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Israele, scoperto il più grande monastero bizantino del sud del Paese

Mentre si progettava il nuovo quartiere a nord di Kiryat Gat, nel sud di Israele, le autorità per le antichità hanno avviato alcuni scavi archeologici portando alla luce un’importante scoperta. Durante le attività è emerso un complesso monastico di epoca romana bizantina, un’autentica meraviglia che aumenta il suo valore grazie al pavimento a mosaico multicolore decorato con motivi geometrici e floreali a cui si aggiungono figure di animali e un’iscrizione in greco con riportato un versetto biblico. All’interno del sito è stato poi trovato un torchio per il vino e diversi edifici appartenenti al medesimo periodo: lo studio condotto ha dato modo di approfondire quella che era l’organizzazione economica della comunità attiva diventando una testimonianza unica della vita quotidiana.

Monastero bizantino di epoca romana scoperto in Israele

Fonte: Ufficio Stampa

Israele: scoperto un monastero decorato con mosaici bizantini

Scoperto in Israele un monastero con pavimento bizantino

Protagonista della scoperta è proprio il pavimento mosaicato di inestimabile valore simbolico e artistico. Si stima risalga al V o VI secolo dopo Cristo. Il mosaico è in grado di attirare l’attenzione grazie alla composizione raffinata ma è soprattutto il messaggio al centro a colpire gli storici e gli archeologi. Appartiene al passaggio biblico del Deuteronomio e recita: “Benedetto sarai quando entri e benedetto sarai quando esci”. La benedizione è rivolta soprattutto a fedeli e viaggiatori che attraversavano le porte in cerca di protezione e prosperità.

La scritta biblica sul pavimento mosaicato del monastero

Fonte: Ufficio Stampa

La scritta scoperta sul pavimento mosaicato

Il mosaico bizantino con un messaggio biblico

Il mosaico rivenuto all’interno del monastero bizantino emerso in Israele è di grande rilevanza. È composto da tessere minuziosamente disposte che rappresentano un trionfo di simbolismo e maestria. All’interno delle raffigurazioni ancora ben conservate si osservano croci, leoni, colombe, anfore e complessi motivi geometrici e floreali. Alcuni hanno un simbolo cristiano associato, altri sono prettamente decorativi. Interessante anche la palette cromatica ricca così come sono evidenti i dettagli precisi e opulenti che confermano l’importanza sociale del monastero per la comunità dell’epoca.

Perché è importante la scoperta

Gli scavi hanno portato alla luce un complesso articolato composto da almeno 10 edifici: oltre al monastero in sé fanno parte del ritrovamento un magazzino e un torchio per la produzione vinicola dotato di vasche decorate con motivi mosaicati in pietre blu e bianche. La testimonianza è davvero rilevante e mostra come l’economia fosse basata sulla produzione vinicola; lo studio è rafforzato dalla presenza di tracce di pittura rossa sulle pareti.

Gli archeologi hanno avuto in più l’opportunità di portare alla luce ceramiche, monete e manufatti in marmo a cui si aggiungono oggetti in vetro e metallo. Il sito è di rilevanza non solo per i ritrovamenti ma per la posizione strategica: si trovava infatti lungo un’arteria commerciale che collegava l’entroterra alla pianura costiera.

Anfora e oggetti rivenuti negli scavi

Fonte: Ufficio Stampa

Un’anfora rinvenuta tra gli oggetti scoperti negli scavi

L’autorità per le antichità di Israele ha già sottolineato l’importanza della scoperta e la direttrice della regione Sud Svetlana Talis ha commentato “Questa scoperta evidenzia la ricchezza storica dell’area e il ruolo di Kiryat Gat come crocevia di culture e attività economiche nell’antichità”. Le operazioni ora permetteranno il trasferimento del mosaico verso un’area pubblica così da consentire ai visitatori di poterne ammirare la bellezza e comprenderne l’importanza storica. Per poterla visitare bisognerà attendere però che le operazioni di trasporto e restauro siano complete: si tratta di uno dei mosaici più rari scoperti in Israele e una volta completate le attività sarà esposto ottenendo il risalto che merita.

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Per viaggiare in Israele servirà l’Eta: cos’è

Dal 1° gennaio 2025, Israele introdurrà una nuova procedura obbligatoria per tutti i turisti provenienti da Paesi esenti da visto. Si tratta dell’ETA-IL, un sistema elettronico che consentirà alle autorità israeliane di effettuare un controllo preventivo sui passeggeri in arrivo, migliorando la sicurezza e semplificando le formalità di ingresso nel Paese.

Grazie a questa nuova procedura, infatti, i viaggiatori non solo avranno un’esperienza più fluida e rapida al momento dell’ingresso, ma Israele potrà garantire anche un maggiore controllo sulle persone che accedono al suo territorio. La possibilità di evitare sorprese all’arrivo è senza dubbio un vantaggio significativo per chi viaggia verso la Terra Santa, rendendo l’esperienza di viaggio più semplice e serena.

Cos’è l’ETA-IL e come funziona?

Il termine ETA sta per Electronic Travel Authorization (Autorizzazione Elettronica di Viaggio), ed è un sistema che permette alle autorità di esaminare in anticipo i dati dei passeggeri prima del loro ingresso nel Paese. A partire dal 1° gennaio 2025, chiunque arrivi in Israele da uno dei Paesi che godono dell’esenzione dal visto, dovrà compilare il modulo ETA-IL prima di imbarcarsi. Questo modulo digitale fornirà alle autorità israeliane una serie di informazioni personali, compreso il motivo del viaggio, i dettagli del volo e una serie di domande di sicurezza.

In pratica, prima che il passeggero possa salire a bordo del volo, il sistema ETA verificherà automaticamente la sua idoneità all’ingresso in Israele. Se la richiesta dovesse suscitare qualche dubbio o problema, il viaggiatore riceverà un’ulteriore comunicazione per risolvere la questione con l’Ambasciata israeliana del proprio Paese di origine. Questo passaggio consentirà di ridurre al minimo i disagi al momento dell’arrivo, evitando che i viaggiatori si trovino sorpresi da una decisione di rifiuto all’ingresso all’ultimo minuto.

L’ETA-IL è, infatti, uno strumento pensato per migliorare la sicurezza nazionale, ottimizzare i controlli di immigrazione e garantire una gestione più fluida dei flussi turistici. Un altro vantaggio di questo sistema è che permette di ridurre i tempi di attesa al controllo passaporti una volta arrivati in Israele. I passeggeri che avranno completato la procedura online saranno già registrati nel sistema, consentendo loro di passare rapidamente ai controlli finali.

L’ETA israeliano avrà un costo di circa 25 NIS, pari a 6,55 euro, una cifra modesta che coprirà l’intero processo di registrazione online.

I vantaggi dell’ETA per il turismo 

L’introduzione dell’ETA-IL non solo servirà a rafforzare la sicurezza, ma avrà anche l’effetto di snellire le operazioni burocratiche per i viaggiatori. Il sistema mira a prevenire situazioni problematiche in cui il rifiuto di ingresso è già noto in anticipo, permettendo al passeggero di affrontare la situazione con maggiore tranquillità, evitando inutili disagi all’arrivo.

Inoltre, il processo sarà particolarmente semplice per chi ha già esperienza con sistemi simili, come quello implementato negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, dove l’ETA è in uso da anni. Si prevede che il sistema si espanda anche nell’Unione Europea, aumentando l’efficienza delle procedure di ingresso non solo per Israele ma per altri Paesi.

Per coloro che dovessero avere difficoltà nel completare la procedura, sarà disponibile un centro di assistenza che fornirà supporto per risolvere eventuali problematiche o rispondere a domande aggiuntive. Il servizio sarà accessibile attraverso il sito web ufficiale dell’Autorità Israeliana per la popolazione e l’Immigrazione, che offre informazioni dettagliate in diverse lingue.

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Sono queste le destinazioni a rischio per il 2025 (e perché)

Ogni anno, International SOS aggiorna la sua Risk Map, un’analisi interattiva che evidenzia le principali minacce alla sicurezza e alla salute a livello mondiale. Per il 2025, la mappa restituisce un panorama sempre più complesso, dominato da tensioni geopolitiche, conflitti armati e rischi sanitari.

La crescente instabilità in diverse aree del globo ha causato un peggioramento dei rating di rischio in molti Paesi, segnando una svolta nella valutazione delle destinazioni più pericolose per il prossimo anno.

I Paesi più a rischio: Israele, Libano, Sudan e Myanmar

Le tensioni geopolitiche e i conflitti armati continuano, infatti, a devastare Paesi come Israele, Libano, Sudan e Myanmar, che hanno visto un’espansione significativa delle aree classificate come a rischio elevato o estremo. In particolare, il Sudan è caratterizzato dall’intensificarsi delle violenze interne, mentre in Libano la crisi economica e sociale si è ulteriormente aggravata. La situazione in Myanmar rimane critica a causa della perdurante instabilità politica e militare.

Franco Fantozzi, senior security advisor di International SOS, ha sottolineato: “Le tensioni geopolitiche sono il principale motore di cambiamento nella Risk Map di quest’anno. Non abbiamo ridotto i rating di rischio di nessun Paese, un chiaro segnale dell’aumento della complessità globale”.

Nuova Caledonia: un caso inatteso

Anche la Nuova Caledonia, finora considerata una meta sicura, ha registrato un incremento del rischio, passando da un livello basso a medio.

Si tratta di un cambiamento attribuibile a disordini sociali, declino economico e un aumento della criminalità.

Inoltre, è una situazione che possiamo intendere come monito sull’imprevedibilità dei rischi a livello mondiale, che possono colpire anche regioni all’apparenza stabili.

Sudafrica, Messico e Kenya: l’ombra della criminalità

In alcune aree di Sudafrica, Messico e Kenya, l’espansione della criminalità e dei disordini sociali ha spinto verso l’alto i livelli di rischio.

Sono cambiamenti che riflettono dinamiche locali, ma evidenziano al contempo tendenze globali legate a crisi economiche e instabilità politica. Così, per i turisti, questi Paesi richiedono una pianificazione attenta e un continuo monitoraggio delle condizioni di sicurezza.

I miglioramenti: Filippine, Thailandia e Laos

Tuttavia, nonostante il quadro generale mostri una tendenza ad aggravarsi, vi sono aree che mostrano, di contro, segnali di miglioramento.

In alcune zone delle Filippine, della Thailandia e del Laos, la riduzione delle attività militari ha permesso una diminuzione del rating di rischio. I progressi, seppur limitati, offrono un barlume di speranza in un contesto internazionale sempre più difficoltoso.

Cambiamenti nei rischi sanitari: Bolivia e Libia

La Risk Map 2025 evidenzia anche cambiamenti significativi nei rischi sanitari.

A questo proposito, la Bolivia è passata da un rating medio ad alto, a causa di un peggioramento nell’accesso alle cure mediche e nella disponibilità di farmaci. Al contrario, la Libia ha visto una riduzione del rischio medico da estremo ad alto, grazie a un perfezionamento delle infrastrutture sanitarie in alcune aree.

Il dottor Fareed Ahmed, direttore medico di International SOS, ha spiegato: “Fattori come la qualità delle strutture sanitarie, la disponibilità di farmaci e la diffusione di malattie giocano un ruolo cruciale nella definizione del rischio medico. Affidarsi a dati aggiornati è essenziale per garantire la sicurezza della forza lavoro”.

Gli strumenti di International SOS per affrontare i rischi

Oltre alla Risk Map, International SOS mette a disposizione una vasta gamma di strumenti per aiutare le organizzazioni a gestire i rischi.

La mappa interattiva ora include dati su circa mille città nel mondo, fornendo informazioni dettagliate su conflitti, criminalità, disastri naturali e accesso alle cure mediche: un approccio capillare che consente di pianificare viaggi e operazioni con maggiore consapevolezza.

Queste le parole di Sally Llewellyn, Global Security Director di International SOS: “La capacità di comprendere e gestire i rischi è fondamentale in un mondo sempre più complesso. Le nostre soluzioni aiutano le organizzazioni a proteggere la propria forza lavoro e a garantire la continuità operativa“.

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Nel Mar Morto sono stati scoperti degli incredibili camini di sale

In un progetto interdisciplinare coordinato dall’Helmholtz Centre for Environmental Research (UFZ), i ricercatori hanno fatto una scoperta straordinaria che ha attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Sui fondali del Mar Morto emergono dei misteriosi camini di sale, ovvero delle strutture naturali simili a camini, formate dalla cristallizzazione dei minerali provenienti da acque sotterranee ad alta salinità.

Conosciuti sono i fumaioli neri che si trovano lungo le dorsali medio-oceaniche e le torri di tufo del lago Mono, ma queste formazioni appena scoperte sono il frutto di un processo geologico unico che potrebbe rivoluzionare alcune dinamiche e causare alcune conseguenze importanti.

Cosa sono e come si formano i camini di sale

Mentre i fumaioli neri emettono fluidi caldi ricchi di minerali, formando minerali di zolfo e ferro non appena i fluidi entrano in contatto con l’acqua di mare fredda e le torri di tufo intorno alle sorgenti di acqua ricca di calcio, i camini nel Mar Morto sono formati da flussi di acque sotterranee altamente saline. Le acque sotterranee provenienti dalle falde acquifere che circondano il bacino del Mar Morto scorrono attraverso spessi strati di vecchi depositi di sale, dissolvendo il minerale alogenuro e scorrendo nel lago come pennacchi di salamoia che salgono verso l’alto.

Ciò è piuttosto insolito, poiché l’acqua salata ha una densità maggiore dell’acqua dolce. Tuttavia i livelli di salinità nel Mar Morto sono così elevati che la salamoia è ancora meno densa dell’acqua circostante.  “Poiché la densità di questa salamoia è leggermente inferiore a quella dell’acqua nel Mar Morto, sale verso l’alto come un getto. Sembra fumo, ma è un fluido salino” spiega l’idrogeologo dell’UFZ, il dott. Christian Siebert, autore principale del nuovo studio che descrive la scoperta.

Siebert e il suo team hanno studiato come le dinamiche del sistema delle acque sotterranee in questa regione stanno cambiando e come le falde acquifere stanno trovando nuovi percorsi negli strati rocciosi, sia sulla terraferma che sotto il Mar Morto. I subacquei hanno scoperto i camini durante un’indagine sul fondale del lago a una profondità di circa 30 metri.

Dettaglio camini di sale

Fonte: Ufficio stampa

Creazione dei camini di sale

Le osservazioni dirette mostrano che i camini crescono rapidamente. Possono crescere di diversi centimetri in un solo giorno, quando l’acqua del lago fa cristallizzare spontaneamente la salamoia dopo essere emersa dal fondale del lago. Molti dei camini mappati erano alti da uno a due metri, ma i ricercatori segnalano anche giganti alti più di sette metri, con un diametro di oltre due o tre metri. I camini non sono solo una stranezza geologica; potrebbero anche svolgere un ruolo importante nella previsione delle doline.

Perché sono preziose: pericolo doline

Le doline sono grandi crateri formati dalla dissoluzione di enormi strati di sale o altri minerali solubili in acqua nel sottosuolo e dal successivo, spesso improvviso, crollo delle cavità. “Ad oggi, nessuno può prevedere dove si verificheranno le prossime doline. Sono anche pericolose per la vita e rappresentano una minaccia per l’agricoltura e le infrastrutture” afferma Siebert. Il team di ricerca è stato in grado di dimostrare che i camini si erano formati ovunque la superficie terrestre fosse successivamente crollata su una vasta area.

Probabilmente il flusso delle acque sotterranee che forma i camini è anche responsabile delle cavità sotterranee nell’area circostante. Migliaia di nuove doline si sono formate lungo il Mar Morto negli ultimi decenni. “Questo rende i fumaioli bianchi uno strumento di previsione eccezionale per individuare aree a rischio di crollo nel prossimo futuro” conclude Siebert.

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Israele: torna alla luce un insediamento di 5000 anni fa

Un insediamento di 5.000 anni fa, che fornisce una visione dell’inizio del processo di urbanizzazione nella Terra d’Israele, è stato scoperto durante gli scavi dell’Israel Antiquities Authority vicino a Beit Shemesh, nel sito di Hurvat Husham.

Gli scavi hanno avuto luogo in preparazione dell’espansione della zona industriale occidentale della città, chiamata “Brosh”, su iniziativa del Shamir Engineering Group e della Bet Shemesh Economic Development Company, e la scoperta è stata presentata nel corso della 17esima conferenza “Discoveries in the Archaeology of Jerusalem and its Surroundings Conference“, che ha avuto luogo presso il Jay and Jeanie Schottenstein National Campus for the Archaeology of Israel.

Le rivelazioni che sono emerse dal sito

Lo scavo ha rivelato, inoltre, un edificio pubblico che potrebbe essere stato utilizzato per attività rituali, all’interno del quale è presente una stanza con circa 40 vasi conservati intatti. Tra questi, anche diversi vasi di piccole dimensioni, particolare che suggerisce un uso simbolico piuttosto che domestico.

I vasi sono stati trovati nella loro posizione originale, proprio come erano stati collocati dagli abitanti del luogo nella prima età del bronzo IB (fine del IV millennio a.C.).

vasi edificio israele

Fonte: Crediti IAA – Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo

i vasi intatti nel sito di Hurvat Husham

I direttori degli scavi dell’Israel Antiquities Authority Ariel Shatil, Maayan Hamed e Danny Benayoun hanno dichiarato a questo proposito: È interessante che questi numerosi vasi e brocche siano stati collocati qui poco prima che l’intero sito venisse abbandonato per sempre. Si può letteralmente immaginare la gente che ha deposto questi oggetti e li ha lasciati qui.
Non si sa cosa sia successo in seguito in questa stanza, ma ci sono segni di combustione e vasi caduti l’uno sull’altro. L’esame in laboratorio del contenuto dei vasi con diversi metodi scientifici farà ulteriore luce sul sito: saremo in grado di dire se contenessero olio, acqua, grano, o se fossero forse specifici per oli esotici o altre sostanze
“.

Le dimensioni della struttura, le mura ampie, le panche sistemate all’interno, indicano con ogni probabilità che si trattasse di un edificio con una funzione pubblica, forse un tempio: “Non conosciamo quasi nessun edificio pubblico in Israele di questo periodo antico e precedente“, proseguono i ricercatori. “Il confronto con i pochi edifici noti di questo tipo porta alla conclusione che questo è probabilmente uno dei primi templi mai scoperti nei bassopiani della Giudea“.

Ma non è tutto. Nei pressi dell’edificio, infatti, sono tornate alla luce una serie di grandi pietre erette disposte in fila, risalenti a prima della costruzione dell’intera struttura.

La loro presenza promette di essere istruttiva riguardo al processo socio-politico relativo alla fondazione del servizio cultuale a Hurvat Husham: sembra che in origine ci fosse un’area di attività cultuale aperta al pubblico, che poi si è trasformata in attività rituale in un complesso chiuso con accesso più controllato. Questo processo di sviluppo del sito, insieme ad altri processi, testimonia un aumento della complessità sociale“, afferma il dottor Yitzhak Paz, esperto dell’Età del Bronzo Antico presso l’Israel Antiquities Authority. “Questo è uno degli indicatori dello sviluppo dell’urbanizzazione in Israele durante la prima età del bronzo. Nel sito sono stati scoperti anche due forni per la produzione di ceramica, tra i primi mai scoperti in Israele“.

Una scoperta che risulta eccezionale

edificio pubblico israele

Fonte: Crediti IAA – Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo

Gli scavi dell’Israel Antiquities Authority

L’antico insediamento di Hurvat Husham è stato scoperto per la prima volta nel 2021, durante gli scavi condotti da Marion Zindel e Natan Ben-Ari per conto della Israel Antiquities Authority. Negli ultimi tre anni e mezzo lo scavo è stato ampliato, chiarendo l’estensione del sito e la sua importanza per comprendere le origini del processo di urbanizzazione in Israele.

La prima età del bronzo è uno dei periodi più complessi della storia d’Israele, durante il quale si verificarono per gli abitanti della regione cambiamenti drammatici nello stile di vita e nella visione del mondo: il numero di persone che vi vivevano aumentò drasticamente e per la prima volta si creò una complessità sociale e la struttura politica di una società gerarchica.
Al culmine del periodo, l’accelerazione del fenomeno dell’urbanizzazione è evidente, e si possono già vedere costruzioni pubbliche monumentali: fortificazioni, edifici religiosi e governativi, competenze e standardizzazione in varie industrie, nonché un commercio più intenso con le regioni vicine come Egitto, Siria, Anatolia e Mesopotamia.

Il sito scoperto a Hurvat Husham è eccezionale non solo per le sue dimensioni, ma perché ci rivela alcune delle prime caratteristiche della transizione dalla vita di villaggio alla vita urbana“, affermano i responsabili degli scavi. “Il sito ci insegna che circa 5.000 anni fa erano già stati fatti i primi passi verso lo sviluppo di una società urbana nei bassopiani della Giudea. Poche generazioni dopo, vediamo già grandi città nella zona, circondate da un muro, con palazzi e altri edifici, come nel sito di Tel Yarmouth, che si trova nel raggio d’azione di questo sito“.

Eli Escusido, direttore dell’Israel Antiquities Authority, ha concluso: “La Terra d’Israele, grazie alla sua natura e alla sua posizione geografica, è stata un terreno fertile per lo sviluppo delle antiche civiltà e il sito di Hurvat Husham, scoperto dai ricercatori dell’Israel Antiquities Authority, rivela un altro importante tassello nel puzzle dello sviluppo urbano della nostra regione“.

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Masada, la drammatica storia dell’antica fortezza d’Israele

Masada è una meta turistica molto amata dagli stranieri ed è quasi un culto per gli israeliani: il motivo sta nella sua storia, che sfiora la leggenda. È un’antica fortezza costruita a picco su una rocca a 400 metri di altitudine nel bel mezzo del deserto da cui si scorge il Mar Morto, una delle tappe obbligate in Israele oltre a Tel Aviv e Gerusalemme quando si fa un viaggio per la prima volta.

La storia di Masada, l’antica fortezza di Israele

Masada era circondata da mura alte cinque metri lungo un perimetro di un chilometro e mezzo, con una quarantina di torri alte più di 20 metri. Era considerata una fortezza inespugnabile. A rendere ancor più difficile un eventuale assedio contribuiva la particolare conformazione del territorio. L’unico punto d’accesso a Masada era l’impervio Sentiero del serpente, così chiamato per via dei numerosi tornanti che lo rendevano un difficile ostacolo. Oggi, Masada è nella lista dei Patrimoni dell’Unesco e a questa antica città è legato un tragico evento.

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Fonte: 123RF

Il Sentiero del serprente (con vista sul Mar Morto) che conduce a Masada

L’assedio di Masada è stato l’evento che ha trasformato questa florida città in un luogo abbandonato in una sola notte. Nel 66 a.C., Masada era stata conquistata da un migliaio di Sicarii che vi si insediarono con donne e bambini. L’esercito Romano, guidato da Lucio Flavio Silva, assediò la città dei ribelli che si erano arroccati nella fortezza, considerata inespugnabile. Pur di non farsi catturare, gli abitanti decisero di suicidarsi in massa. Quando i Romani entrarono nella cittadella trovarono solo i cadaveri. Oggi, Masada, oltre a un bellissimo sito archeologico, è un simbolo: tutt’oggi le reclute dell’esercito israeliano vengono condotte sul questo luogo simbolico per pronunciare il giuramento di fedeltà al grido di: “Mai più Masada cadrà”.

Masada, tappa imperdibile in Israele

L’altopiano su cui sorge Masada, immerso nella depressione del Mar Morto, offre uno scenario naturale a dir poco mozzafiato. La montagna all’interno del Deserto di Giuda su cui sorge l’antica fortezza domina il mare. Si tratta di un luogo unico al mondo, che riunisce meraviglie incredibili, bellezze naturali e che ha una storia millenaria. Poco lontano dal sito archeologico ci sono il punto più basso del pianeta a -425 metri sul livello del mare e l’oasi di Ein Gedi, dove è possibile fare il bagno nelle acque salate del mare e restare a galla.

Masada, il sito che riserva ancora sorprese

Il sito di Masada è ancora oggi oggetto di studi da parte di esperti storici e archeologici, tanto che una nuova ipotesi ha ribaltato alcune teorie sostenute finora. Le prime scoperte archeologiche della fortezza risalgono all’inizio del 1800, ma solo alcuni scavi effettuati negli Anni ’60 riportarono alla luce gli edifici che ora si possono ammirare a Masada. Nel I secolo a.C., la fortezza ospitava il palazzo di Erode il Grande che lo fece fortificare. Le mura sono in parte ancora lì. La sua villa era arroccata su tre diversi livelli a picco sullo strapiombo e aveva le terme con la caldaia centrale, alcuni magazzini sotterranei e ampie cisterne per la raccolta dell’acqua.

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Fonte: 123RF

Le mura dell’antica città di Masada

Tre zone abitative con un unico cortile ospitavano gli abitanti di Masada. Ci sono anche i resti di una chiesa bizantina del V secolo con una sala principale e tre stanze secondarie. Sul livello inferiore della cittadella si trovano alcuni alloggi destinati agli ospiti di Erode. Ma l’edificio più imponente è il Palazzo occidentale che ha un’estensione di 3.700 metri quadrati.

Uno studio pubblicato di recente sul Journal of Roman Archaeology ha portato alla luce maggiori dettagli su come siano state realizzate le opere d’assedio costruite dai Romani e su quali fossero le loro esatte funzioni originarie, una teoria sostenuta da alcuni archeologi israeliani. Secondo gli esperti che hanno condotto lo studio, per costruire le fortificazioni ci volle la manodopera e il sudore di più di 5.000 soldati. Inoltre, alcune sezioni delle mura non furono realizzate a scopo esclusivamente difensivo, ma per poter suscitare nel nemico un effetto psicologico, dando l’impressione di essere troppo imponenti e grandi per essere oltrepassate.

Come arrivare a Masada

Il Sentiero del serpente è il percorso che, tutt’oggi, permette l’accesso alla fortezza di Masada. Lungo oltre cinque chilometri, è piuttosto difficoltoso perché, oltre a essere in salita, lo si percorre sotto il sole cocente del deserto. L’alternativa è più veloce e meno faticosa, ma non è adatta a chi soffre di vertigini: una funicolare sfreccia nel vuoto con un dislivello di 290 metri e conduce i visitatori fino in cima. Molti dei turisti che frequentano il sito iniziano la scalata al Sentiero del serpente prima dello spuntare delle prime luci dell’aurora, nel buio della notte rischiarato unicamente dalla luna e dalle stelle, per riuscire a vedere l’alba dall’interno delle rovine dell’antica fortezza. Il sole sembra sorgere da una parete rocciosa per riversare la sua luce su tutto l’avvallamento circostante. Uno spettacolo unico che merita un viaggio.

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Fonte: 123RF

La funivia che porta alle rovine di Masada
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Israele, scoperta una delle fortificazioni che proteggevano Gerusalemme

La città più antica del mondo non smette mai di riservare sorprese. Migliaia di anni, di storia, di popoli hanno lasciato quantità infinite di testimonianze che spuntano come funghi non appena si fa un buco nel terreno. L’ultima scoperta, fatta proprio per caso durante i lavori in un parcheggio, ha del sensazionale e riscrive una parte di storia di questa terra crocevia di culture.

Nel Parco nazionale delle mura di Gerusalemme, gli archeologi dell’Autorità israeliana per le antichità e dell’Università di Tel Aviv hanno appena scoperto un enorme fossato, profondo almeno nove metri e largo almeno 30 metri. La scoperta è stata presentata in occasione della conferenza “Jerusalem Studies Experience” che si è svolta a Gerusalemme.

La nuova scoperta in Israele

Un tempo Gerualemme era divisa in due da un fossato. Nessuno, però, era mai riuscito a trovarlo. Nel corso degli ultimi 150 anni sono stati fatti molti tentativi di scavi per riuscire a trovare questo fossato, e ora finalmente è stato rivelato per la prima volta. Il fossato serviva probabilmente a separare la città alta, dove si trovavano il tempio e il palazzo, dalla città bassa e a proteggerla. Creato mediante estese attività estrattive, il fossato formava un enorme canale che separava la città di Davide dal Monte del Tempio e dall’area dell’Ofel. Le scogliere perpendicolari su entrambi i lati del fossato lo rendevano impraticabile.

gerusalemmeLa fortificazione settentrionale di Gerusalemme-fossato-scoperta

Fonte: @Eric Marmur, Città di David

La fortificazione settentrionale di Gerusalemme

Inizialmente, lo scopo dell’incisione rupestre che era stata rinvenuta non era chiaro, ma ulteriori scavi e il collegamento con alcune scoperte avvenute in passato hanno aiutato a rivelare che si trattava di una linea di fortificazione a Nord della città bassa.

Secondo i direttori dello scavo, il professor Yuval Gadot del Dipartimento di archeologia e culture del vicino Oriente antico dell’Università di Tel Aviv e il Dottor Yiftah Shalev dell’Autorità israeliana per le antichità “non si sa quando il fossato fu originariamente tagliato, ma le prove suggeriscono che fu utilizzato durante i secoli in cui Gerusalemme era la Capitale del Regno di Giuda, quasi 3.000 anni fa, a cominciare dal re Josiah. In quegli anni, il fossato separava la parte residenziale meridionale della città dall’acropoli dominante nella parte superiore città dove si trovavano il palazzo e il tempio”.ocper

Questa scoperta ribalta completamente la teoria secondo cui il fossato si sarebbe trovato in un altro punto della città. Gadot ha infatti dichiarato: “Abbiamo riesaminato i rapporti degli scavi precedenti scritti dall’archeologa britannica Kathleen Kenyon, che ha scavato nella città di David negli Anni ’60, in una zona situata leggermente ad Est dell’odierna Givati. Ci è apparso chiaro che la Kenyon aveva notato che la roccia naturale degrada verso Nord, in un luogo dove avrebbe dovuto naturalmente sollevarsi. Pensava che fosse una valle naturale, ma ora si scopre che aveva scoperto la continuazione del fossato, scavato a Ovest. Il collegamento dei due tratti scoperti crea un fossato profondo e ampio che si estende per almeno 70 metri, da Ovest a Est”. E aggiunge che “si tratta di una scoperta eccezionale che apre una rinnovata discussione sui termini della letteratura biblica che si riferiscono alla topografia di Gerusalemme, come l’Ofel e il Millo”.

Il dottor Shalev sottolinea che “la data in cui fu tagliato il fossato è sconosciuta. Tali importanti piani di costruzione e di estrazione a Gerusalemme sono solitamente datati all’età del bronzo medio – circa 3.800 anni fa (all’inizio del II millennio a.C.). Se il fossato fu tagliato durante questo periodo, allora aveva lo scopo di proteggere la città da Nord, l’unico punto debole del pendio della Città di Davide. In ogni caso, siamo sicuri che fosse utilizzato all’epoca del Primo Tempio e del Regno di Giuda (IX secolo a.C.), creando così un chiaro cuscinetto tra la città residenziale a Sud e la città alta a Nord”.

L’antica Gerusalemme era costruita in cima a un crinale stretto e ripido, espandendosi su colline e valli che la dividevano in parti distinte, rendendo difficile lo spostamento da un’unità all’altra. Pertanto, non sorprende che molte delle imprese edili di Gerusalemme fossero legate alla necessità di rimodellare la topografia.

Secondo Eli Escusido, direttore dell’Autorità israeliana per le antichità “Gli scavi nella Città di Davide non smettono mai di stupire; ancora una volta vengono rivelate scoperte che gettano una luce nuova e vivida sulla letteratura biblica. Quando ti trovi in fondo a questo gigantesco scavo, circondato da enormi mura sbozzate, è impossibile non essere pieni di meraviglia e di apprezzamento per quegli antichi popoli che, circa 3.800 anni fa, spostarono letteralmente montagne e colline”.

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Israele, una nuova scoperta fa luce su un pezzo di storia

Un recente scavo archeologico effettuato nei pressi di Gerusalemme ha portato alla luce una scoperta sensazionale. Lo scavo, infatti, offre uno sguardo sul passato della Città Santa quando era al suo apice, poco prima dell’assedio da parte dei Romani del 70 d.C.. Si tratta di una enorme cava dove sono stati scoperti due vasi di pietra immuni, secondo la legge ebraica, alle profanazioni rituali, reperti che segnalano la presenza di una popolazione ebraica. I vasi saranno esposti al pubblico presso il Jay and Jeanie Schottenstein National Campus for the Archaeology of Israel di Gerusalemme, che è stato aperto alle visite proprio quest’estate.

Perché la scoperta è molto importante

La cava rinvenuta è una delle più grandi mai scoperte in Israele. Risalente alla fine del periodo del Secondo Tempio, è stata portata alla luce da uno scavo dell’Autorità israeliana per le antichità, nell’area industriale di Har Hotzvim, a Gerusalemme. Finanziata da una società di sviluppo immobiliare in quanto la vaca si trova sui suoi terreni, l’area scavata si estende per circa 3.500 metri quadrati ed è solo una sezione di un’enorme cava.

Cos’è stato portato alla luce

Durante lo scavo, gli archeologi hanno portato alla luce decine di pietre da costruzione di varie dimensioni, oltre a trincee di estrazione e taglio i cui contorni indicano le dimensioni dei blocchi estratti. “La maggior parte delle pietre da costruzione estratte qui erano enormi lastre di roccia, la cui lunghezza raggiungeva circa 2,5 metri, la larghezza 1,2 metri e lo spessore 40 centimetri”, affermano Michael Chernin e Lara Shilov, direttori degli scavi per conto dell’Autorità israeliana per le antichità. “Ogni blocco estratto pesava due tonnellate e mezzo. Le dimensioni impressionanti delle pietre prodotte da questa cava testimoniano probabilmente il loro utilizzo in uno dei numerosi progetti reali di costruzione di Gerusalemme alla fine del Secondo Tempio, a partire dal regno di Erode il Grande (37 e il 4 a.C.).

Le fonti storiche indicano che i progetti di costruzione di Erode a Gerusalemme includevano, innanzitutto, l’espansione dell’area del Monte del Tempio e del Tempio stesso. Inoltre, durante il suo regno, furono costruiti in tutta la città una serie di imponenti edifici pubblici – palazzi e fortificazioni – che richiedevano un’enorme quantità di pietre da costruzione di alta qualità. I progetti di costruzione monumentale continuarono anche sotto i suoi successori: il più importante di questi progetti fu la costruzione del Terzo Muro della città da parte del nipote di Erode, il re Agrippa I, che regnò tra il 37 e il 44 d.C.

“È ragionevole supporre, con la dovuta cautela, che almeno alcune delle pietre da costruzione qui estratte fossero destinate a essere utilizzate come lastre per le strade di Gerusalemme in quel periodo”, affermano Chernin e Shilov. “In un altro scavo in corso da qualche anno nella Città di Davide, gli archeologi hanno scoperto una strada pavimentata (la “strada a gradini” – la “strada dei pellegrini”), anch’essa datata al tardo periodo del Secondo Tempio, sotto il dominio dei successivi procuratori romani. Si scopre, infatti, che le pietre della pavimentazione di questa strada hanno esattamente le stesse dimensioni, lo stesso spessore, nonché l’identica firma geologica delle lastre di pietra che sono state estratte dalla cava ora esposta a Har Hotzvim.

In un angolo della cava, gli archeologi sono stati sorpresi anche dalla scoperta di un vaso di pietra: il recipiente intatto, nascosto in quell’angolo da duemila anni, è stato scoperto quasi per caso dall’archeologo Alex Pechuro. “Si tratta di un vaso di purificazione in pietra che serviva alla comunità ebraica durante il periodo del Secondo Tempio”, spiega Lara Shilov. “È possibile che sia stato prodotto sul posto, nella cava stessa o che sia stato portato appositamente sul sito a beneficio dei lavoratori”.

I vasi di pietra scoperti saranno presentati al Campus Archeologico Nazionale Jay e Jeannie Schottenstein di Gerusalemme, che ha aperto quest’estate per la prima volta al pubblico.

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Israele, scoperta archeologica senza precedenti nei fondali marini

In Israele, cercavano fonti di gas, invece hanno fatto una scoperta archeologica sensazionale. Una compagnia energetica, la Energean, scandagliando i fondali del mare ha infatti scoperto per puro caso un antico relitto. Sarebbe il più antico mai trovato in fondo al mare. Si tratta di un mercantile che risale all’epoca Canaanita affondato tra i 3400 e i 3300 anni fa, ha spiegato l’autorità delle antichità di Israele. Al suo interno sono state rinvenute decine di anfore di terracotta.

La nave preistorica deve essere affondata subito, ha spiegato Jacob Sharvit, a capo della IAA Marine Unit. È crollata a picco fino a toccare il fondale ed è rimasta lì intatta, nascosta per millenni e dimenticata finché il sonar della Energean-E&P non ha scandagliato il fondo alla ricerca di fonti di gas e ha scoperto un’anomalia.

L’identificazione della nave e delle sue origini storiche si sono basate sulle immagini scattate dal robot. Poi, solo alcune settimane fa, dopo aver pianificato le operazioni per mesi, la Energean ha inviato un ROV (Remotely operated vehicle), un sottomarino a comando remoto, che ha recuperato due delle antiche anfore conservate nel vascello.

 

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Ryanair riparte verso Israele: la data e i nuovi voli

È un timido accenno di riapertura verso un Paese che ospita luoghi meravigliosi, ma attualmente coinvolto in un pesante conflitto: Ryanair, dopo il recente passo indietro, ha deciso di riprendere le proprie operazioni da/per Israele, con alcuni nuovi collegamenti che verranno presto ripristinati. Si parla naturalmente dei voli che riguardano l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, che unisce la capitale israeliana ad una fitta rete di città in tutto il mondo. Scopriamo qualcosa in più.

Ryanair, la decisione su Israele

Il conflitto israelo-palestinese, scoppiato lo scorso autunno, ha messo in grande difficoltà il settore turistico. Molte compagnie aeree hanno infatti deciso di sospendere i propri voli da/per l’aeroporto internazionale Ben Gurion, che serve la capitale Tel Aviv. Tra queste, anche Ryanair: il vettore low cost irlandese ha interrotto le operazioni sin dal 7 ottobre 2023, data in cui è scoppiata la crisi di Gaza. Ora però la situazione potrebbe cambiare, anche se il clima internazionale è ancora abbastanza rovente. La compagnia aerea vuole riprendere i propri collegamenti con Israele, incentivata dalla decisione dello scalo di riaprire il Terminal 1.

Ryanair, dunque, ricomincerà a volare da/per Tel Aviv a partire da lunedì 3 giugno 2024: le prenotazioni sono già aperte sul sito ufficiale del vettore. “È una grande notizia che l’aeroporto Ben Gurion stia riaprendo il Terminal 1: ciò ha permesso a Ryanair di riprendere le operazioni su Tel Aviv da lunedì 3 giugno” – ha affermato un portavoce della compagnia, in una nota diramata proprio da Ryanair. Al momento, sono previsti 40 voli settimanali da/per Atene, Bari, Berlino, Budapest, Malta, Milano e Paphos (Cipro).

Le recenti vicissitudini dell’aeroporto Ben Gurion

La decisione di riprendere i collegamenti con Tel Aviv ha alle spalle una lunga storia piuttosto complessa. Lo scorso 7 ottobre, come abbiamo visto, l’inizio del conflitto aveva spinto molte compagnie aeree a sospendere i voli verso la capitale israeliana. Ai passeggeri diretti da/verso il Paese non è rimasta che pochissima scelta, grazie soprattutto ai vettori nazionali El Al, Arkia e Israir, che hanno continuato ad operare dall’aeroporto internazionale Ben Gurion accanto ad una manciata di altre compagnie straniere.

La situazione è leggermente migliorata lo scorso 8 gennaio 2024, quando Lufthansa (assieme alle compagnie da essa controllate) ha ripreso i suoi voli con 20 collegamenti settimanali. Una scelta importante, come ha spiegato il Globes: “È la quarta compagnia aerea al mondo e il secondo vettore più grande in Europa, comprendente Austrian e Swiss Airlines”. Il 1° febbraio anche Ryanair ha dato nuovamente il via alle operazioni presso il Ben Gurion. Tuttavia, l’aeroporto ha deciso di tenere aperto solamente il Terminal 3, quello destinato alle compagnie ad alto costo, rinunciando momentaneamente al Terminal 1, più economico.

Il vettore irlandese ha provato a tenere duro, ma le spese sono diventate insostenibili. Usufruire infatti del più caro Terminal 3 ha fatto sì che i costi per la compagnia siano aumentati, e con essi anche le tariffe proposte ai passeggeri. Il 27 febbraio, dunque, Ryanair ha interrotto nuovamente i voli da/per Tel Aviv – soprattutto dopo il rifiuto dell’aeroporto israeliano di applicare provvisoriamente i prezzi concordati per i passeggeri del Terminal 1. Ora che quest’ultimo ha però annunciato la riapertura, anche la compagnia low cost ha intenzione di riprendere i suoi voli.