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Parco regionale di Marturanum, un posto d’Italia fuori dal comune

Probabilmente non tutti sanno che nella Tuscia viterbese, e più precisamente nel territorio comunale di Barbarano Romano, sorge un’area naturale protetta che ha davvero molto da regalare ai suoi visitatori. Una meraviglia che prende vita nel maestoso paesaggio del Lazio etrusco e che comprende un insieme di forre scavate da torrenti, boschi, pascoli, numerose necropoli e molto altro ancora: il Parco regionale di Marturanum.

Parco regionale di Marturanum, perché è così importante

Partiamo dalla basi: perché il Parco regionale di Marturanum è così importante? La questione è molto semplice in quanto, oltre alle meraviglie della natura, qui sono presenti rilevanti testimonianze archeologiche che coprono un arco temporale che va dall’età del Bronzo all’epoca romana.

Visitarlo, quindi, è come fare un salto nel passato e in un territorio che è stato modellato da un’attività vulcanica le cui colate hanno depositato il tipico tufo rosso a scorie nere. Poi ancora i valloni tufacei ricoperti da una fitta vegetazione attraversata dai fiumi Biedano e Vesca e il gran numero di facciate rupestri delle tombe, grazie alle quali Marturanum è anche chiamato “il Parco degli Etruschi”.

Trekking archeologico nel Parco regionale di Marturanum

Le numerose testimonianze archeologiche legate agli etruschi, ma anche ad altre popolazioni locali, sono perfettamente integrate nel meraviglioso paesaggio naturale. Grazie ai numerosi percorsi di trekking che impreziosiscono il Parco regionale di Marturanum, quindi, potrete incontrare svariate tombe rupestri dal valore inestimabile.

Vi basti pensare che sono oltre duemila le sepolture disperse nel sistema di forre del fiume Biedano. Zone dove l’acqua, nel corso dei secoli, ha inciso dei tavolati tufacei che oggi lasciano liberi di percorrere grandi canyon ricoperti di fitta vegetazione.

tobe etrusche marturanum

Fonte: Getty Images – Ph: DEA / S. VANNINI /

Una delle numerose tombe rupestri de Parco regionale di Marturanum

Sono tanti i sentieri da intraprendere, ma noi ve ne segnaliamo alcuni:

  • Sentiero archeologico-naturalistico “Caiolo”: percorrendolo si potranno visitare le più belle e interessanti tombe etrusche nella necropoli di San Giuliano;
  • Sentiero “Bosco della Bandita-Via Clodia”: una rilassante passeggiata alla scoperta, ma ta le meraviglie della vegetazione, dei resti della via Clodia, di ruderi di età romana, punti panoramici da sogno e molto altro ancora;
  • Sentiero “Valloni”: un percorso che collega il borgo di Barbarano Romano a quello di Blera fatto di piccole dighe, cunicoli, mulini, grotte e cave;
  • Sentiero “Caiolo-Greppo Cenale”: parte dall’alto per scendere nella necropoli con tombe rupestri del V-IV e III secolo a.C;
  • Sentiero “Fonte di Pisciarello-tomba Cima”: partendo dal borgo conduce alla necropoli del Cima, mentre al ritorno si può deviare per la cava di Sarignano, la forra del Biedano fino a tornare al punto di partenza, Barbarano Romano.

L’incredibile necropoli di San Giuliano

Il Parco regionale di Marturanum vale la pena essere esplorato da cima a fondo, ma c’è un’area che da sola vale il viaggio: la necropoli di San Giuliano. Ma non c’è da sorprendersi perché, secondo gli studi condotti fino a questo momento e anche in base al pensiero della maggior parte degli archeologi che l’hanno esplorata, nessuna necropoli etrusca conosciuta presenta la varietà e la ricchezza di tipi sepolcrali come San Giuliano.

Una città dei morti molto antica in quanto risale al VII secolo a.C., e che sorge sui fianchi di una rupe tufacea occupata da un insediamento stabile già durante l’età del Bronzo. Da non perdere sono il Tumulo del Caiolo e le tombe cosiddette dei Carri e dei Letti. Meravigliose anche le tombe Palazzine e quella più monumentale, chiamata della Regina, che sfoggia una facciata alta dieci metri. Poi ancora la tomba del Cervo che rappresenta la lotta tra questo elegante animale e un lupo, e che è stata scelta dal parco come logo stilizzato dell’area protetta.

Infine, la rocca tufacea di San Giuliano dove sorge una piccola chiesa medievale omonima, anch’essa fatta in tufo.

Tumulo del Caiolo marturanum

Fonte: Getty Images – Ph: DEA / S. VANNINI

Il Tumulo del Caiolo

Flora e fauna del Parco regionale di Marturanum

Come vi dicevamo in precedenza, il territorio è stato modellato dall’attività vulcanica Vicana e per questo motivo è caratterizzato da grandi valloni tufacei ricoperti di fitta vegetazione dove scorrono due principali corsi d’acqua.

Ma non solo. Nelle forre, lungo il corso di questi due importanti flussi d’acqua, vivono numerosi mammiferi come la volpe, il cinghiale, il tasso, l’istrice, il gatto selvatico, la puzzola europea, la nutria.

Inoltre, grazie alla tanta acqua presente e, al contempo, alla scarsa frequentazione umana, da queste parti sopravvivono diversi anfibi, tra i quali la rara salamandrina dagli occhiali. Non mancano di certo i volatili come l’usignolo di fiume, il luì piccolo, la ghiandaia marina europea, il martin pescatore comune e la cicogna nera.

Infine, nel parco nidificano diverse specie di rapaci notturni e diurni: il lanario, il biancone, il nibbio reale, lo sparviere comune, il gheppio e il falco pellegrino.

Per quanto riguarda la flora, c’è da segnalare che il fitto bosco consente di far sbocciare maggiormente piante come l’ontano nero, l’olmo, i pioppi bianchi e neri, diversi tipi di salice, nonché una fitta vegetazione arborea e arbustiva ricca di felci quali l’equiseto.

Parco regionale di Marturanum sentieri

Fonte: iStock

Tra storia e natura al Parco regionale di Marturanum

Il borgo di Barbarano Romano

Se si decidono di visitare le meraviglie del Parco regionale di Marturanum non si può fare a meno di andare a scoprire il borgo di Barbarano Romano. Un luogo che vi regalerà un centro storico caratterizzato da tre strade parallele e da una triplice cinta muraria.

Tra le architetture religiose, da non perdere c’è la Chiesa del Crocifisso, realizzata probabilmente tra il XII ed il XIII secolo e dove è conservato un pregevole Crocefisso in legno risalente al XVI secolo.

Molto interessante anche il Complesso di Sant’Angelo che è composto da una chiesa sconsacrata e da una parte del Museo archeologico delle necropoli rupestri di Barbarano Romano (altro luogo da visitare), dove sono custoditi rari reperti rinvenuti all’interno delle necropoli.

Non da meno è la Chiesa di Santa Maria del Piano, costruita nel XIII secolo, in cui sono stati riportati alla luce preziosi affreschi. Infine, la Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta che custodisce gelosamente alcune pregevoli opere d’arte come un affresco della Madonna che allatta Gesù con i Santi Giovanni e Antonio abate, realizzato nel XIV secolo.

Insomma, il Parco regionale di Marturanum è una perla d’Italia ancora poco nota ma dalla ricchezza unica, e che merita di essere scoperta in tutte le sue sfaccettature.

Barbarano Romano cosa vedere

Fonte: iStock

Un angolo di Barbarano Romano
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In questo giardino delle meraviglie puoi ammirare una piccola New York

Esistono luoghi che sono così belli da non sembrare veri. Posti che per forme, lineamenti e colori rimandano a tutti quei paesaggi che fino a questo momento sono appartenuti solo all’immaginario favolistico. Alcuni sono creati da Madre Natura, altri portano la firma dell’uomo, altri ancora, invece, celebrano la meraviglia che nasce dall’incontro tra i due, e per questo sono ancora più belli.

Parliamo di parchi, di giardini e più in generale di tutti quei luoghi dove l’uomo, mettendosi a lavoro, ha dato modo alla natura di splendere, più di quanto abbia mai fatto, regalandoci così visioni di immensa bellezza.

Ed è proprio in un giardino delle meraviglie che vogliamo portarvi oggi. Un parco che si snoda all’ombra dei grandi grattacieli, delle strade trafficate e degli edifici che sfiorano il cielo, e che caratterizzano in maniera univoca lo skyline della Grande Mela. Un’ombra che però non offusca la luce di quello che è, con tutta probabilità, il più bell’orto botanico della città, proprio lì dove è possibile ammirare tutta New York, ma in versione mini. Benvenuti nel Giardino Botanico nel Bronx.

Un giardino delle meraviglie nel cuore di New York

Organizzare un viaggio a New York è sempre un’ottima idea, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni. La città dove prendono vita i sogni, infatti, non smette mai di sorprendere. Lo fa con i suoi grattacieli e le viste mozzafiato, con le sue luci che brillano dopo il tramonto, con quei rumori che non si silenziano neanche quando la notte arriva. Lo fa anche con tutti quei luoghi che hanno fatto da sfondo alle pellicole cinematografiche iconiche, con i parchi e i giardini.

Ed è proprio un giardino delle meraviglie che vogliamo raggiungere con voi, oggi. Per ammirare quel capolavoro straordinario nato dall’incontro tra uomo e natura, un orto botanico che trasporta cittadini e viaggiatori in un piccolo paradiso naturale situato proprio nel cuore della frenetica New York.

Si tratta del New York Botanical Garden, un microcosmo di meraviglie che permette agli ospiti di perdersi e immergersi in una natura rigogliosa e straordinaria. Fondato nel 1891, questo grandissimo giardino, uno dei più grandi della città, si estende per oltre 100 ettari e ospita più di 50 aree dove vivono e splendono migliaia di esemplari di flora provenienti da ogni parte del mondo.

Ed è proprio qui, nel cuore di questo paradiso urbano, che durante la stagione invernale, da più di 30 anni, viene installato l’Holiday Train Show. Molto più un’attrazione, ma una vera e propria esperienza che permette ai viaggiatori e ai cittadini di ammirare la città da una prospettiva diversa.

Proprio all’interno dell’Enid A. Haupt Conservatory, una delle serre del giardino, ogni anno viene ricreata una New York in miniatura caratterizzata dai suoi monumenti iconici e attraversata da un trenino che permette di fare un viaggio ideale tra le meraviglie della città.

Ricostruzione del Grand Central Terminal

Fonte: IPA

Ricostruzione del Grand Central Terminal

Una New York in miniatura che incanta

Il New York Botanical Garden è una tappa imprescindibile per tutti i viaggiatori che giungono in città in ogni momento dell’anno. Patrimonio nazionale degli Usa, dal 1967, questo giardino regala visioni incantate in ogni stagione grazie alle fioriture e alle trasformazioni dei numerosi esemplari floristici che abitano qui.

A partire da novembre, e fino al mese di gennaio, è inoltre possibile ammirare uno spettacolo piccolo ma grandioso, quello messo in scena dall’Holiday Train Show. Si tratta di un’installazione che riproduce fedelmente la città di New York in miniatura grazie all’utilizzo di elementi naturali come foglie, semi, cortecce e ghiande.

Tutto è pensato nei minimi dettagli: c’è la Statua della Libertà, l’Empire State Building, il Chrysler Building, l’Oculus e molti altri monumenti iconici della città, tutti attraversati da un piccolo treno che consente di fare un viaggio ideale, magico e incantato tra le bellezze di New York.

New York in miniatura, New York Botanical Garden

Fonte: IPA

New York in miniatura, New York Botanical Garden
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Santos, la città dove è nata la leggenda di Pelé

La scomparsa di Pelé ha scosso il mondo del calcio e tutto il Brasile, tanto che il presidente Bolsonaro ha proclamato tre giorni di lutto nazionale per omaggiare ‘O Rei’, Edson Arantes do Nascimento (questo il suo vero nome). Il leggendario calciatore verrà sepolto a Santos, la città nello Stato di San Paolo dove giocava la squadra in cui il campione ha iniziato la sua carriera da professionista e che ha segnato la sua ascesa verso il successo planetario. Qui si può fare un viaggio nella memoria del giocatore e al contempo scoprire una città magica che vanta diversi primati.

Santos, la città dei record amata da Pelé

Santos è stata una delle prime città fondate in Brasile, nel 1564, ed è uno dei simboli indiscussi della costa di San Paolo. La sua posizione ne fa il principale porto del Paese ma anche dell’intera America Latina, un centro di grande importanza durante il ciclo di esportazione di caffè. Non stupisce, quindi, che tra le sue attrazioni ci sia il Museo del Caffè, situato nel centro storico della città, in uno splendido edificio contraddistinto da un’architettura unica, che offre un viaggio tra gusto, profumi, opere d’arte e mobili d’epoca, che si sviluppa attraverso 6mila chilometri quadrati, in cui si alternano storia e architettura.

La città amata da Pelé ospita anche il giardino sulla spiaggia più grande del mondo, una galleria d’arte a cielo aperto che incornicia sette chilometri di spiaggia e ospita ben 38 monumenti e scenografie scultoree, oltre a numerose specie di piante. Bellissima anche la spiaggia di Gonzaga, la mezzaluna di sabbia dorata più famosa di Santos. Tra le cose da fare qui non può mancare, poi, un tour sul Monte Serrat, da raggiungere comodamente con la funicolare. In cima vi troverete anche un vecchio casinò, diventato un caffè, e il santuario di Nostra Signora del Monte Serrat, patrona della città. Da lassù si può godere di un panorama mozzafiato.

Museu Pelé, con i cimeli appartenuti a ‘O Rei’ del calcio

Viaggiatori e tifosi che vogliono ripercorrere la storia di Pelé in Brasile devono recarsi al Museu Pelé, allestito all’interno dell’edificio ottocentesco Casarões do Valongo, nel centro di Santos, precisamente in largo Marques de Monte Alegre, danneggiato da ben due incendi e poi completamente ricostruito. Vi sono esposti oltre 2.300 cimeli, dalle maglie alle coppe, palloni e trofei del calciatore, compresa una copia della Coppa Rimet, che la federazione brasiliana regalò ad ogni giocatore dopo averla vinta nel 1970 a scapito dell’Italia. Vi è custodita perfino la radio a pile con cui il padre ascoltò la finalissima del Mondiale 1950, quando il Brasile padrone di casa perse in finale con l’Uruguay, una partita ancora oggi, ricordata come “tragedia del Maracanà”.

Negli oltre 4mila metri quadrati del museo, i visitatori possono assistere a presentazioni audio, filmati, foto e testi sulla storia di ‘O Rei’. Inoltre, c’è uno spazio interattivo dove chi vuole può mettere alla prova le proprie abilità con il pallone e persino confrontarle con le prestazioni di Pelé.

Il cimitero più alto del mondo scelto da Pelé

Sebbene sia nato a Três Corações, Pelé ha legato la sua carriera di calciatore al Santos Futebol Clube, noto anche come Santos, nell’omonima città dove ha scelto di essere sepolto. Nel cimitero verticale, situato nel quartiere di Marapé, inserito nel Guinness dei primati come il più alto del mondo, ‘O Rei’ ha acquistato un intero piano per sé e la famiglia, quando aveva 62 anni, come riporta il quotidiano “O’ Globo”.

Il calciatore ha scelto il nono piano del memoriale in onore di suo padre, che da giocatore indossava la maglia numero nove del Santos. La vista dà proprio sul Vila Belmiro, come è stato soprannominato il celebre stadio Urbano Caldeira, uno dei più antichi del Brasile. Il tempio dove Pelé debuttò come calciatore professionista, diventando di lì a poco una vera leggenda.

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Guatapé, un vero e proprio capolavoro della Colombia

Situata nel dipartimento di Antioquia, a meno di due ore da Medellín, Guatapé è conosciuta come una delle città più belle e colorate della Colombia e del mondo intero, famosa anche per la laguna turchese e gli splendidi paesaggi che la circondano. Un luogo che però offre qualcosa di più della semplice bellezza da cartolina, soprattutto per chi ha uno spirito avventuroso e sportivo ed è pronto a salire una vertiginosa scala che arriva fino al cielo, pur di godersi un panorama spettacolare.

Guatapé, la città dei mille colori in Colombia

Tra le varie attrazioni che hanno reso così rinomata Guatapé, tappa imperdibile in Colombia, ci sono i coloratissimi “zocalos”, ovvero i particolari bassorilievi che adornano le facciate inferiori delle case sin dagli inizi del XX secolo. Alcuni dei disegni che i visitatori possono ammirare sono legati alla storia delle famiglie che vi dimorano o della città, mentre altri raffigurano fiori e piante, paesaggi oppure oggetti della vita quotidiana degli abitanti, professioni o particolarità. A ogni passo, si ha l’impressione di entrare in un enorme quadro brulicante di vita.

Camminando su strade acciottolate si incontano edifici decorati alla perfezione, la splendida chiesa di Nuestra Señora del Carmen, Plaza de los Zócalos con uno dei migliori caffè della regione, balconi fioriti e cortili in cui fanno capolino piante tropicali, fontane, negozi di artigianato e ristoranti dove assaggiare le specialità tradizionali del dipartimento di Antioquia, come la Bandeja Paisa, di origine contadina, a base di riso, fagioli rossi, platano, carne macinata, uova e salsicce.

Guatape

Fonte: iStock – Ph: Markpittimages

La coloratissima Plaza de los Zócalos a Guatapé

Cosa vedere nei dintorni di Guatapé

L’attrazione più incredibile e famosa di questi luoghi è senza dubbio El Peñón de Guatapé (o Piedra del Peñol) un impressionante monolite che si staglia nel territorio attorno alla cittadina, raggiungendo i 2135 metri di altitudine sul livello del mare. Fu scalato per la prima volta nel luglio 1954 da Luis Villegas, Pedro Nel Ramirez e Ramón Díaz nel corso di un’ascesa durata cinque giorni, i quali si aiutarono piantando diversi paletti nella roccia. Per fortuna, oggi è possibile salire sulla sommità attraverso una lunga e ripida scalinata a zig-zag di 740 gradini in totale, in parte scavata in una frattura nella roccia. Sulla cima è stata costruita persino una torre di tre piani, che ospita piccoli negozi di souvenir e tavoli all’aperto dove si può mangiare e bere godendosi un panorama davvero insuperabile. Se pensate che tutte queste scale facciano desistere i visitatori, potreste rimanere stupiti nello scoprire che sono in realtà tantissimi i turisti che ogni anno arrivano qui proprio per la celebre Piedra.

Guatapé è nota per essere un luogo molto suggestivo che permette una fuga dalla città se si desidera rilassarsi o semplicemente vivere una meravigliosa avventura, dove si può anche godere dello splendido scenario di una incantevole laguna. L’ideale per un’escursione in barca o in kayak, e per praticare il paddleboarding nelle placide acque. Le gite in barca possono anche includere una visita a ciò che resta della lussuosa villa sul lago di Pablo Escobar, andata distrutta, e a “Fantasy Island”, un grazioso rifugio nel bel mezzo del lago artificiale, che offre un’area per nuotare, cabañas in affitto, e splendide vedute del Peñón. C’è anche una teleferica che attraversa il lago, molto apprezzata dalla gente del posto e dai visitatori in cerca di emozioni forti.

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È la Capitale italiana delle bici, ed è bellissima

Caratterizzata da un’urbanistica unica nel suo genere, dove Medioevo e Rinascimento si fondono, consacrandola Patrimonio dell’Umanità, questa perla italiana non è solo una meta ambita dagli amanti della storia, dell’arte e della cultura, ma è anche considerata la città delle biciclette. L’utilizzo delle due ruote qui è, infatti, tra i più alti in Europa. A godere di affascinanti percorsi storico-architettonici che si snodano lungo la rete delle piste ciclabili sono anche i visitatori, che possono scoprire la sua immensa bellezza spostandosi agilmente e in maniera ‘green’.

Ferrara, la città italiana delle biciclette

È Ferrara la prima città italiana per densità di piste ciclabili in rapporto alla popolazione. La sua area urbana può contare su più di 150 km di ciclovie, pari a 1,14 metri per abitante. A goderne sono anche i turisti, che possono pedalare su splendidi percorsi che portano alla scoperta di incredibili tesori.

Numerosi dati statistici testimoniano come qui l’utilizzo della bicicletta sia considerato un vero e proprio stile di vita. Basti pensare che, mediamente, se ne contano almeno due per famiglia, vale a dire che la bici è nel DNA di ogni ferrarese. La presenza di tanti ciclisti è uno dei motivi per cui Ferrara è famosa in Italia e all’estero. Qui persino l’andatura placida e dolce si distingue da quella dei ciclisti di altre città europee, più veloce e frenetica. Sarà forse proprio la sua bellezza a invitare alla calma chi l’attraversa, ogni giorno o per la prima volta.

Ferrara in bicicletta: i percorsi più belli

Sono davvero tantissimi e splendidi i percorsi cicloturistici da fare a Ferrara, città che ha conquistato anche la CNN, e ciascuno regala emozioni uniche. Ecco alcuni dei più memorabili, dentro e fuori le mura.

Le mura, tra storia e natura

Il percorso delle mura parte dal Castello Estense (ecco quanto costerebbe soggiornarvi) e raggiunge Porta degli Angeli, sviluppandosi per 9 chilometri che abbracciano il centro storico della città, tra baluardi, torrioni, cannoniere, porte e passaggi che testimoniano le diverse tecniche difensive elaborate nel corso dei secoli. Si tratta di un breve itinerario adatto alle famiglie, riservata esclusivamente alle biciclette e ai pedoni, e immerso nel verde. Da qui si può accedere ai monumenti più belli della città oppure optare per escursioni nella campagna urbana.

Anello dei Borgia, tra le famose Delizie

Se volete addentrarvi nell’entroterra ferrarese, l’itinerario dell’Anello dei Borgia unisce le storiche residenze dei Duchi d’Este, le cosiddette Delizie, che più si sono intrecciate con la vita di Lucrezia Borgia e dei suoi figli a Ferrara. Luoghi che, stando a quanto dichiarato dall’UNESCO, “illustrano in modo eccezionale il riflesso della cultura del Rinascimento sul paesaggio naturale”, e che proprio per questo motivo rientrano, insieme alla città, nella lista dei Patrimoni dell’Umanità.

Destra Po, una delle ciclovie più lunghe d’Europa

Se vi trovate a Ferrara e la voglia di raggiungere il mare in sella alla vostra bici prende il sopravvento, imboccate lo straordinario percorso che accompagna il fiume Po nei suoi ultimi 100 km fino al Lido di Volano, la prima località marittima della provincia che si incontra arrivando dalla pianura. Si tratta di una delle ciclovie più lunghe d’Europa, costellata di opere architettoniche iconiche, tra cui la Rocca Possente di Stellata e il Castello della Mesola. Situata nell’area nord del Parco regionale del Delta del Po, si incontra inoltre la Riserva Naturale del Bosco della Mesola, una delle più antiche foreste di pianura e habitat di diverse specie vegetali, come il leccio e il frassino meridionale, e animali, tra cui spicca il “Cervo delle dune”.

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Questa cittadina è una vera perla eppure è ancora poco conosciuta

Una terra di poeti, di paesaggi meravigliosi, di laghi scintillanti, di valli, natura e di villaggi dal fascino pittoresco, fonte di ispirazione di artisti di epoche passate e non solo. Piccole cittadine dalle atmosfere senza tempo, che sanno incantare chiunque le visiti e che, anche se ancora poco conosciute, rendono queste zone tra le più belle della terra.

Parliamo del Lake District National Park, Il parco più grande di tutta l’Inghilterra, e di una delle sue perle nascoste più belle e cariche di fascino, Appleby-in-Westmorland, un piccolo paesino di circa 2500 abitanti sito nella contea del Cumbria.

Il castello di Appleby

Un paesino dalle spiccate origini medievali, capoluogo della storica contea di Westmorland e in cui spicca, fiero e maestoso, il castello di Appleby. Un edificio imponente, composto da due parti distinte, il dongione del XII secolo, anche chiamato e conosciuto sotto il nome di Caesar’s Tower e il palazzo residenziale, costruito intorno al seicento per opera dei conti di Thanet. Oltre poi alla cinta muraria che circonda l’intero complesso del castello e tutte le sue infinite meraviglie.

Bellezze uniche, caratteristiche e particolari, che si possono osservare anche passeggiando tra le piccole vie di questa cittadina dal sapore antico, tra gli iconici cottage in pietra tipici della regione del Lake District e i suoi meravigliosi ponticelli. Ma non solo.

La strada principale e insolitamente ampia di Appleby-in-Westmorland, la Boroughgate, è stata descritta come una delle più belle d’Inghilterra, collegando l’estremità nord della cittadina e i suoi chiostri progettati da Sir Robert Smirke nel 1811, con l’estremità sud, giusto all’ingresso del castello. Così come il caratteristico e affascinante viale dei tigli, piantati nel 1870, e che mostra ai suoi lati le tante proprietà e case risalenti al XVII e al XX secolo. Edifici da cui lasciarsi conquistare e che sanno portare indietro nel tempo chiunque li veda.

Il Lake District

Una perla incastonata in un’ansa del fiume Eden sul lato est del parco nazionale, che è riuscita a rimanere fuori dal radar turistico, preservandosi dalle folle dei turisti  e che risulta perfetta per una vacanza all’insegna della massima tranquillità, tra il verde dei paesaggi circostanti o le distese innevate durante la stagione invernale.

Ma non solo. Perché al di là della caratteristica bellezza di Appleby-in-Westmorland c’è un intero mondo naturale da scoprire e che ha contribuito a nascondere questa cittadina dalle atmosfere antiche agli occhi del mondo, il Lake District appunto. Una località turistica della Gran Bretagna, famosa per i suoi laghi e le sue maestose montagne anche chiamate fells, per i suoi paesaggi di rara bellezza e per il rapporto che queste terre hanno con la poesia. Un legame che ha radici profonde, e che fin dall’inizio del XIX secolo, hanno saputo ispirare artisti e poeti come William Wordsworth e tutta la schiera dei cosiddetti poeti i laghisti o le fantastiche storie di Beatrix Potter e del suo amatissimo Peter Rabbit.

Un luogo unico immerso in una terra altrettanto esclusiva e particolare, carica di bellezze ferme nel tempo e di tante possibilità per rimanerne completamente coinvolti e da cui lasciarsi conquistare passo dopo passo.

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Ghadames, “la città perfetta del deserto”

Ai margini del deserto del Sahara, 600 chilometri a sud-ovest di Tripoli, esiste una città “perfetta”, progettata nel dettaglio per resistere alle temperature estreme e ai forti venti che generano tempeste di sabbia.

Si tratta di Ghadames, “Perla del Deserto”, dalle imponenti mura bianche e ocra, ombreggiata da palme: un’oasi spettacolare che ha ottenuto il riconoscimento UNESCO, uno dei più significativi capolavori architettonici del Sahara nonché fulgido esempio di pianificazione ambientale.

Il segreto per resistere al caldo e al freddo estremi

Antica città di Ghadames

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Antica città di Ghadames

Ghadames, nota da almeno 2000 anni, deve la sua attuale struttura compatta agli arabi musulmani che la edificarono nel VII secolo e si è poi espansa nel corso dei secoli.

Con temperature che in estate raggiungono i 55 gradi e in inverno scendono sotto lo zero, la città  è plasmata da un labirinto di passaggi ombrosi, sinuose zinqas (vicoli ad arco ricoperti di legno di palma), e lucernari che portano illuminazione e ventilazione, agevolano l’orientamento e mantengono la temperatura a circa 20 gradi.
L’idea alla base dei passaggi curvi è impedire il passaggio di raffiche di sabbia del deserto.

Le pareti interne delle abitazioni, che risplendono di bianco con uno strato protettivo di calce, sono state costruite con mattoni di fango essiccati al sole: tale miscela di argilla, sabbia e paglia era stratificata sopra le pietre che le isolavano dall’umidità.

Il segreto di questa tecnica costruttiva così ingegnosa sta nei muri: infatti, grazie agli spessi muri di terra o pietra, il calore del sole tarda ad arrivare all’interno degli edifici durante il giorno e viene irradiato verso il cielo durante la notte. In questo modo, al mattino, le pareti si sono raffreddate abbastanza da poter ricominciare questa importanza funzione protettiva.

Ma non è tutto: il sapiente utilizzo dei materiali da costruzione disponibili permette di ottenere il massimo comfort con mezzi minimi. Nel deserto, ciò significa frescura senza aria condizionata e calore senza riscaldamento.

La meraviglia e la storia della città-oasi

Ghadames

Fonte: iStock

Panorama di Ghadames

Proseguendo nella passeggiata alla scoperta di Ghadames, ci si imbatte in porte ricavate da semplici tronchi di palma, alcune borchiate di ottone, poi archi bassi, nicchie curve e dakkar, ovvero panchine incorporate perfette per rilassarsi che, di solito, indicano una moschea vicina (in città se ne trovano ben 21, anche se poche sono ancora in uso, e solo il venerdì).

Molti archi sono impreziositi con incisioni, cesellature oppure decorati con delicati dipinti (una mano di Fatima, una stella, intricate geometrie) che aggiungono fascino e mistero.

Al centro della Medina, si aprono due piazze ad arcate che racchiudono giganteschi gelsi: la città, in passato, era una meta privilegiata per i commercianti ambulanti che, con le loro carovane, si riunivano per scambiare le merci più svariate.

Ghadames, infatti, sorge in una posizione strategica dove oggi si incontrano Tunisia, Algeria e Libia, ed era proprio da qui che i cammelli carichi partivano a ovest verso Timbuktu, a sud verso Ghat e Bornu o a nord verso i porti del Mediterraneo: divenne, quindi, un punto di incontro chiave per numerose civiltà e i suoi abitanti berberi (conosciuti localmente come Amazigh), i Ghadamisa, molto rispettati.

Dagli anni Ottanta, tuttavia, a causa della scarsità d’acqua e della mancanza di servizi igienici moderni, la città fu progressivamente abbandonata con la costruzione di una più moderna non lontano.

Oggi, l’antica Ghadames non ha residenti permanenti, anche se durante la rovente estate, il suo comfort rispetto ai condomini di cemento della città nuova attira molte persone, che tornano qui per entrare nelle moschee e sale da tè e assaporarne il refrigerio.
Inoltre, si prendono cura di molti tra i 121 giardini dell’oasi che sono irrigati, grazie a un complesso sistema di canali, dai pozzi artesiani e dalla sorgente sotterranea di Ain al-Faras.

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I Giganti di legno sono arrivati in Australia

Ci sono alcuni viaggi che sono destinati a incantare e a restare nel nostro cuore per sempre. Si tratta di avventure che ci invitano a spingerci fino ai confini del mondo per esplorare e indagare territori, culture, tradizioni e popolazioni che sono lontanissime da noi. E raggiungere l’Australia, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni, vuol dire davvero fare il viaggio della vita.

Le cose da fare e da vedere qui sono tantissime. A partire da quei territori sconfinati dove la natura è assoluta protagonista, passando per le maestose coste e per le città piene di vita. Un viaggio in Australia è un sogno che si avvera.

Ed è un sogno a occhi aperti anche quel paesaggio sterminato che si apre davanti agli occhi dei viaggiatori che raggiungono Mandurah, nel Western Australia, proprio lì dove dei giganti di legno li accolgono, per raccontare la storia del territorio, delle sue bellezze e delle popolazioni che qui vivono.

Benvenuti a Mandurah

Il nostro viaggio di oggi ci porta a Mandurah, una città costiera popolosa e dinamica situata nel territorio occidentale dell’Australia, nella regione di Peel e a circa 70 chilometri da Perth. Sono molte le persone che qui si recano ogni anno per godere delle splendide spiagge che caratterizzano la città e di quell’atmosfera rilassata e lenta che ha trasformato Mandurah nella meta prediletta degli abitanti di Perth che arrivano qui per godersi il clima vacanziero.

Ma le spiagge non sono le uniche attrazioni turistiche qui in città, perché intorno a questa si snodano tutta una serie di paesaggi naturali di incredibile bellezza. Ed è proprio in questi che è possibile incontrare i celebri Giganti di Mandurah, statue di legno di altezze straordinarie e fattezze maestose realizzare dall’artista danese Thomas Dambo.

Le sculture sono state posizionate nelle città di Mandurah e Subiaco, un delizioso sobborgo che sorge intorno alla Rokeby Road, in luoghi diversi e segreti che svelano ai viaggiatori curiosità e tradizioni delle popolazioni del territorio. Ad accompagnare i turisti in questo itinerario delle meraviglie ci sono i Bindjareb, i custodi della regione di Peel che sono pronti a condividere tutte le storie legate al territorio e alle località in cui si trovano i giganti.

Molto più di una mostra, Giants of Mandurah è una vera e propria esperienza immersiva che permette a viaggiatori di ogni età, e provenienti da ogni parte del mondo, di toccare con mano la straordinaria bellezza del bush australiano, della sua flora, della sua fauna e delle sue popolazioni.

I Giganti di Mandurah

L’opera Giants of Mandurah è stata inaugurata nel novembre del 2022 e, come abbiamo anticipato, porta la firma dell’artista danese Thomas Dambo. Si tratta di una serie di enormi sculture in legno che raggiungono altezze di cinque metri ciascuno, e che rappresentano in tutto e per tutto il territorio, e le storie legate a questo.

Definiti i protettori dell’ambiente, i giganti in legno sono dotati di una propria personalità che è ispirata e collegata alla comunità locale e alle popolazioni del territorio. L’obiettivo è quello di celebrare la diversità, la bellezza e l’importanza della natura con opere realizzate a mano e con materiali riciclati, che diventano gli hotspot di un viaggio all’insegna della scoperta.

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Benvenuti nella città che “canta”

Mito, storia e infinita meraviglia: sono queste le prime parole che vengono in mente quando si pensa a quella che possiamo definire una città che “canta”. Un patrimonio antico ricco di storia, di fascino e di magia dove poter ammirare monumenti ed edifici che hanno molto da raccontare. Scopriamo insieme di quale importante luogo vi stiamo parlando.

Hampi, incredibile gioiello indiano

La città in questione si chiama Hampi e si trova nel cuore dello stato del Karnataka, sulle rive del fiume Tungabhadra in India. Più che una città è un ricco – ma decisamente straordinario – villaggio il cui nome significa “Città della Vittoria”: dal 1336 al 1565 fu la Capitale del Regno di Vijayanagar, che governava la maggior parte del Sud dell’India.

Negli ultimi anni gli archeologi e gli studiosi di tutto il mondo hanno riportato alla luce splendidi palazzi e templi, elaborati acquedotti e altre infrastrutture. Proprio per questo motivo Hampi è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel 1986.

Non a caso, le cose da vedere da queste parti sono davvero tantissime e, prima di arrivare a spiegarvi perché Hampi è una città che “canta”, vi diremo cosa non perdere assolutamente.

hampi tempio

Fonte: iStock – Ph: ARTQU

L’antico tempio di Achyutaraya di Hampi

Cosa vedere ad Hampi

Incredibile crederci, ma per lunghi secoli Hampi è rimasta n luogo trascurato e dimenticato, una terra desolata dove la natura cercava di riprendersi il suo posto, tanto che qui gli animali selvatici vagavano liberamente.

Anche oggi che è Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, in realtà solo una piccola parte dei suoi monumenti gode delle status di protezione. La maggioranza di essi, infatti, giace ancora in uno stato di abbandono parziale o, in alcuni casi, persino totale. Il sito di Hampi è molto grande, vi basti pensare che alcuni ne parlano come il sito archeologico più esteso del mondo. Ciò vuol dire che seppur non facile da raggiungere, Hampi vale di per sé, e senza ombra di dubbio, un viaggio in India.

La prima cosa da ammirare in questa città è l’imponente Lotus Mahal. Se vi state chiedendo cosa sia la risposta è molto semplice: nessuno lo sa con certezza. Viene descritto come “un’importante struttura secolare che si rivela un esempio di stile architettonico Vijayanagara”. Si ipotizza che fosse una sorta di sala chiacchiere riservata alle donne della famiglia reale, ma di preciso non ci è dato – per il momento – saperlo.

Da non perdere ad Hampi sono le antiche rovine delle stalle degli elefanti. Ritrovarsele di fronte lascia davvero senza fiato: una fila di cupole dove si aprono porte larghissime e di cui nessuna foto è realmente in grado di rappresentare al meglio la magnificenza di questi resti.

Elephant Stable hampi

Fonte: iStock

I magnifici Elephant Stable di Hampi

Perfettamente restaurato, l’Hazara Rama era un tempo il tempio privato dei re. Dedicato a Rāma, una divinità Indù, conserva gelosamente importanti reliquie e soprattutto si presenta al visitatore con colonne dai bordi netti e bassorilievi con scene raffiguranti la storia dell’epico Ramayana.

Bellissima la Queen’s Bath, un’antica e colossale piscina quadrata che esemplifica l’eccellenza architettonica prevalente dell’Impero Vijayanagara.

Poi ancora il Rhagunatha Temple, un tempio ancora in uso che è costruito attorno a una roccia e, subito accanto, ecco il tempietto bianco di Shiva che si distingue per essere costruito sotto un masso che si trova proprio in cima a una collinetta.

Tra le altre meraviglie da non perdere vi segnaliamo il Tungabhadra River, il fiume sacro della zona che rappresenta anche la vita e la ricchezza di Vijayanagara. Sulle rive potrete ammirare enormi massi neri, un tappeto verde di giacinti d’acqua e le imbarcazioni tipiche.

E poi il Virupaksha Temple, un complesso che ospita anche i santuari di Bhuvaneshwari e Vidyaranya. Esso è circondato da tre gopura (torri), di cui la principale sfoggia 9 piani ed è alta ben 50 metri.

hampi sito archeologico

Fonte: iStock

Un angolo del sito archeologico di Hampi

Ma perché Hampi è la città che “canta”

Abbiamo iniziato questo pezzo dicendovi che Hampi è una città che “canta”, ma per quale motivo lo è? La risposta è che un’altra della attrazioni da non perdere in questo spirituale quanto magnifico villaggio indiano è il Vittala Temple che è la struttura in assoluto più ornata della zona, un vero e proprio capolavoro dell’architettura dravidica che abbina dimensioni massicce con dettagliate decorazioni.

Assolutamente degno di nota è l’immenso santuario di pietra scolpito a forma di carro. Questa meraviglia celebra Garuda, il veicolo di Dio Vishnu che era considerato il re degli uccelli.

carro in pietra hampi

Fonte: iStock

Lo splendido carro in pietra di Hampi

Ma non solo: inserite perfettamente nell’architettura del tempio ci sono 56 colonne musicali, che fungono anche da strutture portanti sorreggendo il tetto.

Sì, avete capito bene! Sono dei pilastri stupefacenti che sono in grado di produrre musica e che, allo stesso tempo, sono eleganti e magnificamente ornati. Da queste parti musicisti, danzatori e artisti di vario genere decorano la superficie delle colonne sonore: musica e scultura si fondono armoniosamente in un capolavoro che ancora sopravvive ai secoli e alle manate dei curiosi.

Ricavate da un unico monolite, secondo gli studiosi la roccia con cui sono state realizzate contiene una certa concentrazione di silicio e diversi materiali che permettono a queste imponenti strutture rocciose di produrre dei suoni metallici quando vengono percosse.

I pilastri sono denominati SaReGaMa, con riferimento alle note della scala standard nella musica classica indiana, simili a quelle che noi conosciamo come Do Re Mi Fa

Fortunatamente, per ragioni legate alla tutela e conservazione dei siti, oggi è giustamente proibito toccare le colonne musicali. Questo perché alcune di esse sono già state distrutte dalle mani dei tanti curiosi.

Hampi con i suoi oltre 1000 monumenti raccolti in un piccolo luogo storico, templi ben conservati, padiglioni ricercati, magnifici palazzi, e paesaggi puntellati da enormi massi di granito dalle forme bizzarre, è un luogo da visitare almeno una volta nella vita.

Del resto, anche se meno conosciuta del ben più famoso Taj Mahal, è stata l’ex Capitale del grande impero Indù che regnò nell’India del Sud per più di 200 anni. Un passato glorioso il suo, tanto da essere stata abitata da centinaia di migliaia di persone durante il suo periodo d’oro. Quel che è arrivato a noi, quindi, è di un’importanza e di una bellezza davvero non quantificabile.

Vittala Temple colonne musicali

Fonte: iStock

Le colonne musicali del Vittala Temple
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Quest’isola vuole sembrare abbandonata, ma in realtà non lo è

Navigando all’imbrunire verso Ikaria (o Icaria), l’isola di fronte alla quale, secondo la leggenda, precipitò Icaro, si può notare che gli scintillii delle luci delle case non provengono principalmente dalla costa, come accade nella maggior parte delle isole greche, ma dalle montagne retrostanti. Se vi state chiedendo perché in passato gli abitanti abbiano voluto complicarsi l’esistenza scegliendo di vivere sui pendii scoscesi anziché vicino al mare, come una comunità invisibile, la risposta è nel mare stesso, benedizione e maledizione di questo luogo.

Ikaria, l’isola che si finse abbandonata per resistere a pirati e invasori

Se, da un lato, il mare ha permesso all’isola di Ikaria di commerciare i suoi vini cantati dai poeti in tutta l’antica Grecia, insieme alle olive e al miele, dall’altro vi ha portato anche i pirati, attirati dall’alta qualità dei prodotti del posto e dal benessere economico che ne derivava. La sua geografia e i regolari periodi di instabilità politica, insieme alle coste non adeguatamente controllate, hanno permesso alla pirateria di prosperare. Sebbene le incursioni siano state segnalate per la prima volta a Ikaria nel I secolo a.C., divenne una minaccia pressoché incontrollata durante il dominio romano (dalla fine del III secolo a.C. al V secolo d.C.) e bizantino (dal V al XII secolo d.C.). Dopo l’arrivo dei Genovesi, nel XIV secolo, gli icariani arrivarono a distruggere i propri porti per scoraggiare gli invasori. Ma persino questo non bastò.

Non avendo altre risorse per proteggersi dalle aggressioni, gli isolani decisero di ritirarsi nell’entroterra montuoso, dove costruirono comunità apparentemente invisibili – almeno ai tempi in cui non c’era l’elettricità – facendo di tutto per convincere chiunque passasse di lì che Ikaria fosse deserta. Un elaborato e audace piano di sparizione, messo in atto per diversi secoli.

Le ‘case anti-pirata’

Comunemente note come ‘case anti-pirata’, le abitazioni di Ikaria sono state costruite in pietra affinché si mimetizzassero con il paesaggio naturale costituito da rocce, strapiombi e boschetti. I massi, disseminati sui pendii delle alte montagne, costituivano spesso gran parte delle pareti e del soffitto, mentre i muri a secco completavano queste architetture in perfetta simbiosi con la natura.

Si trattava di dimore ridotte all’essenziale, con poco più di un uscio e un focolare, poiché gli isolani trascorrevano la maggior parte del tempo all’aperto. In netta contrapposizione con i grandi templi o con le tipiche architetture generalmente associate alla Grecia, gli abitanti dell’isola costruivano case progettate per non essere viste da nessuno. Per farlo, dovevano spingersi in alto, nella natura selvaggia, dove non potevano essere scorte dalla costa. Così, per secoli, Ikaria apparve disabitata.

Il volto più nascosto e sacro di Ikaria

Oltre a essere conosciuta come una delle Zone Blu dove si vive a lungo, Ikaria è amata dai turisti per il mare cristallino, le spiagge selvagge e i borghi pittoreschi. Tuttavia, per conoscerne i segreti bisogna abbandonare la costa e dirigersi proprio verso le montagne. A Ikaria esiste una vasta rete di intricati sentieri, molti dei quali rappresentano antichi percorsi che per secoli hanno collegato frazioni e zone remote, prima che venissero costruite le strade.

Si sviluppano come una ragnatela e conducono a fiumi, mulini, monasteri, strutture in pietra, antiche rovine, fattorie e terrazze e alcune delle ultime case “anti-pirata” rimaste sull’isola. Si possono vedere, ad esempio, nel villaggio di Lagkada, rifugio sacro per gli ikariani, che ne simboleggia lo spirito ribelle e il senso di libertà. Durante il Medioevo e fino al XVII secolo, in tempi di saccheggi e razzie, gli abitanti si riunivano qui per sfuggire alla cattura e alle persecuzioni. La loro grande capacità di resistere alle minacce naturali e umane è l’orgoglio dell’isola.