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Il Palazzo situato a una delle maggiori altitudini del mondo

Nel cuore di Lhasa, la principale città del Tibet a 3650 metri di altitudine, svetta una delle meraviglie architettoniche dell’Oriente e simbolo del territorio: il Potala, maestoso Palazzo color bianco e ocra che lascia senza parole chiunque lo ammiri per la prima volta.

Le sue dimensioni imponenti, la struttura e l’altezza emanano un’aura quasi magica: nel corso dei secoli, è stato dimora dei Dalai Lama, sede del governo tibetano, un autentico microcosmo che ha sempre vissuto di vita propria.

Oggi i pellegrini posso accedervi il lunedì, il mercoledì e il venerdì attraversando la porta occidentale e percorrendo la strada principale che conduce alla cima della fortezza: al suo interno non è permesso scattare fotografie e ogni sala dispone di telecamere e rilevatori di movimento.

potala lhasa

Porta del Potala

Alla scoperta dei tre piani del Palazzo Rosso del Potala

Il piano terra

Al piano terra, la visita inizia con la Cappella del Nato Santo dove spiccano le statue degli otto Buddha della medicina, dei cinque Dalai Lama e dell’undicesimo, del Buddha Śākyamuni e di Guru Rinpoche, venerato come secondo Buddha.

Proseguendo lungo il corridoio, ecco la sala delle riunioni, la stanza più ampia del Potala: la impreziosiscono capitelli finemente scolpiti, quattro cappelle e il grande trono appartenuto al sesto Dalai Lama.

Nell’ala ovest della sala si trova la cappella delle tombe dei Dalai Lama, tra le principali attrattive del Palazzo: l’ambiente è dominato da uno stupa alto 12,6 metri e ricoperto da 3700 chili d’oro, affiancato da due stupa di dimensioni minori.
Altri otto stupa simboleggiano gli otto accadimenti principali nella vita di Buddha.

È poi il momento di visitare la cappella Rigsum Lhakhang, consacrata agli otto insegnanti indiani cui si deve l’introduzione in Tibet di riti e pratiche tantriche.

Infine, ultima cappella del piano terra è “lamrim“, ovvero sentiero graduale, termine che sta a indicare gli stadi progressivi lungo la via dell’illuminazione.

Il secondo piano

Salendo al secondo piano, si ammirano subito le prime tre sale comunicanti che custodiscono ben tremila statue cinesi.

Un piccolo corridoio porta alla Cappella di meditazione del re Songtsen Gampo e poi alla Mostra di Tesori del Potala, collezione dal grande valore con pezzi unici quali un Buddha in cristallo e un mandala tridimensionale con più di duecentomila perle.

La visita a questo piano si conclude con le tre affascinanti cappelle: la Cappella dei Nove Buddha della Longevità con pregevoli dipinti accanto alle finestre, la Cappella di Sakyamuni con il trono del settimo Dalai Lama e la biblioteca, e la Cappella Kalachakra con mandala di oltre sei metri di diametro e oltre 170 statue.

Il terzo piano

Dopo aver incontrato le tombe dell’ottavo e del nono Dalai Lama, al terzo piano di notevole interesse è la Cappella di Arya Lokeshvara, la più sacra e venerata dell’intero edificio.

Ma non è tutto.

Una galleria si affaccia poi sulla tomba del tredicesimo Dalai Lama e conduce alla Cappella della felicità immortale.

Concludono la visita la Cappella della vittoria sui tre mondi, con biblioteca, e la Cappella dei mandala tridimensionali che ospita incredibili mandala tridimensionali adornati di gemme preziose.

Il Palazzo Bianco, splendide vedute panoramiche

Il Palazzo Bianco è custode degli alloggi più riservati. La prima sala che si incontra dopo aver ammirato un panorama davvero suggestivo sulla città è quella del trono dove i Dalai Lama incontravano gli ospiti ufficiali: qui lo sguardo si posa su alcuni bellissimi dipinti murali.

Ecco poi la sala dei ricevimenti, con una raccolta di statue in bronzo e balcone panoramico, la camera della meditazione, con oggetti rituali dell’ultimo Dalai Lama, e infine la camera da letto del Dalai Lama dove sono raccolti alcuni suoi effetti personali.

Prima o dopo la visita al Potala, è stupendo concedersi una passeggiata rilassante lungo il viale delle ruote di preghiera dove sono numerose le bancarelle che vendono gli oggetti più disparati.

potala

Il maestoso Potala

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Il monastero immerso nella natura che sorprende tutti

Roccia, acqua e un’atmosfera magica che cattura tutti i sensi: il monastero immerso nella quiete della natura, sulla vetta della montagna a strapiombo, è un tesoro nascosto che sorprende e lascia senza fiato.

Stiamo parlando del Monastero di Sant Miquel del Fai, in Catalogna, a una cinquantina di chilometri dalla variopinta e vivace Barcellona ma qui sembra davvero di trovarsi in un’altra dimensione.

Tutto il fascino del monastero sospeso sulla rupe

Sant Miquel del Fai

Sant Miquel del Fai a strapiombo sulla rupe

Intriso di una bellezza mistica, il Monastero catalano si annida tra le rocce e, nel suo insieme, sfida la gravità sospeso sulla rupe a guardia della Valle del fiume Tenes, tra affioramenti rocciosi e cascate che superano i 100 metri di altezza.

Un paesaggio a dir poco fiabesco, uno dei luoghi più sorprendenti della catena montuosa catalana dove natura e architettura si incontrano per dare vita a qualcosa di unico nel suo genere.

Il Monastero di Sant Miquel del Fai, infatti, vanta l’unica cappella romanica della regione costruita all’interno di una grotta.
Le prime notizie che riguardano lo straordinario edificio religioso risalgono al 997, e una comunità di monaci benedettini visse qui fino al 1657.

Rimane pressoché “celato” agli occhi del mondo fino al XIX secolo quando viene scoperto dagli scrittori romantici che, affascinati dalla sua posizione singolare, lo raccontano e ne divulgano la storia e le leggende.

Il tour di visita mozzafiato all’abbazia medievale

Dopo aver raggiunto l’ardito monastero con una passeggiata spettacolare, la visita inizia dal piazzale antistante che già si rivela unico essendo scavato nel fianco della montagna.
Da qui lo sguardo spazia dai laghetti formati dal ghiaccio che si scioglie e dall’acqua piovana fino alla Casa del Priorato, risalente al XV secolo in stile gotico, che oggi è adibita a ristorante e galleria espositiva.

Il piazzale è il luogo ideale per godere di una splendida vista sull’intera vallata, uno di quei panorami che non si dimenticano facilmente.

Dopo aver speso il giusto tempo ad ammirare l’insolito paesaggio arroccato sul precipizio, è il momento di percorrere la galleria rupestre che faceva parte del chiostro per incontrare la Cappella romanica di Sant Miquel del X secolo, costruita all’interno della grotta accanto alla cascata, sito un tempo dedicato al culto pagano.

L’inedita cappella dona forti emozioni ma siamo appena all’inizio. Una scalinata conduce alla magnifica Grotta di Sant Miquel, rinvenuta nel 1847, dove le rocce calcaree hanno plasmato suggestive stalattiti e stalagmiti: qui è d’obbligo una sosta per ammirare le opere che solo la Natura sa creare.

Lungo il percorso degna di nota è anche la panchina, in Plaza del Repòs, con la scultura dello scrittore e giornalista spagnolo Josep Pla.

Il sentiero prosegue poi alla volta di un laghetto nascosto tra le rocce, passa al di sotto della fragorosa Cascata del Tenes e raggiunge l’Eremo di Sant Martì, del X secolo e restaurato nel Duemila, che spicca al centro di una spianata.

E non finisce qui: alla fine del tour ci si può addentrare alla scoperta della Grotta Les Tosques (con obbligo di casco) dove dimorano i pipistrelli.

Saint Miquel del Fai

Sant Miquel del Fai

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È un Paese poco conosciuto, ma assolutamente incredibile

C’è un luogo nel mondo dove poter scoprire paesaggi magnifici caratterizzati da steppe a perdita d’occhio. Un Paese i cui abitanti si distinguono per essere particolarmente gentili e dove a ogni ora del giorno si sente odore di tè.

Raggiungerlo vuol dire fare un viaggio insolito, in uno di quesi posti ancora poco battuti dal turismo di massa e, allo stesso tempo, significa scoprire zone dall’inestimabile valore, del resto proprio da queste parti è nato il commercio internazionale attraverso la Via della Seta.

Viaggio in Uzbekistan, un Paese bellissimo

Ci troviamo in Asia Centrale, un’area del nostro mondo caratterizzata da estati molto calde e inverni molto freddi. Qua sembra di mettere piede in un altro pianeta, anche se nei fatti si trova a solo 5 ore di volo dall’Italia. Ma non solo. L’Uzbekistan possiede alcuni degli esempi di architettura islamica tra i più belli che esistano, e la natura poi, lascia davvero senza parole.

Prossima tappa dell’edizione del 2022 di “Pechino Express”, i viaggiatori entreranno da subito in contatto con la cultura e le tradizioni locali, nel modo più autentico. Il tragitto per loro prevede la partenza dalla fortezza Ayaz Qala nel deserto di Kyzylkum, fino a Khiva dove i più veloci affronteranno la prima prova vantaggio della stagione, e le coppie in gara arriveranno fino alla Kuhna Ark Citadel.

Uzbekistan, cosa vedere

Prendendo in considerazione il tour fatto dai protagonisti del programma televisivo in onda su Sky, la prima cosa da vedere in Uzbekistan è la fortezza Ayaz Qala nel deserto di Kyzylkum.

È situata, o meglio, i suoi resti si trovano a 20 km verso nord-est dalla citta di Bo’ston, nella regione di Ellik-kala della Repubblica di Karakalpakstan. È stata edificata su una collina piatta costituita da vari strati di rocce metamorfiche, ed è circondata su tre lati dai profondi dirupi. Il tutto nel deserto di Kyzylkum, le cui sabbie rosse si sono insediate a cavallo dei confini del Kazakistan e dell’Uzbekistan.

Ma non solo. Ci sono grandi distese di verde, campi di papaveri e alberi saxaul secchi e contorti, le cui foglie d’argento sembrano brillare.

fortezza di Ayaz Qala

La fortezza di Ayaz Qala

Khiva, dal canto suo, è una meravigliosa città di fango. Primo sito del Paese a essere stato iscritto dall’UNESCO fra i Patrimoni Mondiali dell’Umanità, si trova all’estremo nord del Paese. I suoi monumenti storici, i Palazzi antichi, Madrase e minareti sono tutti custoditi tra le mura dell’Itchan Kala.

Tra le attrazioni imperdibili c’è sicuramente il Kalta-minor Minaret che seppur inconcluso svetta verso il cielo con i suoi 29 metri di maioliche turchesi. Bellissima anche la Kuhna Ark, ossia la residenza dei reali di Khiva, dove ammirare la Moschea d’estate e la sala del trono.

Infine, la meravigliosa Juma Mosque che vanta oltre 200 colonne di legno a sostenere il tetto dell’unica sala di cui si compone il sito, insieme a un incredibile minareto di ben 47 metri.

Khiva uzbekistan

La città di Khiva

Quali tappe fare durante un viaggio in Uzbekistan

Seppur poco conosciuto, l’Uzbekistan regala diverse meraviglie da visitare oltre a quelle di cui vi abbiamo già parlato. Tra le attrazioni imperdibili c’è sicuramente Samarcanda. Probabilmente la città più nota dell’intero Paese, è anche una delle più affascinanti tappe della Via della Seta. Proprio qui si incrociano storie e leggende, dai profili intriganti e fantasiosi.

Oggi è una città quasi totalmente restaurata che conserva un grande fascino e una storia straordinaria. Piazza del Registan, per esempio, è uno dei posti più mitici di tutto l’Uzbekistan. Qui ci sono ben tre Madrase maiolicate che vi si affacciano: la Madrasa di Ulugh Beg, di Sher-Dor e di Tillya-Kori.

Poi il  complesso di mausolei Shah-i-Zinda dove riposano i reali e vari familiari del Re Timur. Seconda la tradizione, inoltre, pare che qui siano seppelliti i resti di un cugino del profeta Maometto. Un insieme di oltre 40 splendidi edifici di architettura islamica che sono stati realizzati in quasi un millennio.

Samarcanda piazza principale

La Piazza Registan di Samarcanda

Un’altra tappa fondamentale dell’Uzbekistan è Bukhara, forse la città più bella di tutto il Paese, a tal punto che anche noi di SiViaggia le abbiamo dedicato un approfondimento che potete trovare qui.

Ancora una sosta cittadina ma questa volta con Tashkent, la capitale ma anche un luogo dove entrare in contatto con la cultura locale. Questa località si distingue per i colori e l’allegria del vivace mercato alimentare di Chorsu, o Chorsu Bazaar. Tra la calda ospitalità di un popolo sempre accogliente e i possibili assaggi esotici e talvolta inediti, sarà impossibile non innamorarsi di questo Paese.

Tashkent, uzbekistan

La Moschea khast Imam di Tashkent

Chi ama la natura, invece, deve assolutamente visitare la Valle di Fergana, l‘area più orientale e variegata del’Uzbekistan. Basti pensare che questa zona possiede una propria identità culturale e che qui potrete percorrere suggestive strade panoramiche puntellate da vallate estremamente fertili, tanto da meritarsi l’appellativo di “grande orto uzbeko“.

Poi la regione autonoma del Karakalpakstan che presenta un paesaggio desertico spazzato da venti che provocano impressionanti tempeste di sabbia. Qui si trovano i karakalpaki, un popolo di antica tradizione nomade che vive nel remoto villaggio di Moynaq.

Da queste parti c’è anche l’immenso letto del Lago d’Aral che un tempo era un gigantesco bacino di acqua salata: nella prima metà del 1960 era il quarto lago più grande al mondo con una superficie di circa 68.000 kmq. Oggi è parzialmente prosciugato, ma comunque in grado di regalare un’emozione tanto drammatica quanto sorprendente.

In generale, possiamo dire che l’Uzbekistan vanta vasti deserti, spettacolari catene montuose, fiumi, laghi, riserve naturali e una grande varietà di specie originali. Tantissimi sono i percorsi naturalistici tra riserve naturali e aree protette, e tutte che pullulano di varie specie endemiche di fauna e flora.

Come la Riserva Naturale di Zaamin che è anche la più antica. Istituita nel 1960 su uno sperone della catena del Turkestan, è abitata da molte specie faunistiche rare, come la lince turkestana. Interessante anche la Riserva naturale dello Zerafshan caratterizzata dalla presenza del cervo di Bukar.

Poi la Riserva acquatica di Tudakul, così come il Canyon di Sarmysh dove vi prendono vita oltre 650 specie botaniche, e molto altro ancora.

Insomma, l’Uzbekistan è un Paese ricco di cultura, abitato da persone sorridenti e ospitali, dalla natura variegata e sorprendente e, soprattutto, dalle città che arrivano dritte al cuore. Non resta che organizzarci un viaggio, siamo certi che sarà indimenticabile.

Valle di Fergana uzbakistan

Un angolo della Valle di Fergana

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Dove si trova la vera Monkey Island del videogame

Sin dagli Anni ’90, è considerato un capolavoro dagli appassionati di videogame. Ai tempi, questo gioco girava su Amiga, IBM e sui primi Mac. Prodotta da LucasFilm Games (oggi LucasArts), la saga di “Monkey Island”, forse la più amata degli ultimi trent’anni, comprende cinque videogiochi già pubblicati, più uno, attesissimo, “Return to Monkey Island”, che è appena stato annunciato e che uscirà nel 2022.

Come dice il titolo, il videogioco è ambientato su un’isola. Ovviamente si tratta di un luogo di fantasia, ma per ispirarsi i creatori di “Monkey Island”, l’isola delle scimmie, hanno trovato alcune location perfette come sfondo in cui ambientare le avventure del protagonista, Guybrush Ulysses Threepwood.

Le vere location di “Monkey Island”

Ambientato durante l’età d’oro della pirateria, la location non poteva che essere quella del Mar dei Caraibi, con le sue migliaia di isole tra le quali perdersi, con i loro covi segreti, le grotte dove nascondere preziosi bottini e tunnel misteriosi.

I primi quattro videogame della serie (“The Secret of Monkey Island” del 1990, “Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge” del ’91, “The Curse of Monkey Island” del ’97 ed “Escape from Monkey Island” uscito nel 2000) sono ambientati in un fantasioso arcipelago nel Mar dei Caraibi: l’Area delle tre isole ovvero Mêlée (la Capitale), Booty e Plunder. “Tales of Monkey Island”, il quinto gioco, invece, è ambientato nel fittizio Golfo di Melange, che comprende Flotsam Island e le Jerkbait Islands.

Ma dove si trova la vera isola delle scimmie? Secondo gli esperti si tratterebbe di un’isola al largo di Portorico chiamata Cayo Santiago, popolata da esemplari di Macachi mulatti, una specie originaria dell’Asia e importata in Centro America nella prima metà del ‘900. L’isola altrimenti è disabitata. Solo gli studiosi e i ricercatori possono approdare sull’isola. Di tanto in tanto vengono condotti i turisti con la barca per poter osservare i primati.

Scimmie a parte, l’isolotto di Cayo Santiago, che misura 600 metri da Nord a Sud, è un vero paradiso, perfetto come covo dei pirati. La sabbia candida, il mare cristallino, la foresta tropicale: ci sono tutti gli ingredienti. La spiaggetta di Small Cay è collegata da una lingua di sabbia al Big Cay.

La punta meridionale è un meraviglioso banco di sabbia dal fondale basso chiamato Bajo Evelyn. Piatta per quasi tutto il territorio, l’unica collina, chiamata a El Morrillo, è alta solo 35 metri, sufficienti per poter avvistare galeoni e distanza di chilometri.

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Cayo Santiago, Portorico, l’isola di “Monkey Island”

 

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È questa la SPA naturale più bella di tutte

È uno dei luoghi più belli del mondo e che vanta un patrimonio naturalistico così straordinario che il suo nome significa “Castello di cotone”. Non è un caso, infatti, che sia stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco proprio per la sua incredibile bellezza, davvero fuori dal comune.

Qui delle bianchissime terrazze di travertino ospitano piccole piscine di acque termali. Una vera e propria Spa naturale immersa in un paesaggio mozzafiato, ma anche in prossimità delle rovine di un’antica città, anch’essa Patrimonio Culturale dell’Unesco.

Pamukkale, tesoro prezioso della Cappadocia

Siamo in Cappadocia, una regione semi-arida della Turchia centrale che è conosciuta principalmente per i suoi “Camini delle Fate“. Un panorama unico e surreale che è il frutto del dispiegarsi di forze naturali nel corso di millenni che hanno portato alla nascita anche di Pamukkale, la Spa naturale più bella di tutto il pianeta.

Si caratterizza per terrazze di forma circolare che hanno preso vita alle pendici di una montagna bianchissima. Una condizione che ha creato un’incredibile contrasto con il turchese delle acque e la verde pianura sottostante. Le acque di questo luogo, che sembra un sogno a occhi aperti, hanno una temperatura di circa 35°C, perfette in quasi tutte le stagioni.

Sono ricche, inoltre, di idrocarbonato di calcio che, versandosi sui bordi dell’altopiano, riesce a creare queste piscine uniche nel loro genere. Camminarci è come stare sulle nuvole o come scalare un maestoso Castello di cotone.

Pamukkale turchia

Un angolo di Pamukkale

È bene sapere, però, che tutte le piscine non sono aperte contemporaneamente. Infatti, l’are di Pamukkale venne deturpata nel corso del XX secolo con la costruzione di hotel e con l’incanalamento dell’acqua calda verso le piscine artificiali degli alberghi. Ma non solo. Gli scarichi di queste ultime hanno per anni riversato le acque reflue direttamente sul sito, contribuendo drammaticamente all’inscurimento delle vasche calcaree.

Pamukkale, la rinascita

Grazie all’intervento dell’Unesco che ha predisposto un piano di recupero, gli hotel furono demoliti e le piscine artificiali sono oggigiorno accessibili a piedi nudi. Inoltre, è stata scavata una piccola trincea lungo il bordo con lo scopo di recuperare l’acqua, mentre le parti più scure sono state fatte sbiancare dal sole, in assenza di acqua per diverse ore al giorno.

Per questo motivo, vi potrà capitare di trovare molte piscine vuote. Le altre aree, invece, potrebbero essere coperte d’acqua per un paio di ore al giorno. Ma non è finita qui: il sito è costantemente sorvegliato da addetti che impediscono ai visitatori di abusarne. E, grazie a tutto questo, Pamukkale sta lentamente riprendendo il suo colore bianco, tornando a essere quello che è sempre stata, ovvero la Spa naturale più bella del mondo.

Un vero e proprio capolavoro della natura che si distingue per essere anche un luogo magico e misterioso. Ancor più irresistibile, poi, è lo spettacolo ammirato da lontano: una montagna di fiocchi di cotone bianchi candidi che sono tutti lambiti da acque termali che scivolano tra una vasca e l’altra. Al tramonto, poi, l’emozione è davvero indescrivibile.

Pamukkale psicini

Le piscine di Pamukkale

La straordinaria e importantissima città di Hierapolis

Come detto poco sopra, Pamukkale sorge nei pressi dei resti di una bellissima città molto antica: Hierapolis. Anch’essa patrimonio Unesco, è una remota città romana (e termale) che si fa spazio sulla sommità di una montagna, da cui dominava l’intera vallata.

Un sito che risulta particolarmente famoso per la grande quantità di resti di epoca bizantina e romana. Fondata durante il periodo ellenistico-romano, venne parzialmente distrutta da un terremoto nel 60 d.C. e ricostruita tra il I e il III secolo. Ed è proprio a quest’ultima era che risalgono alcuni degli edifici più importanti che sono ancora splendidamente conservati come il teatro, i ninfei pubblici e la porta di Frontino.

Hierapolis, coa vedere

Nel IV secolo fu costruita dai bizantini la cinta muraria, mentre con l’avvento del cristianesimo la città accolse una chiesa, una cattedrale, una basilica e il Maryrion di San Filippo Apostolo, rinvenuto durante una campagna di scavi del 2011 condotto da un team italiano. Accanto alla tomba, sono emerse anche alcune vasche per immersione, a conferma che si trattava di un vero e proprio “santuario di guarigione”.

hierapolis turchia

I resti di Hierapolis

Straordinario è il Tempio di Apollo la cui costruzione sembra risalire al III secolo. Vi si possono ammirare ancora i resti di un porticato dorico che abbraccia l’ampia terrazza che è collegata all’area sacra da una bella scala di marmo.

Suggestiva anche la Porta di Plutone (Plutonium) che, secondo la mitologia greco-romana, rappresenta l’ingresso degli inferi. Si trova sotto il Tempio di Apollo e da qui fuoriesce un gas molto denso considerato velenoso. A quanto pare, infatti, gli animali che vi fanno ingresso muoiono all’istante. Secondo la tradizione, a conoscere il segreto che consentiva di trattenere il respiro erano solo i sacerdoti. Esclusivamente loro, quindi, sapevano come evitare di essere investiti dai fumi tossici.

Un altro sito da visitare a Hierapolis è il suo Teatro Romano. Progettato nel III secolo per ospitare più di 10 mila spettatori, oggi regala al visitatore la possibilità di ammirare un’ampia parte del palco, i sedili della cavea in travertino e una facciata imponente impreziosita con statue e rilievi. Possibile, inoltre, immergersi nelle acque della Vasca Sacra che si trova nel cortile del centro termale dell’Antica Piscina.

città di Hierapolis teatro

Il Teatro Romano di Hierapolis

Infine, da non perdere è il Museo Archeologico di Hierapolis dove poter scoprire diversi sarcofagi e reperti rinvenuti nella città e nei suoi dintorni, come lampade, gioielli e opere scultoree che provengono dal Teatro Romano. Nel dettaglio, il museo è suddiviso in tre parti principali: nella prima è possibile ammirare una ricca collezione di sarcofagi risalenti al periodo ellenico; nella seconda si può osservare un buon numero di oggetti di uso quotidiano che solitamente accompagnavano le tombe della necropoli; nella terza area vi è un’ampia sala dove sono custoditi frontoni e statue che decoravano i vari edifici di Hierapolis e delle città limitrofe. Una tappa obbligatoria, quindi, per chi vuole comprendere in maniera più approfondita i fasti e il successivo declino di Pamukkale.

Insomma, tra terme naturali in cui sembra di stare sulle nuvole e resti di monumenti storici dal forte impatto visivo ed emozionale, Pamukkale è assolutamente un luogo da visitare almeno una volta nella vita.

Pamukkale cappadocia

Pamukkale e Hierapolis viste dall’alto

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Rurutu: l’isola emersa dalle acque è un sogno da vivere

Il mondo che abitiamo non smette mai di sorprenderci perché è ricco di meraviglie ancora da esplorare che sono in grado di farci vivere esperienze straordinarie e indelebili. È questo il motivo che ci spinge a metterci in viaggio ogni giorno, per visitare quei paradisi terrestri che hanno rubato forme, sembianze e colori all’Eden. Come l’isola di Rurutu, una delle più remote e incantevoli dell’arcipelago delle Australi.

Lontano da Tahiti, e dai sentieri più battuti dal turismo di massa, questa isola caratterizzata da paesaggi vulcanici, vegetazione lussureggiante e barriere coralline, appare agli occhi dei viaggiatori come una visione eterea e incantata.

Una vera e propria destinazione della felicità per fare il pieno di bellezza, per ammirare la natura selvaggia e autentica e osservare i movimenti spontanei delle creature che la popolano. Benvenuti sull’isola delle meraviglie, benvenuti a Rurutu.

Rurutu

Rurutu

L’isola delle meraviglie emerse dall’oceano

Situata nel cuore dell’Oceano Pacifico, l’isola dell’arcipelago delle Australi, è un vero e proprio sogno a occhi aperti, il luogo che ci meritiamo di vivere almeno una volta nella vita. Remota e incantevole, l’isola racconta le sue straordinarie origini attraverso il suo nome.

Rurutu, infatti, vuol dire scoglio che emerge in polinesiano e fa riferimento al fatto che l’isola è nata grazie a fenomeni vulcanici che oggi caratterizzano in maniera univoca l’intero territorio. Intorno a questo lembo di terra, trattato come un tesoro da proteggere, meravigliose scogliere coralline si snodano tutto intorno.

Appare così un paesaggio che lascia senza fiato, caratterizzato da rocce basaltiche, montagne insolite e stalattiti e stalagmiti intorno che estendono sulla barriera corallina.

Sono circa duemila gli abitanti di questa isola remota e pochi i turisti che durante l’anno si spingono fin qui. Questo ha permesso a Rurutu di mantenere intatto il suo paesaggio incontaminato e lussureggiante impregnato di natura, storia, cultura e tradizione.

Nella fitta vegetazione che caratterizza l’isola, infatti, sono presenti diversi resti archeologici che raccontano le sue origini. Proprio lì dove si nascondono alcune delle leggende più suggestive del territorio che sono conservate e tramandate dagli abitanti del luogo.

stalattite della caverna e stalagmite Rurutu

Stalattite e stalagmiti in una caverna a Rurutu

Rurutu: cosa fare e cosa vedere sull’isola

Non ci sono locali notturni, non c’è traffico e neanche grandi vie dello shopping, ma ci sono le tradizioni, antiche e mai dimenticate, preservate dagli abitanti dell’isola. Come quella relativa all’artigianato che diventa il mezzo per creare vere e proprie opere d’arte come i pē’ue e i tīfaifai, rispettivamente tappeti e coperte dai filari intrecciati e dai colori brillanti presi in prestito dalla natura.

Non mancano ovviamente le spiagge bianche e deserte bagnate da acque cristalline, valle lussureggianti e campi coltivati che si estendono fino all’orizzonte, e lì si perdono.

Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, inoltre, nuovi e speciali abitanti giungono su quest’isola regalando ai viaggiatori emozioni uniche. Si tratta delle megattere, balene costiere, che arrivano fin qui per accoppiarsi e partorire tra le acque limpide e incontaminate del luogo. Un evento imperdibile per tutti gli amanti della natura e per gli appassionati di snorkeling che possono nuotare insieme ai giganti dell’oceano.

Balene a Rurutu

Balene a Rurutu

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La fortezza marina costruita su un’isola

‘C’era una volta un misterioso castello’. Passano tali parole per la testa quando ci si trova di fronte questa incredibile fortezza. Situata in mezzo al mare, sembra svettare verso il cielo con fierezza ed eleganza, mentre osservandola si capisce sin da subito che tra quelle possenti mura nasconde anche storie di gloria e prestigio.

La fortezza di Murud-Janjira: dove si trova e la sua storia

Ci troviamo in India e più precisamente su un’isola nella costa di Konkan, vicino alla città marittima di Murud nel distretto di Raigad nel Maharashtra. Un’imponente costruzione che si erge su una roccia di forma ovale situata al largo della costa del Mare Arabico.

Paliamo della fortezza di Murud-Janjira, considerata una delle più potenti fortezze marine dell’India. Costruita dalla comunità Siddi, un gruppo etnico dell’India e del Pakistan discendente dei Bantu della regione dei Grandi Laghi in Africa, fu attaccata nel corso del tempo più volte, ma nonostante i diversi tentativi nessuno è mai riuscito a conquistarla.

Un castello, quindi, che si distingue per essere stato una delle più incredibile fortezze marittime dei Siddi e con la fama di essere inespugnabile, anche durante il declino del potere marittimo degli stessi Siddi. Ma nonostante questo, la fortezza ha continuato a essere un centro indipendente, persino nel diciottesimo secolo.

Edificato nel XV secolo, rimase imbattuto fino a quando non divenne parte del territorio indiano dopo l’indipendenza dagli inglesi nel 1947.

Murud-Janjira, cosa vedere

Si accede al forte Janjira da Rajapuri, un piccolo villaggio situato sulla costa. Dopo un breve viaggio in barca, è possibile farvi ingresso attraverso l’entrata principale. Vi ritroverete davanti ben 26 bastioni arrotondati, ancora tutti intatti. Passeggiandovi scoprirete diversi cannoni di fabbricazione autoctona ed europea.

Al suo apice era un vero e proprio forte che conteneva tutte le strutture necessarie come palazzi, alloggi per ufficiali, una moschea, due piccoli pozzi profondi, ancora funzionanti, e così via. Sul muro esterno, che fiancheggia la porta principale, è possibile ammirare la scultura di un animale simile a una tigre che tra i suoi artigli trattiene degli elefanti.

Il muro, alto circa 12 metri, vanta 19 portici o archi arrotondati, alcuni dei quali possiedo ancora i cannoni montati su di essi. Un tempo qui c’erano ben 572 cannoni, tra cui  Kalalbangdi, Chavri e Landa Kasam, 3 armi davvero gigantesche. Un’altra porta a ovest è rivolta verso il mare, chiamata Darya Darwaza.

Sulla riva svetta una lussuosa struttura dalla cima a una scogliera: il Palazzo dei Nawab. Costruito dall’antico Nawab di Janjira, regala al visitatore un bellissimo panoramica sul Mar Arabico e sul castello inespugnabile. C’è anche un’altra fortezza, chiamata Ghosalgad, che si trova in cima a una collina a circa 32 km a est di Murud-Janjira, una struttura che fungeva da avamposto per i governanti di Janjira.

Accedere a quest’ultima non è possibile, poiché è necessario un permesso speciale da parte delle autorità indiane.

Insomma, Murud-Janjira è un forte particolarmente interessante per il la sua posizione nel mezzo del Mare Arabico, per la sua imponenza e anche per la sua storia che racconta le glorie dei Siddi. Un posto da scoprire in poco più di due ore, ma che regala un’avventura d’altri tempi e un vero e proprio viaggio nel patrimonio indiano.

Janjira fortezza cosa vedere

La fortezza di Janjira

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A Montebello il castello con il fantasma di una bambina

Lasciata alle spalle la vivacità della costa romagnola, a una ventina di chilometri da Rimini, si entra in un territorio dalla storia millenaria, punteggiato da rocche, torri e manieri.

Uno di questi è, senza dubbio, tra i più affascinanti, in grado di attrarre ogni anno turisti e appassionati di misteri e leggende: si tratta del Castello di Montebello, frazione di Torriana, che da 436 metri di altezza sorveglia la valle dell’Uso e del Marecchia.

La Rocca malatestiana ha visto scorrere mille anni di storia e, oltre al panorama mozzafiato e al silenzio ristoratore, è custode di una leggenda che trae origine da una storia vera: il fantasma di Azzurrina, “dagli occhi color del cielo e i capelli chiari coi riflessi azzurrini…”

Il Castello e la sua storia che ha attraversato i secoli

torre castello montebello

Torre del Castello di Montebello

L’imponente maniero vanta una storia che affonda le sue radici in epoca romana, nel III secolo, cui risale la torre a pianta quadrata ora inserita nel complesso fortificato.

Posto a guardia della strategica e principale via di collegamento tra il Montefeltro e la Toscana, poggia le fondamenta sul picco del monte e mostra ben visibili gli interventi subiti nel corso del tempo: le prime notizie si hanno con un documento del 1186, quando Giovanni Malatesta lo acquista da Ugolinuccio di Matalone.

I Malatesta dotarono il castello di fortificazioni mentre la residenza signorile risale alla seconda metà del Quattrocento quando nuovi proprietari divennero i Conti Guidi di Bagno, cui appartiene tutt’ora.

Ingrandito, restaurato e rimaneggiato, oggi si presenta con la torre difensiva e le antiche strutture militari che convivono con l’ala nobile e i preziosi mobili disseminati lungo i saloni: durante la visita, infatti, lo sguardo si posa su circa 500 anni di storia del mobile in Italia, passando in rassegna pezzi che vanno dal Trecento al Settecento, forzieri e cassapanche tra cui una che, si narra, risalirebbe alle Crociate.

Storia, arte, architettura, certo: ma cunicoli, sotterranei e strani avvenimenti lo hanno reso ancora più intrigante e durante un soggiorno da queste parti è una delle mete da non lasciarsi sfuggire.

La leggenda del fantasma di Azzurrina

Se ogni leggenda ha un fondo di verità, quella di Azzurrina è tratta proprio da una storia vera, quella di Guendalina Malatesta di Montebello, figlia di Uguccione, signore del maniero nel XIV secolo.

La piccola era albina e, a quei tempi, ciò poteva dare adito a superstizioni e simboleggiare un legame con il demonio: per scongiurare pericoli, i genitori decisero allora di tingerle periodicamente i capelli di nero ma, a causa del clima umido della zona, la tintura prendeva un effetto “blu” che scoloriva poi in azzurro.
Da qui il soprannome, “Azzurrina“.

Un triste giorno, il 21 giugno 1375, solstizio d’estate, la bambina era intenta a giocare da sola con la palla quando si inoltrò nella ghiacciaia del castello.
Non appena si accorsero della sua scomparsa, i genitori la cercarono ovunque e, arrivati alla neviera, scavarono tra il ghiaccio ma della bambina non vi furono tracce.

La sua sparizione rimase, e rimane, un evento misterioso che, nel tempo, ha dato origine alla leggenda del suo fantasma che, ogni 5 anni, tornerebbe a farsi sentire proprio la notte del solstizio d’estate, la “notte di Azzurrina”: nei secoli molti testimoniarono di aver sentito rumori provenire dalla ghiacciaia, oggi vuota.

Le visite guidate

Il Castello, museo custode del modo di vivere dei signori medievali, è gestito dall’ente preposto che organizza visite guidate alla scoperta delle sue meraviglie architettoniche e dei suoi misteri.

Le visite diurne sono adatte a tutti e si concentrano sugli appartamenti signorili, la stanza di Azzurrina, le terrazze e i cortili esterni, mentre le visite notturne sono riservate a un pubblico adulto poiché esplorano il lato paranormale della leggenda conducendo alle segrete e alla misteriosa neviera.

castello montebello torriana

Il Castello di Montebello

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C’erano una volta le tonnare: Grand Tour sulla costa sicula

C’è un modo straordinario per scoprire e riscoprire l’anima più autentica della Sicilia, ed è un Grand Tour sulla costa della regione alla scoperta delle tonnare. Luoghi legati indissolubilmente all’antica e mai dimenticata tradizione marinara della regione. Strutture straordinarie, anche se dismesse e riadattate, che si integrano perfettamente con la natura circostante, ridefinendo il paesaggio e incantando cittadini di tutto il mondo.

C’erano una volta le tonnare

Con il termine tonnare facciamo riferimento all’antico metodo di pesca introdotto dagli arabi negli anni 1000 e poi ereditato e proseguito dagli spagnoli. Quasi un secolo dopo, e più precisamente nel 1800, questa pesca conobbe il suo massimo splendore e si radicò nella terra di Sicilia grazie alla famiglia Florio che, sulla costa della regione, possedeva decine di tonnare.

Oggi, le tonnare in Sicilia, rappresentano le preziose testimonianze del passato legato alla pesca e alla mattanza dei tonni. Scoprire questi luoghi che si snodano lungo la costa ci permette di ammirare architetture uniche che raccontano la storia di un’autentica tradizione che definisce in maniera univoca l’identità di una regione.

Tonnara di Favignana, cortile interno

La lista delle tonnare è davvero lunghissima. Alcune di queste oggi sono diventate dei veri e propri musei che raccontano i riti e le tradizioni dei tonarotti. Tra le più famose c’è sicuramente quella di Favignana, Ex Stabilimento Florio, situata nei pressi del centro storico dell’isola. Con i suoi 32000 metri quadrati è considerata una delle più grandi tonnare di tutto il Mar Mediterraneo.

Da Trapani a Siracusa, le tonnare della costa sicula

A Trapani, invece, troviamo la tonnara di San Giuliano, uno dei simboli rappresentativi della città. L’edificio, oggi preziosa testimonianza dell’archeologia industriale della regione, è appartenuto alla famiglia Fardella e conserva gli antichi resti della tradizione della pesca dei tonni.

Nella piccola e suggestiva Scopello, in provincia di Trapani, tra le case abitate, la piazzetta e il profumo delle tradizioni antiche, troviamo la splendida tonnara edificata nel XIII secolo, anch’essa appartenuta alla famiglia Florio. Un luogo magico e suggestivo che sembra essere protetto dalle rocce e avvolto dal mare che incanta visitatori da tutto il mondo.

Tonnara di Scopello

Tonnara di Scopello

Ci spostiamo ora in provincia di Siracusa per scoprire le tonnare di Capo Passero e quelle di Avola, quest’ultima è una delle più grandi mai costruite in tutta la Sicilia orientale. L’edificio, costruito nel 1633, è situato proprio al centro della costa ed è bagnato dal Mar Ionio.

Nella magica e suggestiva Marzamemi, invece, troviamo una delle tonnare più antiche di tutta la regione. Dopo un importante restauro, alcune parti dell’edificio sono state messo a disposizione dei cittadini per eventi privati e matrimoni.

L’ultima tappa del nostro itinerario ci porta nel profondo sud, tra le meraviglie dell’Oasi faunistica di Vendicari. È qui, nel territorio di Noto, che sorge una delle tonnare più suggestive dell’intera Sicilia. Conosciuta anche con il nome di Bafutu, la struttura era adibita alla pesca di ritorno, cioè per il recupero di tutti quei tonni che ritornavano in mare aperto dopo la stagione dell’amore. Oggi la tonnara di Vendicari, restaurata in maniera superba, è il simbolo di questo rapporto antico tra l’uomo e la pesca, nonché elemento paesaggistico di grande bellezza.

Tonnara di Vendicari

Tonnara di Vendicari

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La città dominata da un gigantesco mausoleo

Un viaggio in Turchia regala sempre suggestioni incredibili, per la straordinaria ricchezza di paesaggi, la storia millenaria raccontata attraverso le sue caratteristiche architetture, le tradizioni, i sapori e i profumi di una terra che sa sorprendere ed emozionare i visitatori di tutto il mondo. E tante sono le gemme nascoste che vale la pena scoprire. Tra queste, l’antico villaggio di Belevi, nella provincia di Smirne, situato a pochi chilometri a nord-est di Efeso. Un luogo dal fascino particolare, non a caso scelto tra le tappe di “Pechino Express”, nella terza puntata dedicata alla “Rotta dei Sultani”. Nei suoi dintorni immediati si trovano importanti cave di marmo e un affascinante mausoleo del primo ellenismo.

Storia di un mausoleo mai portato a termine

Il mausoleo di Belevi è una tomba monumentale di epoca ellenistica che si trova nei pressi del villaggio da cui prende il nome, vicino al distretto di Selçuk. Rappresenta il secondo più grande mausoleo antico in Anatolia, leggermente più piccolo del più famoso edificio di questo tipo, ovvero il mausoleo di Alicarnasso, benché sia addirittura meglio conservato di quella che è considerata una delle sette meraviglie del mondo antico.

La decorazione dell’edificio, con il fregio ricurvo e i capitelli corinzi, rinvia al periodo di passaggio tra IV e III sec. a.C., e molto probabilmente il mausoleo fu in origine progettato per Lisimaco, il nuovo fondatore di Efeso. Tuttavia, dopo la sconfitta di Curopedio del 281 a.C., Seleuco I divenne re della regione e la costruzione restò incompiuta. Il secondo periodo andrebbe ricondotto al sovrano seleucide Antioco II, morto a Efeso nel 246 a.C. Durante la reggenza della moglie Laodice, che forse lo aveva fatto avvelenare, sarebbe stato realizzato il coperchio del sarcofago dove il re venne inumato. Tuttavia, non ci fu tempo sufficiente per completare la costruzione, perché il territorio di Efeso (perfetto per una gita archeologica) ben presto passò sotto i Tolemei. La costruzione del mausoleo di Belevi non fu, quindi, mai terminata.

Visita al mausoleo di Belevi

Il mausoleo di Belevi è stato conosciuto solo a partire dagli anni ’30, quando divenne oggetto di ricerche da parte dell’Istituto Archeologico Austriaco. I materiali utilizzati per la sua costruzione provenivano, con molta probabilità, dalle cave di marmo situate nei pressi del villaggio, con cui è stata eretta gran parte degli edifici antichi di Efeso.

Il tumulo è posto proprio a sud delle cave, sul lato opposto della valle, i tre vani sono accessibili da nord tramite un corridoio (dromos). I resti di ceramica, ritrovati insieme a ossa di animali, sembrano andare dal V sec. a.C. al IV d.C., e costituiscono le offerte per un arco di circa 800-900 anni. Ciò avvalorerebbe l’ipotesi secondo la quale Pixodaros sarebbe il probabile destinatario della costruzione funeraria.

Questa era alta originariamente 24 metri e si innalzava su una superficie quadrata, al di sopra della sporgenza di una rupe ricavata artificialmente. La parte inferiore era costituita dalla stessa sporgenza di roccia e ricoperta di conci in pietra. Dall’esterno, la roccia che oscurava il mausoleo era coperta da lastre di marmo. C’era, poi, un secondo livello, circondato da 28 colonne: probabilmente avrebbe avuto la forma di una piramide, e l’intera struttura avrebbe raggiunto i 35 metri di altezza.

Il soffitto mostra rilievi figurati, come nel mausoleo di Alicarnasso, rappresentazioni di giochi funerari con una cerimonia di vittoria al centro e lotte di centauri. Anche le sculture sul tetto ricordano i leoni disposti in maniera analoga nel più famoso mausoleo. La camera funeraria con volta a botte, nascosta nel podio e accessibile tramite un piccolo atrio, conteneva il sarcofago del committente, la cui cassa è simile a un sarcofago macedone, con un fregio di sirene musicanti e un poggiapiedi. Sul coperchio appare il defunto disteso su un materasso e su cuscini, con una coppa nella mano, al modo delle figure principali sui rilievi con banchetto.

Nel sarcofago sono stati trovati due denti che dovevano appartenere a un uomo di 40-45 anni. Inoltre, nella stanza si trovava una statua raffigurante un individuo vestito come i servitori rappresentati nell’arte persiana e greco-persiana, che accompagnano un personaggio di rango elevato. Le sculture e il sarcofago fanno ora parte delle collezioni del Museo archeologico di Efeso a Selçuk, mentre altri elementi decorativi sono esposti nel Museo Archeologico di Izmir, altra meta perfetta per una vacanza tra spiagge e rovine. Il mausoleo resta una delle attrazioni principali del villaggio di Belevi, un luogo ricco di fascino tutto da scoprire.

Città dominata gigantesco mausoleo

Il mausoleo di Belevi, in Turchia