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L’Italia dei laghi costieri, meraviglie formatesi dal moto ondoso del mare

Tra le gemme della nostra Penisola ci sono i bacini formatisi in seguito alla deposizione del materiale sospeso nelle acque marine, parallelamente alla linea di costa, che può dare origine a lunghe lingue sabbiose. Questi cordoni litoranei generano stagni, lagune o laghi costieri composti di acqua salmastra, ambienti quasi in bilico tra terra e mare. La loro natura complessa conferisce a questi habitat un grande valore naturalistico e paesaggistico, e tuttavia solo le specie che presentano particolari adattamenti fisiologici riescono a sopravvivere. Scopriamo alcuni dei laghi costieri più affascinanti d’Italia.

È in Puglia il lago costiero più grande d’Italia

Specchio d’acqua salmastra di circa 60 kmq, con una profondità di 5,5m, il lago di Varano è il bacino costiero più grande del nostro Paese. Tra i più famosi della Puglia, insieme al lago di Lesina, è una gemma del Gargano che vale la pena visitare. Anche se tradizionalmente è chiamato ‘lago’, è in realtà una laguna scavata nella roccia calcarea, alimentata da circa 240 sorgenti sotterranee e non, provenienti dai monti vicini, e separato dal Mare Adriatico attraverso un lembo di terra lungo appena un chilometro, denominato ‘Isola di Varano’, coperta di pini, eucalipti e altre piante.

La laguna comunica con il mare attraverso due canali: la foce di Varano, ad est, e la foce di Capojale a ovest. Incastonato tra il promontorio di Monte Devio e la punta di Rodi Garganico, grazie agli scambi idrici con il mare vanta un’importante varietà di pesci che si dirigono in queste acque per deporre le uova. Stando a quanto attestano gli scritti di Plinio il Vecchio, nel I sec. d.C. il lago di Varano e quello di Lesina, più ad ovest, erano golfi naturali e fungevano da approdo per i Crociati diretti a Gerusalemme. Oggi, la bellezza del paesaggio che circonda le lagune le rende mete molto ambite da chi ama fare escursioni in kayak e in canoa o emozionanti giri in barca.

I laghi costieri del Parco Nazionale del Circeo

La zona costiera del Parco Nazionale del Circeo ospita ben quattro laghi di grande importanza naturalistica. Sono separati dal mare da strisce di terra e vedono la conformazione attuale ridisegnata durante la bonifica delle paludi pontine. Per le loro caratteristiche, sono classificati come zone umide di importanza internazionale.

  • Il lago di Fogliano, situato in un’area che è stata abitata dall’uomo sin dalla preistoria, ha avuto il suo massimo splendore nel Settecento quando i Caetani edificarono un piccolo borgo di pescatori attorno al loro casino di caccia e Villa Fogliano, splendide costruzioni ancora oggi visitabili. La zona è arricchita inoltre da uno splendido orto botanico ed è luogo di sosta di molteplici tipologie di migratori.
  • Il lago di Paola (conosciuto anche come lago di Sabaudia) è più grande, si estende tra terra e mare in lunghi bracci frastagliati che formano insenature incredibilmente affascinanti. Come per il lago di Fogliano, anche qui ci sono tracce dell’uomo risalenti al periodo preistorico. Un luogo di interesse da visitare sulle sue sponde è il santuario della Soresca, edificato dai monaci benedettini tra il XII e il XIV secolo.
  • I laghi dei Monaci e di Caprolace sono molto più piccoli e meno conosciuti, il loro paesaggio infatti risulta più selvaggio e incontaminato, ma altrettanto ricco di specie animali e vegetali. Anche qui è possibile praticare il birdwatching e immergersi in passeggiate che regalano scorci suggestivi.

Dalla Toscana alla Sicilia, alla scoperta di habitat unici

In Toscana, in provincia di Lucca, con il lembo meridionale appartenente alla provincia di Pisa, vicino all’omonima frazione di Massarosa si trova il lago costiero di Massaciuccoli, che con l’area palustre intorno fa parte del Parco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli e di un’oasi LIPU, in virtù delle numerose specie di uccelli presenti.

Scendendo più a sud, si incontra la laguna di Orbetello, nella Maremma grossetana, un paradiso naturalistico che attira moltissimi visitatori in ogni stagione, zona protetta e gestita dal Fondo mondiale per l’ambiente, in buona parte coperta dalla macchia mediterranea, dominata dal Monte Argentario. Nel comune di Capalbio troviamo, invece, il lago di Burano,  laguna salmastra costiera, separata dal mar Tirreno da una stretta fascia di dune, che costituisce uno dei tratti costieri naturalisticamente meglio conservati della regione.

In Campania, il lago Fusaro è il secondo lago dei Campi Flegrei per grandezza, dopo il lago di Patria. Gli allevamenti del lago, situato a Bacoli, vengono menzionati ne “Il conte di Montecristo” di Alexandre Dumas, quando il conte fa servire a tavola nella sua casa di Auteuil una lampreda proveniente da queste acque. Tra le sue attrazioni c’è la Casina Vanvitelliana, uno splendido gioiello di architettura tardo barocca, costruito nel 1782 dall’architetto Carlo Vanvitelli, figlio del celebre Luigi (autore della Reggia di Caserta) su commissione di Ferdinando IV di Borbone. La residenza occupa una piccola emersione di terra all’interno del lago e fu adoperata come luogo di riposo dopo le battute di caccia e di pesca del re.

Il Biviere di Gela è, invece, il più grande lago costiero della Sicilia. Nel 1997, è stata istituita La Riserva Naturale orientata Biviere di Gela, una delle più importanti zone di migrazione e di sosta degli uccelli acquatici che passano qui il lungo inverno prima di tornare nel Nord Europa.

Laguna Orbetello
La laguna di Orbetello, nella Maremma Grossetana

Valli di Comacchio, tra patrimonio naturalistico e importanza storica

Simili per caratteristiche ai laghi costieri, sono gli ampi bacini modificati dall’uomo per la pesca. Tra questi, spiccano le rinomate Valli di Comacchio, in Emilia-Romagna, separate dal mare da un cordone sabbioso largo un paio di km e sul quale corrono paralleli la Statale Romea ed il Fiume Reno. Il sito comprende ciò che resta delle vaste valli salmastre che sino a un secolo fa caratterizzavano la parte sud-orientale della provincia di Ferrara e che ancora oggi costituiscono il più esteso complesso di zone umide salmastre della regione e uno dei più importanti del Sud Europa.

Incluso nel Parco Regionale del Delta del Po, stazioni “Valli di Comacchio” e “Centro storico di Comacchio”, il comprensorio vallivo è classificato come zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar e conserva, oltre a un grande patrimonio naturalistico, anche preziose testimonianze storico-colturali legate al porto etrusco di Spina e alla presenza di numerosi casoni e lavorieri, grandiosi insediamenti e adattamenti di canali e specchi d’acqua alla cattura e all’allevamento di pesci – in particolare di anguille – di cui permane in Comacchio memoria della storica manifattura di trasformazione, custodita e tramandata al Museo dei Marinati.

Casina Vanvitelliana

Fonte: iStock – Ph: pql89

La Casina Vanvitelliana sul lago Fusaro
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Abbiamo scelto la biblioteca più suggestiva del mondo: è in Italia

Leggere e viaggiare, un binomio straordinario per tutte quelle persone che non desiderano altro che fuggire dal caos e dal disordine dei giorni, per vivere esperienza autentiche, genuine e intime, meglio ancora se completamente immerse nella natura. Lo sanno bene tutti quei viaggiatori che, quando girovagano per il mondo, non rinunciano mai al piacere della lettura. E lo sanno anche tutti quelli che non mancano mai di inserire librerie e biblioteche nei loro itinerari di viaggio.

Ed è proprio agli appassionati di libri e letture che ci rivolgiamo oggi, per andare alla scoperta di una delle più suggestive biblioteche del mondo intero. Non un semplice edificio in cui entrare per sfogliare testi di ogni genere, ma una vera e propria esperienza immersiva e sensoriale che celebra la natura, la cultura e il paesaggio.

Per vivere quest’avventura non abbiamo bisogno di attraversare in lungo e il largo il globo, perché questo luogo si trova nel BelPaese, e più precisamente a pochi chilometri da Bergamo. È qui che è stato creato il Percorso Libropedonale, un itinerario letterario che si snoda attraverso paesaggi straordinari e monumenti storici e artistici, proprio qui dove esiste una piccola biblioteca che è un vero gioiello. Scopriamola insieme.

Songavazzo: il paradiso dei libri

Il nostro viaggio di oggi ci conduce a Songavazzo, un piccolo comune di appena 700 abitanti situato nella provincia di Bergamo in Lombardia. Incastonato tra i paesaggi dell’altopiano di Clusone e della val Borlezza, questo luogo si è trasformato in un vero e proprio paradiso per gli amanti della natura e per gli appassionati della lettura. Proprio qui, infatti, è stato realizzato il primo itinerario letterario d’Italia che prevede un percorso libropedonale.

Grazie a una passeggiata di circa un’ora, di facile intensità e quindi adatta a tutti, è possibile andare alla scoperta di tutti i gioielli custoditi dal territorio grazie a scorci panoramici che affacciano sulla natura e sui monumenti storico-artistici che si snodano nell’area. Sempre qui è possibile perdersi e immergersi in un piccolo paradiso dei libri, uno spazio bookcrossing affascinante e suggestivo.

Il suo nome è Cà di Leber, ed è molto più di una biblioteca. Si tratta di una piccola baita realizzata in legno d’abete, e situata in Via Monte Falecchio a Songavazzo, che ospita tantissimi libri di ogni genere che possono essere sfogliati e letti da chiunque, godendo di una vista mozzafiato. Proprio nei pressi della biblioteca, infatti, esiste una panchina gigante che omaggia la cultura, e che si trasforma nel perfetto punto di riposo e di lettura per tutti i cittadini e i viaggiatori che giungono fin qui.

Panchina gigante sul Percorso Libropedonale di Songavazzo

Fonte: Getty Images

Panchina gigante sul Percorso Libropedonale, Songavazzo

Cà di Leber: la piccola biblioteca immersa nella natura

Inaugurata nel 2011, con gli anni questa biblioteca è diventata il punto di partenza di un itinerario ben più ampio che omaggia la cultura e la natura. Attorno alla Cà di Leber, che in dialetto vuol dire proprio casa dei libri, sono state costruite altre piccole casette che condividono con questa la medesima missione.

Le strutture sono dotate di panche e tavoli all’esterno, così da consentire agli avventurieri un posto dove riposarsi, rifocillarsi e leggere un bel libro circondati dal silenzio e dalla bellezza della natura. La biblioteca di Cà di Leber è anche un punto di bookcrossing, questo vuol dire che chiunque arrivi fin qui può lasciare un testo che ha già letto e che vuole condividere con gli altri.

Come abbiamo anticipato, questa piccola baita biblioteca, è il cuore pulsante di un’esperienza ben più ampia, quella che ci porta alla scoperta del Percorso Libropedonale di Songavazzo che comincia proprio da Cà di Leber. Partendo da qui, infatti, è possibile andare alla scoperta delle panchine giganti, straordinarie e suggestive, raggiungere il centro storico della città e poi concludere questo itinerario letterario attraversando il patrimonio naturalistico e paesaggistico che si snoda su tutto il territorio.

Cà di Leber

Fonte: IPA

Cà di Leber, Songavazzo
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Sapevate che in Italia esiste il ponte naturale più grande d’Europa?

Non un semplice raccordo tra due luoghi: il ponte è molto di più di un elemento architettonico, ma può rendere unico e inconfondibile un paesaggio. Chi costruisce e progetta queste strutture cerca sempre di lasciare il segno, ma spesso il miglior “ingegnere” in assoluto è proprio la natura. C’è infatti un ponte che si trova in Italia che non ha nulla da invidiare a quelli più ammirati di tutto il mondo: è il ponte di Veja, un vero e proprio arco naturale che sorge nei pressi di Sant’Anna d’Alfaèdo (provincia di Verona), all’interno del Parco Naturale della Lessinia.

La pietra piegata alla forza dell’acqua

Non è solo la bellezza del ponte a renderlo unico e affascinante, ma anche il modo in cui si è formato. Ci sono molte leggende sulla sua origine, ma quella più accreditata è che sia nato dall’erosione della roccia carsica. Inizialmente, infatti, il ponte non era altro che una caverna e nel corso dei secoli i fiumi e i ruscelli di cui ancora oggi c’è traccia hanno insinuato le pareti. Giorno dopo giorno la pietra non ha resistito alla forza dell’acqua fino a crollare mantenendo solo l’arcata dell’ingresso che oggi è la vera essenza del ponte.

La caverna sotto il Ponte di Veja

Fonte: iStock

Uno scorcio del ponte di Veja

Se la sua formazione è certa, meno lo è la datazione su cui si sono fatte molte ipotesi. Secondo una leggenda, Dante per la creazione delle Malebolge si è ispirato proprio al ponte di Veja che aveva potuto ammirare durante il suo soggiorno presso gli Scaligeri a Verona. Alcuni critici, invece, sono sicuri che il ponte raffigurato da Andrea Mantegna nell’affresco “L’incontro” dipinto all’interno della Camera degli Sposi dei Gonzaga (da ammirare presso il Palazzo Ducale di Mantova) sia proprio quello di Veja. Molti altri invece ritengono che la teoria più accreditata sulla sua origine sia quella di don Alberto Benedetti. L’esperto della Lessinia, in base ad alcuni documenti, fa risalire l’origine alla prima metà del ‘200 a seguito di un terremoto che avrebbe fatto crollare definitivamente la caverna.

Un luogo incantevole con una storia millenaria

La natura incontaminata che circonda il ponte di Veja è solo uno degli aspetti che lo hanno reso un luogo da visitare assolutamente. Alto circa 50 metri e largo 17, può essere ammirato in tutto il suo splendore passeggiandovi al di sopra. Infatti, a differenza di altri ponti di origine naturale, in passato veniva percorso dai viandanti tanto da essere chiamato anche Ponte de Weg (der weg in tedesco significa strada) o “La Strada”.

Il ponte di Veja e la neve

Fonte: iStock

Il ponte di Veja imbiancato dalla neve

Il ponte di Veja affonda le sue radici in epoche lontane al punto da essere considerato un sito archeologico a tutti gli effetti. Sotto l’arcata, infatti, sono state scoperte una serie di grotte utilizzate come rifugio in epoca preistorica. La caverna più grande (lunga circa 180 metri), detta “dell’Orso”, per molti secoli è stata abitata e a testimoniarlo sono stati i ritrovamenti di utensili, frecce e ossa di animali preistorici, reperti che rendono ancora più intrigante la visita di questo luogo.

Questo ponte circondato da un ambiente incontaminato e l’importanza storica che porta con sé, sono la testimonianza di come la natura possa creare capolavori inimmaginabili anche dalle menti più eccelse.

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L’incredibile itinerario che ti porta alla scoperta di una nuova Santa

L’Irlanda celebra, il 6 febbraio, una nuova festa nazionale rendendo omaggio all’affascinante e potente figura di Santa Brigida e a Imbolc, festa stagionale celtica.

Per tradizione, il giorno dedicato alla Santa e a Imbolc vengono ricordati insieme il 1 febbraio ma il nuovo giorno festivo cadrà il primo lunedì di febbraio di ogni anno.

La ricorrenza da appuntare sul calendario è significativa sotto vari aspetti: riconosce alla figura femminile di Santa Brigida una posizione paragonabile a quella di San Patrizio, e ne sottolinea il legame con Imbolc, in origine festa pagana dedicata alla dea Brigida e connessa con l’attesa della primavera.

Santa Brigida, tra le potenti donne d’Irlanda

Santa Brigida, conosciuta anche come Mary of the Gael e Brigid of Kildare, è una delle molte donne che hanno segnato la storia d’Irlanda e una festa in suo onore è anche un modo per ricordare tutte loro, fondamentali per il patrimonio culturale, identitario e sociale del Paese.

La figura di Brigida, potente sia dal punto di vista del ruolo di evangelizzatrice e creatrice di un importante monastero sia in chiave mitica, patrona (tra le altre cose) della guarigione, della poesia, dell’apprendimento, della protezione, del bestiame e della produzione casearia, può essere oggi immaginata come paladina della pace, della giustizia sociale, della spiritualità, dell’istruzione e dell’ospitalità.

Nel periodo antecedente la festa di Santa Brigida, gli irlandesi sono soliti intrecciare croci a quattro punte realizzate con giunchi ed esporle nelle proprie case per propiziare il bene.

L’itinerario alla scoperta dei luoghi della Santa e della tradizione celtica

Tra i luoghi più significativi legati alla Santa (forse nata in Irlanda, a Faughart) spicca la cittadina di Kildare, in lingua celtica Cill Dara, ovvero “la chiesa della quercia”, dove fondò, nel 480, un’abbazia di monaci e suore che, ben presto, divenne una delle più prestigiose d’Irlanda, conosciuta in tutta l’Europa cristiana.
La leggenda racconta che il monastero coincida con il sito pagano dedicato alla dea celtica Brigida, dove un gruppo di giovani donne ne custodiva la fiamma eterna.

Proprio qui, dal 31 gennaio al 7 febbraio, si svolge la manifestazione Féile Bríde (Festival di Brigida), ricca di musica, danza, elementi leggendari e poesia, che evidenzia le connessioni che intercorrono tra la figura della Santa e l’omonima divinità pagana, considerata dea del fuoco e profondamente legata all’arte, al canto e alla poesia.

Tra le innumerevoli attività del Festival non mancheranno laboratori di artigianato (anche quello per imparare la tecnica d’intreccio delle croci con i giunchi), una conferenza sulla pace, incontri per approfondire ulteriori usi e costumi legati alla Santa, una camminata emotiva con luci e fuoco nonché un concerto con la cantante, compositrice e vincitrice dell’Eurovision Song Contest Eimear Quinn.

Da vedere a Kildare (circa 50 chilometri a sud-ovest da Dublino) anche la maestosa St. Brigid’s Cathedral, risalente al XIII secolo, al cui interno sono raffigurati i tre santi più amati dell’isola, Patrizio, Brigida e Colmcille.

Ancora, di sicuro impatto sono la Torre Rotonda (Round Tower) che, grazie ai suoi 33 metri di altezza, è la seconda più alta in Irlanda, il Kildare Town Heritage Centre, centro multimediale dove conoscere meglio le figure di Santa Brigida, della dea precristiana Brigid e di personaggi chiave della mitologia e del periodo medievale, e il piccolo Irish Horse Museum, incentrato sull’importanza dei cavalli nella vita irlandese.

Infine, tra le tappe da non perdere ecco i Japanese Gardens, il St Fiachra’s Garden, le rovine della Black Abbey, nota abbazia del XII secolo, e il St Bridg’s Well (Pozzo di Santa Brigida) con cinque pietre che illustrano vari aspetti della sua vita.

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Dall’altra parte del mondo c’è un villaggio che sembra uscito da una fiaba

C’è sempre un buon motivo per mettersi in viaggio, per raggiungere destinazioni vicine e lontane e per scoprire la grande bellezza che appartiene al mondo che abitiamo. A volte lo facciamo per ammirare le meraviglie plasmate da Madre Natura, altre volte per osservare da vicino quei monumenti artistici e architettonici creati dall’uomo che sono diventati i simboli di città e Paesi interi.

Altre volte, invece, ci mettiamo in cammino per scoprire le storie, le tradizioni, le culture e le usanze di popoli che sono lontanissime da noi. E oggi è proprio questo che vogliamo fare insieme a voi. Un viaggio ideale alla scoperta di un luogo intriso di fascino e meraviglia dove esistono e persistono antiche leggende che affondano le loro origini in tempi lontani e che sono custodite in un territorio straordinario.

Per scoprirle dobbiamo recarci dall’altra parte del mondo, e più precisamente nel cuore dell’isola di Sumatra, in Indonesia. Proprio qui, nelle acque del lago Toba esiste un villaggio meraviglioso dalle fattezze incantate che sembra uscito da una fiaba. E questa è la sua storia.

L’isola che sorge tra le acque del lago Toba

Migliaia di isole vulcaniche, centinaia di gruppi etnici e una moltitudine di lingue diverse raccontano l’immenso patrimonio storico, culturale e paesaggistico dell’Indonesia. Organizzare un viaggio qui, questo è chiaro, è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita.

Le cose da fare e da vedere nel Paese del sud-est asiatico sono così tante che non possiamo elencarle tutte. Quello che possiamo fare, invece, è parlarvi di un’isola situata nel lago Toba, nel cuore di Sumatra, dove esistono culture secolari tramandate da popolazioni antichissime che vivono ancora in villaggi fiabeschi.

Ci troviamo a Samosir, una grande isola che sorge dentro un’altra isola, quella di Sumatra. Proprio qui, circondata dalle placide acque del lago Toba, questo lembo di terra che si estende per 1700 chilometri quadrati è uno scrigno di tesori preziosi, tutti inevitabilmente collegati ai Batak, la tribù delle mille leggende.

Sui Batak si sono dette tante cose nei secoli. C’è chi ha subito il loro fascino e chi li ha amati, chi li ha odiati e temuti. Guerrieri, cannibali, stregoni, artisti, mercanti o navigatori.

Tante sono le storie sui Batak, così come le leggende che li riguardano. Si crede, infatti, che questa tribù sia nata da una montagna, un massiccio di oltre duemila metri situato proprio sull’isola di Samosir, dai quali avrebbero ereditato la forza e la potenza. Altri, invece, credono che questo popolo sia in possesso di antichi poteri magici, gli stessi che gli hanno permesso di vincere numerose battaglie.

Per scoprire le storie legate ai Batak, e toccare con mano le meraviglie che appartengono a questa tribù, il consiglio è quello di raggiungere il villaggio di Ambarita. Quello che si apre davanti agli occhi dei viaggiatori che giungono fin qui è un paesaggio incantato, paragonabile solo a quelli visti nelle fiabe.

Ambarita, il villaggio Batak che sembra uscito da una fiaba

Visitare il villaggio Batak di Ambarita è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita. Qui sono ospitati e conservati siti e oggetti che fanno parte del patrimonio ancestrale di questa antica tribù.

Quello che balza subito all’occhio è il nucleo urbano del villaggio. Le case dei Batak, infatti, hanno la caratteristica forma delle barche, con tanto di prua e poppa. E in effetti, queste costruzioni sono proprio ispirate alle imbarcazioni utilizzate dai naviganti migliaia di anni fa.

Tutto intorno si snoda una vegetazione lussureggiante che i viaggiatori possono scoprire a piedi o in bicicletta. Da qui è possibile anche raggiungere Huta Siallagan, il celebre sito dove sono conservate le testimonianze più preziose e antiche dei Batak. Oltre alle caratteristiche case disposte in fila, e alla statua gigante del Pangulubalang, che assolve la funzione di guardiano, i viaggiatori possono partecipare attivamente alla quotidianità della tribù, ascoltare le sue storie e ammirarla tra danze e celebrazioni.

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Mutriku, la città la cui storia è legata al mare

Nella comunità autonoma dei Paesi Baschi, in Spagna, sorge una piccola cittadina il cui sviluppo, vita e anima sono strettamente legati al mare, anche se in realtà dovremmo dire Oceano. La località in questione si chiama Mutriku e sorge in una baia protetta da aspre e ripide scogliere che non lasciano di certo indifferenti.

Si trova a circa 50 chilometri a nord-est dalla ben più conosciuta Bilbao, e sfoggia una costa che è una vera e propria meraviglia geologica, creata dall’incessante lavoro di potenti tempeste e mostruose onde.

La storia di Mutriku

Mutriku in passato era un grazioso villaggio di pescatori. Nel corso dei secoli è cresciuto insieme al commercio basco, fino a diventare un fiorente porto, dimora di generazioni di pescatori, commercianti, costruttori navali e balenieri.

Oggigiorno è una delle città medievali meglio conservate dei Paesi Baschi grazie al suo bellissimo centro storico fondato agli inizi del XIII secolo e formato da strette strade selciate lungo le quali sorgono numerosi palazzi, torri e case nobiliari. Ma non solo. Mutriku, infatti, è anche molto sensibile verso il tema della sostenibilità

Mutriku, destinazione sostenibile

Nel 2011 la città ha deciso di installare il Mutriku Wave Energy Plant, il primo impianto di energia ondosa commerciale di tutta  Europa. In pratica, grazie all’enorme forza delle onde, 16 turbine riescono a generare fino a 296 kilowatt di elettricità. Una quantità di energia sufficiente per alimentare più o meno 250 abitazioni e ridurre 600 tonnellate di emissioni di carbonio ogni anno.

spagna Mutriku

Fonte: iStock

Veduta di Mutriku

Nel 2020 lo stesso impianto ha raggiunto un traguardo importante, producendo due gigawatt di elettricità cumulativa, un record per qualsiasi impianto che sfrutta l’energia del mare e un anche un chiaro esempio del ruolo che l’energia marina potrebbe avere nella transizione globale verso l’energia pulita.

Cosa vedere a Mutriku

Passeggiare per le vie in salita di Mutriku vuol dire ritrovare costantemente riferimenti al mare. Li si incontrano sia naturali, come pozze bagnate dall’acqua dell’Oceano in cui abitanti e turisti vanno a caccia di refrigerio durante l’estate, sia artificiali e sparsi un po’ ovunque.

Tra le attrazioni da non perdere c’è Palazzo Galdona, un edificio con facciate di blocchi di pietra del XVII secolo. Poi ancora la chiesa parrocchiale di Nuestra Señora de la Asunción che si distingue per essere uno degli esempi neoclassici più rappresentativi di Guipúzcoa, la provincia in cui sorge Mutriku.

Una struttura particolarmente interessante poiché presenta una pianta rettangolare all’esterno e centrale all’interno. Degno di nota è soprattutto il suo portico a forma di tempio greco.

Vale la pena fare una sosta presso il Museo Bentalekua dove poter ammirare una ricca collezione che presenta il mondo delle associazioni dei pescatori attraverso testi, immagini, suoni e oggetti.

Infine, il Museo Nautilus che una vasta collezione di campioni geologici raccolti sulla costa della località di Mutriku.

Mutriku centro storico

Fonte: iStock

Un angolo di Mutriku

Cosa fare nei dintorni di Mutriku

Mutriku è una cittadina la cui storia è strettamente legata al mare. Lo si può comprendere anche a causa degli imponenti frangiflutti che si snodano attraverso la sua baia. Strutture che sono state costruite per proteggere la città dalle tempeste e dalle forti correnti oceaniche individuando, allo stesso tempo, un’opportunità per ottenere qualcosa di più dal mare grazie all’impianto di energia delle onde.

Contemporaneamente, però, Mutriku vanta anche una delle baie più belle dell’intera costa basca, tanto che con la bassa marea è persino possibile fare una passeggiata lungo le Sietes playas che si estendono da Guipúzcoa a Vizcaya.

I suoi dintorni sono un susseguirsi di villaggi e cittadine che meritano una visita, anche perché permettono di ammirare una varietà di paesaggi incredibilmente suggestivi. Uno di questi è Zarautz, dove potrete rilassarvi in un’elegante e ampia spiaggia, ma anche divertirvi in quanto è considerato il paradiso dei surfisti.

Numerose sono le antiche dimore che svettano nel suo centro storico e degne di nota sono senza ombra di dubbio la torre gotica di Luzea, la chiesa medievale di Santa María la Real e il palazzo di Narros,

Bellissimo anche Getaria, così piccolo che si distingue per avere una sola via in cui si affacciano caratteristiche abitazioni medievali. Nonostante questo, la sua storia è ricca di volti noti: ha dato i natali a personaggi illustri come Juan Cristóbal Balenciaga.

Poi ancora Zumaia dove sorge la splendida Playa de Itzurun. Non a caso qui sono state girate alcune scene del “Trono di Spade”. A caratterizzare ancora di più questa località è la presenza del Flysch nelle pareti verticali della scogliera e sul terreno: degli strati di roccia creati dalla continua azione del mare che sembrano essere fogli di pietra.

Zumaia sfoggia anche un pittoresco centro storico impreziosito da viuzze acciottolate e molti edifici medievali. Tra i maggiori luoghi d’interesse ci sono la Casa Museo del pittore Ignacio Zuloaga, che raccoglie importanti dipinti di Rivera, Zurbarán e Goya; la chiesa di San Pedro in stile gotico basco che tra le sue mura conserva gelosamente la tavola d’altare di Juan de Antxieta, unica opera dello scultore basco presente a Guipúzcoa.

Un altro luogo da non perdere nei dintorni di Mutriku è Lekeitio che si colloca su un’estremità del Golfo di Vizcaya. Visitare questa cittadina vuol dire poter godere di ampie spiagge, due delle quali guardano la vicina Isola di San Nicola. Grazie alla sua posizione è considerato uno dei più bei villaggi dei Paesi Baschi spagnoli: affaccia sul Mar Cantabrico e  sfoggia alcuni eleganti palazzi appartenenti all’antica aristocrazia basca. In stile gotico, e da non perdere, è una visita alla Basilica dell’Asunción di Santa María de Lekeitio che prende vita in completa armonia con l’architettura tradizionale basca.

Ea, dal canto suo, è un villaggio davvero particolare puntellato da incredibili insenature. Ma a renderlo davvero unico è anche il suo centro storico attraversato da canali e suggestivi ponti in pietra.

Infine, vale la pena fare un salto a Elantxobe dove vivono poche centinaia di anime. Un colorato villaggio che sembra diviso in due: una parte sorge in riva al porto, l’altra in cima a una collina. Inutile dire che da lassù il panorama è splendido. Inoltre, tra le deliziose strade ripide che conducono al porto svetta un enorme sasso di 300 chili che pare che essere arrivato proprio qui durante una burrasca avvenuta nell’ormai lontano 1990.

Lekeitio paesi baschi

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Il grazioso villaggio di Lekeitio
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Nel mondo ci sono tante feste. Una è dedicata alle bambole

Eventi, manifestazioni, ricorrenze e buone notizie: c’è sempre un buon motivo per festeggiare, non credete? Lo sanno bene tutte quelle persone che non perdono occasione per farlo e che si mettono in viaggio proprio per scoprire le celebrazioni del mondo che raccontano di tradizioni e usanze lontanissime dalle nostre.

Capodanno e feste stagionali sono forse le ricorrenze più celebri, le stesse che ci invitano a metterci in viaggio e immergersi in atmosfere suggestive e sensazionali. Ma non sono le uniche perché nel mondo ci sono tantissime feste e una di queste è dedicata alle bambole.

Il suo nome è Hinamatsuri, che tradotto letteralmente vuol dire Festa delle bambole. Si celebra in Giappone, il 3 marzo di ogni anno, ed è dedicata alle ragazze di ogni età. ma chiunque può prendervi parte. Ecco come si festeggia.

Hinamatsuri: la Festa delle Bambole in Giappone

Organizzare un viaggio in Giappone è sempre un’ottima idea, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni. E lo è non solo per le incredibili meraviglie che appartengono al Paese del Sol levante, ma anche per tutte quelle meravigliose tradizioni, antiche e moderne, che appartengono alla cultura del territorio.

Le feste rientrano tra queste, e ce ne sono così tante che è davvero difficile scegliere la più bella. Quello che è certo è che i giapponesi fanno sul serio, e riescono a trasformare ogni ricorrenza in un tripudio di colori, emozioni e visioni suggestive e affascinanti.

Così succede anche per la Hinamatsuri, la Festa delle Bambole, che in realtà è collegata alle figure femminili delle famiglie in Giappone. In questa occasione, infatti, attraverso eventi, festeggiamenti e tradizioni, le persone celebrano le ragazze, con l’augurio che crescano felici e in salute.

La celebrazione in questione è conosciuta anche con il nome Momo no sekku che letteralmente tradotto vuol dire Festival dei fiori di pesco. Il motivo è facilmente intuibile: in questo periodo le città e i territori del Paese sono completamente invasi dalle fioriture del pesco che simboleggiano la primavera e la rinascita, ma anche l’amore eterno.

Piramide di bambole a Saitama

Fonte: Getty Images

Piramide di bambole a Saitama

Come celebrare la Festa delle Bambole

Il modo migliore per celebrare la Festa delle Bambole è quello di organizzare un viaggio in Giappone e unirsi ai festeggiamenti dei cittadini. Con l’occasione, inoltre, potrete perdervi e immergervi in un’atmosfera gioiosa e profumata data dalle prime fioriture primaverili.

L’iHinamatsuri viene celebrata il terzo giorno del terzo mese dell’anno, e quindi ogni 3 marzo. Durante questa giornata, dentro le case dei cittadini e fuori di queste vengono esposte le hina ningyo, bambole ornamentali giapponesi che vengono tramandate da generazioni e che raffigurano, solitamente, imperatori, imperatrici e altre figure che appartengono alla corte imperiale.

Anche i locali si abbigliano a festa, come fa il Keio Plaza Hotel di Tokyo e non solo, arricchendo le atmosfere con meravigliosi display ornamentali e offrendo menu speciali. In alcune città, inoltre, vengono organizzate delle parate per rievocare vecchie e antiche tradizioni.

Durante il giorno viene poi servito l’amazake, che è una versione analcolica del saké, insieme all’hishimochi, un dolce caratteristico che si prepara con tre strati di riso: verde, bianco e rosa, che simboleggiano, rispettivamente, la terra, la neve e i fiori di pesco.

Le origini di questi festeggiamenti sono tanto antichi quanto affascinanti. La prima celebrazione, infatti, risale al VII secolo ed è legata alla credenza popolare secondo la quale le bambole avevano il potere di contenere gli spiriti malvagi e trattenere le energie negative. Le bambole, infatti, venivano lasciate sul corso del fiume, affinché le correnti portassero via la negatività. Se poi venivano trovate da qualcuno, o catturate dai pescatori, venivano raccolte e bruciate.

Keio Plaza Hotel Tokyo

Fonte: Keio Plaza Hotel Tokyo

Hinamatsuri
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Lago di Caldaro, autentico gioiello della natura

Natura incontaminata, paesaggi meravigliosi e tante attività outdoor: il lago di Caldaro, perla dell’Alto Adige, è una meta turistica molto amata per il suo fascino incredibile. Si trova incastonato tra i vigneti, con le montagne che spuntano in lontananza, e offre un panorama davvero splendido. Ed è la tappa ideale per una gita fuori porta in ogni stagione, sia per chi ama i rigidi e candidi paesaggi invernali che per chi invece preferisce i colori primaverili o le calde giornate estive in cui tuffarsi in acque rinfrescanti.

Il lago di Caldaro, bellezza incredibile

Situato nell’Alto Adige, a pochissima distanza dalla città di Bolzano, il lago di Caldaro è un vero gioiello. Si tratta di uno dei bacini naturali più grandi di tutta la regione, incastonato tra una rigogliosa vegetazione e deliziosi vigneti – qui si producono alcuni vini rinomati in tutto il mondo. Il lago, di origine alluvionale, è alimentato quasi interamente da sorgenti subacquee. Si trova a poco più di 200 metri di quota, dunque non possiede il fascino dei tanti laghetti alpini che caratterizzano le Dolomiti.

Ma questo non lo rende meno speciale, anzi: le temperature qui sono spesso molto gradevoli, ed è dunque la destinazione perfetta per chi vuole immergersi nella natura. Questo luogo non è solamente molto bello, ma anche ricco di storia. Ci sono diverse leggende che raccontano la nascita del lago di Caldaro. Secondo una delle più suggestive, qui un tempo sorgeva una città i cui abitanti avevano il cuore colmo di cattiveria. A pochi passi dalla città, si trovava invece un vecchio maso abitato da un anziano uomo molto generoso.

Un giorno, il Signore bussò alla sua porta sotto le spoglie di un vagabondo, cercando qualcosa da bere e da mangiare. Essendo molto povero, l’uomo gli diede solo dell’acqua e gli consigliò di andare in città a chiedere del cibo. Ma nessuno ebbe pena del vagabondo: il Signore, deluso da tanta cattiveria, iniziò a piangere e le sue lacrime travolsero ben presto l’intera città, ad eccezione del maso. E così ebbe origine il lago.

Cosa fare sul lago di Caldaro

Il lago di Caldaro è splendido in ogni stagione. Ma è durante i mesi più caldi che i turisti lo prendono d’assalto. È infatti uno dei più grandi laghi balneabili dell’Alto Adige, l’ideale per un tuffo rinfrescante dopo aver esplorato i dintorni. Lungo le sue rive sorgono diversi stabilimenti balneari, ma anche campeggi, alberghi e ristoranti pronti ad accogliere i visitatori. Sul lago è poi possibile praticare molti sport come il surf e il nuoto e concedersi un’avventura in pedalò o in barca a remi, per ammirare il paesaggio da un punto di vista diverso.

Chi ama il trekking non può invece perdersi un’escursione alla scoperta delle rovine dell’antichissima Basilica di San Pietro, a poca distanza dal borgo di Caldaro sulla Strada del Vino. Per raggiungerla, occorre affrontare la suggestiva gola del Rastenbach, scavata dal Rio Pausa: si tratta di un sentiero costellato di passerelle sospese e scalinate ripidissime, lungo il quale si possono osservare cascate spumeggianti e irte pareti rocciose. Non è un trekking particolarmente difficile, ma regala emozioni incredibili.

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Passerelle del Vero, un incredibile percorso tra gole profonde

Alquézar, uno dei borghi medievali più affascinanti della Spagna, custodisce uno degli itinerari più famosi dell’Aragona nonché uno dei più mozzafiato.

Si tratta delle “Passerelle del Vero“, un adrenalinico sentiero sopraelevato che consente di rimanere estasiati dinanzi all’ultimo tratto della Gola del fiume Vero attraversando passerelle spettacolari e sicure.

Passerelle del Vero, impossibile non emozionarsi

L’incredibile percorso di montagna semi attrezzato, lungo tre chilometri e con un dislivello di 180 metri, ha inizio dal centro del borgo e conduce alla scoperta di un ambiente idilliaco che riassume in sé l’essenza paesaggistica, culturale e ambientale del Parco Naturale della Sierra y los Cañones de Guara.

Il primo tratto: la discesa al fiume Vero attraverso il Barranco de la Fuente

Si parte dalla piazza Rafael Ayerbe (ex Plaza Mayor) accanto al municipio, sotto alla Collegiata, dove è possibile acquistare il biglietto d’ingresso al tour (disponibile anche online).

Si scende da Alquézar al fiume Vero attraversando il rigoglioso Barranco de la Fuente, incastonato tra imponenti pareti calcaree, con la Collegiata di Alquézar in alto a destra e la Peña Castibián a sinistra, dove gli arrampicatori si esercitano lungo le pareti e cavità.

Questa discesa è la parte più tecnica del percorso a causa del costante dislivello e del terreno sconnesso: in alcuni tratti è attrezzata con passerelle in legno.

È un tratto che in estate, durante le giornate roventi, diventa molto piacevole grazie all’ombra perenne e all’umidità che emana.

Occorre prestare molta attenzione nei giorni di pioggia o subito dopo: il terreno diventa scivoloso e vi è la possibilità che l’acqua scorra lungo la strada.

È anche importante rispettare il silenzio della zona, fermandosi ad osservare il fogliame che adorna il burrone e l’intenso lavoro che l’acqua e il vento hanno svolto per migliaia di anni. Alzando lo sguardo, non è difficile notare grandi rapaci come il grifone volteggiare in aria.

Il secondo tratto: il fiume Vero

Raggiunto il greto del fiume, prima di imboccare le passerelle aeree sulla destra, è vivamente consigliata una visita alla Cueva de Picamartillo (che dista circa 100 metri), una curiosa cavità formata dall’erosione dell’acqua.

Ammirata la grotta, tornando sui propri passi è il momento di percorrere il primo tratto delle passerelle aeree, per poi scendere nel greto del fiume, fino a sentire il fragore della cascata dell’Azud.

È zona più bella del tour, dove si svela l’infrastruttura della vecchia centrale idroelettrica: si parte dal canale dell’Azud, costruito per raccogliere l’acqua che, in basso, generava elettricità per la Centrale Elettrica e si giunge al Canyon del Vero, plasmato da maestosi blocchi di roccia, cavità, pozze e acqua dallo spettacolare colore turchese in primavera.

Dall’edificio della vecchia Centrale elettrica si sale dolcemente lungo un sentiero che, svoltando a sinistra, conduce all’ultimo tratto delle passerelle, il più moderno: da qui si arriva alla piattaforma Mirador del Vero con una vista sensazionale sul fiume, sul burrone e sullo storico borgo di Alquézar.

Il terzo tratto: ritorno ad Alquézar

Seguendo un sentiero piuttosto ripido, tra mandorli, ulivi e frutteti, si ritorna ad Alquézar, nel parcheggio appena sotto la chiesa di San Miguel.

Informazioni pratiche

Per effettuare il tour, dai 12 anni in su è prevista una quota di partecipazione pari a 4 euro. Al momento dell’acquisto del biglietto, è possibile scegliere l’orario preferito per iniziare l’entusiasmante percorso.

Il contributo serve per il servizio di manutenzione e pulizia delle infrastrutture dei camminamenti e dei loro dintorni.

Il tour è aperto tutto l’anno, tranne in caso di lavori di manutenzione programmati (i giorni vengono segnalati sul sito ufficiale) e se il personale di controllo rileva che l’accesso potrebbe essere pericoloso (a causa, ad esempio, di una piena del fiume o di lavori di riparazione d’emergenza).

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Il meraviglioso Monastero Reale di Nuestra Señora de Guadalupe

È uno dei capolavori architettonici medievali della Spagna, in Estremadura in provincia di Caceres: si tratta del magnifico Monastero Reale di Nuestra Señora de Guadalupe, Patrimonio UNESCO, dalle dimensioni imponenti che lo fanno assomigliare a una fortezza.

Sorge, in stile gotico-mudéjar affiancato da otto torri, nel luogo in cui la Madonna apparve a un pastore ed è composto da quattro parti: il tempio-basilica, il chiostro mudéjar, il chiostro gotico e l’edificio dell’auditorium.

Offre davvero moltissimo da ammirare con una visita guidata di circa 45 minuti-un’ora e lascia senza fiato grazie allo spettacolare chiostro e alle magnifiche opere dei più grandi artisti di sempre quali Goya, El Greco e Zurbarán.

Il chiostro, gioiello del Monastero di Guadalupe

Vero e proprio gioiello del Monastero è il chiostro di stile mudéjar, realizzato nel XIV secolo e chiamato anche “quello dei miracoli”: camminando all’ombra dei suoi archi, infatti, lo sguardo si posa su una serie di pregevoli dipinti che raccontano i vari passaggi dei miracoli della Madonna.

Sul pavimento al di sotto delle arcate, ecco invece le tombe dei priori del complesso monastico, come segno di umiltà.

Altro elemento di spicco del magnifico chiostro è il grande tempio collocato al centro del cortile.

La Sagrestia, “Cappella Sistina dell’Estremadura”

Altra perla del Monastero Reale di Nuestra Señora de Guadalupe è la Sagrestia definita, per la meraviglia dei suoi affreschi, come la “Cappella Sistina dell’Estremadura“: i pregevoli affreschi, a opera dei discepoli di Zurbarán, narrano la vita di San Girolamo, cui la sala è dedicata.

Gli altrettanto preziosi dipinti della sagrestia sono, invece, nati dalla maestria dello stesso Zurbarán, originario del piccolo paese dell’Estremadura “Fuente de Cantos”: rappresentano scene della vita quotidiana dei monaci e si fanno notare per il tipico “chiaroscuro” del loro autore.

Due opere di Zurbarán incentrate su San Girolamo trovano posto nella piccola cappella sul retro: “L’Apoteosi di San Girolamo“, tra le opere principali del pittore spagnolo, è anche una delle più importanti da ammirare visitando il Monastero di Guadalupe.

Il Reliquario e il Tesoro della Madonna di Guadalupe

Ancora, presso la Cappella di San Giuseppe risalente al XVI secolo, sono numerose le reliquie di santi importate principalmente da Roma e non mancano incantevoli gioielli, mantelli e corone di pietre preziose, un vero e proprio Tesoro: gli ornamenti più preziosi vengono riservati per l’8 e il 9 settembre, i giorni dedicati al Santo Patrono, e per il 12 ottobre, festa spagnola, uno dei momenti migliori dell’anno per scoprire Guadalupe e il suo meraviglioso Monastero.

Tutto il fascino degli incredibili Musei del Monastero

Il Monastero di Guadalupe affascina anche con i suoi impareggiabili musei, a partire dal Museo delle Belle Arti, dai soffitti intagliati in legno policromo: qui spiccano opere di sicuro impatto quali, ad esempio, tre opere di El Greco (San Pedro, Sant’Andrea, Incoronazione della Vergine), otto tele di Zurbarán, alcuni capolavori di Rubens e la “Confessione in prigione” di Goya.

Passiamo poi al Museo dei libri sacri, nell’antica sala capitolare, custode di 107 copie di libri di preghiera e dei canti dei monaci: i testi sono scritti in latino e accompagnati da colorate incisioni, i fogli in pelle di agnello e alcuni tomi pesano addirittura 50 chili!

Infine, spicca il Museo degli ornamenti e tuniche, con una vasta gamma di tuniche per tutte le occasioni, cucite dagli stessi monaci con fili d’oro.

La chicca finale

Il momento più atteso della visita al Monastero è trovarsi dinanzi all’altare della Madonna nera di Guadalupe: con la caratteristica pelle nera, è una delle incisioni più rappresentative di tutta la Spagna.

Vederla così da vicino e apprezzarne i singoli dettagli è un’emozione unica.