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Klausjagen: la Caccia a Babbo Natale sta per iniziare

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio in Svizzera, per scoprire e riscoprire tutte le meraviglie che si snodano su quel territorio incastonato tra i Paesi dell’Europa Centrale. Laghi, montagne e cime maestose, paesini medievali e monumenti storici e architettonici che raccontano il presente e il passato delle città svizzere. E poi, ancora, resort sciistici, sentieri escursionistici, orologi e cioccolata.

All’ombra dei sentieri più battuti dal turismo di massa, però, esistono luoghi davvero incantevoli che non tutti conoscono. Come Küssnacht, un comune svizzero di 12.000 abitanti situato nell’omonimo distretto e incastonato tra il lago dei Quattro Cantoni e quello di Zugo. La città è legata indissolubilmente alla leggenda di Guglielmo Tell, l’eroe svizzero che guidò il popolo verso la libertà e questo motivo, da solo, basterebbe per raggiungerla e per farsi suggestionare da tutte quelle storie evocative che si tramandano da generazione in generazione.

Ma c’è un altro motivo per raggiungere Küssnacht adesso. Sì perché qui, a dicembre, si tiene uno degli eventi più affascinanti e suggestivi di tutta Europa. Il suo nome è Klausjagen e, tradotto letteralmente, vuol dire Caccia a Babbo Natale.

Benvenuti a Küssnacht, dove il Natale è un’avventura magica

Il nostro viaggio di oggi ci conduce a Küssnacht, ad appena 13 chilometri di distanza da Lucerna. È qui che tra l’imponente Fortezza cittadina e la Hohle Gasse, due dei monumenti legati alla leggenda di Guglielmo Tell, è possibile vivere un’esperienza incantata durante il periodo dell’Avvento. Un evento che si replica ogni anno e che è, con tutta probabilità, uno dei più affascinanti e suggestivi dell’intero continente.

Stiamo parlando del festival Klausjagen che si tiene alla vigilia del giorno di San Nicola proprio nella città di Küssnacht e che ogni anno accoglie oltre 20.000 persone, tra viaggiatori e cittadini, per assistere a uno show incredibile: una sfilata grandiosa che coinvolge oltre 1.000 partecipanti e che dura fino a tarda notte.

I preparativi, di quella che è un’antica tradizione, iniziano mesi prima e si concludono il 5 dicembre con una caccia inedita al portatore di doni. Le origini di questa usanza affondano nel medioevo e alle tradizioni pagane. La comunità si riuniva tra le strade del Paese per cacciare via gli spiriti malvagi con rumori assordanti e insopportabili. Proprio la natura chiassosa di questa manifestazione fece sì che venne messa al bando dalla Chiesa e dalle autorità, per poi essere ripristinata solo nel IX secolo.

Con il tempo quella sfilata rozza e chiassosa si è trasformata in un corteo organizzato che, sotto la guida della Società di San Nicola di Küssnacht, è arrivato fino ai giorni nostri diventando uno degli eventi più affascinanti d’Europa per celebrare San Nicola e il Natale.

Klausjagen: la Caccia a Babbo Natale

La storia di San Nicola e il mito di Babbo Natale sono legati indissolubilmente da un filo leggendario e misterioso. Non stupisce, quindi, che il Klausjagen venga festeggiato proprio alla vigilia del Santo. Ma che succede, esattamente, in questo giorno a Küssnacht?

Alle ore 20.15 del 5 novembre, un rumore assordante apre le danze. Tutti lasciano le case e le cose che stanno facendo per correre in strada. Le luci che si spengono, facendo sprofondare la città nel buio, confermano che l’evento ha inizio. La processione, che mantiene in parte le premesse iniziali, è composta da 180 suonatori di corno, 700 percussionisti con campanacci e 200 uomini abbigliati con mitre vescovili luminose e gigantesche che misurano fino a due metri.

Tutti seguono con attenzione il grande corteo con un solo scopo: quello di trovare Babbo Natale. E alla fine lui arriva, con quattro elfi che distribuiscono dolci e pasticcini a chi è stato buono. Il corteo coinvolge ogni anno oltre 1.500 persone e dura fino a tarda notte. Quando la musica finisce i partecipanti sono soliti recarsi nelle taverne locali per continuare a brindare e a celebrare l’Avvento.

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Questa cartolina invernale è la tua prossima destinazione di viaggio

Una conca racchiusa da una corona di montagne che si stagliano all’orizzonte, la natura incontaminata, le tante strutture ricettive e i numerosi servizi: benvenuti a Jackson Hole, una bellissima valle che si trova in Wyoming, negli Stati Uniti.

Un luogo da sogno, dove vivere una vacanza all’insegna di tanti divertimenti, mille possibilità, di ogni confort, ma anche potendo apprezzare la bellezza di luoghi in cui la natura la fa da padrone. E con il freddo questa valle diventa una perfetta cartolina invernale, la destinazione di viaggio ideale per chi ama la montagna, le piste innevate e i panorami indimenticabili.

Jackson Hole, il paradiso invernale da raggiungere

Per chi ama le piste da sci, ma anche le località in cui la natura la fa da padrona, Jackson Hole è la meta ideale da raggiungere. La bellezza di questa valle non può lasciare indifferenti e, d’inverno, regala panorami che sembrano rubati da una cartolina. Le cime innevate delle montagne, che circondano questa ampia valle, sono meta perfetta per chi è alla ricerca di stazioni sciistiche rinomate. Mentre nella cittadina principale, ma anche nelle altre, si possono trovare tutti i servizi che si possono desiderare: da negozi, a sistemazioni di lusso, fino a locali che fanno provare la sensazione di vivere nel vecchio West.

Ci sono ben tre stazioni sciistiche: Jackson Hole Mountain Resort, Grand Targhee Resort e Snow King Resort. Gli sport che si possono praticare sulle montagne, ma anche a valle, sono numerosi così come le possibilità di fare escursioni. E c’è la possibilità per tutti, anche per i principianti di divertirsi. Oltre allo sci alpino, in questa splendida valle ci si può mettere alla prova con quello nordico grazie a lunghi percorsi appositi.

A sottolineare che questo luogo è davvero una meta da non perdere, anche il fatto che sia stato scelto in più di un’occasione come location per gare di Coppa del Mondo di sci alpino. Inoltre la valle è stata a più riprese scelta per fare da sfondo a pellicole famose.

Non solo neve, cosa fare in città o fuori

Non tutti amano gli sport invernali, pur apprezzando la montagna d’inverno e la neve. E la valle di Jackson Hole offre tantissime opzioni anche per loro. Intanto è bene sapere che la cittadina più grande (che conta circa 10mila abitanti) è Jackson, ma vi sono anche altri centri abitati: Teton Village, Kelly, Wilson, Moran, Moose e Hoback Junction. Inoltre, qui vicino si trova il Grand Teton National Park, mentre un po’ più distante (ma comunque facilmente raggiungibile) è lo Yellowstone National Park.

Escursioni in motoslitta alla scoperta della natura selvaggia o una giornata di relax trascorsa in una sorgente termale, oppure provare ad andare in bici sulla neve: sono solo alcune delle cose che si possono fare durante una vacanza in questa perla del Wyoming. Ma non solo, anche la cittadina di Jackson regala tantissime opportunità. Dalle numerose gallerie d’arte, ai musei che possono piacere ai grandi ma anche ai piccini (in questo caso meta “obbligata” è il parco giochi interattivo Jackson Hole Children’s Museum).

Da non perdere anche i tanti locali dove gustare cibo delizioso, e vale anche la pena informarsi su eventuali concerti dal vivo.

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Mogán, una meta da non perdere a Gran Canaria

Tra le mete preferite dagli europei (e non solo) in qualsiasi stagione dell’anno c’è senza ombra di dubbio Gran Canaria. Si tratta di un’isola di origine vulcanica davvero eccezionale: è nota come il “continente in miniatura” per via dei suoi paesaggi variegati e dei suoi forti contrasti. E proprio qui, in questo lembo di terra dal mare cristallino, sorge una cittadina turistica da visitare assolutamente: Mogán.

Mogán: la “piccola Venezia delle Isole Canarie”

Mogán è una graziosa cittadina che sorge nella parte Sud-Occidentale di Gran Canaria. È un vero e proprio gioiello accarezzato dal mare e protetto da alte montagne. Un posto speciale, quindi, e che include anche due città di pescatori: Arguineguín e Puerto de Mogán. Quest’ultimo, poi, è davvero particolare perché le fa vantare il soprannome di “piccola Venezia delle Isole Canarie” per via della presenza di alcuni curiosi canali e minuscoli ponti.

Certo, il paragone è piuttosto esagerato, ma ciò non toglie che sia una realtà molto pittoresca, uno dei gioielli più belli delle Isole Canarie.

Mogán, "la piccola Venezia"

Fonte: iStock

Uno scorcio di Puerto Mogán

Ci sono poi le spiagge, tantissime, che nel corso del tempo si sono sviluppate in sei centri residenziali: Arguineguín, Patalavaca, Anfi del Mar, Puerto Rico, Amadores, Tauro, Playa del Cura, Taurito e Puerto de Mogán. Insomma, Mogán ha davvero molto da offrire, una di quelle tappe da fare assolutamente se si vola a Gran Canaria.

Cosa vedere a Mogán

Senza ombra di dubbio, una delle maggiori attrazioni turistiche di questa città spagnola è Puerto de Mogán. Ma non c’è da sorprendersi: vanta una spiaggia dalla sabbia nera tipica dei vulcani, lambita da un mare cristallino e spesso anche riparato dai venti. In più, mette a disposizione un pittoresco porto che è in grado di ospitare piccole imbarcazioni e yacht di di lusso.

Passeggiando tra canali e ponti, è possibile scovare casette di calce bianca con porte e finestre colorate – nessuna con più di due piani perché il governo di Gran Canaria limita le nuove costruzioni che superino quell’altezza – che sembrano volersi arrampicare alla montagna scura che gli fa da cornice e che si getta nel mare.

Poi ci sono gli edifici religiosi come la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, che vanta una copertura in legno lavorato. Molto interessante è anche il cosiddetto Molino Quemado, che tradotto vuol dire “mulino bruciato”. Un’attrazione davvero importante perché, nel 2002, è stata classificata come sito del patrimonio nella categoria etnologica.

Molino Quemado, di Mogan

Fonte: iStock

Il bellissimo Molino Quemado

In più, in questo grazioso comune sono presenti tre siti classificati come proprietà di interesse culturale nella categoria “zona archeologica”: Cañada de los Gatos o Lomo los Gatos (“valle dei gatti”), Cañada de la Mar (“valle del mare”), e la Cogolla de Veneguera.

Poi ancora Arguineguín, un tipico villaggio di pescatori, dove ogni martedì va in scena il mercato più grande dell’isola. Un luogo che, nonostante il grande sviluppo turistico, conserva ancora la sua essenza originale.

Spiagge e mare

Mogán si presta perfettamente per fare vacanze all’insegna del mare per via delle sue tante meravigliose spiagge. Una di queste si chiama proprio Playa de Mogán e si distingue per essere accogliente, riparata dai venti eccessivi ed ideale per tutta la famiglia: è ricca di servizi.

Molto interessante è anche Playa de Amadores che, nei fatti, è molto più tranquilla della precedente. Pur essendo un’insenatura artificiale protetta da due barriere, è bagnata da un mare che più volte si è meritato la Bandiera Blu. Inoltre, è perfetta per fare un bagno perché qui l’acqua è sempre calma e priva di onde.

C’è poi Playa de Taurito che rispecchia il vero e proprio significato della parola “tranquillità” perché è generalmente poco affollata e non invasa dalla vita notturna. In più, è composta di sabbia morbida e sottile e anche nel suo mare sventola la Bandiera Blu.

Pur essendo inserita in un contesto residenziale di lusso, la Playa de Anfi del Mar è aperta a tutti. Sfoggia una lunghezza di circa 80 metri in cui giace una sabbia bianchissima accarezzata da acque limpide e particolarmente calme. Sembra quasi di stare in piscina e non a caso è particolarmente frequentata dalle famiglie con i bambini.

Playa del Tauro si distingue per essere isolata e riservata e per presentarsi come una distesa di sabbia dorata che quasi trasmette la sensazione di prendere il sole sdraiati su una spiaggia caraibica.

Infine, la Playa de Puerto Rico che vanta sabbia dorata e che si estende per circa 300 metri. Ma non solo, perché questo è lo spot ideale per chi vuole divertirsi con gli sport acquatici: moto e sci acquatici, escursioni in barca, vela, pesca in alto mare, paracadutismo nautico e molto altro ancora.

Playa de Mogán, Gran Canaria

Fonte: iStock

La bellissima Playa de Mogán

La natura di Mogán

Mogán è molto interessante anche dal punto di vista naturale. Ad attirare l’attenzione sono, senza ombra di dubbio, il Macizo del Suroeste, con una grande ricchezza biologica e il Barranco de Veneguera che regala paesaggi desolati. Ai piedi di queste meraviglie della natura sorge una altro grande tesoro prezioso: la peculiare formazione rocciosa di Los Azulejos che fa innamorare per i suoi colori che riescono a sfumare dal rosso all’azzurro, passando per varie tonalità di giallo.

Mogán è anche la zona ideale per chi vuole solcare sentieri in mezzo alla natura, come i tragitti da fare tra le pinete del Parque Natural de Ojeda, Inagua e Pajonales, in cui risiede la Presa de Soria, un grande lago verde circondato da incredibili palmeti.

Feste e tradizioni

Infine, sappiate anche che Mogán è il posto perfetto anche per fare un viaggio all’insegna dell’autenticità perché è ricca di feste e particolari tradizioni. Da queste parti, infatti, si festeggia San Antonio de Padua el Chico il 13 giugno e San Antonio el Grande la prima domenica di agosto. Ma la cosa interessante è che si fa una festa che unisce tutti i municipi e nella quale viene intonato un particolare canto tradizionale, chiamato “de los Pajaritos”.

Arguineguín e Puerto de Mogán celebrano con molta vivacità la Vergine del Carmen dove è tradizione trasportare su barche le immagini della Vergine da un punto all’altro della costa del municipio.

Insomma, se si visita la sorprendente Gran Canaria non può di certo mancare una sosta presso la vibrante cittadina di Mogán.

Le spiagge di Mogán

Fonte: iStock

La magica Playa de Anfi del Mar
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In questa città, per 6 mesi all’anno non arriva il sole

Provate ad immaginare cosa significhi vivere costantemente all’ombra, senza che i raggi del sole riescano a filtrare l’imponente cortina di montagne che vi circondano: gli abitanti di Rjukan, grazioso villaggio norvegese, hanno combattuto con questo problema per oltre 100 anni, tornando a vedere la luce solamente da marzo a settembre, per poi sprofondare di nuovo nel buio. Almeno, fin quando un progetto rivoluzionario non ha riportato il sole in città.

Rjukan e i suoi specchi

Che alcune regioni della Norvegia possano rivelarsi abbastanza inospitali – soprattutto per noi italiani che siamo abituati ad un clima mediterraneo – non è certo una novità. Ma avete mai sentito parlare di Rjukan? Questa piccola città, che ad oggi conta poco più di 3mila abitanti, si trova in una posizione alquanto bizzarra: incastonata in una valle strettissima, per ben 6 mesi all’anno non viene raggiunta dai raggi del sole. Quest’ultimo, che in inverno rimane sempre molto basso in cielo, non riesce a superare la cortina del monte Gaustatoppen, ai cui piedi si trova il villaggio. Il risultato? Un’intera cittadina che, da settembre a marzo, non vede (letteralmente) la luce.

Vivere così è davvero complicato, perché sappiamo bene che il sole è fondamentale per i nostri bioritmi – e per la vitamina D. Per questo gli abitanti di Rjukan, una città situata circa 80 km a nord dalla capitale Oslo, hanno inventato una soluzione geniale. Nel 2013, hanno installato tre giganteschi specchi sul fianco settentrionale della montagna, per “catturare” i raggi del sole e dirigerli verso la piazza principale del paese. In questo modo, si sono garantiti diverse ore di illuminazione ogni giorno, anche nei 6 mesi bui dell’anno. Gli specchi, posizionati 500 metri più in alto rispetto alla città, sono in continuo movimento grazie ad un sistema gestito dal computer e si spostano ogni 10 secondi, reindirizzandosi per seguire il cammino del sole.

Quest’idea geniale, che in realtà era già stata valutata in passato e poi accantonata a causa della mancanza di tecnologie simili, è stata adottata a seguito dell’iniziativa dell’artista Martin Andersen, trasferitosi a Rjukan alcuni anni prima e decisamente sofferente per l’assenza della luce del sole. Ci sono voluti circa 500mila euro per la realizzazione dell’impianto, una cifra in fondo neanche esagerata, che ha portato un gran benessere all’intera popolazione. Non vi ricorda un po’ la storia di Viganella, il piccolo borgo piemontese che ogni anno rimane al buio per quasi tre mesi? Anche in quel caso, la soluzione è stata adottare uno specchio per convogliare la luce solare.

Cosa vedere a Rjukan

Ma torniamo a Rjukan, una cittadina costruita praticamente da zero nei primi anni del ‘900, a seguito dell’improvviso e vertiginoso sviluppo industriale vissuto in quella regione. Da quando sono stati costruiti gli specchi, la sua popolarità è aumentata notevolmente e molti turisti ne sono stati attratti. Ma cosa possiamo vedere nei dintorni? Il centro di Rjukan è piccolo e molto grazioso: la sua perla è la chiesetta in pietra naturale con il campanile che svetta accanto, caratterizzata da finestre a volta con vetri colorati e splendidi affreschi.

Per chi invece ama la natura, a poca distanza dal paese si può ammirare le meravigliose cascate Rjukan, generate dal fiume Måna: vennero scoperte nel 1811, e inizialmente si credeva fossero le più alte al mondo. In realtà, hanno un salto totale di 238 metri, ma ciò non ne toglie un briciolo di fascino. Molto tempo fa, erano un’attrazione turistica perché rappresentavano le prime cascate ad essere illuminate dall’elettricità prodotta dalla loro stessa acqua. E ancora oggi regalano un panorama da brivido, assolutamente da vivere.

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Raggiungere lo spazio in mongolfiera: ecco quando e quanto costerà

Ci sono viaggi che sembrano dover per forza restare tra i sogni più belli, magari perché impossibili da fare. Quelli nello spazio sono sempre apparsi proprio così: come qualcosa di irrangiungibile. E invece le cose stanno per cambiare, ora infatti stanno diventando sempre più tangibili e possibili.

Quel sogno di volare verso i confini del cielo, presto diventerà realtà grazie all’idea di un’azienda che permetterà di raggiungere lo spazio in mongolfiera. Esatto, non con una navicella spaziale, ma con un mezzo alternativo, molto affascinante ed estramente all’avangiardia.

Da quando sarà possibile e quanto costerà questa esperienza unica nel suo genere.

Lo spazio in mongolfiera: cosa c’è da sapere

Guardare il cielo e immaginarsi di esplorarlo è un richiamo da sempre vivo nel cuore delle persone. E per trasformare in realtà quello che, magari, è sempre stato solo un desiderio, ora è arrivata l’idea molto innovativa di un’azienda francese che – a partire dal 2024 – offrirà la possibilità di partire in mongolfiera per raggiungere i confini dello spazio.

Un viaggio che, sul sito ufficiale di Zephalto, l’azienda francese che ha portato avanti il progetto, viene descritto come un’avventura rivoluzionaria e in armonia con la natura a bordo di Céleste, una capsula pressurizzata sollevata da un pallone stratosferico, i cui interni suddivisi in tre grandi cabine sono stati progettati dall’architetto Joseph Dirand.

Qualche numero in merito a questo viaggio davvero speciale ed esclusivo. Basti pensare che sono solo sei i posti a sedere previsti, mentre la finestra dalla quale ammirare lo spettacolo è ampia 7 metri quadrati. Il mezzo su cui si verrà portati fino ai confini con lo spazio ha una dimensione di 20 metri quadrati e ammontano, invece, a 26.6 i chilogrammi di Co2 emessi: i più bassi per un volo spaziale.

Il volo avrà una durata di sei ore e, come viene spiegato sul sito – è il viaggio la destinazione. Infatti, in questo caso non vi è un luogo specifico da raggiungere, ma un’esperienza da vivere pienamente e facendo tesoro di tutta la meraviglia che saprà offrire.

Sempre sul sito viene spiegato che la salita dura circa un’ora e mezza con una velocità di quattro metri al secondo, raggiunta la stratosfera (a una distanza di 25 chilometri dalla Terra) lì si resterà per circa tre ore. Il ritorno avrà la stessa durata dell’andata, tempo durante il quale si potrà continuare a godere di un panorama unico e indimenticabile.

Quando partire e quanto costa

A quanto pare, i viaggi prenderanno il via sul finire del 2024 e, secondo quanto riportato da un articolo pubblicato su Condé Nast Traveler, dovrebbero avere un costo di circa 120mila euro a persona. Interessante il fatto che l’azienda abbia lavorato per trasformare un sogno di molti in realtà, impegnandosi però a mantenere basso l’impatto ambientale.

Basti pensare che le emissioni di Co2 menzionate precedentemente sono le medesime della produzione di un paio di jeans. Attenzione all’ambiente, ma anche all’esperienza. Sempre su Condé Nast Traveler, infatti, viene spiegato che i viaggi saranno personalizzabili e di lusso, con la possibilità di scegliere menu e bevande specifiche.

E intanto l’obiettivo del fondatore di Zephalto si appresta a trasformarsi in realtà: “Viaggiare verso le stelle, senza inquinare, in armonia con gli elementi”.

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Castello Sforza Cesarini: un luogo da fiaba italiano

Il nostro Paese è tutto bellissimo, ma ci sono degli angoli che sono in grado di catapultare direttamente dentro a una fiaba. Uno di questo è il Castello Sforza Cesarini, un antico maniero che svetta tra i cieli e i boschi di Rocca Sinibalda, un comune italiano di poco più di 100 anime che fa parte della provincia di Rieti.

Castello Sforza Cesarini: con una storia ricca di fascino

Il Castello Sforza Cesarini, chiamato anche Castello di Rocca Sinibalda, fa da guardiano alle case del borgo laziale e si distingue per essere uno dei più suggestivi di tutta la regione. La sua fondazione risale al 1080 e, oltre a essere passato di proprietà in proprietà, è stato anche vittima di episodi drammatici, come dilapidazioni, incendi, abbandoni e saccheggi.

Per questo motivo, non c’è chiarezza sulla sua storia, ma quel che è certo è che tutto questo mistero gli dona quel qualcosa in più, quella bellezza unica che caratterizza costruzioni così speciali come questa.

Cosa vedere

Varcare la soglia di questo Castello è come fare un tuffo nella magia: pur potendolo visitare solo in parte (le visite private includono anche le zone interdette), l’esperienza è a dir poco eccezionale. L’ingresso conduce, tramite una stretta galleria, presso la corte grande che si distingue per essere un elegante ed ampio spazio merlato.

Degni di nota sono anche il piano nobile del palazzo signorile e la sala grande che è abbellita da affreschi del ‘700. Visitabile parzialmente è invece il cosiddetto Cannocchiale, una curiosa prospettiva che tocca la biblioteca, la sala dello sciamano, la sala del criminale, la sala del giardino incantato, la sala della musica e il grande salone del totem bianco. Un qualcosa di davvero straordinario, tanto da essere definito come un percorso di trasformazioni possibili.

All’interno delle mura di questo incantevole maniero sono custodite anche “Le Collezioni”, un insieme di maschere rituali del Nord Ovest americano, totem indiani (uno persino di 9 metri di altezza), maschere, oggetti tribali africani e molto altro ancora.

Chiamato anche Castello delle Metamorfosi perché tra le sue mura si trovano affreschi e grottesche ispirate alla Metamorfosi di Ovidio, nasconde pure delle cantine in cui spesso sono ospitate installazioni e performance artistiche.

Come si può visitare il Castello

Per scoprire il maestoso Castello Sforza Cesarini è necessario prenotare perché le visite avvengono esclusivamente con l’ausilio una guida turistica.

È bene sapere, tuttavia, che le parti che si possono visitare sono l’ingresso, la corte grande, i vari camminamenti che percorrono l’intero perimetro del castello, il piano nobile del palazzo signorile, alcune delle sale lungo il Cannocchiale  – quindi la biblioteca e la sala dello sciamano – gli affreschi rinascimentali, le grottesche, le cantine, il teatro e Le Collezioni.

Per conoscere tutto il resto occorre prenotate una visita privata.

Il borgo di Rocca Sinibalda

Se si sceglie di prenotare una visita presso il Castello Sforza Cesarini, bisogna approfittare di questa occasione per visitare il borgo di Rocca Sinibalda che svetta maestoso sui colli dell’Alta Sabina, tra il verde dei boschi e la valle dove scorre il fiume Turano.

Tra le cose da non perdere c’è il Museo Agapito Miniucchi, un medico originario di Rocca Sinibalda che ha creato tra Spoleto, Todi, Terni e questo bel borgo una serie di opere in ferro, legno e pietra davvero uniche nel loro genere. Una sua opera in pietra è visibile anche al centro dei giardini della piazza, mentre altre sono parte della collezione del Castello.

Infine, è possibile passeggiare lungo il fondovalle per raggiungere i resti di un grande mulino ad acqua, le cui mole sono ora conservate nei giardini del Castello.

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Viaggio a Opatija, la regina dell’Adriatico

Opatija, che in italiano chiamiamo Abbazia, è una bellissima città della Croazia che può essere definita la regina dell’Adriatico. Non solo perché è una splendida località di mare, ma anche perché è stata la destinazione balneare più ricercata dall’élite austro-ungarica durante l’impero asburgico.

A dimostrazione di quanto appena detto ci sono una serie di sontuose ville in stile belle époque, che anche oggi vengono ammirate dai numerosi turisti che qui vengono a trovare piacere e relax.

Cosa aspettarsi

L’affascinante città di Opatija si trova in Istria e si affaccia sulla splendido Golfo del Quarnaro. Sorge in una posizione riparata alle pendici del monte Maggiore, e in più è circondata da boschi di lauro e parchi.

Un piccolo gioiello, quindi, dotato di uno splendido lungomare che fa sentire tutti imperatori, re e regine. Pur essendo una meta particolarmente amata e frequentata durante il periodo estivo, Opatija ha un’anima frizzantina nel corso di tutto l’anno: ci sono spettacoli teatrali e folkloristici, concerti, opere, mostre e molte altre cose ancora, merito anche del suo clima mite che favorisce eventi e appuntamenti.

Cosa vedere

Opatija offre un meraviglioso lungomare che è pregno di monumenti di rilievo che raccontano l’antica storia cittadina. Si cammina all’ombra di piante di alloro e lecci per ben 12 chilometri e si può persino fare rigeneranti in soste in affascinanti parchi verdissimi. Uno di questi è il parco Angiolina, uno spazio in cui dimorano più di 150 specie di piante davvero particolari, come la camelia giapponese che è ormai divenuta un simbolo cittadino.

Il mare, in tutto questo, sarà sempre protagonista, una cristallina distesa d’acqua su ci si affacciano ville che sono dei capolavori.

Dopo il lungomare da non perdere sono Obala Maršala Tita, una via ricca di hotel, ristoranti e negozi; il Viale delle Stelle, ovvero una passeggiata che omaggia i croati che si sono distinti nel campo dello sport, della scienza, cultura e arte; il sentiero di Carmen Sylva, realizzato tra fine Ottocento e inizio Novecento.

Straordinaria è anche la Chiesa di San Giacomo che è totalmente immersa nel verde. Recente ma particolarmente interessante è la Chiesa dell’Annunciazione della Beata Vergine, che vanta una cupola color smeraldo che svetta nei cieli limpidi.

Imperdibile è poi il simbolo per eccellenza di Opatija: la scultura di una ragazza che tende la mano a un gabbiano e che è stata costruita in cima a un promontorio che si specchia nel mare. Ma non è l’unica scultura, perché in giro per tutta la città ci sono opere di artisti e artiste croate che raffigurano tantissimi personaggi diversi, come un barcaiolo abbaziano, una danzatrice di fama internazionale, un violinista e molto altro ancora.

Infine, il Museo del Turismo Croato che prende vita in tre magnifici palazzi. Il più sfarzoso è senza ombra di dubbio Villa Angiolina che è pregna di decorazioni, affreschi, capitelli e mosaici.

Le spiagge

C’è da essere onesti: quelle di Opatija non sono le spiagge più belle della Croazia, ma nonostante questo hanno un fascino indiscutibile per gli scorci che offrono.

La spiaggia cittadina è cementata, ma ciò non toglie che proprio da qui ci si possa tuffare in un mare limpido e dalle mille sfumature di blu.

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Ungheria: il Paese dove gastronomia e vino sono una gustosa scoperta

L’Ungheria per molti di noi è sinonimo di castelli fiabeschi, atmosfere romantiche, centri termali che rimettono al mondo e bellezze naturali che lasciano a bocca aperta. Ma fare un viaggio in questa terra dell’Europa centrale vuol dire anche scoprire qualcosa di probabilmente inaspettato, e che a noi italiani rende particolarmente felici: un’ottima gastronomia e dei vini che non hanno nulla da invidiare a mete ben più famose in questo settore.

Sì, l’Ungheria è stata una grande scoperta per le nostre papille gustative e anche un Paese in cui le tradizioni secolari si mescolano con armonia a varietà uniche, paesaggi mozzafiato e una gioiosa ospitalità.

La tradizione del vino in Ungheria

L’Ungheria vanta ben 6 regioni vinicole che a loro volta si dividono in 22 distretti, tutti caratterizzati dallo status DOP. A questi deliziosi vini si abbina una gastronomia in grado di esaltare il sapore e l’aroma dei vini stessi, che quasi poeticamente sono ottimi da gustare con pietanze di terra e di mare grazie alla loro versatilità.

Ma in fondo non c’è poi così tanto da stupirsi: a portare i primi vigneti in questo territorio furono i romani, che avevano scoperto che il terreno locale era (ed è anche oggi) ideale per la coltivazione dell’uva perché in gran parte di origine vulcanica. Un enorme contributo arriva anche dai numerosi fiumi e il gigantesco Lago Balaton, elementi in grado di creare microclimi ideali per la produzione dei vini.

La regione del Lago Balaton

La prima regione vinicola che abbiamo avuto il piacere di esplorare (e assaporare) è stata quella del Lago Balaton, un gigantesco specchio d’acqua che per la sua estensione e bellezza è definito il “mare d’Ungheria”.

Si tratta di una zona particolarmente favorevole per i vigneti grazie alla tanta luce solare riflessa, l’umidità adeguata e le estati fresche e piacevoli.

Con le montagne alle spalle che creavano un ambiente a dir poco straordinario, abbiamo avuto il piacere di conoscere ben sei distretti vinicoli che con il loro vini riusciti persino a trasmetterci le peculiari caratteristiche del terreno.

Da queste parti la varietà più comune si chiama Olaszrizling, vino perfetto per un aperitivo grazie ai suoi toni esotici. C’è poi il distretto vinicolo Balatonfüred–Csopak che sorge sulla sponda settentrionale di questo immenso lago, e qui i vini da gustare sono particolarmente eleganti e dall’acidità fine.

Più corpose sono invece le produzioni del distretto vinicolo di Badacsony, dove coni e colline vulcaniche regalano panorami scenografici. Da non perdere è ii Kéknyelű, un antico vitigno ungherese coltivato solo in questo distretto poiché caratterizzato da una maturazione tardiva e da una coltivazione complessa e limitata.

Eccezionali sono anche il distretto vinicolo del Balaton Uplands, che si fa spazio sulle colline settentrionali del Lago regalando un’atmosfera altamente romantica, e il distretto vinicolo di Balatonboglár, terra di produzione di vini bianchi snelli e leggeri, di rossi eleganti, e anche della materia prima per la creazione dello champagne.

La regione del Danubio

La regione del Danubio ci ha regalato tutta un’altra emozione: qui i vini sono leggeri e meno acidi. Da queste parti sorgono i distretti vinicoli di Csongrád e Kunság che offrono vitigni coltivati ​​su terreni alluvionali e sabbiosi da cui emergono ottime bottiglie come il Riesling renano, il Kövidinka, il Kékfrankos e lo Zweigelt.

Il primo ci ha fatto innamorare del suo sapore con note erbacee e di mela, il Kékfrankos per la sua freschezza e acidità, mentre e lo Zweigelt per essere ottimo in abbinamento con la selvaggina e i piatti di carne, tra cui il rinomatissimo Gulash ungherese. Una piccola chicca: non mancate di visitare i villaggi di questa regione, in particolare Hajós che è il più grande villaggio di cantine di tutta l’Ungheria.

Gulash Ungheria

Fonte: Visit Hungary

Un ottimo piatto della tradizione ungherese

La regione vinicola dell’Alta Ungheria

Ve lo sveliamo subito senza girarci troppo intorno: la regione vinicola dell’Alta Ungheria è unica nel suo genere perché qui, a differenza di altre zone, le viti crescono ad un’altitudine di 500 metri sul livello del mare.

Una condizione che, oltre a regalare panorami emozionanti come quelli che si possono ammirare presso il distretto del Mátra dove si erge la catena montuosa più alta dell’Ungheria, permette di produrre anche vini piacevoli, freschi, fruttati e morbidi.

Gli amanti del bianco troveranno pane per i loro denti grazie all’ Olaszrizling, Leányka, Ottonel Muscat, Szürkebarát, Sauvignon Blanc e Chardonnay.

Con circa un’ora di macchina dalla spettacolare Budapest siamo poi arrivati al distretto vinicolo di Eger, dove è impossibile non essere sedotti dal patrimonio edilizio e dalle bellezze naturali. Non è di certo da meno l’esperienza con i vini, in quanto qui la tradizione è davvero secolare: le cantine risalgono a 400 anni fa, tanto che è possibile fare una visita guidata al labirinto della cantina di Eger, che è quasi una città sotto la città.

Il vino iconico è l’Egri Bikavér che è frutto della miscela di almeno tre vitigni, il più dominante dei quali è il Kékfrankos, oltre ai vitigni blu locali e internazionali.

La regione vinicola Pannonia

Si arriva nella regione Pannonia e si viene accolti da sinuose colline quasi costantemente baciate dal sole e da un forte mesoclima mediterraneo.

Qui il distretto vinicolo del Villány dà vita eccezionali vini rossi, molti dei quali di origine francese come Merlot e Cabernet Sauvignon.

distretto vinicolo del Villány

Fonte: Visit Hungary

Il distretto vinicolo del Villány

Passeggiando nel paesino ci si può perdere in un incrocio di strade con cantine ed enoteche a ogni angolo.

Da non perdere è anche la zona vinicola di Pécs dove viene prodotto il Cirfandli da uve che sono uniche in tutto il Paese e che generano vini secchi, dolci, leggeri o corposi.

La regione del Tokaj

La regione del Tokaj è forse la più famosa di tutte, ma finché non ci si mette piede non è umanamente possibile comprenderne bellezza e gusto per via delle sue caratteristiche davvero speciali, tra cui i vigneti situati su formazioni rocciose vulcaniche eccezionalmente colorate.

Assaggiare un un bicchiere di Furmint o di Aszú mentre si è immersi nell’atmosfera delle cantine secolari è come un sogno che si avvera, così lo è anche il Tokaji Aszú, uno dei vini dolci più unici al mondo, tanto che fu definito da Luigi XIV di Francia “Re dei vini e vino dei Re”.

Il merito, oltre che delle mani esperte dei produttori locali, è certamente della storia geologica della regione fatta di numerosi tipi di rocce e terreni, della vicinanza di diverse centinaia di vulcani precedentemente attivi e del benefico microclima locale.

L’Alta Pannonia

Infine l’Alta Pannonia che si distingue per la presenza di molte più uve bianche che nere. Purtroppo gli effetti negativi del riscaldamento globale qui sono piuttosto evidenti, ma nonostante questo i vini prodotti negli ultimi dieci anni sono diventati notevolmente più corposi e alcolici.

Tra i maggiori vitigni coltivati da queste parti troviamo tantissime varietà che rispecchiano la sua importante grandezza, e vanno dal Kékfrankos allo Chardonnay passando per l’Ezerjó.

Insomma, l’Ungheria ha saputo sorprenderci con i suoi sapori indimenticabili mentre tutto, intorno a noi, era di una bellezza avvolgente.

Tokaji Aszú, Ungheria

Fonte: Visit Hungary

Il buonissimo Tokaji Aszú
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Questa è la porta d’accesso di una città sotterranea. È in Italia

Organizzare un viaggio a Trieste, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni, è sempre un’ottima idea. Il capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia che corre lungo l’altipiano del Carso, e si affaccia sulla Slovenia, è un concentrato di meraviglie che meritano di essere scoperte passo dopo passo.

Meraviglioso è il centro storico medievale, quello che conserva le preziose testimonianze delle diverse influenze che hanno dato il volto alla città, così come lo è il quartiere neoclassico che affonda le origini in epoca austriaca. Le cose da fare e da vedere qui, lo abbiamo già detto, sono tantissime. Ma non accontentatevi solo di ciò che è visibile in superficie, perché Trieste nasconde un incredibile segreto sotto le viscere della città.

Una passeggiata lungo il muraglione di Via Romagna svela in parte ciò che lo sguardo non ha ancora visto. Qui, infatti, esiste la porta d’accesso a quella che sembra una città sotterranea: un dedalo di intricate gallerie costruito nella Seconda Guerra Mondiale e adesso trasformato in un museo. Benvenuti a Kleine Berlin.

C’era una volta un rifugio antiaereo

Non è un semplice museo, Kleine Berlin è molto di più. È la testimonianza di un passato che non si può dimenticare, nonché il più grande complesso di gallerie antiaeree sotterranee ancora esistenti. Un vero e proprio tesoro celato che si nasconde all’ombra dei luoghi iconici della città, e che si snoda proprio sotto il suo centro nevralgico.

La struttura, costruita negli anni precedenti al conflitto bellico, è stata realizzata in due settori divisi tra loro ma comunicanti. La parte italiana ha funzionato come rifugio antiaereo per la popolazione civile, mentre l’area costruita dai militari tedeschi veniva utilizzata come deposito, magazzino e ricovero. Ancora oggi le due parti sono ben visibili e sono visitabili attraverso visite guidate.

Kleine Berlin, il museo sotterraneo

All’interno del complesso sotterraneo tutto è rimasto immutato, sospeso nel tempo. Le pareti, per esempio, conservano il colore originario di oltre 60 anni fa così come le disposizioni degli ambienti sono le stesse. Ecco perché visitare le gallerie del Kleine Berlin è un’esperienza estremamente suggestiva e affascinante, un viaggio nel tempo e nella storia di Trieste che merita di essere compiuto dai cittadini e dai viaggiatori.

Il complesso, la sua manutenzione e la valorizzazione, è gestito da un gruppo di volontari ed è aperto l’ultimo venerdì del mese dalle 17.30 alle 20.00. Tutte le visite guidate possono essere effettuate solo previa prenotazione. È possibile, inoltre, prenotare visite di gruppo (per almeno 12 persone) dal lunedì al venerdì.

Il costo d’ingresso è di 5 euro a persona, 3 euro per ragazzi e studenti. L‘accesso al complesso sotterraneo consente di visitare la galleria antiaerea pubblica costruita come rifugio per i triestini e il ricovero antiaereo dei militari tedeschi.

All’interno della Klein Berlin, inoltre, sono state allestite due mostre permanenti che consentono di comprendere al meglio il periodo storico della costruzione delle gallerie. I due percorsi espositivi raccontano, rispettivamente, la storia dei bombardamenti che la città ha subito durante la Seconda Guerra Mondiale e tutte le cavità naturali e artificiali che sono state realizzate, invece, dagli eserciti durante il primo conflitto bellico.

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Beilstein, un villaggio da sogno affacciato sul fiume

La Germania vanta non solo splendide città d’arte, ma anche piccoli borghi dove il tempo è rimasto sospeso e si respira un’atmosfera autentica: è il caso di Beilstein, un vero e proprio villaggio in miniatura che sembra uscire da un libro di fiabe. Situato sulla riva destra della Mosella, è poco più di un agglomerato di case che si specchia su acque color smeraldo. Andiamo alla scoperta di questo luogo magico.

Beilstein, un borgo da favola

Nella regione della Renania-Palatinato, che si snoda a sud-ovest del Paese, c’è un piccolo villaggio dall’aspetto fatato. Stiamo parlando di Beilstein, situato a circa 50 km dalla città di Coblenza: è adagiato sulle sponde del fiume Mosella, e il suo centro storico è uno dei più affascinanti di tutta la Germania. Il borgo ha una storia secolare, che affonda le radici all’800 d.C., epoca in cui risalgono alcune tombe della Franconia ritrovate nel suo territorio. Nato come un piccolo insediamento, divenne ben presto un possedimento feudale e, nel 1309, venne fortificato assumendo il titolo di città da re Enrico VII. Beilstein merita assolutamente una visita, ecco quali sono le tappe più suggestive.

Cosa vedere a Beilstein

Il borgo di Beilstein, uno dei più graziosi della Germania, conta appena 140 abitanti: è davvero un piccolo agglomerato di casette a graticcio, a dir poco suggestive. Il paesaggio stesso è da sogno, con vigneti rigogliosi che si arrampicano tra le colline e si affacciano sulla Mosella. L’ideale è scoprire le sue meraviglie con una bella passeggiata a piedi o in bici, per godere di un panorama mozzafiato. Ma è il centro storico del villaggio ad essere la vera perla: tra le sue viuzze, sembra quasi di essere ancora al medioevo.

Una delle attrazioni più affascinanti è la Chiesa di St. Joseph, che ha reso Beilstein un luogo di pellegrinaggio. L’edificio, uno splendido esempio di architettura barocca costruito a partire dalla fine del ‘600, custodisce infatti la Madonna Nera dei Miracoli, una statua spagnola realizzata nel XII o nel XIII secolo. Dopo la guerra dei trent’anni, gli spagnoli che avevano dominato sul villaggio per un breve periodo lasciarono qui questa magnifica scultura, la quale venne poi portata in Francia. Solo nel 1950 fu trasferita nuovamente a Beilstein, ed è oggi ammirata da moltissimi pellegrini.

In passato, il borgo aveva anche un’importante comunità ebraica: ne sono testimonianza l’ex sinagoga, un vecchio edificio in pietra a tre piani, e un cimitero ebraico abbarbicato tra le colline. Poco al di sopra di quest’ultimo, in una posizione da cui si può ammirare un paesaggio incredibile, ci sono le rovine del Castello Metternich. Menzionato per la prima volta nel 1268, venne probabilmente eretto più di un secolo prima e purtroppo venne distrutto nel 1689, durante la guerra dei nove anni, dalle truppe francesi.

Oggi del bellissimo maniero restano soltanto alcune rovine, tra cui il mastio del ‘200 e la torre circolare situata a sud-ovest, risalente al XIV secolo. Nei dintorni, affacciate sulla Mosella, ci sono altre antiche fortificazioni come le imponenti mura con cinque porte e diverse torri di guardia. Nonostante Beilstein sia davvero minuscolo, non manca una cantina dove degustare i migliori vini prodotti nei dintorni e due splendidi hotel pronti ad accogliere i turisti.