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In Francia c’è un piccolo porto che sembra dipinto da un artista

Esistono dei luoghi che sono così belli da non sembrare veri, che assumono forme e colori che assomigliano in tutto e per tutto a cartoline dipinte da un artista. E invece sono reali, come solo loro sanno essere. Ed è solo raggiungendoli, contemplandoli e vivendoli che possiamo scoprire quanto è meraviglioso il mondo che abitiamo e quanto questo è capace di sorprenderci ogni volta, sempre un po’ di più.

Ed è l’incanto che prende il sopravvento, dentro e fuori, quando raggiungiamo quel pittoresco porto di pescatori che si trasforma nella cartolina di viaggio più bella che abbiamo mai visto. Un luogo che si apre soltanto davanti allo sguardo dei più attenti osservatori perché, come un tesoro prezioso, è protetto e nascosto dalle case, dai palazzi e dalle attrazioni di una grande città.

Per scovarlo dobbiamo tornare nella splendida Marsiglia. È qui, infatti, che nascosto sotto il viale della corniche Kennedy, c’è un piccolo e tradizionale porto che sembra dipinto da un artista. Benvenuti a Vallon des Auffes.

Vallon des Auffes

Ogni luogo, nel mondo, ha la sua cartolina di viaggio. Quella che immortala il paesaggio più iconico, suggestivo e affascinante dell’interno territorio. E come tutti anche Marsiglia ne ha una.

A campeggiare sull’immagine troviamo lui, il porto di Vallon des Auffes. Un porticciolo accogliente e pittoresco che sembra trasportare i viaggiatori in un luogo che non è assoggettato alle leggi del tempo e dello spazio. L’atmosfera, infatti, sembra sospesa, mentre tutto intorno scorre velocemente.

Raggiungere il porto marsigliese non è poi così difficile. Vallon des Auffes è situato nel settimo arrondissement di Marsiglia, a una manciata di chilometri dal Vieux-Port, tra la Plage des Catalans e la baia di Malmousque. Per arrivare a questa piccola valle potete percorrere la corniche Kennedy, una delle strade panoramiche vista mare più belle d’Europa che costeggia la città di Marsiglia. Arrivati nei pressi del Monumento all’Esercito d’Oriente, scoverete una scala che conduce direttamente al piccolo porto. Lì, dove inizia la magia.

Marsiglia: dentro una cartolina

Scavalcato l’ultimo gradino, vi ritroverete all’interno di quello che sembra uno dei quadri più belli dipinti da un’artista. Con la sua atmosfera tradizionale, che sembra essere ferma a tanti anni fa, Vallon des Auffes incanta e stupisce per la sua bellezza.

Una volta arrivati qui, i sensi saranno avvolti da contrasti di colori, profumi tradizionali e brusii della natura che si confondo tra le chiacchiere delle persone. Prendetevi tutto il tempo per contemplare il panorama e i suoi straordinari dettagli. Tutto, qui, merita la vostra attenzione.

Vallon des Auffes non è molto grande, eppure la sua bellezza è maestosa. Ad accogliervi nel porticciolo ci saranno le pointu, le tradizionali barche da pesca che sono simbolo e icona del Mediterraneo, che galleggiano suggestivamente sulle acque turchesi che bagnano Marsiglia.

Tutto intorno, invece, le piccole case dei pescatori, caratterizzate da una palette cromatica cangiante e vivace, costeggiano vicoli stretti e stradine tortuose che vi accompagneranno nel cuore pulsante di questo piccolo porto.

A fare da cornice, a questo scenario da cartolina, ci sono gli archi di pietra e mattoni che creano la giusta distanza tra questo piccolo paradiso e il mondo esterno. Vallon des Auffes, infatti, è il luogo migliore da raggiungere per chi cerca un po’ di tranquillità dal caos cittadino e costiero e per chi vuole provare i piatti della tradizione marsigliese nei ristoranti caratteristici immersi in un’atmosfera unica.

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Il palazzo inghiottito nel cuore di Instanbul è straordinario

Esistono luoghi che incantano e stupiscono per la loro bellezza, che si palesano improvvisamente davanti agli occhi di chi li guarda come per magia, e lasciano senza fiato. Sono gli stessi che ci invitano ad attraversare il mondo intero in lungo e in largo per scoprire tutte le meraviglie che gli appartengono.

Eppure non tutte le bellezze del globo sono così visibili, almeno non al primo sguardo. Ce ne sono alcune, infatti, che risiedono proprio sotto ai nostri piedi, come se fossero protette dalla terra che calpestiamo alla stregua di un tesoro prezioso.

E questo è il caso di un edificio straordinario che risiede nel cuore di Istanbul. Il suo nome è Yerebatan Sarnici, che in turco vuol dire palazzo inghiotitto, ed è uno dei monumenti più straordinari e visitati della città. Scopriamolo insieme.

Yerebatan Sarnici, il palazzo inghiottito

Il palazzo inghiottito, conosciuto con il nome di Basilica Cisterna, è un gioiello architettonico di origini antiche, un edificio tanto suggestivo quanto affascinante che attira l’attenzione e la curiosità di viaggiatori provenienti da tutto il mondo. Situato nel distretto di Fatih, all’interno del mahalle di Sultanahmet e non lontano dagli altri monumenti iconici della città, questo luogo è un’autentica meraviglia tutta da scoprire.

Si tratta di una cisterna sotterranea, la più grande di tutta la città, costruita nel IV secolo dall’imperatore Costantino e poi ampliata nel 532 per volontà di Giustiniano durante l’Impero romano d’Oriente. Con una lunghezza di 143 metri e una larghezza di 70 metri, la cisterna fu costruita per servire i grandi palazzi della zona.

Assolse il suo compito per secoli fino a essere dimenticata completamente durante il Medioevo. Fu il viaggiatore e archeologo olandese P. Gylliusun, arrivato qui in esplorazione tra le rovine di Bisanzio, a riscoprirla per caso nel 1550 e a rimanere estremamente affascinato da questo edificio, tanto da scegliere di studiarlo. Fu grazie alle sue testimonianze che la cisterna fu restaurata e portata ai suoi antichi splendori dal sultano Ahmed III.

Un secondo restauro fu condotto nei primi anni del 1900 trasformando così il palazzo Yerebatan Sarnici in una meta turistica, nonché in uno dei monumenti più iconici di tutta la città.

Yerebatan Sarnici, Istanbul

Fonte: iStock

Yerebatan Sarnici, Istanbul

Dentro la Basilica Cisterna

Una visita all’interno della Basilica Cisterna ci permette di scoprire un mondo sotterraneo davvero sorprendente, fatto di statue, colonne e meraviglie architettoniche sepolte.

Nel grande spazio dell’antica cisterna, infatti, si snodano a file alterne ben 336 colonne che svettano verso il soffitto con un altezza di 9 metri. Le fattezze dei capitelli richiamano lo stilo Ionico e Corinzio, ma non mancano colonne Doriche che si rifanno al più antico stile architettonico della Grecia.

All’interno del palazzo inghiottito è possibile trovare due gigantesche teste di Medusa che fanno da basamento alle colonne. Secondo gli esperti, queste due sculture, provengono direttamente dall’arco monumentale del foro edificato dall’imperatore Costantino I. Tesi confermata anche dal fatto che molti dei materiali impiegati per costruire la cisterna sono elementi di riuso.

I restauri della cisterna hanno mantenuto inalterato le sue origini, al punto tale che il pavimento è ricoperto da uno strato d’acqua dove vivono numerosi pesci.

Gli elementi architettonici e l’ambiente sotterraneo nel complesso restituiscono un’atmosfera estremamente suggestiva, motivo per il quale oggi il palazzo inghiottito è uno dei luoghi più frequentati dai viaggiatori che giungono a Istanbul.

E se avete come l’impressione di aver già visto questo luogo da qualche parte, forse non vi sbagliate. Yerebatan Sarnici, infatti, è apparso nel celebre videogioco Assassin’s Creed: Revelations con il nome La Cisterna di Yerebatan.

Yerebatan Sarnici, Istanbul

Fonte: iStock

Yerebatan Sarnici, Istanbul
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Il castello di Mussomeli, circondato da antichissime leggende

Sicilia, una terra unica, magica, fatta di bellezze naturali che lasciano senza fiato e di meraviglie architettoniche cariche di fascino e di storia. Ma anche di straordinarie leggende e misteri, che si fondono con il reale di epoche vissute e che continuano a far vivere un passato che mai verrà dimenticato.  Come quelle che si narrano e che aleggiano intorno al Castello di Mussomeli anche noto come Castello Manfredonico, in provincia di Caltanissetta.

Un luogo dal fascino unico, realizzato su un’altura praticamente inaccessibile tra il 1364 e il 1367, e la cui ubicazione rendeva il castello un punto strategico dal punto di vista militare, proteggendo dall’alto il territorio circostante.

Castello di Mussomeli, la storia

Una roccaforte, voluta da Manfredi III di Chiaramonte, duca di Modica, e rimasta nella storia per un evento ricordato come “Sala dei Baroni”. In questa celebre sala, infatti, si riunirono Papa Bonifacio IX, Artale Alagona e Manfredi Chiaramonte, due dei vicari dell’ancora minorenne Maria di Sicilia o d’Aragona, figlia di Federico III di Aragona ed ereditiera della Corona, nel tentativo di delegittimare il matrimonio tra la giovane e Martino il Vecchio duca di Montblanc d’Aragona. Avvenuto di fatto, dopo il rapimento della giovane organizzato proprio da quest’ultimo, nel tentativo di accaparrarsi il trono. Ma anche un castello intriso di misteri e leggende.

Storie che si intrecciano tra loro e che si fondono con avvenimenti reali, caricandoli di un fascino unico e di infinite suggestioni.

Misteri e leggende di un luogo senza tempo

Come quelle che riguardano l’omicidio mai realmente risolto di Laura, la sfortunata baronessa di Carini, figlia di Don Cesare Lanza, Barone di Trabia e Conte di Mussomeli, che divenne proprietario del Castello di Mussomeli nel 1594. Una morte avvenuta per mano del padre stesso o forse del marito di Laura, Don Vincenzo La Grua-Talamanca, Barone di Carini. Dopo averne scoperto il tradimento con Ludovico Vernagallo. E di cui si dice che il fantasma si aggiri ancora tra le stanze del castello in cerca del padre e della sua vendetta.

O come quella delle tre sorelle del Principe Federico: Clotilde, Margherita e Costanza. Le tre, infatti, vennero segregate in un piccola stanza proprio su volontà del fratello, che dovendo partire per la guerra volle proteggerle dal mondo esterno. Rinchiudendole, con i beni necessari alla sopravvivenza, in una stanza di cui fece murare la porta.  Il viaggio del Principe Federico, però, durò molto più del previsto e al suo ritorno, aprendo la stanza, trovò le sorelle ormai morte per inedia, con il viso sfigurato dalla fame. Da questa stanza, chiamata anche  la “camera di li tri donni”, si dice arrivino dei suoni, simili a lamenti e pianti strazianti.

Ma le leggende che vivono e alimentano la storia del Castello di Mussomeli non finiscono qui. Altro insolito abitante e che si dice aleggi tra le stanze e i corridoi della fortezza, è il fantasma di Guiscardo de la Portes. Un soldato spagnolo che venne ucciso nel 1392, dagli uomini di Don Martinez, rivale in amore del giovane e che, non riuscendo a conquistare il cuore dell’amata da entrambi, la bella  Esmeralda de Loyoza, mandò i suoi uomini a eliminare il soldato per punire la donna. Portandole via per sempre il suo amore.

Storie e leggende cariche di emozioni, intrighi, amori vissuti o spezzati. Il cui ricordo rimane vivo nei racconti di chi ha camminato tra le mura del castello e di chi, per suggestione o per altro, pensa di averne visto i protagonisti. E che, al di là della sua indiscutibile bellezza dal punto di vista architettonico, rappresentano un valido motivo per visitare Mussomeli e il suo castello dagli innumerevoli segreti.

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Abbiamo trovato il museo più inquietante del mondo. Pronti a entrare?

La chirurgia dei giorni nostri è lontana anni luce da quella dei secoli scorsi. La bravura del medico adesso come allora non veniva messa in dubbio, ma nel corso dell’800 quello che faceva la differenza era la velocità nell’eseguire gli interventi. Alcuni dei migliori chirurghi del XIX secolo hanno lavorato proprio all’interno della soffitta dell’Old St Thomas Church che fungeva da sala operatoria e che adesso è diventato un vero e proprio museo tutto da scoprire.

Una sala operatoria diventata museo

L’Old Operating Theatre Museum è la più antica sala operatoria d’Europa che un tempo si trovava nel campanile della chiesa barocca di St Thomas, Southwark, a Londra, dove sorgeva il St Thomas’ Hospital. Teatro di operazioni fino al 1862, quando l’ospedale è stato trasferito nel quartiere di Lambeth, la sala chirurgica è rimasta nascosta a lungo. Soltanto nel 1957 c’è stata la sua riscoperta, prima della decisione di trasformare la sala in un museo.

Conosciuta come Sala delle Erbe, prima di diventare una vera e propria sala operatoria la stanza veniva utilizzata dal farmacista dell’ospedale per essiccare le piante medicinali, sfruttando i soffitti alti e le navate che ne favorivano il processo. È solo nel 1822 che l’essiccatoio è stato trasformato in una vera e propria sala operatoria.

All’interno del museo, oltre al tavolo operatorio, è possibile ammirare tutti gli strumenti chirurgici del periodo, come ad esempio quelli per la coppettazione, quelli utilizzati per il sanguinamento, la trapanazione o la perforazione del cranio.

La stanza, però non era stata concepita solo per operare i pazienti, ma anche per dimostrare agli studenti le moderne tecniche chirurgiche del tempo.

Gli antichi strumenti chirurgici

Fonte: Getty Images

Gli strumenti chirurgici presenti nell’Old Operating Theatre Museum

Operazioni senza anestesia

La sala operatoria diventata un’attrazione era stata costruita per le pazienti donne del vicino reparto femminile e veniva utilizzata solo dal ceto basso che, a differenza di quello alto, non poteva permettersi cure mediche a domicilio e nemmeno eseguire interventi direttamente in casa propria. Queste pazienti, quindi, erano disposte a tutto, anche diventare delle cavie pur di avere assistenza. La maggior parte dei casi riguardava amputazioni, perché non potendo assicurare un ambiente antisettico, le operazioni interne potevano essere pericolose.

Le condizioni igieniche dei medici e della sala operatoria erano scarse, il sangue che cadeva a terra durante l’operazione, non veniva rimosso col lavaggio ma raccolto e assorbito dai trucioli di legno. A peggiorare la situazione c’erano gli studenti che assistevano alle operazioni.

Il tavolo operatorio, infatti era posto al centro della sala circondato ai lati da gradoni che ospitavano gli studenti giunti lì per assistere alle tecniche chirurgiche avanguardistiche e ammirare la rapidità dei medici dell’epoca. Ma perché era così importante imparare ad eseguire un intervento in pochi minuti? Perché fino al 1847 ancora non venivano utilizzati gli anestetici, ai pazienti veniva fornito solo un legnetto da mettere tra i denti per limitare le urla, ma anche alcool e oppiacei per attutire il dolore.

Durante le operazioni il medico doveva essere così bravo da riuscire ad eseguire le amputazioni in pochi minuti, perché più velocemente veniva rimosso un arto, minore era il rischio di infezione e maggiori le probabilità di sopravvivenza. Varcare oggi la soglia di questo museo significa fare un tuffo nel passato e scoprire tutte le tecniche chirurgiche ormai dimenticate.

Sala interna dell'Old Operating Theatre Museum

Fonte: Getty Images

Cimeli d’epoca presenti nell’Old Operating Theatre Museum
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Queste chiese dipinte si trovano in Europa e sono spettacolari

Un contraltare di colori, tra volute e tinte che colpiscono e lasciano senza fiato: esistono delle chiese dipinte che, nel corso dei secoli, si sono affermati come veri e propri scorci di meraviglia. E che, ogni anno, attirano migliaia di turisti. Di quali chiese stiamo parlando?

Delle chiese dipinte nella regione dei monti Troodos, sull’isola di Cipro. Per chi non lo sapesse si tratta di circa 10 edifici che si distinguono per i loro interni incantevoli, quasi sempre in contrasto con gli esterni austeri e rurali. Un vero e proprio percorso tutto da scoprire.

Alla scoperta delle chiese dipinte di Cipro

Nove chiese e un monastero: tra i monti di Cipro si trova, dunque, un vero tesoro. Una delle loro particolarità è che, sulle prime, non si distinguono neanche in quanto chiese. Dall’esterno, infatti, possono sembrare delle vecchie fattorie, delle stalle o, addirittura, dei fienili, nonostante abbiano la forma classica delle chiese bizantine. Anche questo particolare contrasto ha fatto sì che diventassero Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Chiesa di Panagia a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

Queste chiese sono una sono una testimonianza eccezionale della civiltà bizantina dal tempo della famiglia dei Comneni in poi. In base a quanto scoperto, alcuni affreschi furono eseguiti da artisti di Costantinopoli mentre i successivi furono affidati ad artisti dell’Isola. Seguendo un preciso percorso è possibile rilevare le evoluzioni della pittura e, conseguentemente, i cambiamenti della società.

Il percorso ideale per scoprire le chiese dipinte

Ma qual è il percorso? Partendo dal presupposto che bisogna recarsi sui Monti Troodos per trovare le chiese dipinte, la cosa migliore da fare sarebbe dedicare un paio di giorni alla loro scoperta. Dopodiché, bisognerebbe, idealmente, partire dalla Chiesa di San Nicola del Tetto, che presenta un ciclo di affreschi realizzati tra l’XI e il XVI secolo. Poi, occorrerebbe visitare il Monastero di Agios Ioannis Lampadistis, al cui interno spiccano affreschi risalenti al XIII secolo (tra cui il Cristo Pantocratore con i profeti e gli evangelisti).

Chiesa di Panayia Podhithou a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

A seguire, si dovrebbero visitare la Chiesa di Panagia Phorviotissa, qualla di Panagia tou Arakou e quella di Panagia a Moutoullas, per poi recarsi nelle chiese dell’Arcangelo Michele, di Timios Stravos, Podhitou, Stravos Agiasmati e Metamorphosis tou Soteros. Seguendo quest’ordine si rimane stupefatti dall’evoluzione artistica e si percepisce chiaramente il rapporto tra l’arte cipriota e quella cristiana occidentale.

Come si visitano le chiese dipinte?

Purtroppo non esiste ancora un tour guidato per scoprire le chiese dipinte, ma attenzione: chi si reca a Cipro durante l’estate può visitare il sito web del Dipartimento delle Antichità cipriote per inviare una domanda e richiedere informazioni. In genere si viene messi in contatto con i custodi delle singole chiese, che provvederanno ad aprirle con le chiavi in loro possesso e permetteranno la visita.

Chiesa di Chiesa di Stavros a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

Il suggerimento, per chi vuole scoprire tutti e dieci gli edifici, è quello di noleggiare un auto per spostarsi agevolmente da un punto all’altro della regione dei Monti Troodos. Le chiese, infatti, non sono vicine tra loro, ma viaggiando in auto ci si può fermare tra paesini e piazzole e raggiungerle facilmente a piedi. Può sembrare faticoso, ma ne vale assolutamente la pena.

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Questi sono i musei più famosi del mondo: li hai visitati tutti?

Che tu sia un amante dell’arte o se, semplicemente, quando viaggi hai voglia di immergerti nella cultura del posto, devi sapere che i musei sono il luogo adatto in cui scoprire opere che lasciano senza fiato. Ma se l’Italia è la culla dell’arte per eccellenza, in giro nel mondo ci sono altrettanti musei che meritano di essere visitati almeno una volta nella vita.

In Europa, America o Africa, ovunque andrai potrai ammirare mostre uniche e rimanere incantato da dipinti e sculture pronti a conquistarti al primo sguardo.

I musei più belli in Europa

L’Italia è ricca di musei, se nel Belpaese gli Uffizi e i Musei Vaticani sono i più apprezzati, nel resto dell’Europa devono condividere lo scettro con altri luoghi altrettanto affascinanti. A Londra ad esempio il British Museum con la sua ampia collezione è in grado di regalare una conoscenza approfondita delle diverse culture, siano esse grandi o piccole.

Milioni di persone provenienti da ogni angolo del globo, poi, non possono fare a meno di visitare il Museo del Louvre di Parigi. La presenza della Gioconda e della Venere di Milo sono il biglietto da visita per eccellenza, ma non mancano opere altrettanto affascinanti appartenenti alle epoche più disparate. Madrid con il suo stile architettonico inconfondibile racchiude nel Museo Nacional del Prado, una serie di opere apprezzatissime che ne fanno uno dei luoghi in cui fare tappa quando si visita la capitale spagnola.

Il museo del Louvre a Parigi

Fonte: iStock/TomasSereda

La piramide del museo del Louvre

I musei più famosi in America

Quando si pensa all’America, i primi musei che vengono in mente sono il “Met”, Metropolitan Museum of Art di New York e il Museum of Modern Art (MoMA): entrambi riescono ad attirare milioni di visitatori ogni anno grazie all’ampia collezione di opere d’arte provenienti da tutto il mondo.

Sempre nel Nord America è il Messico a riservare alcune delle chicche più amate dai visitatori, al suo interno ospita infatti la più grande collezione al mondo di monete appartenenti all’era preispanica e coloniale.

Spostandoci in America del Sud, c’è il Museo dell’Oro di Bogotà che con la sua collezione dedicata al prezioso materiale rimane uno dei luoghi più incredibili in cui apprezzare la storia del posto. È il Perù, con la sua capitale Lima, che ti lascia a bocca aperta con il Museo archeologico Rafael Larco Herrera che può essere considerato una vera e propria testimonianza della cultura e della vita quotidiana dei peruviani, compresa la loro vita sessuale.

L'esterno del Met di New York

Fonte: iStock/peterspiro

Il Metropolitan Museum of Art di New York

Il fascino dell’arte orientale

La cultura orientale con il suo fascino senza tempo si può trovare perfettamente conservata a Pechino, all’interno del Museo Nazionale della Cina le opere del periodo imperiale, della seconda guerra mondiale, dell’epoca comunista e quella moderna è possibile fare un viaggio all’interno della storia cinese.

Diversa è l’atmosfera che si respira nel Museo Ghibli di Tokyo voluto dal creatore d’anime Hayao Miyazaki che attira i visitatori perché trasporta in un mondo magico proprio come quello dei suoi fumetti.

Il Museo Ghibli

Fonte: iStock/mizoula

Il Museo Ghibli di Tokyo, voluto da Hayao Miyazaki

La bellezza dell’Africa nei suoi musei

Misteriosa e fuori dal tempo, l’arte africana può essere ammirata all’interno del Museo Maison Tiskiwin di Marrakesh, al cui interno si può trovare una ricca collezione di oggetti di artigianato appartenenti al popolo Amazigh e Tuareg. Nel Museo Nazionale di Nairobi, poi, la cultura, la storia, la natura e l’arte africana sono raccontate attraverso i fossili e le opere contenute al suo interno.

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Come in un quadro: in viaggio dentro l’urlo di Munch

L’arte ha la caratteristica di stupire, di anticipare i tempi e di mostrare l’interiorità con pochi colpi di pennello ed Edvard Munch in tutto questo era un vero e proprio maestro. Il pittore norvegese attivo tra fine Ottocento e inizio Novecento ha dato vita a opere cariche di soggettività, segnando un punto di svolta nella storia dell’arte.

La sua fonte di ispirazione è stata spesso Oslo, la capitale della Norvegia che con la sua luce nordica e i misteriosi panorami è stata immortalata nell’iconico dipinto “L’Urlo”. Per rivivere le stesse sensazioni vissute dal pittore, la tappa alla collina di Ekeberg è d’obbligo.

L’incantevole collina di Ekeberg

Quello che contraddistingue Oslo rispetto alle altre città è la natura rigogliosa che si esprime al meglio attraverso colline, isole e penisole che la circondano. Per godere al meglio della vista di questa località, non bisogna salire su un grattacielo ma addentrarsi nella natura e visitare l’incantevole collina di Ekeberg. Definirla semplicemente una collina è limitativo, Ekeberg è molto di più. Di sicuro è molto cambiata rispetto al periodo in cui Munch era solito frequentarla, ma tutte le sensazioni provate dal pittore sono ancora vive.

Arrivare in cima a questa collina non è difficile, basta addentrarsi in uno dei sentieri circondati dal verde che partono dalla Città Vecchia oppure prendere il tram e scendere alla fermata intitolata al parco di Ekeberg (Ekerbergparken). Oltre al verde, la vista viene immediatamente catturata da sculture realizzate da artisti di fama internazionale come Dalì, Rodin e Renoir, che è possibile incontrare passeggiando nel parco e che fanno da cornice al panorama. Anche un semplice pasto nel parco di Ekeberg diventa l’occasione per respirare altra arte e altra storia. È qui infatti che sorge il Ristorante Ekeberg che può essere considerato un vero e proprio monumento del Neoclassico e da cui è possibile godere di una delle viste migliori e più romantiche della città.

Una veduta di Oslo dall'alto

Fonte: iStock/Vladislav Mavrin

Uno scorcio di Oslo dalla collina di Ekeberg

Cosa vedere ad Oslo

Oslo però non è soltanto il parco di Ekeberg. Dalla collina è possibile ammirare alcuni dei simboli di questa città, come ad esempio il Palazzo dell’Opera che emerge dall’acqua in tutta la maestosità del vetro e del marmo bianco, oppure il Museo Munch, realizzato in onore di uno dei concittadini più illustri. Se poi si vuole andare alla ricerca della Oslo più autentica, non può mancare una tappa alla Fortezza di Akershus, un monumento che è conosciuto più semplicemente come “Castello”. Esiste dal 1200 e quindi può “raccontare” molto della storia della capitale norvegese.

Le luci di Oslo

Fonte: iStock

Una romantica veduta di Oslo

La ricerca di edifici storici a Oslo non può fare a meno della Chiesa del Nostro Salvatore, la cattedrale barocca della città che incanta per le sue vetrate istoriate e per il soffitto in cui sono raffigurati episodi del Nuovo e Vecchio Testamento. Ultimo ma non meno importante è il Parco di Vigeland, un vero e proprio museo a cielo aperto con sculture in granito e bronzo, anche se la vera attrazione è il Monolite, una colonna di 17 metri composta da figure umane “intrecciate” tra loro, resa ancora più spettacolare e romantica dal tramonto.

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Per scoprire la storia di questa città devi visitare i suoi Café

Non c’è assolutamente che dire: quando si parla di Budapest si pensa immediatamente al suo fascino, alle sue strade, ai suoi colori e, ovviamente, a tutto ciò che è più prettamente invernale e “nordico”. Eppure, c’è qualcosa che non tutti sanno: per conoscere la sua vera storia, quella più antica, bisogna frequentare i suoi café.

Sì, perché i café di Budapest sono l’esempio lampante dell’approccio alla vita e alla storia nell’Europa Centrale: un mix di opulenza e concretezza, di incanto e vita vissuta, dove ci si rilassa con una tazza di caffè, una gustosa torta o anche con una bevanda fredda.

L’atmosfera dei Café di Budapest

Sì, è vero, quando si immagina il classico café si pensa per lo più a Parigi, ma è solo una questione di fama. I café di Budapest, infatti, non hanno assolutamente nulla da invidiare ai loro “fratelli” francesi, anzi: per certi versi gli somigliano, dato che tra le loro mura (e i loro tavoli) si sono avvicendati scrittori, pittori, creativi, letterati e persino politici.

Uno scorcio di Budapest, strade urbane

Quasi tutti i café storici di Budapest sono esempi dell’architettura neobarocca: marmi, specchi, lampadari di cristallo e sedie in legno li rendono dei veri e propri luoghi senza tempo, cristallizzati in un’epoca lontana, con quel pizzico di decadenza che li rende straordinariamente attraenti.

Budapest e i café: un connubio di storia e arte

La maggior parte dei café di Budapest risalgono ai primi anni del 1800 e giocano moltissimo con la loro storicità. Un po’ come Vienna, Budapest è riuscita a godere di un vero e proprio boom culturale all’inizio del ventesimo secolo. Ciò portò alla nascita di moltissimi ritrovi dove si vendevano bevande a caffeina (allora venduta a prezzi contenutissimi) che, però, venivano visti non proprio di buon occhio dalla parte più nobile della popolazione.

Un caffè di Budapest con tavoli all'aperto

I café attraevano, pertanto, la borghesia più ribelle, quella che voleva fuggire dalle regole delle persone più altolocate. Una delle cose che li accomunavano (e li accomunano) sono gli alti soffitti, che raccontano la loro trasformazione in rifugi per fumatori (di sostanze non sempre legali) e gli spazi conviviali arredati anche con divani e tavolini, che favorivano l’aggregazione e il confronto intellettuale.

I migliori café di Budapest

Se quanto narrato vi ha fatti sognare, allora vorrete sicuramente sapere quali sono i café più rappresentativi della città. Il primo (e più gettonato) è il New York Café, situato in un opulento edificio del 1894 (che ospita anche un hotel a cinque stelle). Qui, nei mesi anteguerra, giornalisti, artisti e intrattenitori ungheresi facevano letteralmente la storia tra alcolici e sigarette, oltre che impegnandosi in storie dissolute. Esempio straordinario del neo-barocco, è ricco di marmi bianchi, inserti dorati e opere d’arte: è stato definito il café più bello del mondo.

Il secondo, invece, è il famosissimo Café Gerbeaud, uno dei più antichi di Budapest. Aperto nel 1858, prende il nome dal pasticcere-cioccolatiere Émile Gerbeaud e ha mantenuto l’atmosfera dei primi del ‘900, con i suoi stucchi in stile rococò, i suoi lampadari ispirati a Maria Teresa d’Austria, i suoi ornamenti in legno esotico, e, ovviamente, i suoi bronzi e i suoi marmi. Il punto forte? i dolci, chiaramente, come la torta d’albicocche e burro d’arachidi al cioccolato.

Una delle strade del centro di Budapest

Nel centro della città, invece, si trova il Central Café, fondato nel 1887. Proprio per la sua posizione era frequentato prevalentemente da attori, scrittori, registi e starlette. Si contraddistingue per i suoi candelabri, per i dipinti e per i mobili in legno pregiatissimo, oltre che per la vasta offerta di dolci tipici ungheresi, tutti da gustare.

Infine, da non perdere è il Ruszwurm Cukrászda, il café più antico in assoluto di Budapest, che prepara le stesse ricette sin dal 1827 ed è situato in una residenza barocca circondata dal verde. Il suo interno è modesto, eppure veniva frequentato da artisti ricchissimi, che non perdevano l’occasione per gustare una Dobos Torte, buonissima torta di pan di spagna al cioccolato ricoperta da una glassa al caramello.

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C’era una volta un’antica capitale

C’era una volta una città bella, ricca di storia e piena di bellezze da ammirare… Anzi, esiste ancora e il suo nome è Turku. L’antica capitale finlandese sorge alla foce del fiume Aurajoki. Si tratta di un luogo antico e magico, la sua nascita risale all’incirca al 1229. Nel corso dei secoli la bellezza della storia l’ha resa speciale, unica e assolutamente da visitare.

La città di Turku

Turku è la quinta città finlandese per popolazione e rappresenta la seconda maggiore area urbana del paese dopo l’area metropolitana di Helsinki. Insomma, non immaginatevi un piccolo borgo antico, stiamo parlando della vecchia capitale finlandese. Una città bilingue, in cui, insieme al finlandese, si parla anche lo svedese.

La storia di Turku

I primi insediamenti umani nella zona risalgono alla preistoria. Ma la tradizione fa risalire la fondazione al 1229 quando nei pressi dell’attuale centro città, venne fondato un insediamento cattolico. Nello stesso periodo iniziarono poi i lavori per la costruzione del castello e della chiesa che fu consacrata nel 1300. Per un lungo periodo Turku fu la capitale politica e il primario centro culturale del paese. Nel 1640 fu fondata l’università.

Un polo culturale, economico e centro religioso. L’antica città finlandese per secoli ha dominato l’intera regione. Infatti, fino al 1812 Turku fu la capitale della Finlandia, parte del regno di Svezia. Quando questo territorio fu conquistato dalla Russia, i russi spostarono la capitale a Helsinki dove è rimasta fino ad oggi.

Turku la vecchia capitale finlandese

Fonte: iStock

La bellissima Turku

Il declino della capitale

Nel 1827 la città venne devastata da un grande incendio che distrusse parte del centro. La ricostruzione iniziò l’anno successivo ad opera dell’architetto Carl Ludwig Engel che rinnovò il volto della città. Lo spostamento dell’università a Helsinki pose fine al periodo di splendore della città. Nel 1918 vi fu fondata l’università in lingua svedese, la Åbo Akademi e due anni dopo fu fondata l’università in lingua finlandese.

Oggi Turku è sede dell’Arcivescovado della Finlandia. La cattedrale, risalente al XIV secolo è uno dei tre edifici in muratura ancora esistenti. Il Castello di Turku, fondato nel XIII secolo, costruito su un’isola a guardia della foce del fiume, è stato, nel corso dei secoli, assimilato alla terraferma.

Il castello di Turku

Tappa immancabile di ogni viaggio a Turku è il castello, situato nei pressi del porto. Rappresenta uno degli edifici storici più importanti del Paese. Infatti, all’interno del castello si trova il museo storico che ripercorre le vicende dell’edificio e della città. Qui è possibile ricostruire l’importanza e dare un contesto a Turku, alle sue tradizioni e ai suoi costumi, con tutte le evoluzioni subite nei secoli.

Cosa visitare?

Oltre al castello, bisogna fare tappa alla chiesa ortodossa e alla Sinagoga Art Nouveau. Ma per vivere lo spirito della gente del posto, è essenziale esplorare il caratteristico Kauppahalli, il mercato coperto, diffuso in gran parte delle città finlandesi.

Anche i musei Aboa Vetus e Ars Nova sono delle vere chicche da visitare. Entrambi ospitati nello stesso edificio, l’Ars Nova è un museo di arte contemporanea mentre l’Aboa Vetus è il museo archeologico che ricomprende lo scavo di un insediamento risalente al XIV secolo.

Una città davvero incredibile, troppo spesso sottovalutata da turisti e viaggiatori, ma che merita assolutamente di essere esplorata.

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Una scoperta sensazionale nei nostri fondali marini

Sotto il mare si nascondono ancora oggi incredibili segreti. Senza andare molto lontano, al largo delle nostre coste è appena stata fatta un’eccezionale scoperta che potrebbe riscrivere la storia.

E, come spesso accade, la scoperta è assolutamente casuale ed è avvenuta nel corso di un’operazione di routine.

L’antico relitto

I Carabinieri del nucleo per la tutela del patrimonio culturale di Udine stavano, infatti, monitorando un vasto specchio d’acqua alla Foce del Timavo quando si sono accorti che sui fondali c’era qualcosa di inaspettato.

Nei pressi dell’isola di Pampagnola, vicino alla nota località di villeggiatura di Grado, hanno così individuato un’imbarcazione di epoca romana di cui nulla si sapeva finora, ma si è subito capito che si trattava di una scoperta di eccezionale importanza storica.

Il relitto era in buona parte nascosto dalla sabbia dei fondali del Mar Adriatico a una profondità di circa 5 metri. La porzione dell’imbarcazione visibile finora è lunga all’incirca 12 metri, ma si stima misuri almeno il doppio.

Nei pressi dell’antica barca, presso il Canale delle Mee di Grado, lo storico ingresso al porto fluviale di Aquileia, che all’epoca era la quarta città dell’Impero Romano, sono state rinvenute anche due anfore risalenti al I secolo a.C. e porzioni di anfore e brocche risalenti al II-III secolo d.C..

Le altre scoperte nella zona

Il luogo dove è stata fatta la scoperta non è nuovo a incredibili ritrovamenti. Nel 2000, era stato fatto un altro ritrovamento, quello di un vascello denominato “Grado 2“, naufragato nel III secolo a.C., prima ancora della fondazione della città di Aquileia. Il relitto si trovava a una ventina di metri sotto il livello del mare.

Questa era infatti una rotta commerciale molto battuta, in quanto collegava l’attuale Friuli-Venezia Giulia con il resto d’Italia e il mondo ellenico.