Categorie
isole Posti incredibili vacanze avventura Viaggi

White Island: come visitare l’isola proibita

Un’isola proibita, un luogo ammaliante che è anche protagonista di una leggenda, dove l’uomo non può vivere ma dove può cercare di arrivare, non senza rischi. No, non è la location inventata di un film o di un libro d’avventura, ma un posto reale: è White Island, un atollo che si trova a 48 chilometri dall’Isola del Nord della Nuova Zelanda e che si distingue per essere un’isola vulcanica attiva, bellissima ma anche molto pericolosa.

White Island tra leggenda e natura

Come dicevamo, White Island è protagonista di una leggenda, che dice che molto tempo fa il sacerdote e gran maestro Maori Ngātoro-i-rangi, rinomato per le sue grandi capacità di navigatore, si fosse perso mentre si cimentava in un’impresa lontana dalle sue amate acque, ovvero la scalata del monte Tongariro, che stava svolgendo in pieno inverno. Pur di ritrovare la strada, Ngātoro-i-rangi avrebbe così evocato il fuoco sacro degli antenati. Per arrivare a lui, le fiamme avrebbero spaccato la crosta terrestre, dando vita all’inquieta isola vulcanica.

White Island vista dal mare

In realtà, White Island è la cima emersa di un enorme vulcano sottomarino che si poggia sul fondale delle acque neozelandesi a circa 1.600 m di profondità. L’isola è stata a lungo sfruttata come giacimento di zolfo e diverse miniere erano state aperte sulla sua superficie, ma dalla metà del XX secolo lo sfruttamento minerario è stato accantonato. Adesso, le principali attività sull’isola sono la ricerca scientifica e il turismo.

Come visitare White Island

Il turismo, appunto: l’isola è in effetti visitabile, ma non è un’impresa facile. In primis perché al contrario di ciò che avviene, per esempio, sull’isola italiana di Vulcano, praticamente non è quasi mai possibile sbarcare. Occorre parlare con gli agenti e i tour operator neozelandesi per verificare la fattibilità della visita, che può svolgersi secondo tre modalità: la prima, più comune, è la circumnavigazione, possibile grazie a dei tour organizzati su apposite barche, che tengono i visitatori a distanza di sicurezza pur permettendo loro di osservare insenature e calette dai colori particolari.

Uno scorcio di White Island

La seconda è il sorvolo. A un costo decisamente più elevato, piccoli gruppi possono affittare un elicottero con un pilota qualificato che volerà sopra l’isola, ben distante da eventuali fumi, e permetterà di osservarla dall’alto. Infine, ci sono le escursioni: molto più rare ed estremamente costose, vengono riservate a piccolissimi gruppi di visitatori che vengono fatti sbarcare e vengono poi accompagnati da una guida qualificata lungo un percorso già stabilito.

Le visite, l’attrezzatura e l’ambiente ostile

Tutt’e tre le modalità di visita sono vincolate all’attività vulcanica di White Island, perennemente sotto controllo da parte degli esperti. Va da sé che in condizioni avverse o ai primi segnali anche di micro-eruzioni, qualsiasi tipo di escursione o di viaggio viene prontamente annullato. Quando però si riesce a sbarcare, tutti i visitatori sono obbligati a seguire il percorso, contraddistinto da un sentiero ben segnalato che arriva fino al cratere sommitale passando per aree ricche di fumarole.

Spiaggia vulcanica a White Island

Caschetti, giacche a vento e impermeabili, scarpe da trekking e maschere antigas (sì, proprio così) sono l’attrezzatura senza la quale non è neanche possibile sbarcare. L’ambiente è ostile, seppur incredibilmente suggestivo: laghi caldi e fumanti si distendono per diversi metri e il verde incontra fiumi di magma pietrificato mentre fumi di zolfo si alzano dalle rocce e punteggiano aree incolte e selvagge. Le spiagge sono a dir poco bellissime, incontaminate e trasparenti, ma, prevedibilmente, non è consentito fare il bagno. White Island, dunque, non è esattamente un’isola a portata di turista medio, ma non c’è dubbio che sia la meta ideale per gli amanti dei paesaggi vulcanici.

Categorie
Destinazioni isole Viaggi

L’isola di Mal di Ventre, un paradiso che pochi conoscono

Il nome è tutto un programma. L’isola di Mal di Ventre prende il nome dal fatto che, per via delle correnti marine e del mare agitato dovuto al forte vento di maestrale che spira di continuo, spesso chi desidera visitarla può soffrire di mal di mare.

Una volta superato questo scoglio, però, si giunge in un vero e proprio paradiso incontaminato, come ce ne sono pochi ormai nel Mediterraneo.

L’isola di Mal di Ventre si trova in Sardegna, al largo della costa centro-Ovest. Fa parte dell’area marina della penisola del Sinis, nel territorio di Cabras, in cui rientra anche il vicino scoglio Catalano. È un’isola disabitata ed è sottoposta a protezione speciale. Ma non è sempre stato così.

Un paradiso incontaminato

Se oggi l’isola è deserta, in passato non lo era affatto. Lo dimostrano i resti di un nuraghe, edificio adibito alla conservazione dei cereali, e di altri ruderi e di pozze per la raccolta dell’acqua. C’è anche un faro. Significa quindi che l’isola era stata abitata. Ma quando?

L’isola è piuttosto piatta, anche a causa del vento, ed è grande due chilometri e mezzo per uno. È una grande distesa granitica e, sebbene sembri un luogo amichevole, molto probabilmente non dove essere semplice viverci. L’isola deve essere stata abitata già in epoca preistorica, quando si pensa che le popolazioni si siano spinte fin qui per via dell’abbondanza di pesce.

Altri resti risalgono al periodo punico e a quello della dominazione romana. Nel Medioevo, l’isola fu meta dei pirati saraceni, mentre l’unica presenza umana dei tempi moderni è stata quella dei pastori sardi che d’inverno traghettavano sull’isola le loro greggi.

Pare che quest’isola rappresenti l’ultimo residuo di un esteso affioramento granitico, che in tempi remoti si trovava lungo tutta la costa occidentale sarda. Il terreno è piuttosto arido, con qualche sprazzo di macchia mediterranea, sufficiente ad accogliere alcune specie animali. Sull’isola ci sono tanti conigli selvatici, per esempio, ma ci vivono anche le tartarughe ed è un luogo dove vengono a nidificare diverse specie di uccelli migratori. Qualcuno sostiene che ci vivano anche alcuni esemplari di foche monache.

A chi appartiene l’isola

Detto che le coste, le spiagge e il faro sono di proprietà del demanio, l’isola di Mal di Ventre è di proprietà privata ed è nelle mani di uno straniero che l’ha ereditata dal padre italiano. Ed è in vendita.

Qualche anno fa, però, l’isola fu occupata abusivamente da un gruppo di indipendentisti sardi, che ha proclamato, in maniera pacifica, la Repubblica di Malu Entu, il vero nome dell’isola che significa “vento cattivo”. C’è voluta la Forestale per farli sgomberare, ma ancora oggi qualcuno del gruppo tornato sull’isola.

Gita all’isola di Mal di Ventre

Chi desidera fare un’escursione sull’isola troverà un piccolo paradiso delle vacanze, specie d’estate quando le spiagge della Sardegna sono invase dalle orde di turisti. Sul versante orientale, per esempio, ci sono delle incantevoli calette con spiagge di sabbia o, addirittura, ricoperte di chicchi di quarzo, come la splendida Cala Valdaro. Qui, anche il fondale è trasparentissimo e regala colori stupendi.

Splendide sono anche Punta Libeccio e Cala dei Pastori, i cui fondali perfetti per le immersioni sono ricchi di astici, aragoste e di un’infinità di pesci come i barracuda. Capita spesso di avvistare anche i delfini.

Il lato occidentale dell’isola, invece, è caratterizzato da una costa alta e scoscesa, con gli scogli di granito dalle forme più bizzarre.

Le condizioni del mare non sempre ottimale hanno prodotto, nel corso dei secoli, un incredibile cimitero di relitti. Nei fondali al largo dell’isola di Mal di Ventre si possono scorgere navi romane, spagnole, ma anche più recenti.

Proprio nei pressi di Denti di Libeccio, a 27 metri di profondità, è stata fatta una scoperta sensazionale: un relitto romano di 36 metri affondato tra l’80 e il 50 a.C. contenente duemila lingotti di piombo. A Cala dei Pastori c’è il relitto di un vaporetto, mentre a Nord, nelle Formiche di Maestrale, si può esplorare il mercantile Joyce affondato nel 1973.

Come arrivare all’isola di Mal di Ventre

Arrivare all’isola di Mal di Ventre è facile ed è possibile raggiugerla in diversi modi. Dista cinque miglia da Capo Mannu e si può partire dai porti del Golfo di Oristano. Prima di tutto con una barca propria o noleggiando un gommone. In alternativa, si può usare il servizio di taxi-boat. Tutto dipende dalla spesa che si desidera sostenere e dalle condizioni del mare.

Si può noleggiare un’imbarcazione presso la spiaggia di Putzu Idu, ma attenzione che il tragitto per raggiungere l’isola comprende aree marine condizionate da forte vento e repentini cambi di corrente nel mare. Per questo è consigliato dirigersi verso l’isola noleggiando una barca o con la propria barca privata solo nel caso in cui si è abbastanza esperti e il mare sia calmo.

Per non sbagliarsi, il consiglio è di arrivare all’isola di Mal di Ventre utilizzando il servizio di taxi boat offerto da alcuni operatori locali. Le imbarcazioni in questo caso sono da 15 posti l’una ed effettuano corse pluri giornaliere tra l’isola e le coste della Sardegna.

Non bisogna dimenticarsi di portare con sé un ombrellone, creme di protezione solare, acqua potabile, vestiti utili a un prolungato soggiorno e cibo. Là non c’è nulla da comprare.

Categorie
isole Notizie Oceano Atlantico Viaggi

84.000 euro per trasferirsi su un’isola dell’Oceano Atlantico

C’è un’ottima notizia per chi sta accarezzando l’idea di iniziare una nuova vita, magari lontana e diametralmente opposta alla routine di tutti i giorni, frenetica e sempre uguale.

E anche per chi ha il desiderio di trascorrere gli anni in viaggio, di soggiornare in mete sempre diverse e, in particolare, per tutti coloro che subiscono il fascino dell’Irlanda, della sua magica cultura e non vedono l’ora di partire per una piccola isola dell’Oceano Atlantico.

Il motivo? Il governo irlandese ha appena annunciato un programma volto a finanziare chi vorrà trasferirsi in una delle isole al largo della costa, con l’obiettivo di rilanciarne il tessuto sociale ed economico e tornare a popolarle.

Al via “Our Living Islands”

Sono ventitré le isole al largo della costa irlandese, senza collegamenti con la terraferma né con ponti o strade rialzate né in caso di bassa marea, entrate a far parte del nuovo e ambizioso progetto “Our Living Islands“.

Isole che sono parte integrante dell’Irlanda rurale, del patrimonio dello Stato e che rivestono un ruolo speciale nella cultura irlandese.

Così, ha preso il via la politica nazionale decennale per fare in modo che comunità sostenibili e vivaci possano vivere in pianta stabile in questi ameni paradisi terrestri per molti anni a venire.

Ma non solo: così facendo, anche i turisti potranno continuare a sperimentarne e apprezzarne la cultura, il patrimonio e la ricchezza ambientale che hanno da offrire.

I 5 obiettivi strategici

Il progetto è sostenuto da cinque obiettivi strategici di alto livello, identificati dagli stessi isolani come di fondamentale importanza per il futuro delle loro comunità:

  1. Rivitalizzare i livelli di popolazione nelle isole;
  2. Diversificare le economie insulari;
  3. Potenziare i servizi di Salute e Benessere;
  4. Dare potere alle comunità insulari;
  5. Costruire un futuro sostenibile.

Il piano d’azione messo in campo

“Our Living Islands”  è altresì accompagnato da un piano d’azione per il periodo 2023-2026 che comprende 80 azioni con limiti di tempo ben precisi che saranno implementate da varie parti interessate, guidate da un dipartimento governativo o da un’agenzia statale designata.
Alcune delle azioni specifiche sono:

  • fornire sostegno finanziario aggiuntivo specifico per l’isola nell’ambito del contributo per la ristrutturazione delle proprietà vacanti (Croí Cónaithe) per incoraggiare l’utilizzo delle proprietà esistenti per la fornitura di alloggi residenziali a lungo termine;
  • fornire la banda larga ad alta velocità ai punti di connessione a banda larga (BCP), agli hub digitali e alle scuole sulle isole nell’ambito del Piano nazionale per la banda larga (NBP);
  • promuovere il lavoro a distanza dalle isole e consentire un maggiore accesso ai corsi di istruzione e formazione;
  • implementare iPod eHealth sulle isole e utilizzare i BCP e gli hub di lavoro a distanza per migliorare l’accesso agli appuntamenti sanitari online;
  • garantire che il parere delle comunità insulari sia ascoltato grazie alla realizzazione e al sostegno di un forum per il dialogo continuo tra le comunità insulari, le autorità locali e le parti interessate.

L’offerta sensazionale

E veniamo ora all’offerta sensazionale.

Chi vorrà aderire all’iniziativa di trasferirsi su un’isola, riceverà un finanziamento di circa 84.000 euro (68.700 sterline) che dovrà reinvestire per restaurare gli edifici presenti in loco.

Per avere i requisiti, occorre possedere (o entrare in possesso) di un’immobile su una delle isole, edificato prima del 1993 e senza affittuari da almeno due anni.

C’è tempo fino al 2026 per candidarsi.

Categorie
Idee di Viaggio isole itinerari culturali lago Lago Di Garda vacanza natura Viaggi

Isola di Trimelone, una vera bellezza nel Garda

La piccola e selvaggia isola di Trimelone appare come un’oasi di tranquillità adagiata sulle acque del Lago di Garda, di fronte ad Assenza di Brenzone. Eppure, andando indietro nel tempo scopriamo un passato notevolmente burrascoso, a dispetto delle modeste dimensioni di questo fazzoletto di terra lungo 260 metri e largo 60, tanto da essere diventata uno dei simboli della travagliata storia italiana del Novecento.

La travagliata storia dell’isola di Trimelone

Andando molto indietro nei secoli, scopriamo che venne fortificata più volte dagli abitanti del posto per difendersi dalle incursioni dei Barbari, fino all’assedio di Federico Barbarossa, che nel 1158 provocò la distruzione del castello presente sull’isola.

Negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, l’isola del Lago di Garda fu utilizzata come avamposto bellico per la sua posizione tattica sul confine con l’Impero austro-ungarico. Fu armata di due cannoni, diventando un distaccamento militare per alpini, fanti e bersaglieri finché, nel 1930, un’azienda bresciana la trasformò in cantiere per la lavorazione dei residuati bellici.

Durante la Seconda Guerra Mondiale venne costruito qui un bunker, da cui Mussolini, a pochi giorni dalla sua fine, rilasciò l’ultima intervista. Al termine del conflitto, le forze armate tedesche utilizzarono la zona come ‘discarica di gurra’ prima della ritirata, riempiendo l’isola e le aree limitrofe con tonnellate di materiale bellico di ogni genere. Ciò portò alla terribile esplosione – probabilmente accidentale – avvenuta il 5 ottobre del 1954, che provoò la distruzione di circa metà dell’isola e un incendio che durò tre giorni. Rocce e strutture del peso di oltre 15 tonnellate vennero scagliate nelle acque del lago, depositando sul fondale nei pressi dell’isola una quantità incredibile di ordigni, casse di esplosivo e materiale bellico di ogni sorta.

A seguito delle recenti bonifiche, sono state portate alla luce decine di migliaia di residuati bellici dai fondali. Una parte dell’esplosivo recuperato, potrebbe inoltre essere collegato a quello utilizzato per le stragi nere che hanno insanguinato l’Italia tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80.

Nel 1960, il Comune di Brenzone acquistò l’isola del Trimelone dallo Stato per 800 mila lire, a patto di farla diventare oasi naturalistica. Ma poi il ritrovamento di decine di migliaia di ordigni bellici e materiale esplosivo ne costrinse l’interdizione.

L’isola di Trimelone oggi, una pacifica oasi ambientale

Oggi l’isola di Trimelone cerca di lasciarsi alle spalle il suo passato travagliato, presentandosi come una pacifica oasi ambientale, in cui nidificano indisturbati numerosi gabbiani e cormorani, in un contesto naturalistico dominato da pioppi, oleandri, seneci e sambuchi. La sua storia è ancora ben visibile su alcuni edifici militari ancora presenti, ossia la caserma, il fortino ed un piccolo porto ormai smantellato.

Attualmente vige ancora il divieto di sbarco, di attracco, di pesca e di avvicinamento. Tuttavia, stando alle dichiarazioni del sindaco Davide Benedetti, la bonifica è terminata e certificata e si sta aspettando il via libera ufficiale delle istituzioni per poter dare l’accesso al pubblico a questa perla storica e ambientale. In attesa che ciò accada, si può ammirare l’unicità e la bellezza selvaggia dell’isola veneta, teatro di tanta storia, a bordo di una barca, da cui si gode di uno spettacolo ricco di fascino.

Categorie
capitali europee Europa Idee di Viaggio isole Roma Viaggi

Tiberina: l’isola al centro della Capitale

Non è di certo una novità: Roma è una città eccezionale, un turbinio di emozioni e un insieme di ricchezze storiche e culturali uniche al mondo. Tutti conoscono l’imponenza del Colosseo, la leggiadria di Piazza di Spagna e la maestosità della Fontana di Trevi, ma in molti non sanno, forse, che al centro della Capitale sorge un’isola, che prende il nome di Tiberina.

Isola Tiberina: dove si trova

L’Isola Tiberina si trova presso il centro storico di Roma, nelle vicinanze del rione Trastevere, ed l’unica isola urbana del Tevere: è collegata alle due rive del fiume dal Ponte Cestio e dal Ponte Fabricio. Il primo risale al 46 a. C. e conduce il viaggiatore verso il Ghetto, un altro angolo cittadino altamente sorprendente, mentre il secondo è stato edificato nel 62 a. C. ed è anche chiamano Ponte Quattro Capi.

Lunga circa 300 metri e larga più o meno 90, è l’isola abitata più piccola del mondo. Si tratta perciò di un luogo davvero speciale, anche perché conserva testimonianze di tutte le epoche della storia capitolina: dai ponti di età romana alle chiese rinascimentali (ma questo non è tutto).

L’origine dell’isola

La storia dell’origine dell’Isola Tiberina è assai interessante in quanto legata a diverse leggende. Una di queste narra che, nel 509 a.C., quando venne spodestato l’ultimo re di Roma, Lucio Tarquinio Superbo, il popolo decise di gettare nel Tevere il suo enorme deposito di grano, in segno di disprezzo verso lo stesso. Pare che il grano lanciato fu tantissimo, una quantità così abbondante che diede vita a questa isoletta.

Tiberina, l'isola di roma

Fonte: iStock

Veduta dell’Isola Tiberina

Secondo altre leggende, invece, l’origine dell’isola sarebbe ancor più particolare: nel 291 a.C. Roma venne colpita da una terribile pestilenza che portò alla morte di un numero indefinito di persone. I sacerdoti dell’epoca decisero quindi di consultare i libri sibillini ed inviare una delegazione ad Epidauro, luogo di culto del dio della medicina Esculapio, in Grecia.

Una volta fatto, gli ambasciatori tornarono nella Capitale portando sulla nave un serpente, animale assai caro al dio. Fu così che, nel pressi dell’isola Tiberina, il serpente fece un grande salto per poi rifugiarsi in un punto preciso dell’isola, dove fu in seguito innalzato un tempio dedicato ad Esculapio.

Si racconta poi che la peste svanì miracolosamente, proprio a seguito della costruzione del tempio. A ricordo di questo evento miracoloso, l’isola stessa fu sistemata architettonicamente come una nave con poppa e prua, e nel mezzo un obelisco che fungeva da albero maestro. Due frammenti di tale obelisco sono oggi conservati nel Museo Nazionale di Napoli, mentre un terzo è protetto a Monaco.

Fu per questo che l’isola Tiberina divenne un punto di riferimento per tutti i malati di Roma, che venivano da queste parti per essere guariti miracolosamente dal dio Esculapio. Vi basti pensare che i nobili romani iniziarono a lasciare proprio su questa minuta terra gli schiavi malati: lo scopo era non dover pagare loro cibo e cure mediche. Fu l’imperatore Claudio che mise fine a questa usanza, stabilendo che qualsiasi schiavo che fosse guarito qui sarebbe diventato automaticamente un uomo libero.

Quel che oggi è certo è che l’Isola Tiberina ha come elemento geologico di base un banco di tufo, non troppo diverso da quello del vicino colle Capitolino. Su di esso, nel corso del tempo, si sono poi sedimentate le sabbie portate dalla corrente del Tevere.

Cosa visitare

Come accennavamo in precedenza, in un tempo molto lontano su quest’isola sorgeva il Tempio di Esculapio. Al suo posto, oggi, c’è la Chiesa di San Bartolomeo che conserva un campanile romanico del XII secolo e una colonna scavata e utilizzata come vera da pozzo.

Chiesa di San Bartolomeo, Isola Tiberina

Fonte: iStock – Ph: Photo Beto

La Chiesa di San Bartolomeo

Al suo interno è possibile ammirare diversi monumenti e scoprire alcune curiosità. Primo fra tutte il pozzo dove è riportata un’antica dicitura in latino che vuol dire: “Lasciate venire alla fonte chi ha sete e trarvi un sorso di salute”. Secondo la leggenda, il pozzo è stato costruito nel punto esatto in cui sgorgava la fonte sacra del dio Esculapio.

Molto interessante è anche la palla di cannone murata in una parete del palazzo. La sua storia risale all’epoca dell’assedio francese di Roma, ovvero il 1849. Si racconta che, quando la chiesa venne colpita da questa palla di cannone, al suo interno c’erano tantissimi fedeli che stavano pregando. Tuttavia, la struttura non subì chissà quali danni, ma soprattutto nessuno rimase ferito o ucciso da questo brutale attacco.

Alla sinistra delle chiesa sorge invece il monastero francescano che è stato poi trasformato in ospizio per gli ebrei anziani e poveri del vicino Ghetto.

Vele la pena dare uno sguardo anche al Ponte Fabricio, il più antico di Roma ancora in funzione che sostituì, probabilmente, uno preesistente in legno. Di 62 metri di lunghezza e 5 di larghezza, è composto da due grandi arcate che poggiano su un pilone centrale nel quale si apre un piccolo arco, il cui scopo è diminuire la pressione delle acque durante le piene. Molto interessante è anche la torre che fa da testata e che è tutto ciò che rimane di un antico complesso di edifici.

L’Isola Tiberina è anche la sede dell’ospedale Fatebenefratelli che sorge di fronte alla basilica di San Bartolomeo. Sulla sua destra si trova la chiesa di San Giovanni Calibita, edificata sui resti del tempio di Iuppiter Iurarius. Tra le altre cose, qui è presente anche una delle tre sedi romane dell’Ospedale Israelitico che sorge al fianco della basilica di San Bartolomeo.

Infine, nella parte Nord dell’Isola, dal 21 aprile 2022, sono state installate delle stele dedicate a Le Georgiche di Virgilio. Si tratta di tredici vecchi totem (in cemento, ferro e plexiglas) abbandonati da tempo sull’isola e che oggi sono stati ripristinati. Ogni stele, dipinta da Corrado Veneziano, riprende motivi figurativi tipici delle Georgiche legandoli ai versi del poema: tutti tesi al rispetto e alla tutela del territorio e delle sue incredibili diversità.

Ponte Fabricio, Isola Tiberina

Fonte: iStock

L’antico Ponte Fabricio con la sua torre

L’isola del cinema

Un’isola nel bel mezzo della città, una sorta di borgo urbano, un luogo miracoloso, un fazzoletto di terra sacro, un piccolo territorio dalla forma di una nave, un’area da sempre dedita alla salute: tutto questo è l’Isola Tiberina, ma la verità è che non è finita qui.

Questo angolo di Roma, infatti, dal 1995 è anche l’Isola del Cinema, una manifestazione che porta al centro della Capitale il grande cinema italiano e internazionale. Un vero e proprio Salotto Internazionale di Cinema e Cultura che prende vita sul fiume Tevere, l’occasione ideale per seguire anteprime e film inediti e per poi incontrare registi e attori italiani e internazionali.

Categorie
isole luoghi misteriosi Notizie Viaggi

In Italia c’è un angolo di paradiso avvolto nel mistero

Moltissimi anni fa un meraviglioso angolo del nostro Paese, così limpido ed eccezionale da essere considerato una sorta di Polinesia italiana, è stato acquistato dall’ingegnere inglese Rex Miller con lo scopo di costruirci una villa, attività che non gli fu mai permessa. In seguito, questo stesso territorio fu venduto a una finanziaria delle Isole Vergini Britanniche, la “Legacy Air Limited”, dietro a cui sembrerebbe esserci il miliardario inglese di origine cipriota Yiannakis “John” Christodoulou.

Parliamo della meravigliosa Isola di Mal di Ventre, un prezioso fazzoletto di terra sulla costa centro-occidentale della Sardegna che è disabitato e a protezione speciale, ma anche avvolto nel mistero: a quanto pare non si sa nulla sulla nuova proprietà perché nessuno si è mai fatto vivo.

Il mistero dell’Isola di Mal di Ventre

A raccontare quanto appena detto è un articolo pubblicato sul Corriere della Sera a cui il sindaco di Cabras, Andrea Abis, ha dichiarato che non solo l’attuale proprietà dell’isola è praticamente sconosciuta, ma che Christodoulou non ha mai risposto alla richiesta scritta di chiarimenti al riguardo.

Un luogo assolutamente eccezionale che ma, nella realtà dei fatti, presenta una storia ancor più controversa di quella che vi abbiamo appena illustrato.

Nell’agosto del 2008, infatti, qui sbarcò l’indipendentista sardo, Salvatore “Doddore” Meloni, insieme a 12 fedelissimi per rivendicare il territorio e puntando al riconoscimento internazionale di questo prezioso angolo di terra come “Repubblica Indipendente di Malu Entu”.

Più di 10 anni fa ci fu quindi un vero e proprio blitz terminato solo 5 mesi dopo il suo inizio, grazie allo sgombero messo in atto dal Corpo Forestale e della Capitaneria di Porto di Oristano.

Il motivo di tutto ciò risiederebbe nel fatto che “Doddore” Meloni diceva che da più di 20 anni trascorreva lì gran parte del suo tempo e che quindi desiderava avviare una causa civile per l’usucapione dell’isola.

Ad essere testimone di tutto questo, ma da Jersey, l’isola nel Canale della Manica dove attualmente vive, c’era l’inglese Rex Miller che aveva deciso di vendere questa minuta isola. Tuttavia, a seguito della vendita nulla più è mai trapelato, nessuna informazione sul nome dell’acquirente che l’ha seguito.

Quel che sembrerebbe certo, è che La Legacy Air Limited è una società di copertura delle Isole Vergini che ha versato ben 725.000 euro su un conto della Bcc di Ronciglione e Barbarano Romano, attualmente Banca Lazio Nord. Ma da allora, vale a dire il 2017, non si è saputo assolutamente più niente.

All’atto della compravendita i legali rappresentanti erano Ernesto Castillo Cho e Luz Esperanza Rivera Chacon, persone che fungevano da prestanome, ma ancora non è stato possibile capire di chi. Non si sa, quindi, se sia davvero il miliardario inglese Yiannakis “John” Christodoulou a possedere Mal di Ventre o altri.

Malu Entu o Mal di Ventre?

Mali Entu era il suo nome originale, mentre oggi quello ufficiale è Isola di Mal di Ventre. Il motivo di tutto ciò potrebbe risalire a un’errata traduzione o interpretazione dal dialetto da parte dei cartografi genovesi.

Un nome particolare e che le fu attribuito per via dei persistenti venti che qui battono, sua maestà il maestrale su tutti. Non a caso, è baciata da raffiche che rendono spesso pericolosa la navigazione.

Cosa aspettarsi

L’Isola di Mal di Ventre è un vero gioiello autentico e dove sono presenti tracce di un passato fatto di uomini nonostante i tanti forti venti.

Lunga due chilometri e mezzo e larga all’incirca uno, sfoggia un altezza massima di soli 20 metri, punto in cui sorge un faro. Steppa arida e piccoli pezzi di macchia mediterranea sono la dimora di conigli e tartarughe terrestri, anche se si narra della presenza di foche monache.

Sulla sua costa occidentale, che si distingue per essere un’aspra scogliera, si fanno spazio le meravigliose Cala Maestra e Cala Ponente. Il versante orientale, dal canto suo, offre invece affascinanti cale con spiaggette di sabbia o di chicchi di quarzo. Ne è un esempio la bellissima Cala Valdaro. Molto interessanti sono anche Punta Libeccio e Cala dei Pastori.

Le meraviglie dell’Isola di Mal di Ventre non sono affatto finite qui: è un paradiso per coloro che amano fare immersioni e anche il posto ideale per avvistare i delfini. Infine, nei suoi abissi si sviluppa una sorta di cimitero di relitti poiché vi giacciono navi romane del XX secolo e tante minute barche.

Anzi, proprio qui avvenne una scoperta più che eccezionale: a 27 metri di profondità fu rinvenuto un relitto romano di ben 36 metri affondato tra l’80 e il 50 a.C. che conservava ancora 2000 lingotti di piombo. Poi ancora lo scheletro di un vaporetto a Cala dei Pastori e il Joyce, un mercantile cagliaritano affondato nel 1973 presso le Formiche di Maestrale.

Categorie
Caraibi Destinazioni Europa isole Paesi Bassi Viaggi

Caraibi olandesi: quali sono e perché andarci in vacanza

Avete mai sentito parlare dei Caraibi olandesi? Probabilmente no e il motivo è piuttosto semplice: ci si riferisce a loro con diverse sigle, oppure con curiosi nomignoli, mentre in altri casi si prende in considerazione una specifica isola di questo angolo da sogno localizzato nei Caraibi, ma che appartiene al Regno dei Paesi Bassi e a una municipalità speciale dei Paesi Bassi, quello delle Antille Olandesi.

Spesso erroneamente chiamate Paesi Bassi caraibici – che sono, invece, solo una parte dei Caraibi olandesi (le cosiddette municipalità speciali) – vengono indicate con le seguenti sigle:

  • Isole ABC: Aruba, Bonaire, e Curaçao (facenti parte dell’arcipelago delle Isole Sottovento, suddivisione geografica);
  • Isole SSS: Saba, Sint Maarten e Sint Eustatius (che sono parte dell’arcipelago delle Isole Sopravento Settentrionali, suddivisione geografica);
  • Isole BES: i Paesi Bassi caraibici, ovvero Bonaire, Sint Eustatius e Saba (municipalità speciali dei Paesi Bassi, suddivisione politica).

Principali caratteristiche

Dall’aspetto paradisiaco, i diversi territori dei Caraibi olandesi condividono molte caratteristiche per via della loro vicinanza geografica. Le ABC si distinguono per essere più grandi e pianeggianti, mentre le SSS sono decisamente più piccole e con pochi rilievi.

Ci sono poi le Isole BES, che in realtà sono un insieme di entrambi i raggruppamenti, che sono paradisiache e ideali per chi ama la natura, il mare e le immersioni.

Caraibi olandesi cosa vedere

Fonte: iStock

Uno dei paesaggi dei Caraibi olandesi

Le Isole ABC

Le incantevoli Isole ABC sono i tre fazzoletti di terra posti più a occidente delle Isole Sottovento: Aruba, Bonaire e Curaçao. Tutte e tre sono parte del Regno dei Paesi Bassi, ma Aruba e Curaçao ne sono nazioni costitutive, mentre Bonaire è una municipalità speciale dei Paesi Bassi.

Come è possibile immaginare, sono delle vere perle caraibiche baciate dal sole e attraversate da spiagge fatte di sabbia finissima che a sua volta è bagnata da acque cristalline.

L’incantevole Aruba

L’Isola di Aruba è una di quelle mete da raggiungere almeno una volta nella vita: è conosciuta persino come l’isola più felice dei Caraibi. A colpire il viaggiatore sono le sue due coste molto differenti tra loro, una punteggiata da spiagge bianche che sono accarezzate da un mare calmo e turchese, l’altra selvaggia e frastagliata.

Proprio in questa piccola isola prende vita la Eagle Beach, più volte nominata tra le spiagge più belle del mondo. Non è di certo da meno la Flamingo Beach, ovvero la spiaggia dei fenicotteri rosa che sorge sull’isola privata del Renaissance Hotel. Gli amanti delle immersioni saranno invece felici di sapere che Aruba è considerata la Capitale dei Caraibi dei relitti sommersi.

Quest’isola, tuttavia, non è solo un Eden marino. Ne è un esempio la Cappella di Alto Vista, ovvero la prima chiesa dell’isola che sorge in cima a una collina da cui si ammira un panorama meraviglioso. Molto interessanti sono anche le città fantasma di Bushiribana e Balashi che si ritrovano immerse in un suggestivo paesaggio arido.

Aruba, informazioni

Fonte: iStock

Un angolo incantato di Aruba

Bonaire, intima e tranquilla

Altrettanto speciale è l’Isola di Bonaire che, oltre a essere la seconda per grandezza, è anche una poetica mescolanza di acqua azzurra e secchezza desertica. Tra le sue più incredibili attrazioni c’è il Bonaire National Marine Park, un parco marino che conserva gelosamente una preziosa barriera corallina.

Molto noto è anche il suo colorato Carnevale che, ogni anno, si conclude con uno spettacolo pirotecnico e un tipico incendio cerimoniale.

Bonaire permette anche di fare indimenticabili immersioni ed esaltanti esperienze di snorkeling, fra le migliori dei Caraibi, grazie anche alla sua politica di conservazione ambientale e all’assenza di turismo di massa.

Curaçao con i suoi mille colori

Curaçao è probabilmente l’isola principale di tutto l’arcipelago. Da queste parti ad attirare l’attenzione è la sua graziosa Capitale, Willemstad, che presenta un raffinato fascino europeo. Non vi sorprenderà sapere, infatti, che è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.

Particolarmente prezioso è anche l’entroterra (chiamato kunuku) poiché puntellato di cactus e divi-divi modellati dal vento. Interessanti sono anche le spiagge che, nonostante siano formate da sabbia importata o da coralli frantumati, regalano comunque angoli che sembrano usciti direttamente da un libro di fiabe.

Le Isole SSS

Le SSS sono tre magnifiche isole che ricadono sotto la sovranità del Regno dei Paesi Bassi. Si trovano nell’arcipelago delle Isole Sopravento settentrionali e sono Sint Maarten, Sint Eustatius e Saba.

C’è però da specificare una piccola caratteristica: la parte settentrionale dell’isola di Saint Martin appartiene alla Francia e solo la parte meridionale è nazione costitutiva del regno, mentre Sint Eustatius e Saba sono due municipalità speciali dei Paesi Bassi.

Sint Maarten, l’isola divisa

Come accennato in precedenza, Sint Maarten è un’affascinante isola divisa tra due territori: la metà meridionale dell’isola è olandese, mentre la parte settentrionale è francese.

Ad essere del tutto onesti, la zona francese è quella più caratteristica, ma ciò non toglie che in qualsiasi lato sia possibile perdersi tra lunghe passeggiate sulla spiaggia e rilassarsi in baie isolate. Non mancano le possibilità per dedicarsi alle escursioni, partecipare ai tipici mercatini, lasciarsi andare a sport acquatici e godersi una vivace vita notturna.

Sint Eustatius, per tornare indietro nel tempo

Se siete curiosi di scoprire com’erano i Caraibi alcuni decenni fa, la vostra scelta deve necessariamente essere Sint Eustatius. Probabilmente a causa della mancanza di spiagge paradisiache, questa è l’isola dei Caraibi olandesi meno visitata dai turisti di tutto il mondo.

Tuttavia, si fa amare per la sua atmosfera particolarmente autentica e per via dell’allegria dei suoi abitanti che sono sempre pronti a parlare con i viaggiatori.

Saba, detta anche il tetto dei Paesi Bassi

Saba è un incredibile gioiello, nonché la più piccola isola dei Caraibi olandesi. Un vero e proprio fazzoletto di terra che consiste principalmente nel vulcano spento, il Monte Scenery (840 metri), che è anche la cima più elevata di tutti i Paesi Bassi. Ritrovarsi al cospetto di questo lembo di terra è incredibile: sembra emergere come un miraggio dal  Mar dei Caraibi, una misteriosa vetta spesso avvolta dalle nuvole.

Saba, isola dei Caraibi

Fonte: iStock

Un angolo dell’affascinante Saba

Visitarla è sinonimo di scoprire villaggi che ospitano incantevoli case tradizionali in legno e muratura con il tetto rosso, ma anche un magico mondo che si nasconde sotto la superficie della limpida acqua.

Le Isole BES

Le Isole BES, ovvero le meravigliose Bonaire, Sint Eustatius e Saba di cui vi abbiamo già parlato, sono un mosaico di culture e di influenze di vario tipo. Luoghi da visitare almeno una volta nella vita e che, senza ombra di dubbio, vi lasceranno a bocca aperta.

Categorie
Africa Idee di Viaggio isole litorali lusso mare parchi naturali Seychelles vacanza natura Viaggi

Mahé, l’isola delle Seychelles che è un sogno a occhi aperti

Quando si pensa alle Seychelles le prime immagini che vengono in mente sono le spiagge esotiche, il mare cristallino e turchese, paradisi tropicali dove tenere a distanza lo stress e la routine di tutti i giorni.

Sono davvero isole meravigliose, tutte da scoprire e vivere e Mahé, l’isola principale dell’arcipelago, non fa eccezione.

Tuttavia, spesso i turisti la “ignorano” e la vedono soltanto come “punto di arrivo e di partenza” per via dell’aeroporto internazionale. Ma non è assolutamente così.

Mahé, infatti, invita a scoprire scorci di natura incontaminata, spiagge da sogno, distese d’acque, verdeggianti parchi e una capitale vivace e meta di shopping.

Conosciamola meglio grazie alle tappe salienti da mettere in lista.

Cosa non perdere a Mahé

Una visita a Mahé può iniziare da Victoria (o Port Victoria), una delle capitali più piccole del mondo, l’unica città vera e propria delle Seychelles che ha il suo fiore all’occhiello nel colorato mercato, il cuore pulsante tra profumi e prodotti tropicali.
Una passeggiata tra le bancarelle è un ottimo modo per immergersi appieno nella tipicità dell’isola e nello stile di vita degli abitanti: si svolge ogni mattina (tranne la domenica) lungo Street Market, via pedonale del centro.

Altrettanto suggestivo è il Giardino Botanico, realizzato agli inizi del Novecento per la coltivazione di piante esotiche e diventato Monumento Nazionale, oggi aperto al pubblico per ammirare la spettacolare flora endemica tra cui va menzionato il Coco de Mer, frutto Patrimonio UNESCO di una pianta che nasce spontanea soltanto sulle isole di Curieuse e Praslin.

Tappe successive sono la Cathedral of our lady of Immaculate Conception, l’Arul Mihu Navasakthi Vinayagar, piccolo ma favoloso tempio indù dalla torre monumentale (il gopuram) riccamente impreziosita da pregevoli sculture, e il Clock Tower, una curiosa riproduzione del celebre Big Ben.

E siamo appena all’inizio poiché Mahè è anche tantissima natura e offre indimenticabili percorsi per gli appassionati di trekking ed escursioni, in particolare nel cuore del Parco Nazionale del Morne Seychellois, la vetta più alta dell’arcipelago con i suoi 900 metri sul livello del mare.
Lasciata l’auto nei pressi del Mission Lodge (le rovine di una missione del XIX secolo), si possono imboccare i numerosi sentieri che conducono a punti panoramici e belvedere che tolgono il fiato: sono 12 i percorsi da trekking di varia complessità e lunghezza.

Ancora, da non perdere la Tea Factory, la fabbrica del tè edificata nel 1962, di Port Launay: i tour guidati consentono di apprezzare tutte le fasi di lavorazione del té come si svolgevano un tempo.

Le spiagge dove sognare a occhi aperti

Mahé è anche mare e spiagge da sogno: sono ben 65 lungo le sue coste!

La più rinomata e suggestiva è sicuramente Anse Intendance, di sabbia bianchissima e delimitata da rocce di granito, selvaggia e perfetta per i surfisti (in particolare da maggio a settembre).

Tra le più fotografate, anch’essa selvaggia, va citata Anse Bazarca, dove le onde sono alte e il mare profondo, nell’abbraccio della rigogliosa vegetazione tropicale, mentre tra le più apprezzate dai locali troviamo Anse Baleine, con acque poco profonde e onde basse.

Spettacolari sono poi Anse Boileau, lunga spiaggia di fine sabbia attrezzata con tutti i servizi e ideale per lo snorkeling, Anse aux Pins, non lontano dall’aeroporto, con servizi, ristoranti e negozi, Anse Bougainville, dalla preziosa barriera corallina, Anse a La Mouche, ottima per famiglie, e Anse aux Poules Bleues, dorata e poco frequentata.

Categorie
Asia Giappone isole luoghi misteriosi Posti incredibili Viaggi

Hashima, l’isola fantasma del Giappone

Esistono luoghi che hanno un fascino unico e particolare e uno di questi è Hashima, meglio conosciuta come Gunkanjima o “Isola della nave da guerra”,  che si staglia a quattordici chilometri al largo della città di Nagasaki.

Un’isola “misteriosa” e a tratti anche inquietante, eco di un passato ormai perduto, meta “fantasma” tra le più curiose del Giappone.

Hashima, l’ex miniera di carbone sul mare

Isola disabitata e in rovina, con 480 metri di lunghezza e 160 di larghezza, Hashima un tempo ospitava circa 5300 persone, una comunità prospera che oggi è difficile riuscire a immaginare, tra edifici fatiscenti e relitti distrutti dal maltempo e dal trascorrere degli anni.

Infatti, si tratta di un ex miniera di carbone: l’attività di estrazione mineraria iniziò sul finire dell’Ottocento e, con l’incremento della produzione, l’isola visse un periodo di espansione che rese necessari spazi residenziali per i minatori e le loro famiglie, negozi, ristoranti, scuole, bagno pubblico, un tempio e un santuario.

Tuttavia, intorno al 1974 venne rapidamente abbandonata: il fabbisogno energetico era cambiato e le miniere di carbone vennero chiuse.

Così, l’isola è rimasta a lungo in balia di sé stessa e, la continua esposizione ai tifoni, ha ulteriormente accelerato il processo di deterioramento delle strutture fino a rivestire Hashima di un’atmosfera piuttosto cupa e controversa.

Chiusa al pubblico, poteva essere scorta soltanto dalle crociere turistiche che la circumnavigavano.

Poi, dal 2009 qualcosa è cambiato: ha suscitato l’interesse di chi ama andare alla scoperta di edifici e rovine e, grazie alla costruzione di un nuovo molo per le imbarcazioni, è arrivata l’apertura al turismo con tour organizzati e visite guidate (unica modalità con cui è possibile approdare ad Hashima).

Ma non soltanto: nel 2015 è stata nominata Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

Come alba di una nuova era, i tour si svolgono più volte durante la giornata con partenza da vari punti del porto di Nagasaki: la traversata dura mezz’ora ed è importante tenere presente che può essere cancellata in caso di maltempo per cui è meglio non pianificare il viaggio nei mesi invernali, nella stagione della pioggia o in quella dei tifoni.

Conoscere Hashima senza approdare

Tappa saliente di un viaggio a Nagasaki e dintorni, Hashima può essere conosciuta da vicino anche senza mettervi piede.

Già, perché chi non desidera compiere il giro dell’isola può raggiungere l’estremità meridionale di Nagasaki e osservare con attenzione verso l’orizzonte quando la giornata è limpida: con un po’ di fortuna, non è difficile intravedere i bagliori degli edifici abbandonati e la luce che filtra attraverso le finestre.

Oppure, un’altra possibilità è visitare il Museo digitale di Gunkanjima nei pressi della chiesa di Oura (sempre a Nagasaki): un innovativo museo che consente di compiere un vero e proprio viaggio virtuale sull’isola e acquisire moltissime informazioni grazie anche a un’installazione che racconta gli aspetti concreti della vita sulla “miniera di carbone galleggiante” con fotografie e le testimonianze di chi vi ha lavorato o vi ha trascorso l’infanzia, ognuno con la propria opinione e i propri ricordi unici.

In più, non mancano tour in realtà aumentata in alcune zone dell’isola così come sono oggi e un viaggio virtuale lungo la miniera come se fosse tuttora in funzione.

Categorie
Idee di Viaggio isole litorali mare Viaggi

Isola di Santa Catalina, dalla bellezza commovente

Nell’immaginario comune, la California è il vero simbolo dell’American Dream. Le spiagge senza fine che si perdono all’orizzonte, le città vivaci e l’energia creativa che alimenta l’innovazione e l’arte, rendono questo luogo un autentico paradiso per coloro che desiderano realizzare i propri sogni.

Una terra magica, dove l’impossibile diventa possibile e che non smette mai di sorprendere. Da Hollywood alla Silicon Valley, da Los Angeles a San Francisco, la California continua a ispirare i turisti di tutto il mondo.

Oggi ci troviamo a soli 35 km al largo della costa meridionale. Più precisamente, siamo sull’Isola di Santa Catalina, un piccolo paradiso naturale e incontaminato. Con le sue acque cristalline e i sentieri che si snodano sulle colline ricoperte di fiori selvatici, è un’oasi di pace che offre rifugio dal caos frenetico di Los Angeles. È un’isola meravigliosa dal carattere mediterraneo, una destinazione che ti conquisterà al primo sguardo.

In viaggio alla scoperta di Catalina

Avalon

Fonte: iStock

Avalon, Santa Catalina, California

L’isola di Santa Catalina fa parte dell’arcipelago delle Channel Islands, è una combinazione perfetta tra natura incontaminata e lusso. Custodisce solamente due piccoli centri abitati: Avalon e Two Harbors.

Avalon è senza dubbio la meta più popolare. Qui i visitatori possono passeggiare lungo la spiaggia, ammirando una vista spettacolare sull’oceano, esplorare i negozi locali e deliziarsi con le prelibatezze culinarie nei caratteristici ristoranti.

Il Casinò dallo stile Art Déco regna sovrano sul porto con eleganza e fascino. Quest’edificio iconico non solo offre un ambiente per il gioco e l’intrattenimento, ma accoglie anche un museo dedicato alla storia dell’isola. Al suo interno, i visitatori possono scoprire le origini e gli eventi significativi che hanno plasmato la comunità locale nel corso degli anni. Inoltre, rende omaggio ai divi del cinema, in particolare a Marilyn Monroe, che ha vissuto in questi luoghi per molto tempo.

Situata a circa 30 km a nord di Avalon, si trova Two Harbors, il luogo perfetto per coloro che desiderano un’esperienza autentica nella natura incontaminata dell’isola. I più avventurosi avranno l’opportunità di esplorare i diversi sentieri escursionistici che conducono alle spiagge remote del territorio. La costa è principalmente rocciosa e si tuffa a picco nell’acqua cristallina, regalando uno scenario imperdibile su una miriade di pesci dai colori vivaci.

Sono molti, infatti, gli appassionati di snorkeling e diving, che raggiungono l’isola per esplorare le meraviglie sottomarine della zona. Ma non è tutto: è possibile praticare anche altri sport acquatici, come sci nautico, canoa, barca e fare escursioni in sommergibile.

Inoltre, Catalina ha una caratteristica particolare: i turisti non possono utilizzare le auto per spostarsi. Questa politica è stata implementata per preservare l’ambiente circostante e mantenere un’atmosfera tranquilla. In alternativa, si può attraversare l’isola a piedi o noleggiare biciclette, ciclomotori o golf car per esplorarla in modo eco-friendly.

L’isola di Catalina: la terra dei bisonti

Santa Catalina è un luogo davvero speciale che ospita la Catalina Island Conservancy, una delle aree protette più antiche della California meridionale.

Con un’ampia superficie pari all’88% dell’isola, questa organizzazione no-profit fondata nel 1972, si dedica alla protezione e alla conservazione della biodiversità locale. Al suo interno sono presenti oltre sessanta specie endemiche di piante e animali che rendono l’area un vero e proprio tesoro ecologico.

Nella riserva si possono trovare, infatti, molte specie rare come la volpe di Santa Catalina, con il suo manto rosso, il citello della California, uno scoiattolo terricolo e il toporagno, un piccolo mammifero tipico di queste zone. Questi animali convivono in armonia con i bisonti americani, che sono stati portati sull’isola negli anni ’20 durante le riprese di un film.

Negli anni successivi, questa specie ha continuato a diffondersi in modo significativo. Attualmente, il numero viene monitorato attentamente e si stima che siano presenti circa 100-150 esemplari. Questa gestione mirata supporta la conservazione dell’habitat e assicura che tutte le specie abbiano spazio sufficiente per prosperare nella riserva, conservando al meglio l’equilibrio ecologico dell’isola.

Isola di Santa Catalina

Fonte: iStock

Isola di Santa Catalina, California