino al 1950, si affiancano le nuove cultivar, recuperate e salvate dall’abbandono. Il progetto di piantamento diffuso ha preso il via nel 2019 con l’obiettivo di mantenere e far sopravvivere un ingente patrimonio botanico formato per il 50% da esemplari unici in Italia, oltre alle piante madri decisamente vetuste, in alcuni casi a rischio estinzione.

Gli eventi nel parco del castello

A partire dal 2 aprile, prende il via un mese di iniziative, con appuntamenti didattici per famiglie, incontri, visite guidate e degustazioni di tè, per scoprire le camelie, il parco e il bellissimo castello. Quasi tutte le domeniche pomeriggio alle 15 vengono organizzate speciali visite accompagnate da esperti botanici, agronomi o architetti paesaggisti che racconteranno del progetto di recupero, salvaguardia e riscoperta di queste piante simbolo di eleganza e raffinatezza (costo: 6 euro + biglietto di ingresso).

Per i bambini vengono organizzati workshop di pittura di composizioni floreali primaverili (costo: 8 euro per ogni bambino dai 6 anni, 5 euro per il genitore, comprensivo di ingresso al parco). Lunedì 18 aprile, giorno di Pasquetta, viene organizzata a una caccia al tesoro botanico per le famiglie alla scoperta della flora leggendaria (costo: 5 euro, a partire dai 6 anni).

Info utili

Il parco del Castello di Miradolo è aperto il venerdì, sabato, domenica e lunedì dalle 10 alle 18.30 (ultimo ingresso 17.30). L’ ingresso è solo su prenotazione al numero 0121502761 o via mail a prenotazioni@fondazionecosso.it. L’ingresso al parco con audioguida costa 5 euro. Gratuito per i bambini fino a 6 anni. Per garantire la sicurezza di tutti, i visitatori devono essere in possesso di Super Green Pass in corso di validità.

 

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A Montebello il castello con il fantasma di una bambina

Lasciata alle spalle la vivacità della costa romagnola, a una ventina di chilometri da Rimini, si entra in un territorio dalla storia millenaria, punteggiato da rocche, torri e manieri.

Uno di questi è, senza dubbio, tra i più affascinanti, in grado di attrarre ogni anno turisti e appassionati di misteri e leggende: si tratta del Castello di Montebello, frazione di Torriana, che da 436 metri di altezza sorveglia la valle dell’Uso e del Marecchia.

La Rocca malatestiana ha visto scorrere mille anni di storia e, oltre al panorama mozzafiato e al silenzio ristoratore, è custode di una leggenda che trae origine da una storia vera: il fantasma di Azzurrina, “dagli occhi color del cielo e i capelli chiari coi riflessi azzurrini…”

Il Castello e la sua storia che ha attraversato i secoli

torre castello montebello

Torre del Castello di Montebello

L’imponente maniero vanta una storia che affonda le sue radici in epoca romana, nel III secolo, cui risale la torre a pianta quadrata ora inserita nel complesso fortificato.

Posto a guardia della strategica e principale via di collegamento tra il Montefeltro e la Toscana, poggia le fondamenta sul picco del monte e mostra ben visibili gli interventi subiti nel corso del tempo: le prime notizie si hanno con un documento del 1186, quando Giovanni Malatesta lo acquista da Ugolinuccio di Matalone.

I Malatesta dotarono il castello di fortificazioni mentre la residenza signorile risale alla seconda metà del Quattrocento quando nuovi proprietari divennero i Conti Guidi di Bagno, cui appartiene tutt’ora.

Ingrandito, restaurato e rimaneggiato, oggi si presenta con la torre difensiva e le antiche strutture militari che convivono con l’ala nobile e i preziosi mobili disseminati lungo i saloni: durante la visita, infatti, lo sguardo si posa su circa 500 anni di storia del mobile in Italia, passando in rassegna pezzi che vanno dal Trecento al Settecento, forzieri e cassapanche tra cui una che, si narra, risalirebbe alle Crociate.

Storia, arte, architettura, certo: ma cunicoli, sotterranei e strani avvenimenti lo hanno reso ancora più intrigante e durante un soggiorno da queste parti è una delle mete da non lasciarsi sfuggire.

La leggenda del fantasma di Azzurrina

Se ogni leggenda ha un fondo di verità, quella di Azzurrina è tratta proprio da una storia vera, quella di Guendalina Malatesta di Montebello, figlia di Uguccione, signore del maniero nel XIV secolo.

La piccola era albina e, a quei tempi, ciò poteva dare adito a superstizioni e simboleggiare un legame con il demonio: per scongiurare pericoli, i genitori decisero allora di tingerle periodicamente i capelli di nero ma, a causa del clima umido della zona, la tintura prendeva un effetto “blu” che scoloriva poi in azzurro.
Da qui il soprannome, “Azzurrina“.

Un triste giorno, il 21 giugno 1375, solstizio d’estate, la bambina era intenta a giocare da sola con la palla quando si inoltrò nella ghiacciaia del castello.
Non appena si accorsero della sua scomparsa, i genitori la cercarono ovunque e, arrivati alla neviera, scavarono tra il ghiaccio ma della bambina non vi furono tracce.

La sua sparizione rimase, e rimane, un evento misterioso che, nel tempo, ha dato origine alla leggenda del suo fantasma che, ogni 5 anni, tornerebbe a farsi sentire proprio la notte del solstizio d’estate, la “notte di Azzurrina”: nei secoli molti testimoniarono di aver sentito rumori provenire dalla ghiacciaia, oggi vuota.

Le visite guidate

Il Castello, museo custode del modo di vivere dei signori medievali, è gestito dall’ente preposto che organizza visite guidate alla scoperta delle sue meraviglie architettoniche e dei suoi misteri.

Le visite diurne sono adatte a tutti e si concentrano sugli appartamenti signorili, la stanza di Azzurrina, le terrazze e i cortili esterni, mentre le visite notturne sono riservate a un pubblico adulto poiché esplorano il lato paranormale della leggenda conducendo alle segrete e alla misteriosa neviera.

castello montebello torriana

Il Castello di Montebello

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Tra realtà e magia: i luoghi delle favole

Sono tanti i motivi che ci portano a scegliere una destinazione piuttosto che un’altra. A volte ci lasciamo suggestionare dai racconti di viaggio delle persone, altre volte sono le fotografie postate sui social network a incantarci oppure i libri che leggiamo, che raccontano in maniera minuziosa luoghi ancora inesplorati. In questa scelta, che non è mai uguale a quella precedente, anche i cartoni animati giovano un ruolo fondamentale trasformandosi in vere e proprie fonti d’ispirazioni per i nostri viaggi.

Se pensiamo ai cartoni Disney che hanno accompagnato la nostra infanzia – e che ci meravigliano tutt’ora – quante volte abbiamo fantasticato di essere proprio in quei luoghi, tra le strade e i paesini, tra i castelli, i draghi e le principesse?

Una fantasia, questa, che in parte è realizzabile perché sono molti i cartoni Disney che fanno riferimento a città e luoghi del mondo ben precisi. E sono proprio questi che ci permettono di fare un viaggio tra realtà e magia, come nelle favole.

Riquewihr

Riquewihr

Viaggio nel mondo delle favole

Nonostante il mondo incantato dei cartoni sia frutto di menti creative e visionarie, è vero anche che proprio gli ideatori di queste favole hanno attinto dalle meraviglie del mondo che abitiamo per trovare le loro ispirazioni che si manifestano, a volte, anche in maniera piuttosto visibile.

Le è un esempio la splendida cattedrale di Parigi, simbolo dell’architettura gotica e della città stessa, è la protagonista assoluta di uno dei cartoni animati più intensi e commoventi prodotti dalla Disney. Ed è proprio lei a fare da sfondo al Gobbo di Notre Dame. E che dire della lussureggiante ed enigmatica foresta di Sherwood? Un viaggio qui, nella Contea di Nottinghamshire a poche ore da Londra, può trasformarsi in un’esperienza straordinaria tra fascino, mistero e leggende legate a Robin Hood.

Torniamo in Francia, invece, per scoprire un borgo gioiello che sembra uscito da una fiaba, e in effetti a lui una delle favole più belle della Disney si è ispirato. Ci troviamo nella regione di Alsazia, e più precisamente a Riquewihr. Viuzze strette e acciottolate, colorate a graticcio che si affacciano sulle strade, una fontana e una torre: vi ricordano qualcosa? Si tratta proprio del villaggio di Belle – La Bella e la Bestia – che ha ispirato gli illustratori del celebre lungometraggio animato.

E che dire del castello di Neuschwanstein? In questo caso non ci sono dubbi, basta guardarlo anche in foto per capire che è proprio lui, l’iconico castello di Walt Disney diventato il simbolo delle favole per antonomasia.

A questi luoghi si aggiungono la Florida, che ha fatto da sfondo alle avventure dell’elefantino Dumbo e l’incredibile e straordinaria Grande Barriera Corallina in Australia, proprio dove nuotava il pesce Nemo. Impossibile, poi, non pensare al Taj Mahal  che si è trasformato, come per magia, nel palazzo del sultano di Aladdin.

Taj Mahal 

Taj Mahal

Il planisfero Disney

I luoghi che hanno fatto da sfondo ai cartoni animati della Disney, e che sono ispirati a città, paesi e villaggi esistenti, sono tantissimi. E proprio per soddisfare la voglia di conoscerli tutti, l’artista Eowyn Smith ha creato una mappa per i viaggiatori più curiosi, un vero e proprio planisfero per organizzare un viaggio fiabesco.

Scopriamo che la Francia ha ispirato, oltre al Gobbo di Notre Dame e La bella e la bestia, anche gli Aristogatti e Cenerentola. Il Regno Unito, invece, fa da sfondo a favole leggendarie come La spada nella roccia, Peter Pan, il già citato Robin Hood e Alice nel Paese delle Meraviglie.

Tarzan e il Re Leone sono ambientati in Africa, mentre Nemo e Bianca e Bernie in Australia. E in Italia? Nel nostro Paese troviamo solo un film d’animazione, ma questo ci basta perché è tra i più celebri e famosi classici della Disney: Pinocchio.

Giardino Garzoni a Collodi

Giardino Garzoni a Collodi

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Il misterioso campanile sperduto nelle campagne

Gli abitanti lo chiamano “Ciucarun”, che nel dialetto del posto vuol dire “grande campanile”. Siamo in Piemonte, nella Serra Morenica d’Ivrea, dove il campanile di San Martino si innalza suggestivo e solitario in mezzo a un verdeggiante pianoro panoramico. È l’unico edificio sopravvissuto all’abbandono dell’antico villaggio di Pearno, in seguito alla costituzione del borgo fortificato di Bollengo, in provincia di Torino, nel 1250. La torre campanaria è anche ciò che rimane della chiesa dedicata a San Martino.

La storia del campanile solitario

Sfortunatamente, non si hanno documenti certi riguardo l’origine del Ciucarun. Uno dei primi in cui viene citato lo splendido campanile e la relativa chiesa, della quale – come dicevamo – non vi è più traccia, si riferisce alla fondazione di Bollengo risalente alla metà del Duecento. Nello specifico, si tratta dell’ingiunzione alla popolazione di Paerno e di altri villaggi vicini di trasferirsi nel nuovo borgo fortificato.

Bisogna attendere fino al XV secolo per avere notizie certe su San Martino quando, un documento del 1477, affermava che la chiesa, da parrocchia autonoma, veniva declassata a semplice oratorio. Fino a che, nel 1731, un decreto vescovile ne ordinò la demolizione. A restare in piedi fu soltanto la torre campanaria, che ancora oggi si può ammirare in tutto il suo antico splendore, anche grazie anche all’intervento di restauro messo in atto dal Comune di Bollengo nel 2000. A contribuire a dare al monumento solitario una visibilità maggiore è stato anche il suo ingresso nel circuito dell’Ecomuseo AMI – Anfiteatro Morenico d’Ivrea.

Realizzato in stile romanico, tra l’XI ed il XII secolo, il Ciucarun svetta tra la natura e il cielo per un’altezza di sei piani, cinque dei quali delimitati da cornici di archetti pensili in cotto. Dal basso verso l’alto si può notare la tipica successione di feritoie, monofore e bifore, oggi tutte murate, fatta eccezione per quella della cella campanaria. Alla base della torre, sul lato ovest, è visibile una porta ad arco, ora murata, che costituiva uno degli accessi al campanile, mentre tracce di muratura confermano la presenza della chiesa annessa. All’interno c’è traccia di una piccola cappella absidata, aspetto comune ad altri campanili coevi, come quello dell’abbazia di Fruttuaria.

Tra le bellezze dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea

Visitare il Ciucarun, significa anche andare alla scoperta di un territorio ricco di fascino e costellato di chiese e monumenti preziosi, immersi nella natura. Il campanile di San Martino è, infatti, una delle attrazioni dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI), situato nella parte centro-settentrionale del Canavese, splendido angolo del Piemonte, a ridosso dei massicci alpini valdostani: una delle più rilevanti conformazioni geologiche di origine glaciale del mondo per estensione, caratterizzazione morfologica e livello di conservazione. L’offerta, qui, è davvero variegata, tra musei, castelli, siti archeologici, beni religiosi, parchi, aree umide, laghi e tanti luoghi in cui praticare sport e attività outdoor, nonché ecovillaggi.

Gli amanti delle escursioni hanno a disposizione un sistema di itinerari di tipo naturalistico-sportivo, per chi desidera esplorare il territorio a piedi, in mountain bike e a cavallo, seguendo l’intero arco collinare principale dell’AMI, che comprende la Serra d’Ivrea, le morene frontali e quelle della Valchiusella. I panorami che si ammirano tra questi sentieri sono assolutamente unici.

Misterioso campanile sperduto campagne

Il solitario campanile di San Martino, detto “Ciucarun”

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Come in una fiaba: la grotta delle meraviglie tra la natura italiana

Il mondo che abitiamo non smette mai di stupirci perché è pieno di meraviglie che incantano e sorprendono. E per scoprire la grande bellezza che ha messo in scena Madre Natura, e che poi è stata preservata e valorizzata dall’uomo, non abbiamo bisogno per forza di recarci dall’altra parte del globo, perché alcune di queste sono legate in maniera indissolubile al nostro territorio. Come le Cascate del Varone e quella grotta delle meraviglie che sembra uscita da un libro di fiabe.

Ci troviamo a Tenno, nei pressi di Riva del Garda. È qui che è conservato alla stregua di un tesoro prezioso uno dei luoghi più straordinari, affascinanti e suggestivi di tutto il Trentino Alto Adige. Non è un caso che proprio qui ogni anno giungono migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo per ammirare e attraversare l’incantevole paesaggio che si apre davanti agli occhi.

Tappa imprescindibile di un viaggio in Trentino, nonché principale attrazioni naturale dell’Alto Garda, le cascate sono inserite all’interno del contesto paesaggistico del Parco Grotta Cascata Varone, un luogo intriso di fascino e magia dove è possibile ammirare tutta la grandiosità della natura. Pronti a partire?

Cascate del Varone

Cascate del Varone

Le Cascate del Varone

Situate a tre chilometri da Riva del Garda, queste cascate sono delle vere e proprie celebrità in tutta la regione da secoli. Già nel 1800, infatti, scrittori, poeti e uomini illustri amavano visitare questo microcosmo romantico e misterioso fatto di antri scuri e vorticosi zampilli d’acqua e giochi di luci e ombre.

Lo scrittore e saggista tedesco Thomas Mann ha descritto la grande bellezza di questo luogo, visitato durante una vacanza sul Lago di Garda, nel suo libro La montagna incantata durante. Una bellezza che ha incantato anche altri come Gabriele D’Annunzio, il principe Umberto II e Franz Kafka. Perché in effetti, guardando la cascate che irrompono in un paesaggio selvaggio e idilliaco, è impossibile non innamorarsi.

Con una maestosa altezza di 100 metri, le cascate sono originate dal torrente Magnone e alimentate dalle perdite sotterranee del lago di Tenno. Per osservare la discesa dell’acqua, in tutta la sua grandiosità, è possibile addentrarsi nella gola attraversando la passerella inaugurata il 20 giugno del 1874 Re di Sassonia, Giovanni, ed il Principe Nicola di Montenegro.

Cascate del Varone

Cascate del Varone

La grotta delle meraviglie

Quello che oggi è l’ingresso del Parco Grotta Cascata Varone è stato progettato dall’architetto Maroni, lo stesso che ha firmato il progetto del Vittoriale, la villa a Gardone di Gabriele D’Annunzio.

Diventata simbolo e orgoglio dei cittadini del territorio, la grotta delle meraviglie si apre agli occhi di chi guarda con un tripudio di elementi naturali e acquatici. Tra piccoli sentieri e ponticelli che attraversano zone di luce e di ombre, si arriva alla Grotta Inferiore dove si ammira l’ultima parte della cascata che conclude la sua grandiosa caduta.

Salendo i 115 scalini che collegano le diverse parti della grotta, è possibile arrivare alla parte superiore dove tutto ha inizio, dove la cascata fa il suo salto. Per arrivare fin lì occorre addentrarsi nelle viscere della montagna attraversando un tunnel lungo 15 metri che conduce nella zona più suggestiva di tutto il parco.

Tra la Grotta Inferiore e quella Superiore, però, un altro paesaggio idilliaco si apre davanti agli occhi dei visitatori, un Parco Botanico dove le piante mediterranee e gli arbusti di alta montagna convivono insieme a palme, jukke, cipressi e oleandri.

Visitare il Parco Grotta Cascata Varone, quindi, è una vera e propria esperienza straordinaria che permette di entrare in contatto con la natura autentica e vivere il perfetto equilibrio tra acqua, natura e architetture naturali.

Cascate del Varone

Cascate del Varone