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L’Irlanda fuori rotta per scoprire la sua vera natura

C’è una parte d’Irlanda ancora inesplorata. Una zona dove il turismo di massa non è ancora arrivato. Il luogo ideale dove scoprire la vera natura di questa meravigliosa isola verde e dei suoi abitanti, le cui tradizioni sono ancora ben radicate.

Ci troviamo nella parte Nord della Contea di Mayo, una delle zone più autentiche e incontaminate del Paese, ideale per chi, anche in Europa, cerca ancora l’avventura, una destinazione reale e genuina e che desidera sperimentare l’autentica accoglienza irlandese.

Cosa vedere a Nord della Contea di Mayo

Tante sono le attrattive del Nord di Mayo. Pittoresche cittadine colorate affacciate sui fiumi o direttamente sull’oceano, siti archeologici di ere preistoriche e legati alla storia e alla cultura irlandese – incluso San Patrizio, patrono d’Irlanda – e naturalmente paesaggi che regalano scorci meravigliosi della natura dell’Isola di smeraldo. Vi proponiamo un itinerario fuori dalle classiche rotte turistiche sui luoghi meno conosciuti d’Irlanda.

La cittadina di Ballina Town

Ballina Town è la cittadina principale della zona Nord di questa Contea irlandese. È famosa per la pesca al salmone ed è sopranominata la “salmon capital of Ireland” perché il fiume Moy che la attraversa è particolarmente pescoso. Ogni estate, il Salmon Festival attira migliaia di visitatori.

La cittadina è un buon punto di partenza per visitare la celebre Wild Atlantic Way, la strada segnalata più lunga del mondo e la più panoramica d’Irlanda. Ballina ha un aspetto tradizionale, colorato e autentico e offre dei caratteristici scorci sul fiume, tanti ristoranti, alloggi di tutti i tipi e vecchi pub accoglienti e animati.

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Fonte: 123rf

Ballina Town, la cittadina più importante a Nord della Contea di Mayo

La St Muredach’s Cathedral, costruita con la pietra grigia locale nel XVIII secolo, svetta fiera sul fiume e ha un bell’interno. Esiste anche una collezione privata creata da Jackie Clarke, un personaggio locale che ha accumulato più di 100mila articoli da collezione incluso il documento originale della dichiarazione d’indipendenza.

La Connacht Whiskey Distillery offre visite guidate e assaggi del whiskey locale, un’esperienza imperdibile quando si visita l’Irlanda. The Quays è il quartiere più pittoresco, dove il fiume sfocia direttamente nell’Oceano Atlantico.

Chi cerca un’esperienza autentica può soggiornare in alcune delle dimore storiche della zona, come Mount Falcon Estate, nella campagna irlandese lungo il fiume dove poter pescare, passeggiare in compagnia di un falco o, per chi ha bambini, prendere parte a una lezione di “gufologia”. Si può anche soggiornare in un vero e proprio castello. Il Belleek Castle è stato costruito nel 1800 in stile Neogotico e regala la sensazione di vivere in un castello medievale e di tornare indietro nel tempo. Anche senza dormire, è comunque consigliata una visita al castello che ospita la più bella collezione di armi e armature medievali d’Irlanda.


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Il sito archeologico di Céide Fields

Non è Irlanda se non c’è un sito archeologico. Tra le attrazioni principali della zona ci sono i Céide Fields, nei pressi del delizioso villaggio di pescatori di Ballycastle (un luogo poco turistico ma che merita assolutamente una visita). È considerato il sito neolitico più vasto d’Irlanda e si ritiene contenga il sistema di campi coltivati e muratura divisorie più antico tra quelli scoperti finora (circa 3500 a.C.).

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Fonte: 123rf

Il sito archeologico di Céide Fields nella Contea di Mayo in Irlanda

La scoperta dei Céide Fields avvenne intorno agli Anni ’30, quando un uomo del posto si accorse di alcune file di pietre che rimasero scoperte quando scavò con la pala della torba per combustione. In queste file si accorse di alcuni disegni che non potevano essere stati causati dalla natura. Da lì la grande rivelazione dell’antichissimo sito.

Si stima vi siano circa 100 chilometri di campi racchiusi nei muri di pietra ancora nascosti sotto la brughiera. Il sito è nella lista dei candidati Unesco per ottenere la qualifica di Patrimonio dell’Umanità.

Le scogliere di Downpatrick’s Head

E non è Irlanda se non ci sono delle scogliere che si gettano a picco nell’oceano. Nella zona Nord della Contea di Mayo, non lontano dal villaggio di Ballycastle e un po’ più su rispetto a Ballina, si trovano le scogliere di Downpatrick’s Head. Questa zona fa già parte della Wild Atlantic Way e conserva reperti archeologici di 6.000 anni fa, incluso un tronco di pino di 4.300 anni fa ospitati in un moderno museo, strade a picco sul mare e paesaggi da togliere il fiato.

Le scogliere sono già visibili quando si visita Céide Fields, dove una terrazza accessibile tramite una scalinata chiamata Cliffs Road regala un panorama mozzafiato.

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Fonte: 123rf

Le scogliere di Downpatrick’s Head in Irlanda

Downpatrick’s Head è raggiungibile a piedi percorrendo un sentiero e non esistono biglietti di ingresso. Qui il vento soffia molto forte, ma lo spettacolo sull’Atlantico è unico, specie quello su Dún Briste, che significa “forte rotto”, un faraglione singolo che spunta dalle acque impetuose, creatosi dal crollo di una parte di scogliera durante una forte tempesta nel 1393 e diventato il simbolo della zona.

Il nome “Downpatrick” deriva dall’epoca in cui San Patrizio fondò una chiesa proprio in questo luogo. In questa piccola penisola si possono ancora vedere i ruderi della chiesa, una croce di pietra e un pozzo sacro. Un tempo era una destinazione molto amata per i pellegrinaggi e tutt’oggi le folle vi si riuniscono l’ultima domenica di luglio, nota come “Garland Sunday”, per ascoltare la messa.

Una leggenda locale (una delle tante leggende irlandesi) narra che, quando un capo pagano rifiutò di convertirsi al Cristianesimo, San Patrizio colpì la terra con il suo pastorale facendo crollare parte del promontorio, con il capo sopra, nell’oceano ovvero lo scoglio Dún Briste.

Durante la Seconda guerra mondiale, Downpatrick’s Head divenne un avamposto di osservazione. Oggi si può ancora vedere l’edificio di pietra e il marcatore aereo, la scritta “ÉIRE 64” fatta di pietre, per segnalare ai piloti che stavano sorvolando l’Irlanda.

Foxford, il villaggio della lana

A pochi chilometri da Ballina c’è un altro delizioso villaggio affacciato sul fiume Moy che merita una tappa. Si tratta di Foxford, un paese di campagna anch’esso famoso per la pesca al salmone. Ma la sua particolarità è un antico lanificio tradizionale aperto anche ai turisti che si chiama Foxford Woolen Mills, citato persino da James Joyce nel suo “Ulisse”, di cui ricorre il centenario proprio quest’anno e in “Finnegans Wake”. Oltre al negozio – e all’outlet – dove poter fare acquisti c’è anche un delizioso caffè che serve prodotti locali.

Nei dintorni di Foxford si possono fare delle splendide passeggiate scenografiche. La cittadina, infatti, è circondata dalle due catene montuose, i monti Nephin e i monti Ox attraversati dalla Foxford Way, un sentiero turistico di circa 86 km che s’inoltra tra siti archeologici, brughiere e piccoli ruscelli.

Si possono anche scoprire alcuni laghi balneabili, com il Lough Conn e Cullin formatisi, secondo la mitologia celtica, dalla fuga di un cinghiale che perdeva acqua nella quale affogarono i cani che lo cacciavano.

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Fonte: 123rf

Il Lough Conn nella Contea di Mayo

Killala e la sua spiaggia

A Nord di Ballina c’è un altro villaggio molto pittoresco da visitare. Si tratta di Killala, un piccolo borgo di pescatori famoso per la Ross Beach, una bella spiaggia balneabile che ha ottenuto la Bandiera blu.

Per gli irlandesi però ha anche una grande importanza storica. Qui si è giocata una delle più importanti partite nella lotta all’indipendenza quando, nel 1798, il generale Humbert arrivò dalla Francia per unirsi alla popolazione e lottare contro la Corona britannica. Da vedere a Killala ci sono anche diversi edifici storici, come la torre circolare del XII secolo e la cattedrale seicentesca.

Nella vicina Baia di Killala, meta per appassionati di birdwatching, si possono avvistare anatre, cormorani e persino foche. Insomma, nel Nord della Contea di Mayo ce n’è per tutti i gusti.

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Il Parco di San Bartolo, dove la natura è davvero incontaminata

C’è un luogo in Italia, situato tra colline e mare, dove la natura regna ancora intatta e incontaminata. Un vero e proprio susseguirsi di speroni e piccole valli che degradano sull’Adriatico: il Parco Naturale Regionale del Monte San Bartolo. Ma cosa visitare in questo affascinate territorio?

Parco Naturale Regionale del Monte San Bartolo, vero e proprio polmone verde

Ci troviamo nella spettacolare regione Marche e, più precisamente, tra le Province di Pesaro e Urbino. Il parco si sviluppa, infatti, tra i comuni di Gabicce Mare e Pesaro per circa 1.584 ettari. Un posto decisamente particolare e per diversi motivi. Innanzitutto costituisce il primo promontorio che, provenendo dal Nord Italia, si incontra sulla costa adriatica.

In secondo luogo, al suo interno è possibile riconoscere due macro-aree distinte dal punto di vista paesaggistico e ambientale: quella a valle denominata “Panoramica” dove il territorio, principalmente rurale, è caratterizzato da campi abbandonati rinaturalizzati, filari di alberi e siepi, e quella che scende fino al mare e che coincide, per la maggior parte, con la zona dell’area floristica della falesia tra Gabicce e Pesaro.

Due suoli che sono in grado di delineare un paesaggio che è un vero e proprio susseguirsi di speroni e valli intervallate da pareti strapiombanti verso l’azzurro del mare. La falesia, tra le altre cose, è anche abbracciata da una serie di pittoreschi e suggestivi borghi.

Un territorio eccezionale che funge anche da vero e proprio polmone verde e che, allo stesso tempo, è anche una riserva naturale di estrema importanza per quanto riguarda l’habitat degli animali, la migrazione dell’avifauna e lo svernamento di diverse specie di uccelli.

Non mancano attrazioni interessanti dal punto di vista storico e archeologico poiché molti sono i ritrovamenti e i reperti emersi risalenti al periodo neolitico.

Parco Naturale Regionale del Monte San Bartolo cosa vedere
Un angolo del Parco Naturale Regionale del Monte San Bartolo

Come visitare il Parco Naturale del Monte San Bartolo

È possibile visitare il Parco Naturale del Monte San Bartolo grazie a una fitta rete dei percorsi sia ciclabili che pedonali, spesso ombreggiati da grandi querce. L’Ente Parco, tra le altre cose, organizza attività che spaziano dalle escursioni naturalistiche alle gite in motonave, alle feste e alle visite culturali.

Ma per scoprirlo come si deve, a disposizione del viaggiatore ci sono ben 4 itinerari che sono uno più interessante dell’altro:

  • Itinerario – 1, Tra Bosco E Ville: 8,4 chilometri da attraversare in quasi tre ore e che grazie a un circuito ad anello portano da via Lucio Accio a Pesaro, passando per Villa Imperiale e il faro di Pesaro, a Santa Marina. Al ritorno, invece, si solca la strada dell’Alterello e Bocca del Lupo;
  • Itinerario – 2, Tra Borghi E Ginestre: 2,8 chilometri da scoprire in circa un’ora partendo da Fiorenzuola di Focara, passando per il borgo di Casteldimezzo e arrivando al punto panoramico definito il “Tetto del Mondo”;
  • Itinerario 3, dalle Siligate al Mare: un percorso di di 2,3 chilometri da ammirare in approssimativamente 45 minuti che prende il via da Siligate  fino alla Spiaggia di Fiorenzuola di Focara, attraversando un tratto di bosco a ridosso della falesia;
  • Itinerario 4, dall’area Archeologica Al Museo Paleontologico: tragitto di 4,5 chilometri percorribile in un’ora e mezza che parte dall’Area Archeologica, passa per Casteldimezzo e raggiunge il Museo Paleontologico “L. Sorbini” di Fiorenzuola.

I borghi da visitare assolutamente

Come detto in precedenza, visitare il Parco Naturale del Monte San Bartolo vuol dire anche scoprire borghi dalla storia millenaria, ville e giardini rinascimentali e porti scomparsi di origine greca. Tra i paesini che meritano una sosta c’è certamente Gabicce Mare, rinomata località balneare che allo stesso tempo è anche un luogo altamente romantico grazie alla sua spiaggia lambita da un mare cristallino, il porticciolo turistico, i ristorantini sul mare e la leggenda di Valbruna, l’Atlantide dell’Adriatico, una piccola città sommersa che si trovava proprio davanti alla Baia.

Gabicce Mare marche

Fonte: iStock

Uno scorcio di Gabicce Mare

Da qui, salendo verso il promontorio, si raggiunge Gabicce Monte, una sorta di terrazza naturale che offre uno spettacolo irresistibile. Un posto perfetto per avere il mare a portata di mano, ma anche la tranquillità e la freschezza dei prati e dei boschi.

Bellissimo Casteldimezzo, anch’esso un balcone naturale che in passato era utilizzato come dimora dei vescovi ravennati. Oggi del castello restano solo tracce della cinta muraria, ma ciò che è certo è che da lassù la vista è divina.

Tra i vari borghi da visitare del Parco Naturale del Monte San Bartolo c’è anche Fiorenzuola di Focara che sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare. Insieme a Casteldimezzo, Gradara e Granarola fa parte dei quattro castelli edificati per controllare il valico della Siligata. È molto famosa, inoltre, per la sua suggestiva spiaggia incontaminata.

Cos’altro visitare al Parco Naturale del Monte San Bartolo

Un viaggio alla scoperta del Parco Naturale del Monte San Bartolo non può prescindere dalla visita di altre meraviglie come la Baia di Vallugola che è un piccolo paradiso romantico, una vera particolarità della costa adriatica che tenzialmente si distingue per le sue lunghe distese di sabbia e spiagge attrezzate. Unica e incontaminata, è il luogo ideale dove ritrovare la tranquillità e il piacere del vivere bene.

Altrettanto interessante, sopratutto per gli amanti della storia, è l’Area Archeologica e Antiquarium di Colombarone che è un sito pregno di tracce architettoniche in grado di raccontate la storia del territorio medio-adriatico. Vi basti pensare che durante gli scavi sono emerse una villa tardoantica, una basilica e una pieve.

Poi la Villa Imperiale di Pesaro, un edificio sforzesco molto antico in cui svetta un’alta torre. La parte più interessante di questa struttura è senza ombra di dubbio l’ala progettata dall’architetto urbinate Girolamo Genga.

Meravigliosa anche Villa Caprile che permette di “perdersi” all’interno di un magnifico giardino all’italiana. Destinata a fini di ricevimento e villeggiatura, ospitò personaggi di un certo calibro come Casanova, Stendhal, Rossini e Leopardi.

Infine, vale la pena fare un salto anche al Cimitero Ebraico che sorge sulle pendici del colle San Bartolo. Oggi ci sono circa 140 lapidi, numero inferiore alle inumazioni effettivamente realizzate.

Insomma, il Parco Naturale del Monte San Bartolo è una vera oasi di meraviglie che vale assolutamente la pena scoprire.

Villa Caprile marche

Fonte: Getty Images – Ph: DEA / M. BORCHI

La splendida Villa Caprile
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Venezia, la città dei profumi e delle spezie

Fin dal Medioevo, Venezia è stata la capitale europea del commercio e del profumo. Le carovane di mercanti che giungevano via mare dall’Oriente e dal Medioriente in Laguna importavano spezie e incensi provenienti dall’Asia e dal Nord Africa.

Responsabile di questo commercio fu soprattutto la bizantina Teodora Ducas, che nell’XI secolo sposò il doge di Venezia, Domenico Selvo, bella, e che fece subito parlare di sé perché si profumava. A Bisanzio, infatti, esisteva già allora una corporazione dei profumieri. Ma anche di Marco Polo, che riportò dalla Cina profumi inediti.

Fu così che questa città divenne il polo di produzione di profumi più importante d’Europa.

Destinato solo ai ricchi che potevano permetterselo, fra il Seicento e il Settecento il profumo, grazie all’ammodernarsi delle profumerie, divenne sempre più commerciale – ed economico – e rivolto a un più ampio pubblico. Nacquero così l’acqua di Colonia, l’Aqua Mirabilis e il profumo moderno.

La città attraversò un periodo di grande splendore grazie all’arte profumatoria veneziana e alle innumerevoli materie prime importate, tanto che diventò la principale maestria della città. Nacquero persino le Corporazioni dei saoneri e dei muschieri (così erano soprannominati i profumieri a Venezia, in quanto il muschio era una delle sostanze più importanti per la produzione delle fragranze) che trasformarono il lavoro artigianale legato alla cosmetica in una vera e propria arte, tanto da essere chiamati a lavorare in Francia perché considerati veri e propri artisti.

Grande merito di Venezia fu un’invenzione rivoluzionaria ovvero la diluizione delle essenze in alcool anziché in olio che rese i profumi conservabili più a lungo.

Furono anche pubblicati ricettari e trattati che svelavano i segreti della profumeria che, oltre a conferire bellezza e fascino a chi ne faceva uso, aveva anche effetti benefici sulla salute.

Uno dei testi più importanti è il “Notandissimi Secreti dell’Arte Profumatoria”, pubblicato a Venezia nel 1555 che contiene 300 ricette, dall’arte di tingere i capelli a quella di profumare il corpo, la casa, la biancheria o per coprire gli odori.

A Venezia erano tantissime le botteghe che vendevano acque e paste profumate. Erano almeno 400 i parrucchieri e i barbieri in città, a testimonianza dell’attenzione dei veneziani per la cura della persona.

Ancora oggi, a Venezia, è possibile ripercorrere la storia del profumo attraverso alcuni luoghi simbolo.

Il museo di Palazzo Mocenigo

È la sede del Centro di storia del tessuto, del costume e del profumo e, fin dal 2013, ospita un percorso stabile dedicato al profumo. Si trova nel sestiere Santa Croce, all’interno di un edificio signorile del ‘600 veneziano situato al civico 1992, lungo la salizada di San Stae. Fu la casa della famiglia Mocenigo fino al secondo dopoguerra, quando venne donata al Comune che, nel 1980, aprì il museo.

Nelle sue splendide sale affrescate, con stucchi e arredamenti antichi, è ospitata una grande biblioteca specializzata e una nuova sezione di cinque sale dedicata alla storia del profumo e delle essenze, che mette in luce l’antichissima tradizione cosmetica di Venezia.

Il progetto è stato reso possibile grazie all’azienda profumeria Mavive della famiglia Vidal. Sono state introdotte anche vere e proprie “stazioni olfattive” che consentono ai visitatori di approfondire le loro conoscenze sulla storia del profumo e delle essenze. Al piano terra c’è una sala multimediale, un Laboratorio del profumo e la White Room che ospita esposizione temporanee.

Fino al 27 novembre sono due le esposizioni, “Es-senze. Contemporary artists and scent. An exhibition”, una mostra di arte contemporanea con installazioni realizzate da 12 artisti internazionali che sperimentano l’uso dell’olfatto e delle componenti sensoriali per le loro creazioni, e “Accordi di Profumo”, un viaggio olfattivo promosso da The Merchant of Venice e Givaudan, che consente al visitatore di scoprire le peculiarità di materie prime tracciabili e di come esse si trasformano e combinano dando vita alle fragranze. per questa occasione, The Merchant of Venice ha ideato una linea di profumi chiamata Accordi di Profumo, le cui fragranze nascono da ingredienti menzionati negli antichi manoscritti di profumeria e botanica dell’epoca della Serenissima.

La Libreria del profumo

A due passi da San Marco, nella calle della Canonica, la libreria Studium ospita una Libreria olfattiva. È un luogo imperdibile per gli appassionati ma anche per i semplici curiosi per immergersi nel mondo del profumo. Oltre a contenere tantissimi testi monografici sul tema, ospita un grande Organo del profumo con oltre 200 essenze catalogate come fossero un antico erbario, utilizzate per corsi di composizione e di formazione olfattiva.

Nella Libreria olfattiva di The Merchant of Venice si tengono incontri, corsi del profumo, gruppi di lettura e webinar. Ci si può immedesimare in un maestro profumiere e creare la propria fragranza personalizzata. Si organizzano anche laboratori per coppie e per famiglie con bambini.

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Fonte: @The Merchant of Venice

La Libreria del profumo Studium a Venezia

L’antica Farmacia di San Fantin

Dove nel ‘600 si trovava la Farmacia di San Fantin, su Campo San Fantin, accanto al Gran Teatro La Fenice, ora c’è la profumeria Mavive che è stata restaurata mantenendo alcune caratteristiche architettoniche dell’epoca, come le nicchie delle spezie che oggi contengono libri, profumi in splendidi flaconi e oggetti vari.

È una delle tante botteghe storiche veneziane che raccontano la storia del profumo e che meritano una visita.

L’ex Spezieria all’Ercole d’Oro

Nel sestiere di Cannaregio, dove nel XVI secolo si trovava il ghetto ebraico,c’ un’altra bottega che merita una tappa. Al civico 2233 di Strada Nova, dove un tempo si trovava la Spezieria all’Ercole d’Oro, ora c’è un negozio di The Merchant of Venice tuttora arredato con legni pregiati, vasi di vetro e di ceramica di Bassano e preziose sculture.

Alla Spezieria all’Ercole d’Oro prestarono la loro opera valenti chimici e speziali sin dal Settecento e si può ritrovare ancora oggi l’antico fascino di Venezia, tra spezie, pozioni e profumi.

La Bottega Cini

Al civico 862 di Dorsoduro, a due passi dalla Collezione Peggy Guggenheim, si trova la Bottega Cini aperta nel 2020 nello stile di una bottega rinascimentale reinterpretata in chiave contemporanea. Qui sono stati lanciati alcuni dei profumi più storici, come la fragranza in onore del Gran Teatro La Fenice di Venezia.

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In Italia esiste un museo a cielo aperto sul mare: è spettacolare

Esistono luoghi che non smettono mai di stupirci e di incantarci perché ospitano meraviglie straordinarie, siano esse create da Madre Natura o dall’uomo. Sono gli stessi posti che ogni giorno ci esortano a metterci in viaggio, a percorrere chilometri in lungo e in largo per scoprire il mondo.

Eppure non sempre abbiamo bisogno di andare così lontano per lasciarci meravigliare dalla grande bellezza che appartiene ai luoghi del pianeta. Anche il nostro Paese, infatti, non smette mai di stupirci. E proprio quando crediamo di aver visto tutto, lui torna a sorprenderci.

Proprio come fa il Museo d’Arte sul Mare di San Benedetto del Tronto, un teatro di sculture e opere d’arte situato sul lungomare della cittadina marchigiana che rappresenta un unicum in Italia, il più bell’esempio visivo di convivenza tra uomo e natura, tra arte e paesaggio.

Il Museo d’Arte sul Mare

Ci troviamo nel cuore della Riviera delle Palme, in quella ridente e dinamica cittadina che negli anni ha saputo trasformarsi in un’importante polo turistico che attira ogni anno migliaia di viaggiatori. Stiamo parlando di San Benedetto del Tronto, una vivace località in provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche, che sorge proprio sulle rive del mare Adriatico.

Situata in una posizione strategica, questa località balneare è riuscita negli anni ad ampliare un’offerta sempre più variegata per i viaggiatori che concilia il divertimento, con la natura, il mare e l’arte. Sì perché proprio lungo il molo sud, centro nevralgico della vita cittadina, è sorto un museo a cielo aperto, un’incredibile esposizione permanente che è un invito ad ammirare la grande bellezza incorniciata da un paesaggio d’eccezione, quello del mare che si perde all’orizzonte. Benvenuti al MAM, il Museo d’Arte sul Mare.

"Tipo da spiaggia", Museo d'Arte sul Mare

Fonte: Museo d’Arte sul Mare

“Tipo da spiaggia”, scultura. Museo d’Arte sul Mare

Una galleria d’arte a cielo aperto

Inaugurato nel giugno del 2012, il MAM è un concentrato di bellezza senza eguali. Questo museo permanente all’aperto si sviluppa lungo tutto il molo sud di San Benedetto del Tronto ospitando oltre 200 opere d’arte.

In questa galleria en plein air ci sono 185 sculture e 24 murales realizzati durante il Simposio “Scultura Viva” ed il “Festival dell’Arte sul Mare”, eventi che hanno visto il coinvolgimento di 183 artisti provenienti da tutto il mondo. Emerge così un teatro sul mare dove l’arte e la scultura accompagnano cittadini e viaggiatori in questa passeggiata delle meraviglie vista mare.

Le origini del MAM risalgono al 1986 quando il Circolo dei Sambenedettesi scelse di far realizzare un monumento dedicato al gabbiano Jonathan Livingstone proprio sul quel tratto di lungomare che già rappresentava la passeggiata preferita dai cittadini.

A distanza di dieci anni, su quella stessa passeggiata, venne organizzata la prima edizione del Simposio internazionale di scultura, “Scultura Viva”, così il Museo d’Arte sul Mare stava prendendo vita. Anno dopo anno, grazie alle successive edizioni della manifestazione, la passeggiata venne trasformata in una vera e propria galleria a cielo aperto. Una trasformazione, questa, che continua ancora oggi e che vede ogni anno il museo arricchirsi di nuove e inedite opere.

Tantissimi i capolavori da ammirare e contemplare, come quel Presepe in travertino caratterizzato da 9 sculture rivolte verso il mare, lì dove è stata creata una Natività sommersa e visibile nell’acqua.

Non solo sculture però. Il Museo d’Arte sul Mare di San Benedetto del Tronto, che si estende per un chilometro, ospita anche un’area dedicata alla street art, come confermano gli straordinari murales che si stagliano contro il mare e che portano la firma di artisti italiani e internazionali.

Museo d'Arte sul Mare

Fonte: Museo d’Arte sul Mare

Museo d’Arte sul Mare
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Il Giardino di Pojega, capolavoro della natura nel cuore della Valpolicella

Nel cuore della Valpolicella, a Negrar nel veronese, sorge un giardino d’altri tempi, uno degli esempi più tipici di giardino all’italiana dove il tempo sembra essersi fermato proprio all’anno della sua progettazione, il 1783: si tratta del Giardino di Pojega, tra i Monti Lessini e la campagna veneta.

Il Giardino, voluto dal conte Antonio Rizzardi, si estende su un’area di 54.000 metri quadri, disposto su tre livelli, ed è oggi uno degli ultimi giardini all’italiana, realizzato nel periodo in cui iniziava ad affermarsi lo stile romantico del giardino all’inglese.

La storia del Giardino di Pojega

Al centro dei vigneti di Pojega, zona vocata alla viticoltura, nel 1783 il conte Antonio Rizzardi decide di commissionare all’architetto Luigi Trezza un giardino in grado di unire i canoni del romantico e informale giardino paesaggistico con quelli della formale e scenografica tradizione italiana.
Rizzardi desidera un giardino ricco di maestose geografie e di grandiose scenografie, che sappia accogliere e veicolare le nuove tendenze culturali.

Trezza, ispirandosi ai giardini della tradizione veneta del Cinquecento, riesce a unire con sapienza i classici canoni del giardino all’italiano con il gusto più pittoresco del Romanticismo dando così vita a un progetto che incanta ancora oggi: dalle tavole originali (custodite presso la Biblioteca Civica di Verona) possiamo scoprire il progetto costituito dal Belvedere, il Tempietto, il Teatro di verzura e il Laghetto.

Tutta la bellezza del giardino all’italiana

giardino pojega

Fonte: 123RF

Anfiteatro del Giardino di Pojega

Tra collina e pianura, il Giardino di Pojega, su cui si affaccia l’ottocentesca Villa Rizzardi, si estende su tre livelli paralleli e vanta le strutture architettoniche perfettamente corrispondenti al progetto originale dell’architetto Trezza.

Tra allori, cipressi e carpini, lo sguardo è catturato dal Tempietto con le statue di Ercole, Diana e altre figure della mitologia greca, e sono numerosi gli scorci panoramici che si aprono passeggiando lungo i viali ai vari livelli, immersi nel profumo di variopinti fiori e piante (bucaneve, viole, ranuncoli, menta piperita…).

Spettacolare è il Teatro di verzura, uno dei più grandi d’Italia, caratterizzato da sette ordini di gradinate in siepi di bosso e una sequenza di nicchie ricavate nel carpino con statue di personaggi mitologici, ideato seguendo i dettami dei teatri classici: oggi è palcoscenico per spettacoli e appuntamenti culturali.

Dal teatro, osservando il colonnato di cipressi, si intravedono le limonaie affacciate sul parterre in bosso, qualche gradino al di sopra del laghetto.

Al livello superiore, informale e romantico, ecco il Boschetto di lecci, tassi, palme cinesi, carpini e aceri, incontaminato, irregolare e selvaggio: tra i suoi cespugli, appaiono statue di animali selvatici in pietra e un suggestivo tempietto circolare con cupola di verzura creata dai carpini e spazi sul verde intervallati da statue.

Ancora, durante la passeggiata, motivo di piacevole sosta sono il giardino degli agrumi con le due limonaie e un ninfeo, la rotonda della fontana, verde zona circolare con al centro uno specchio d’acqua, il tempietto di stalattiti e il giardino dei fiori.

I percorsi principali da seguire sono quattro: il Viale dei Carpini o via del giorno, il sentiero del Boschetto o via della notte, il Viale dei Cipressi o via della conoscenza che unisce il giardino formale al teatro, e il Viale del Belvedere o via della virtù.

Le visite al Giardino sono possibili da aprile a ottobre dal lunedì al venerdì e la domenica, sabato aperto solo su prenotazione e in base alla disponibilità.

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Lo sapevi che in Italia puoi fotografare gli igloo?

Se è un feed di Instagram che volete popolare con foto curiose e bizzarre, oppure siete soltanto alla ricerca di instantanee di viaggio indelebili da custodire nella vostra gallery, allora sarete felici di sapere che non dovrete allontanarvi poi molto per raggiungere questa missione. Del resto è risaputo che il Belpaese è pieno di meraviglie e di scorci da scoprire e da fotografare.

Eppure esiste un luogo, all’ombra degli edifici di una delle città più belle e dinamiche del nostro Paese, che per forme e architetture non ha niente a che fare con tutto ciò che abbiamo visto e conosciuto dell’Italia fino a questo momento. Non si tratta di case colorate addossate l’un l’altra come quelle che vediamo nei borghi, né di palazzi che suggestivamente si affacciano nei canali o sulle scogliere. Ma di abitazioni che non appartengono sicuramente ai canoni tradizionali della nostra architettura.

Sì perché a Milano, in un tranquillo quartiere a nord della città, è possibile imbattersi negli igloo. E non si tratta di installazioni artistiche né di glamping temporanei, ma di un curioso, bizzarro e originale complesso residenziale che ancora oggi è possibile ammirare.

La storia degli igloo di Milano

Per raggiungere quegli igloo fatti di cemento e mattoni, e ben piantati a terra su prati e aiuole ordinate, dobbiamo recarci a Milano, nella capitale della moda e del design, nella città dei ristoranti e delle esclusive vie dello shopping. È la zona nord del capoluogo lombardo che dobbiamo raggiungere se vogliamo avvistare quelli che sono gli igloo della città, quella del quartiere Maggiolina, nelle immediate vicinanze del Villaggio dei Giornalisti.

È qui che tra villette a schiera e palazzine in stile liberty, lontano dalle attrazioni più iconiche e popolate della città, compaiono loro, case bizzarre e affascinanti che catturano immediatamente l’attenzione. Si tratta di otto igloo costruiti negli anni immediatamente successivi al dopoguerra pensati per ospitare le famiglie che avevano perso le loro case a causa dei bombardamenti.

L’ispirazione del progetto, curato dall’ingegnere Mario Cavallè, trova le sue origini negli Stati Uniti e nella tendenza di progettare abitazioni dalla forma circolare diffusasi in quel periodo. Così sono nate le case a igloo, piccole abitazioni di circa 50 metri quadrati sviluppate su due livelli.

Ma non erano le uniche abitazioni strane del quartiere. Del progetto, infatti, facevano parte anche due case a forma di fungo che però sono state demolite un ventennio dopo.

Dentro il quartiere Magigiolina

Situate all’interno del pittoresco quartiere Maggiolina, le case a forma di igloo sono un vero e proprio unicum nel nostro Paese che meritano sicuramente una visita.

Se siete in viaggio a Milano, concedetevi una passeggiata in questo elegante quartiere residenziale, contraddistinto da aree verdeggianti e da eleganti ville in stile Art Noveau, per scoprire quelle piccole case con cupola realizzate sul finire degli anni ’40. Impossibile non notarle.

Gli igloo di Milano si trovano su via Lepanto e sono facilmente visibili dalla strada, anche se alcuni sono parzialmente celati dalla lussureggiante vegetazionie Qui, dove il tempo sembra essersi fermato, è possibile addentrarsi in quello che è il progetto residenziale più particolare del nostro Paese e che è sopravvissuto fino ai giorni nostri.

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Chi ha il coraggio di entrare in questo parco abbandonato?

Ogni giorno migliaia di persone si mettono in viaggio per raggiungere destinazioni più o meno lontane. Lo fanno per scoprire le meraviglie che appartengono alla terra che abitiamo, per visitare luoghi celebri e attrazioni iconiche, ma anche per vivere esperienze straordinarie e uniche.

Avventure che conducono i cuori più impavidi verso città, paesi e luoghi che nascondono storie, leggende e misteri mai risolti. Posti abbandonati o desolati che mettono i brividi al solo pensiero come città fantasma, miniere abbandonate o castelli infestati.

Luoghi dai quali ci teniamo volentieri lontani, ma che con il tempo hanno dato vita a un vero e proprio pellegrinaggio – che viene definito turismo dell’orrore – e che oggi, esattamente come ieri, attira tantissime persone. Ma al di là dei sentieri più battuti dal dark tourism, esiste un luogo che è davvero inquietante, lì dove nessuno ha osato spingersi fino a questo momento. Un parco a tema western desolato e abbandonato da anni. La vera domanda è: chi ha il coraggio di entrarci?

Benvenuti al Western Village

C’era una volta un parco tematico, un villaggio vivo e allegro, o comunque ci piace immaginarlo così, dove ogni giorno si incontravano cittadini e viaggiatori di ogni età per vivere affascinanti esperienze western.

Si trattava del Western Village, ma a differenza di quello che si può pensare, il villaggio non si trovava nelle regioni occidentali degli Stati Uniti o in Canada, ma in Giappone.

Proprio qui, nelle vicinanze della pittoresca città di Nikko celebre per il sontuoso santuario shintoista Toshogu e per i suoi scorci naturalistici di immensa bellezza, nei primi anni ’70 è stato inaugurato il Western Village, un parco a tema western destinato a far vivere esperienze suggestive a grandi e bambini.

C’erano le ambientazioni, ispirate fedelmente ai vecchi film western, gli edifici caratteristici e le attrazioni. C’erano anche i finti cowboy che contribuivano a rendere più suggestivo il villaggio, e grandi e imponenti sculture come quelle che imitavano la maestosità del Monte Rushmore.

C’è ancora oggi, tutto questo, ridotto in un inquietante stato di abbandono che rende quel resta del Western Village una meta da brividi che vale la pena di inserire in un itinerario mondiale del turismo dell’orrore.

Western Village. Nikko, Giappone

Fonte: Getty Images

Western Village. Nikko, Giappone

Il villaggio abbandonato

Quello che era un glorioso parco a tema western è stato progressivamente abbandonato dopo la sua chiusura nel 2007. E più il tempo passava, deteriorando gli edifici che caratterizzavano il villaggio, più la natura si appropriava dei suoi spazi.

Da parco a tema western, il villaggio, si è trasformato in un perfetto set di film horror che genera una certa inquietudine ma esercita anche un discreto fascino.

Oggi il Western Village racconta di un antico splendore ormai deteriorato. La fitta vegetazione, che si estende dentro e intorno al parco, incornicia quelle che erano le attrazioni del villaggio come la casa del barbiere, la banca, il carcere e il saloon.

Tutto è sospeso, immerso in un insolito e inquietante silenzio. Ma è proprio quest’atmosfera ad attirare numerosi appassionati del dark tourism che si divertono a immergersi e ad esplorare un ambiente così surreale e suggestivo. E voi, avreste il coraggio di entrare?

Western Village. Nikko, Giappone

Fonte: Getty Images

Western Village. Nikko, Giappone
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Il teatro sul mare che sorge sul “più bel chilometro d’Italia”

A volte basta una passeggiata per emozionare. Lo sanno bene tutte quelle persone che si sono immerse e perse tra le strade, i vicoli e i quartieri delle città e dei Paesi del mondo, quelli che svelano le loro meraviglie un po’ alla volta, passo dopo passo, o che si palesano improvvisamente davanti agli occhi di chi guarda per lasciare senza fiato. Come quel teatro che si apre sul mare sul più bel chilometro d’Italia ogni qualvolta si percorre la passeggiata del Lungomare Falcomatà.

Il teatro sullo Stretto di Messina

Ci troviamo a Reggio Calabria, in una delle città più suggestive del nostro Belpaese. Un luogo che ospita un patrimonio storico, culturale e paesaggistico immenso conservato nel Museo Archeologico, con i suoi Bronzi di Riace, nel Parco Nazionale dell’Aspromonte con i suoi boschi e i tanti esemplari di flora e fauna, nella sua storia, nelle sue tradizioni e tutte quelle testimonianze antiche che vivono e sopravvivono in ogni angolo della città.

Reggio Calabria è anche il luogo che ospita quello che è considerato il più bel chilometro d’Italia. Un’espressione, questa, da molti attribuita a Gabriele D’Annunzio e che trova la sua spiegazione nel panorama magico e suggestivo che si osserva proprio lungo questa passeggiata.

Il Lungomare Falcomatà è una delle strade più note e frequentate della città, 1,7 chilometri di meraviglie che si snodano da Piazza Indipendenza a Piazza Garibaldi e che lasciano senza fiato.

Sulla costa calabra, infatti, si verifica quello che è chiamato fenomeno ottico della Fata Morgana e che permette di osservare il paesaggio siciliano mentre si specchia sull’acqua o sul cielo. Ed è sempre qui, su questo tratto di lungomare che tra i lampioni in stile liberty che illuminano la passeggiata notturna, sorge quello che è uno dei teatri più suggestivi d’Italia.

È l’Arena dello Stretto, una costruzione contemporanea che per forme, lineamenti e suggestioni rimanda a un passato glorioso e mai dimenticato.

Bentornati a Reggio Calabria, sull’Arena dello Stretto

Tra il mare e la passeggiata suggestiva, ecco apparire una piazza semicircolare che si estende verso l’acqua.

Un anfiteatro antico e un teatro moderno: ecco cos’è l’Arena dello Stretto. Costruita dove un tempo sorgeva il Molo di Porto Salvo, che fu distrutto dal terremoto del 1908, l’Arena è stata costruita secondo i caratteristici dettami dell’Antica Grecia, motivo per il quale, attraversandola, si ha la sensazione di fare un lungo viaggio nel tempo.

Ma non è solo la sua architettura a incantare, ma anche il magico panorama che da qui si può osservare. Il teatro, infatti, si affaccia sullo Stretto e sulla Sicilia regalando a ogni ora del giorno e della notte uno scenario unico e straordinario che lascia tutti senza fiato.

Nel bel mezzo della costruzione si allunga verso l’acqua un piccolo molo dove campeggia una scultura marmorea dedicata a Vittorio Emanuele III per celebrare l’arrivo del Re in città subito dopo la sua proclamazione.

Fermatevi qui e aguzzate la vista. In determinati momenti dell’anno è possibile ammirare il fenomeno della Fata Morgana che appare davanti allo sguardo come per magia.

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La città che ha prestato il nome ai centri termali del mondo

Perla incastonata tra le Ardenne in un favoloso paesaggio di boschi e colline nella provincia belga di Liegi, Spa è la stazione termale più antica e famosa d’Europa, tanto da aver prestato il proprio nome agli stabilimenti termali e averlo associato ai concetti di benessere, salute e relax.

Le proprietà curative delle acque ferruginose che qui sgorgano erano note e apprezzate già dai tempi dei Romani ma l’inizio della vera e propria attività termale avviene durante il XVI secolo quando reali e nobili di tutta Europa arrivarono qui per godere dei benefici delle terme contribuendo a rendere la cittadina un mito tra fascino e lusso.

Cosa vedere a Spa, tra un trattamento benessere e un altro

Cuore pulsante del gioiello delle Ardenne è Place Royal, il punto di partenza per immergersi nella sua atmosfera unica: lo sguardo viene subito catturato dall’eleganza degli edifici neoclassici e moderni che si affiancano in armonia, dagli originali stabilimenti termali ottocenteschi e dal Casinò, il primo al mondo a essere costruito nel 1763, dai magnifici soffitti affrescati.

Una piacevole pausa golosa attende i visitatori all’ombra degli alberi di fronte al Casinò grazie all’ampia scelta dei migliori cafè-brasserie di Spa mentre il Parc de Sept Heures è la meta ideale per trascorrere momenti di relax nel verde, cavalcare un pony, giocare a minigolf oppure prendere la futuristica funicolare con le cabine panoramiche in vetro per raggiungere la sommità della collina dove spicca il centro benessere Thermes de Spa.

Alle spalle del Casinò, merita una visita la Cattedrale Notre Dame and Saint Remacle, in stile neoromanico con pianta a forma ottagonale e imponenti guglie, risalente al 1885, la cui struttura ricorda la Cattedrale di Tournai, il comune più antico della Vallonia.
L’edificio sacro sorge nel luogo in cui, in origine, sgorgavano le sorgenti termali, il Pouhon Pierrele-Grand, chiamato così in onore di Pietro il Grande, lo zar di Russia che vi si recò nel 1717.

Di sicuro interesse sono poi la Ville Royale Marie-Henriette, dove soggiornava la moglie di Leopoldo II del Belgio, oggi museo con antica fucina, esposizioni sui cavalli e una curiosa collezione di scatole laccate e antiche bottiglie d’acqua di Spa, e il Museo della Lavanderia, che in 25 sale racconta lo sviluppo delle tecniche di lavaggio fino a oggi.

Infine, Spa è anche il centro dell’automobilismo internazionale: proprio qui, infatti, si corre il Gran Premio del Belgio di Formula 1, lungo il circuito di Spa-Francorchamps, uno degli autodromi più importanti delle competizioni automobilistiche considerato tra i più belli del mondo.

spa casinò

Le Thermes de Spa, oasi di relax

Non poteva essere altrimenti: fulcro della stazione termale più antica d’Europa sono le sue terme, in collina a dominio della città, importante struttura in vetro circolare curata nei minimi dettagli e recentemente rinnovata che propone ben novemila metri quadrati di piscine con acqua che sgorga dalla sorgente naturale Clementine, ricca di minerali.

Per fare il pieno di benessere e relax, le Thermes de Spa propongono hammam, saune tradizionali o naturiste, giochi d’acqua, vasche idromassaggio, bagni freddi, bagni caldi e trattamenti di bellezza.

Concedersi un soggiorno qui significa rigenerarsi, rilassarsi e usufruire di sessioni benefiche nel massimo comfort.

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Es Vedrà, l’isola disabitata e misteriosa delle Baleari

Appartiene all’arcipelago delle Baleari, ma è un’isola off limits. Proprio per questo s’è mantenuta quel paradiso terrestre che è ancora oggi.

La si scorge quando si arriva a Ibiza, ma nulla ha a che fare con l’isola della movida spagnola. Es Vedrà è una riserva naturale fatta solo di roccia che è parte del Parco Naturale di Es Vedrà, Es Vedranell i els Illots de Ponent. L’unico modo per raggiungerla è in barca e, per approdare, è necessario procurarsi un permesso speciale.

Es Vedrà è considerato uno dei luoghi più misteriosi del mondo. Vi raccontiamo il perché.

Miti e leggende di Es Vedrà

Dicono sia un’isola magica, protetta dalla gemella, Es Vedranell, che ha la forma di un drago addormentato. Sono tante le leggende che girano intorno a quest’isola, nate dalla grande energia che viene sprigionata.

Tanti i fatti inspiegabili che vi sono accaduti nel corso dei secoli. Secondo una leggenda, Es Vedrà sarebbe l’isola delle sirene che cercarono di incantare Ulisse. Secondo un’altra, invece, sarebbe il luogo di nascita della dea Tanit, una divinità introdotta dai Fenici che un tempo dominavano l’isola la cui statua si può vedere un po’ ovunque a Ibiza.

Inoltre, a molti naviganti è capitato spesso di riscontrare un malfunzionamento delle bussole una volta arrivati nei pressi di Es Vedrà e pare che persino i piccioni viaggiatori perdano il senso di orientamento una volta giunti qui.

In epoca più recente, sono risultati diversi avvistamenti di Ufo e c’è stato pure un atterraggio di emergenza nel 1979 durante il quale un pilota, dopo aver visto delle strane luci rosse proprio nei pressi dell’isola, è stato costretto a un atterraggio di emergenza a Manises, nei pressi di Valencia, passato alla storia appunto come il famoso “Caso Manises“.

Sempre gli extraterrestri sfrutterebbero i fondali dell’isola per una loro base aliena. Così sostengono i diver che hanno avvistato delle luci sotto la roccia, oltre a sentire strani rumori che, a volte, hanno alterato anche il percorso dei pesci.

Gli esperti sostengono che abbia un accumulo di energia simile alle piramidi d’Egitto o ai Moai dell’Isola di Pasqua e che faccia parte del cosiddetto “Triángulo del Silencio”, una sorta di Triangolo delle Bermuda del Mediterraneo. E, proprio come il Polo Nord e il Triangolo delle Bermuda sarebbe uno dei tre luoghi più magnetici del nostro pianeta.

Molti pensano che sia proprio da qui che parta quell’energia che tanto attira i turisti a Ibiza e che non smettono mai di esserne attirati anno dopo anno.

La magia dell’isola

In cima all’isola c’è una sola costruzione, la Torre des Savinar, eretta nel 1763 per proteggerla dai pirati. Per raggiungere la torre bisogna fare una camminata in salita di una decina di minuti dalla Cova des Mirados: da lassù la vista è incredibile.



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Così come spettacolari sono anche i tramonti che si possono ammirare in questa porzione di Mediterraneo, in particolare dalla spiaggia di Cala d’Hort, lungo la costa Sud occidentale di Ibiza, con l’isolotto sullo sfondo.

Chiara Ferragni, Fedez e la polemica

L’immagine di Es Vedrà ha fatto il giro dei social quando l’influencer Chiara Ferragni e il marito Fedez, in vacanza a Ibiza, hanno postato una loro foto pericolosamente abbarbicati su uno spuntone di roccia con l’isolotto sullo sfondo durante un tramonto infuocato.

Il post – con immancabili story da parte di entrambi – ha scatenato una forte polemica tra i follower in quanto, tra le raccomandazioni ai turisti che vengono ad ammirare il panorama e il tramonto c’è proprio quella di fare molta attenzione quando ci si avvicina al bordo della scogliera per via dello strapiombo dove si può facilmente cadere (proprio in quei giorni in Italia un ragazzo era caduto in un precipizio per recuperare il cellulare della fidanzata ed è morto).

La coppia ha scattato un selfie su una roccia altissima senza alcuna protezione: sotto di loro, il vuoto. Il precipizio è da brividi e il video estremo, tanto che loro stessi hanno affermato di avere paura. Cosa non si farebbe per qualche cuoricino in più su Instagram… Anche richiscare la vita.

Polemica a parte, molti di coloro che non avevano mai sentito parlare di Es Vedrà ma che delle Baleari conoscevano solo Ibiza e Formentera ora sanno anche dell’esistenza di questo luogo, della sua storia e delle sue incredibili leggende.

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Fonte: 123rf

La spiaggia di Cala d’Hort a Ibiza con Es Vedrà sullo sfondo