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Sta per nascere una nuova compagnia aerea low cost

Si chiama Air Haifa, e tra qualche mese debutterà nel panorama delle compagnie aeree low cost per servire, con voli prevalentemente a corto raggio, l’Israele del nord. L’annuncio arriva dal ministro dei trasporti israeliano, e ora c’è grande curiosità per il vettore che potrebbe rivoluzionare il modo di viaggiare – soprattutto a livello economico – in una regione che non offre ancora molte opportunità a basso prezzo.

Air Haifa, il nuovo vettore low cost

Quando si parla di volare, un’ampia fetta di popolazione mondiale sceglie il settore low cost: l’aereo viene visto come un semplice mezzo di trasporto, e non come un’esperienza di cui godere. Perché, dunque, spendere tanto per dover solamente raggiungere la meta delle prossime vacanze? Non sorprende che i vettori a basso prezzo continuino a proliferare in ogni angolo del globo. Solo qualche mese fa è stato annunciato l’arrivo di una nuova compagnia aerea low cost in Italia, e nel resto del mondo la situazione non è differente.

A discapito degli sforzi compiuti da alcuni Paesi per ridurre i voli a basso prezzo, considerati troppo inquinanti per l’ambiente, anche Israele si dota di un altro vettore che dovrebbe praticare tariffe stracciate per i suoi passeggeri. Si tratta di Air Haifa, che servirà la regione settentrionale dello Stato, dove effettivamente i collegamenti economici spesso non si rivelano tali. Basti pensare che, come ha rivelato il ministro dei trasporti israeliano Miri Regev a Channel 12, annunciando la nascita della compagnia aerea, attualmente un volo da Haifa a Cipro costa il doppio di quello operato da Tel Aviv verso la stessa destinazione.

Il nord di Israele sta ancora adottando tariffe sproporzionate, ma Air Haifa dovrebbe ridurre le disparità e rendere molto più accessibili i propri voli ad una più vasta fetta di viaggiatori. Che cosa sappiamo su questa nuova compagnia aerea low cost? Stando alle previsioni, dovrebbe debuttare all’inizio del 2024. Avrà come sede l’aeroporto internazionale di Haifa, situato a pochi chilometri dalla città israeliana. Lo scalo opera prevalentemente voli commerciali, ma serve anche per diverse operazioni militari e come scuola per aerei ed elicotteri.

Dove volerà Air Haifa

Per quanto riguarda l’offerta di Air Haifa, al momento la compagnia aerea ha rilasciato solo qualche indicazione. Sul suo sito ufficiale si legge che il vettore opererà servizi diretti a basso costo verso un’ampia varietà di destinazioni regionali, “offrendo allo stesso tempo un’esperienza di viaggio comoda e sicura da e per l’aeroporto di Haifa, che ti farà risparmiare tempo e costi significativi”. Sarà dunque su voli a corto raggio che si specializzerà, trasportando i passeggeri con una flotta di aerei medio-piccoli su mete a breve distanza.

Le prime rotte che verranno proposte ai turisti sono Eilat, città israeliana affacciata sul Golfo di Aqaba, e l’isola di Cipro: entrambe sono destinazioni di villeggiatura molto frequentate, soprattutto per le loro splendide spiagge. La compagnia ha comunque già annunciato di voler estendere il proprio network nel prossimo futuro, aggiungendo tra le sue mete alcuni dei principali scali turistici di prossimità, tra cui la Grecia, la Turchia e Bucarest.

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Ritrovato quello che un tempo era un “portale per gli inferi”

Il mondo è un luogo ancora pieno di segreti che sembrano aspettare di essere rivelati, ma alle volte accadono delle scoperte che sorprendono non solo per la loro bellezza, ma anche per la portata e il loro significato. Come quella che vi stiamo per raccontare e che è stata identificata come un qualcosa che un tempo veniva utilizzato come un “portale per gli inferi“.

La scoperta avvenuta in Israele

In Israele molti anni fa è stata rinvenuta una grande grotta vicino a Beit Shemesh che probabilmente in passato veniva utilizzata come un “portale per gli inferi” limitatamente alla magia rituale di circa 1.700 anno orsono. A sostenere quanto appena detto è un articolo pubblicato recentemente sulla Harvard Theological Review.

Si tratta della Grotta di Teomim, una grande caverna carsica situata sulle colline di Gerusalemme, che è stata mappata per la prima volta nel lontano 1873. Tuttavia, è stato solo nell’ultimo decennio, quando archeologi ed esperti hanno iniziato a esplorare altre camere interne, che sono ritornati alla luce diversi oggetti curiosi, tra cui alcuni pezzi di tre teschi umani, 120 lampade a olio, antiche ceramiche e armi dell’età del bronzo risalenti a circa 2000 anni prima delle lampade disposte accuratamente e nascoste in profondità tra le fessure delle rocce.

Gli archeologi che hanno studiato la grotta e gli oggetti in essa contenuti ritengono che tale caverna potrebbe corrispondere a un luogo in cui veniva praticata la negromanzia, ovvero la pratica di comunicare con i morti, durante il periodo tardo romano, intorno al 300 d.C.

Le dichiarazione degli addetti ai lavori

Come dichiarato da il professor Boaz Zissu, archeologo dell’Università di Bar Ilan che studia la grotta dal 2009: “L’intera area ha subito una trasformazione radicale in seguito allo schianto della rivolta di Bar Kokhba”. Ha poi continuato affermando che: “In precedenza, questa era un’area ebraica, poi a seguito al vuoto creato in questa regione, sono entrati elementi pagani romani, e questi potrebbero essere nuovi rituali eseguiti da nuovi coloni pagani romani”.

Nel 2009 la grotta è stata esaminata da un team combinato di ricercatori del Dipartimento di studi e archeologia della Terra di Israele di Martin (Szusz) presso la Bar-Ilan University, l’Israel Cave Research Center, l’Università Ebraica, l’Autorità Israeliana per le Antichità e l’Autorità per la Natura e i Parchi, guidata da Zissu e dal Prof. Amos Frumkin.

E all’epoca, quando Zissu e altri studiosi fecero ingresso in alcune delle camere interne, ritrovarono cumuli di monete d’argento e d’oro che erano state lasciate dai profughi in fuga dalla rivolta di Bar Kokhba e costituirono alcune delle più grandi scoperte di depositi di monete.

“Ad un certo punto, abbiamo capito la logica degli antichi e dove mettevano le lampade e abbiamo iniziato a “pescare” le lampade ad olio. Stavano solo aspettando lì di essere raccolte”, ha detto Zissu. “Le persone che hanno nascosto queste lampade a olio hanno anche aggiunto alcuni altri manufatti che sono molto precedenti, come armi dell’età del bronzo, teste d’ascia e punte di lancia”.

È sembrato abbastanza evidente, dal modo in cui gli oggetti sono stati trovati, che fossero stati collocati con cura, probabilmente circa 1.700 anni fa, sulla base della datazione delle lampade a olio. Quasi 120 lucerne ben conservate risalenti al periodo tardo romano e primo bizantino (dalla fine del II al IV secolo d.C.) sono state raccolte da cavità e fessure della grotta.

I credenti, inoltre, pensavano che questo pozzo conducesse agli inferi e che i morti potessero usarlo per risalire in superficie e comunicare. Secondo alcune fonti, vicino a quasi tutte le città del mondo greco-romano esisteva un oracolo locale dei morti.

“La documentazione archeologica dell’Impero Romano di teschi umani depositati in possibili portali per gli inferi – grotte, pozzi e fonti d’acqua – non è ampia”, hanno osservato gli autori. Tuttavia, affermano che “la grotta di Te’omim sulle colline di Gerusalemme ha tutti gli elementi cultuali e fisici necessari per fungere da possibile “portale per gli inferi”.

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Anche Israele ha il suo Pantheon. A crearlo è stata Madre Natura

Sappiamo benissimo che gli esseri umani hanno creato, nel corso della loro storia, moltissime suggestive strutture d’incredibile bellezza. Ancora oggi rimaniamo incantati dalle misteriose piramidi, dalla magnificenza del Taj Mahal e dall’imponenza della Muraglia Cinese. Ma se vi dicessimo che i monumenti più belli sono, invece, quelli a opera di Madre Natura? Se non ci credete, pensate al Parco Nazionale di Beit Guvrin-Maresha, dove è possibile rimanere a bocca aperta di fronte a un Pantheon totalmente naturale.

Non è un caso che questo sito, che si trova in Israele,  sia stato riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità: comprende, infatti, una fitta di rete di grotte, per lo più a forma di campana, che sembrano anche essere tutte collegate tra loro per mezzo di svariati cunicoli sotterranei.

La storia di Beit Guvrin

Per capire meglio la storia di questo luogo incantevole, bisogna fare un piccolo passo indietro. Beit Guvrin, come abbiamo detto, si trova in Israele, precisamente a 13 chilometri da Kiryat Gat. Il parco nazionale è di immensa importanza perché comprende anche i resti di due città antiche, ossia Maresha e Bayt Jibrin, la prima risalente al X secolo a.C. e la seconda all’epoca romana. Le due città non sono strettamente legate alle grotte, ma la loro presenza ha portato sul luogo diversi archeologi che le hanno scoperte.

Le grotte di Bet Guvrin

Si è così potuto scoprire che le grotte, che si trovano precisamente nella parte est del parco, si sono formate per una naturale erosione sin dagli inizi della preistoria. Proprio alla preistoria, per altro, risalgono le prime tracce di abitazioni e insediamenti. Con la nascita delle città, le grotte sono state usate come siti funerari. Ciò è evidente da alcuni dipinti presenti all’ingresso di una delle grotte più grandi, proprio quella che è stata paragonata al nostro Pantheon Romano: Cerbero, che custodisce l’ingresso agli inferi, e una fenice, che simboleggia la rinascita.

Il Pantheon naturale e le altre grotte

In generale, l’enorme grotta paragonata al Pantheon e molte altre grotte che si trovano all’interno del parco sono opera di Madre Natura. Alcune, però, sono state a lungo utilizzate come vere e proprie abitazioni rupestri e al loro interno è possibile notare l’impronta umana, con scavi più o meno abbozzati che servivano a rendere più comodi gli ambienti. Molto più interessanti e chiaramente antropici sono invece i cunicoli, che sono stati realizzati per collegare le grotte e non solo.

Le grotte di Bet Guvrin

Sono state realizzate delle scale (molto primitive, ovviamente) che scendono in profondità, che conducono a delle specie di magazzini e dei pozzi dove, probabilmente, venivano conservati cibi e dove si estraeva l’acqua. Nei secoli a venire, altre grotte sono state modificate dagli esseri umani. Come mai? Perché molti blocchi di pietra venivano estratti per lavori di costruzione. Le grotte sono infatti costituite da pietre calcaree, per altro morbide e di colore beige, che erano perfette per edificare.

Visitare Beit Guvrin

Oggi, tutte le grotte sono facilmente accessibili e anche le città antiche sono facilmente visitabili. Ammirare sia le caverne che i resti degli insediamenti umani è davvero un’esperienza unica e caldamente raccomandata. Com’è intuibile dal nostro racconto, in particolare le grotte hanno un fascino incantevole: sono pacifiche, silenziose e, in qualche modo, anche fortemente spirituali.

Bet Guvrin, interno delle grotte

Per accedervi basta seguire tutte le indicazioni presenti all’ingresso del Parco Nazionale e, nei mesi estivi, è anche possibile usufruire di alcune navette che accorciano i tempi di percorrenza del parco. Non serve nemmeno prenotare: basta semplicemente andare sul posto per accedere alla vasta aerea, che non è mai particolarmente affollata.

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Puoi camminare sulle acque: succede nel Mar Morto una volta l’anno

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi, e anche se sono diversi tra loro, per esigenze e preferenze, tutti sono accomunati dal medesimo desiderio di vivere e condividere esperienze uniche e straordinarie.

Pernottare in alloggi stravaganti, per esempio, o intraprendere missioni adrenaliniche. E poi, ancora, raggiungere destinazioni remote e solitarie, visitare borghi fantasma e dormire sotto i cieli stellati sfavillanti. Queste sono solo alcune delle esperienze che ci invitano ogni giorno ad attraversare il globo il lungo e in largo.

Ma se è un’avventura unica e irripetibile che volete vivere, allora c’è solo un luogo da raggiungere, un posto dove una volta all’anno uomini, donne e persone di ogni età possono camminare, o meglio correre, sulle acque del Mar Morto. L’esperienza è davvero unica.

Cos’è la Dead Sea Marathon e perché dovresti partecipare almeno una volta nella vita

Per vivere quella che è una delle esperienze più sensazionali e suggestive di una vita intera, dobbiamo recarci a Israele in un preciso periodo dell’anno. È qui, tra le sponde del Mar Morto, che le persone possono compiere il loro personale miracolo, quello di camminare o correre sulle acque e attraversare uno dei paesaggi più mozzafiato del globo.

L’esperienza, che vanta una fama mondiale, è legata alla Dead Sea Marathon, la corsa più bassa del mondo. La maratona, infatti, permette alle persone di correre su un lembo di terra situato a 420 metri sotto il livello del mare, questo vuol dire che c’è la possibilità di attraversare, letteralmente, il Mar Morto e lo scenario unico che lo caratterizza.

Da una parte il deserto, dall’altra le oasi in lontananza. Tutto intorno, invece, il mare più salato del mondo che si allunga verso il cielo e in quello sembra sparire: la corsa è un sogno a occhi aperti che si avvera chilometro dopo chilometro.

Non si tratta di un’esperienza riservata ai soli runner esperti. Ogni anno, la prima settimana di febbraio, corridori, sportivi, famiglie e ragazzi si riuniscono qui per attraversare il mare e per vivere un’esperienza surreale, unica e irripetibile.

Correre sulle acque: l’esperienza da sogno

Non è un miracolo, ma una vera e propria opportunità che viene concessa a persone di tutto il mondo una volta l’anno. La Dead Sea Marathon si tiene, solitamente, nei primi giorni di febbraio e questa è l’unica possibilità che si ha per attraversare il mare, camminando su una superficie pianeggiante che lo attraversa. Questo lembo di terra, infatti, è di proprietà della Dead Sea Works che permette l’accesso solo in occasione della maratona sportiva.

L’appuntamento, dicevamo, è annuale ed è previsto solitamente durante la prima settimana del mese di febbraio. Il punto di partenza è Ein Bokek, la celebre località israeliana situata sulle rive del Mar Morto, nonché punto di riferimento di tutti i vacanzieri che giungono fin qui.

Come abbiamo anticipato, questo appuntamento sportivo non è destinato solo ai più esperti. Insieme ai runner, infatti, ci sono anche le famiglie, i giovanissimi e i viaggiatori che desiderano attraversare lo straordinario palcoscenico che attraversa l’acqua cristallina e turchese. Non una semplice corsa, la Dead Sea Marathon è una vera e propria esperienza straordinaria.

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In Israele verrà aperta al pubblico una tomba importantissima

Solo pochi giorni fa sono stati annunciati nuovi scavi in quello che è ritenuto essere il luogo di sepoltura di Salomè, la levatrice che assistette alla nascita di Gesù (e non solo). Fino a questo momento, è stata riportata alla luce un’importante tomba ebraica risalente a ben duemila anni fa e l’obiettivo di Israele è aprirla a breve al pubblico.

Come è fatta la tomba di Maria Salomè

La tomba si trova in un’ampia area situata a circa 35 km a sud-ovest di Gerusalemme. Sono state le lastre di pietra e i pavimenti a mosaico a far capire che si tratta di una sepoltura di una personalità importante.

Secondo la tradizione cristiana, la tomba custodirebbe i resti di Maria Salomè, una delle donne che seguirono Gesù fin sotto la croce e che, secondo i Vangeli apocrifi, sarebbe stata anche una delle due levatrici che aiutarono la Vergine Maria a partorire lo stesso Gesù a Betlemme.

Più nel dettaglio: la Grotta di Salomè si trova nella città di Lakish, a metà strada tra Gaza e Gerusalemme e, stando a quanto riportato dalla fonti locali, rientrerà nell’itinerario “Sentiero dei Re di Giudea”, un progetto guidato dal governo israeliano che riunisce importanti siti archeologici del territorio che si estendono per circa 80 chilometri.

Un’impresa che però al momento risulta controversa in quanto tali resti si trovano al di fuori dei territori occupati da Israele. Per questo motivo, l’Autorità israeliana per le antichità è stata criticata per aver continuato il suo lavoro senza consultare i palestinesi locali.

Non solo la tomba, gli altri ritrovamenti

Nei fatti questo sito archeologico era stato svelato 40 anni fa da alcuni ladri di antichità, ma l’ente governativo di Israele ha deciso di ampliare gli scavi per concentrarsi sul complesso tombale collegato che sembrerebbe appartenere a una famiglia benestante.

Accanto al cortile, l’ingresso della grotta è particolarmente decorato con intagli simbolici di rosette, melograni e vasi d’acanto. Gli scavi effettuati da queste parti hanno riportato alla luce anche una fila di bancarelle che vendevano, o affittavano, lampade di terracotta.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Come sottolineato dai direttori dello scavo Nir Shimshon-Paran e Zvi Firer: “Nel negozio abbiamo trovato centinaia di lampade complete e rotte risalenti all’VIII-IX secolo d.C”.

Ma non solo: “Con un cortile di oltre 3.700 metri quadrati, pavimenti a mosaico e ingressi della grotta riccamente scolpiti con rosette e melograni, si ritiene che la camera funeraria risalga al periodo romano prima di essere sostituita da una cappella cristiana”, ha affermato in una nota l’Autorità israeliana per le antichità, tanto da descriverlo come uno dei più incredibili siti di sepoltura privata scoperti nel Paese. “La tomba attesta che i suoi proprietari erano di alto rango nella Giudea centro-meridionale nel periodo del secondo tempio”.

“Il culto di Salomè, santificato nel cristianesimo, appartiene a un fenomeno più ampio, in cui i pellegrini cristiani del V secolo incontravano e santificavano i siti ebraici”. Un processo di santificazione che è stato chiarito nel sito attraverso la scoperta di un piccolo mercato all’esterno della grotta che vendeva ai visitatori le lampade di argilla di cui vi parlavamo sopra. All’interno, una cappella dedicata a Salomè è costellata di croci e iscrizioni in greco, siriaco e arabo, che sarebbero testimoni dell’importanza del sito dall’epoca bizantina fino al periodo islamico.

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L’importante scoperta avvenuta per puro caso

Alle volte si organizzano campagne di scavo perché gli archeologi sono consapevoli che la terra, in quell’area, nasconde tesori millenari. Altre, invece, le scoperte avvengono per puro caso, come è successo a un gruppo di alunni di terza media che a seguito di un’escursione hanno riportato alla luce una meraviglia antichissima.

Israele, la scoperta fatta da un gruppo di ragazzi di terza media

Ciò che è stato appena rinvenuto è un antico scarabeo di 3000 anni fa. Un gruppo di ragazzi era in gita scolastica ad Azor, vicino a Tel Aviv in Israele e, mentre stavano girovagando, hanno visto qualcosa che sembrava un piccolo giocattolo per terra. Una volta raccolto, come ha raccontato Gilad Stern dell’Israel Antiquity Authority Educational Center, che guidava la gita: “Sono rimasto stupito perché era uno scarabeo con una scena chiaramente incisa, il sogno di ogni archeologo dilettante. Gli alunni erano davvero entusiasti!“.

Questo piccolo – ma solo di dimensioni – tesoro ritrovato per puro caso è stato progettato con la forma del comune scarabeo stercorario. Gli antichi egizi, infatti, vedevano nel gesto dell’insetto che rotola una palla di sterco due volte più grande di lui dove ripone la sua futura prole, l’incarnazione della creazione e della rigenerazione.

Le dichiarazioni degli addetti al lavori

Secondo il dottor Amir Golani, specialista dell’Autorità israeliana per le antichità nel periodo dell’Età del Bronzo, “Lo scarabeo veniva usato come sigillo ed era un simbolo di potere e di status. Poteva essere inserito in una collana o in un anello. È fatto di terracotta silicata ricoperta da uno smalto verde-bluastro. Potrebbe essere caduta dalle mani di un personaggio importante e autorevole che passava da quelle parti, oppure potrebbe essere stata deliberatamente sepolta nel terreno insieme ad altri oggetti e dopo migliaia di anni è tornata in superficie. È difficile determinare l’esatto contesto originario”.

Nella parte inferiore dello scarabeo – per intenderci quella piatta – è possibile scorgere una figura seduta su una sedia e di fronte a essa una figura in piedi, il cui braccio è sollevato rispetto a quello della persona seduta. La figura in piedi presenta una testa allungata, che sembra rappresentare la corona di un faraone egiziano, ed è possibile che qui si veda un’istantanea di una scena in cui il faraone egiziano conferisce l’autorità a un suddito cananeo locale.

E a tal proposito Golani ha affermato: “Questa scena riflette fondamentalmente la realtà geopolitica che prevaleva nella terra di Canaan durante la tarda età del bronzo (ca. 1500-1000 a.C.), quando i governanti cananei locali vivevano (e talvolta si ribellavano) sotto l’egemonia politica e culturale egiziana“. Ha poi continuato: “È quindi molto probabile che il sigillo risalga alla tarda età del bronzo, quando i cananei locali erano governati dall’Impero egizio”.

I sigilli di scarabeo sono infatti egiziani, ma la loro ampia diffusione si estendeva anche al di fuori dei confini dell’Egitto. Non a caso, centinaia di scarabei sono stati scoperti in Terra d’Israele, soprattutto in tombe, ma anche in strati di insediamento. Alcuni di essi sono stati importati dall’Egitto, mentre altrettanti sono stati imitati in Israele da artigiani locali sotto l’influenza egiziana. Il livello di lavorazione del particolare scarabeo appena rinvenuto da questi ragazzi, infatti, non è tipico dell’Egitto. Per questo motivo potrebbe rappresentare un prodotto di artigiani locali.

israele gruppo terza media scoperta

Fonte: Gilad Stern, Israel Antiquity Authority

Gli artefici della scoperta
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La scoperta che ci riporta indietro di 1.200 anni

La scoperta appena avvenuta ci riporta indietro nel tempo di oltre 1.200 anni. Degli scavi subacquei, infatti, hanno riportato alla luce una nave antichissima, la più grande nel suo genere, e circa 200 anfore che contenevano ingredienti per la dieta mediterranea.

Israele, la scoperta che riscrive la storia

Siamo in Israele, più precisamente al largo di quella che oggi è Maagan Michael, una comunità costiera tra Haifa e Hadera, nel Nord del Paese. Proprio qui, grazie a uno scavo sostenuto dalla Israel Science Foundation, dalla Honor Frost Foundation e dall’Institute of Nautical Archaeology della Texas A&M University, è stato rinvenuto un relitto risalente a oltre 1.200 anni fa con al suo interno circa 200 anfore che contenevano ancora ingredienti della dieta mediterranea, come la salsa di pesce, e una varietà di olive, datteri e fichi. Prodotti davvero particolari poiché erano delizie di zone lontane.

Non ci è ancora dato sapere come sia affondata. Il periodo, infatti, era molto turbolento e l’impero bizantino cedeva territori alla nascente potenza islamica. Tuttavia, l’esistenza stessa della nave testimonierebbe la persistenza del commercio in un Mediterraneo sempre più diviso.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

A spiegare quanto appena detto, e come riportato da Rai News, è stata Deborah Cvikel, archeologa nautica dell’Università di Haifa e direttrice dello scavo. In particolare ha dichiarato: “I libri di storia ci dicono che in quell’epoca non esistevano commerci internazionali nel Mediterraneo. E lo testimoniavano la scoperta soprattutto di navi di piccole dimensioni, in grado di navigare lungo la costa facendo cabotaggio“.

Ha poi aggiunto: “In questo caso, invece, abbiamo scoperto un grande relitto, che crediamo fosse una nave originariamente lunga circa 25 metri con un carico di merci provenienti da tutto il Mediterraneo”.

Una scoperta importantissima

I manufatti ritrovati sul ponte del relitto dimostrerebbero che la nave aveva attraccato a Cipro, in Egitto, forse in Turchia e che probabilmente si era spinta fino alla costa nordafricana.

La costa di Israele è ricca di scheletri di navi affondate nel corso dei millenni. I relitti, da queste parti, sono più accessibili allo studio che in altre zone del Mediterraneo. Questo si verifica perché il mare qui è poco profondo e il fondale sabbioso, condizioni ottimali per conservare reperti.

Infatti, come è successo con la nuova scoperta al largo di Maagan Michael, in queste acque è sufficiente una tempesta per riportare alla luce una nuova reliquia. In questo caso specifico, sono stati due subacquei dilettanti a individuare un pezzo di legno che sporgeva dal fondo. Una parte che si è rivelata essere di una nave mercantile, datata tra il VII e l’VIII secolo d.C, fatta di abeti e noci.

Gli scavi eseguiti dal team di Cvikel hanno mappato gran parte dello scheletro di legno, lungo ben 20 metri e largo cinque. Dopodiché degli aspiratori subacquei hanno ripulito 1,5 metri di sabbia e scoperto le oltre 200 anfore contenenti ancora ingredienti della dieta mediterranea. Ma non solo. Erano presenti persino strumenti per la navigazione come corde e oggetti personali tra cui pettini di legno, oltre ad animali, inclusi i resti di scarafaggi e sei topi.

Insomma, quella appena avvenuta è una scoperta che potrebbe persino riscrivere la storia del Mediterraneo.

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Addio tampone anche in questo affascinante Paese

Niente tampone per chi decide di andare in questo meraviglioso Paese: da oggi, 21 maggio, per entrare nel Paese non ci si dovrà più sottoporre a test Pcr molecolare e il conseguente isolamento in aeroporto, ma anche al test antigenico in ingresso con validità 24 ore prima della partenza. Un’altra meta si aggiunge al lungo elenco delle destinazioni che stanno allentando le misure restrittive post pandemia, facilitando ingressi di viaggiatori stranieri e dando una positiva boccata d’ossigeno anche al settore turistico.

In Israele stop al tampone per i viaggiatori

Entrare in Israele sarà dunque più facile dalle 00.01 di sabato 21 maggio 2022, quando entreranno in vigore le nuove regole. I due test, antigenico dall’Italia e PCR in Israele, saranno obbligatori solo fino alle 24:00 del giorno 20 maggio. Le mascherine, invece, anche se non sono più obbligatorie in Israele, andranno indossate a bordo dei voli internazionali fino al 23 maggio. Resta tuttavia in vigore l’obbligo di compilare il Passenger Form, ossia il modulo di ingresso previsto dal Ministero della Salute, per i viaggiatori che entrano nel Paese via aerea o marittima.

Le regole che entreranno in vigore da sabato 21 maggio 2022 sono, in breve:

  • Nessun tampone (Pcr o molecolare) sarà più richiesto per chi entra in Israele
  • Obbligo di mascherina su voli internazionali fino al 23 maggio
  • Compilazione del Passenger Form

Israele, Terra Santa tra antico e moderno

Un crocevia tra Africa, Asia ed Europa, “Terra Santa” e luogo di pellegrinaggio per cristiani, ebrei e musulmani. Israele, però, non è solo una meta di turismo religioso, ma vanta un’infinità di luoghi incredibilmente belli da scoprire. Si trovano riserve naturali, siti archeologici e storici, culle di cultura antichissima, monasteri, deserti che si affacciano sul mare e montagne innevate. I paesaggi sono mozzafiato e costruire un itinerario scegliendo cosa visitare, gli highlights del viaggio, è cosa assai complessa per l’imbarazzo della scelta di luoghi e bellezze da scoprire.

Haifa, la perla color miele di Jaffa, piccola e pittoresca città di porto che contrasta con l’assoluta modernità di Tel Aviv. E ancora il Mar Morto e le scogliere del Great Rift Valley,  il colori surreali del deserto del Negev, e le mete di pellegrinaggio internazionale come Nazareth, Betlemme, e Gerusalemme, dove ammirare la Torre di Davide, la Chiesa del Santo Sepolcro, la Cupola della Roccia, il Muro del Pianto, il Museo della Memoria dell’Olocausto (Yad Vashem), il colorato mercato di Mahane Yehuda e il Monte degli Ulivi. Per non parlare della fortezza montuosa di Masada e il Monastero di Mar Saba. Meraviglie che fanno di Israele una meta tra le più apprezzate dai turisti nel Mondo, che scelgono questo Paese in forte crescita turistica, soprattutto in previsione dell’abolizione delle restrizioni.

Verso la ripresa del turismo internazionale

Turismo che con la riapertura può continuare l’ascesa intrapresa negli ultimi anni: ad aprile 2022 sono stati registrati 207.400 arrivi turistici (contro i 30.200 di aprile 2021 e i 405.000 di aprile 2019). Solo dall’Italia, nel mese di aprile, cinquemila persone hanno visitato Israele. Il trend di ripresa del turismo verso questo Paese viene riconfermato. Si prevede un incremento da 1,5 a 2 milioni di ingressi nel 2022.

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Vista dei giardini Bahai e del Santuario del Bab sul monte Carmelo ad Haifa

 

 

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Scoperta sensazionale in Israele: così cambia la storia

La Galilea è una delle zone più interessanti di Israele. Dal punto di vista naturalistico, ma anche archeologico e nell’ambito della paleontologia. Oltre che per la tradizione spirituale, questa regione è davvero unica al mondo proprio per la straordinaria storia dell’uomo preistorico e per le evidenze qui lasciate.

È di recente una scoperta a dir poco sensazionale. Vicino al lago di Galilea, sono stati rinvenuti i resti di un insediamento che risale a 23mila anni fa. L’analisi dei resti animali ritrovati dimostra che qui gli antichi abitanti prosperavano in maniera straordinaria.

La scoperta straordinaria

Uno studio pubblicato a fine gennaio sulla rivista Plos One dal team dell’Istituto di archeologia dell’Università ebraica di Gerusalemme, infatti, ha messo in evidenza i ritrovamenti di resti di un campo di pescatori-cacciatori-raccoglitori precedentemente sommerso sulle rive del lago di Galilea. Attraverso un’attenta analisi della varietà e dell’uso dei resti di animali, il team ha concluso che questi sopravvissuti all’ultima era glaciale prosperavano, mentre la maggior parte dei loro contemporanei, in altre parti del mondo, erano quasi affamati, a causa della temperatura estremamente fredde.

La storia del sito israeliano

Il sito israeliano, noto come Ohalo II, fu occupato alla fine della massima espansione dell’ultima era glaciale, tra 23.500-22.500 anni fa. Ohalo II è noto per l’eccellente conservazione delle capanne a cespuglio e dei resti botanici. Lo studio, guidato dalla studentessa di dottorato dell’università Tikvah Steiner, sotto la supervisione della professoressa Rivka Rabinovich e dell’archeologo dell’Università di Haifa, il professor Dani Nadel che ha effettuato gli scavi del sito, ha esaminato la dieta e l’uso di parti di animali per determinare il benessere e lo stile di vita degli antichi abitanti di questa zona.

Durante la massima espansione dell’ultima era glaciale, le calotte glaciali coprivano gran parte del Nord America, del Nord Europa e dell’Asia, influenzando profondamente il clima terrestre causando siccità, desertificazione e un forte calo del livello del mare. Ironia della sorte, Ohalo II è stato scoperto nel 1989, in seguito a condizioni di siccità che hanno abbassato di diversi metri il livello dell’acqua del lago di Galilea.

Gli scavi archeologici

Gli scavi sono stati effettuati tra il 1989-1991 e di nuovo tra il 1998-2001. Il sito si estende per 2000 metri e si trova vicino alla punta meridionale della zona moderna del lago di Galilea, a circa 9 chilometri a Sud di Tiberiade. Il sito contiene i resti di sei capanne a cespuglio di forma ovale, focolari a cielo aperto, la tomba di un maschio adulto, oltre a varie installazioni e cumuli di rifiuti. Abbondanti materiali organici e inorganici forniscono una ricchezza di informazioni sullo stile di vita dei pescatori-cacciatori-raccoglitori che abitavano quest’area.

Una scoperta che cambia la storia

Da un’attenta analisi di 22.000 ossa di animali rinvenute nel sito, tra cui gazzelle, cervi, lepri e volpi, nonché dalla documentazione precedente sul numero di resti di piante carbonizzate, strumenti di selce e chicchi di cereali, il team ha concluso che Ohalo II presenta un quadro di sussistenza diverso rispetto alla maggior parte degli altri siti del periodo Mesolitico.

Le oscillazioni climatiche durante l’ultimo periodo della massima glaciazione hanno avuto effetti minimi sull’Alta Valle del Giordano, in particolare vicino a Ohalo II, consentendo a quelle persone di utilizzare un’ampia nicchia ecologica composta da varie piante commestibili, mammiferi, rettili, uccelli e pesci.

“Nonostante la loro capacità di cacciare animali anche di grandi dimensioni, questi abitanti cacciavano una vasta gamma di prede e avevano strumenti e tempo sufficienti per sfruttare appieno le carcasse di animali fino al midollo”, ha spiegato Steiner. Allo stesso modo si può notare come “le tartarughe siano state apparentemente selezionate secondo una specifica linea, il che potrebbe suggerire che i loro gusci da usare come ciotole, e non la loro carne, fossero l’obiettivo principale. La lepre e la volpe sono state probabilmente cacciate per le loro pelli”, ha concluso la ricercatrice.

Gli studi attuali si sono concentrato sui resti di rettili, uccelli e mammiferi trovati in una delle capanne durante le sue tre occupazioni consecutive. Nell’ambito dello studio, sono state effettuate l’identificazione e la quantificazione delle diverse specie animali: sono state misurate le dimensioni ossee e le superfici ossee sono state sottoposte ad esame spettroscopico per identificare segni di taglio e usura.

Inoltre, una studentessa post-dottorato all’Università ebraica ed esperta in erpetologia, la dott.ssa Rebecca Biton, ha scoperto che le tartarughe erano tutte di taglia uniforme, il che potrebbe indicare una selezione consapevole, da parte dei cacciatori, di una dimensione specifica di tartaruga per l’utilizzo del loro guscio.

Secondo il team dei ricercatori, Ohalo II è un meraviglioso esempio di una vera economia ad ampio spettro durante l’ultima era glaciale, proprio all’inizio del periodo epipaleolitico. Una scoperta sensazionale, insomma.

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Gli scavi archeologici a Ohalo II, in Israele