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In Italia esiste un museo a cielo aperto sul mare: è spettacolare

Esistono luoghi che non smettono mai di stupirci e di incantarci perché ospitano meraviglie straordinarie, siano esse create da Madre Natura o dall’uomo. Sono gli stessi posti che ogni giorno ci esortano a metterci in viaggio, a percorrere chilometri in lungo e in largo per scoprire il mondo.

Eppure non sempre abbiamo bisogno di andare così lontano per lasciarci meravigliare dalla grande bellezza che appartiene ai luoghi del pianeta. Anche il nostro Paese, infatti, non smette mai di stupirci. E proprio quando crediamo di aver visto tutto, lui torna a sorprenderci.

Proprio come fa il Museo d’Arte sul Mare di San Benedetto del Tronto, un teatro di sculture e opere d’arte situato sul lungomare della cittadina marchigiana che rappresenta un unicum in Italia, il più bell’esempio visivo di convivenza tra uomo e natura, tra arte e paesaggio.

Il Museo d’Arte sul Mare

Ci troviamo nel cuore della Riviera delle Palme, in quella ridente e dinamica cittadina che negli anni ha saputo trasformarsi in un’importante polo turistico che attira ogni anno migliaia di viaggiatori. Stiamo parlando di San Benedetto del Tronto, una vivace località in provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche, che sorge proprio sulle rive del mare Adriatico.

Situata in una posizione strategica, questa località balneare è riuscita negli anni ad ampliare un’offerta sempre più variegata per i viaggiatori che concilia il divertimento, con la natura, il mare e l’arte. Sì perché proprio lungo il molo sud, centro nevralgico della vita cittadina, è sorto un museo a cielo aperto, un’incredibile esposizione permanente che è un invito ad ammirare la grande bellezza incorniciata da un paesaggio d’eccezione, quello del mare che si perde all’orizzonte. Benvenuti al MAM, il Museo d’Arte sul Mare.

"Tipo da spiaggia", Museo d'Arte sul Mare

Fonte: Museo d’Arte sul Mare

“Tipo da spiaggia”, scultura. Museo d’Arte sul Mare

Una galleria d’arte a cielo aperto

Inaugurato nel giugno del 2012, il MAM è un concentrato di bellezza senza eguali. Questo museo permanente all’aperto si sviluppa lungo tutto il molo sud di San Benedetto del Tronto ospitando oltre 200 opere d’arte.

In questa galleria en plein air ci sono 185 sculture e 24 murales realizzati durante il Simposio “Scultura Viva” ed il “Festival dell’Arte sul Mare”, eventi che hanno visto il coinvolgimento di 183 artisti provenienti da tutto il mondo. Emerge così un teatro sul mare dove l’arte e la scultura accompagnano cittadini e viaggiatori in questa passeggiata delle meraviglie vista mare.

Le origini del MAM risalgono al 1986 quando il Circolo dei Sambenedettesi scelse di far realizzare un monumento dedicato al gabbiano Jonathan Livingstone proprio sul quel tratto di lungomare che già rappresentava la passeggiata preferita dai cittadini.

A distanza di dieci anni, su quella stessa passeggiata, venne organizzata la prima edizione del Simposio internazionale di scultura, “Scultura Viva”, così il Museo d’Arte sul Mare stava prendendo vita. Anno dopo anno, grazie alle successive edizioni della manifestazione, la passeggiata venne trasformata in una vera e propria galleria a cielo aperto. Una trasformazione, questa, che continua ancora oggi e che vede ogni anno il museo arricchirsi di nuove e inedite opere.

Tantissimi i capolavori da ammirare e contemplare, come quel Presepe in travertino caratterizzato da 9 sculture rivolte verso il mare, lì dove è stata creata una Natività sommersa e visibile nell’acqua.

Non solo sculture però. Il Museo d’Arte sul Mare di San Benedetto del Tronto, che si estende per un chilometro, ospita anche un’area dedicata alla street art, come confermano gli straordinari murales che si stagliano contro il mare e che portano la firma di artisti italiani e internazionali.

Museo d'Arte sul Mare

Fonte: Museo d’Arte sul Mare

Museo d’Arte sul Mare
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La via dello shopping più bella d’Europa è una galleria d’arte

Quando siamo in viaggio ci ritroviamo spesso ad attraversare e a percorrere le stesse strade più volte. Lo facciamo velocemente e distrattamente con il solo obiettivo di raggiungere le attrazioni principali della città, per seguire il nostro itinerario o per scoprire nuovi e inediti angoli che incantano e che stupiscono.

Eppure, nel mondo, esistono strade che meritano tutta la nostra attenzione perché sanno trasformare anche una semplice passeggiata in un’esperienza magica che incanta a ogni passo. Ne sono un esempio le vie dello shopping delle grandi metropoli e quelle dell’arte dei piccoli borghi, così come quelle più caratteristiche e antiche dei centri storici.

Lo è anche quella inaugurata ad Amsterdam nel 2017, che più che una galleria dello shopping, è un vero e proprio capolavoro d’arte visiva che incanta e sorprende a ogni passo. Benvenuti dentro il Beurspassage.

La galleria delle meraviglie di Amsterdam

Ci troviamo sulla Damrak, una delle strade più celebri e popolate di tutta Amsterdam, quella che collega la stazione centrale a piazza Dam e agli altri punti iconici della città. È proprio percorrendo questa via che possiamo arrivare davanti a una galleria delle meraviglie. Una via dello shopping sapientemente decorata che si presenta sin dalla sua inaugurazione come un capolavoro d’arte senza eguali.

Il Beurspassage, questo il suo nome, è una via dello shopping coperta che collega Damrak e la Nieuwendijk, due delle strade più vivaci e dinamiche dell’intera città. Al suo interno ci sono negozi di ogni genere che attirano cittadini e viaggiatori. Ma questa galleria, che strategicamente collega le due zone più vive di Amsterdam, è in realtà molto di più di una semplice strada dedicata allo shopping. E basta guardare le foro per capirne il motivo.

Beurspassage, Amsterdam

Fonte: 123rf/jordi2r

Beurspassage, Amsterdam

De Beurspassage

Una volta entrati nel Beurspassage, l’attenzione è completamente catturata e rapita da quel magnifico e straordinario soffitto che si estende per 450 metri quadrati di meraviglia.

La luce che proviene dai sette lampadari che percorrono il soffitto ad arco, mette in risalto i coloratissimi mosaici di vetro e le strabiliati raffigurazioni. Gli specchi apposti sui lati, poi, creano un continuo gioco di riflessi che incanta e stupisce a ogni passo.

Gli ornamenti sono opulenti e i colori eleganti, lo stile artistico delle raffigurazioni fa riferimento ai dettami occidentali e orientali, pur non rinunciando alla contemporaneità. Viene fuori così un capolavoro artistico senza eguali che sembra trasportare i visitatori in un mondo onirico e favolistico.

Al centro di tutto c’è l’acqua, l’elemento portante del Beurspassage. Appare nel verde smeraldo, che è il colore predominante, nei pesci e nelle bolle d’aria, nei riflessi che sembrano proprio creati dai giochi dell’acqua. Nella sua totalità l’opera è un omaggio a questo elemento, nonché ai canali di Amsterdam.

L’incanto continua e aumenta con l’osservazione diretta che permette di scorgere nuovi e inediti dettagli. I lampadari, per esempio, per forme e dimensioni ricordano quei complementi d’illuminazione tipici della tradizione classica, ma in realtà sono realizzati con diverse parti di biciclette. Osservandoli da vicino è possibile individuare ruote, raggi e manubri.

Anche il pavimento in granito, intarsiato con motivi ricorrenti, è un omaggio alla città e al materiale utilizzato per molti dei monumenti di Amsterdam. In qualsiasi direzione si muova la sguardo la passeggiata di trasforma in un’esperienza immersiva senza eguali.

A creare questo capolavoro d’arte visiva sono stati Arno Coenen e Iris Roskam, gli artisti visionari che hanno firmato un altro capolavoro unico nel suo genere: il Markthal di Rotterdam, in collaborazione con lo scultore Hans van Bentem.

Così, quel semplice corridoio dedicato allo shopping, è stato trasformato in un museo d’arte che ospita un’opera collettiva strabiliante. Il suo nome? Amsterdam Oersoep. E, tradotto letteralmente, vuol dire zuppa primordiale.

Beurspassage, Amsterdam

Fonte: Getty Images

Beurspassage, Amsterdam
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Il teatro sul mare che sorge sul “più bel chilometro d’Italia”

A volte basta una passeggiata per emozionare. Lo sanno bene tutte quelle persone che si sono immerse e perse tra le strade, i vicoli e i quartieri delle città e dei Paesi del mondo, quelli che svelano le loro meraviglie un po’ alla volta, passo dopo passo, o che si palesano improvvisamente davanti agli occhi di chi guarda per lasciare senza fiato. Come quel teatro che si apre sul mare sul più bel chilometro d’Italia ogni qualvolta si percorre la passeggiata del Lungomare Falcomatà.

Il teatro sullo Stretto di Messina

Ci troviamo a Reggio Calabria, in una delle città più suggestive del nostro Belpaese. Un luogo che ospita un patrimonio storico, culturale e paesaggistico immenso conservato nel Museo Archeologico, con i suoi Bronzi di Riace, nel Parco Nazionale dell’Aspromonte con i suoi boschi e i tanti esemplari di flora e fauna, nella sua storia, nelle sue tradizioni e tutte quelle testimonianze antiche che vivono e sopravvivono in ogni angolo della città.

Reggio Calabria è anche il luogo che ospita quello che è considerato il più bel chilometro d’Italia. Un’espressione, questa, da molti attribuita a Gabriele D’Annunzio e che trova la sua spiegazione nel panorama magico e suggestivo che si osserva proprio lungo questa passeggiata.

Il Lungomare Falcomatà è una delle strade più note e frequentate della città, 1,7 chilometri di meraviglie che si snodano da Piazza Indipendenza a Piazza Garibaldi e che lasciano senza fiato.

Sulla costa calabra, infatti, si verifica quello che è chiamato fenomeno ottico della Fata Morgana e che permette di osservare il paesaggio siciliano mentre si specchia sull’acqua o sul cielo. Ed è sempre qui, su questo tratto di lungomare che tra i lampioni in stile liberty che illuminano la passeggiata notturna, sorge quello che è uno dei teatri più suggestivi d’Italia.

È l’Arena dello Stretto, una costruzione contemporanea che per forme, lineamenti e suggestioni rimanda a un passato glorioso e mai dimenticato.

Bentornati a Reggio Calabria, sull’Arena dello Stretto

Tra il mare e la passeggiata suggestiva, ecco apparire una piazza semicircolare che si estende verso l’acqua.

Un anfiteatro antico e un teatro moderno: ecco cos’è l’Arena dello Stretto. Costruita dove un tempo sorgeva il Molo di Porto Salvo, che fu distrutto dal terremoto del 1908, l’Arena è stata costruita secondo i caratteristici dettami dell’Antica Grecia, motivo per il quale, attraversandola, si ha la sensazione di fare un lungo viaggio nel tempo.

Ma non è solo la sua architettura a incantare, ma anche il magico panorama che da qui si può osservare. Il teatro, infatti, si affaccia sullo Stretto e sulla Sicilia regalando a ogni ora del giorno e della notte uno scenario unico e straordinario che lascia tutti senza fiato.

Nel bel mezzo della costruzione si allunga verso l’acqua un piccolo molo dove campeggia una scultura marmorea dedicata a Vittorio Emanuele III per celebrare l’arrivo del Re in città subito dopo la sua proclamazione.

Fermatevi qui e aguzzate la vista. In determinati momenti dell’anno è possibile ammirare il fenomeno della Fata Morgana che appare davanti allo sguardo come per magia.

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Una sensazionale scoperta in Italia riscrive la storia

A pochi chilometri dalla costa tirrenica, c’è un luogo che, a distanza di secoli, continua a stupire. Siamo a Vulci, nel Comune di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, sede di scavi archeologici di un’antica città etrusca.

Là dove il lavoro degli archeologi non s’interrompe mai le soddisfazioni sono tante. Alcune a dir poco eccezionali.

Ed è proprio l’ultima avvenuta in queste ore a esserlo in particolare. Durante i recenti scavi è infatti emersa una grandissima scoperta.

“Siamo seduti su una miniera d’oro”, aveva dichiarato Carlo Casi, direttore del parco di Vulci, in occasione di una recente scoperta. “Qui sotto c’è una città che esisteva sei-sette secoli prima di Roma, ci sono centinaia di ettari di necropoli, quasi tutti inesplorati”.

Ma non si tratta di una tomba quella che è appena stata scoperta, bensì di qualcosa ancora più importante: di un tempio.

Il Tempio di Minerva

Durante i recenti scavi è venuto alla luce un vero e proprio tempio dedicato a Minerva, risalente al VI secolo a.C., identificata come dea della saggezza per gli Etruschi e poi i Romani.

La prima sensazione di aver rinvenuto qualcosa di eccezionale lo aveva avuto il team che stava effettuando gli scavi dopo aver esplorato una zona del parco di Vulci con l’impiego di un georadar, una sorta di “occhio” in grado di andare in profondità. Tramite questo strumento erano infatti riusciti a individuare delle strutture murarie molto grandi, di circa 43 metri per lato.

Gli scavi che ne sono seguiti hanno di fatto confermato la presenza di un tempio monumentale finora sconosciuto, e il ritrovamento è eccezionale. Finora, l’edificio più grande rinvenuto a Vulci è stato il Tempio grande, che misura 36,4 X 24,6 metri.

A confermare che il tempio sia dedicato al culto di Minerva è lo stesso Casi che, in occasione di precedenti scavi, aveva individuato un’iscrizione che non lasciava dubbi: “Mener(vas)”.

Inoltre, già si fanno ipotesi sulla struttura del tempio che sarà prestro liberato dalla terra e che ancora si sta scavando: il tempio sarebbe stato completamente circondato da colonne, quattro sui lati corti e sei su quelli lunghi. Non ci resta che attendere la fine del meticoloso lavoro degli archeologi del parco di Vulci.

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Giordania, alla scoperta di Irbid, Capitale della cultura araba

Nell’estremo Nord della Giordania, a pochi chilometri dal confine con la Siria, c’è un gioiello che merita di essere scoperto. A un’ora e mezza da Amman e a tre quarti d’ora dall’antica città di Jerash, Irbid è uno dei siti storici meno noti del Paese e che nasconde un vero tesoro. E dire che sarebbe la seconda città più grande della Giordania, dopo la Capitale naturalmente.

Il Ministero della cultura e della gioventù giordana ha eletto Irbid Capitale della cultura araba. Con le sue radici culturali, che risalgono a secoli fa, la città di Irbid è stata un centro di poesia, arte, teatro e canto e ha donato al mondo arabo diverse icone.

Questo titolo appena conferitole fornisce l’occasione per andare alla scoperta di Irbid ed esplorare i contributi storici e contemporanei della città alla cultura.

Per tutto l’anno, la città ospiterà eventi culturali e mostre per mettere in luce quelle figure politiche, letterarie e sociali che hanno contribuito a elevare lo status di questa città come modello culturale per tutto il mondo arabo.

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Fonte: Wikimedia Commons – Sana Janakat

Un’antica casa a Irbid

Perché visitare Irbid

Dove oggi sorge la città di Irbid, sono stati ritrovati reperti della prima età del bronzo e tombe dell’età del ferro, a testimonianza del fatto che si tratti di un’area abitata fin dai tempi antichi.

Irbid è anche menzionata nella Bibbia con il nome di “Beth Arbel”, mentre durante l’Impero Romano, quando veniva chiamata con il nome di “Arbela” o “Arabella”, fu una città di secondo piano rispetto alla vicina Abila (Quwayliba), oggi uno dei più importanti siti archeologici della Giordania, risalente, secondo i ritrovamenti rinvenuti, al 3.500 a.C… Entrambe, però, facevano parte della cosiddetta Decapoli, un insieme di dieci città ubicate collocate nei pressi di quella che un tempo era la frontiera orientale dell’Impero Romano, fra le attuali Giordania, Siria e Israele.

Ma l’antico passato di questa città giace ancora nascosto sotto strade e edifici moderni. Ed è un vero tesoro quello che molto probabilmente cela ancora oggi.

A parte il tell (“tumulo”) che sorge nel centro della città, oggi sopravvivono pochissime testimonianze dell’illustre passato di Irbid. Molto di ciò che è stato recuperato negli anni è esposto all’interno del Museo archeologico che racconta la storia non soltanto della città ma di tutta la Giordania, a partire dalle prime suppellettili risalenti a 9.000 anni fa portati alla luce nei pressi dell’odierna Amman.

Anche il Museo Dar as Saraya, ricavato in una splendida villa d’epoca dell’800 costruita dagli Ottomani nel tipico stile dei caravanserragli come prigione, ospita manufatti locali che raccontano la lunga storia di Irbid.

Un luogo inaspettato

Irbid è sede di una delle più importanti università della Giordania, la Yarmouk University, e attira tantissimi giovani da ogni angolo del Paese, e non solo. Non sono moltissimi i turisti che la visitano, ecco perché può essere ancora apprezzata per la sua autenticità: lo stile di vita degli abitanti, i luoghi da loro frequentati non sono ancora stati contaminati dal turismo di massa. I locali dove mangiare, gli stand di street food, i bar dove fumare il narghilè sanno di Giordania.

Punto di partenza per esplorazioni

Irbid è anche il punto di partenza ideale per esplorare una parte di Giordania lontana dalle rotte più turistiche e dalle orde di gente. Basti pensare che dista più di quattro ore d’auto da Petra, il sito più visitato del Paese.

Da qui si possono invece visitare alcuni siti molto belli come Umm Quais, l’antica città Romana di Gadara, sui rilievi che dominano la Valle del Giordano, con le sue magnifiche rovine e i due teatri antichi. Sarebbe anche il luogo dove, secondo la Bibbia, Gesù compì uno dei suoi miracoli più prodigiosi, liberando due uomini posseduti dai demoni. Per questo motivo Gadara è anche una meta di pellegrinaggio.

Da Irbid si raggiunge facilmente anche il sito archeologico di Pella, i cui scavi hanno rivelato la presenza di insediamenti risalenti a 11mila anni prima della nascita di Cristo. La parte visitabile attualmente è molto piccola rispetto a ciò deve ancora essere scoperto e si cela nel sottosuolo.

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A bordo del treno vintage per un viaggio epico

Un treno che ha fatto la storia d’Italia, simbolo del benessere e della ripresa economica degli Anni ’60. L‘ETR 250, meglio conosciuto come treno “Arlecchino“, entrò in servizio il 23 luglio del 1960, in occasione delle Olimpiadi di Roma, compiendo il viaggio inaugurale da Bologna a Venezia.

Restaurato da qualche anno, ora è tornato a viaggiare sui binari in alcune occasioni speciali.

Il treno “Arlecchino”

L’elettrotreno “Arlecchino” era uno di quei convogli lussuosi, caratterizzati dall’alta qualità e da un design all’avanguardia. Prodotto dalla Breda, si ispirava al design degli aerei.

Il treno Arlecchino restaurato

Fonte: 123rf

Il mitico “Arlecchino”

Gli interni curati nei minimi dettagli, con una particolare disposizione delle sedute negli scompartimenti e i colori vivaci degli allestimenti con poltrone avvolgenti, pareti ricoperte di vinilpelle, pannelli e tappeti caratterizzati da una vasta gamma di tinte pastello – da cui il soprannome “Arlecchino”, appunto – rendevano il viaggio su questo mezzo una vera e propria esperienza, oggi come allora.

Dei quattro esemplari prodotti allora, oggi ne rimane uno solo in Italia, l’ETR 252, mentre gli altri furono smantellati alla fine degli Anni ’90. Nel 2013, la Fondazione FS recuperò questo “superstite” e lo trasferì al Deposito Rotabili Storici di Pistoia dove venne stazionato e in seguito restaurato e ammodernato. Tutto l’allestimento è stato sistemato nella più totale fedeltà al modello originale, riproducendo anche quei colori vivaci che lo hanno reso famoso. Oggi ha anche una meravigliosa carrozza panoramica.

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Fonte: @Fondazione FS

La carrozza panoramica del treno “Arlecchino”

Chi ha la fortuna di viaggiare a bordo dell’”Arlecchino” oggi trova aria condizionata, un nuovo impianto di illuminazione, un bar di bordo aggiornato ma coerente con lo stile dell’epoca. Anche in materia di sicurezza il treno è aggiornato, perché monta il Sistema controllo marcia treno (Scmt) che consente di viaggiare su tutte le tratte ferroviarie mantenendo velocità elevate e alti standard di sicurezza.

Le prossime partenze

Chi ha sognato di viaggiare a bordo del mitico “Arlecchino” può farlo tenendo d’occhio le prossime partenze. Il 27 agosto il treno partirà dalla stazione Centrale di Milano alla volta di Venezia per un viaggio a dir poco epico, vista anche la destinazione. Il treno farà tappa anche a Verona e Padova prima di raggiungere la stazione di Santa Lucia.

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Fonte: @Fondazione FS

La Prima classe dell’”Arlecchino”

Il treno effettuerà un itinerario di sola andata, quindi i posti a bordo delle quattro carrozze non saranno molti. I pochi fortunati non possono dunque farsi sfuggire questo appuntamento imperdibile viaggiando a bordo del convoglio che ha fatto sognare intere generazioni, con il suo belvedere e la raffinatezza degli interni realizzati dai più grandi designer italiani.

Info utili

Il biglietto di sola andata da Milano Centrale a Venezia Santa Lucia costa 60 euro, da Verona 40 euro e da Padova 22 euro. Si possono anche percorrere tratte più brevi: da Milano a Verona costa 36 euro, da Milano a Padova 54 euro e da Verona a Padova 32 euro.

I bambini fino ai 4 anni non compiuti viaggiano gratis, ma è obbligatoria la prenotazione del posto, mentre pagano il 50% i ragazzi dai 4 ai 14 anni non compiuti.

Il treno parte da Milano alle 9.20 con arrivo a Verona alle 11.02, a Padova alle 11.57 e a Venezia alle 12.25.

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Fonte: @Fondazione FS

L’”Arlecchino” in partenza dalla stazione
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Arte sott’acqua: la mostra in fondo al mare è spettacolare

È un vero e proprio mondo da scoprire, quello sommerso, che incanta e stupisce, che si svela un po’ alla volta e che ci lascia senza fiato. Sì perché è proprio lì, in fondo al mare, che esistono luoghi ancora inesplorati che conservano un patrimonio di inestimabile valore che viene nascosto e protetto dall’acqua come fosse un tesoro prezioso.

E in effetti, quei fondali marini, preziosi lo sono per davvero. E non solo perché sono abitati da infinite e variegate specie di flora e fauna marina, ma anche perché tutto intorno si snodano meraviglie inedite e inaspettate che portano la firma di Madre Natura e anche quella dell’uomo. Hotel, ristoranti e acquari, e poi ancora relitti e foreste antichissime, organismi, rocce e sculture.

E poi ci sono le mostre, quelle che svelano un nuovo modo di vivere l’arte. Esposizioni che si trasformano in esperienze immersive, nel senso stretto del termine, e che permettono di vivere in maniera inedita luoghi silenziosi, straordinari e spettacolari. Lì dove la natura incontra l’arte e si trasforma nello scenario magico e suggestivo di un nuovo percorso sensoriale destinato a lasciare senza fiato.

Underwater, la mostra subacquea

Se l’idea di accedere a una mostra in fondo al mare vi entusiasma, allora, non vi resta che segnare in agenda uno degli appuntamenti artistici più incredibili dell’estate. Fino al 23 settembre 2022, infatti, la mostra personale di Mariella Gentile Underwater vi condurrà all’interno del magico scenario dell’Area naturale marina protetta Isole di Ventotene e Santo Stefano.

In questa straordinaria cornice in provincia di Latina, già celebre per l’immenso patrimonio culturale storico e naturalistico che l’ha resa Riserva Naturale Statale e Area Marina Protetta, si snoda un percorso artistico, straordinario ed emozionale che non è paragonabile a nessun’altra esperienza.

Una mostra, accessibile esclusivamente via mare, che porterà i visitatori alla scoperta dei quadri dipinti da Mariella Gentile realizzati con tecniche pittoriche impermeabili e compatibili con l’ambiente marino. Il percorso prende vita sotto l’acqua e può essere effettuato in modalità snorkeling, deep snorkeling oppure attraverso un’immersione con le bombole. A supportare gli ospiti della mostra, nell’accesso alla stessa, c’è il DivingWorld di Ventotene di Valentina Lombardi.

Mostra Underwater di Mariella Gentile

Fonte: ANSA

Mostra Underwater di Mariella Gentile

L’esperienza in fondo al mare

La mostra Underwater di Mariella Gentile, che viene sposa il progetto di rivalutazione del carcere di Santo Stefano, è un’esperienza unica e inedita che vuole essere anche un invito personale a ritrovare se stessi attraverso un contatto ravvicinato e autentico con la natura.

All’interno del parco marino, in un anfiteatro sommerso, sarà possibile toccare con mano le 7 opere della pittrice che sono state collocate sulle pareti rocciose che, in questo caso, assolvono la funzione delle pareti in un museo. Ma non ci sono spazi chiusi o delimitati perché tutto intorno c’è il mare che si perde all’infinito.

Lungo il percorso, poi, i visitatori saranno invitati a scoprire le 32 mele sparse sul fondale dall’artista che completano la mostra.

L’accesso, come anticipato, è esclusivamente via mare. Dopo aver raggiunto il punto esatto della mostra in barca, con partenza dal porto romano di Ventotene, gli istruttori diving conducono i visitatori all’interno del percorso espositivo. Ed è allora che l’esperienza magica in fondo al mare ha inizio.

Mostra Underwater di Mariella Gentile

Fonte: ANSA

Mostra Underwater di Mariella Gentile

 

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In Francia c’è un piccolo porto che sembra dipinto da un artista

Esistono dei luoghi che sono così belli da non sembrare veri, che assumono forme e colori che assomigliano in tutto e per tutto a cartoline dipinte da un artista. E invece sono reali, come solo loro sanno essere. Ed è solo raggiungendoli, contemplandoli e vivendoli che possiamo scoprire quanto è meraviglioso il mondo che abitiamo e quanto questo è capace di sorprenderci ogni volta, sempre un po’ di più.

Ed è l’incanto che prende il sopravvento, dentro e fuori, quando raggiungiamo quel pittoresco porto di pescatori che si trasforma nella cartolina di viaggio più bella che abbiamo mai visto. Un luogo che si apre soltanto davanti allo sguardo dei più attenti osservatori perché, come un tesoro prezioso, è protetto e nascosto dalle case, dai palazzi e dalle attrazioni di una grande città.

Per scovarlo dobbiamo tornare nella splendida Marsiglia. È qui, infatti, che nascosto sotto il viale della corniche Kennedy, c’è un piccolo e tradizionale porto che sembra dipinto da un artista. Benvenuti a Vallon des Auffes.

Vallon des Auffes

Ogni luogo, nel mondo, ha la sua cartolina di viaggio. Quella che immortala il paesaggio più iconico, suggestivo e affascinante dell’interno territorio. E come tutti anche Marsiglia ne ha una.

A campeggiare sull’immagine troviamo lui, il porto di Vallon des Auffes. Un porticciolo accogliente e pittoresco che sembra trasportare i viaggiatori in un luogo che non è assoggettato alle leggi del tempo e dello spazio. L’atmosfera, infatti, sembra sospesa, mentre tutto intorno scorre velocemente.

Raggiungere il porto marsigliese non è poi così difficile. Vallon des Auffes è situato nel settimo arrondissement di Marsiglia, a una manciata di chilometri dal Vieux-Port, tra la Plage des Catalans e la baia di Malmousque. Per arrivare a questa piccola valle potete percorrere la corniche Kennedy, una delle strade panoramiche vista mare più belle d’Europa che costeggia la città di Marsiglia. Arrivati nei pressi del Monumento all’Esercito d’Oriente, scoverete una scala che conduce direttamente al piccolo porto. Lì, dove inizia la magia.

Marsiglia: dentro una cartolina

Scavalcato l’ultimo gradino, vi ritroverete all’interno di quello che sembra uno dei quadri più belli dipinti da un’artista. Con la sua atmosfera tradizionale, che sembra essere ferma a tanti anni fa, Vallon des Auffes incanta e stupisce per la sua bellezza.

Una volta arrivati qui, i sensi saranno avvolti da contrasti di colori, profumi tradizionali e brusii della natura che si confondo tra le chiacchiere delle persone. Prendetevi tutto il tempo per contemplare il panorama e i suoi straordinari dettagli. Tutto, qui, merita la vostra attenzione.

Vallon des Auffes non è molto grande, eppure la sua bellezza è maestosa. Ad accogliervi nel porticciolo ci saranno le pointu, le tradizionali barche da pesca che sono simbolo e icona del Mediterraneo, che galleggiano suggestivamente sulle acque turchesi che bagnano Marsiglia.

Tutto intorno, invece, le piccole case dei pescatori, caratterizzate da una palette cromatica cangiante e vivace, costeggiano vicoli stretti e stradine tortuose che vi accompagneranno nel cuore pulsante di questo piccolo porto.

A fare da cornice, a questo scenario da cartolina, ci sono gli archi di pietra e mattoni che creano la giusta distanza tra questo piccolo paradiso e il mondo esterno. Vallon des Auffes, infatti, è il luogo migliore da raggiungere per chi cerca un po’ di tranquillità dal caos cittadino e costiero e per chi vuole provare i piatti della tradizione marsigliese nei ristoranti caratteristici immersi in un’atmosfera unica.

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Il palazzo inghiottito nel cuore di Instanbul è straordinario

Esistono luoghi che incantano e stupiscono per la loro bellezza, che si palesano improvvisamente davanti agli occhi di chi li guarda come per magia, e lasciano senza fiato. Sono gli stessi che ci invitano ad attraversare il mondo intero in lungo e in largo per scoprire tutte le meraviglie che gli appartengono.

Eppure non tutte le bellezze del globo sono così visibili, almeno non al primo sguardo. Ce ne sono alcune, infatti, che risiedono proprio sotto ai nostri piedi, come se fossero protette dalla terra che calpestiamo alla stregua di un tesoro prezioso.

E questo è il caso di un edificio straordinario che risiede nel cuore di Istanbul. Il suo nome è Yerebatan Sarnici, che in turco vuol dire palazzo inghiotitto, ed è uno dei monumenti più straordinari e visitati della città. Scopriamolo insieme.

Yerebatan Sarnici, il palazzo inghiottito

Il palazzo inghiottito, conosciuto con il nome di Basilica Cisterna, è un gioiello architettonico di origini antiche, un edificio tanto suggestivo quanto affascinante che attira l’attenzione e la curiosità di viaggiatori provenienti da tutto il mondo. Situato nel distretto di Fatih, all’interno del mahalle di Sultanahmet e non lontano dagli altri monumenti iconici della città, questo luogo è un’autentica meraviglia tutta da scoprire.

Si tratta di una cisterna sotterranea, la più grande di tutta la città, costruita nel IV secolo dall’imperatore Costantino e poi ampliata nel 532 per volontà di Giustiniano durante l’Impero romano d’Oriente. Con una lunghezza di 143 metri e una larghezza di 70 metri, la cisterna fu costruita per servire i grandi palazzi della zona.

Assolse il suo compito per secoli fino a essere dimenticata completamente durante il Medioevo. Fu il viaggiatore e archeologo olandese P. Gylliusun, arrivato qui in esplorazione tra le rovine di Bisanzio, a riscoprirla per caso nel 1550 e a rimanere estremamente affascinato da questo edificio, tanto da scegliere di studiarlo. Fu grazie alle sue testimonianze che la cisterna fu restaurata e portata ai suoi antichi splendori dal sultano Ahmed III.

Un secondo restauro fu condotto nei primi anni del 1900 trasformando così il palazzo Yerebatan Sarnici in una meta turistica, nonché in uno dei monumenti più iconici di tutta la città.

Yerebatan Sarnici, Istanbul

Fonte: iStock

Yerebatan Sarnici, Istanbul

Dentro la Basilica Cisterna

Una visita all’interno della Basilica Cisterna ci permette di scoprire un mondo sotterraneo davvero sorprendente, fatto di statue, colonne e meraviglie architettoniche sepolte.

Nel grande spazio dell’antica cisterna, infatti, si snodano a file alterne ben 336 colonne che svettano verso il soffitto con un altezza di 9 metri. Le fattezze dei capitelli richiamano lo stilo Ionico e Corinzio, ma non mancano colonne Doriche che si rifanno al più antico stile architettonico della Grecia.

All’interno del palazzo inghiottito è possibile trovare due gigantesche teste di Medusa che fanno da basamento alle colonne. Secondo gli esperti, queste due sculture, provengono direttamente dall’arco monumentale del foro edificato dall’imperatore Costantino I. Tesi confermata anche dal fatto che molti dei materiali impiegati per costruire la cisterna sono elementi di riuso.

I restauri della cisterna hanno mantenuto inalterato le sue origini, al punto tale che il pavimento è ricoperto da uno strato d’acqua dove vivono numerosi pesci.

Gli elementi architettonici e l’ambiente sotterraneo nel complesso restituiscono un’atmosfera estremamente suggestiva, motivo per il quale oggi il palazzo inghiottito è uno dei luoghi più frequentati dai viaggiatori che giungono a Istanbul.

E se avete come l’impressione di aver già visto questo luogo da qualche parte, forse non vi sbagliate. Yerebatan Sarnici, infatti, è apparso nel celebre videogioco Assassin’s Creed: Revelations con il nome La Cisterna di Yerebatan.

Yerebatan Sarnici, Istanbul

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Yerebatan Sarnici, Istanbul
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Il castello di Mussomeli, circondato da antichissime leggende

Sicilia, una terra unica, magica, fatta di bellezze naturali che lasciano senza fiato e di meraviglie architettoniche cariche di fascino e di storia. Ma anche di straordinarie leggende e misteri, che si fondono con il reale di epoche vissute e che continuano a far vivere un passato che mai verrà dimenticato.  Come quelle che si narrano e che aleggiano intorno al Castello di Mussomeli anche noto come Castello Manfredonico, in provincia di Caltanissetta.

Un luogo dal fascino unico, realizzato su un’altura praticamente inaccessibile tra il 1364 e il 1367, e la cui ubicazione rendeva il castello un punto strategico dal punto di vista militare, proteggendo dall’alto il territorio circostante.

Castello di Mussomeli, la storia

Una roccaforte, voluta da Manfredi III di Chiaramonte, duca di Modica, e rimasta nella storia per un evento ricordato come “Sala dei Baroni”. In questa celebre sala, infatti, si riunirono Papa Bonifacio IX, Artale Alagona e Manfredi Chiaramonte, due dei vicari dell’ancora minorenne Maria di Sicilia o d’Aragona, figlia di Federico III di Aragona ed ereditiera della Corona, nel tentativo di delegittimare il matrimonio tra la giovane e Martino il Vecchio duca di Montblanc d’Aragona. Avvenuto di fatto, dopo il rapimento della giovane organizzato proprio da quest’ultimo, nel tentativo di accaparrarsi il trono. Ma anche un castello intriso di misteri e leggende.

Storie che si intrecciano tra loro e che si fondono con avvenimenti reali, caricandoli di un fascino unico e di infinite suggestioni.

Misteri e leggende di un luogo senza tempo

Come quelle che riguardano l’omicidio mai realmente risolto di Laura, la sfortunata baronessa di Carini, figlia di Don Cesare Lanza, Barone di Trabia e Conte di Mussomeli, che divenne proprietario del Castello di Mussomeli nel 1594. Una morte avvenuta per mano del padre stesso o forse del marito di Laura, Don Vincenzo La Grua-Talamanca, Barone di Carini. Dopo averne scoperto il tradimento con Ludovico Vernagallo. E di cui si dice che il fantasma si aggiri ancora tra le stanze del castello in cerca del padre e della sua vendetta.

O come quella delle tre sorelle del Principe Federico: Clotilde, Margherita e Costanza. Le tre, infatti, vennero segregate in un piccola stanza proprio su volontà del fratello, che dovendo partire per la guerra volle proteggerle dal mondo esterno. Rinchiudendole, con i beni necessari alla sopravvivenza, in una stanza di cui fece murare la porta.  Il viaggio del Principe Federico, però, durò molto più del previsto e al suo ritorno, aprendo la stanza, trovò le sorelle ormai morte per inedia, con il viso sfigurato dalla fame. Da questa stanza, chiamata anche  la “camera di li tri donni”, si dice arrivino dei suoni, simili a lamenti e pianti strazianti.

Ma le leggende che vivono e alimentano la storia del Castello di Mussomeli non finiscono qui. Altro insolito abitante e che si dice aleggi tra le stanze e i corridoi della fortezza, è il fantasma di Guiscardo de la Portes. Un soldato spagnolo che venne ucciso nel 1392, dagli uomini di Don Martinez, rivale in amore del giovane e che, non riuscendo a conquistare il cuore dell’amata da entrambi, la bella  Esmeralda de Loyoza, mandò i suoi uomini a eliminare il soldato per punire la donna. Portandole via per sempre il suo amore.

Storie e leggende cariche di emozioni, intrighi, amori vissuti o spezzati. Il cui ricordo rimane vivo nei racconti di chi ha camminato tra le mura del castello e di chi, per suggestione o per altro, pensa di averne visto i protagonisti. E che, al di là della sua indiscutibile bellezza dal punto di vista architettonico, rappresentano un valido motivo per visitare Mussomeli e il suo castello dagli innumerevoli segreti.