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Lo sapevi che in Italia puoi fotografare gli igloo?

Se è un feed di Instagram che volete popolare con foto curiose e bizzarre, oppure siete soltanto alla ricerca di instantanee di viaggio indelebili da custodire nella vostra gallery, allora sarete felici di sapere che non dovrete allontanarvi poi molto per raggiungere questa missione. Del resto è risaputo che il Belpaese è pieno di meraviglie e di scorci da scoprire e da fotografare.

Eppure esiste un luogo, all’ombra degli edifici di una delle città più belle e dinamiche del nostro Paese, che per forme e architetture non ha niente a che fare con tutto ciò che abbiamo visto e conosciuto dell’Italia fino a questo momento. Non si tratta di case colorate addossate l’un l’altra come quelle che vediamo nei borghi, né di palazzi che suggestivamente si affacciano nei canali o sulle scogliere. Ma di abitazioni che non appartengono sicuramente ai canoni tradizionali della nostra architettura.

Sì perché a Milano, in un tranquillo quartiere a nord della città, è possibile imbattersi negli igloo. E non si tratta di installazioni artistiche né di glamping temporanei, ma di un curioso, bizzarro e originale complesso residenziale che ancora oggi è possibile ammirare.

La storia degli igloo di Milano

Per raggiungere quegli igloo fatti di cemento e mattoni, e ben piantati a terra su prati e aiuole ordinate, dobbiamo recarci a Milano, nella capitale della moda e del design, nella città dei ristoranti e delle esclusive vie dello shopping. È la zona nord del capoluogo lombardo che dobbiamo raggiungere se vogliamo avvistare quelli che sono gli igloo della città, quella del quartiere Maggiolina, nelle immediate vicinanze del Villaggio dei Giornalisti.

È qui che tra villette a schiera e palazzine in stile liberty, lontano dalle attrazioni più iconiche e popolate della città, compaiono loro, case bizzarre e affascinanti che catturano immediatamente l’attenzione. Si tratta di otto igloo costruiti negli anni immediatamente successivi al dopoguerra pensati per ospitare le famiglie che avevano perso le loro case a causa dei bombardamenti.

L’ispirazione del progetto, curato dall’ingegnere Mario Cavallè, trova le sue origini negli Stati Uniti e nella tendenza di progettare abitazioni dalla forma circolare diffusasi in quel periodo. Così sono nate le case a igloo, piccole abitazioni di circa 50 metri quadrati sviluppate su due livelli.

Ma non erano le uniche abitazioni strane del quartiere. Del progetto, infatti, facevano parte anche due case a forma di fungo che però sono state demolite un ventennio dopo.

Dentro il quartiere Magigiolina

Situate all’interno del pittoresco quartiere Maggiolina, le case a forma di igloo sono un vero e proprio unicum nel nostro Paese che meritano sicuramente una visita.

Se siete in viaggio a Milano, concedetevi una passeggiata in questo elegante quartiere residenziale, contraddistinto da aree verdeggianti e da eleganti ville in stile Art Noveau, per scoprire quelle piccole case con cupola realizzate sul finire degli anni ’40. Impossibile non notarle.

Gli igloo di Milano si trovano su via Lepanto e sono facilmente visibili dalla strada, anche se alcuni sono parzialmente celati dalla lussureggiante vegetazionie Qui, dove il tempo sembra essersi fermato, è possibile addentrarsi in quello che è il progetto residenziale più particolare del nostro Paese e che è sopravvissuto fino ai giorni nostri.

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Chi ha il coraggio di entrare in questo parco abbandonato?

Ogni giorno migliaia di persone si mettono in viaggio per raggiungere destinazioni più o meno lontane. Lo fanno per scoprire le meraviglie che appartengono alla terra che abitiamo, per visitare luoghi celebri e attrazioni iconiche, ma anche per vivere esperienze straordinarie e uniche.

Avventure che conducono i cuori più impavidi verso città, paesi e luoghi che nascondono storie, leggende e misteri mai risolti. Posti abbandonati o desolati che mettono i brividi al solo pensiero come città fantasma, miniere abbandonate o castelli infestati.

Luoghi dai quali ci teniamo volentieri lontani, ma che con il tempo hanno dato vita a un vero e proprio pellegrinaggio – che viene definito turismo dell’orrore – e che oggi, esattamente come ieri, attira tantissime persone. Ma al di là dei sentieri più battuti dal dark tourism, esiste un luogo che è davvero inquietante, lì dove nessuno ha osato spingersi fino a questo momento. Un parco a tema western desolato e abbandonato da anni. La vera domanda è: chi ha il coraggio di entrarci?

Benvenuti al Western Village

C’era una volta un parco tematico, un villaggio vivo e allegro, o comunque ci piace immaginarlo così, dove ogni giorno si incontravano cittadini e viaggiatori di ogni età per vivere affascinanti esperienze western.

Si trattava del Western Village, ma a differenza di quello che si può pensare, il villaggio non si trovava nelle regioni occidentali degli Stati Uniti o in Canada, ma in Giappone.

Proprio qui, nelle vicinanze della pittoresca città di Nikko celebre per il sontuoso santuario shintoista Toshogu e per i suoi scorci naturalistici di immensa bellezza, nei primi anni ’70 è stato inaugurato il Western Village, un parco a tema western destinato a far vivere esperienze suggestive a grandi e bambini.

C’erano le ambientazioni, ispirate fedelmente ai vecchi film western, gli edifici caratteristici e le attrazioni. C’erano anche i finti cowboy che contribuivano a rendere più suggestivo il villaggio, e grandi e imponenti sculture come quelle che imitavano la maestosità del Monte Rushmore.

C’è ancora oggi, tutto questo, ridotto in un inquietante stato di abbandono che rende quel resta del Western Village una meta da brividi che vale la pena di inserire in un itinerario mondiale del turismo dell’orrore.

Western Village. Nikko, Giappone

Fonte: Getty Images

Western Village. Nikko, Giappone

Il villaggio abbandonato

Quello che era un glorioso parco a tema western è stato progressivamente abbandonato dopo la sua chiusura nel 2007. E più il tempo passava, deteriorando gli edifici che caratterizzavano il villaggio, più la natura si appropriava dei suoi spazi.

Da parco a tema western, il villaggio, si è trasformato in un perfetto set di film horror che genera una certa inquietudine ma esercita anche un discreto fascino.

Oggi il Western Village racconta di un antico splendore ormai deteriorato. La fitta vegetazione, che si estende dentro e intorno al parco, incornicia quelle che erano le attrazioni del villaggio come la casa del barbiere, la banca, il carcere e il saloon.

Tutto è sospeso, immerso in un insolito e inquietante silenzio. Ma è proprio quest’atmosfera ad attirare numerosi appassionati del dark tourism che si divertono a immergersi e ad esplorare un ambiente così surreale e suggestivo. E voi, avreste il coraggio di entrare?

Western Village. Nikko, Giappone

Fonte: Getty Images

Western Village. Nikko, Giappone
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Il teatro sul mare che sorge sul “più bel chilometro d’Italia”

A volte basta una passeggiata per emozionare. Lo sanno bene tutte quelle persone che si sono immerse e perse tra le strade, i vicoli e i quartieri delle città e dei Paesi del mondo, quelli che svelano le loro meraviglie un po’ alla volta, passo dopo passo, o che si palesano improvvisamente davanti agli occhi di chi guarda per lasciare senza fiato. Come quel teatro che si apre sul mare sul più bel chilometro d’Italia ogni qualvolta si percorre la passeggiata del Lungomare Falcomatà.

Il teatro sullo Stretto di Messina

Ci troviamo a Reggio Calabria, in una delle città più suggestive del nostro Belpaese. Un luogo che ospita un patrimonio storico, culturale e paesaggistico immenso conservato nel Museo Archeologico, con i suoi Bronzi di Riace, nel Parco Nazionale dell’Aspromonte con i suoi boschi e i tanti esemplari di flora e fauna, nella sua storia, nelle sue tradizioni e tutte quelle testimonianze antiche che vivono e sopravvivono in ogni angolo della città.

Reggio Calabria è anche il luogo che ospita quello che è considerato il più bel chilometro d’Italia. Un’espressione, questa, da molti attribuita a Gabriele D’Annunzio e che trova la sua spiegazione nel panorama magico e suggestivo che si osserva proprio lungo questa passeggiata.

Il Lungomare Falcomatà è una delle strade più note e frequentate della città, 1,7 chilometri di meraviglie che si snodano da Piazza Indipendenza a Piazza Garibaldi e che lasciano senza fiato.

Sulla costa calabra, infatti, si verifica quello che è chiamato fenomeno ottico della Fata Morgana e che permette di osservare il paesaggio siciliano mentre si specchia sull’acqua o sul cielo. Ed è sempre qui, su questo tratto di lungomare che tra i lampioni in stile liberty che illuminano la passeggiata notturna, sorge quello che è uno dei teatri più suggestivi d’Italia.

È l’Arena dello Stretto, una costruzione contemporanea che per forme, lineamenti e suggestioni rimanda a un passato glorioso e mai dimenticato.

Bentornati a Reggio Calabria, sull’Arena dello Stretto

Tra il mare e la passeggiata suggestiva, ecco apparire una piazza semicircolare che si estende verso l’acqua.

Un anfiteatro antico e un teatro moderno: ecco cos’è l’Arena dello Stretto. Costruita dove un tempo sorgeva il Molo di Porto Salvo, che fu distrutto dal terremoto del 1908, l’Arena è stata costruita secondo i caratteristici dettami dell’Antica Grecia, motivo per il quale, attraversandola, si ha la sensazione di fare un lungo viaggio nel tempo.

Ma non è solo la sua architettura a incantare, ma anche il magico panorama che da qui si può osservare. Il teatro, infatti, si affaccia sullo Stretto e sulla Sicilia regalando a ogni ora del giorno e della notte uno scenario unico e straordinario che lascia tutti senza fiato.

Nel bel mezzo della costruzione si allunga verso l’acqua un piccolo molo dove campeggia una scultura marmorea dedicata a Vittorio Emanuele III per celebrare l’arrivo del Re in città subito dopo la sua proclamazione.

Fermatevi qui e aguzzate la vista. In determinati momenti dell’anno è possibile ammirare il fenomeno della Fata Morgana che appare davanti allo sguardo come per magia.

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La città che ha prestato il nome ai centri termali del mondo

Perla incastonata tra le Ardenne in un favoloso paesaggio di boschi e colline nella provincia belga di Liegi, Spa è la stazione termale più antica e famosa d’Europa, tanto da aver prestato il proprio nome agli stabilimenti termali e averlo associato ai concetti di benessere, salute e relax.

Le proprietà curative delle acque ferruginose che qui sgorgano erano note e apprezzate già dai tempi dei Romani ma l’inizio della vera e propria attività termale avviene durante il XVI secolo quando reali e nobili di tutta Europa arrivarono qui per godere dei benefici delle terme contribuendo a rendere la cittadina un mito tra fascino e lusso.

Cosa vedere a Spa, tra un trattamento benessere e un altro

Cuore pulsante del gioiello delle Ardenne è Place Royal, il punto di partenza per immergersi nella sua atmosfera unica: lo sguardo viene subito catturato dall’eleganza degli edifici neoclassici e moderni che si affiancano in armonia, dagli originali stabilimenti termali ottocenteschi e dal Casinò, il primo al mondo a essere costruito nel 1763, dai magnifici soffitti affrescati.

Una piacevole pausa golosa attende i visitatori all’ombra degli alberi di fronte al Casinò grazie all’ampia scelta dei migliori cafè-brasserie di Spa mentre il Parc de Sept Heures è la meta ideale per trascorrere momenti di relax nel verde, cavalcare un pony, giocare a minigolf oppure prendere la futuristica funicolare con le cabine panoramiche in vetro per raggiungere la sommità della collina dove spicca il centro benessere Thermes de Spa.

Alle spalle del Casinò, merita una visita la Cattedrale Notre Dame and Saint Remacle, in stile neoromanico con pianta a forma ottagonale e imponenti guglie, risalente al 1885, la cui struttura ricorda la Cattedrale di Tournai, il comune più antico della Vallonia.
L’edificio sacro sorge nel luogo in cui, in origine, sgorgavano le sorgenti termali, il Pouhon Pierrele-Grand, chiamato così in onore di Pietro il Grande, lo zar di Russia che vi si recò nel 1717.

Di sicuro interesse sono poi la Ville Royale Marie-Henriette, dove soggiornava la moglie di Leopoldo II del Belgio, oggi museo con antica fucina, esposizioni sui cavalli e una curiosa collezione di scatole laccate e antiche bottiglie d’acqua di Spa, e il Museo della Lavanderia, che in 25 sale racconta lo sviluppo delle tecniche di lavaggio fino a oggi.

Infine, Spa è anche il centro dell’automobilismo internazionale: proprio qui, infatti, si corre il Gran Premio del Belgio di Formula 1, lungo il circuito di Spa-Francorchamps, uno degli autodromi più importanti delle competizioni automobilistiche considerato tra i più belli del mondo.

spa casinò

Le Thermes de Spa, oasi di relax

Non poteva essere altrimenti: fulcro della stazione termale più antica d’Europa sono le sue terme, in collina a dominio della città, importante struttura in vetro circolare curata nei minimi dettagli e recentemente rinnovata che propone ben novemila metri quadrati di piscine con acqua che sgorga dalla sorgente naturale Clementine, ricca di minerali.

Per fare il pieno di benessere e relax, le Thermes de Spa propongono hammam, saune tradizionali o naturiste, giochi d’acqua, vasche idromassaggio, bagni freddi, bagni caldi e trattamenti di bellezza.

Concedersi un soggiorno qui significa rigenerarsi, rilassarsi e usufruire di sessioni benefiche nel massimo comfort.

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Es Vedrà, l’isola disabitata e misteriosa delle Baleari

Appartiene all’arcipelago delle Baleari, ma è un’isola off limits. Proprio per questo s’è mantenuta quel paradiso terrestre che è ancora oggi.

La si scorge quando si arriva a Ibiza, ma nulla ha a che fare con l’isola della movida spagnola. Es Vedrà è una riserva naturale fatta solo di roccia che è parte del Parco Naturale di Es Vedrà, Es Vedranell i els Illots de Ponent. L’unico modo per raggiungerla è in barca e, per approdare, è necessario procurarsi un permesso speciale.

Es Vedrà è considerato uno dei luoghi più misteriosi del mondo. Vi raccontiamo il perché.

Miti e leggende di Es Vedrà

Dicono sia un’isola magica, protetta dalla gemella, Es Vedranell, che ha la forma di un drago addormentato. Sono tante le leggende che girano intorno a quest’isola, nate dalla grande energia che viene sprigionata.

Tanti i fatti inspiegabili che vi sono accaduti nel corso dei secoli. Secondo una leggenda, Es Vedrà sarebbe l’isola delle sirene che cercarono di incantare Ulisse. Secondo un’altra, invece, sarebbe il luogo di nascita della dea Tanit, una divinità introdotta dai Fenici che un tempo dominavano l’isola la cui statua si può vedere un po’ ovunque a Ibiza.

Inoltre, a molti naviganti è capitato spesso di riscontrare un malfunzionamento delle bussole una volta arrivati nei pressi di Es Vedrà e pare che persino i piccioni viaggiatori perdano il senso di orientamento una volta giunti qui.

In epoca più recente, sono risultati diversi avvistamenti di Ufo e c’è stato pure un atterraggio di emergenza nel 1979 durante il quale un pilota, dopo aver visto delle strane luci rosse proprio nei pressi dell’isola, è stato costretto a un atterraggio di emergenza a Manises, nei pressi di Valencia, passato alla storia appunto come il famoso “Caso Manises“.

Sempre gli extraterrestri sfrutterebbero i fondali dell’isola per una loro base aliena. Così sostengono i diver che hanno avvistato delle luci sotto la roccia, oltre a sentire strani rumori che, a volte, hanno alterato anche il percorso dei pesci.

Gli esperti sostengono che abbia un accumulo di energia simile alle piramidi d’Egitto o ai Moai dell’Isola di Pasqua e che faccia parte del cosiddetto “Triángulo del Silencio”, una sorta di Triangolo delle Bermuda del Mediterraneo. E, proprio come il Polo Nord e il Triangolo delle Bermuda sarebbe uno dei tre luoghi più magnetici del nostro pianeta.

Molti pensano che sia proprio da qui che parta quell’energia che tanto attira i turisti a Ibiza e che non smettono mai di esserne attirati anno dopo anno.

La magia dell’isola

In cima all’isola c’è una sola costruzione, la Torre des Savinar, eretta nel 1763 per proteggerla dai pirati. Per raggiungere la torre bisogna fare una camminata in salita di una decina di minuti dalla Cova des Mirados: da lassù la vista è incredibile.



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Così come spettacolari sono anche i tramonti che si possono ammirare in questa porzione di Mediterraneo, in particolare dalla spiaggia di Cala d’Hort, lungo la costa Sud occidentale di Ibiza, con l’isolotto sullo sfondo.

Chiara Ferragni, Fedez e la polemica

L’immagine di Es Vedrà ha fatto il giro dei social quando l’influencer Chiara Ferragni e il marito Fedez, in vacanza a Ibiza, hanno postato una loro foto pericolosamente abbarbicati su uno spuntone di roccia con l’isolotto sullo sfondo durante un tramonto infuocato.

Il post – con immancabili story da parte di entrambi – ha scatenato una forte polemica tra i follower in quanto, tra le raccomandazioni ai turisti che vengono ad ammirare il panorama e il tramonto c’è proprio quella di fare molta attenzione quando ci si avvicina al bordo della scogliera per via dello strapiombo dove si può facilmente cadere (proprio in quei giorni in Italia un ragazzo era caduto in un precipizio per recuperare il cellulare della fidanzata ed è morto).

La coppia ha scattato un selfie su una roccia altissima senza alcuna protezione: sotto di loro, il vuoto. Il precipizio è da brividi e il video estremo, tanto che loro stessi hanno affermato di avere paura. Cosa non si farebbe per qualche cuoricino in più su Instagram… Anche richiscare la vita.

Polemica a parte, molti di coloro che non avevano mai sentito parlare di Es Vedrà ma che delle Baleari conoscevano solo Ibiza e Formentera ora sanno anche dell’esistenza di questo luogo, della sua storia e delle sue incredibili leggende.

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Fonte: 123rf

La spiaggia di Cala d’Hort a Ibiza con Es Vedrà sullo sfondo
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I paesi bianchi che sembrano usciti da un sogno

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio in Spagna, soprattutto quando la destinazione di arrivo ci permette di immergerci nella tradizione, nel calore e nel fascino autentico che appartiene per natura all’Andalusia. Una terra magica e incantata, situata nel sud del Paese, che seduce i viaggiatori con il sole e il mare, con l’architettura e l’arte, con il flamenco, la corrida, il cibo e i piccoli villaggi tradizionali.

Ed è proprio in questi che vogliamo portarvi oggi, in quei paesini che sono anima e cuore del territorio. Luoghi che sono così belli da sembrare appartenere a un libro di fiabe, più che alla realtà, ma che sono veri e straordinari.

Per conoscerli ed esplorarli tutti, dobbiamo recarci tra le province di Cadice e Malaga. È qui che sorgono i villaggi bianchi dell’Andalusia che sembrano usciti da un sogno.

La ruta de pueblos blancos

Sono immersi nella natura più selvaggia e offrono scorci che lasciano senza fiato. Sono i paesi bianchi dell’Andalusia che si arrampicano sulle montagne e si affacciano su valli infinite, e che si mostrano agli occhi dei viaggiatori in tutta la loro candida e scintillante bellezza.

Se è l’anima più autentica dell’Andalusia che volete conoscere, allora la ruta de pueblos blancos è il percorso adatto a voi. Questo itinerario, infatti, conduce direttamente all’interno di quei villaggi, di piccole o medie dimensioni, che sono caratterizzati e contraddistinti dal colore bianco. Una tradizione quella di apporre la calce sulle abitazioni, nata per esigenza e preservata poi nel tempo, che ha reso i paesi dell’Andalusia luoghi fiabeschi.

Le piccole casette che si affacciano su vicoli stretti, creano un paesaggio idilliaco, reso ancora più magico dalla presenza di fiori e decorazioni che adornano finestre e balconi. Le abitazioni, tutte uguali ma tutte uniche e diverse tra loro, fanno da cornice alle tradizioni, alla storia e alla cultura di questi luoghi straordinari tutti da scoprire.

Non c’è un vero e proprio itinerario tracciato da seguire per percorrere la ruta de pueblos blancos, ma ci sono i villaggi che si snodano per oltre duecento chilometri e che si susseguono l’uno dopo l’altro pronti a suscitare incanto e ammirazione nei viaggiatori. Il modo migliore per scoprirli subito è quello di salire in auto e organizzare un viaggio on the road tra le province di Cadice e Malaga, tra le montagne, le vallate e la natura incontaminata.

Un percorso a ritmo lento che sa affascinare e sedurre e che permetterà ai viaggiatori di scattare le istantanee più belle di un viaggio indimenticabile. Si parte!

Frigiliana

Fonte: iStock

Frigiliana

Itinerario lento alla scoperta del bianco dell’Andalusia

Come abbiamo anticipato, questo itinerario tra i villaggi rurali dell’Andalusia non conosce tragitti o soste obbligatorie. Ognuno può scegliere di personalizzare la propria ruta de pueblos blanco in base alle personali esigenze e preferenze.

Tuttavia ci sono alcuni villaggi straordinari che meritano davvero di essere raggiunti ed esplorati. Tra questi, sicuramente, c’è Ronda, il più grande di tutti i paesi bianchi dell’Andalusia. Antica e bellissima, questa città situata in provincia di Malaga, è situata in una posizione scenografica e sorprendente, proprio sulla vertiginosa gola di El Tajo. Il panorama, nella sua totalità, lascia senza fiato.

Ci sono poi tutti gli altri paesi bianchi, quelli che incantano lo sguardo e lo arricchiscono di meraviglia. Tra questi c’è anche Frigiliana, il paese moresco in provincia di Malaga, caratterizzato da strade strette e casette bianche che conservano le testimonianze dei popoli che si sono susseguiti.

Tra i pueblos blancos più belli, segnaliamo anche Setenil de las Bodegas, la città costruita nel ventre di una roccia. E poi, ancora, Alcalá del Valle, Olvera, Zahara de la Sierra, Arcos de la Frontera e Grazalema.

Alla visita di questi, se il tempo lo consente, consigliamo anche di aggiungere nell’itinerario i paesi di Torre Alháquime, El Gastor, Algodonales, Puerto Serrano, Villamartin, Bornos,  Espera, Arcos de la Frontera, Algar, Prado del Rey,  El Bosque,  Ubrique, Benáocaz e Villalluenga del Rosario, così da poter percorrere la ruta completa.

Grazalema

Fonte: iStock

Grazalema
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La cartolina più bella d’Italia si scatta davanti a questo ponte

Sono tante le motivazioni che ci spingono a organizzare nuovi viaggi e a raggiungere diverse destinazioni, vicine o lontane. A volte lo facciamo perché siamo ispirati dai racconti degli altri o perché desideriamo ammirare da vicino quelle che sono le attrazioni più iconiche del mondo intero. Altre volte lo facciamo perché quel luogo ha fatto da sfondo ai nostri film preferiti o, ancora, perché desideriamo arricchire il nostro archivio fotografico con splendide istantanee provenienti dai luoghi più suggestivi del mondo.

Ed è proprio in uno di questi luoghi che vi portiamo oggi, una località destinata a diventare il soggetto principale delle più belle cartoline di viaggio che immortalano la bellezza dell’Italia. Una città da fotografare, ma anche da scoprire chilometro dopo chilometro.

Ci troviamo a Chioggia, nella zona più meridionale della Laguna Veneta, a circa 50 chilometri dal capoluogo regionale. È in questa città, che è stata ribattezzata la Piccola Venezia, che è possibile scattare l’instantanea più bella da condividere sui social. Ecco qual è il punto preciso da raggiungere.

Bentornati a Chioggia, la Piccola Venezia

Al confine tra Venezia, Rovigo e Padova, esiste una città di incantevole bellezza. Uno scrigno di tesori artistici, culturali e architettonici che raccontano la storia e l’anima di un luogo tutto da scoprire.

Ci troviamo a Chioggia, una città tanto suggestiva quanto affascinante e seducente. Impossibile non notare la somiglianza con la Serenissima, una similitudine che risulta ancora più evidente in quei palazzi in stile veneziano che riflettono la loro immagine nei canali d’acqua che attraversano la città.

Ecco che allora quel nome di Piccola Venezia sembra calzante per Chioggia, ma non è solo questo a catturare l’attenzione dei viaggiatori.

Il centro storico, per esempio, è un concentrato di case colorate, di botteghe e ristoranti in cui immergersi e perdersi. Ricostruito dopo le lotte tra le repubbliche marinare di Venezia e Genova, il cuore pulsante della città dà il benvenuto ai viaggiatori con la sua Porta Garibaldi, una fortezza edificata intorno al 1300 che segna l’inizio di una passeggiata straordinaria nel centro cittadino.

Da qui si accede al Corso del Popolo, un viale delle meraviglie che si snoda per quasi un chilometro e che ospita alcuni degli edifici più belli e iconici della città, tra questi anche i resti dell’antico Palazzo Comunale che fu distrutto dal grande incendio del 1817.

È proprio percorrendo questa strada che è possibile ammirare e attraversare i nove ponti del Canal Vena, il più interno e pittoresco dei canali che dividono la città. Ed è proprio da qui che possiamo raggiungere la nostra destinazione, quella dove scattare la cartolina più bella d’Italia.

Il Ponte di Vigo

Ci troviamo al cospetto del Ponte di Vigo, uno dei ponti più artistici e suggestivi della città. Costruito nel 1685 per volontà del podestà Alberto Morosini, fu arricchito con marmi d’Istria un secolo dopo, diventando così un monumento dalla forte valenza artistica, storica e architettonica.

Oggi è uno dei ponti più raggiunti e fotografati, nonché il simbolo della città e dei suoi abitanti. E non lo è non solo per le sue fattezze, ma anche per la posizione strategica. Il Ponte di Vigo, infatti, si eleva sul bacino omonimo fungendo da balcone della città garantendo quella che è la vista più bella di Chioggia.

Dopo aver ammirato la città, scendete a contemplare quello scorcio meraviglioso che si apre davanti ai vostri occhi. I palazzi colorati sullo sfondo e le barche che si intravedono in lontananza sono la cornice perfetta di quel ponte in primo piano che sovrasta le acque azzurre del canale: è questa la cartolina più bella d’Italia.

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Il tesoro di Napoli è nascosto nel cuore della città

Esiste una città, in Italia, che per bellezza, tradizioni e contraddizioni non è paragonabile a nessun altro luogo nel mondo. E non sono solo le meraviglie visibili e le attrazioni iconiche che incantano no, anche se quelle da sole potrebbero bastare. È l’anima delle persone che vive e rivive nelle strade, nei vicoli e nei vicarielli, quella che si percepisce nei racconti, nelle storie e nelle leggende, la stessa che si ascolta nei brusii e nel rumore della città, a fare davvero la differenza.

Stiamo parlando di Napoli e di quella napoletanità che non si può descrivere, ma solo vivere. La stessa che penetra la pelle e arriva dritta al cuore, lì dove è destinata a restare probabilmente per sempre.

Ed è proprio a Napoli che oggi vogliamo tornare, insieme a voi, per portarvi alla scoperta del tesoro più prezioso della città, quello conservato nel ventre del capoluogo campano. Un luogo tanto caro ai cittadini, quanto affascinante e seducente per i viaggiatori. Benvenuti nella Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro.

La Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro

Straordinaria, opulenta, suggestiva, questa è la Reale cappella del Tesoro di San Gennaro, uno scrigno di tesori preziosi che parlano di Napoli e che è nato proprio su volontà dei cittadini come segno di devozione a San Gennaro, il protettore del popolo.

La cappella è simbolo e patrimonio della città intera, non solo per il prestigio e l’importanza delle opere che custodisce, e neanche per il grande numero di artisti e pittori di fama internazionale che hanno lavorato al progetto, ma soprattutto perché questa rappresenta il profondo legame che la città ha con il suo Santo protettore.

La stessa nascita di questo scrigno del tesoro ha a che fare con la devozione dei napoletani. Furono i cittadini, a seguito di eventi che avevano scosso l’intera città come la peste e le eruzioni vulcaniche, a esprimere il desiderio di voler creare per il Santo una nuova cappella all’interno del Duomo, in sostituzione dell’altra che ormai era stata consumata dagli anni.

Così il 13 gennaio del 1527, il popolo di Napoli si riunì davanti a un notaio per pronunciare la solenne promessa di erigere per il Santo una nuova cappella, con tanto di documento sottoscritto dagli eletti della città.

La costruzione della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro cominciò  l’8 giugno del 1608 e si conclusa nel 1646 con la realizzazione della pala Il San Gennaro esce illeso dalla fornace di Jusepe de Ribera, posta sull’altare di destra.

Dato che la costruzione della Reale Cappella è nata sotto espresso desiderio del popolo, la città di Napoli è riuscita a ottenere l’indipendenza dalla curia arcivescovile.

Interni, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro_lucamato

Fonte: iStock/lucamato

Interni, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro

Il sangue di un popolo

La Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro si apre davanti agli occhi di chi entra nel Duomo di Napoli come uno scrigno di tesori preziosi. Impossibile non notare quell’ambiente straordinario posto lungo la navata destra che attira l’attenzione di migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo.

La cappella, che è uno dei più splendidi capolavori di architettura barocca napoletana, accoglie i visitatori con lo stemma della città scolpito nel pavimento, come a ricordare che questo luogo appartiene a Napoli e a nessun altro.

All’interno è possibile ammirare alcune delle opere artistiche più importanti del ‘500 e del ‘600 che portano la firma di pittori locali e artisti internazionali, ma anche un numero infinito di oggetti preziosi di devozione che nei secoli sono stati donati a San Gennaro dai sovrani e dal popolo.

Ma la vera meraviglia di questo luogo risiede in quella straordinaria e indissolubile relazione di fede che esiste tra i cittadini e il Santo e che si manifesta in tutto il suo splendore in quell’attesa solenne di quei tre giorni l’anno, quelli in cui è proprio San Gennaro, con il miracolo della liquefazione del sangue, a rinnovare il legame con Napoli.

Altare Maggiore, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro

Fonte: iStock/lucamato

Altare Maggiore, Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro
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Viaggio tra i vulcani di fango delle Salse di Nirano

Paesaggi dal fascino lunare, nati da un fenomeno geologico unico. La Via dei Vulcani di Fango è un vero e proprio percorso emozionale che porta alla scoperta di affascinanti borghi, dimore storiche, siti archeologici e una natura sorprendente.

Il sentiero si snoda per oltre 60 km attraverso il territorio di sei comuni – Fiorano Modenese, Maranello, Sassuolo, Scandiano, Castellarano e Viano – e due province, toccando oltre 50 luoghi di interesse, legati dalle formazioni argillose chiamate ‘salse’, che rappresentano un unicum a livello scientifico, geologico e botanico. Una destinazione senz’altro da scoprire per chi visita l’Emilia-Romagna.

La Via dei Vulcani di Fango

I cosiddetti ‘vulcani di fango’ sono prodotti dalla risalita in superficie di acqua salata e fangosa mista ad idrocarburi gassosi e liquidi che, venendo in superficie, stemperano le argille dando luogo alle tipiche formazioni a cono o polla, a seconda della densità del fango. Un fenomeno noto sin dall’antichità, come dimostrano diversi ritrovamenti archeologici in zona, e studiato da celebri scienziati del passato, con osservazioni anche molto fantasiose.

Il nome ‘salsa’ (dal latino ‘salsus’) deriva dall’alto contenuto di sale delle acque fossili, ricordo del mare che fino ad un milione di anni fa occupava l’attuale Pianura Padana. Sale che rende particolarmente inospitali e aridi i terreni attorno, tanto che le sole piante che qui possono sopravvivere sono graminacee come la Puccinellia fasciculata, diffuse nei litorali costieri. Le salse vengono considerate fenomeni “pseudovulcanici”, in quanto hanno caratteristiche simili ai vulcani, ma hanno origini completamente diverse, non essendo collegate al magma ed essendo assolutamente fredde.

La Riserva Naturale Salse di Nirano

Istituita nel 1982, la Riserva Naturale delle Salse di Nirano tutela il più vasto e peculiare complesso di “salse” della regione e, con quello di Aragona (Agrigento), il più importante d’Italia e uno tra i più complessi d’Europa. Si estende su circa 200 ettari nel territorio comunale di Fiorano Modenese, tra i corsi d’acqua Fossa e Chianca, sulle prime pendici dell’Appenino Modenese. Di minore estensione, ma non meno affascinanti e spettacolari, sono le salse situate nei comuni di Maranello (località Puianello), Sassuolo (località Montegibbio) e Viano (località Regnano e Casola Querciola).

Parte dell’Ente Parchi dell’Emilia Centrale, la Riserva è una delle principali tappe della Via dei Vulcani di Fango. Con la sua rete di 13 sentieri attrezzati e percorsi didattici aperti a tutti, anche a disabili e ipovedenti, il Centro visite Cà Tassi, sede anche del Ceas Pedecollinare, l’Ecomuseo Cà Rossa e il Campo catalogo delle cultivar antiche, accoglie circa 70.000 visitatori all’anno.

Alla scoperta del borgo di Fiorano

Una volta qui, vale la pensa visitare il borgo storico di Fiorano, partendo dal Santuario della Beata Vergine in piazzale Giovanni Paolo II, dove è visibile un’area archeologica all’aperto che conserva i resti murari di un ambiente interrato dello scomparso castello di Fiorano, che occupava un tempo la sommità del colle, distrutto nel Seicento per costruire il santuario.

Una piacevole passeggiata conduce tra le case dell’antico borgo detto “il Sasso”, lungo via Brascaglia che circonda il colle e via Bonincontro da Fiorano, dove si trova un edificio che conserva ancora le finestre decorate con formelle in terracotta, risalenti al Quattrocento.

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Viaggio nella città dove si mangia meglio al mondo

Purtroppo, strano a dirsi, non è italiano il ristorante dove si mangia meglio al mondo. Nonostante la nostra famosa dieta Mediterranea, i nostri prodotti d’eccellenza e i nostri chef “star”, gli esperti hanno ritenuto che il ristorante migliore del mondo sia altrove. A Copenhagen, in Danimarca.

Sì, perché in occasione dell’importante appuntamento annuale in cui una giuria fatta di esperti indipendenti del mondo della gastronomia, di chef internazionali, giornalisti gastronomici e gastroturisti ha decretato i nomi dei migliori ristoranti del mondo, i cosiddetti 50 Best, il primo premio se l’è aggiudicato un locale iconico della Capitale danese, il Geranium.

I migliori ristoranti del mondo sono a Copenhagen

La Danimarca è da anni nell’empireo delle migliori cucine del mondo. Prima del Gernaium era un altro ristorante di Copenhagen a occupare la vetta mondiale, il famoso Noma. La cucina di questo Paese è non soltanto innovativa, ma anche locale, tradizionale e organica.

Il Geranium, che solo per la location merita una visita, dato che si trova in cima allo stadio di calcio Parken o Telia Parken dove gioca il Copenhagen e anche la nazionale danese, quindi anche con una bellissima vista panoramica, è guidato dallo chef Rasmus Kofoeda. È stato il primo ristorante danese ad aggiudicarsi le tre Stelle Michelin nel 2016. Un menu completo qui costa circa 430 euro. Non si serve carne, ma solo pesce e verdure e i suoi impiattamenti sono pura arte.

Il festival Copenhagen Cooking

Per chi volesse provarlo o volesse sperimentare la tanto nota cucina danese può farlo durante una vacanza estiva. Ad agosto, dal 19 al 28, si svolge un importante evento gastronomico che vede protagonisti i migliori ristoranti della città, Copenhagen Cooking, un festival che dura dieci giorni e che attira circa 100mila visitatori ogni anno.

Quest’anno sono previsti un centinaio di eventi, alcuni gratuiti altri a pagamento, dallo street food alle cooking class (anche per bambini), aperitivi, cene sotto le stelle o con musica jazz e tantissime altre esperienze incredibili, come i migliori chef danesi che si contendono il Dish of the Year 2022. Ma soprattutto, eventi legati alla sostenibilità, al cibo organico, al riciclo alimentare.

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Fonte: @Rasmus Flindt Pedersen, 2021

Una tavolata durante l’Harvest Festival di Frederiksberg, a Copenhagen

Le location inedite di Copenhagen

E il cibo è l’occasione per scoprire alcuni angoli inediti della città, fuori dalle solite rotte turistiche. Alcuni eventi si svolgono dentro i cortili, altri lungo The Lakes, i tre laghi rettangolari che circondano il centro città, nei giardini Søndermarken e nella ex Cisterna, una location sotterranea recuperata dove vengono ospitate mostre d’arte e che si trova all’interno del parco, a Blågårds Plads, una piazza pubblica nel quartiere Nørrebro dove spesso si organizzano eventi, specie d’estate.

Il centro dell’evento è Israels Plads, una grande piazza nel centro di Copenhagen. E pensare che un tempo proprio qui finiva la città e proprio qui si trovavano le fortificazioni che la racchiudevano. È uno dei simboli della rigenerazione urbana.

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Fonte: 123rf

Israels Plads a Copenhagen, dove un tempo finiva la città

Altro luogo centrale dell’evento è Frederiksberg, uno dei più bei quartieri cittadini, dove si trova anche lo splendido Palazzo di Frederiksberg, costruito in stile Barocco per la famiglia reale, circondato da bellissimi giardini che nelle belle giornate si riempiono di famiglie.

In occasione di Copenhagen Cooking, il parco ospita l’Harvest Festival con tanti bar e ristoranti che propongono i loro piatti direttamente dalla fattoria alla tavola. Si mangia condividendo una lunga tavolata, nei pop-up restaurant o facendo un pic-nic sul prato.

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Fonte: 123rf

Il Palazzo e i giardini di Frederiksberg