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Rinascimento italiano: l’itinerario da non perdere

C’è una meravigliosa città, nel nostro Paese, che è prevalentemente nota da tutto il mondo per lo splendore medievale ancora oggi visibile nei caratteri del tessuto urbano storico. Ma la verità è che questo magico capoluogo ha conosciuto momenti di gloria anche durante la magnifica stagione del Rinascimento.

Bologna e il suo Rinascimento

La città in questione è la bellissima Bologna, dove una nuova opportunità di riappropriazione e valorizzazione di questo patrimonio artistico di straordinario valore viene offerta dall’esposizione, presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, di un ospite d’eccezione come il Ritratto di Papa Giulio II di Raffaello, proveniente dalla National Gallery di Londra. Una nuova stagione del Rinascimento a Bologna che viene presentata dall’8 ottobre 2022 al 5 febbraio 2023.

Per celebrare il leggendario arrivo di questo capolavoro del Rinascimento, realizzato da a Raffaello a Roma intorno al 1511-1512, tre delle principali istituzioni museali della città – Musei Civici d’Arte Antica | Settore Musei Civici Bologna, Genus Bononiae. Musei nella Città e SMA – Sistema Museale di Ateneo | Università di Bologna – promuovono una speciale iniziativa congiunta, coordinata dal Comune di Bologna, che consente una più ampia e approfondita immersione nel contesto della scena artistica dall’epoca bentivolesca fino all’incoronazione di Carlo V, e del ruolo cruciale avuto da Giulio II nelle vicende cittadine.

In sostanza, è la costruzione di una grande alleanza basata sull’integrazione di risorse e competenze tra enti pubblici e privati, a sostegno di un unico progetto culturale di grande rilevanza per la città.

Ma del resto, il Rinascimento a Bologna costituisce una delle vicende di primo piano della storia artistica italiana. Infatti, a partire dalla seconda metà del Quattrocento la città partecipa alle novità umanistiche in un vivace clima di rinnovamento che favorisce uno straordinario impulso alla trasformazione della sua configurazione architettonica e infrastrutturale, e allo sviluppo di una multiforme cultura artistica capace di dialogare, oltre che con l’antico, con altri centri quali Firenze, Milano e Roma.

ritratto papa giulio raffaello a Bologna

Fonte: National Gallery, Londra


Il Ritratto di Papa Giulio II di Raffaello

E per un un’idea di esposizione diffusa, oltre a scoprire la mostra allestita nell’ala Rinascimento della Pinacoteca Nazionale di Bologna, i visitatori potranno percorrere un itinerario a tappe attraverso 9 luoghi emblematici in cui sono visibili opere fondamentali dei principali artisti che resero grandiosa la civiltà figurativa felsinea tra XV e XVI secolo: Niccolò dell’Arca (Bari, 1435 circa – Bologna, 1494), Francesco Raibolini detto il Francia (Bologna, 1460 circa – ivi 1517), Amico Aspertini (Bologna 1474 o 1475 – ivi 1552), oltre alla compagine dei ferraresi Francesco Del Cossa (Ferrara, 1436 – Bologna, 1478), Ercole de’ Roberti (Ferrara, 1451-1456 – Ferrara, 1496) e Lorenzo Costa (Ferrara, 1460 – Mantova, 5 marzo 1535).

I luoghi di Bologna da visitare assolutamente grazie a questo itinerario

Il punto di partenza è naturalmente la mostra Giulio II e Raffaello presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna. Curata da Maria Luisa Pacelli, Daniele Benati ed Elena Rossoni, l’esposizione ripercorre lo sviluppo del Rinascimento bolognese dal 1475 al 1530 e inizia con i pittori di corte dei Bentivoglio, documenta il mutamento impresso alla scena artistica cittadina dall’arrivo di Michelangelo e Bramante al seguito di Papa Giulio II e, in un secondo tempo, delle opere di Raffaello e termina con i capolavori dipinti a Bologna da Parmigianino dopo il 1527.

Da non perdere sono anche le Collezioni Comunali d’Arte pressoo il Palazzo d’Accursio nell’affascinante Piazza Maggiore. Una parte delle strutture rinascimentali dell’edificio, come la grande Corte d’Onore, lo Scalone o la Torre dell’Orologio, sono ancora oggi ammirate dal pubblico. Nelle collezioni si conservano opere di grande importanza come la Crocifissione con i santi Giovanni e Girolamo di Francesco Francia o la Vergine allattante di Amico Aspertini.

Poi il Museo Civico Medievale che si trova all’interno del Palazzo Ghisilardi, uno degli edifici rinascimentali di Bologna meglio conservati. Un luogo che possiede una collezione unica nel suo genere.: l’epoca dei Bentivoglio è rappresentata da rari manufatti come lo Stocco, una spada donata da Papa Niccolò V a Ludovico Bentivoglio, o il Targone, scudo da parata dipinto con San Giorgio e il Drago, o la tomba di Domenico Garganelli, opera polimaterica tra i capolavori di Francesco del Cossa.

Museo Civico Medievale bologna cosa vedere

Fonte: Settore Musei Civici Bologna
 – Ph: Roberto Serra

Bologna, Museo Civico Medievale

L’itinerario continua con il Palazzo Pepoli Vecchio, dimora di una delle più potenti famiglie della Bologna di epoca medievale, che oggi è un museo che racconta la storia di questa città. Nell’excursus di secoli che viene dispiegato nelle sale del Palazzo, un ampio spazio è dedicato alla Bologna del Rinascimento. In questa fase così complessa, emerge la famiglia dei Bentivoglio il cui periodo di splendore è ritratto da alcuni dei maggiori artisti del periodo come Lorenzo Costa. Il Museo della Storia è tappa imprescindibile per ricostruire il contesto storico dell’epopea rinascimentale nella città felsinea.

Il tragitto prosegue con il Museo Davia Bargellini che è allestito nell’omonimo e affascinante palazzo. Esso custodisce la memoria della potente famiglia alleata dei Bentivoglio, in particolare Gaspare e Virgilio che furono co-protagonisti dell’epopea bolognese. Tra le numerose opere rinascimentali da non perdere sono: il busto di Virgilio di Onofri, il suo presunto ritratto attribuito ad Aspertini, i dipinti di maniera raffaellesca con San Lorenzo e San Petronio di Innocenzo da Imola, già in Santa Maria dei Servi.

Non può di certo mancare una tappa presso la Chiesa di San Giacomo Maggiore che ospita la cappella della famiglia Bentivoglio, autentico capolavoro del Rinascimento bolognese. Questo spettacolo fu decorato dai due principali artisti attivi a Bologna alla fine del XV secolo: Lorenzo Costa e Francesco Francia che, insieme ad Amico Aspertini, sono autori anche della decorazione, avviata nel 1506, per uno dei più importanti cicli pittorici del Rinascimento bolognese conservato all’Oratorio di Santa Cecilia.

Dal Rinascimento delle corti e dei grandi artisti all’”altro Rinascimento”, quello dei primi scienziati, collezionisti e osservatori della natura. Nelle sale di Palazzo Poggi, decorate dagli affreschi della stagione manierista, l’Università di Bologna conserva un tesoro estremamente importante: quello di Ulisse Aldrovandi (1522-1605), professore e inventore del museo scientifico moderno.

L’urlo di pietra – con queste parole D’Annunzio definisce il complesso scultoreo del Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca, risalente al 1463 circa. L’opera è inserita all’interno della Chiesa di Santa Maria della Vita che risale al 1200, anno in cui venne fondata l’omonima compagnia che si occupa della cura degli infermi, dei carcerati e dei condannati a morte. All’interno, nella cappella di destra rispetto all’altare maggiore, potete ammirare uno dei capolavori scultorei che dopo seicento anni suscita ancora emozioni e ammirazione.

Di nuovo in Piazza Maggiore, ma questa volta per scoprire la Basilica di San Petronio, simbolo della devozione dei bolognesi. Essa nel Rinascimento fu al centro di importanti campagne artistiche. Numerose, infatti, sono le testimonianze da scoprire, come la decorazione dei finestroni laterali, dove operarono anche Niccolò dell’Arca e Francesco di Simone Ferrucci, o l’assetto attuale della facciata. L’interno custodisce capolavori di tutti i protagonisti della stagione: dal Costa attivo nella Cappella De’ Rossi, a Onofri nel Compianto, fino ai diversi dipinti di Aspertini.

Insomma, ora è possibile scoprire Bologna da un altro interessante e spettacolare punto di vista.

Basilica di San Petronio bologna

Fonte: iStock

L’interno della Basilica di San Petronio
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L’itinerario artistico-culturale in una splendida provincia italiana

Bellissimi paesaggi naturali, opere d’arte disseminate lungo il territorio e una lunga camminata che ci porterà alla scoperta di incredibili sorprese: è nel cuore verde dell’Italia centrale che sta per nascere un progetto unico, frutto di grande studio e di interesse per l’ambiente. Presto verrà inaugurato un itinerario artistico-culturale che mira ad attirare curiosi alla ricerca non solo di luoghi dove rilassarsi un po’, ma anche di un turismo sempre più consapevole.

Frontignano Art Walks, il nuovo progetto

Nell’entroterra marchigiano, a due passi dal confine con l’Umbria, sorge un piccolo paesino dove il tempo sembra essersi fermato. Si tratta di Ussita, grazioso borgo incastonato tra gli Appennini, le cui casette si affacciano dalle pendici del Monte Bove godendo di un panorama meraviglioso. È la sua frazione più alta, quella di Frontignano, ad aver lanciato un nuovo progetto assolutamente da scoprire: l’iniziativa porterà infatti alla nascita di un cammino dove arte e natura si intrecciano, in una cornice semplicemente mozzafiato.

È infatti nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini che si snoderà l’itinerario, offrendo scorci indimenticabili che sembrano uscire da una cartolina. Frontignano Art Walks, il progetto ideato da Sineglossa e realizzato dal collettivo di architetti romani che va sotto il nome di orizzontale, verrà presentato il prossimo 15 ottobre 2022 con una lunga giornata dedicata ad eventi da non perdere. L’inaugurazione è affidata alla poetessa Renata Morresi, il cui intervento darà il via ad una serie di appuntamenti tra workshop e spettacoli artistici.

Questa splendida iniziativa, lanciata nel corso del format Nonturismo, vuole creare una nuova sinergia tra gli abitanti dei piccoli borghi sui Sibillini e i visitatori che ogni anno affollano i suoi paesaggi ricchi di meraviglie, in una fuga dalla città alla ricerca di relax. Ed è anche un’idea per rilanciare una delle località duramente colpite dai forti terremoti del 2016 e del 2017,  che hanno lasciato cicatrici indelebili sul territorio. Un programma che, seppure in misura decisamente più piccola, ricorda l’affascinante Cammino delle Terre Mutate.

Il cammino e le opere d’arte a Frontignano

Frontignano

Fonte: Ufficio Stampa | Ph. Mauro Pennacchietti

Il luogo in cui nascerà Fontanile, a Frontignano

La natura incontaminata è al centro dell’itinerario che sta per nascere a Frontignano, ma non solo: a punteggiare il territorio sono alcune opere d’arte che si armonizzeranno perfettamente con l’ambiente circostante, rendendolo anche un punto di incontro e di socialità. Si parte da Acqua Friddula, località panoramica da cui si può ammirare l’intera Val di Bove e il suo ruscello spumeggiante.

Proprio qui, dove ha inizio un sentiero che si perde tra i boschi, troverà spazio la prima installazione: si tratta di cinque sedute posizionate sul declivio, realizzate in ferro e legno, ideali per godere del paesaggio circostante e contemplare la natura nel suo splendore. Ci si addentra poi nel borgo di Frontignano, alla ricerca di una vera bellezza: qui, dove le casette si affastellano l’una contro l’altra, c’è un angolo rimasto vuoto che ha visto nascere un meraviglioso faggio.

E poi è il turno di Fontanile, la seconda opera che ha preso vita su una lingua di prato che ospita un antico fontanile in disuso. L’idea è quella di riportare qui l’acqua per rendere l’ambiente più ospitale, trasformandolo in un luogo dove incontrarsi. Infine, il progetto prevede la realizzazione di altre due opere d’arte mobili: la prima è un’immagine collettiva che, nel raccontare le storie degli abitanti di Frontignano, vedrà l’assenza contrapporsi alla presenza. Mentre la seconda è un’istallazione composta da tavoli realizzati con legno di scarto, simboli di convivialità e sostenibilità.

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Il nuovo itinerario tra edifici in pietra che tornano in vita

Un itinerario che passa tra edifici in pietra che tornano in vita, un modo originale per dare un nuovo volto ad alcuni patrimoni del nostro Paese che per molto tempo sono stati dimenticati. Strutture che risorgono dalle loro ceneri per regalare ai visitatori un’esperienza nuova ed emozionante.

Il Museo Diffuso dell’Abbandono lancia “Senti-Ieri”

Questo e molto altro è quello che sta per succedere nella Romagna appenninica grazie al lancio di un’app gratuita che permette di ascoltare le interviste di chi ha abitato questi luoghi, oltre a fornire una mini guida per pernottare e gustare i prodotti tipici del territorio.

Lanciato dal Museo Diffuso dell’Abbandono, si chiama “Senti-Ieri” il nuovo itinerario che attraversa l’Appennino Romagnolo alla scoperta di vecchi edifici in pietra che “tornano in vita”. Un progetto che si pone l’obiettivo di valorizzare quei luoghi che possiamo definire “fantasma” e che mira a raccontare le trasformazioni sociali, culturali ed economiche della Romagna del’900. Il tutto, però, conservando e valorizzando storie e immagini di ieri e di oggi, la memoria di un patrimonio storico che rischia di essere dimenticato.

In cosa consiste l’itinerario

L’itinerario montano del museo, “Senti-Ieri”, è un vero e proprio viaggio tra storia, natura e memoria. Un’avventura che conduce i visitatori nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, una vera ricchezza del nostro Stivale. Situato a meno di 50 chilometri da Firenze e Forlì, a cavallo del crinale appenninico, è uno dei patrimoni forestali più importanti d’Italia, tanto da essere considerato un vero e proprio paradiso per gli amanti della montagna e della natura.

Un’area davvero molto particolare non solo perché propone una grande varietà di paesaggi, ma anche perché è in grado di offrire un ventaglio di opportunità, itinerari ed esperienze a dir poco incredibili. E ora, a tutto quello che già offre, si aggiunge un’altra straordinaria avventura.

Lungo il percorso immerso nel verde i visitatori incontreranno alcuni vecchi edifici in pietra della Romagna appenninica – borghi dimenticati, case di cui ormai sono rimasti solo i ruderi, antichi poderi che oggi sono foreste, ex scuole e chiese incustodite – testimonianza di mestieri e vite che, dal dopoguerra in avanti, iniziarono a trasformarsi in modo profondo.

Ronco del Cianco romagna

Fonte: Ufficio stampa – Encanto Public Relations – Ph: Stefano Belacchi

Ronco del Cianco

Un territorio straordinario e di cui si rivela molto utile raccontare il tempo passato, riscoprire le comunità che ci vivevano e i loro valori, saperi e conoscenze, poiché di esse non rimane quasi nessuna traccia. Ma altrettanto importante è sorprendersi della natura e della biodiversità del Parco Nazionale. Del resto, sono due mondi lontani anni luce, due scenari messi a confronto che lasciano spazio alla speranza che l’uomo possa tornare, anche se in punta di piedi.

Il nome “Senti-Ieri” è stato scelto perché è un gioco di parole che ha al suo interno valori profondi: il patrimonio di ricordi e storie di uomini e donne che hanno vissuto quei luoghi e che grazie all’app, IN LOCO, è possibile ascoltare durante il cammino.

Come funziona l’applicazione IN LOCO

Tramite l’uso dell’applicazione gratuita, infatti, i turisti potranno ascoltare le voci e le audio interviste di alcuni dei testimoni di quelle che un tempo erano le vite in questi territori, riscoprire le comunità che abitavano quei posti, i loro valori, i saperi e le loro conoscenze immaginando come potevano essere un tempo e come sia ancora viva e cara la memoria ai loro occhi, e non solo.

Grazie a questo sistema potranno diventare propri i diversi i racconti che permettono di conoscere meglio la storia di questo territorio: i ricordi delle feste e balli con gli scarponi, le lunghe distanze da percorre per svolgere la quotidianità, i riti, i giochi di una volta come per esempio le “sette merende” o le tecniche per la caccia ai ghiri nei castagneti. Memorie che sono ancora vive come ricorda Giorgio Amadori, nato a Villaneta nel 1944 lungo il sentiero 243 che scende da Campigna: “Era una vita come tante in montagna. Però non stavamo male, avevamo tutto quello che ci serviva”.

Passato, presente e futuro, tutto questo si può incontrare all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, mentre nel frattempo ci si lascia sorprendere della natura e della biodiversità che pian piano ha ripreso il suo splendore e il suo ruolo da protagonista.

Nel viaggio, immersi nella vegetazione e nella storia, è possibile pernottare, gustare proposte culinarie regionali a km 0 e ascoltare le storie delle persone, amici e amiche di Senti-Ieri, che abitano questo territorio ricco di fascino.

Cos’è il Museo diffuso dell’Abbandono

Gli spazi ormai lasciati in abbandono nel nostro Paese sono davvero tanti e ognuno rappresenta una ferita dei nostri tempi. Molti di questi luoghi meritano una seconda vita, anche se alcuni sono destinati a una inesorabile fine.

Ed è partendo da questi presupposti che nasce IN LOCO, un vero e proprio tentativo di tramandare la memoria di questi luoghi, uno strumento di conoscenza, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale di storie, racconti ed emozioni che descrive un territorio e le sue evoluzioni sociali, culturali ed economiche.

In poche parole, IN LOCO è un museo senza pareti o cancelli ma in continuo mutamento. È uno spazio dedicato all’esplorazione e di ricerca diffuso che connette e dà una lettura di insieme del territorio ai margini, per raccontare il paesaggio abbandonato e spingere ad andare sul posto, in loco, attraverso una guida alternativa e in perenne evoluzione.

Il museo incrocia così luoghi, memorie e persone, innescando percorsi di partecipazione e rigenerazione, aggregando intorno ai luoghi le comunità che vogliono portarli nel futuro. Tutto questo è possibile grazie a una mappatura che è attiva dal 2010 che è stata il punto di partenza per tracciare 7 itinerari di viaggio rivolti a fotografi, architetti, esploratori urbani o, più semplicemente, a tutte le persone che vogliono conoscere la storia e il territorio della Romagna in modo in modo nuovo e particolare.

L’insieme degli itinerari dà vita a una guida turistica, alternativa e in continua evoluzione, che permette ai visitatori di continuare l’esplorazione e rende disponibili contenuti multimediali creati ad hoc fruibili, appunto, solamente in loco, attraverso l’applicazione.

Un’esperienza, dunque, davvero unica nel suo genere e al contempo ricca di bellezze ed emozioni.

Val di Covile romagna

Fonte: Ufficio stampa – Encanto Public Relations – Ph: Stefano Belacchi

La Val di Covile
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Questi luoghi d’Italia stanno per diventare “parlanti”

In occasione della storica manifestazione “La festa della Contrada di Sopra” a Serravalle Scrivia approdano i “Cartelli Parlanti” del Distretto del Novese: l’inaugurazione del percorso di segnaletica turistica collegato all’App Visit Distretto del Novese è prevista per sabato 17 settembre 2022 alle ore 20.45 davanti al palazzo comunale di Serravalle.

Il progetto e i luoghi che diventeranno “parlanti”

Sono sei i luoghi che diventeranno “parlanti”: la chiesa di Montei, l’area archeologica di Libarna e, in centro, il Palazzo Comunale dove, al piano terra, trova spazio l’area museale di Libarna, l’oratorio dei Bianchi e dei Rossi e l’Insigne Collegiata dei Santi Martino e Stefano. Seguendo la formula già collaudata a Voltaggio, Gavi e Arquata Scrivia, l’evento di sabato 17 settembre coinciderà con l’apertura straordinaria dei 4 luoghi ubicati nel centro di Serravalle Scrivia.

Il progetto include una rete segnaletica turistica interattiva con codici Qr-Code per fornire informazioni immediate on demand a chiunque voglia saperne di più, un supporto omogeneo e inclusivo per i 34 comuni del Distretto del Novese e un info point attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 in italiano e in inglese.

VisitDN, realizzato dal Distretto del Novese con la partnership di In.sight e Annoluce ICT Consulting, premiato da Anci Piemonte Premio Innovazione 2020, è un progetto scalabile composto da vari step che, di volta in volta, contribuiscono ad arricchirlo e a coinvolgere diversi attori: la partenza è avvenuta con i luoghi di cultura, poi l’aggiunta della lingua inglese, la sezione enogastronomica grazie alla Camera di Commercio Alessandria-Asti e, adesso, è il momento della segnaletica interrativa che si sta procedendo a installare nei 34 Comuni del Distretto.

La cartellonistica del coinvolgente percorso turistico interattivo è stata realizzata dal Distretto del Novese in collaborazione con il progetto “Territori da Vivere” grazie al supporto di Fondazione Casa di Carità Arte e Mestieri Onlus e Compagnia San Paolo.

Le parole della nuova amministrazione

Come nuova amministrazione appena insediata siamo davvero felici di far parte di questo percorso che promuove l’attrattività del territorio.
Serravalle è un paese con una vocazione turistico culturale che merita di emergere: abbiamo luoghi e edifici di importante rilevanza archeologica, storica e artistica che vanno valorizzati. Grazie a questa nuova segnaletica turistica interattiva e all’App collegata abbiamo una grande opportunità che ci permette di migliorare la fruibilità del nostro patrimonio, di raccontare la nostra storia e di far conoscere le nostre eccellenze attraverso un sistema informativo digitale coerente e uniforme in tutti i comuni del Distretto del Novese” è stato il commento del Sindaco di Serravalle Scrivia, Luca Biagioni e dell‘Assessore alla Cultura e al Turismo Silvia Collini.

Il funzionamento del’App

Dopo aver scaricato l’App “Visit Distretto del Novese“, basterà inquadrare i codici Qr-code per leggere informazioni storiche e curiosità legate alle principali attrazioni turistiche ma anche per ascoltarle mediante il proprio smartphone che, per l’occasione, si trasformerà in una preziosa audioguida: l’app funziona anche in caso di problemi con la copertura mobile o in sua assenza.

In più, l’app è collegata al sito del Distretto del Novese per fornire le indicazioni sugli eventi e a Google Maps per fornire i dati sulla distanza tra la posizione del turista e i luoghi inseriti nell’app con la possibilità di inserire il navigatore per raggiungerli agevolmente.

Ma non soltanto: ogni punto è “social friendly“: gli utenti potranno così condividere sui social network le informazioni presenti nel sistema interattivo.

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Valle Orco, tra antiche leggende e itinerari mozzafiato

Un paesaggio unico, mozzafiato. Tipico delle vallate in cui l’azione modellante dei ghiacciai ha agito per millenni, regalando scorci dalla bellezza suggestiva e assolutamente indimenticabili. La Valle Orco inizia a Pont Canavese e si estende fino al Colle del Nivolet, esattamente dove il Piemonte confina con la Valle d’Aosta. E in particolare nella zona protetta più antica d’Italia, il Parco del Gran Paradiso, che ne ospita una parte.

Valle Orco, cosa fare e cosa vedere

Un luogo in cui perdersi totalmente e in cui programmare escursioni all’insegna della natura e della voglia di immergersi in un paesaggio che vi lascerà senza parole a ogni passo. La meta ideale per gli amanti del trekking, dell’arrampicata (è qui che all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso è nato il free climbing italiano), dell’alpinismo e per chiunque voglia godere della possibilità di seguire un itinerario esclusivo per le proprie avventure a piedi o in bicicletta. Ma anche in cui poter osservare da vicino la bellezza unica della fauna del posto, tra marmotte, camosci, volpi, stambecchi, aquile e tutto ciò che nasce e vive nella natura più incontaminata e selvaggia.

Una valle spesso sottovalutata poiché distante dalle grandi città e quindi poco conosciuta. Ma che proprio grazie a questa sua riservatezza e minor visibilità è riuscita a tenersi alla larga dal grande turismo di massa. Preservandosi in tutta la sua bellezza e regalando a chi la voglia visitare dei momenti di vero relax, lontano dal caos e dai ritmi frenetici a cui si è soliti, per abbracciare uno stile di vita più lento e attento. Immersi in paesaggi unici e itinerari mozzafiato.

Per esempio sostando a Cuorgnè, un borgo dal cuore medievale o a Sparone, visitando la Chiesa di Santa Croce, in località la Rocca, edificata nel X secolo. O ancora a Ceresole meta amata dai re che l’hanno impreziosita con titolo di “Reale” e che vanta il famoso e grande Lago di Ceresole.

La leggenda della Valle Orco

Ma non solo. Perché la Valle Orco racchiude in sé molto di più. Il suo nome, infatti, è legato a una leggenda che narra della presenza, proprio in queste terre, di due orchi, moglie e marito. Una coppia dall’animo gentile e che, sempre secondo la leggenda, viveva serena e in modo pacifico con gli abitanti della vallata. Un giorno, però, sfortunatamente, la Valle Orco fu invasa da dei draghi,  il cui nascondiglio negli anfratti della montagna ne celava l’esistenza. Animali aggressivi con l’uomo e saccheggiatori di villaggi a causa del loro interesse per l’oro. Da quanto si narra, i due orchi cercarono di fermare l’avanzata dei draghi, proteggendo gli abitanti della zona e rimanendo vittime del loro fuoco.

Per vendicarli, furono gli stessi abitanti a organizzare un’imboscata ai draghi, uccidendoli uno per uno. E dedicando la valle ai loro amici perduti, chiamandola appunto Valle Orco. Una storia affascinante, che regala un’atmosfera carica di fascino e magia a questo luogo. Donando a chi lo visita la possibilità di circondarsi della bellezza della natura e della meraviglia di sentirsi raccontare le fantastiche storie che si tramandano tra i suoi boschi, fiumi e angoli nascosti e ancora da scoprire.

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Autunno a bordo del Treno di Dante

Il Treno di Dante è un progetto del 2021 voluto per commemorare i 700 anni della morte di Alighieri dalle Regioni Emilia-Romagna e Toscana.

Visto il grande successo di questo itinerario a bordo di treni storici, continua a riscuotere un enorme successo ancora oggi.

È un viaggio che porta il turista indietro nei secoli, a uno dei periodi più floridi del nostro passato, in un intreccio di arte e storia, ma anche di paesaggi straordinari e tante prelibatezze locali da assaporare. In un lungo itinerario che va da Firenze a Ravenna – i luoghi di Dante, appunto – si ha la possibilità di scoprire parte dell’immenso patrimonio culturale del nostro Paese.

Treno-di-Dante-passeggeri

Fonte: @Fondazione FS

I passeggeri scendono dal Treno di Dante

ll viaggio si fa a bordo di un treno storico messo a disposizione dalla Fondazione FS Italiane. Si viaggia sulle celebri carrozze “Centoporte”, uno dei pochi esemplari ancora presenti in Italia con la sua motrice storica.

A bordo, sono disponibili 230 posti, suddivisi in tre classi: la prima e la seconda presentano divanetti imbottiti e ambientazioni in stile Liberty, mentre la terza classe vanta ancora i caratteristici interni di legno, incluse anche le sedute, un po’ più scomode, ma sicuramente molto più suggestive. L’itinerario è lungo 136 km ed è ricco di sorprese.

I viaggiatori vengono accompagnati lungo la tratta ferroviaria da un’assistente di viaggio che li segue nella loro esperienza, narrando la storia dei luoghi toccati durante l’esilio dell’Alighieri e che più ne influenzarono l’esistenza e l’opera letteraria.

Treno-di-Dante-interno

Fonte: Treno-di-Dante-interno

Gli interni vintage del Treno di Dante

Le partenze d’autunno

Per quattro domeniche consecutive, a ottobre – il 9, il 16, il 23 e il 30 – parte il Treno di Dante ed effettua una sosta straordinaria di circa un’ora e 20 minuti a Marradi, in provincia di Firenze, per permettere ai passeggeri di visitare il borgo sulle colline e partecipare alla celebre Sagra delle Castagne e del Marron buono di Marradi.

Il treno parte alle 8.50 dalla stazione di Firenze Santa Maria Novella e arriva a Marradi alle 10.53, dove sosta in stazione fino alle 12.07, ora della ripartenza. L’arrivo a Ravenna è previsto per le ore 13.37, dopo le soste tecniche di Brisighella alle 12.27 e Faenza alle 12.42.

Da Ravenna si riparte alle 17.54 per arrivare a Firenze alle 21, dopo le soste tecniche a Faenza (18.33), Brisighella (18.48), Marradi (19.27) e Borgo S. Lorenzo (20.15).

Info utili

I biglietti per il Treno di Dante sono in vendita online. I prezzi per la singola tratta sono di 38 euro, mentre andata e ritorno costa 56 euro. Sono previsti sconti per i bambini e gratuità fino a quattro anni di età). Nelle quattro domeniche della Sagra di Marradi, l’ingresso all’evento è compreso nel biglietto di viaggio del treno.

Arrivare alla Sagra di Marradi a bordo di un treno storico è un’esperienza unica. Come tutti gli anni, alla sagra sono presenti stand gastronomici che propongono tanti prodotti ottenuti da questi frutti simbolo dell’autunno. Dai tortelli di marroni alla torta di marroni, dal castagnaccio alle marmellate di marroni, dai marron glacés ai “bruciati” (caldarroste).

In un periodo in cui il turismo lento è tornato a spiccare tra le tendenze di viaggio, il treno sta diventando il mezzo di trasporto per eccellenza, soprattutto per scoprire le bellezze del nostro territorio.

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La nuova ciclabile nel Cuore Verde d’Europa

La fine dell’estate, il momento in cui l’autunno si avvicina portando con sé una luce dai riflessi ramati e le giornate si fanno man mano più fresche, è il periodo ideale per pensare a una vacanza relax, che possa donare piacevoli momenti di benessere, sperimentando un modo di viaggiare lento e green. E la Slovenia è la destinazione perfetta, perché continua a sorprendere i suoi visitatori con nuovi modi di viverla in chiave assolutamente sostenibile e sempre accogliente.

Tanto più che dal prossimo ottobre nascerà un nuovo percorso ciclo-turistico che permetterà di godere pienamente del patrimonio naturale e del fascino delle località termali slovene, portando alla scoperta di splendidi territori nel rispetto dell’ambiente attraverso l’eco-mobilità, un punto cardine del turismo nel Cuore Verde d’Europa.

In bici alla scoperta delle bellezze della Slovenia

Slovenia Green Wellness Route: questo il nome della nuova ciclabile che unisce terme naturali e Spa, ciclismo e ospitalità sostenibile. Un modo originale di approcciarsi a questa destinazione sempre più eco-friendly e di conoscerne il meraviglioso territorio, entrando in sintonia con le persone, il cibo, la natura e il paesaggio di un Paese che ha saputo essere lungimirante, combinando il benessere dell’attività fisica e il relax in acque termali e invitanti trattamenti wellness.

“Sorella” della Green Gourmet Route, percorso ciclo-turistico dedicato all’aspetto gastronomico della Slovenia, questa nuova via del benessere prende vita dall’Ente per il Turismo Sloveno, in collaborazione con l’Associazione delle Terme Slovene, il Consorzio Green Slovenia, le destinazioni partecipanti e Visit GoodPlace, agenzia di viaggi boutique specializzata nell’offerta di tour in bicicletta sostenibili. Un tour ecologico e a basso impatto ambientale, che include esclusivamente le destinazioni che hanno ottenuto il certificato Slovenia Green, dimostrando impegno per un futuro sempre più “verde” e promuovendo lo sviluppo sostenibile del turismo.

Slovenia Green Wellness Route: il tour

L’itinerario completo è suddiviso in 16 giorni e altrettante tappe suggerite, per una lunghezza totale di 640 km (con un’altitudine massima di 940 metri). La ciclovia collega le migliori terme slovene attraverso meravigliose strade affacciate su panorami scolpiti dalla natura e splendide cittadine.

Partendo da Lubiana, si sfiorano le Alpi di Kamnik e della Savinja, per poi pedalare tra le colline del vino e dei vitigni puntellate dai filari, fino alle ampie distese della pianura pannonica e tra i più dolci pendii collinari in direzione del confine meridionale, dove ci si immerge nella quiete del Parco Regionale Kozjansko, si incontra Kostanjevica, nota anche come la “Venezia slovena” e il castello di Otočec, che si erge su un’isola nel mezzo del fiume Krka e regala un panorama molto scenografico. Il tour prosegue e si conclude con il ritorno nella capitale, in un suggestivo percorso ad anello.

Ogni tappa è studiata per coprire una lunghezza media di 40 km, lasciando il tempo necessario per rilassarsi negli oltre 10 centri termali disseminati nel percorso, tra splendidi borghi, città dal sapore medievale, villaggi dove il tempo sembra essersi fermato e perle architettoniche, sempre circondati da un paesaggio mutevole e di grande bellezza.

Dalle terme di Snovic, un vero e proprio eco-mondo dedicato al wellness con tanto di riviera termale al coperto e una bellissima area esterna, a quelle di Dobrna, le più antiche della Slovenia, passando per Laško, cittadina conosciuta anche per la tradizione birraia, e il centro termale Olimia, una delle prime destinazioni del Paese quando si parla di benessere. E, ancora, Rimske, con piscine calde e fredde già utilizzate dagli antichi Romani, senza dimenticare i numerosi centri medicali per la salute cardiovascolare o respiratori.

Se non avete 16 giorni a disposizione, è possibile scegliere di percorrere l’itinerario anche in un weekend lungo o in una manciata di giorni, selezionando le mete preferite e muovendosi comodamente in treno, oltre che in bicicletta. Per la pianificazione del viaggio, si può inoltre avere in dotazione una mappa interattiva, con la segnalazione dei centri termali, dei luoghi dove soggiornare e di quelli consigliati per assaporare la cucina slovena, con descrizioni giornaliere, suggerimenti e oltre 500 attrazioni indicate lungo il percorso.

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Lungo la nuova Ciclovia del Duca, un itinerario unico

A cavallo tra Italia e Francia c’è un nuovo itinerario da fare in bicicletta (ma, volendo, anche a piedi o a cavallo) che attraversa paesaggi alpini incontaminati. Ripercorre la vecchia Strada Militare 194 e si collega con la più celebre Alta Via del Sale.

È la Ciclovia del Duca, che attraversa gli splendidi scenari naturali del Parco del Marguareis, sul tracciato di un’antica rotabile militare recentemente recuperata e che tocca i territori dei Comuni di La Brigue, in territorio francese, e quelli di Briga Alta e Chiusa di Pesio, in quello piemontese.

Il percorso della Ciclovia del Duca

Il percorso si sviluppa per 15 chilometri, con un dislivello di 1.360 metri. Parte dalla radura del Piano delle Gorre (a 1.030 metri di altitudine), raggiungibile in 13,5 km da Chiusa di Pesio su una strada asfaltata. Si inizia a pedalare sulla stradina sterrata a monte del rifugio fino alle Cascate del Saut a 1.190 metri tra gli alberi.

Dopo un piccolo guado, la ciclovia percorre una suggestiva abetaia con maestose conifere. Dal Gias degli Arpi già a 1.435 metri, si comincia a serpeggiare nell’alpestre e ruvido vallone, con lunghi e regolari tornanti in un paesaggio via via più aperto. Dai praticelli del Colle del Prel a 1.881 metri si rimonta lo stretto intaglio del Passo del Duca a quasi duemila metri in un ambiente rupestre molto pittoresco. Da qui, il tracciato si snoda tra lievi saliscendi tra rocce calcaree e pini mughi, quindi, perdendo un pochino di quota, giunge al Gias delle Ortiche a 1.860 metri.

Si risale, quindi, gradualmente la spettacolare Conca delle Carsene, un’area protetta delle Alpi marittime, ricca di fenomeni geologici, con pietraie, doline e rocce, per raggiungere infine la Capanna speleologica Morgantini a 2.220 metri alla Colla Piana di Malabera.

Da questo punto, si scende sul lato francese uscendo sulla strada bianca dell’Alta Via del Sale, tra Limone Piemonte e Monesi, che permette di proseguire al Rifugio Don Barbera, dal quale è possibile dirigersi a La Brigue e a Tenda oppure continuare verso il più lontano Rifugio Allavena e puntare alle località costiere della Liguria, con notevole varietà di percorsi, rientrando eventualmente con la ferrovia Cuneo-Ventimiglia.

Sull’altro lato, la Via del Sale conduce verso il Colle di Tenda geografico, collegato con Quota 1400 e Limone Piemonte.

Per chi invece inizia la Ciclovia del Duca a monte, in senso opposto, dall’Alta Via del Sale a 2.131 metri, si risale per la Capanna speleologica Morgantini alla Colla Piana di Malabera. Da questo punto, la ciclovia ridiscende verso la Conca delle Carsene e raggiunge la depressione del Gias delle Ortiche, il Passo del Duca e il ripido Vallone degli Arpi con lunghi tornanti, fino a uscire alle Cascate del Saut e al Piano delle Gorre.

Ogni anno dal 2019, per promuovere il tracciato, i primi di settembre viene organizzata la “Route del Marguareis”, un’impegnativa manifestazione cicloturistica non competitiva in traversata da Tenda (Francia) a Chiusa di Pesio per le strade bianche delle Ciclovie delle Alpi del Mediterraneo, tra i 50 tornanti di Tenda e l’Alta via del Sale.

La strada storica

La Ciclovia del Duca non è un percorso totalmente nuovo, ma riprende fedelmente un’antica via di comunicazione, la Strada Militare 194 Certosa di Pesio – Colle della Boaria, sorella minore delle grandi “Strade dei cannoni” delle Alpi Sud-occidentali, frettolosamente terminata nel 1941 dall’impresa Savasta Fiore come mulattiera e che oggi appare ripulita e risistemata nei tratti danneggiati grazie a un sistematico intervento di manutenzione ordinaria.

L’odierno Passo del Duca – che dà il nome alla nuova ciclovia – fu realizzato artificialmente, senza peraltro completare i lavori. Il 9 aprile del 1944, il valico fu minato dai partigiani e saltò in aria durante la Battaglia di Pasqua, sotto i piedi di una colonna tedesca.

La Ciclovia del Duca apre così uno sbocco alla Valle Pesio che finora era praticamente priva di sbocco agevole. Questo percorso interamente ciclabile attraversa le Alpi del Mediterraneo tra il Colle di Tenda e la Colla di Casotto e apre nuovi e meravigliosi itinerari transfrontalieri.

Chi è il Duca che ha dato il nome alla ciclovia

Il “Duca” a cui fu intitolato l’omonimo valico nella Valle Pesio e ora anche alla ciclovia non si sa esattamente chi fosse, ma molto probabilmente c’è una risposta. Il riferimento potrebbe essere ai Duchi di Savoia che, per ragioni non del tutto chiare, interruppero quella che era un’importante via di comunicazione alpina medievale, ma molto probabilmente di origine romana, che da Santa Maria della Rocca e da Chiusa di Pesio, attraverso la Valle Pesio e la Certosa, valicava le Alpi al Passo di Baban e proseguiva verso le Carsene e le terre brigasche.

Tuttavia, lo scrittore Marziano di Maio in “Vaìi, Gias e Vastére” riferisce che, secondo la tradizione locale, su questo passo morì un duca. Al Rifugio Don Barbera si apre il “Colle dei Signori”, pertanto “Duca” potrebbe essere un’accezione generica in senso di personalità di rilievo o condottiero (dal latino “dux”), ma lo stesso autore ricorda anche che, nel dialetto brigasco che si parla nelle Alpi liguri, con il termine “duc” si indica il gufo.

 

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Viaggio tra i vulcani di fango delle Salse di Nirano

Paesaggi dal fascino lunare, nati da un fenomeno geologico unico. La Via dei Vulcani di Fango è un vero e proprio percorso emozionale che porta alla scoperta di affascinanti borghi, dimore storiche, siti archeologici e una natura sorprendente.

Il sentiero si snoda per oltre 60 km attraverso il territorio di sei comuni – Fiorano Modenese, Maranello, Sassuolo, Scandiano, Castellarano e Viano – e due province, toccando oltre 50 luoghi di interesse, legati dalle formazioni argillose chiamate ‘salse’, che rappresentano un unicum a livello scientifico, geologico e botanico. Una destinazione senz’altro da scoprire per chi visita l’Emilia-Romagna.

La Via dei Vulcani di Fango

I cosiddetti ‘vulcani di fango’ sono prodotti dalla risalita in superficie di acqua salata e fangosa mista ad idrocarburi gassosi e liquidi che, venendo in superficie, stemperano le argille dando luogo alle tipiche formazioni a cono o polla, a seconda della densità del fango. Un fenomeno noto sin dall’antichità, come dimostrano diversi ritrovamenti archeologici in zona, e studiato da celebri scienziati del passato, con osservazioni anche molto fantasiose.

Il nome ‘salsa’ (dal latino ‘salsus’) deriva dall’alto contenuto di sale delle acque fossili, ricordo del mare che fino ad un milione di anni fa occupava l’attuale Pianura Padana. Sale che rende particolarmente inospitali e aridi i terreni attorno, tanto che le sole piante che qui possono sopravvivere sono graminacee come la Puccinellia fasciculata, diffuse nei litorali costieri. Le salse vengono considerate fenomeni “pseudovulcanici”, in quanto hanno caratteristiche simili ai vulcani, ma hanno origini completamente diverse, non essendo collegate al magma ed essendo assolutamente fredde.

La Riserva Naturale Salse di Nirano

Istituita nel 1982, la Riserva Naturale delle Salse di Nirano tutela il più vasto e peculiare complesso di “salse” della regione e, con quello di Aragona (Agrigento), il più importante d’Italia e uno tra i più complessi d’Europa. Si estende su circa 200 ettari nel territorio comunale di Fiorano Modenese, tra i corsi d’acqua Fossa e Chianca, sulle prime pendici dell’Appenino Modenese. Di minore estensione, ma non meno affascinanti e spettacolari, sono le salse situate nei comuni di Maranello (località Puianello), Sassuolo (località Montegibbio) e Viano (località Regnano e Casola Querciola).

Parte dell’Ente Parchi dell’Emilia Centrale, la Riserva è una delle principali tappe della Via dei Vulcani di Fango. Con la sua rete di 13 sentieri attrezzati e percorsi didattici aperti a tutti, anche a disabili e ipovedenti, il Centro visite Cà Tassi, sede anche del Ceas Pedecollinare, l’Ecomuseo Cà Rossa e il Campo catalogo delle cultivar antiche, accoglie circa 70.000 visitatori all’anno.

Alla scoperta del borgo di Fiorano

Una volta qui, vale la pensa visitare il borgo storico di Fiorano, partendo dal Santuario della Beata Vergine in piazzale Giovanni Paolo II, dove è visibile un’area archeologica all’aperto che conserva i resti murari di un ambiente interrato dello scomparso castello di Fiorano, che occupava un tempo la sommità del colle, distrutto nel Seicento per costruire il santuario.

Una piacevole passeggiata conduce tra le case dell’antico borgo detto “il Sasso”, lungo via Brascaglia che circonda il colle e via Bonincontro da Fiorano, dove si trova un edificio che conserva ancora le finestre decorate con formelle in terracotta, risalenti al Quattrocento.

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“Senti-Ieri”, i nuovi percorsi del Museo Diffuso dell’Abbandono

Un museo senza pareti, immerso nella natura che ha da tempo riconquistato gli spazi una volta appartenuti all’uomo: è questa l’idea alla base del Museo Diffuso dell’Abbandono, che raccoglie memorie di un passato non troppo lontano. In un’ampia regione ricca di sorprese, “Senti-Ieri” ci porta alla scoperta di luoghi ormai dimenticati, di rovine che una lussureggiante vegetazione ha quasi interamente ricoperto, dove sono persino tornati a vivere animali che avevano inizialmente ceduto il passo all’uomo.

Cos’è il Museo Diffuso dell’Abbandono

La Romagna abbandonata è il fulcro di un’iniziativa che da qualche anno ha visto molti volontari riportare la vita là dove da tempo la natura aveva (ri)preso il sopravvento. Dalle montagne al mare, il Museo Diffuso dell’Abbandono ci conduce tra vecchie rovine che raccontano una storia difficile e tormentata, iniziata nel periodo del secondo dopoguerra, quando moltissime persone furono costrette a lasciare case e fabbriche per una speranza di sopravvivenza.

Il loro passaggio non è però andato del tutto cancellato: in un viaggio della memoria, In Loco (organizzato dall’associazione Spazi Indecisi) dà nuovo valore a questi luoghi rimasti a lungo inosservati. Per arrivare ad oggi, c’è stato bisogno di un lavoro imponente che ha portato alla riscoperta di spazi che hanno rischiato di restare dimenticati, fin quando la natura non avesse compiuto il suo lavoro portandone via anche le poche tracce rimaste.

E il risultato è incredibile: una rete di percorsi nel verde collega alcune delle più suggestive testimonianze dell’uomo e della sua esigenza di abbandonare luoghi che considerava il suo mondo. Si tratta non solamente di un viaggio tra rovine ricche di storia e paesaggi naturali, ma anche tra antiche tradizioni e sapori indimenticabili.

Val di Covile

Fonte: Ufficio Stampa | Ph. Stefano Belacchi

Val di Covile

“Sent-Ieri”, percorsi incredibili in Romagna

Tra i diversi itinerari proposti da In Loco, ora si aggiunge “Sent-Ieri”: un suggestivo cammino che lascia la celebre Riviera Romagnola per addentrarsi tra le montagne della dorsale appenninica. Siamo al confine tra l’Emilia Romagna e la Toscana, dove si snoda l’incantevole Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Qui più che mai si può ripercorrere le tracce dell’esodo postbellico, vivendolo non solo nelle rovine di casette in pietra abbandonate in tutta fretta (e talvolta ridotte ad una manciata di sassi), ma anche nei racconti di quelli che sono stati i loro abitanti, un vero e proprio tuffo indietro nel tempo.

Da Val di Covile a Villaneta, da Ronco del Cianco a Ca’ Franchetto: luoghi che un tempo furono vivaci, e che oggi raccontano una storia fatta di tradizioni quasi dimenticate e paesaggi bellissimi. Immersi nella natura più incontaminata, tra castagneti e marronete, antichi villaggi ci offrono il loro volto più inedito.

E per un’esperienza a tutto tondo, l’app In Loco permette di accedere a tantissimi contenuti gratuiti come mappe degli itinerari, luoghi d’attrazione da visitare e documentari che, durante il cammino, ci consentono di scoprire molto di più su ciò che abbiamo davanti agli occhi. Con le voci di chi ha vissuto davvero questi posti magnifici, non potremo che lasciarci trasportare dalla magia. Non manca naturalmente la possibilità di assaporare specialità tipiche del luogo, approfittando di alcuni punti di ristoro dove trovare cibi della tradizione che ci riportano indietro nel tempo.