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Queste chiese dipinte si trovano in Europa e sono spettacolari

Un contraltare di colori, tra volute e tinte che colpiscono e lasciano senza fiato: esistono delle chiese dipinte che, nel corso dei secoli, si sono affermati come veri e propri scorci di meraviglia. E che, ogni anno, attirano migliaia di turisti. Di quali chiese stiamo parlando?

Delle chiese dipinte nella regione dei monti Troodos, sull’isola di Cipro. Per chi non lo sapesse si tratta di circa 10 edifici che si distinguono per i loro interni incantevoli, quasi sempre in contrasto con gli esterni austeri e rurali. Un vero e proprio percorso tutto da scoprire.

Alla scoperta delle chiese dipinte di Cipro

Nove chiese e un monastero: tra i monti di Cipro si trova, dunque, un vero tesoro. Una delle loro particolarità è che, sulle prime, non si distinguono neanche in quanto chiese. Dall’esterno, infatti, possono sembrare delle vecchie fattorie, delle stalle o, addirittura, dei fienili, nonostante abbiano la forma classica delle chiese bizantine. Anche questo particolare contrasto ha fatto sì che diventassero Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Chiesa di Panagia a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

Queste chiese sono una sono una testimonianza eccezionale della civiltà bizantina dal tempo della famiglia dei Comneni in poi. In base a quanto scoperto, alcuni affreschi furono eseguiti da artisti di Costantinopoli mentre i successivi furono affidati ad artisti dell’Isola. Seguendo un preciso percorso è possibile rilevare le evoluzioni della pittura e, conseguentemente, i cambiamenti della società.

Il percorso ideale per scoprire le chiese dipinte

Ma qual è il percorso? Partendo dal presupposto che bisogna recarsi sui Monti Troodos per trovare le chiese dipinte, la cosa migliore da fare sarebbe dedicare un paio di giorni alla loro scoperta. Dopodiché, bisognerebbe, idealmente, partire dalla Chiesa di San Nicola del Tetto, che presenta un ciclo di affreschi realizzati tra l’XI e il XVI secolo. Poi, occorrerebbe visitare il Monastero di Agios Ioannis Lampadistis, al cui interno spiccano affreschi risalenti al XIII secolo (tra cui il Cristo Pantocratore con i profeti e gli evangelisti).

Chiesa di Panayia Podhithou a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

A seguire, si dovrebbero visitare la Chiesa di Panagia Phorviotissa, qualla di Panagia tou Arakou e quella di Panagia a Moutoullas, per poi recarsi nelle chiese dell’Arcangelo Michele, di Timios Stravos, Podhitou, Stravos Agiasmati e Metamorphosis tou Soteros. Seguendo quest’ordine si rimane stupefatti dall’evoluzione artistica e si percepisce chiaramente il rapporto tra l’arte cipriota e quella cristiana occidentale.

Come si visitano le chiese dipinte?

Purtroppo non esiste ancora un tour guidato per scoprire le chiese dipinte, ma attenzione: chi si reca a Cipro durante l’estate può visitare il sito web del Dipartimento delle Antichità cipriote per inviare una domanda e richiedere informazioni. In genere si viene messi in contatto con i custodi delle singole chiese, che provvederanno ad aprirle con le chiavi in loro possesso e permetteranno la visita.

Chiesa di Chiesa di Stavros a Cipro: una delle chiese dipinte più belle

Il suggerimento, per chi vuole scoprire tutti e dieci gli edifici, è quello di noleggiare un auto per spostarsi agevolmente da un punto all’altro della regione dei Monti Troodos. Le chiese, infatti, non sono vicine tra loro, ma viaggiando in auto ci si può fermare tra paesini e piazzole e raggiungerle facilmente a piedi. Può sembrare faticoso, ma ne vale assolutamente la pena.

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Questi sono i musei più famosi del mondo: li hai visitati tutti?

Che tu sia un amante dell’arte o se, semplicemente, quando viaggi hai voglia di immergerti nella cultura del posto, devi sapere che i musei sono il luogo adatto in cui scoprire opere che lasciano senza fiato. Ma se l’Italia è la culla dell’arte per eccellenza, in giro nel mondo ci sono altrettanti musei che meritano di essere visitati almeno una volta nella vita.

In Europa, America o Africa, ovunque andrai potrai ammirare mostre uniche e rimanere incantato da dipinti e sculture pronti a conquistarti al primo sguardo.

I musei più belli in Europa

L’Italia è ricca di musei, se nel Belpaese gli Uffizi e i Musei Vaticani sono i più apprezzati, nel resto dell’Europa devono condividere lo scettro con altri luoghi altrettanto affascinanti. A Londra ad esempio il British Museum con la sua ampia collezione è in grado di regalare una conoscenza approfondita delle diverse culture, siano esse grandi o piccole.

Milioni di persone provenienti da ogni angolo del globo, poi, non possono fare a meno di visitare il Museo del Louvre di Parigi. La presenza della Gioconda e della Venere di Milo sono il biglietto da visita per eccellenza, ma non mancano opere altrettanto affascinanti appartenenti alle epoche più disparate. Madrid con il suo stile architettonico inconfondibile racchiude nel Museo Nacional del Prado, una serie di opere apprezzatissime che ne fanno uno dei luoghi in cui fare tappa quando si visita la capitale spagnola.

Il museo del Louvre a Parigi

Fonte: iStock/TomasSereda

La piramide del museo del Louvre

I musei più famosi in America

Quando si pensa all’America, i primi musei che vengono in mente sono il “Met”, Metropolitan Museum of Art di New York e il Museum of Modern Art (MoMA): entrambi riescono ad attirare milioni di visitatori ogni anno grazie all’ampia collezione di opere d’arte provenienti da tutto il mondo.

Sempre nel Nord America è il Messico a riservare alcune delle chicche più amate dai visitatori, al suo interno ospita infatti la più grande collezione al mondo di monete appartenenti all’era preispanica e coloniale.

Spostandoci in America del Sud, c’è il Museo dell’Oro di Bogotà che con la sua collezione dedicata al prezioso materiale rimane uno dei luoghi più incredibili in cui apprezzare la storia del posto. È il Perù, con la sua capitale Lima, che ti lascia a bocca aperta con il Museo archeologico Rafael Larco Herrera che può essere considerato una vera e propria testimonianza della cultura e della vita quotidiana dei peruviani, compresa la loro vita sessuale.

L'esterno del Met di New York

Fonte: iStock/peterspiro

Il Metropolitan Museum of Art di New York

Il fascino dell’arte orientale

La cultura orientale con il suo fascino senza tempo si può trovare perfettamente conservata a Pechino, all’interno del Museo Nazionale della Cina le opere del periodo imperiale, della seconda guerra mondiale, dell’epoca comunista e quella moderna è possibile fare un viaggio all’interno della storia cinese.

Diversa è l’atmosfera che si respira nel Museo Ghibli di Tokyo voluto dal creatore d’anime Hayao Miyazaki che attira i visitatori perché trasporta in un mondo magico proprio come quello dei suoi fumetti.

Il Museo Ghibli

Fonte: iStock/mizoula

Il Museo Ghibli di Tokyo, voluto da Hayao Miyazaki

La bellezza dell’Africa nei suoi musei

Misteriosa e fuori dal tempo, l’arte africana può essere ammirata all’interno del Museo Maison Tiskiwin di Marrakesh, al cui interno si può trovare una ricca collezione di oggetti di artigianato appartenenti al popolo Amazigh e Tuareg. Nel Museo Nazionale di Nairobi, poi, la cultura, la storia, la natura e l’arte africana sono raccontate attraverso i fossili e le opere contenute al suo interno.

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Come in un quadro: in viaggio dentro l’urlo di Munch

L’arte ha la caratteristica di stupire, di anticipare i tempi e di mostrare l’interiorità con pochi colpi di pennello ed Edvard Munch in tutto questo era un vero e proprio maestro. Il pittore norvegese attivo tra fine Ottocento e inizio Novecento ha dato vita a opere cariche di soggettività, segnando un punto di svolta nella storia dell’arte.

La sua fonte di ispirazione è stata spesso Oslo, la capitale della Norvegia che con la sua luce nordica e i misteriosi panorami è stata immortalata nell’iconico dipinto “L’Urlo”. Per rivivere le stesse sensazioni vissute dal pittore, la tappa alla collina di Ekeberg è d’obbligo.

L’incantevole collina di Ekeberg

Quello che contraddistingue Oslo rispetto alle altre città è la natura rigogliosa che si esprime al meglio attraverso colline, isole e penisole che la circondano. Per godere al meglio della vista di questa località, non bisogna salire su un grattacielo ma addentrarsi nella natura e visitare l’incantevole collina di Ekeberg. Definirla semplicemente una collina è limitativo, Ekeberg è molto di più. Di sicuro è molto cambiata rispetto al periodo in cui Munch era solito frequentarla, ma tutte le sensazioni provate dal pittore sono ancora vive.

Arrivare in cima a questa collina non è difficile, basta addentrarsi in uno dei sentieri circondati dal verde che partono dalla Città Vecchia oppure prendere il tram e scendere alla fermata intitolata al parco di Ekeberg (Ekerbergparken). Oltre al verde, la vista viene immediatamente catturata da sculture realizzate da artisti di fama internazionale come Dalì, Rodin e Renoir, che è possibile incontrare passeggiando nel parco e che fanno da cornice al panorama. Anche un semplice pasto nel parco di Ekeberg diventa l’occasione per respirare altra arte e altra storia. È qui infatti che sorge il Ristorante Ekeberg che può essere considerato un vero e proprio monumento del Neoclassico e da cui è possibile godere di una delle viste migliori e più romantiche della città.

Una veduta di Oslo dall'alto

Fonte: iStock/Vladislav Mavrin

Uno scorcio di Oslo dalla collina di Ekeberg

Cosa vedere ad Oslo

Oslo però non è soltanto il parco di Ekeberg. Dalla collina è possibile ammirare alcuni dei simboli di questa città, come ad esempio il Palazzo dell’Opera che emerge dall’acqua in tutta la maestosità del vetro e del marmo bianco, oppure il Museo Munch, realizzato in onore di uno dei concittadini più illustri. Se poi si vuole andare alla ricerca della Oslo più autentica, non può mancare una tappa alla Fortezza di Akershus, un monumento che è conosciuto più semplicemente come “Castello”. Esiste dal 1200 e quindi può “raccontare” molto della storia della capitale norvegese.

Le luci di Oslo

Fonte: iStock

Una romantica veduta di Oslo

La ricerca di edifici storici a Oslo non può fare a meno della Chiesa del Nostro Salvatore, la cattedrale barocca della città che incanta per le sue vetrate istoriate e per il soffitto in cui sono raffigurati episodi del Nuovo e Vecchio Testamento. Ultimo ma non meno importante è il Parco di Vigeland, un vero e proprio museo a cielo aperto con sculture in granito e bronzo, anche se la vera attrazione è il Monolite, una colonna di 17 metri composta da figure umane “intrecciate” tra loro, resa ancora più spettacolare e romantica dal tramonto.

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Per scoprire la storia di questa città devi visitare i suoi Café

Non c’è assolutamente che dire: quando si parla di Budapest si pensa immediatamente al suo fascino, alle sue strade, ai suoi colori e, ovviamente, a tutto ciò che è più prettamente invernale e “nordico”. Eppure, c’è qualcosa che non tutti sanno: per conoscere la sua vera storia, quella più antica, bisogna frequentare i suoi café.

Sì, perché i café di Budapest sono l’esempio lampante dell’approccio alla vita e alla storia nell’Europa Centrale: un mix di opulenza e concretezza, di incanto e vita vissuta, dove ci si rilassa con una tazza di caffè, una gustosa torta o anche con una bevanda fredda.

L’atmosfera dei Café di Budapest

Sì, è vero, quando si immagina il classico café si pensa per lo più a Parigi, ma è solo una questione di fama. I café di Budapest, infatti, non hanno assolutamente nulla da invidiare ai loro “fratelli” francesi, anzi: per certi versi gli somigliano, dato che tra le loro mura (e i loro tavoli) si sono avvicendati scrittori, pittori, creativi, letterati e persino politici.

Uno scorcio di Budapest, strade urbane

Quasi tutti i café storici di Budapest sono esempi dell’architettura neobarocca: marmi, specchi, lampadari di cristallo e sedie in legno li rendono dei veri e propri luoghi senza tempo, cristallizzati in un’epoca lontana, con quel pizzico di decadenza che li rende straordinariamente attraenti.

Budapest e i café: un connubio di storia e arte

La maggior parte dei café di Budapest risalgono ai primi anni del 1800 e giocano moltissimo con la loro storicità. Un po’ come Vienna, Budapest è riuscita a godere di un vero e proprio boom culturale all’inizio del ventesimo secolo. Ciò portò alla nascita di moltissimi ritrovi dove si vendevano bevande a caffeina (allora venduta a prezzi contenutissimi) che, però, venivano visti non proprio di buon occhio dalla parte più nobile della popolazione.

Un caffè di Budapest con tavoli all'aperto

I café attraevano, pertanto, la borghesia più ribelle, quella che voleva fuggire dalle regole delle persone più altolocate. Una delle cose che li accomunavano (e li accomunano) sono gli alti soffitti, che raccontano la loro trasformazione in rifugi per fumatori (di sostanze non sempre legali) e gli spazi conviviali arredati anche con divani e tavolini, che favorivano l’aggregazione e il confronto intellettuale.

I migliori café di Budapest

Se quanto narrato vi ha fatti sognare, allora vorrete sicuramente sapere quali sono i café più rappresentativi della città. Il primo (e più gettonato) è il New York Café, situato in un opulento edificio del 1894 (che ospita anche un hotel a cinque stelle). Qui, nei mesi anteguerra, giornalisti, artisti e intrattenitori ungheresi facevano letteralmente la storia tra alcolici e sigarette, oltre che impegnandosi in storie dissolute. Esempio straordinario del neo-barocco, è ricco di marmi bianchi, inserti dorati e opere d’arte: è stato definito il café più bello del mondo.

Il secondo, invece, è il famosissimo Café Gerbeaud, uno dei più antichi di Budapest. Aperto nel 1858, prende il nome dal pasticcere-cioccolatiere Émile Gerbeaud e ha mantenuto l’atmosfera dei primi del ‘900, con i suoi stucchi in stile rococò, i suoi lampadari ispirati a Maria Teresa d’Austria, i suoi ornamenti in legno esotico, e, ovviamente, i suoi bronzi e i suoi marmi. Il punto forte? i dolci, chiaramente, come la torta d’albicocche e burro d’arachidi al cioccolato.

Una delle strade del centro di Budapest

Nel centro della città, invece, si trova il Central Café, fondato nel 1887. Proprio per la sua posizione era frequentato prevalentemente da attori, scrittori, registi e starlette. Si contraddistingue per i suoi candelabri, per i dipinti e per i mobili in legno pregiatissimo, oltre che per la vasta offerta di dolci tipici ungheresi, tutti da gustare.

Infine, da non perdere è il Ruszwurm Cukrászda, il café più antico in assoluto di Budapest, che prepara le stesse ricette sin dal 1827 ed è situato in una residenza barocca circondata dal verde. Il suo interno è modesto, eppure veniva frequentato da artisti ricchissimi, che non perdevano l’occasione per gustare una Dobos Torte, buonissima torta di pan di spagna al cioccolato ricoperta da una glassa al caramello.

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C’era una volta un’antica capitale

C’era una volta una città bella, ricca di storia e piena di bellezze da ammirare… Anzi, esiste ancora e il suo nome è Turku. L’antica capitale finlandese sorge alla foce del fiume Aurajoki. Si tratta di un luogo antico e magico, la sua nascita risale all’incirca al 1229. Nel corso dei secoli la bellezza della storia l’ha resa speciale, unica e assolutamente da visitare.

La città di Turku

Turku è la quinta città finlandese per popolazione e rappresenta la seconda maggiore area urbana del paese dopo l’area metropolitana di Helsinki. Insomma, non immaginatevi un piccolo borgo antico, stiamo parlando della vecchia capitale finlandese. Una città bilingue, in cui, insieme al finlandese, si parla anche lo svedese.

La storia di Turku

I primi insediamenti umani nella zona risalgono alla preistoria. Ma la tradizione fa risalire la fondazione al 1229 quando nei pressi dell’attuale centro città, venne fondato un insediamento cattolico. Nello stesso periodo iniziarono poi i lavori per la costruzione del castello e della chiesa che fu consacrata nel 1300. Per un lungo periodo Turku fu la capitale politica e il primario centro culturale del paese. Nel 1640 fu fondata l’università.

Un polo culturale, economico e centro religioso. L’antica città finlandese per secoli ha dominato l’intera regione. Infatti, fino al 1812 Turku fu la capitale della Finlandia, parte del regno di Svezia. Quando questo territorio fu conquistato dalla Russia, i russi spostarono la capitale a Helsinki dove è rimasta fino ad oggi.

Turku la vecchia capitale finlandese

Fonte: iStock

La bellissima Turku

Il declino della capitale

Nel 1827 la città venne devastata da un grande incendio che distrusse parte del centro. La ricostruzione iniziò l’anno successivo ad opera dell’architetto Carl Ludwig Engel che rinnovò il volto della città. Lo spostamento dell’università a Helsinki pose fine al periodo di splendore della città. Nel 1918 vi fu fondata l’università in lingua svedese, la Åbo Akademi e due anni dopo fu fondata l’università in lingua finlandese.

Oggi Turku è sede dell’Arcivescovado della Finlandia. La cattedrale, risalente al XIV secolo è uno dei tre edifici in muratura ancora esistenti. Il Castello di Turku, fondato nel XIII secolo, costruito su un’isola a guardia della foce del fiume, è stato, nel corso dei secoli, assimilato alla terraferma.

Il castello di Turku

Tappa immancabile di ogni viaggio a Turku è il castello, situato nei pressi del porto. Rappresenta uno degli edifici storici più importanti del Paese. Infatti, all’interno del castello si trova il museo storico che ripercorre le vicende dell’edificio e della città. Qui è possibile ricostruire l’importanza e dare un contesto a Turku, alle sue tradizioni e ai suoi costumi, con tutte le evoluzioni subite nei secoli.

Cosa visitare?

Oltre al castello, bisogna fare tappa alla chiesa ortodossa e alla Sinagoga Art Nouveau. Ma per vivere lo spirito della gente del posto, è essenziale esplorare il caratteristico Kauppahalli, il mercato coperto, diffuso in gran parte delle città finlandesi.

Anche i musei Aboa Vetus e Ars Nova sono delle vere chicche da visitare. Entrambi ospitati nello stesso edificio, l’Ars Nova è un museo di arte contemporanea mentre l’Aboa Vetus è il museo archeologico che ricomprende lo scavo di un insediamento risalente al XIV secolo.

Una città davvero incredibile, troppo spesso sottovalutata da turisti e viaggiatori, ma che merita assolutamente di essere esplorata.

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Una scoperta sensazionale nei nostri fondali marini

Sotto il mare si nascondono ancora oggi incredibili segreti. Senza andare molto lontano, al largo delle nostre coste è appena stata fatta un’eccezionale scoperta che potrebbe riscrivere la storia.

E, come spesso accade, la scoperta è assolutamente casuale ed è avvenuta nel corso di un’operazione di routine.

L’antico relitto

I Carabinieri del nucleo per la tutela del patrimonio culturale di Udine stavano, infatti, monitorando un vasto specchio d’acqua alla Foce del Timavo quando si sono accorti che sui fondali c’era qualcosa di inaspettato.

Nei pressi dell’isola di Pampagnola, vicino alla nota località di villeggiatura di Grado, hanno così individuato un’imbarcazione di epoca romana di cui nulla si sapeva finora, ma si è subito capito che si trattava di una scoperta di eccezionale importanza storica.

Il relitto era in buona parte nascosto dalla sabbia dei fondali del Mar Adriatico a una profondità di circa 5 metri. La porzione dell’imbarcazione visibile finora è lunga all’incirca 12 metri, ma si stima misuri almeno il doppio.

Nei pressi dell’antica barca, presso il Canale delle Mee di Grado, lo storico ingresso al porto fluviale di Aquileia, che all’epoca era la quarta città dell’Impero Romano, sono state rinvenute anche due anfore risalenti al I secolo a.C. e porzioni di anfore e brocche risalenti al II-III secolo d.C..

Le altre scoperte nella zona

Il luogo dove è stata fatta la scoperta non è nuovo a incredibili ritrovamenti. Nel 2000, era stato fatto un altro ritrovamento, quello di un vascello denominato “Grado 2“, naufragato nel III secolo a.C., prima ancora della fondazione della città di Aquileia. Il relitto si trovava a una ventina di metri sotto il livello del mare.

Questa era infatti una rotta commerciale molto battuta, in quanto collegava l’attuale Friuli-Venezia Giulia con il resto d’Italia e il mondo ellenico.

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Scoperte opere nascoste sotto famosi dipinti

Non è la prima volta che un’opera d’arte si rivela essere molto di più di quello che appare a occhio nudo. Ma ogni volta che accade sembra un piccolo miracolo. L’ultima eccezionale scoperta è stata fatta all’Hecht Museum dell’Università di Haifa, la terza città più importante di Israele e frequentato polo turistico. Tre schizzi finora sconosciuti di uno dei più grandi artisti italiani del primo Novecento, nascosti sotto la superficie di un suo particolare dipinto, sono venuti alla luce grazie a una sofisticata tecnologia a raggi X. Ciò che è emerso ha lasciato tutti a bocca aperta.

Gli schizzi nascosti sotto un particolare dipinto di Modigliani

Se ne stavano nascosti sotto la superficie del dipinto “Nudo con cappello” di Amedeo Modigliani, tre disegni abbozzati del celebre pittore e scultore livornese, scoperti dai curatori del museo israeliano.

Un’opera giovanile già di per sé particolare, da anni oggetto di studio. A renderla insolita è il fatto che entrambi i lati della tela presentino ritratti dipinti in direzioni opposte. I visitatori del Museo Hecht si ritrovano ad ammirare l’immagine di un nudo capovolta, mentre sul retro si svela il “Ritratto di Maude Abrantes”, amica di Modigliani, uno dei primi dipinti dell’artista. Ma c’è di più. Nel 2010, un curatore del museo aveva notato gli occhi di una terza figura sotto il colletto di Abrantes, quelli di una donna con cappello.

Da lì, la voglia di scoprire di più. E finalmente, un’approfondita indagine a raggi X ha svelato l’esistenza di altre due sagome abbozzate dall’artista su quella stessa tela, del tutto invisibili a occhio nudo. Si tratta di un volto maschile e di un un busto di donna, con i capelli raccolti in uno chignon. Il dipinto, quindi, presenta ben cinque figure realizzate da Modigliani, tanto da rivelarsi come una sorta di “quaderno di schizzi su tela”, che riflette la “ricerca incessante dell’espressione artistica” del pittore livornese, come dichiara Inna Berkowits, storica dell’arte all’Hecht Museum dell’Università di Haifa.

Un altro elemento particolarmente interessante è che le figure emerse sono abbozzate e ancora prive dei celebri colli lunghissimi e affusolati che hanno costituito il tratto costante e caratteristico di Modigliani, rivelando così di appartenere al primo stile dell’artista, di cui sopravvivono pochi esempi.
La tela delle scoperte, conservata al Museo Hecht dell’Università di Haifa (protagonista di grandi scoperte), è stata analizzata ai raggi X, nell’ambito di un ampio studio forense sulle opere dell’artista livornese in vista della prossima mostra “Modigliani Up Close”, che si terrà in autunno alla Barnes Foundation di Philadelphia.

I ritratti nascosti, da Modigliani a Van Gogh

Un altro esempio di riutilizzo di una stessa tela da parte di Modigliani è emerso nel 2018 alla Tate Gallery di Londra (città ricca di meraviglie), quando il team di curatori ha scoperto – sempre grazia ai raggi X – un secondo volto femminile celato sotto la tela di uno dei suoi lavori più celebri, “Ritratto di Ragazza”. Gli studiosi credono che la donna ‘nascosta’ sia la scrittrice e critica letteraria boema Beatrice Hastings, ex musa e amante dell’artista.

Tuttavia, mentre in quel caso si era pensato alla volontà del pittore di cancellare a colpi di pennello una storia d’amore tormentata, le ipotesi che circondano le figure nascoste sotto il dipinto all’Hecht Museum raccontano tutt’altro, ovvero di come gli artisti del tempo vivessero spesso con scarsi mezzi economici e fossero pertanto costretti a lavorare più volte su una stessa tela.

Un’abitudine comune anche a un altro genio del mondo dell’arte. Quasi in concomitanza con la scoperta al museo israeliano, alla Scottish National Gallery di Edimburgo hanno scovato con i raggi X un autoritratto con cappello e fazzoletto di Vincent van Gogh, coperto da strati di colla e cartone sul retro di un “Ritratto di contadina”. La radiografia è stata eseguita sul dipinto in vista della mostra “A Taste for Impressionism”, in programma dal 30 luglio al 13 novembre presso la Royal Scottish Academy di Edimburgo.

Modigliani dipinti

Fonte: Wikimedia Commons

“Nudo con cappello” e “Ritratto di Maude Abrantes”
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Un parco artistico magico colora l’entroterra calabro

Nel cuore della Calabria, a Mammola, nella parte più a sud della provincia di Reggio Calabria e nascosto ai piedi dell’Aspromonte c’è MuSaBa, un parco museo a cielo aperto immerso nella vallata del Torbido e a circa una decina di chilometri dalle acqua cristalline del Mar Ionio. Un progetto nato nel 1969 per opera di due artisti visionari, Nick Spatari e Hiske Maas che, dopo diverse collaborazioni di pregio con personaggi di spicco del panorama artistico contemporaneo, tra cui Picasso, Sartre, Le Corbusier, Jean Cocteau, Max Ernst, ecc., decisero di donare una nuova vita a un posto abbandonato della Locride, sul versante Ionico della Calabria. Nel cuore di un’area dalle bellezze mozzafiato.

Un parco museo e laboratorio di arte contemporanea, nato intorno ai resti di un antico monastero del X secolo. E un luogo che unisce tra loro il moderno all’antico, in un turbinio di emozioni da vivere e in cui immergersi totalmente sperimentando in prima persona l’arte e l’universo di colori, materie, forme, tecniche e genialità creativa che lo caratterizzano.

La storia

MuSaBa, Parco Museo Laboratorio Santa Barbara, nasce sul finire degli anni ’60 inizialmente come associazione Museo Santa Barbara per poi diventare, nel corso del 2014, MuSaBa Fondazione Spatari/Maas. Un sogno che è stato reso reale dalla volontà di due giovani artisti, Nick Spatari, di origine calabrese e nato proprio a Mammola (scomparso a 91 anni nel 2020) e la moglie e artista olandese Hiske Maas, conosciuta nel periodo in cui i due vissero a Parigi.

Dopo qualche anno trascorso a Milano, dove aprirono la Galleria Studio Hiske, accessibile ad artisti e non, i due decisero di tornare al paese natale di lui, appunto Mammola e ritrovandosi immersi in un luogo in cui la natura aveva preso il sopravvento, piena di bellezza, energia e mistero. E fu esattamente qui che, ammaliati dal posto, decisero di stabilirvisi e di iniziare la realizzazione di un progetto visionario, audace ma carico dei sogni di entrambi, il Museo Santa Barbara, pensato per essere un mix tra parco-museo-scuola e laboratorio d’arte.

Un progetto che di fatto, riporta l’artista alle sue origini, nel luogo in cui si sviluppò la sua vena artistica che proprio qui si mostra in tutta la sua forza e creatività.

Il progetto

Inizialmente, quando i due giovani arrivano nel 1969, quello che trovarono non era altro che un insieme di resti abbandonati, testimonianza di un’epoca passata e, fino a quel punto, dimenticata. Un rudere, certo, ma carico di storia, di fascino e di magia.

Circondato dalla natura selvaggia ma anche di un’atmosfera magnetica e di straordinaria potenza di cui i due artisti si innamorano all’istante, decidendo di donare nuova vita alla zona e iniziando la promozione un progetto di recupero durato circa cinquant’anni. L’obiettivo era quello di realizzare delle iniziative culturali per la promozione del patrimonio architettonico e ambientale calabrese e che oggi si snoda all’interno di bellissimo parco di 7 ettari in cui poter ammirare le opere realizzate nel corso del tempo da Nik e Hiske e da altri artisti contemporanei internazionali.

Il tutto in un museo d’arte a cielo aperto dal fascino suggestivo e dall’alto valore artistico immerso in un contesto naturale di pura bellezza e tra i ruderi del monastero sul quale è nato.

Cosa vedere a MuSaBa

Un piano ampio, che si sviluppa in un concentrato d’arte a 360° e che, tra le altre, ha visto la creazione di opere e progetti volti all’arricchimento di tutti.

Come la foresteria, una delle opere più imponenti del MuSaBa, nata per assolvere alle diverse esigenze funzionali del parco museo. Un luogo realizzato ispirandosi alla vita monastica, in cui sono presenti delle stanze o “celle”, con ben 22 posti letto, decorate secondo il genio creativo dell’artista. Qui, nel chiostro della foresteria stessa, è possibile ammirare il Mosaico Monumentale ad opera dello stesso Spatari. Un produzione artistica carica di colori (segno distintivo dell’artista), architettura e geometrie, e che raffigura una serie di scene tratte dalla tradizione cristiana e alla civiltà sumera.

Un’opera magistrale e in cui le migliaia di piastrelle colorate utilizzate per la composizione del mosaico danno vita a uno spettacolo senza fine che vi rimarrà nel cuore per sempre.

Musaba mosaico

Fonte: Wikipedia

Il Mosaico Monumentale

All’interno del chiostro, poi, è possibile vedere anche L’Ombra della sera, una scultura alta ben 15 metri realizzata interamente in ferro che raffigura la sagoma di un uomo sottile, come una sorta di guardia posta a difesa del museo e dell’arte tutta.

Altra opera da non perdere e che rende MuSaBa un luogo carico di vitalità, energia, magia e avanguardia artistica, poi, è il laboratorio di sperimentazione artistica realizzato dal recupero dell’ex stazione ferroviaria Santa Barbara. Patrimonio per artisti e per chiunque voglia cimentarsi nell’arte e dar sfogo alla propria creatività. Ma non solo. Perché le opere da ammirare a MuSaBa sono davvero tante e una più affascinante dell’altra.

Come, per esempio, La farfalla, un’opera iconica posta all’esterno della foresteria, il Concetto universale che nelle forme richiama una piramide, così come la chiesa di Santa Barbara, dove fermarsi ad ammirare rapiti Il sogno di Giacobbe, opera di Spatari che ricopre quelle che un tempo furono l’abside e la volta della chiesa e la Rosa dei Venti, l’ultimo grande lavoro di Nik e Hiske che venne ultimata nel corso del 2013.

Oltre alle innumerevoli opere dei due creatori del luogo e di altri numerosi artisti del panorama internazionale. Che nel corso degli anni hanno visitato, abitato e donato il loro contributo, lasciando al parco museo opere e interventi artistici di puro splendore e che potete trovare disseminate in tutto il parco.

Un viaggio nella bellezza, che racconta la storia d’amore vissuta dai due artisti e l’amore e totale devozione verso l’arte, in ogni sua forma, colore o dimensione. E di cui, grazie al MuSaBa e alla determinazione di chi ne ha consentito la nascita, è possibile godere in un’esperienza emozionale e visiva a 360°. Lasciandosi trasportare dalle sensazioni che solo il connubio armonioso tra arte e natura sanno suscitare. Il tutto unito dallo spirito libero di entrambe e dalla magia della terra che le ospita.

Non resta che correre a vistare questo luogo dai tratti surreali.

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Notre-Dame sta per rinascere: come sarà

Tutti ci ricordiamo l’incendio che, nel tardo pomeriggio del 15 Aprile 2019, devastò la famosissima cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Un simbolo per il popolo francese ma anche per tutti coloro che, almeno una volta nella vita, vi si sono trovati davanti. Protagonista di eventi rimasti nella storia, leggende, film e romanzi, è una struttura maestosa, imponente, carica di vissuti e della più totale ammirazione di chi l’ha vista e se ne è (ovviamente) innamorato.

Un incendio che ha sconvolto il Mondo e che, a circa tre anni dall’evento disastroso, sta per essere accantonato almeno in parte, grazie alla ristrutturazione che segnerà in modo definitivo la rinascita di questo monumento meraviglioso che è già Patrimonio dell’Unesco.

Nel corso del 2020 la città decise di riaprire la cripta sotto Notre-Dame, così come la piazza pubblica davanti all’ingresso principale della cattedrale stessa. Il tutto è avvenuto con la promessa da parte del presidente francese, Emmanuel Macron, di raggiungere il completamento della ristrutturazione dell’edificio religioso entro le Olimpiadi del 2024, che avranno luogo proprio a Parigi.

Una promessa che sembra verrà mantenuta grazie al progetto guidato dallo studio di architettura Bureau Bas Smets, che ha deciso di donare nuova vita alla cattedrale, anche in funzione dei cambiamenti climatici in atto. Un atto dovuto da una città importante nel panorama mondiale come è Parigi. E che proprio nella ristrutturazione di Notre-Dame trova modo di svilupparsi aprendo nuove strade e possibilità a progetti futuri.

Nulla che stravolga la bellezza originaria dell’edificio, ovviamente, ma un progetto in grado di valorizzarla ancora di più, grazie alla creazione di una vetrina di eccellenza capace di rendere la “nuova” Notre-Dame un luogo di pura magia ed esclusività. Ma con un’attenzione particolare all’ambiente e alle sue impellenti necessità.

Il piano, infatti, include oltre il 30% di vegetazione in più per l’intera area, rispetto al passato. Aiutando in modo concreto e corposo a combattere il cambiamento climatico che sta affliggendo il nostro Pianeta e di cui vediamo ampiamente gli effetti. Verrà installato, inoltre, un sistema di raffreddamento in grado di inviare un sottile strato d’acqua lungo il perimetro della piazza durante le ondate di caldo, riportandola a temperature più basse. Ma non solo.

Oltre al verde, il nuovo progetto prevede la trasformazione di un parcheggio sotterraneo in una passerella utilizzabile per accedere a un centro di accoglienza e a un museo archeologico.

Altri dettagli inclusi nel piano di recupero, poi, riguardano anche un ampliamento della piazza dietro la cattedrale, un nuovo parco e una rigogliosa volta alberata poiché l’obiettivo è ripensare agli spazi pubblici che circondano Notre-Dame come a un complesso volto a incorniciare la cattedrale stessa. Donandole nuove vedute, nuove possibili attività e un rapporto più stretto con la vicina Senna. E, soprattutto, riportando l’Île de la Cité a essere il reale epicentro della tanto amata Ville Lumière.

Una ristrutturazione che donerà a Notre-Dame un aspetto forse un po’ diverso rispetto al passato ma non meno suggestivo. E che sicuramente aprirà le porte a una nuova era per la città di Parigi e per la sua più celebre cattedrale.

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Il campo di girasoli che è come un dipinto di van Gogh

Vincent van Gogh adorava i girasoli, non è un mistero. Ne ha dipinta una serie infinita in un solo anno. Lui era fatto così, quando si fissava con un soggetto lo ripeteva fino all’esaurimento.

Del resto, come non innamorarsi di questo magnifico fiore che, più di altri, mostra chiaramente la sua sua sensibilità alla luce, al Sole e  al trascorrere delle ore, ruotando la corolla come fosse ipnotizzato.

Anche noi, quando ci troviamo ad ammirare una distesa infinita di girasoli restiamo incantati. Una macchia unica gialla che ti guarda aspettando solo un “Wow!” da parte nostra.

Campi di girasole in Italia

I campi di girasoli sono piuttosto comuni in Italia d’estate, specie in certe Regioni come la Toscana, l’Umbria, le Marche. Ma non solo naturalmente. Anche nei pressi delle grandi città si possono trovare distese di girasoli da ammirare.

In Toscana, il luogo dei girasoli per eccellenza si trova a Massa Marittima, lungo la strada che collega la Val d’Elsa a Punta Ala. Qui, infine distese di girasoli in fiore, coltivate da oltre un secolo, lasciano i viaggiatori di passaggio senza fiato per la loro bellezza.

Un viaggio on the road tra le suggestive strade del Monte Conero, nelle Marche, restituisce emozioni uniche e paesaggi mozzafiato. Tra questi, anche quelli dei campi di girasoli che si stagliano tra i borghi di Montefano e Sirolo.

Infine, c’è un indirizzo imperdibile per tutti coloro che passano dall’Umbria questa estate e che sognano di perdersi tra le distese infinite dei girasoli, e questo è Marsciano. A circa a circa 20 km da Perugia, tra le frazioni di Villanova e Fratta Todina è possibile ammirare tutto lo splendore dell’oro giallo.

Alle porte delle città

Alle porte di Milano, in piena Brianza, ogni anno apre un campo di girasoli davvero speciale. Si tratta di un intricatissimo labirinto nel quale perdersi. E quest’anno è quattro volte più grande di prima. Il campo di girasoli è a Ornago e sono decine di migliaia i visitatori che, in poche settimane l’anno, lo prendono d’assalto per ammirare lo spettacolo delle fioritura a qualunque ora del giorno.

Per raggiungere il campo bisogna andare a piedi o in bicicletta, almeno per l’ultimo tratto di strada in auto (seguendo i percorsi sentieristici che lo collegano ai paesi limitrofi.

Il labirinto di girasoli di Shirin quest’anno apre il 14 luglio e resta aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 21, mentre nel weekend dalle 9 alle 21.00.

Per accedere al campo è necessaria la prenotazione online e indicare il numero totale dei partecipanti (anche i non paganti). La permanenza massima all’interno del campo è di due ore, per consentire a tutti di potervi accedere. evitando le code all’ingresso.

Il costo del biglietto d’ingresso è di 4 euro. Da 0 a 5 anni e per i disabili l’ingresso è gratuito.

Nelle serate del 21 e del 26 luglio sono previsti eventi musicali e l’accesso notturno al labirinto, il costo dell’ingresso per le due date è di 5 euro. Il 24 luglio è previsto un evento dedicato ai girasoli e a van Gogh.

Preparatevi dunque a scattare decine di fotografie, dentro e fuori il labirinto, sembrerà di passeggiare in un dipinto di van Gogh. Il tramonto, poi, sarà un’esperienza unica.