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I luoghi di Lucio Dalla a Sorrento

Dal 14 aprile all’8 maggio, Sorrento rende omaggio a Lucio Dalla, suo cittadino onorario, a 80 anni dalla nascita e lo fa con la seconda edizione de “I colori di Lucio“, una rassegna multidisciplinare tra cultura e tradizione per esaltare “anima e cuore” dell’artista bolognese che qui amava trascorrere piacevoli ore in barca con amici di vecchia data e passeggiare nella bellezza della cittadina affacciata sulla baia di Napoli.

Un legame forte, una lunga storia d’amore e d’amicizia, e quella “terrazza” che è diventata uno degli incipit più famosi della musica italiana: così Sorrento festeggia e ricordare il poeta, il cantante, l’artista e l’amico.

La terrazza che ammaliò Lucio Dalla

L’incontro di Lucio con la terrazza che lo stregò e lo ispirò al punto da fargli incidere uno dei brani più appassionati e struggenti del panorama musicale italiano, celebre in tutto il mondo, avvenne per caso, per un imprevisto.

Nel 1986 il cantautore, infatti, stava navigando con la sua barca quando, un’avaria, lo costrinse a fermarsi a Sorrento in attesa che l’imbarcazione fosse riparata. Si trovò a soggiornare presso il Grand Hotel Excelsior Vittoria, il più prestigioso della città fondato a metà Ottocento dalla famiglia Fiorentino, e gli venne assegnata la suite Caruso, dove il grande tenore trascorse l’ultimo periodo della sua vita, minato dalla malattia, impartendo lezioni di canto a una giovane di cui era innamorato.

Dalla, ascoltata la malinconica storia dai proprietari dell’hotel, ne rimase assai colpito e la stanza, rimasta esattamente come la lasciò Caruso nel 1921 con i tappeti, i broccati, il lampadario a gocce, i velluti, gli arredi pastello, il pianoforte e la spettacolare terrazza sul Golfo di Sorrento lo portò a comporre, di getto, il capolavoro “Caruso“.

Infatti, quella che è una delle canzoni più note dell’artista bolognese nonché uno dei simboli della musica italiana a livello internazionale, nasce proprio dallo stesso pianoforte che il tenore suonava per dare lezioni di canto alla ragazza amata e include in sé la tradizione della canzone napoletana e del melodramma italiano sia nel testo che nella musica.

Un luogo unico, “dove il mare luccica e tira forte il vento“, con la terrazza intrisa della brezza marina dove Caruso una sera cantò a viva voce le più significative arie d’opera, la suite Caruso è assoluto simbolo della relazione infinita tra Dalla e Sorrento, un “piccolo museo” dove è possibile alloggiare, una delle stanze più richieste della lussuosa struttura storica adornata da affreschi negli interni e da statue in marmo di epoca romana negli spazi esterni.

Sorrento, un angolo di paradiso

Il pittoresco centro storico di Sorrento, dove Lucio amava passeggiare, è un piccolo angolo di paradiso al pari dell’emozionante panorama sul blu del mare.

Lungo il dedalo di stradine, ci si imbatte in tipici negozietti che sono un trionfo di colori e di sapori, nelle botteghe artigiane, in deliziosi ristorantini, antichi edifici, suggestive chiese e imperdibili scorci che si aprono all’improvviso sul magico Golfo.

Cuore pulsante della città è Piazza Torquato Tasso, dove spicca la statua dello scrittore, si affaccia il raffinato Grand Hotel Vittoria, e inizia Corso Italia, la vivace via dello shopping.

A pochi passi, il Complesso Conventuale di San Francesco dall’interno di stile barocco e la magnifica Villa Comunale, a picco sul mare nell’abbraccio di alberi secolari, uno dei punti panoramici per eccellenza di Sorrento sul Golfo e sul Vesuvio: da qui, parte anche la stradina panoramica che raggiunge Marina Piccola e il porto di Sorrento dove il molo è stato intitolato proprio a Dalla.

Ecco poi la Cattedrale, dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, la Chiesa di Sant’Antonino Abate, la più frequentata intitolata al Patrono, e le favolose spiagge dove rilassarsi al sole: la Spiaggia di San Francesco, la Spiaggia di Puolo, i rinomati Bagni della Regina Giovanna e la Baia La Solara.

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Una nave sotterranea che racconta la storia del mare

Organizzare un viaggio in Danimarca, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni, è sempre un’ottima idea. Il Paese scandinavo, infatti, è un concentrato di meraviglie tutte da scoprire. A partire da Odense, la città natale dello scrittore Hans Christian Andersen, passando naturalmente per Copenhagen, la meravigliosa capitale caratterizzata da palazzi reali, da un porto colorato e dal celebre parco divertimenti Tivoli.

È proprio partendo dalla capitale che è possibile andare alla scoperta dei suoi suggestivi dintorni. A poco più di 40 chilometri dalla città, infatti, si può raggiungere Helsingør, la città nella regione di Hovedstaden che ospita il Castello di Kronborg, il Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 2020 che ha fatto da sfondo alla tragedia shakespeariana dell’Amleto, un vero e proprio punto di riferimento per tutte le persone che visitano questa parte del Paese.

Quello che non tutti sanno, però, è che in città esiste un altro luogo incredibile che è indissolubilmente legato alla storia del territorio. Si tratta di un museo, che ha la forma di una nave sotterranea, e che racconta la storia del mare. Curiosi di scoprirlo?

Benvenuti al Danish National Maritime Museum

Correva l’anno 2013 quando, a Helsingør, veniva inaugurato il Danish National Maritime Museum, il museo dedicato alla storia del mare e al suo antico legame con la Danimarca. Realizzato dagli architetti del gruppo BIG, l’edificio è stato ricavato all’interno di vecchie banchine d’approdo, poi prosciugate, e ripensato per evocare gli scenari che appartengono al mondo marino.

Visto da fuori, infatti, il museo sembra una grande nave di vetro sotterrata. L’impatto visivo è davvero straordinario al punto tale che, sin dalla sua inaugurazione, il Danish National Maritime Museum è stato proclamato come uno dei musei più belli e interessanti del mondo sia dalla BBC che dal National Geographic.

Oltre al design esterno, che merita da solo una visita, il museo ospita tutta una serie di locali e gallerie che conservano e valorizzano la storia del mare. All’interno dell’edificio, infatti, sono conservati secoli di storia del commercio marittimo del Paese, raccontati attraverso dipinti, foto, oggetti e fari. Non mancano neanche proiezioni sui muri e, modelli e ricostruzioni che popolano sale e locali ricavati dall’ex bacino di carenaggio.

La storia del mare ospitata da una nave sotterranea

Il museo, che si snoda su una superficie sotterranea di oltre 6.000 metri quadrati, è situato proprio nei pressi del Castello di Kronborg, che è visibile anche in lontananza. Lavorando su un vecchio sito, risalente al secolo scorso, gli architetti sono riusciti a costruire un gioiello di architettura contemporanea che impatta minimamente sull’ambiente.

Le gallerie che ospitano la storia del mare, infatti, sono situate tutte sotto terra e collegate con la superficie da passerelle che permettono ai visitatori di mettersi al centro di un percorso straordinario che attraversa presente e passato.

Molto più di un museo, il Danish National Maritime Museum è una vera e propria esperienza immersiva che tutti gli appassionati del mare dovrebbero vivere e condividere, anche in famiglia. Sono diversi, infatti, i giochi interattivi che coinvolgono grandi e bambini, tra i i quali anche quello che offre la possibilità di navigare, virtualmente, il mare attraversando diverse epoche.

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Puoi “volare” sul fiordo più bello d’Italia: l’esperienza mozzafiato

Esiste un posto, nel BelPaese, che da sempre incanta e ispira artisti, poeti, scrittori, pittori e viaggiatori. Un luogo di incredibile bellezza dove Madre Natura ha creato uno dei paesaggi più suggestivi e pittoreschi del nostro Stivale. Questo luogo si chiama Costiera amalfitana, e dal 1997 è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

La Costiera, lo sappiamo, non ha bisogno di presentazioni perché quell’immagine scenografica che popola le cartoline più belle di viaggio precede la sua fama. Non è un caso che migliaia di viaggiatori giungano qui ogni anno da tutte le parti del globo per attraversare, su ruote, quel delirio di curve che affacciano a strapiombo sul mare.

Un percorso panoramico e strabiliante, quello della Strada Statale 163, che permette di accedere ad alcune delle visioni più incredibili del mondo, e che consente anche di attraversare un piccolo paradiso terrestre: il Fiordo di Furore. Ma quella on the road non è l’unica possibilità per visitare questo tratto di costa che, in primavera e in estate, si può ammirare anche volando.

Da Furore a Conca dei Marini, in volo

Patrimonio Mondiale dell’Umanità, la Costiera amalfitana è uno dei luoghi più celebri del mondo intero grazie proprio alla bellezza naturalistica che contraddistingue tutto il paesaggio. Scorci fiabeschi e surreali, infatti, si alternano a borghi sospesi sul mare, incantando ed emozionando a ogni chilometro percorso.

La Strada Statale 163, che collega le località della costiera, è diventata la meta prediletta di tutti gli amanti dei viaggi on the road, e i motivi sono piuttosto intuibili. Come abbiamo anticipato, però, c’è un altro modo per ammirare i luoghi che caratterizzano questo territorio, sicuramente più andrenalinico e temerario, ma altrettanto mozzafiato. In primavera e in estate, infatti, è possibile volare sul fiordo più bello d’Italia, e ammirare scenari mozzafiato, grazie a una Zip-line che collega Furore a Conca dei Marini.

La  Zip-line sul fiordo più bello d’Italia: un sogno a occhi aperti

È un’esperienza, quella del volo dell’angelo, alla quale gli avventurieri più coraggiosi non possono rinunciare, soprattutto se questa permette di attraversare in sospensione alcuni dei paesaggi più belli del nostro stivale.

La Zip-Line che collega il Fiordo di Furore a Conca dei Massimi, infatti, consente di volare tra le mille sfumature di azzurro, del cielo e del mare, che si perdono all’infinito. Grazie al cavo di acciaio che collega i due punti, di altezze diverse, i più temerari potranno vivere un’esperienza unica e indimenticabile che attraversa uno dei fiordi più belli d’Italia.

Sospesi nel cielo, gli avventurieri potranno ammirare in velocità la splendida caletta incorniciata da ripidi scogliere, il mare azzurro e cristallino, e l’immenso patrimonio naturalistico che contraddistingue questo tratto di costa. Molto più di un’esperienza, il volo dell’angelo in Costiera è un vero e proprio sogno che si avvera.

L’avventura comincia a Schiato, nel comune di Furore, dal quale è possibile prepararsi per il volo che termina nella località di Punta Tavola. È possibile passeggiare tra le nuvole in solitaria o condividere l’esperienza in coppia. Il consiglio, comunque, è quello di aguzzare bene la vista e scorgere ogni dettaglio: il panorama della Costiera, visto dalle nuvole, è davvero superlativo.

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In questo museo puoi vivere un’esperienza “sottosopra”

L’arte è dinamica e in continuo movimento, nel corso dei secoli gli stili si sono susseguiti rispecchiando anche le esigenze del pubblico. Il luogo ideale per ammirare le grandi opere è senza dubbio il museo che a sua volta si è evoluto e ha cercato di rimanere al passo con i tempi trasformandosi. Accanto ai classici luoghi in cui ammirare i capolavori ci sono edifici che hanno abbracciato il concetto di arte sensoriale. Sì, perché ammirare un’opera vuol dire anche viverla in pieno e divertirsi e questo è il concetto che sta dietro al Museo del sottosopra a Yantai.

Il museo in cui tutto è sottosopra

In Cina, nella provincia dello Shandong e nello specifico nella città di Yantai gli amanti delle foto e dei selfie non vedranno l’ora di visitare il Museo del sottosopra. Ma di cosa si tratta? Il museo ha la caratteristica di avere al suo interno stanze con i mobili montati al contrario pronti a diventare i protagonisti di immagini bizzarre. Infatti basta scattare la foto, capovolgerla e in un attimo vi troverete a testa in giù o allungati sulle pareti per un effetto davvero realistico.

Yantai e il Museo del sottosopra

Fonte: Ipa

Uno scatto all’interno del Museo del sottosopra

Quello che caratterizza il museo è che si tratta della ricostruzione di un appartamento con le differenti stanze. Potete ad esempio reggervi in equilibrio con un dito sul letto, oppure passeggiare direttamente sul soffitto della camera da letto. I modi per realizzare foto divertenti e fuori dal comune non mancano, ad esempio potete far credere di stare per cadere nella tromba delle scale o essere provetti equilibristi rimanendo in bilico sulla bicicletta. Un’esperienza di sicuro curiosa e assolutamente da provare.

I musei fuori dal comune in giro per il mondo

Il Museo del sottosopra di Yantai non è l’unico al mondo di questo genere e non bisogna andare molto lontano per vivere un’esperienza simile. In Europa a pochi chilometri da noi, in Olanda ad Amsterdam ospita The Upside Down che ha lo stesso concept di quello di Yantai con qualche caratteristica in più. Qui le stanze oltre a rappresentare gli interni di una casa come la sala reale, offrono la possibilità di vivere un’esperienza immersiva nel vero senso della parola. All’interno di The Upside Down, c’è una piscina con palline di plastica trasparenti che si illuminano in base al colore preferito in cui immergersi e fare un tuffo particolare. Per chi sogna una vita da star e lo stile dei ricchi, invece, all’interno del museo c’è la riproduzione di un jet privato tutto rosa.

Museo del sottosopra a Yantai in Cina
Un divertente scatto all’interno del museo

Non solo sottosopra, i musei possono diventare un luogo in cui giocare e sperimentare illusioni ottiche e per farlo basta rimanere in Italia. A Roma, infatti, c’è il Museo delle Illusioni il luogo in cui è possibile fare nuove esperienze per tutte le età. Oltre alla Stanza del Sottosopra, ci si potrà liberare della forza di gravità all’interno della Stanza dell’Infinito o vivere un’esperienza divertente e insolita all’interno del Vortex Tunnel, in cui tutti i sensi verranno ingannati.

Di sicuro questi musei così particolari sono l’occasione giusta per concedersi qualche momento di svago e leggerezza e vivere l’arte a 360°.

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In una città italiana è avvenuta una scoperta che “cambierà la storia”

Nel 2019, lungo le mura di una meravigliosa e antica città italiana, è stato scoperto un sontuoso e prezioso santuario. Nel corso degli anni i lavori di ricerca sono continuati, e in questi gironi hanno riportato alla luce tesori di vero pregio.

Nuove scoperte nel tempietto di Paestum

Ci troviamo a Paestum, un’antica città della Magna Grecia in provincia di Salerno dove, grazie ai lavori messi in atto per riportare alle luce un santuario scoperto nel 2019, stanno emergendo incredibili sorprese.

In questi giorni, grazie al al lavoro di una squadra di archeologi coordinata da Francesco Mele, sono stati fatti molti ritrovamenti preziosi come un basamento in pietra con tanto di gradini d’accesso e la delimitazione della cella che ospitava la divinità. Poi ancora le decorazioni in terracotta colorata del tetto che presentano persino dei gocciolatoi a forma di leone.

Tantissimi sono anche gli ex voto che sono ritornati in superficie, ma a colpire più di altri è stato senza dubbio un eros a cavallo di un delfino, un’immagine che potrebbe rimandare al mitico Poseidone, il dio del mare che ha dato il nome a questa antica e magnifica città.

Ma non è finita qui, perché gli scavi hanno reso possibile il ritrovamento anche di una gorgone, di un’Afrodite e ben sette teste di toro. Se vi state chiedendo perché dal 2019 tutti questi tesori sono emersi solo oggi la risposta è molto semplice: questi lavori furono in realtà avvitati nel 2020, per poi essere bloccati dalla pandemia e quindi ripresi solo da qualche mese.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Tiziana D’Angelo, direttrice del Parco Archeologico di Paestum e Velia, ha dichiarato all’ANSA che questo è uno scavo che promette di “cambiare la storia conosciuta dell’antica Poseidonia”.

Una scoperta davvero unica e che “accende una luce molto interessante sulla vita religiosa antica”, come ha dichiaro dg musei Massimo Osanna ricordando che le ricerche archeologiche fatte a Paestum negli anni ’50 intorno ai templi maggiori non furono scientificamente documentate.

Mentre D’Angelo, sempre all’agenzia ANSA, ha sottolineato che: “Quello che oggi ci troviamo davanti è il momento in cui il santuario, per motivi ancora tutti da chiarire, viene abbandonato, tra la fine del II e l’inizio del I sec. a C”.

Cosa dimostrano le analisi

Le analisi condotte fino a questo momento hanno dimostrato che le decorazioni risalgono al primo quarto del V secolo a C., quando nella colonia greca erano già stati costruiti alcuni dei più importanti edifici come il tempio di Hera e quello di Atena.

In riferimento al tempietto, Gabriel Zuchtriegel, ex direttore di Paestum e oggi alla guida di Pompei, ha invece fatto sapere che: “È il più piccolo tempio periptero dorico che conosciamo prima dell’età ellenistica, il primo edificio che a Paestum esprime pienamente il canone dorico. Quasi un modello in piccolo del grande tempio di Nettuno“.

Assolutamente eccezionale però è anche la distesa di oggetti da poco rinvenuta: sono dei piccoli ma preziosi capolavori di artigianato. Insomma, come ha dichiarato la direttrice del parco sempre all’ANSA, Paestum è :”Ogni giorno una sorpresa”.

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Puoi entrare in un’opera d’arte e attraversare l’arcobaleno

Sono scrigni delle meraviglie, sono i protettori di tesori, oggetti, capolavori e storie che riguardano le culture e le tradizioni di città, Paesi e popolazioni, dell’umanità intera, sono i luoghi sacri alle Muse, le protettrici delle arti e delle scienze. Sono i musei del mondo, luoghi da conoscere e da esplorare.

Indipendentemente dalle dimensioni, dalle origini e dalle destinazioni, vale sempre la pena inserire una visita a un museo nei nostri itinerari, perché sono proprio questi a raccontarci l’anima dei luoghi che visitiamo. Alcuni edifici, poi, sono così straordinari, per forme, lineamenti e collezioni, che valgono da soli il viaggio.

Tra i musei da visitare almeno una volta nella vita c’è sicuramente l’ARoS Aarhus Kunstmuseum situato nella città di Aarhus in Danimarca. Non solo perché è uno dei più grandi musei di tutta Europa ma anche perché è qui che si può vivere una delle esperienze più incredibili di sempre: entrare in un’opera d’arte e attraversare l’arcobaleno.

Your Rainbow Panorama

I musei, dicevamo, non solo solo spazi espositivi che ospitano mostre permanenti o temporanee, ma sono dei veri e propri gioielli da conoscere e da esplorare. Dei capolavori artistici e architettonici da contemplare, conoscere e attraversare.

L’ARoS Aarhus Kunstmuseum è uno di questi. Fondato nel 1985, il museo ha inaugurato la sua nuova e attuale sede nell’aprile del 2004, mostrandosi al mondo intero con un edificio grandioso che si snoda su una superficie di oltre 20.000 metri quadrati e che ospita ben 10 piani. Progettato dallo studio di architettura Schmidt Hammer Lassen, l’ARoS Aarhus Art Museum è oggi considerato uno dei più grandi e importanti musei d’arte moderna di tutto il nord Europa.

Al suo interno sono ospitate numerose mostre, permanenti e temporanee. Non mancano un negozio d’arte, una caffetteria e un ristorante. La vera attrazione dell’edificio però, come lo sguardo stesso può confermare, si trova in cima alla struttura. Nel 2011, infatti, è stata aggiunta una passerella sospesa e circolare, si tratta di Your Rainbow Panorama, un’installazione firmata dall’artista Ólafur Elíasson, che rende l’esperienza all’interno del museo davvero unica.

Your Rainbow Panorama

Fonte: 123rf

Your Rainbow Panorama

Un arcobaleno da attraversare: l’esperienza da sogno

Una visita all’ARoS Aarhus Kunstmuseum, dicevamo, è qualcosa che tutti dovremmo concederci almeno una volta nella vita. Non solo per ammirare i tesori conservati, ma anche perché è qui che è possibile entrare all’interno di un’opera d’arte e attraversare l’arcobaleno.

Your Rainbow Panorama, infatti, è proprio questo. Un arcobaleno circolare e sospeso, situato a 50 metri d’altezza che offre la possibilità di vivere un’esperienza mozzafiato. L’installazione, caratterizzata da una vetrata circolare formata da pannelli di colori differenti, affaccia direttamente sulla città consentendo ai visitatori di ammirare gli scorci più spettacolari di Aarhus che si aprono passo dopo passo.

Camminando all’interno dell’opera, e guardando verso l’esterno, si ha come l’impressione di trovarsi proprio dentro un arcobaleno. E se l’esperienza è incredibile a ogni ora del giorno, è di notte che diventa magica. Quando il sole lascia spazio al crepuscolo, infatti, i soffitti bianchi si illuminano rendendo il complesso un arcobaleno fluttuante che annulla i confini visibili tra gli interni e gli esterni. È in quel momento che i visitatori possono diventare i protagonisti di un’opera d’arte effimera e straordinaria.

Your Rainbow Panorama, l'installazione permanente all'ARoS Aarhus Kunstmuseum

Fonte: iStock/Jens-Jensen

Your Rainbow Panorama, l’installazione permanente all’ARoS Aarhus Kunstmuseum
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Kyushu, l’isola dove scoprire la cultura onsen giapponese

Nel settore del wellness, grande importanza rivestono le mete turistiche caratterizzate da stabilimenti termali e sorgenti d’acqua curativa: anche in Giappone ci sono molte destinazioni dove immergersi nella cultura “onsen”, termine con il quale viene designata proprio la stazione termale, che sia essa all’aperto o al coperto, pubblica o gestita privatamente. In questi luoghi ci si può rilassare completamente, sfruttando i benefici delle acque calde e della stessa atmosfera intima. Per vivere questa esperienza, l’ideale è dirigersi verso l’isola di Kyushu. Andiamo alla scoperta di questo posto meraviglioso.

L’isola di Kyushu, tra terme e paesaggi lussureggianti

Caratterizzata da un clima subtropicale, l’isola di Kyushu vanta panorami davvero incantevoli: è la terza per grandezza tra quelle che formano l’arcipelago giapponese, situata a sud-ovest rispetto all’isola principale di Honsu. Il suo paesaggio è prevalentemente montuoso, ed è qui che sorge il vulcano attivo più alto del Paese. Si tratta del Monte Aso, responsabile dei movimenti tettonici che danno vita alle numerose sorgenti termali di cui Kyushu è così ricca. Ma non solo: le eruzioni e le colate laviche hanno anche modellato le sue coste frastagliate, lungo le quali spuntano tantissimi isolotti rocciosi, e creato un microclima dove gli agrumeti hanno trovato il loro habitat.

Ma torniamo alle terme e alla cultura onsen. Uno dei centri principali del Paese è la città di Yufuin, situata nella prefettura di Oita. Qui si trovano le sorgenti più calde del Giappone intero, cosa che ha reso la meta un’attrazione molto popolare per i turisti alla ricerca di un’esperienza wellness. Il centro abitato si trova lungo il bacino di un fiume, circondato dalle montagne e da vaste campagne, dove a prevalere sono le risaie. Ecco perché le mattine invernali sono caratterizzate da una leggera nebbiolina che sembra sgorgare dalla terra, offrendo un panorama quasi magico.

Diversi ryokan tradizionali, ovvero locande tipiche del periodo Edo (tra il ‘600 e l’800) che sono rimaste ancora immutate nel tempo, si alternano ad hotel ben più moderni e lussuosi, per soddisfare davvero ogni esigenza. Ma le vere protagoniste sono le acque termali, che sembrano avere importanti proprietà curative. Sono da sempre impiegate per combattere nevralgie, artriti e dolori muscolari, ma anche problemi gastrointestinali e disturbi della pelle. Alcune sorgenti offrono anche acqua da bere, per trattare patologie come il diabete, l’obesità e il rallentamento del transito intestinale.

Cosa vedere sull’isola di Kyushu

Oltre a Yufuin, c’è un’altra località turistica molto conosciuta per i suoi bagni termali. Si tratta di Beppu, il cui territorio è costellato di sorgenti d’acqua calda che, in alcuni casi, vengono persino ritenute sacre. In totale, si stima che qui scorrano più di 70mila metri cubi d’acqua al giorno: non sorprende che i turisti vi si rechino per trarne beneficio. Ma lasciamo da parte gli onsen e immergiamoci nelle altre bellezze di questa regione. Per chi ama la natura incontaminata, uno dei luoghi più suggestivi è la Gola di Takachiho: uno stretto passaggio tra rocce vertiginose e ricoperte di muschi, scavato dal fiume e da splendide cascate.

È invece nella città di Usuki che si può ammirare una bellissima collezione di Buddha in pietra vulcanica, probabilmente scolpiti nel XII secolo (per ragioni che rappresentano ancora un mistero). Alcuni di essi sono considerati tesoro nazionale del Giappone. Sempre ad Usuki, ci si può tuffare nell’atmosfera dei samurai lungo la Nioza Historical Road, dove si trovano numerosi templi antichi e due residenze nobiliari da visitare. Infine, un’ultima tappa non può che essere Nagasaki, che fu teatro del secondo bombardamento atomico, un evento che ha lasciato segni drammatici sul territorio.

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Questo palazzo sospeso sull’acqua è un gioiello da scoprire

Venezia rappresenta il mix perfetto tra tante culture, una fusione che si riflette soprattutto nella sua intrigante varietà architettonica. È proprio questa particolarità che la rende unica nel suo genere, in quello che oggi è un continuo viavai di persone. Ma questo stesso viavai c’era anche in passato, come testimoniato perfettamente dai fondachi.

Ce n’è uno che attira subito l’attenzione: è sospeso sull’acqua, quasi una magia dei costruttori del passato, un vero e proprio gioiello da scoprire nel dettaglio. Il Fondaco dei Tedeschi può “raccontare” l’evoluzione del commercio veneziano (ma anche globale) dal ‘500 ai giorni nostri, ecco perché può essere considerato uno dei simboli principali della località lagunare.

Mezzo millennio di storia

Il Fondaco o Fontego dei Tedeschi che possiamo ammirare oggi non è in realtà l’edificio costruito originariamente. L’attuale Fondaco ha infatti visto la luce nel 1508, subito dopo l’incendio che distrusse per sempre un altro palazzo simile che era stato voluto con forza da Venezia tre anni prima.

La nuova scelta architettonica fu innovativa, ma geniale. A differenza di altri palazzi del Canal Grande, non vennero usate decorazioni in marmo, ma si puntò sull’estro di Giorgione e Tiziano per affrescare il Fondaco. In poco tempo diventò il punto d’approdo principale delle merci dei mercanti tedeschi (da qui il nome). Sempre in questo edificio, chi parlava in tedesco poteva definire accordi e scambiare altra merce.

Fondaco dei Tedeschi illuminato

Fonte: iStock/Massimo Brucci

La suggestiva facciata di Fondaco dei Tedeschi illuminata

Fu persino la residenza di una delle più importanti famiglie di banchieri teutonici, i Fugger. Oggi invece è stato riconvertito in centro commerciale di lusso con annesso polo culturale: dal 2016 il successo del Fondaco dei Tedeschi in questa nuova “veste” è stato crescente, tanto è vero che ogni anno milioni di persone si recano in questo luogo.

I 9mila metri quadri di esposizione e i 5 piani del palazzo sospeso sull’acqua rappresentano un punto di riferimento per lo shopping veneziano. Non solo moda e accessori, qui si trova praticamente di tutto, dai vini pregiati ai prodotti di bellezza, passando per profumi, orologi e cibo raffinato.

Una tappa che non ci si può lasciare sfuggire è senza dubbio la terrazza panoramica, l’ideale per ammirare lo skyline di Venezia da un punto privilegiato, una vista incredibile che domina il Ponte di Rialto e che fa innamorare perdutamente della città. Shopping, ma anche tanta cultura: il Fondaco dei Tedeschi conservava opere di valore inestimabile, tra cui capolavori del Veronese e del Tintoretto. Se n’è persa traccia, ma quello che è rimasto rende la visita al palazzo ugualmente speciale

Arte e cultura: il Fondaco dei Tedeschi oggi

La storia dell’edificio può essere apprezzata negli antichi caminetti che impreziosiscono gli interni e nelle arcate dall’eleganza innegabile, ma anche nei piccoli dettagli. Una piacevole sorpresa si può scovare sotto i davanzali delle finestre centrali in cui il doppio giglio e il pentacolo con due mazze rappresentano probabilmente gli stemmi dei banchieri Fugger.

L'edificio storico Fondaco dei Tedeschi

Fonte: iStock

Lo storico edificio Fondaco dei Tedeschi a Venezia

Il Fondaco dei Tedeschi è aperto tutti giorni, dalle 9:30 alle 19:30 da ottobre a marzo e dalle 9:30 alle 21:30 da aprile a settembre. Per salire sul tetto bisogna armarsi di pazienza, visto che non possono accedere più di 80 persone alla volta. Le mostre, infine, sono in continua evoluzione e accontentano qualsiasi esigenza: sono dedicate agli antichi aspetti della vita commerciale di Venezia, ma anche all’arte contemporanea e a quella fotografica. Una volta entrati, la visita alla città lagunare non sarà più la stessa.

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Piobbico, gioiello incastonato in una vallata tra i monti delle Marche

Sorge in una vallata, stretta tra i verdeggianti versanti dei monti Nerone e Montiego, l’affascinante borgo di Piobbico, in provincia di Pesaro Urbino. La sua storia è ammaliante quanto il superbo contesto naturalistico in cui è inserito, e trasporta i visitatori in quel lontanissimo passato medievale che lo vide fiorire, ancora impresso nelle sue architetture civili e religiose, su cui domina tronfio il Castello Brancaleoni. C’è anche una curiosità che contraddistingue questo gioiello delle Marche: Piobbico è conosciuto come ‘il paese dei brutti’.

Piobbico: un po’ di storia

Per l’origine del nome ‘Piobbico’ bisogna risalire all’epoca romana. In seguito alla guerra sociale, tutti i territori che non si erano ribellati a Roma avrebbero dovuto ottenere il ‘diritto di cittadinanza’, tuttavia la parte a ridosso del monte Nerone rimase esclusa dalle suddette assegnazioni, rimanendo ager publicus. Negli anni ‘publicus’ evolse in ‘plobicus’, ‘plobici’ fino all’attuale Piobbico.

I fiumi e le cavità naturali che caratterizzano il territorio hanno favorito l’insediamento fin dalla preistoria, per poi proseguire con Etruschi e Romani. La vera storia del paese ha, però, inizio con la famiglia feudataria Brancaleoni, che si stabilì in queste terre prima dell’anno Mille, dominandole per quasi cinque secoli. Sono gli anni in cui sorsero il castello, il borgo, le chiese e le varie ville e villaggi attorno. Piobbico divenne comune autonomo solo nel 21 dicembre 1827, per decreto di Leone XII.

Visita al borgo di Piobbico

Simbolo di Piobbico è il Castello Brancaleoni, eretto nel XIII secolo, probabilmente sui resti di preesistenti costruzioni, e trasformato nel Cinquecento in una splendida dimora rinascimentale, che risentì dell’influenza della vicina Urbino. Si presenta come un complesso di costruzioni aggiuntesi al nucleo primitivo che si allungano sul crinale del roccione dominante il centro del bacino dove poggia il borgo marchigiano. Una delle sale di maggior pregio del Castello è la “sala del Leon d’Oro”, riccamente decorata, alla cui sinistra si trova la cosiddetta “Camera Romana”, per le scene di vita romana in stucco e dipinte nella volta, mentre a destra è la “Camera Greca”, del conte Antonio II, affrescata con episodi tratti dalla mitologia greca. Restaurato di recente, il Castello ospita oggi il Museo Civico Brancaleoni, e i suoi spazi vengono spesso utilizzati per manifestazioni ed eventi culturali, come concerti, convegni e mostre d’ arte.

Il borgo medievale, detto popolarmente il Borghetto, costituisce insieme al Palazzo Brancaleoni la vera anima antica di Piobbico. Si compone di un paio di viuzze e di alcuni vicoli chiusi, attorno ai quali sorgono le piccole case unite tra loro, per scopo difensivo. Punto di incontro di questo tracciato ad anello è la Chiesa di S. Pietro con la piazzetta antistante, collocata a metà della rampa di accesso al Castello, che si presenta con un elegante portale cinquecentesco, unico elemento decorativo della sobria facciata, e al cui interno custodisce una pala d’altare raffigurante il santo attribuita a Giorgio Picchi.

Il più antico edificio di culto del territorio piobbichese è, invece, il santuario di Santa Maria in Val d’Abisso, risalente almeno all’XI secolo, sorto proprio ai piedi del monte Nerone, nel luogo in cui, secondo la tradizione, sarebbe stata rinvenuta l’immagine della Madonna, oggi conservata al suo interno. Altrettanto affascinanti, la Chiesa di Sant’Antonio, nella piazzetta omonima, e la Chiesa di Santo Stefano, in stile barocco, riedificata dai Brancaleoni nel 1784 dopo il terremoto, che custodisce la pala “Riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto” di Federico Barocci.

Passeggiando lungo le stradine ripide e acciottolate del Borghetto, si possono notare i caratteristici edifici costruiti o con la pietra rossa del Montiego, o con corniola bianco-latte, che conservano gli antichi elementi architettonici, come stipiti e architravi, in travertino bianco ricavato dal monte Nerone.

Durante i lavori di restauro di una casa nel centro storico di Piobbico, è venuta alla luce una fornace di età romana che presenta tre camere di cottura distinte e un complesso sistema per il convogliamento dell’aria calda. Si tratta di una vera e propria officina situata sotto il Palazzo Brancaleoni, collegato al nucleo principale del paese medievale, che sta sull’altra sponda del Candigliano, mediante un ponte.

Perché Piobbico è ‘il paese dei brutti’

Oltre che per le sue bellezze paesaggistiche, storiche e architettoniche, Piobbico è noto anche per essere ‘il paese dei brutti’. Ma da dove arriva questo appellativo? Il Club dei brutti (o World Association of the Ugly People) è un’associazione internazionale fondata nel 1879 nel borgo in provincia di Pesaro Urbino, che oggi ha lo scopo di sensibilizzare sul tema dell’apparenza nella società moderna. La sua istituzione è stata motivata dall’esigenza di “maritare le zitelle del paese”, in quanto non sposarsi a causa del proprio aspetto causava problemi anche economici per le famiglie. In pratica, svolse funzioni simili a quelle di un’agenzia matrimoniale.

L’associazione è stata poi rilanciata intorno al 1960 con il nome di “Associazione Nazionale dei Brutti”, che nel 2008 dichiarava come suo scopo la “sensibilizzazione ad una corretta cultura dell’apparenza e la lotta al culto della bellezza della moderna società della comunicazione” e “combattere il culto esagerato della bellezza”. Nello stesso anno ha inaugurato un monumento ai brutti nel paese di Piobbico. Nella prima domenica di settembre, si svolge ogni anno nel borgo il Festival dei Brutti, in concomitanza con la rinomata Sagra della Polenta alla Carbonara.

Il sentiero dei folletti e altre meraviglie nei dintorni

I fiumi, le valli, i monti che circondano Piobbico offrono un’infinità di percorsi, tra cui il fiabesco Sentiero dei Folletti, da dove poter ammirare lo splendore del Monte Nerone e il borgo antico del Castello. Un breve itinerario adatto a tutti, percorribile in circa mezz’ora tra andata e ritorno, che regala un panorama unico del paese marchigiano.

Sulle alture del borgo sono presenti altre rocche e castelli parzialmente ridotti in ruderi, che fungevano da posti di guardia, eremi, o vecchie abitazioni dei Brancaleoni. Tra questi spicca l’eremo di Morimondo, la cui esistenza è già attestata all’inizio del secolo XIII, sede di una comunità ascetica che praticava la regola di san Pier Damiani.

Su un picco appartenente al massiccio del monte Nerone, a strapiombo sul borgo di Piobbico, ci si imbatte nella primitiva dimora dei Brancaleoni, il Castello di Mondellacasa (nome con il quale vennero designati i signori del paese), di cui oggi restano solo pochi ruderi, i Muracci. Nel corso del XIII e XIV secolo, abbandonarono questo antico maniero per trasferirsi più a valle nel castrum di Piobbico.

Domina, invece, il lato sinistro del corso superiore del fiume Candigliano il Castello dei Pecorari, eretto alla fine del XII secolo, che nel 1446 passò dalle mani dei Brancaleoni a quelle dei loro rivali Ubaldini, per volontà di Federico da Montefeltro, signore di Urbino. Del maniero si può ammirare ancora intatta la struttura dell’imponente mastio.

Ogni periodo storico ha lasciato tracce a Piobbico, basti pensare che in una grotta nei dintorni sono state ritrovate ossa di Ursus spelaeus risalenti a migliaia di anni fa, il cui scheletro ricostruito è esposto nel Museo Civico. Insomma, chi viene in visita in questi luoghi torna a casa con un bagaglio di sorprese e di emozioni davvero infinite.

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In Provenza, sulle tracce di Pablo Picasso

Pittori e scrittori hanno da sempre celebrato la Provenza. Un nome su tutti: Pablo Picasso. Il grande artista di nazionalità spagnola scelse questa regione del Sud della Francia per creare le sue opere d’arte, amare e… morire. Tanto che i suoi dipinti, le sue donne e le sue amicizie hanno segnato queste terre a tal punto da identificarsi con l’artista stesso.

Disegni, pitture e ceramiche, ma anche la volta di una cappella portano il suo nome e si possono scoprire ad Arles, Aix-En-Provence, Avignone, Vallauris e Antibes.

A cinquant’anni dalla morte di Picasso, avvenuta l’8 aprile del 1973 a Mougins, ripercorriamo un itinerario che segue i suoi passi. Il più grande pittore del XX secolo ha trascorso la maggior parte della vita nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra e il tour sulle orme di Picasso nel Sud della Francia comprende alcune tappe che hanno ispirato la sua vita e la sua creatività.

Picasso ad Antibes

Negli anni di soggiorno di Picasso sulla Costa Azzurra, la città di Antibes propose all’artista di sfruttare parte dell’allora Castello Grimaldi come atelier. Al termine del soggiorno durato solo due mesi nel 1946, il pittore lasciò alla città 23 dipinti e 44 disegni. Nel ’48 Picasso arricchì la collezione donando 78 ceramiche realizzate nell’atelier Madoura di Vallauris. Nel 1966, per rendere omaggio a Pablo Picasso, il Castello Grimaldi divenne ufficialmente il Museo Picasso, il primo museo dedicato all’artista. Nel 1991, infine, il lascito di Jacqueline Picasso, la sua ultima compagna di vita, permise di arricchire ulteriormente la collezione.

Picasso a Vallauris

Picasso scoprì nel 1936 la “città dei cento vasai ” e ci andò a vivere tra il ‘48 e il ‘55 cimentandosi nel modellare la terra. Le ceramiche prodotte in questi anni sono una dimostrazione ulteriore del suo genio. Nel ‘59, dipinse “La Guerra e la Pace” nella cappella sconsacrata del castello trasformando l’antico santuario abbandonato in una sorta di Tempio della Pace. Il castello è diventato il Museo Nazionale Pablo Picasso. Ma a Vallauris l’artista lasciò anche una delle sue più celebri sculture, per ringraziare la popolazione della calorosa accoglienza: “L’uomo con la pecora” che si può ammirare nella piazza del mercato nel centro cittadino.

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Fonte: @SiVIaggia – Ilaria Santi

La cappella affrescata da Picasso nel castello di Vallauris

Picasso e Mougins

Picasso conobbe il borgo di Mougins, nell’entroterra di Cannes, grazie a un fotografo che lo immortalò in alcuni suoi scatti intimi. Decise allora di acquistare una proprietà nel 1961, il Mas Notre-Dame-de-Vie, che lui stesso definiva “la casa dei miei sogni” e dove si spense nel ’73 all’età di 91 anni. Dalla villa poteva ammirare la baia di Cannes, le colline intorno al villaggio fino al Massiccio dell’Estérel.

Il periodo trascorso in solitudine a Mougins fu particolarmente intenso dal punto di vista artistico per Picasso. La moglie Jaqueline che gli fu accanto fino alla fine e che lui chiamava affettuosamente “la spagnola” fu la sua ultima musa. La casa venne venduta nel 2017 per 170 milioni di euro. Oggi, Mougins è conosciuto come borgo degli artisti per via dei tantissimi atelier che sono stati aperti da allora.

Mougins Francia

Fonte: Ph Aurore Kervoern – iStock

Il borgo di Mougins

Picasso a Saint-Tropez

Come Henri Matisse e Paul Signac, anche Picasso frequentò regolarmente la cittadina di Saint-Tropez. In particolare, trascorse l’estate del ‘51 con Geneviève Laporte, con cui ebbe una relazione, nella casa dello scrittore Paul Eluard. Geneviève è il soggetto di numerosi ritratti e nudi eseguiti dall’artista, tra i quali il celebre disegno “L’Odalisca”.

Picasso ad Aix-en-Provence

Ad Aix sarebbe dovuto nascere nel 2021 il più grande museo al mondo dedicato a Picasso, voluto da Catherine Hutin-Blay, figlia di Jacqueline Roque, ultima moglie di Picasso. Il museo avrebbe dovuto trovare spazio all’interno dell’ex convento dei Predicatori, ma al momento il progetto è rimasto in stand-by. Si possono però ammirare alcune opere di Picasso al Museo Granet di Aix-en-Provence.

Aix-en-Provence

Fonte: iStock

Il centro storico di Aix-en-Provence

Picasso ad Arles

La passione dell’andaluso Picasso per la Spagna e per le sue tradizioni (era nato a Malaga), prima fra tutte la corrida, e l’ispirazione che la Camargue aveva dato a un altro celeberrimo artista, Vincent Van Gogh, lo portarono spesso ad Arles. Il Museo Réattu della città ospita ben 57 disegni donati dallo stesso Picasso un paio di anni prima della morte. Tra questi, il Ritratto di Maria (la madre dell’artista), risalente al 1923, e il Ritratto di Lee Miller (una delle sue ultime muse), vestita da Arlesiana, dipinto nel 1937.

Picasso a Les Baux-De-Provence

Le vecchie cave di Les Baux-De-Provence, nelle Alpilles, un gruppo di colline in Provenza, videro Picasso partecipare come attore, nel 1959, nella cornice della “Cattedrale di immagini”, alle riprese del “Testamento d’Orfeo”, un film realizzato dal suo amico Jean Cocteau. Ancora oggi lo si può vedere nello stesso luogo, le Carrières de Lumières.

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Fonte: 123rf

Le cave di Les Baux-De-Provence

Picasso ad Avignone

Picasso scelse di trascorre l’estate del 1914 ad Avignone, vicino ai suoi amici pittori Georges Braque e André Derain e qui realizzò due grandi tele, fra cui “Il ritratto di ragazza” (sintesi di diverse tecniche: papiers collés, materiali e trompe l’oeil) e delle splendide nature morte, come “Natura morta verde”. Il Museo Angladon espone, al piano terra, in una sala dedicata ai Maestri degli anni ’20, numerose sue opere, fra cui i famosissimi “Arlecchino” e “Finestra aperta sul mare”.

Picasso a Vauvenargues

Il piccolo Comune dell’entroterra provenzale a una quindicina di chilometri da Aix-en-Provence è l’ultima tappa del viaggio sulle orme di Pablo Picasso. Il castello del XIII secolo venne venduto all’artista nel 1958 ed è qui che Picasso è sepolto, davanti alla scalinata principale del castello, insieme alla sua ultima moglie. Le finestre della residenza affacciano sulla montagna Sainte-Victoire, la stessa che Paul Cézanne aveva dipinto sotto mille luci diverse, in ogni stagione dell’anno.

Quando Picasso informò il suo mercante d’arte Daniel-Henry Kahnweiler dell’acquisto pare gli abbia detto “Ho comprato la Sainte-Victoire di Cézanne” e che l’altro gli abbia chiesto quale dei tanti, ma che la risposta di Picasso sia stata “L’originale”, riferendosi alla collina vera e propria, visto che della proprietà fa parte anche una porzione della montagna.

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Fonte: 123rf

Il castello di Vauvenargues dove si trova la tomba di Pablo Picasso

Alcune delle pareti interne del castello sono decorate con affreschi realizzati dallo stesso Picasso – tra cui quelle del bagno – e per questo motivo l’edificio è diventato un monumento storico. Il castello, arredato e decorato dall’artista, da allora è appartenuto alla figlia di Jacqueline, Catherine, erede di Picasso, ma non è visitabile, se non in circostanze speciali.