Categorie
Borghi itinerari culturali Lazio vacanza natura Viaggi

Alla scoperta del Lazio tra storia, natura e arte in zone inedite e ricche di meraviglie

Se c’è un Paese particolarmente diversificato e ricco di siti di interesse sorprendenti quello è l’Italia. Dalla storia millenaria, lo Stivale è puntellato di zone meno note e spesso fuori dai classici circuiti turistici in grado di regalare bellezze genuine e, allo stesso tempo, estremamente affascinanti. È il caso del Lazio, regione del Centro Italia la cui città più conosciuta è certamente Roma, ma che oltre a essa ha davvero tantissimo da regalare ai suoi visitatori.

Il modo migliore per esplorare questi posti, vista la storia secolare e le numerose ricchezze dei territori, è rivolgersi a un’agenzia specializzata che permetta di venire a conoscenza di cose e luoghi che, alle volte, non sono scritte nemmeno sui libri.

Viaggi organizzati alla scoperta del Lazio più autentico

Fonte: Caldana Europe Travel

Civita di Bagnoregio (VT)

Grazie agli esperti di Caldana Europe Travel, grande e dinamico tour operator specializzato nell’organizzazione di viaggi guidati in Italia e in Europa, potrete percorrere degli incredibili itinerari alla scoperta di alcuni dei luoghi più suggestivi ed emozionanti del Lazio.

In particolare, vogliamo concentrarci su due territori: la Tuscia che per la sua bellezza è persino stato spesso luogo di riprese per molti film di grandi registi del cinema italiano, e la Riviera di Ulisse, meraviglioso tratto costiero tirrenico con spiagge e paesaggi leggendari. In sostanza, vi portiamo a scoprire il Nord e il Sud del Lazio.

La Tuscia degli Etruschi

Fonte: Caldana Europe Travel

Tarquinia (VT)

C’è un popolo che, precedentemente ai Romani, ha fatto la storia d’Italia e che, ancora oggi, è avvolto da un fitto mistero: gli Etruschi. Grazie ai viaggi organizzati di Caldana Europe Travel in Tuscia, potrete saperne di più su questi geniali ingegneri e spirituali abitanti che ci hanno lasciato un patrimonio dal valore inestimabile.

Il tour operator mette a disposizione varie formule di viaggio che portano alla scoperta di Viterbo, capoluogo della Tuscia, e conosciuta anche come “la Città dei Papi”. Questa deliziosa località del Nord del Lazio sfoggia un ricco patrimonio storico-artistico, come la spettacolare Piazza dei Priori su cui si affacciano il Palazzo dei Priori, il Palazzo del Governatore e il Palazzo del Podestà; la maestosa Piazza San Lorenzo dove sorgono il Palazzo dei Papi e la Cattedrale di San Lorenzo, uno dei patroni della città insieme alla più sentita Santa Rosa.

Fonte: Caldana Europe Travel

Viterbo (VT)

Subito dopo, Tarquinia, città Patrimonio Mondiale dell’Unesco e uno dei centri più importanti della Dodecapoli etrusca. Da queste parti avrete modo di immergervi nella Necropoli dei Monterozzi con le sue oltre 2.000 tombe dipinte con colori intensi e vivaci e nel suggestivo borgo medievale racchiuso da un’imponente cinta muraria.

Poi ancora Caprarola per fare una visita guidata presso il suo sontuoso Palazzo Farnese, gioiello tardo-rinascimentale con stanze decorate in modo sfarzoso e con affreschi celebrativi della famiglia Farnese o a tema mitologico. Quello stesso giorno avrete la possibilità di dirigervi verso Bagnaia per la visita dei giardini di Villa Lante, uno dei più bei giardini all’italiana che esistano al mondo.

L’itinerario in Tuscia prosegue con l’ormai famosa in tutto il mondo Civita di Bagnoregio, soprannominata la “città che muore” per via della costante erosione delle rocce tufacee su cui poggia. Raggiungibile solo percorrendo a piedi uno stretto e ripido ponte pedonale, è annoverata tra i Borghi più belli d’Italia.

Durante un tour della Tuscia non può di certo mancare una sosta al misterioso Parco dei Mostri di Bomarzo, il primo grande giardino manierista costruito per volere di Vicino Orsini, signore di Bomarzo. Statue di draghi, orsi, sirene e figure mitologiche, genereranno meraviglia e stupore.

Fonte: Caldana Europe Travel

Parco dei mostri di Bomarzo (VT)

Partenza per il Lago di Bolsena, il più grande lago vulcanico d’Europa, dove scoprire Montefiascone con il suo celebre vino e la Collegiata di Santa Cristina, nella stessa Bolsena.

Il viaggio terminerà a Orvieto, in Umbria, una delle dodici città – stato etrusche che sfoggia uno splendido Duomo gotico.

La Riviera di Ulisse

Fonte: Caldana Europe Travel

Isola di Ponza (LT)

Il Lazio è per gran parte bagnato dalle limpide acque del Mar Tirreno e nella sua zona Sud sorge la meravigliosa Riviera di Ulisse che deve il suo nome al mito dell’eroe greco che qui sbarcò perché attratto dai sortilegi della Maga Circe.

Il tour organizzato conduce alla scoperta di Gaeta, dove sarà possibile ammirare la celebre e spettacolare Montagna Spaccata con il suo Santuario della Santissima Trinità. Non mancherà una visita al Quartiere Medievale, al Duomo di Sant’Erasmo, alla Chiesa di San Giovanni a Mare e molto altro ancora.

Fonte: Caldana Europe Travel

Montagna spaccata a Gaeta (LT)

Un’altra incredibile tappa della Riviera di Ulisse è Sperlonga, anch’essa parte de “I Borghi più belli d’Italia”. Collocata su di uno sperone roccioso a picco sul mare, regala i resti della Villa di Tiberio e della Grotta, una cavità dove sono stati rinvenuti alcuni gruppi di statue risalenti al I. secolo a.C.

Il viaggio continua in direzione Isola di Ponza, la più estesa delle Pontine, che vanta una forma stretta e allungata simile a una luna. Tra coste frastagliate con scogliere interrotte da calette e spiagge da sogno, riuscirete persino ad ammirarla da uno dei suoi punti di vista migliori: in barca.

Poi ancora Sermoneta dove visitare uno dei castelli più maestosi e meglio conservati della regione e il celebre Giardino di Ninfa, dichiarato Monumento Naturale della Repubblica Italiana e unanimemente considerato uno dei più bei giardini del nostro Paese.

Fonte: Caldana Europe Travel

Giardino di Ninfa – Cisterna di Latina (LT)

Infine, direzione Ostia Antica per innamorarsi di una delle aree archeologiche più interessanti del Centro Italia (e non solo).

Insomma, i viaggi organizzati di Caldana Europe Travel sono una garanzia di bellezza, storia e natura, occasioni uniche da non perdere.

Categorie
Emilia Romagna isole itinerari culturali Posti incredibili Rimini Viaggi

L’Isola delle Rose, lo Stato indipendente al largo di Rimini

Sebbene abbia avuto vita breve, l’Isola delle Rose potrebbe aver segnato una tappa importante nella storia dell’umanità, e il suo valore è stato riscoperto solo di recente. A raccontare la sua incredibile storia è stato un film intitolato “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”, che svela tutti i segreti della micronazione che durò solamente 55 giorni.

La storia dell’Isola delle Rose

L’Isola delle Rose nacque al largo delle coste di Rimini, dietro iniziativa dell’ingegnere bolognese Giorgio Rosa. La sua idea, una vera e propria utopia, era quella di dare vita a uno Stato indipendente dove non vi fossero regole e dove gli abitanti potessero convivere in armonia sulla base di un unico, importante valore: la libertà.

Era la fine degli Anni ’50 quando Rosa diede il via a un progetto incredibile, che trovò i primi ostacoli in alcuni problemi tecnici e nelle lungaggini della burocrazia italiana. Le autorità italiane avevano già intimato la rimozione di qualsiasi impedimento che potesse creare fastidi alla navigazione.

Tuttavia, l’ingegnere portò avanti senza sosta la sua iniziativa, che richiese anni per la realizzazione. La piattaforma marina crebbe pian piano, sempre sotto l’occhio attento delle autorità, che non poterono però fare nulla.

Un vero e proprio isolotto artificiale di appena 400 metri quadri emerse dalle acque a poco più di 11 chilometri di distanza dalla costa romagnola, dove si trova Torre Pedrera: la posizione venne scelta accuratamente, affinché la piattaforma si trovasse appena al di fuori delle acque territoriali italiane.

Finalmente, nel 1967 l’isola venne aperta al pubblico e si preparò ad accogliere i primi abitanti. L’anno seguente, e più precisamente il 1° maggio 1968, venne dichiarata la sua indipendenza e Giorgio Rosa venne eletto Presidente della Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose. La micronazione adottò infatti l’esperanto come lingua ufficiale, una decisione chiaramente volta a sancire la propria sovranità e indipendenza dallo Stato italiano. E i provvedimenti seguenti furono in linea con questa necessità: l’Isola delle Rose si diede un governo, emise la propria moneta e persino dei francobolli.

Ma nessuno Stato riconobbe mai la sua indipendenza, e la micronazione durò davvero pochissimo. Dopo appena 55 giorni, il 25 giugno del ’68, le forze dell’ordine diedero vita a un blocco navale e presero possesso della piattaforma, obbligando gli unici due residenti rimasti a sbarcare. Ebbe inizio un lungo dibattito tra le varie forze in gioco, ma fu Giorgio Rosa a soccombere: la sua oasi di pace sarebbe dovuta essere smantellata. Fu la Marina Militare a occuparsi della demolizione, con diverse scariche di esplosivo.

La storia non finisce qui, perché nonostante le cariche di dinamite l’Isola delle Rose si ostinò a rimanere in piedi. Servì un’imponente burrasca, che ebbe luogo il 26 febbraio 1969, a farla inabissare e a decretare definitivamente la sua fine. Pian piano vennero raccolti tutti i materiali abbandonati sul fondale del mare e la storia dell’Isola delle Rose venne dimenticata.

Il mito dell’Isola delle Rose

Negli ultimi anni, il progetto utopico dell’ingegner Rosa ha destato molto interesse sull’opinione pubblica: il futuro potrebbe vedere numerose piattaforme adibite proprio a Stati sovrani, per dare vita a nuove forme di convivenza.

Il regista Sydney Sibilia ha portato sui nostri schermi un film dedicato proprio alla micronazione che nacque e morì al largo delle coste di Rimini. “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” vanta un cast notevole, con Elio Germano a interpretare l’ingegnere Giorgio Rosa, affiancato da grandi attori quali Luca Zingaretti, Matilda De Angelis e Fabrizio Bentivoglio.

isola delle rose

Fonte: Wikimedia

L’Isola delle Rose – Foto: Wikimedia
Categorie
biblioteche Idee di Viaggio itinerari culturali vacanza natura Viaggi

Abbiamo scelto la biblioteca più suggestiva del mondo: è in Italia

Leggere e viaggiare, un binomio straordinario per tutte quelle persone che non desiderano altro che fuggire dal caos e dal disordine dei giorni, per vivere esperienza autentiche, genuine e intime, meglio ancora se completamente immerse nella natura. Lo sanno bene tutti quei viaggiatori che, quando girovagano per il mondo, non rinunciano mai al piacere della lettura. E lo sanno anche tutti quelli che non mancano mai di inserire librerie e biblioteche nei loro itinerari di viaggio.

Ed è proprio agli appassionati di libri e letture che ci rivolgiamo oggi, per andare alla scoperta di una delle più suggestive biblioteche del mondo intero. Non un semplice edificio in cui entrare per sfogliare testi di ogni genere, ma una vera e propria esperienza immersiva e sensoriale che celebra la natura, la cultura e il paesaggio.

Per vivere quest’avventura non abbiamo bisogno di attraversare in lungo e il largo il globo, perché questo luogo si trova nel BelPaese, e più precisamente a pochi chilometri da Bergamo. È qui che è stato creato il Percorso Libropedonale, un itinerario letterario che si snoda attraverso paesaggi straordinari e monumenti storici e artistici, proprio qui dove esiste una piccola biblioteca che è un vero gioiello. Scopriamola insieme.

Songavazzo: il paradiso dei libri

Il nostro viaggio di oggi ci conduce a Songavazzo, un piccolo comune di appena 700 abitanti situato nella provincia di Bergamo in Lombardia. Incastonato tra i paesaggi dell’altopiano di Clusone e della val Borlezza, questo luogo si è trasformato in un vero e proprio paradiso per gli amanti della natura e per gli appassionati della lettura. Proprio qui, infatti, è stato realizzato il primo itinerario letterario d’Italia che prevede un percorso libropedonale.

Grazie a una passeggiata di circa un’ora, di facile intensità e quindi adatta a tutti, è possibile andare alla scoperta di tutti i gioielli custoditi dal territorio grazie a scorci panoramici che affacciano sulla natura e sui monumenti storico-artistici che si snodano nell’area. Sempre qui è possibile perdersi e immergersi in un piccolo paradiso dei libri, uno spazio bookcrossing affascinante e suggestivo.

Il suo nome è Cà di Leber, ed è molto più di una biblioteca. Si tratta di una piccola baita realizzata in legno d’abete, e situata in Via Monte Falecchio a Songavazzo, che ospita tantissimi libri di ogni genere che possono essere sfogliati e letti da chiunque, godendo di una vista mozzafiato. Proprio nei pressi della biblioteca, infatti, esiste una panchina gigante che omaggia la cultura, e che si trasforma nel perfetto punto di riposo e di lettura per tutti i cittadini e i viaggiatori che giungono fin qui.

Panchina gigante sul Percorso Libropedonale di Songavazzo

Fonte: Getty Images

Panchina gigante sul Percorso Libropedonale, Songavazzo

Cà di Leber: la piccola biblioteca immersa nella natura

Inaugurata nel 2011, con gli anni questa biblioteca è diventata il punto di partenza di un itinerario ben più ampio che omaggia la cultura e la natura. Attorno alla Cà di Leber, che in dialetto vuol dire proprio casa dei libri, sono state costruite altre piccole casette che condividono con questa la medesima missione.

Le strutture sono dotate di panche e tavoli all’esterno, così da consentire agli avventurieri un posto dove riposarsi, rifocillarsi e leggere un bel libro circondati dal silenzio e dalla bellezza della natura. La biblioteca di Cà di Leber è anche un punto di bookcrossing, questo vuol dire che chiunque arrivi fin qui può lasciare un testo che ha già letto e che vuole condividere con gli altri.

Come abbiamo anticipato, questa piccola baita biblioteca, è il cuore pulsante di un’esperienza ben più ampia, quella che ci porta alla scoperta del Percorso Libropedonale di Songavazzo che comincia proprio da Cà di Leber. Partendo da qui, infatti, è possibile andare alla scoperta delle panchine giganti, straordinarie e suggestive, raggiungere il centro storico della città e poi concludere questo itinerario letterario attraversando il patrimonio naturalistico e paesaggistico che si snoda su tutto il territorio.

Cà di Leber

Fonte: IPA

Cà di Leber, Songavazzo
Categorie
Idee di Viaggio itinerari culturali luoghi misteriosi Viaggi

Dall’altra parte del mondo c’è un villaggio che sembra uscito da una fiaba

C’è sempre un buon motivo per mettersi in viaggio, per raggiungere destinazioni vicine e lontane e per scoprire la grande bellezza che appartiene al mondo che abitiamo. A volte lo facciamo per ammirare le meraviglie plasmate da Madre Natura, altre volte per osservare da vicino quei monumenti artistici e architettonici creati dall’uomo che sono diventati i simboli di città e Paesi interi.

Altre volte, invece, ci mettiamo in cammino per scoprire le storie, le tradizioni, le culture e le usanze di popoli che sono lontanissime da noi. E oggi è proprio questo che vogliamo fare insieme a voi. Un viaggio ideale alla scoperta di un luogo intriso di fascino e meraviglia dove esistono e persistono antiche leggende che affondano le loro origini in tempi lontani e che sono custodite in un territorio straordinario.

Per scoprirle dobbiamo recarci dall’altra parte del mondo, e più precisamente nel cuore dell’isola di Sumatra, in Indonesia. Proprio qui, nelle acque del lago Toba esiste un villaggio meraviglioso dalle fattezze incantate che sembra uscito da una fiaba. E questa è la sua storia.

L’isola che sorge tra le acque del lago Toba

Migliaia di isole vulcaniche, centinaia di gruppi etnici e una moltitudine di lingue diverse raccontano l’immenso patrimonio storico, culturale e paesaggistico dell’Indonesia. Organizzare un viaggio qui, questo è chiaro, è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita.

Le cose da fare e da vedere nel Paese del sud-est asiatico sono così tante che non possiamo elencarle tutte. Quello che possiamo fare, invece, è parlarvi di un’isola situata nel lago Toba, nel cuore di Sumatra, dove esistono culture secolari tramandate da popolazioni antichissime che vivono ancora in villaggi fiabeschi.

Ci troviamo a Samosir, una grande isola che sorge dentro un’altra isola, quella di Sumatra. Proprio qui, circondata dalle placide acque del lago Toba, questo lembo di terra che si estende per 1700 chilometri quadrati è uno scrigno di tesori preziosi, tutti inevitabilmente collegati ai Batak, la tribù delle mille leggende.

Sui Batak si sono dette tante cose nei secoli. C’è chi ha subito il loro fascino e chi li ha amati, chi li ha odiati e temuti. Guerrieri, cannibali, stregoni, artisti, mercanti o navigatori.

Tante sono le storie sui Batak, così come le leggende che li riguardano. Si crede, infatti, che questa tribù sia nata da una montagna, un massiccio di oltre duemila metri situato proprio sull’isola di Samosir, dai quali avrebbero ereditato la forza e la potenza. Altri, invece, credono che questo popolo sia in possesso di antichi poteri magici, gli stessi che gli hanno permesso di vincere numerose battaglie.

Per scoprire le storie legate ai Batak, e toccare con mano le meraviglie che appartengono a questa tribù, il consiglio è quello di raggiungere il villaggio di Ambarita. Quello che si apre davanti agli occhi dei viaggiatori che giungono fin qui è un paesaggio incantato, paragonabile solo a quelli visti nelle fiabe.

Ambarita, il villaggio Batak che sembra uscito da una fiaba

Visitare il villaggio Batak di Ambarita è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita. Qui sono ospitati e conservati siti e oggetti che fanno parte del patrimonio ancestrale di questa antica tribù.

Quello che balza subito all’occhio è il nucleo urbano del villaggio. Le case dei Batak, infatti, hanno la caratteristica forma delle barche, con tanto di prua e poppa. E in effetti, queste costruzioni sono proprio ispirate alle imbarcazioni utilizzate dai naviganti migliaia di anni fa.

Tutto intorno si snoda una vegetazione lussureggiante che i viaggiatori possono scoprire a piedi o in bicicletta. Da qui è possibile anche raggiungere Huta Siallagan, il celebre sito dove sono conservate le testimonianze più preziose e antiche dei Batak. Oltre alle caratteristiche case disposte in fila, e alla statua gigante del Pangulubalang, che assolve la funzione di guardiano, i viaggiatori possono partecipare attivamente alla quotidianità della tribù, ascoltare le sue storie e ammirarla tra danze e celebrazioni.

Categorie
Idee di Viaggio itinerari culturali mare Viaggi

Mutriku, la città la cui storia è legata al mare

Nella comunità autonoma dei Paesi Baschi, in Spagna, sorge una piccola cittadina il cui sviluppo, vita e anima sono strettamente legati al mare, anche se in realtà dovremmo dire Oceano. La località in questione si chiama Mutriku e sorge in una baia protetta da aspre e ripide scogliere che non lasciano di certo indifferenti.

Si trova a circa 50 chilometri a nord-est dalla ben più conosciuta Bilbao, e sfoggia una costa che è una vera e propria meraviglia geologica, creata dall’incessante lavoro di potenti tempeste e mostruose onde.

La storia di Mutriku

Mutriku in passato era un grazioso villaggio di pescatori. Nel corso dei secoli è cresciuto insieme al commercio basco, fino a diventare un fiorente porto, dimora di generazioni di pescatori, commercianti, costruttori navali e balenieri.

Oggigiorno è una delle città medievali meglio conservate dei Paesi Baschi grazie al suo bellissimo centro storico fondato agli inizi del XIII secolo e formato da strette strade selciate lungo le quali sorgono numerosi palazzi, torri e case nobiliari. Ma non solo. Mutriku, infatti, è anche molto sensibile verso il tema della sostenibilità

Mutriku, destinazione sostenibile

Nel 2011 la città ha deciso di installare il Mutriku Wave Energy Plant, il primo impianto di energia ondosa commerciale di tutta  Europa. In pratica, grazie all’enorme forza delle onde, 16 turbine riescono a generare fino a 296 kilowatt di elettricità. Una quantità di energia sufficiente per alimentare più o meno 250 abitazioni e ridurre 600 tonnellate di emissioni di carbonio ogni anno.

spagna Mutriku

Fonte: iStock

Veduta di Mutriku

Nel 2020 lo stesso impianto ha raggiunto un traguardo importante, producendo due gigawatt di elettricità cumulativa, un record per qualsiasi impianto che sfrutta l’energia del mare e un anche un chiaro esempio del ruolo che l’energia marina potrebbe avere nella transizione globale verso l’energia pulita.

Cosa vedere a Mutriku

Passeggiare per le vie in salita di Mutriku vuol dire ritrovare costantemente riferimenti al mare. Li si incontrano sia naturali, come pozze bagnate dall’acqua dell’Oceano in cui abitanti e turisti vanno a caccia di refrigerio durante l’estate, sia artificiali e sparsi un po’ ovunque.

Tra le attrazioni da non perdere c’è Palazzo Galdona, un edificio con facciate di blocchi di pietra del XVII secolo. Poi ancora la chiesa parrocchiale di Nuestra Señora de la Asunción che si distingue per essere uno degli esempi neoclassici più rappresentativi di Guipúzcoa, la provincia in cui sorge Mutriku.

Una struttura particolarmente interessante poiché presenta una pianta rettangolare all’esterno e centrale all’interno. Degno di nota è soprattutto il suo portico a forma di tempio greco.

Vale la pena fare una sosta presso il Museo Bentalekua dove poter ammirare una ricca collezione che presenta il mondo delle associazioni dei pescatori attraverso testi, immagini, suoni e oggetti.

Infine, il Museo Nautilus che una vasta collezione di campioni geologici raccolti sulla costa della località di Mutriku.

Mutriku centro storico

Fonte: iStock

Un angolo di Mutriku

Cosa fare nei dintorni di Mutriku

Mutriku è una cittadina la cui storia è strettamente legata al mare. Lo si può comprendere anche a causa degli imponenti frangiflutti che si snodano attraverso la sua baia. Strutture che sono state costruite per proteggere la città dalle tempeste e dalle forti correnti oceaniche individuando, allo stesso tempo, un’opportunità per ottenere qualcosa di più dal mare grazie all’impianto di energia delle onde.

Contemporaneamente, però, Mutriku vanta anche una delle baie più belle dell’intera costa basca, tanto che con la bassa marea è persino possibile fare una passeggiata lungo le Sietes playas che si estendono da Guipúzcoa a Vizcaya.

I suoi dintorni sono un susseguirsi di villaggi e cittadine che meritano una visita, anche perché permettono di ammirare una varietà di paesaggi incredibilmente suggestivi. Uno di questi è Zarautz, dove potrete rilassarvi in un’elegante e ampia spiaggia, ma anche divertirvi in quanto è considerato il paradiso dei surfisti.

Numerose sono le antiche dimore che svettano nel suo centro storico e degne di nota sono senza ombra di dubbio la torre gotica di Luzea, la chiesa medievale di Santa María la Real e il palazzo di Narros,

Bellissimo anche Getaria, così piccolo che si distingue per avere una sola via in cui si affacciano caratteristiche abitazioni medievali. Nonostante questo, la sua storia è ricca di volti noti: ha dato i natali a personaggi illustri come Juan Cristóbal Balenciaga.

Poi ancora Zumaia dove sorge la splendida Playa de Itzurun. Non a caso qui sono state girate alcune scene del “Trono di Spade”. A caratterizzare ancora di più questa località è la presenza del Flysch nelle pareti verticali della scogliera e sul terreno: degli strati di roccia creati dalla continua azione del mare che sembrano essere fogli di pietra.

Zumaia sfoggia anche un pittoresco centro storico impreziosito da viuzze acciottolate e molti edifici medievali. Tra i maggiori luoghi d’interesse ci sono la Casa Museo del pittore Ignacio Zuloaga, che raccoglie importanti dipinti di Rivera, Zurbarán e Goya; la chiesa di San Pedro in stile gotico basco che tra le sue mura conserva gelosamente la tavola d’altare di Juan de Antxieta, unica opera dello scultore basco presente a Guipúzcoa.

Un altro luogo da non perdere nei dintorni di Mutriku è Lekeitio che si colloca su un’estremità del Golfo di Vizcaya. Visitare questa cittadina vuol dire poter godere di ampie spiagge, due delle quali guardano la vicina Isola di San Nicola. Grazie alla sua posizione è considerato uno dei più bei villaggi dei Paesi Baschi spagnoli: affaccia sul Mar Cantabrico e  sfoggia alcuni eleganti palazzi appartenenti all’antica aristocrazia basca. In stile gotico, e da non perdere, è una visita alla Basilica dell’Asunción di Santa María de Lekeitio che prende vita in completa armonia con l’architettura tradizionale basca.

Ea, dal canto suo, è un villaggio davvero particolare puntellato da incredibili insenature. Ma a renderlo davvero unico è anche il suo centro storico attraversato da canali e suggestivi ponti in pietra.

Infine, vale la pena fare un salto a Elantxobe dove vivono poche centinaia di anime. Un colorato villaggio che sembra diviso in due: una parte sorge in riva al porto, l’altra in cima a una collina. Inutile dire che da lassù il panorama è splendido. Inoltre, tra le deliziose strade ripide che conducono al porto svetta un enorme sasso di 300 chili che pare che essere arrivato proprio qui durante una burrasca avvenuta nell’ormai lontano 1990.

Lekeitio paesi baschi

Fonte: iStock

Il grazioso villaggio di Lekeitio
Categorie
Curiosità itinerari culturali Viaggi

La vera storia della torre dell’orologio più celebre del mondo

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi, e tutti sono differenti tra loro. Lo facciamo per ammirare le meraviglie che portano la firma di Madre Natura, o per raggiungere le architetture create dall’uomo. Per esplorare culture, tradizioni e usanze di popoli che sono lontanissimi da noi. E lo facciamo anche per andare alla scoperta di tutte quelle attrazioni iconiche che si sono trasformate nel simbolo di città e Paesi interi.

Ed è quello che vogliamo fare oggi idealmente insieme a voi, andando alla scoperta di uno dei monumenti più celebri del mondo intero, quello che popola le cartoline, le fotografie di viaggio e i video di tutti gli avventurieri che arrivano a Londra.

Stiamo parlando proprio di lui, del Big Ben. Che non è solo una torre dell’orologio affascinante, imponente e suggestiva, ma è anche il simbolo di una città e di un Paese intero. E questa è la sua storia.

La maestosa torre dell’orologio di Londra

Siamo abituati a chiamare Big Ben l’iconica e maestosa torre che campeggia nel cuore di Londra, ma in realtà il nome fa riferimento alla campana più grande dell’orologio che sovrasta il palazzo di Westminster.

Il nome della torre, invece, è sempre stato Clock Tower, almeno fino al 2012 quando, in occasione del Giubileo di diamante della Regina Elisabetta II, il nome è stato trasformato in Elizabeth Tower. Sin dalla sua inaugurazione, la torre ha scandito il tempo dei cittadini e dei viaggiatori arrivati a Londra con un suono emesso ogni quarto d’ora.

Impossibile non notarla, le sue dimensioni maestose, che superano i 90 metri di altezza, la fanno svettare tra gli edifici del quartiere di Westminster sulla riva settentrionale del Tamigi. Proprio lì dove migliaia di viaggiatori si recano ogni giorno per scattare istantanee di immensa bellezza davanti a quello che è diventato il simbolo di un intero Paese.

Curiosità e storia del Big Ben

Come abbiamo anticipato, il nome Big Ben fa in realtà riferimento alla grande campana della torre in stile gotico che campeggia nel cuore di Londra. La grande campana ha un peso di 13,5 tonnellate ed è chiamata Great Bell.

Le origini del termine, in realtà, sono incerte, anche se sono due le ipotesi più accreditate. Da una parte c’è chi sostiene che il nome faccia riferimento alla figura di Sir Benjamin Hall, membro della Camera dei Congressi, nonché supervisore dei lavori del palazzo. Altri, invece, sostengono che il nome potrebbe essere collegato al campione di pugilato Benjamin Caunt (il grande Ben).

Le origini, invece, risalgono al 1856, almeno nella sua prima versione. La storia della campana, infatti, non fu molto fortunata. Quello stesso anno si ruppe ancora prima di essere inaugurata, proprio durante uno dei test effettuati, ma fu prontamente sostituita. Il 31 maggio di 3 anni dopo, le campane dell’orologio superiore furono inaugurate, e suonarono per la prima volta, ma dopo qualche mese la Great Bell si ruppe a causa dell’uso di un martello troppo grande. Fu poi riparata quattro anni dopo.

Durante la sua inaugurazione, il Big Ben conquistò il primato di campana più grande della Gran Bretagna, sostituito poi dalla Great Paul della cattedrale di San Paolo.

La melodia emessa dal Big Ben, ogni quarto d’ora, è quella composta dal musicista e organista William Crotch per la torre della chiesa universitaria Great St Mary’s. Il suono può essere udito fino a due chilometri di distanza.

L’orologio è suddiviso in quattro quadranti e ognuno di questi è composto da oltre 300 pannelli di vetro. Si è sempre creduto che fossero 365, uno per ogni giorno dell’anno, ma gli esperti assicurano che sono solo 312.

Oggi, esattamente come tanto tempo fa, il Big Ben si tiene stretto il primato di monumento più iconico della città, nonché come attrazione più fotografata del Paese e del mondo intero.

Categorie
itinerari culturali luoghi misteriosi mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Scoperta la mummia più vecchia di sempre

È di poche ore fa, la straordinaria notizia arrivata direttamente dall’Egitto, e più precisamente dalla celebre zona archeologica di Saqqara. Una nuova scoperta è stata appena fatta dalla squadra del professor Zahi Hawass, ex ministro delle Antichità dell’Egitto e attualmente segretario generale del Consiglio supremo delle Antichità Egizie. Un ritrovamento che ha dell’incredibile e che cambia, ancora una volta, la storia di questo bellissimo Paese.

La scoperta, infatti, riguarda un sarcofago, ritrovato in uno scavo profondo ben 15 metri e realizzato in calcare sigillato con la malta, all’interno del quale è stata rinvenuta la mummia di un uomo. Nulla di nuovo, certo, se non fosse che dalla decifrazione del nome trascritto sul sarcofago stesso, Hekashepes, così si doveva chiamare, la mummia risalirebbe a 4.300 anni fa. Datazione che pone le basi per considerare questo ritrovamento e la mummia stessa, come la più antica e completa, ricoperta con una foglia d’oro.

Una scoperta eccezionale

Un ritrovamento davvero eccezionale, avvenuto in un complesso tombale risalente tra la V e la VI dinastia (nel periodo compreso tra il 2.465 e il 2.152 a.C.) e che è stato fatto nei pressi della famosa piramide a gradoni di Djoser, nella necropoli patrimonio Unesco di Saqqara, un’area che dista circa 30 chilometri a Sud del Cairo.

Una scoperta che spicca per l’eccezionale conservazione della mummia stessa e che segna un traguardo importante per l’equipe che ha effettuato il ritrovamento. E che si unisce ad altre tombe rinvenute nel sito appartenute ad alti funzionari del tempo. Tra le altre, infatti, sono state ritrovate e riportate alla luce anche altre tombe, come quella di Khnumdjedef, appartenente alla casta sacerdotale e ispettore degli ufficiali e supervisori dei nobili durante gli anni di regno dell’ultimo faraone della V dinastia, Unas.

Ma anche la sepoltura di Meri, che secondo l’iscrizione rinvenuta era «custode dei segreti e assistente del grande conduttore del Palazzo». Oltre, poi, alla presenza di ben nove statue raffiguranti persone della servitù, quella di un uomo con sua moglie, vasi e manufatti.

La grande importanza di questo ritrovamento straordinario

Di fatto, quindi, il ritrovamento del corpo mummificato di Hekashepes dona un valore ancora maggiore alla già straordinaria campagna archeologica in corso e questo grazie al fatto che il complesso di tombe rinvenute, pur non appartenendo a faraoni, riconduce a persone che a quel tempo godevano di una certa importanza nella scala sociale. Ponendo delle solide basi per collegare la vita dei faraoni a quella delle persone che gli orbitavano intorno e con cui, con grande probabilità, erano soliti interagire.

Una scoperta che si unisce alle grandi rivelazioni di questo sito archeologico e che già nel 2020 si era reso protagonista di un ritrovamento di ben venti sarcofagi dipinti e databili a 2500 anni fa. E che fa ben sperare che questo sia un nuovo inizio o il continuo di un’onda favorevole di scoperte di un passato antico ma mai dimenticato. E di cui ci sono ancora tantissimi misteri e lati nascosti da scoprire e su cui fare chiarezza, per scrivere correttamente quella che è la storia di tutti noi.

Categorie
Asia Emirati Arabi Idee di Viaggio itinerari culturali mete storiche siti archeologici Viaggi

In Qatar uno dei siti archeologici più incredibili al mondo

Il Qatar non è fatto solo di avveniristici grattacieli a Doha e di natura primordiale che comprende il deserto di dune che cantano e la costa ricoperta di mangrovie. La storia di questo Paese è molto lunga e anche molto ricca di testimonianze che sono in pochi ancora a conoscere.

Le misteriose incisioni rupestri del Qatar

Nel Nord del Paese, a una novantina di chilometri dalla Capitale, c’è un luogo chiamato Al Jassasiya, nel bel mezzo del deserto roccioso. È uno dei più suggestivi per via delle antichissime incisioni rupestri che sono state scoperte.

Il sito comprende ben 874 incisioni, note come “petroglifi”, le più antiche delle quali si ritiene risalgano al Neolitico. Tuttavia, alcuni studiosi non sarebbero d’accordo con questa datazione, ma sarebbero convinti che le incisioni sono molto più recenti.

I petroglifi sono stati attentamente studiati e catalogati dagli archeologi che hanno identificato le incisioni su roccia di Al Jassasiya come uno dei siti più antichi del Qatar. Alcuni degli esperti suggeriscono che le incisioni potrebbero risalire al III secolo a.C., mentre altri le collocano tra il X e il XVIII secolo d.C., quindi molto più recenti.

qatar-Al-Jassasiya-incisioni

Fonte: 123rf

Una delle incisioni nella roccia ad Al-Jassasiya, nel Nord del Qatar

La scoperta e le ipotesi

Quando scoprirono il sito di Al Jassasiya nel 1957 pensavano fosse una grotta o una cava di arenaria. Nessuno avrebbe mai immaginato cosa nascondesse veramente.

Si tratta di un luogo che ancora oggi è carico di mistero. Le incisioni sulla roccia occupano una superficie di circa 700 metri e rappresentano diverse forme, come pesci, ostriche, rosette e coppelle.

Gli intagli a forma di “dau”, conservati fino a oggi, permettono di risalire a un passato lontano mentre le coppelle potrebbero rappresentare dei recipienti utilizzati per contenere le perle – sulla costa una volta la raccolta delle perle era l’attività principale delle popolazione – o per giocare ad antichi giochi da tavolo come quello che ancora oggi in Africa e Asia conoscono come “mancala” o “gioco di semina” e che un tempo qui era chiamato Al Haloosa o Al Huwaila.

La parola “Al Jassasiya” in arabo significa “collina” o anche “coloro che cercano” e, poiché il sito si trova su una zona rialzata a picco sul mare, probabilmente veniva usata come punto di vedetta per controllare le navi in entrata nel Qatar.

Un’altra importante scoperta che è stata fatta nei pressi del sito è quella dei resti di insediamenti residenziali. In questi alloggi è stato ritrovato del vasellame risalente al XV secolo.

Questo luogo, ricco di fascino e decisamente inaspettato che merita assolutamente una visita se si decide di visitare il Qatar, resta ancora oggi un enigma, a tanti anni di distanza dalla scoperta.

Vale la pena andarci anche per un alto motivo: nei pressi del sito lungo la costa si trova una delle spiagge più famose del Qatar per la sua bellezza unica. La spiaggia di Al Jassasiya è un’oasi nascosta, con le mangrovie a fare da sfondo verde al bianco della sabbia e alle acque cristalline e poco profonde. Un vero paradiso conosciuto da pochi.

 

Categorie
itinerari culturali Monumenti Notizie parchi naturali vacanza natura Viaggi

Scoperta in un Parco romano una statua che ha sorpreso tutti

Un incredibile reperto è stato ritrovato nel Parco Scott a Roma, a circa 20 metri di profondità, durante un intervento di bonifica dell’area. Una scoperta eccezionale, che ha lasciato a bocca aperta anche gli addetti ai lavori, e che va ad aggiungersi alle meraviglie infinite riportate alla luce nella Capitale.

Scoperta una statua di Ercole a grandezza naturale

Un’antichissima statua marmorea a grandezza naturale è stata ritrovata nell’area del Parco Scott, tra la Cristoforo Colombo e la via Appia Antica, durante un intervento di bonifica del condotto fognario da parte di Gruppo Acea e Bacino Sud. A renderlo noto, il Parco Archeologico dell’Appia Antica, che ha spiegato in un post su Facebook come sono arrivati al prezioso ritrovamento. Si apprende così che i lavori, cominciati dopo che la vecchia conduttura è collassata in più punti, provocando anche l’apertura di pericolose voragini nel Parco e smottamenti della collina, hanno comportato grandi movimentazioni di terra, cui seguirà il ripristino del profilo altimetrico dell’area e la piantumazione di nuove alberature.

Oltre a vantare un enorme pregio naturalistico, l’area è di grande interesse archeologico, vista la prossimità con il Sepolcro di Priscilla, al secondo miglio della via Appia Antica. Per questo motivo, gli interventi di sbancamento, che hanno raggiunto la quota di 20 metri sotto il livello di piano di calpestio, sono stati costantemente seguiti dall’archeologa Federica Acierno, coordinata dai funzionari del Parco Archeologico dell’Appia Antica.

Poi la sorpresa: dopo settimane di lavori è emersa una statua marmorea a grandezza naturale che, “per la presenza della clava e della leontè – la pelle di leone che ne copre il capo – possiamo senz’altro identificare con un personaggio in veste di Ercole”, si legge nel post del Parco Archeologico dell’Appia Antica.

Stando a quanto riporta “Il Corriere della Sera”, la statua potrebbe essere stata inavvertitamente collocata sotto Parco Scott durante i lavori di costruzione del condotto fognario, nella prima metà del Novecento. “Abbiamo spostato il reperto in uno dei nostri depositi e stiamo vagliando diverse ipotesi per ricostruirne la provenienza e la datazione – ha dichiarato al quotidiano la funzionaria Francesca Romana Paolillo – La statua deve essere lavata, dopodiché procederemo per confronti. Quel che ci pare già evidente dalle caratteristiche del volto, comunque, è che rappresenti una figura vestita da Ercole, non l’eroe mitologico stesso”.

Le strade di Roma regalano sorprese senza fine

La statua di un Ercole a grandezza naturale è solo l’ultima delle grandi scoperte avvenute a Roma, dopo quella regalataci recentemente dall’antica Via Salaria. Un’altra buona notizia è che la Via Appia ha ufficialmente iniziato il suo cammino per diventare un bene riconosciuto dall’Unesco. Con il nome completo di Via Appia – Regina Viarum, la strada consolare di novecento chilometri che connette Roma a Brindisi è stata candidata a entrare nella Lista del Patrimonio Mondiale, di cui potrebbe diventare il 59esimo sito italiano, con un progetto promosso dal Ministero della Cultura.

L’affascinante Cammino dell’Appia Antica è stato anche inserito dal “Guardian” tra i viaggi da fare nel 2023. Il progetto, in itinere, è finalizzato alla valorizzazione e messa a sistema dell’antico tracciato romano, ed è nato dall’esperienza di Paolo Rumiz, Irene Zambon, Alessandro Scillitani e Riccardo Carnovalini che, nel 2015, hanno percorso a piedi – e poi raccontato – il tragitto dimenticato di questa antica strada, che non smette mai di stupire.

Categorie
carnevale di venezia Destinazioni eventi feste itinerari culturali Viaggi

La storia del Carnevale di Venezia, il più famoso d’Italia

Se esiste un carnevale famoso in tutto il mondo, quello è il Carnevale di Venezia. Un appuntamento che ogni anno richiama nella città lagunare milioni di turisti da ogni parte. Fra maschere, feste, musica, sfilate tra le calli e sui canali, è davvero impossibile non rimanere a bocca aperta davanti a tanto splendore. Da Piazza San Marco – cuore dell’evento – fino all’Arsenale e poi sulle isole della Laguna e sulla terraferma – questa kermesse viene preparata e organizzata con una maestria che non ha eguali.

D’altra parte, la storia del Carnevale di Venezia è antichissima, e per alcuni aspetti origina addirittura dalle feste pagane. Comunque sia, nonostante i mille anni di celebrazioni, le maschere del Carnevale di Venezia continuano a conservare il loro alone di mistero, protetto dall’ombra del campanile di San Marco. E il loro incredibile fascino, sprezzante del tempo che passa, è ancora intatto.

La storia del Carnevale di Venezia, il più famoso d’Italia

Sacro, profano, magia, allegria e ovviamente follia sono gli ingredienti della ricorrenza. Ma qual è la storia del Carnevale di Venezia? Le sue origini affondano, neanche a dirlo, nel mito e soprattutto nella notte dei tempi. In base ad alcuni studi, pare che il debutto della festa sia avvenuto nel 1094. Un antico documento firmato dall’allora doge Vitale Faliero riporta, proprio in quell’anno, la parola “Carnevale”. È la prima volta che viene associata a Venezia. Il primo documento ufficiale relativo alla manifestazione, invece, risale al 1296. Fu allora che il Senato della Serenissima dichiarò il Carnevale di Venezia un giorno festivo prima dell’inizio della Quaresima. Da allora, la tradizione del Carnevale ha preso piede, animando la città per diverse settimane ogni anno. Il periodo d’oro di questa celebrazione profondamente veneziana fu durante il Settecento, quando maschere, costumi e feste raggiunsero la massima magnificenza.

Nel 1797, invece, la kermesse – diventata celebre il tutto mondo conosciuto di allora – perse il suo splendore e la sua grandeur, a causa dell’intervento di Napoleone. L’imperatore del Sacro Romano Impero Francesco II bandì le maschere spegnendo inevitabilmente lo spirito della festa. Questo intervento era mirato a evitare che i cittadini si incontrassero per cospirare contro il governo austriaco, che all’epoca controllava il Lombardo-Veneto. Solo due secoli dopo, nel 1979, il Comune di Venezia “rispolverò” l’evento e lo riportò agli antichi splendori. Fino a oggi, dove rappresenta uno spettacolo grandioso e coinvolgente che richiama un pubblico internazionale e appassionato.

Curiosità e tradizioni del Carnevale di Venezia

Non tutti sanno cosa significa la parola “carnevale”. Origina dal latino, e significa esattamente “eliminare la carne”. Proprio così: la festa in maschera precede infatti la Quaresima, che prevede menù di magro.

Un’altra curiosità che resiste al passare dei secoli è quella del volo dell’Angelo, previsto ogni seconda domenica del periodo della kermesse. È un appuntamento irrinunciabile per ogni veneziano: una ragazza, la più bella del Carnevale dell’anno precedente, si lancia appesa ad una fune dal campanile di San Marco per “planare” fino a Palazzo Ducale. Romantico oggi, ma un tempo erano degli acrobati ad attraversare la piazza camminando su una fune, anche con esiti tragici.

Le tradizioni del Carnevale di Venezia affondano le loro radici in usanze antichissime. Si ispirano soprattutto agli antichi Saturnali, le feste pagane dei Romani che prevedevano, almeno una volta l’anno, di liberare i freni inibitori e di abbattere le barriere fra i vari ceti sociali. Per una notte, si poteva festeggiare tutti insieme, senza distinzioni. Se la teoria è bellissima, la pratica lo era un po’ meno: nei secoli passati, infatti, dietro le maschere si nascondevano anche malfattori e criminali. I problemi legati alla sicurezza e all’ordine pubblico furono tra le ragioni che fecero sì che si spegnesse il fasto del Carnevale dopo i lustri settecenteschi.

Le maschere del Carnevale di Venezia

Il desiderio di trascorrere una notte di follia tutti insieme, uomini e donne, ricchi e poveri, spiega anche la ragione d’essere delle maschere. Queste maschere servivano a nascondere la propria identità, così da consentire di socializzare con persone di ogni estrazione sociale. Certo, la letteratura – a partire dal personaggio di Casanova – è ricca di aneddoti che raccontano che durante i giorni (e le notti) del Carnevale di Venezia siano stati tessuti intrighi, strette alleanze, consumati amori clandestini.

Per queste ragioni, il Carnevale di Venezia divenne un polo di attrazione per tutti i nobili europei del Settecento. Gli aristocratici più libertini si ritrovavano a San Marco per partecipare a sontuosi banchetti e feste scatenate. Che sia solo leggenda? Non importa. Anche il mito fa parte della magia e del fascino della festa.

Le più famose maschere del Carnevale di Venezia

Tutti abbiamo visto fotografie o immagini di film che fissano la più classica delle maschere veneziane: quella del bauta. Bianca, con il mento appuntito e sollevato che permette di mangiare e bere senza toglierla, così da non venire riconosciuti. Nella tradizione, il travestimento andava completato con il tabarro, un ampio mantello nero, e il tricorno, il copricapo a tre punte. Più particolare è invece la gnaga, che ricorda nella forma il muso di una gatta. Quest’ultima maschera era ampiamente utilizzata anche dagli uomini, che alteravano la loro voce per rendersi davvero irriconoscibili.

Le signore, infine, amavano indossare la moretta: una mascherina in prezioso velluto che si manteneva salda sul viso tenendola con un perno in bocca. Elegantissima sì, ma scomoda perché rendeva impossibile parlare. Il commediografo Carlo Goldoni, che nel Settecento ottenne grande fama con le sue opere ambientate a Venezia, contribuì alla diffusione di altre maschere tradizionali. Maschere che rappresentano gli stereotipi della società veneziana. Come il colorato Arlecchino, il servo imbroglione; Pantalone, il ricco avaro; o Colombina, la bella servetta.

Come si realizzano le maschere del Carnevale di Venezia

A Venezia esiste una lunghissima tradizione nella creazione di maschere di Carnevale. Si tratta di vere e proprie opere d’arte, alcune realizzate in esemplare unico. Questo antico mestiere prevede di usare semplicemente della cartapesta, strato dopo strato, da modellare su appositi stampi o sul soggetto che la indosserà. Le operazioni sono rigorosamente effettuate a mano.

Se si programma un viaggio a Venezia, perché non provare a crearne una? Si può infatti partecipare a un corso, con la guida di un istruttore esperto. Si potrà così imparare a decorare una maschera, apprendendo le antiche tecniche dei maestri veneziani e ascoltando aneddoti sul Carnevale. Alla fine dell’esperienza, la maschera rimarrà un bellissimo ricordo del soggiorno nella Serenissima!

Vivere il Carnevale di Venezia

Partecipare a una delle edizioni del Carnevale di Venezia è un’esperienza indimenticabile. Ci sono balli in residenze private e cene di gala che vanno prenotati con largo anticipo, così come gli spettacoli allestiti all’Arsenale. Anche per assistere alle sfilate e alle parate serve armarsi di pazienza e sapere che la folla, giustamente, è tanta. Per non perdere l’atmosfera del Carnevale, e invece carpirne l’essenza, è consigliabile partecipare a esperienze personalizzate e su misura. Ad esempio, per sentirsi un vero veneziano, si può prendere parte a una divertentissima caccia al tesoro in maschera per scoprire i segreti nascosti della città.

Utilizzando l’app sul proprio smartphone e seguendo una mappa dettagliata attraverso il labirinto degli stretti vicoli veneziani, si correrà da Piazzale Roma, attraversando il celebre Ponte di Rialto per raggiungere Piazza San Marco, il cuore del Carnevale di Venezia. Dopo aver seguito tutte le istruzioni del gioco, superando il famoso Ponte dei Sospiri si giunge alle prigioni di Palazzo Ducale, dove fu rinchiuso Casanova.

Chi invece preferisce meno adrenalina, può replicare lo stesso itinerario con un simpatico gioco da scaricare sul proprio smartphone come app. Si scopriranno, facilmente guidati dall’applicazione, tutti i luoghi simbolo del Carnevale di Venezia, compresa le botteghe storiche, e si imparerà a realizzare la propria maschera souvenir seguendo le antiche tradizioni.

Carnevale di Venezia, edizione 2023

Quest’anno il Carnevale di Venezia si terrà dal 4 al 21 febbraio, come riporta il programma ufficiale. Sarà una festa diffusa in campi, piazze, calli e strade della città con l’Arsenale ancora protagonista di un grande scenografico spettacolo sull’acqua e il ritorno delle parate dei carri mascherati in terraferma e nelle isole. Il titolo dell’edizione 2023, ispirato ai quattro simboli – terra, acqua, fuoco e aria – è  “Take your Time for the Original Signs”.

Come si legge sul programma ufficiale del 2023, “Per circa venti giorni, Venezia si fa teatro a cielo aperto e scenario diffuso e ideale dove ogni linguaggio e forma artistica sono ammessi. Un’edizione che vede ancora una volta la firma del Direttore Artistico e scenografo del Teatro La Fenice Massimo Checchetto. Stravolgimento irriverente e giocoso delle convenzioni: il tema dell’edizione 2023 si ispira ai segni delle costellazioni e a quei simboli originali che contraddistinguono il Carnevale veneziano e in questa atmosfera festosa e ancestrale parte l’invito a partecipare tutti insieme al grande e fantastico ‘Zodiaco’ di originalità ed estro del Carnevale più famoso al mondo, ricercando il proprio segno originale in totale libertà di espressione creativa, come manifestazione di identità e affermazione di sé”.