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Il restauro del Ninfeo, capolavoro rinascimentale a Villa Giulia

Il Ninfeo, capolavoro rinascimentale di Bartolomeo Ammannati custodito da tempo nella bellissima cornice di Villa Giulia a Roma, avrà una nuova vita. Sphere Italia e il Museo Nazionale Etrusco hanno annunciato, infatti, il restauro dell’opera in nome della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale italiano. La Direzione generale Musei vuole mantenere una manutenzione programmata dei beni culturali del nostro Paese come investimento per il futuro e questo restauro per i prossimi quattro anni è un passo in questa direzione.

“Grazie a un virtuoso esempio di collaborazione pubblico-privato e al mecenatismo favorito dall’Art bonus, Villa Giulia amplia la sua offerta al pubblico e realizza uno degli obiettivi del nostro Ministero, e in particolare della Direzione generale Musei, quello della manutenzione programmata del nostro patrimonio” ha dichiarato  Massimo Osanna, Direttore generale Musei. E ha aggiunto: “Un intervento che speriamo contribuisca a favorire altri casi di collaborazione, nella consapevolezza che il patrimonio culturale è un bene comune, da conservare e valorizzare a vantaggio dell’intera comunità”.

Chi vuole potrà visitare il Ninfeo dopo quasi dieci anni in cui non era possibile scendere lungo le rampe di accesso e passeggiare vicino alle fontane monumentali della costruzione. Anche i disabili potranno raggiungere il magico luogo grazie a un impianto servoscala ad hoc e ammirare da vicino le sculture e tutti i preziosi dettagli dell’opera rinascimentale. L’importanza di non trascurare i tanti beni culturali e artistici del nostro paese dovrebbe essere sempre al primo posto quando si pensa a stanziare fondi pubblici. Gli agenti climatici e l’usura del tempo minacciano nel corso degli anni opere prestigiose e fondamentali per la memoria, pertanto restauri e manutenzione sono due parole che hanno un peso definitivo.

Cariatidi Ninfeo Villa Giulia

Fonte: Ufficio stampa

Le cariatidi del Ninfeo di Villa Giulia

Il Ninfeo di Villa Giulia: un’opera da preservare

Il Ninfeo originariamente era un luogo sacro alle ninfe per la civiltà romana e quella greca, ma poi divenne un luogo di relax dove trascorrere alcuni momenti leggeri tra giochi d’acqua e natura. La fontana progettata da Ammannati che sognava un teatro di acqua su tre livelli, ornato di stucchi e tante statue, è il cuore dei suggestivi e raffinati giardini di Villa Giulia, a Roma. Le otto cariatidi erette a emiciclo che sorreggono la balconata in marmo travertino e il mosaico per Tritone rendono preziosa e unica questa opera oggetto di un restauro conservativo finanziato attraverso l’Art Bonus di Sphere Italia.

Un lavoro accurato e professionale riporterà il Ninfeo all’antico splendore per poi poter essere ancora più ammirato dai visitatori italiani e internazionali. Non solo, perchè sarebbe possibile anche riattivare le fontane con le statue dell’Arno e del Tevere al secondo livello, come ha dichiarato Luana Toniolo, Direttrice del Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. “Il progetto parte dallo studio delle tubature antiche e del rapporto con l’acquedotto dell’Acqua Vergine e permetterà di ristabilire il flusso d’acqua che arricchirà il Ninfeo di preziosi giochi d’acqua. Il contributo fondamentale per la manutenzione programmata ci permetterà inoltre di prenderci cura del fragile equilibrio conservativo del Ninfeo, sospeso tra acqua e terra.” ha precisato.

Il Ninfeo si presenta affiancato da due grandi nicchie simmetriche con due fontane che rappresentano i fiumi Tevere e Arno. Il primo ha una lupa e il secondo un leone. Queste statue rispettano la tradizione, adagiate su un fianco e poste all’interno di nicchie decorate a stucco con alcuni elementi vegetali. Un ventaglio di marmi policromi caratterizza questa opera, passando dai toni del giallo antico al verde e pavonazzetto, venati di bianco per uno stile raffinato molto apprezzato nel ‘500. Due vasche di marmo accoglievano un tempo l’acqua dalle anfore su cui poggiano queste figure, e oggi grazie a questo restauro si vuole ripristinare l’impianto idrico.

Progetto Ninfeo Villa Giulia

Fonte: Ufficio stampa

Progetto del Ninfeo di Villa Giulia

Il patrimonio di Villa Giulia

Costruita da papa Giulio III a cui deve il nome, tra il 1550 e il 1555 in una zona di Roma nota come la “Vigna Vecchia”, Villa Giulia è una costruzione rinascimentale che funzionava come residenza estiva e si trova lungo l’attuale viale delle Belle Arti. Vari artisti hanno preso parte ai lavori: Taddeo Zuccari, Pietro Venale, Prospero Fontana si occuparono della parte pittorica, mentre Giorgio Vasari, Bartolomeo Ammannati e Jacopo Barozzi da Vignola pensarono all’impianto architettonico. Il tutto con la supervisione di Michelangelo, come confermano fonti ufficiali.

Dopo la morte di papa Giulio III, il nuovo papa Paolo IV Carafa confiscò tutte le proprietà del predecessore e la villa fu divisa e una parte dei giardini andò alla Camera Apostolica. L’uso della costruzione principale invece fu riservata ai Borromeo, nipoti del papa Pio IV Medici di Marignano. Rimase proprietà della Curia romana per diverso tempo per poi passare allo Stato italiano nel 1870 con la presa di Roma. Così divenne la sede del Museo nazionale etrusco fino a oggi, un museo statale dedicato alla civiltà etrusca famoso in tutto il mondo.

Come in gran parte delle ville rinascimentali della capitale, anche a Villa Giulia l’acqua era protagonista e fu costruita una derivazione sotterranea dell’Acquedotto Vergine, lo stesso della Fontana di Trevi. Nel 1769 la costruzione fu restaurata da papa Clemente XIV e fu messa a servizio dell’esercito, mentre nel 1870 diventò proprietà del Regno d’Italia, avviandosi verso il destino museale. Il restauro del Ninfeo permetterà di stupire nuovamente i visitatori con uno spettacolo di acqua sorgiva e le meraviglie di marmo bianco che appartengono alla storia antica di Roma con i suoi segreti, gloria e dolore.

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Come raggiungere l’isola della Giudecca a Venezia

Chi visita la meravigliosa città di Venezia non può perdersi l’Isola della Giudecca, una delle gemme nascoste della laguna veneta, nonché la più grande tra le isole veneziane.

Un tempo l’Isola della Giudecca veniva scelta come la meta preferita per le vacanze dei nobili di Venezia ed oggi conserva ancora un fascino tranquillo e sofisticato, lontano dalla frenesia del turismo tipica della città. Raggiungere la Giudecca è facile: un’isola che merita di essere visitata, soprattutto per chi cerca un’esperienza più autentica ed è amante di arte e storia. È possibile perdersi fra piccoli vicoli, giardini segreti e scorci suggestivi e pittoreschi sulla laguna, per un panorama unico. Non ci sono ponti che collegano la Giudecca al centro storico di Venezia e già questo, di per sé, rende il tragitto ancora più affascinante.

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Come raggiungere la Giudecca con il Vaporetto?

Il mezzo principale per arrivare alla Giudecca dal centro storico di Venezia è il vaporetto, l’iconico sistema di trasporto pubblico della laguna di Venezia. La traversata del canale in vaporetto è un’esperienza assolutamente da fare per chi visita questa iconica città del nord Italia, che permette di godere di una visuale splendida della città ed un panorama diverso rispetto all’attraversamento tra le calli di Venezia. Ci sono diverse linee che portano alla Giudecca:

  • Linea 2: è il vaporetto che consente di muoversi velocemente tra la Giudecca e le attrazioni principali di Venezia, come Piazza San Marco, il Canal Grande, Piazzale Roma e la Stazione di Venezia Santa Lucia. È la linea perfetta per godere delle bellezze cittadine prima di sbarcare sull’affascinante isola della Giudecca.
  • Linee 4.1 e 4.2: sono le linee circolari che collegano le fermate della Giudecca con l’isola di Murano, famosa per la sua tradizione secolare nella lavorazione del vetro. È un ottimo itinerario per tutti quei visitatori che hanno il desiderio di combinare la visita alla Giudecca con la visita di un altra gemma della laguna come Murano.

Le fermate principali dell’isola della Giudecca sono Palanca, Redentore e Zitelle e sono facilmente raggiungibile con le linee del vaporetto appena menzionate, dal prezzo singolo di 7€. Sono però disponibili altre soluzioni più convenienti per i turisti, come i Vaporetto Pass, acquistabili con uno sconto del 5% con SiViaggia.it.

Il vaporetto notturno: una soluzione pratica

Venezia è affascinante anche di notte, come l’isola della Giudecca, che offre ai visitatori un panorama suggestivo durante le ore serali sulla città. La linea N del vaporetto notturna è attiva e consente di spostarsi tra San Marco-S.Zaccaria, il Lido di Venezia e la Giudecca, anche dopo il tramonto. Si consiglia di verificare sempre, prima di partire, gli orari aggiornati sul sito dell’ACTV, soprattutto in concomitanza di eventi speciali in città.

Vaporetto che prosegue la sua corsa nel Canal Grande di Venezia. È il mezzo più utilizzato per raggiungere la Giudecca

Fonte: iStock

Vaporetto nel Canal Grande di Venezia

Alternative al vaporetto: il water taxi e tour guidati

Esistono anche altre alternative per visitare la Giudecca. La prima opzione è il water taxi: piccoli motoscafi privati che offrono un servizio personalizzato e diretto verso l’isola, utile per chi ha più fretta o per chi desidera passare un’esperienza più intima e confortevole rispetto al classico vaporetto. Il servizio di water taxi è prenotabile online o telefonicamente. Il costo può variare a seconda della destinazione e dell’ora del giorno. In genere, un tragitto tra il centro di Venezia e la Giudecca può costare anche tra i 50 ed i 100 euro. Nonostante ciò, se si viaggia in gruppo, potrebbe rivelarsi un’alternativa più conveniente al vaporetto. Una seconda opzione per visitare l’isola della Giudecca è quella di partecipare ad un tour in barca del Canale della Giudecca di Venezia, che porta alla scoperta delle maggiori attrazioni di Venezia e dintorni.

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Nonostante l’isola della Giudecca sia facilmente accessibile e poco distante dal centro storico di Venezia, viene tendenzialmente trascurata dagli itinerari turistici. Ciò permette di scoprire un lato più autentico e tranquillo della città lagunare, scoprendone il suo fascino storico e artistico.

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Cosa vedere, orari e prezzi di Museo e Galleria Borghese a Roma

Roma è considerata senza dubbio una delle più belle città al mondo, fama dovuta al vasto numero di monumenti storici, culturali, artistici e religiosi presenti nella Città Eterna e ai suoi innumerevoli musei. La sua storia ha indubbiamente contribuito ad accrescerne il fascino, trasformandola in una capitale iconica e tutta da scoprire: non a caso ogni anno è meta di migliaia e migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo.

Tra i numerosi luoghi di interesse da visitare nella Capitale, la Galleria Borghese con il suo Museo rappresentano indubbiamente un centro di interesse davvero di valore. Galleria Borghese sorge proprio nel cuore di Roma, nella zona del Pincio, in una posizione privilegiata e suggestiva, all’interno di un imponente edificio storico che prende il nome dalla nota famiglia che lo ha costruito.

Ad attirare i turisti sono ovviamente le numerose opere d’arte contenute all’interno del Museo, ma Galleria Borghese è anche immersa nel verde, circondata da splendidi giardini percorsi da viali che vale la pena percorrere almeno una volta nella vita e che molti romani amano ancora oggi tornare a visitare. Noi di SiViaggia vi offriamo la possibilità di acquistare i biglietti o i tour con le visite guidate con il 5% di sconto, un motivo in più per dedicare una giornata al patrimonio artistico e culturale di Roma. Ricordiamo che l’acquisto dei biglietti con annessa prenotazione è obbligatorio per poter visitare la galleria.

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Breve storia della Galleria Borghese

Costruita nel XVII secolo, Villa Borghese e la Galleria testimoniano l’ascesa al potere della famiglia Borghese a Roma. Originari di Siena, il loro successo deriva dal legame tra Papa Pio V e il cardinale Scipione Caffarelli Borghese, entrambi spinti dalla volontà di creare una straordinaria collezione d’arte. E ci sono riusciti perché, oggi, Villa Borghese custodisce una collezione unica con opere, tra gli altri, di Bernini, Canova, Caravaggio, Raffaello e Tiziano. Non solo l’arte al suo interno quindi, l’intera struttura, dal criterio espositivo con il quale vengono scelte e posizionate le opere allo stile degli ambienti, merita di essere scoperta e approfondita e noi consigliamo di farlo partecipando a una visita guidata, acquistabile con il 5% di sconto.

Giardini Villa Borghese

Fonte: iStock

I giardini di Villa Borghese

Villa Borghese: opere presenti nel Museo

Oltre all’edificio storico in sé e ai suoi bellissimi viali e giardini, il tesoro di Galleria Borghese è proprio il suo Museo, ricco di opere d’arte storiche di valore inestimabile. All’interno del Museo di Villa Borghese è possibile infatti ammirare sculture e bassorilievi, mosaici e dipinti risalenti al periodo compreso tra il XV e il XVIII secolo, sala dopo sala.

Si comincia dal Salone di Mariano Rossi e dai busti degli imperatori romani, per poi passare alla Sala della Paolina, chiamata così perché espone il celebre ritratto di Paolina Bonaparte Borghese come Venere Vittoriosa del Canova. Si prosegue verso la maestosa statua del David del Bernini, esposta nell’omonima sala, e di Apollo e Dafne. La Sala degli Imperatori, invece, espone i busti degli imperatori romani e, al centro, il Ratto di Proserpina.

Sono veramente tante le opere che potete ammirare nel Museo di Galleria Borghese, tutte esposte nelle 20 sale affrescate che, insieme con il portico e il salone di ingresso, costituiscono gli ambienti del museo aperti al pubblico da visitare assolutamente.

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Ingresso Museo e Galleria Borghese: orari e prezzi

L’ingresso a Villa Borghese è regolamentato secondo turni di visita di massimo 2 ore ciascuna per un numero massimo di 360 persone a turno, con obbligo di uscita a fine visita. Queste speciali precauzioni sono dovute alla preziosità delle opere contenute e, per ragioni di sicurezza, per via della particolare conformazione dell’edificio.

Periodicamente poi il Museo di Villa Borghese diviene teatro di importanti mostre artistiche come quella su Lucio Fontana e su Valadier, tra le più recenti. Gli orari di Villa Borghese prevedono l’apertura delle sue sale dal Martedì alla Domenica, dalle 8.30 alle 19.30.

Per visitare il Museo di Villa Borghese le prenotazioni sono obbligatorie: potete trovare qui tutte le informazioni e acquistare i biglietti per entrare in una delle gallerie d’arte più belle del mondo.

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Cochem, il borgo della Germania con scorci da cartolina

Camminare tra le stradine di Cochem, favoloso borgo lungo il corso del fiume Mosella a una cinquantina di chilometri da Coblenza, è come varcare la soglia di un mondo incantato.

Ogni angolo trasuda storia e poesia, dalle case a graticcio abbracciate l’una all’altra, alle maestose torri del Castello che vegliano dall’alto, fino ad arrivare alle dolci colline ricoperte di vigneti da cui nasce l’eccezionale vino Riesling, cornici perfette per escursioni e passeggiate, ma anche per semplici momenti di assoluto relax, laddove il tempo appare sospeso.

Il Castello di Reichsburg: un tuffo nel Medioevo

A dominio di Cochem con la sua silhouette imponente, il Castello di Reichsburg è la quintessenza del fascino medievale: le alte torri e le mura possenti lo rendono degno di un racconto cavalleresco.

Salire la collina che lo ospita dall’Anno Mille è un’esperienza da non perdere: passo dopo passo, la vista si allarga e la Mosella brilla lontano, avvolta dai vigneti. Distrutto nel 1869 durante la guerra della Lega di Asburgo e ricostruito nell’Ottocento in stile neogotico, è stato reso visitabile a fine Anni Settanta: le 50 stanze arredate narrano ancora oggi di leggende e battaglie epiche.

Il cuore di Cochem: un labirinto di storia e fascino

centro storico Cochem, Germania

Fonte: iStock

Case colorate a graticcio a Cochem

I vicoletti lastricati del centro storico di Cochem invitano a perdersi e ad ammirare scorci da cartolina, proprio quelli che ci si aspetterebbe di trovare sfogliando un libro di fiabe.

La trecentesca Enderttor, un tempo dimora del guardiano della torre, si erge imponente, con la fiera struttura in pietra viva a ricordare un’epoca antica, così come la Porta di Baldovino  dall’architettura difensiva e la Porta di San Martino, che conserva intatto il cammino di ronda coperto.

E siamo appena all’inizio: l’autentica magia di Cochem la si scopre passeggiando senza fretta all’ombra delle pittoresche e colorate case a graticcio dai neri e lucenti tetti in ardesia fino a ritrovarsi dinanzi al pozzo di San Martino e alla suggestiva Chiesa di San Martino, che già da lontano si impone alla vista con il campanile che svetta orgoglioso verso il cielo, fulcro spirituale del borgo.

Non può poi mancare una tappa al municipio barocco, gioiello architettonico che porta con sé sfarzo e raffinatezza e allo storico mulino della senape (tra i più antichi della Germania) risalente agli inizi del XIX secolo: si tratta di un’interessante struttura a conduzione familiare dalla lunga tradizione dove è possibile partecipare a una visita guidata per conoscere da vicino tutto il processo di lavorazione e vedere anche l’originale ruota ad acqua. In più, sono a disposizione ben 18 varietà di senape differenti nonché golose specialità regionali a chilometro zero.

Paesaggi che lasciano senza fiato

Un’atmosfera senza eguali tra la meraviglia del Castello e quella del centro storico, certo. Ma Cochem è anche paesaggi che lasciano senza fiato, a partire dalla Mosella Promenade, una passerella panoramica che corre lungo le rive del placido fiume, fiancheggiato da alberi, prati e un’ampia scelta di ristoranti e bar. Un altro ottimo modo per esplorare la passeggiata della Mosella da un punto di vista inedito è prenotare una crociera fluviale con audioguida.

Altrettanto spettacolare si rivela il Pinnerkreuz Lookout Point, luogo ideale per godere di viste uniche sul borgo e sulla splendida vallata, caratteristico ponte di osservazione a Pinnerberg, collina a nord di Cochem, la cui cima può essere facilmente raggiunta con la funivia Cochemer Sesselbahn. Una volta arrivati, si può prevedere una sosta presso il piccolo ristorante per un piacevole spuntino.

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I villaggi walser intorno al Monte Rosa: un patrimonio culturale e architettonico tutto da scoprire

Sparsi lungo le vallate che circondano il Monte Rosa, i villaggi walser hanno conservato un’eredità culturale unica, caratterizzata da lingua, architettura e tradizioni profondamente radicate e che ancora oggi sopravvivono alla modernità e globalizzazione. La loro storia inizia nel XII secolo con la migrazione di popolazioni provenienti dal Canton Vallese in Svizzera e si intreccia con quella delle Alpi, rappresentando una testimonianza viva della capacità umana di adattarsi e prosperare in ambienti montani.

Le origini e la storia dei walser

I walser sono una popolazione di origine germanica che si stabilì nelle regioni alpine a partire dal Medioevo, in particolare nel XII secolo. Provenienti dall’alto Vallese, una regione della Svizzera, i walser attraversarono le montagne per trovare nuove terre da colonizzare, spinti dalla necessità di espandere i loro territori agricoli e di pastorizia. Arrivarono in Valle d’Aosta, Piemonte e in altre zone alpine, portando con sé le loro usanze, la loro lingua e una cultura profondamente legata alla montagna.

Il termine “Walser” deriva proprio da “Walliser”, che significa “abitante del Vallese”. Questi pionieri riuscirono a creare comunità autonome e resilienti, basate su un’economia pastorale e agricola, mantenendo un forte legame con la loro terra d’origine. Ancora oggi, nei villaggi walser si parla il titsch e il töitschu, antiche varianti del tedesco, che sopravvivono nonostante l’influenza delle lingue circostanti.

Cultura, architettura e tradizioni walser

Uno degli elementi più distintivi della cultura walser è l’architettura. Le case tradizionali, chiamate stadel o rascard, riflettono non solo l’abilità costruttiva di questa popolazione, ma anche l’adattamento alle dure condizioni alpine. Le strutture combinano una base in pietra, utilizzata per stalle e cantine, con una sovrastruttura in legno per l’abitazione e il deposito del grano. Una caratteristica interessante è l’uso dei cosiddetti “funghi”, blocchi di pietra a forma di fungo che separano la parte abitativa dal granaio, proteggendo i raccolti da roditori e umidità.

Le case walser si distinguono per la loro solidità e semplicità, ma sono anche profondamente funzionali. Ad esempio, la Wohnstube, l’unica stanza riscaldata della casa, era il cuore dell’abitazione, dove si svolgeva la vita quotidiana nei mesi invernali. Ogni dettaglio architettonico rispecchia il forte legame tra la comunità e l’ambiente circostante.

Oltre all’architettura, anche le tradizioni walser sono una parte importante della loro identità. I costumi tradizionali, in particolare quello femminile, rappresentano un altro simbolo della cultura locale. A Gressoney, ad esempio, le donne indossano abiti rosso scarlatto, completi di corpetto ricamato e una cuffia di filigrana d’oro durante le festività e le processioni, come quella dedicata a San Giovanni Battista. La comunità continua a celebrare le sue origini con fierezza, attraverso manifestazioni culturali, corsi di lingua e iniziative che mantengono vive queste antiche tradizioni.

Casa walser

Fonte: iStock

Tipica casa walser in pietra e legno

I villaggi walser della Val d’Aosta

Attraversato l’orrido di Guillemore lungo la valle di Gressoney, cambia tutto, anche agli occhi meno attenti: i cartelli e le indicazioni sono scritti in una lingua che non è né italiano né francese; le linee e le architetture cambiano. Benvenuti nel territorio dei walser.

Alpenzu Grande e Alpenzu Piccolo (Gressoney-La-Trinité)

Questi due incantevoli villaggi walser si trovano su una terrazza glaciale, e per raggiungerli bisogna percorrere un sentiero ripido che parte a sud di Gressoney-La-Trinité. Il trekking dura circa un’ora, ma l’impegno viene ripagato da una vista mozzafiato sulla catena del Monte Rosa. L’architettura walser qui è perfettamente conservata, con tipici edifici in legno e pietra che offrono uno sguardo autentico sulla vita di un tempo.

Noversch ed Ecko (Gressoney-La-Trinité)

Queste piccole frazioni sono conosciute per i loro stadel, tipiche costruzioni walser. In particolare, gli stadel di Noversch e Ecko sono stati edificati da due famiglie di rilievo, gli Zumstein e i Lischtgi, che hanno lasciato un’importante eredità architettonica.

Tschalvrino (Gressoney-St-Jean)

Questo villaggio è accessibile in auto e si trova lungo la strada che da Gressoney-St-Jean porta al Castel Savoia. Tschalvrino ospita alcuni tra i più antichi stadel della valle, risalenti al 1547 e al 1578.

San Grato (Comune di Issime)

San Grato è un affascinante villaggio walser che può essere raggiunto attraverso una semplice passeggiata. Oltre ai tradizionali stadel, il villaggio è noto per la chiesetta di San Grato – Chröiz, un piccolo gioiello architettonico immerso nella quiete montana. La passeggiata è adatta a tutti e offre uno scenario naturale ideale per chi ama esplorare la natura senza troppa fatica.

Mascognaz (Comune di Ayas)

Questo villaggio è uno dei più celebri esempi di restauro e valorizzazione del patrimonio walser. Mascognaz è stato trasformato in un albergo diffuso, dove le antiche abitazioni walser sono diventate rifugi di lusso senza perdere il loro fascino originario. Il villaggio è raggiungibile attraverso un facile sentiero in salita, ed è perfetto per chi desidera trascorrere una vacanza indimenticabile in un contesto storico e naturale unico.

Cunéaz (Comune di Ayas)

Cunéaz è situato a breve distanza dagli impianti di risalita, il che lo rende facilmente accessibile. Qui si trovano alcuni dei più bei rascard della Val d’Ayas, strutture in legno tipiche della tradizione walser, utilizzate un tempo come magazzini per il fieno. La vicinanza agli impianti e alle piste lo rende una meta ideale per chi ama combinare natura e sport invernali.

St-Jacques (Comune di Ayas)

St-Jacques, chiamato anche “Canton des Allemands”, è un tranquillo villaggio immerso nel verde, ricco di storia e di testimonianze legate alle migrazioni walser. Punto di partenza per numerose escursioni nella valle, St-Jacques conserva un’atmosfera rurale e autentica che incanta i visitatori. Perfetto per chi desidera passeggiare nei boschi o esplorare i prati alpini, rappresenta un punto strategico per avventurarsi lungo i sentieri walser.

I villaggi walser del Piemonte

Anche sul lato piemontese è ancora possibile ritrovare i villaggi originari dei walser, tenuti con cura e che continuino a vivere.

Macugnaga (Provincia di Verbania)

Macugnaga, situata ai piedi della spettacolare parete Est del Monte Rosa, è uno dei più importanti insediamenti walser in Piemonte. Accanto alla Chiesa Vecchia nella frazione di Staffa, si trova un antichissimo tiglio, simbolo della comunità locale. La leggenda narra che l’albero fu piantato dai primi coloni walser per simboleggiare la crescita del nuovo insediamento. Sotto le sue fronde, gli anziani del villaggio si riunivano per prendere decisioni importanti, e oggi il tiglio fa ancora da testimone alla vita del villaggio. Ogni anno, a metà luglio, si svolge la festa di San Bernardo, che celebra le tradizioni walser e conclude con una suggestiva processione sotto l’albero. Nella frazione di Isella si trova un autentico villaggio walser rimasto pressoché intatto, con il forno comune e una piccola chiesa che raccontano di tempi lontani.

Macugnaga  villaggio walser

Fonte: iStock

Macugnaga, situata ai piedi della spettacolare parete Est del Monte Rosa, è uno dei più importanti insediamenti walser in Piemonte

Rimella (Provincia di Vercelli)

Fondato nel XIII secolo, Rimella è un piccolo comune della Valsesia che conserva ancora oggi il caratteristico dialetto di origine tedesca. Qui si trova il più antico museo walser del Piemonte, ospitato all’interno di una baita restaurata che riflette il tipico stile architettonico dell’epoca. Il museo celebra il popolo “più alto d’Europa” e offre un viaggio nella storia della cultura walser attraverso oggetti e documenti d’epoca. Rimella è un luogo ideale per chi vuole scoprire le radici culturali di questa popolazione in un contesto montano affascinante.

Alagna Valsesia (Provincia di Vercelli)

Alagna Valsesia è un altro importante centro della cultura walser, colonizzato nel XIII secolo. La zona è caratterizzata da alpeggi e frazioni sparse, dove è ancora possibile osservare le tipiche architetture walser. Le case di pietra e legno si fondono perfettamente con l’ambiente circostante, creando un paesaggio di rara bellezza. Alagna è una meta perfetta per gli amanti delle escursioni e del trekking, con numerosi sentieri che si snodano tra le montagne.

Riva Valdobbia (Provincia di Vercelli)

Situata nell’alta Valsesia, Riva Valdobbia è un piccolo comune di appena 200 abitanti che dal 2019 è stato incorporato nel comune di Alagna Valsesia. Fondato dai coloni walser di Gressoney-Saint-Jean, Riva Valdobbia mantiene un forte legame con le sue radici storiche e culturali. Qui, i visitatori possono esplorare le antiche frazioni e scoprire un paesaggio montano ancora incontaminato.

Formazza (Provincia del Verbano-Cusio-Ossola)

Formazza è il primo insediamento walser a sud delle Alpi ed è uno dei comuni più settentrionali del Piemonte. La cultura walser è ancora profondamente radicata nella vita quotidiana degli abitanti, e il piccolo comune ospita un interessante museo dedicato a questa popolazione. A Casa Forte, ospitata in un edificio del XVI secolo, racconta gli aspetti più significativi della vita e della cultura walser. Accanto alla sezione etnografica, in cui gli oggetti di cultura materiale raccontano la vita quotidiana delle genti walser, il museo ospita un’importante raccolta di statue lignee dal XV secolo. Un breve ma scenografico viaggio alla riscoperta del mondo walser, con visite aperte tutto l’anno. Oltre al museo, Formazza offre numerosi percorsi naturalistici che attraversano paesaggi di montagna mozzafiato.

Trekking ed escursioni

Gli amanti del trekking possono esplorare la cultura walser seguendo  il Gran Sentiero Walser, 12  percorsi tematici che toccano le tre regioni di Piemonte, Valle d’Aosta e Canton Ticino, lungo le valli Valsesia, Val d’Ossola, Valle di Gressoney e Valle Rovana. 153 km in totale, suddivisi in 11 tappe, con oltre 200 punti d’interesse, con pannelli informativi che raccontano la storia di questa antica popolazione. Per i meno allenati iWalser réng è un itinerario turistico senza difficoltà particolari, lungo più di 8 km che permette di fare l’intero giro della conca di Gressoney-Saint-Jean e apprezzarne le bellezze paesaggistiche e le numerose emergenze culturali che lo caratterizzano. È un percorso che può impegnare l’intera giornata se si intende visitare i siti culturali che si incontrano lungo il percorso. Risalendo il corso del torrente Lys si giunge ben presto a Tschemenoal, villaggio Walser interamente in legno. Superato il Lago Gover e la cascata di Ònderwoald, si giunge al fiabesco Castel Savoia, residenza estiva da favola della regina Margherita. Il sentiero scende poi, tra larici e praterie, fino alla meravigliosa Villa Margherita, oggi sede del comune di Gressoney-Saint-Jean. Attraversato il ponte di legno sul torrente Lys, si ritorna al punto di partenza.

Il Centro studi e l’Ecomuseo

Per chi desidera approfondire la cultura walser, il Walser Kulturzentrum di Gressoney-Saint-Jean rappresenta un punto di riferimento fondamentale. Fondato nel 1982, questo centro studi si impegna nella promozione e salvaguardia della lingua e della cultura walser, con particolare attenzione ai Comuni di Gressoney-Saint-Jean, Gressoney-La-Trinité e Issime. Ogni anno, il centro offre corsi di Titsch, Töitschu e Tedesco, oltre a organizzare mostre e convegni dedicati alla cultura locale. Attivo anche a livello internazionale, collabora con l’Internationale Vereinigung für Walsertum e il Comitato Unitario delle Isole linguistiche storiche germaniche in Italia, pubblicando opere sulla lingua, la storia e l’architettura dei walser della Valle del Lys.

Un’opportunità imperdibile per esplorare questa cultura è visitare l’Ecomuseo Walser di Gressoney La Trinité. In questo spazio espositivo, allestito all’interno di un tipico stadel, è possibile immergersi nelle tradizioni walser. Le mostre permanenti coprono vari aspetti del territorio, dalla storia dei ghiacciai e della conquista delle vette all’evoluzione della tecnica alpinistica, fino alla famosa impresa della posa del “Cristo delle Vette” sul Monte Rosa. Inoltre, l’ecomuseo ospita una sezione dedicata al costume tradizionale e una mostra sul percorso verso Binò Alpelté, arricchita da esposizioni tematiche che offrono una visione completa della cultura walser.

Le festività walser

Le festività walser sono momenti di grande rilevanza culturale e spirituale per le comunità locali, che uniscono tradizioni religiose e folklore, e sono senz’altro un’ottima occasione per visitare i villaggi. Tra le occasioni di festa spiccano i Santi Patroni delle parrocchie e delle cappelle, che sono commemorati con cerimonie solenni e processioni, invocati contro mali e disastri naturali, o per ottenere pioggia, abbondanti raccolti. A Gressoney-La-Trinité, la festa patronale si svolge in occasione della Santissima Trinità e prevede una messa seguita da una processione. A Gressoney-Saint-Jean, invece, si celebra San Giovanni il 24 giugno, dove sacro e profano si fondono in una manifestazione di partecipazione popolare che include la benedizione dei bambini e suggestivi fuochi d’artificio.

Anche il Carnevale riveste un’importanza speciale nella tradizione walser: le celebrazioni iniziano con il Giovedì Grasso, quando si usava rubare la pentola del pranzo, seguito dal Venerdì Nero, in cui le persone si sporcavano con carbone e fuliggine. Il Sabato Bagnato portava con sé il divertimento di spruzzare acqua o neve per “lavare” lo sporco dei giorni precedenti. La prima domenica di Quaresima era l’occasione in cui gli anziani si travestivano, approfittando di bevande gratuite nelle osterie.

A Issime, il patrono San Giacomo viene celebrato il 25 luglio, ma, considerando che molti abitanti erano all’alpeggio o all’estero, è stato scelto un secondo patrono invernale: San Sebastiano, il 20 gennaio. Questa festa si caratterizza per la messa solenne e per festeggiamenti che includono falò, pranzi abbondanti e momenti di musica e ballo, creando un’atmosfera di convivialità che dura fino al giorno seguente.

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L’Italia è leader del turismo enogastronomico ed esperienziale

Ormai, il turismo italiano ha subito una trasformazione significativa. Non si tratta più solo di ammirare monumenti storici o paesaggi di rara bellezza: i viaggiatori, oggi, desiderano vivere esperienze autentiche, immergendosi nelle tradizioni locali e nei sapori del territorio con un occhio di riguardo per l’ambiente.

Secondo i dati di Coldiretti, il numero degli eco-turisti è in continua crescita e l’Italia, con il suo patrimonio enogastronomico unico, sta diventando un punto di riferimento per chi cerca un’esperienza a 360 gradi tra natura, cibo e cultura. Il vino e l’olio d’oliva, in particolare, sono le nuove stelle di questa rinascita turistica e aprono la strada a vacanze che valorizzano il meglio del territorio.

Il boom dell’eco-turismo: un nuovo modo di viaggiare

Basti pensare che, negli ultimi dieci anni, il numero di eco-turisti in Italia è raddoppiato, con una crescente attenzione alla sostenibilità durante la pianificazione delle ferie: il 25% dei vacanzieri si orienta ormai verso scelte più green, preferendo strutture che garantiscono cibo a chilometro zero e riducono i consumi energetici.

Questa tendenza è emersa chiaramente dall’analisi di Coldiretti, presentata durante l’inaugurazione del TTG Travel Experience di Rimini, la principale fiera del settore. Protagonisti dell’evento sono stati anche gli agriturismi di Terranostra Campagna Amica, con la presenza della presidente nazionale Dominga Cotarella.

Vino e olio: le nuove frontiere del turismo esperienziale

Il cibo ha assunto un ruolo centrale nelle scelte vacanziere, tanto che la buona tavola è diventata la prima motivazione per visitare l’Italia, superando cultura e divertimento, come indicato dai dati Noto Sondaggi.

Ma la nuova frontiera dei viaggi è rappresentata soprattutto dal turismo esperienziale legato ai singoli settori, dall’oleoturismo, all’enoturismo, dal turismo della birra a quello dei formaggi. Solo per l’enoturismo, l’estate 2024 ha superato il record delle sei milioni di notti trascorse tra le vigne registrate lo scorso anno, secondo Coldiretti.

Non a caso siamo il Paese leader per numero di posti letto nelle aree rurali grazie al contributo della multifunzionalità e dell’agriturismo, altro comparto su cui siamo leader mondiali. Un primato fondato su un’offerta turistica altamente diversificata e differenziata, dove l’agricoltura – il settore primario – gioca un ruolo fondamentale, per la cucina, per i paesaggi per le proposte esperienziali” ha sottolineato la presidente nazionale di Terranostra Campagna Amica, Dominga Cotarella.

Gli agriturismi: baluardi del turismo enogastronomico

L’Italia si conferma leader nel settore grazie alla multifunzionalità delle aziende agricole, un primato che la rende il Paese con il maggior numero di posti letto nelle aree rurali. Gli agriturismi sono il cuore pulsante di questa offerta diversificata e sanno unire ospitalità ed esperienze legate alla terra.

Attualmente, sono quasi 26.000 le aziende agrituristiche attive in Italia, un numero che è quasi raddoppiato rispetto al 2014 (+84%), e il loro valore economico ha raggiunto 1,5 miliardi di euro, con 15,5 milioni di presenze nel 2023. Di queste, ben il 58% proviene da turisti stranieri, con una permanenza media di 4,6 giorni, a fronte dei 3,1 giorni per gli italiani.

Un futuro sempre più green

Il futuro del turismo in Italia sembra sempre più orientato verso una visione sostenibile ed esperienziale. L’aumento degli eco-turisti conferma che la richiesta di vacanze autentiche, incentrate sulla natura e sui prodotti locali, è in forte crescita. Coldiretti prevede che il trend continuerà a crescere, rafforzando il ruolo del Belpaese come destinazione privilegiata per chi cerca un’esperienza di viaggio che sia non solo piacevole, ma anche rispettosa dell’ambiente.

Il vino e l’olio, colonne portanti della tradizione, si pongono come i protagonisti di questa nuova frontiera del turismo. Un viaggio tra vigneti e oliveti diventa così un bagaglio indimenticabile, capace di lasciare un segno profondo nel cuore dei viaggiatori e di promuovere uno sviluppo turistico consapevole.

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Cuneo è Città Alpina 2024 e debutta su Topolino

Grazie al suo impegno nel campo della sostenibilità e all’obiettivo – ampiamente raggiunto – di unire natura e cultura, ecologia ed economia, lo scorso maggio Cuneo ha ottenuto il riconoscimento di Città Alpina 2024. A parlarne sono stati la Direttrice dell’ATL del Cuneese Daniela Salvestrin con l’Assessore al Turismo della Città di Cuneo con delega alla Metro Montagna Sara Tomatis, in compagnia di Alessandro Zanon Direttore di VisitPiemonte e del Presidente della Provincia di Cuneo Luca Robaldo all’ultimo TTG di Rimini.

Che cos’è una Città Alpina

“Città Alpina” è un riconoscimento che viene conferito alle città dello spazio alpino in Italia che si distinguono per il loro impegno nell’attuazione della Convenzione delle Alpi e nel campo dello sviluppo sostenibile. Il titolo viene assegnato annualmente dall’Assemblea dei soci in base a criteri quali sostenibilità ecologica, sociale ed economica dei progetti e dei programmi dei candidati.

Per Cuneo rappresenta un riconoscimento molto importante perché testimonia come la vicinanza della città alle montagne giochi un ruolo strategico per la promozione di uno sviluppo sostenibile delle regioni alpine. In particolare, la città piemontese ha dimostrato di poter promuovere il territorio senza intaccare il forte legame che possiede con le proprie radici e con le proprie tradizioni. Sono tante le iniziative presentate al TTG per raccontare Cuneo e, la più divertente, vede la città protagonista su due numeri del settimanale Topolino.

Cuneo raccontata su Topolino

Presentata ufficialmente al TTG di Rimini presso lo stand della Regione Piemonte, l’iniziativa che vede Cuneo all’interno del settimanale Topolino ha un obiettivo ben preciso: quello di parlare direttamente ai più piccoli e alle loro famiglie, trasmettendo il significato profondo dello “spirito alpino”. Quest’ultimo è anche il titolo della storia a fumetti dedicata alla città con protagonisti Zio Paperone e le Giovani Marmotte. Tra le pagine sono raffigurati diversi ambienti della città: piazza Galimberti e la torre civica, il Parco fluviale con l’ascensore, i marroni e i boschi da tenere puliti, i portici con alcuni negozi “iconici” e l’invito a provare le specialità locali.

All’interno della storia ci sono chiari riferimenti a Cuneo Città Alpina 2024: uno delle Giovani Marmotte afferma che “L’ambiente naturale delle Alpi è inestimabile!” e che “Spetta alle città alpine averne cura!”. Nel dettaglio, i numeri di riferimento del settimanale sono il 3.593 del 2 ottobre, dov’è presente un redazionale dedicato a Cuneo Città Alpina, e il numero 3.594 del 9 ottobre, con la storia a fumetti.

Cuneo Città Alpina Topolino

Fonte: Ufficio Stampa

I numeri di Topolino dove compare Cuneo Città Alpina 2024

Capitale verde del Piemonte

Non stupisce che Cuneo abbia ottenuto il riconoscimento di Città Alpina 2024, soprattutto considerando il titolo come capitale verde del Piemonte. Alla città viene riconosciuta un’alta qualità della vita, tanto verde pubblico e soluzioni di trasporto sostenibili, come l’efficace rete di piste ciclabili che le hanno permesso di collocarsi nelle prime posizioni di Ecosistema Urbano 2023, la classifica green di Legambiente e Ambiente Italia.

Per chi ama le attività all’aria aperta, da Cuneo è possibile immergersi nella natura passeggiando, per esempio, lungo il viale degli Angeli, o fare escursioni al Parco Fluviale Gesso e Stura, che con le sue bellezze circonda la città. Per raggiungerlo basta poco, perché dovrete semplicemente salire sull’ascensore panoramico, attrezzato anche per ospitare i ciclisti che vogliono scoprire il parco pedalando. Cuneo è il regno dell’outdoor e il suo impegno per preservarlo è stato finalmente premiato.

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Questi sono i 6 aeroporti più belli del mondo a livello architettonico

Quando dobbiamo partire per una destinazione, non vediamo l’ora di entrare in aeroporto, fare i controlli di sicurezza e aspettare in trepidazione di imbarcare senza guardarci troppo attorno. Eppure, nel mondo, ci sono aeroporti spettacolari che meritano più attenzione perché vere e proprie opere di architettura realizzate da studi famosi con ingegno e creatività. Non semplici snodi di passaggio, quindi, quelli che sono stati proclamati gli aeroporti più belli del mondo nel 2024 da Prix Versailles, una serie di premi architettonici assegnati ogni anno per aeroporti, musei, campus, ristoranti e non solo. I vincitori competeranno per ottenere i tre titoli mondiali del 2024: Prix Versailles, Interior ed Exterior.

I requisiti considerati sono diversi: dall’innovazione tecnologica della struttura a come si riflette nel patrimonio locale della sua città, fino all’efficienza ecologica, alla sostenibilità e all’impatto culturale dell’opera. Quelli che vi raccontiamo sono i 6 aeroporti premiati che, con la loro bellezza, per usare le parole di Jérôme Gouadain, segretario generale del Prix Versailles, “sono responsabili delle prime impressioni dei visitatori, diventando ognuno di essi un manifesto della propria destinazione“.

Zayed International Airport, Emirati Arabi

Gioiello dell’architettura moderna e famoso per le sue tecnologie avanzate, Zayed International Airport di Abu Dhabi ha conquistato i Prix Versailles diventando uno dei 6 aeroporti più belli del mondo. Per disegnare la struttura a X dell’aeroporto, lo studio Kohn Pederson Fox ha tratto ispirazione dai paesaggi degli Emirati Arabi composti da deserto, mare, città e oasi. Il design finale, attraverso le sue forme geometriche, riflette l’ambiente naturale e culturale in cui è inserito.

Si è distinto non solo per la capacità di gestire flussi continui fino a 11.000 passeggeri all’ora senza intaccare la qualità dei suoi servizi, ma anche per i materiali che lo compongono, ossia acciaio e legno riciclato. Infine, fornisce un habitat a più di 1.100 alberi nativi e ad altre piante ed è totalmente autosufficiente grazie alla presenza di oltre 7.500 pannelli solari.

Aeroporto Abu Dhabi più bello al mondo

Fonte: iStock

Esterni dell’aeroporto di Abu Dhabi, tra i più belli al mondo

Felipe Ángeles International Airport, Messico

L’elemento simbolico che caratterizza il progetto dell’aeroporto internazionale Felipe Ángeles a Zumpango, in Messico è un tributo ai diversi stati del Paese e alle loro origini. La torre di controllo, per esempio, ricorda un macuahuitl azteco (una spada), mentre la pietra del sole installata al centro del terminal presenta un’iconografia accuratamente progettata e ispirata alla cultura e alla tradizione messicana. L’aeroporto invita i visitatori a immergersi nella storia nazionale attraverso i musei e i servizi igienici tematici. A progettarlo è stato l’architetto Francisco González-Pulido, che al suo interno ha inserito anche un giardino centrale di 4.300 metri quadri e molti altri spazi verdi, ideali per per fare attività o rilassarsi.

Bagno aeroporto Messico

Fonte: 123RF

Bagno tematico e all’avanguardia dentro Felipe Angeles International Airport

Changi Airport Terminal 2, Singapore

È la natura a dominare l’aeroporto Changi Terminal 2 a Changi, a Singapore. Nato dall’immaginazione di Boiffils Architectures, in collaborazione con l’artista Patrick Blanc, la vera protagonista dell’estensione del Terminal 2 è The Wonderfall, un’enorme cascata digitale che scende tra rigogliose pareti verdi. I passeggeri potranno perdersi all’interno di un magnifico giardino interno sotto un cielo digitale pensato per imitare il tempo reale utilizzando tecnologia contemporanea e natura stilizzata.

Wonderfall aeroporto Singapore

Fonte: iStock

The Wonderfall, la cascata digitale all’aeroporto di Singapore

Suvarnabhumi Airport, Thailandia

Ad attirare l’attenzione dei Prix Versailles nell’aeroporto Suvarnabhumi di Bangkok è la zona Satellite Concourse 1, progettata come una naturale estensione dell’attuale terminal per conferire all’ambiente sia giovinezza che maturità. La struttura spicca per il suo design innovativo, per la splendida vegetazione interna e per la luce naturale che avvolge gli spazi. Anche qui ritroviamo dei riferimenti alla cultura thailandese: l’interno contemporaneo della concourse è caratterizzato da un soffitto a rombi che, con le sue nervature arcuate incrociate riempite di doghe color legno, ricorda i tradizionali motivi dei tessuti di seta thailandesi e le trame regionali dell’intreccio di cesti. Infine, i giardini interni ricordano ai viaggiatori il paesaggio tropicale della nazione.

Aeroporto Bangkok

Fonte: Getty Images

Installazione artistica dentro l’aeroporto di Bangkok

Logan International Airport Terminal E, Stati Uniti

Il Logan International Airport di Boston e, nel dettaglio, il Terminal E, non passa sicuramente inosservato con la sua forma sinuosa di un rosso brillante. La scelta del colore non è casuale, ma è un omaggio ai più antichi quartieri della città, prevalentemente costruiti in mattoni rossi e da cui prende il nome il colore Boston Red, simbolo della famosa squadra di baseball cittadina, i Red Sox. La facciata, però, non resta della stessa tonalità, ma varia dal viola all’arancio in base alla posizione del sole. Inoltre, i viaggiatori in attesa di salire sul proprio aereo godranno di una vista privilegiata sulla città.

Kansas City International Airport, Stati Uniti

Restiamo negli Stati Uniti, ma andiamo verso il Kansas dove il prestigioso studio di architettura Skidmore, Owings & Merrill ha messo la sua firma sull’aeroporto internazionale rendendolo uno dei più accessibili al mondo. Oltre a tenere in considerazione fattori come velocità e sicurezza, lo studio si è concentrato sul tema dell’inclusività per rendere il viaggio più facile alle persone con mobilità ridotta e a tutti gli altri passeggeri. Il nuovo terminal, quindi, è stato costruito su soli due livelli, immerso in un’architettura interna luminosa e calda, ma soprattutto accogliente per tutti.

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Halloween: tradizioni e celebrazioni dal mondo

Per molti è sinonimo di “dolcetto o scherzetto”, di zucche intagliate e di personaggi paurosi, ma Halloween è molto più di questo. È una delle festività più antiche del mondo, amata da adulti e bambini ed entrata di diritto tra le tradizioni imprescindibili dell’anno. Quando l’autunno trasforma i paesaggi con i suggestivi colori del foliage e il mese ti ottobre volge al termine, il mondo intero si prepara a celebrare la vita e la morte con un insieme di riti pagani e religiosi, in cui cultura e tradizione differenziano Halloween tra i vari Paesi.

Dall’Irlanda, luogo in cui è nata questa festività, all’America, che ne è diventata la massima esponente, toccando Messico, Cina e Giappone, partiamo per un viaggio alla scoperta delle più significative tradizioni legate ad Halloween in giro per il mondo.

Irlanda e Regno Unito, dove è nato Halloween

Sebbene i cittadini americani prendano molto sul serio questa festività, al punto tale da essersi immedesimati a pieno in tale tradizione, le origini di Halloween sono da ricercare in Irlanda e più precisamente nel Samhain, il capodanno celtico (chiamato anche “All Hallowtide“) festeggiato il primo giorno di novembre come termine del periodo del raccolto e l’inizio dell’inverno.

Con i secoli, all’antica festa celtico-pagana si sono aggiunte leggende e altre storie che hanno trasformato Halloween nella versione più moderna che conosciamo. Tra tutte c’è quella di “Jack o’ lantern”, il fabbro irlandese simbolo delle anime dannate che rivive in quelle zucche lavorate a mano che popolano le strade e i quartieri durante il mese di ottobre.

In Irlanda, e in generale anche nel Regno Unito, oggi per commemorare il culto celtico si accendono dei grandi falò, soprattutto nelle aree rurali, proprio per continuare in qualche modo la tradizione dei rituali pagani. Ma si tratta pur sempre di una festa, quindi ecco che fantasmi, streghe e altre creature del mondo si riuniscono per le strade e per i quartieri per l’ormai celebre “trick or treat”.

Immancabile, sulle tavole irlandesi, è il barmbrack, un dolce tipico di questo giorno al quale sono collegaste altre leggende e superstizioni. Infatti, i fornai inseriscono nell’impasto di questa torta tre elementi: un anello, un piccolo straccio e una moneta. Ad ogni fetta di barmbrack contenente uno di questi tre oggetti corrisponde una fortuna (o sfortuna): chi trova l’anello si sposerà o troverà la felicità, chi avrà lo straccio andrà incontro a un futuro finanziario incerto, mentre chi riceverà la moneta vivrà invece un anno prospero.

Decorazioni tipiche di Halloween in Irlanda

Fonte: iStock

Decorazioni tipiche di Halloween in Irlanda

America, dove la tradizione di Halloween si è radicata

A celebrare Halloween in grande stile ci pensano gli americani, al punto tale che spesso, erroneamente, si attribuiscono le origini di questa festività proprio all’America. Oltre all’iconico “trick or treat”, i quartieri e le strade delle città si abbigliano a festa: ci sono zucche intagliate, addobbi spaventosi, fantasmi e altri mostri che decorano finestre, ingressi e viali. E questa atmosfera un po’ spettrale è estremamente affascinante.

La tradizione delle zucche intagliate deriva proprio dall’usanza celtica degli irlandesi di ricreare volti spaventosi nelle rape, inserendovi delle candele, con l’intento di spaventare gli spiriti maligni durante la festa di Samhain. Si racconta che una volta emigrati in America, gli irlandesi non trovarono rape adatte per portare avanti questa tradizione, così iniziarono a utilizzare le zucche, molto più abbondanti, per creare le grottesche lanterne oggi divenute il simbolo di Halloween.

Zucche intagliate di Halloween in America

Fonte: iStock

Zucche di Halloween

Austria e Germania: Halloween tra simboli e tradizioni

Anche in Europa esistono alcune tradizioni davvero significative. In Austria, per esempio, durante la notte di Halloween le persone lasciano pane, frutta e acqua sul tavolo per i loro cari defunti con la credenza che questi gli facciano visita. In Germania, invece, la più antica tradizione vuole che si nascondano i coltelli presenti in casa per evitare che i defunti si feriscano. Ma non è tutto perché sulle porte delle case vengono disegnati con il gesso dei simboli per proteggere le abitazioni dagli spiriti maligni.

Italia e Francia, la Festa di Ognissanti

Nel Belpaese, negli ultimi decenni, Halloween è diventato un appuntamento fisso per il divertimento di bambini e adulti. La festività più commerciale e considerata “importata” dall’America, però, si differenzia da quella che ha tradizioni radicate nella religione cattolica e con origini ben lontane: la Festa di Ognissanti. Si celebra il 1° novembre per commemorare tutti i santi cattolici, mentre il 2 novembre si celebrano i morti. Tradizionalmente si lasciano crisantemi sulle tombe dei cari defunti e si partecipa a una messa in loro ricordo.

Anche la Francia ha tradizioni simili a quelle italiane, riservando uno spazio maggiore alla Toussaint, la festa di Ognissanti del 1° novembre. Anche qui si partecipa a funzioni religiose e si visitano i defunti nei cimiteri per deporre fiori sulle loro tombe.

Portogallo con il Dia das Bruxas

Restando in Europa, anche il Portogallo ha un proprio modo di celebrare Halloween: è il Dia das Bruxas, o Giorno delle Streghe, che ha molti aspetti tradizionali collegati alle origini della festività. Anche qui c’è l’usanza del “trick or treat” dei bambini tra le vie delle città e dei paesi, ma in cambio non ricevono caramelle, bensì pane, frutta o noci. Inoltre, i famigliari dei cari defunti si recano nei cimiteri per adornare le tombe con fiori e candele.

Cina e Giappone, dalle antiche tradizioni alla modernità

Anche la Cina ha il suo Halloween che prende il nome di Teng Chieh o Hungry Ghost Festival. Durante la notte del 31 ottobre, migliaia di lanterne illuminano il Paese intero: servono ad aiutare le anime dei morti a ritrovare la loro casa. Le origini della festività risalgono alla tradizione taoista che vuole guidare gli spiriti che camminano sulla terra.

Nel calendario cinese, il Teng Chieh si celebra nel 15° giorno del 7° mese lunare (chiamato “mese fantasma”). Durante il tramonto le persone distribuiscono incenso, acqua e cibo davanti alle immagini dei familiari defunti. Nella tradizione, questa usanza servirebbe a calmare i fantasmi che non hanno ancora ritrovato la via di casa dall’inizio del mese fantasma. Sarebbero proprio loro a infliggere punizioni o a elargire benedizioni ai loro parenti ancora in vita. Durante la stessa notte, si tiene anche una festa in cui le famiglie preparano un posto in più a tavola riservato a un caro defunto.

Hungry Ghost Festival: la festa di Halloween in Cina

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Teng Chieh o Hungry Ghost Festival, in Cina

In Giappone, invece, Halloween ha raggiunto popolarità solo negli ultimi decenni. Infatti, la prima volta che i giapponesi hanno conosciuto questa festa anglosassone è stata nel 2000, quando il parco divertimenti Disneyland di Tokyo ha organizzato un evento a tema. Con il passare dei decenni Halloween è divenuto sempre più popolare, soprattutto tra i più giovani, anche se con qualche differenza rispetto a come viene festeggiato nei Paesi occidentali.

Oltre al fatto che in Giappone non ci si cimenta nel “trick or treat”, anche i costumi sono diversi. Se tradizionalmente ci si abbiglia con vestiti spaventosi, qui l’attenzione è orientata verso i travestimenti cosplay. A fine ottobre sono numerose le sfilate nelle città giapponesi che riuniscono migliaia di persone che indossano qualsiasi tipo di costume, compresi quelli di personaggi di anime, manga e videogiochi, che non seguono il tema “horror” originario.

Messico, con il suo Día de Los Muertos

È una delle tradizioni più famose del mondo, il Día de Los Muertos del Messico. Una celebrazione messicana di origine precolombiana che festeggia la vita, la gioia e il colore, sebbene il suo nome tradotto sia “giorno dei morti”. Oggi come nel passato, questa festa affascina l’intera umanità: dal 31 ottobre al 2 novembre tutti i cittadini celebrano gli spiriti dei cari defunti con cortei, canti, balli e musiche tradizionali.

Dichiarato nel 2008 Patrimonio culturale immateriale UNESCO, il Día de Los Muertos è un tripudio di colori e usanze particolari. In questa occasione si ricordano gli aneddoti più divertenti dei defunti e si preparano decorazioni dalle ricche tonalità: fiori di calendula, altari con foto, oggetti e cibi preferiti da coloro che sono morti. Si preparano tradizionalmente il pan de muerto e i teschi di zucchero dai colori accesi. È proprio da questi che deriva il trucco tipico di questa festività, con decorazioni sul viso che ricordano, appunto, dei teschi e ricche corone di fiori colorati ad adornare il capo. Anche qui i bambini bussano ai vicini chiedendo un calaverita, un piccolo dono (caramelle, dolci o soldi), ma senza il famoso scherzetto nel caso in cui non ricevano nulla.

Halloween in messico: i teschi di zucchero tipici

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Teschi di zucchero tipici del Dia de los muertos, in Messico

Haiti e la tradizione della Fet Gede

Ci spostiamo nelle esotiche atmosfere di Haiti, dove l’1 e il 2 novembre si celebra la Fet Gede (Festa dei Morti), che ricorda il classico Halloween, ma arricchito da tradizioni culturali completamente diverse. In queste giornate, i praticanti haitiani di Voodoo rendono omaggio al padre degli spiriti defunti, ovvero al barone Samedi. Inoltre, ballano per le strade per comunicare con i defunti e si recano nei cimiteri dove offrono agli antenati del cibo proveniente dalla loro tavola.

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Roma low cost, 10 cose da fare gratis

Consigliata dalla maggior parte dei siti e dei magazine di viaggi (ma anche dalle persone che ci sono state) tra le mete che bisogna assolutamente visitare, Roma, la Città Eterna, è una delle città d’arte che vale la pena scoprire, grazie alla sua infinità di monumenti di epoche diverse, dall’antichità al ventennio fascista: la Città eterna è un museo a cielo aperto. Molte delle sue attrazioni turistiche, però, sono a pagamento. Per questo motivo, noi di SiViaggia ti offriamo la possibilità di acquistare alcuni biglietti con il 5% di sconto, in modo da poter vivere la nostra Capitale nella miglior maniera possibile. In alternativa, ecco a te 10 cose da fare a Roma gratis.

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10 cose da fare gratis a Roma

Ti stiamo per raccontare quali sono 10 luoghi da vedere a Roma senza sborsare neppure un euro, ma ciò non toglie che in molti di questi posti sia possibile fare esperienze più immersive e particolari che ti lasceranno senza fiato (e sempre con lo sconto).

Piazza Navona

Uno dei simboli della città, affollata in qualunque stagione dell’anno, Piazza Navona è il cuore di tantissimi eventi cittadini e durante l’inverno ospita anche un graziosissimo mercatino di Natale. La sua forma è quella di un antico stadio. Un tempo, infatti, veniva riempita d’acqua e vi si svolgevano delle vere e proprie battaglie navali. Al centro domina la Fontana dei quattro fiumi di Gian Lorenzo Bernini, uno dei più famosi scultori del nostro Paese. Nella piazza ci sono altre due famose fontane: la Fontana del Moro e la Fontana del Nettuno.

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Colle del Gianicolo

È uno dei punti più spettacolari da cui godere di un panorama mozzafiato su Roma. In cima al Colle del Gianicolo, sotto la statua di Giuseppe Garibaldi, c’è un cannone che spara a salve a mezzogiorno in punto. Tutti i romani possono regolare il loro orologio sentendo “il botto”. Una piccola curiosità: è sul Gianicolo che sorge il famoso “fontanone” cantato da Venditti nella sua bellissima “Roma capoccia”: il vero nome è Fontanone dell’Acqua Paola e domina la grande terrazza che si affaccia sulla città.

Fontana dell'Acqua Paola, Roma

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Il fontanone di Roma

Fori Imperiali

Da non confondere con il Foro Romano (il cui ingresso è pagamento), i Fori Imperiali si trovano lungo la strada che va da piazza Venezia, dominata dal Vittoriano, il monumento nazionale dedicato a Vittorio Emanuele II, al Colosseo. Costituiscono una serie di piazze monumentali edificate nel corso di un secolo e mezzo (tra il 46 a.C. e il 113 d.C.) dagli imperatori di Roma. Camminarci permette davvero di fare un viaggio indietro nel tempo.

Piazza Farnese

È la piazza rinascimentale più imponente di Roma, alla cui realizzazione finale partecipò anche Michelangelo. Dominata da Palazzo Farnese, che ospita l’ambasciata francese, e da altri bellissimi palazzi, fontane, la chiesa di Santa Brigida e la casa in cui la santa svedese visse, insieme a sua figlia Santa Caterina, dal 1350 fino alla data della sua morte, è una meraviglia che non costa nulla visitare.

Fontana di Trevi

Non servono troppe presentazioni perché quella di Trevi è la fontana più famosa del mondo. Se si desidera godere della Fontana di Trevi senza la folla, meglio andare di sera. Dopo una cena, magari a base di bucatini all’amatriciana e abbacchio alla romana, una passeggiata fa bene. Sbucando dai vicoli, la maestosa fontana si presenta davanti agli occhi imponente e scrosciante nella piccola piazza di Trevi. La particolarità è che fa parte di un edificio, Palazzo Poli. Secondo la leggenda, chi getta una monetina nella fontana è certo di tornare a Roma. Se sei invece interessato a qualcosa di veramente unico, qui trovi il 5% di sconto per scoprire con un tour privato le Domus Sotterranee della Fontana di Trevi.

Fontana di Trevi, Roma

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La bellissima Fontana di Trevi di sera

Piazza di Spagna

A qualunque ora del giorno e della notte si trova qualcuno seduto sui gradini di Trinità dei Monti, l’enorme scalinata che sbuca nella celebre piazza di Spagna. Al centro della piazza vi è la famosa fontana della Barcaccia, anch’essa del Bernini. È sempre molto affollata di turisti e di venditori ambulanti. Se si ha voglia si possono salire i 135 gradini, in modo da poter ammirare dall’alto un panorama incredibile di Roma.

Roma è piena di tante altre splendide fontane, che puoi scoprire con uno speciale tour semi-privato a piedi a costo ridotto

Isola Tiberina

Si trova a poca distanza dall’affascinante ghetto ebraico ed è raggiungibile attraversando il Ponte Fabricio venendo da Lungotevere de’ Cenci o da Ponte Cestio, per chi viene da Trastevere, sulla riva destra del Tevere, un intreccio di vicoli e piccole piazze pieni di osterie e di locali. L’Isola Tiberina è molto frequentata d’estate da chi viene a prendere il sole, a passeggiare o da chi è a caccia di eventi. Inoltre, è piena di attrazioni da scoprire spesso avvolte nelle leggende. Con il 5% di sconto puoi compiere un’imperdibile itinerario dell’isola e del vicino quartiere di Trastevere (comprensivo di crociera e degustazione).

Roseto comunale

Affacciato sul Circo Massimo, il Roseto comunale di via di Valle Murcia è un parco di circa 10.000 m² ma ancora poco conosciuto di Roma, tutto dedicato alle rose. Nato nel 1931, era inizialmente situato sul Colle Oppio, presso il Colosseo. Il roseto ospita 1.100 diverse specie di rose tra cui le rose botaniche e le rose antiche, specie primordiali risalenti anche a 40 milioni di anni fa. Apre solo nel periodo delle fioriture primaverili ed è spettacolare nel mese di maggio. È il luogo ideale dove riposarsi e dove stare lontano dal traffico cittadino.

Appia Antica

Nel tratto compreso tra le mura e il Grande Raccordo Anulare, la via Appia Antica è un museo a cielo aperto. Chiese, mausolei, ville patrizie e un parco: innumerevoli, infatti, sono le testimonianze storico-archeologiche presenti. La si raggiunge facilmente con un autobus dedicato, l’Archeobus o ancora meglio in bicicletta, che si può noleggiare in uno dei punti di bike sharing della città.

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Foro Italico

È l’esempio più bello di architettura di epoca fascista che esista in Italia e ospita la cittadella dello sport, ai piedi di Monte Mario. Da vedere, il Monolito e lo Stadio dei Marmi, formato da statue rappresentanti alcuni sport donate da diverse province d’Italia. Nel 1960, ospitò i Giochi Olimpici e ogni anno si svolgono gli Internazionali d’Italia di tennis. Appena fuori, c’è lo stadio Olimpico. Se vi trovate a Roma nel fine settimana non perdetevi una partita di calcio.

Stadio dei Marmi, Roma

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Il bellissimo Stadio dei Marmi di Roma