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La “Pompei della Puglia”, un sito archeologico (ancora) tutto da scoprire

Per quarant’anni hanno scavato riuscendo a fare emergere solamente il 20% dell’area archeologica. La maggior parte dell’antica civiltà che abitava questo luogo e della storia che potrebbe raccontare resta ancora un mistero.

Per l’importanza che ha, però, è stata soprannominata la “Pompei della Puglia”. Stiamo parlando del sito di Herdonia, oggi conosciuta con il nome di Ordona, che si trova in provincia di Foggia.

Si tratta di un’antica città di epoca romana, che fu scoperta per puro caso su una collina nel lontano 1962 dall’archeologo belga Joseph Mertens, il quale avviò le proprie ricerche in un’area mai indagata prima. Nel ’93, all’équipe belga si è aggiunta un’équipe italiana, guidata da Giuliano Volpe, archeologo e rettore emerito dell’Università di Foggia.

Gli scavi hanno riportato alla luce il percorso delle antiche mura cittadine, i resti di due templi, di una basilica, del foro, del mercato, delle terme e di un piccolo anfiteatro e poi l’area residenziale delle domus. Il tutto risulta essere ancora ben conservato. All’esterno delle mura è stata trovata anche una vasta necropoli.

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Fonte: @Getty Images

I resti della basilica a Herdonia, la “Pompei della Puglia”

Herdonia, la “Pompei della Puglia”

Dagli elementi che sono stati rinvenuti, pare proprio che Herdonia ricoprisse un ruolo molto importante all’epoca del suo splendore. Nell’età imperiale, era infatti attraversata da una delle vie più importanti dell’antica Roma, la via Minucia, poi rinominata via Traiana, che collegava Benevento a Brindisi, e quindi alla Grecia, rimasta in uso fino al Medioevo e, ancora oggi, utilizzata nel tratto appenninico.

Fu teatro di due importanti battaglie durante la seconda guerra punica, poi, fece l’errore di passare dalla parte di Annibale e di schierarsi, quindi, come altri Comuni della Daunia, contro Roma e ciò non le fu mai perdonato, tanto che alla fine della guerra la popolazione fu deportata.

Nel Duecento, vi sorse una delle residenze di caccia di Federico II di Svevia. In età tardomedievale, subì un progressivo spopolamento e fu abbandonata definitivamente attorno al XIV-XV secolo. Solo un paio di secoli dopo iniziò a ripopolarsi grazie al volere di re Ferdinando IV di Borbone che si prefissò di riqualificare tutta l’area agricola del tavoliere meridionale.

Un sito troppo poco conosciuto

Per far sì che questo sito non cada nell’oblio, un’associazione locale si occupa di organizzare rievocazioni storiche in costume ed eventi teatrali che riscuotono sempre un grande successo, ma ciò non è sufficiente a far conoscere ai turisti che visitano la zona la “Pompei della Puglia”.

L’incuria e l’abbandono stanno gravemente danneggiando quanto era stato portato alla luce negli Anni Sessanta. La vegetazione si è riappropriata del luogo e gli affreschi che erano stati restaurati hanno già bisogno di nuovi interventi, tanto che, per riuscire ad attirare l’attenzione, gli scavi archeologici di Ordona sono stati candidati dalla popolazione locale tra i Luoghi del cuore del FAI.

Parte del sito, una decina di anni fa, è stato acquisito dal proprietario dei terreni dal ministero dei Beni Culturali e la speranza è quella di farlo diventare, un giorno, il Parco archeologico dell’antica città di Herdonia, un luoog unico per tutta la Daunia, ma anche per tutta l’Italia. Ma c’è ancora molto da fare e tanto da scavare.

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Narrow House: la casa più stretta del mondo è un’attrazione turistica imperdibile

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi, lo facciamo per esplorare il mondo che abitiamo e le sue meraviglie, quelle naturali, artistiche, storiche e architettoniche. Lo facciamo anche per vivere e condividere esperienze straordinarie e per toccare con mano la cultura e le tradizioni di popoli lontani. Certo è che mai avremmo immaginato di farlo per visitare una casa.

Ma quella in Normandia non è una casa qualsiasi, ma la più stretta del mondo. Un primato sicuramente insolito e bizzarro che ha trasformato l’edificio realizzato da Erwin Wurm in una vera e propria attrazione turistica. Il motivo? Si tratta di un vero e proprio capolavoro artistico, un gioiello in miniatura che ha conquistato l’interesse della critica e anche quello dei viaggiatori.

Con le sue piccole dimensioni – 7x13x16 metri – Narrow House – questo il suo nome – viene ogni giorno raggiunta, contemplata e fotografata da avventurieri provenienti da ogni parte del mondo. Ecco dove si trova e come visitarla.

Narrow House: benvenuti nella casa più stretta del mondo

Fate spazio nella vostra travel wish list: c’è un nuovo luogo da raggiungere e si chiama Square Claude Érignac. Ci troviamo in Normandia, e più precisamente a Le Havre, nel comune francese situato sulla riva destra dell’estuario della Senna.

Anche se lontana dai sentieri più battuti dal turismo di massa, questa città sa sorprendere come poche. Non solo per le sue dimensioni e i suoi abitanti, che la rendono la prima città della Normandia, ma anche per il centro urbano, ricostruito da Auguste Perret, che è stato inserito dal 2005 nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco.

Se questi motivi non dovessero bastarvi per raggiungere Le Havre, allora segnaliamo Narrow House, un’attrazione turistica unica e uguale a nessun’altra che, da sola, merita l’intero viaggio. La casa più stretta del mondo, opera d’arte che porta la firma di Erwin Wurm, ha infatti ridefinito l’aspetto della piazza Claude Érignac. Un’installazione visitabile, ma poco abitabile, per le dimensioni, le fattezze e i dettagli ha accolto l’attenzione di appassionati d’arte e viaggiatori provenienti da ogni dove.

Narrow House, gli interni della casa più stretta del mondo

Fonte: Kai Pilger / Alamy / IPA

Narrow House, gli interni della casa più stretta del mondo

Come visitare la casa stretta di Erwin Wurm

È visitabile, la casa più stretta del mondo, e questo basta per raggiungere Le Havre. L’installazione di Erwin Wurm, come anticipato, fa da cornice alla piazza Claude Érignac diventandone attrazione turistica aperta al pubblico dal 24 giugno del 2022.

Sono le sue dimensioni a parlare per lei: Narrow House, infatti, misura solo 7x13x16 metri e spicca, non certo per maestosità, all’interno di un giardino alberato che la circonda. Ma a differenza di quanto si può pensare non è solo un involucro vuoto, perché i suoi interni sono a disposizione dei più curiosi.

Sono piccoli, stretti e quasi claustrofobici ma sapientemente pensati gli arredamenti della Narrow House. Non aspettatevi, certo, mobili tradizionali perché quelli presenti negli ambienti della casa più stretta del mondo sono quasi surreali. Così come lo sono le pareti delle stanze che si restringono e si allargano invitando i visitatori a ripensare agli spazi e a dialogare, in maniera inedita, con loro.

Erwin Wurm ha prodotto negli anni diversi modelli di questa casa, ispirati tutte alla sua dimora d’infanzia seppur reinterpretata in maniera surreale e visionaria, uno tra i quali è stato anche in Italia, a Venezia, in occasione della Biennale del 2011. Ma adesso, Narrow House è diventata un’installazione permanente, nonché una tappa obbligata per tutti coloro che viaggiano in Normandia.

Narrow House, la casa più stretta del mondo a Venezia

Fonte: Getty Images

Narrow House, la casa più stretta del mondo a Venezia
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La “Venezia d’Africa” è una città che sorge sulle palafitte

Una città sull’acqua, in cui le strade si percorrono con le imbarcazioni e abitazioni si ergono su palafitte: è la Venezia d’Africa, un luogo affascinante, in cui il tempo sembra essersi un po’ fermato e la vita è scandita da ritmi più lenti.

Ganvié si trova in Africa occidentale nel Benin meridionale, si tratta di un villaggio lacustre che è stato costruito sul lago Nokoué, un luogo antico, le cui origini sono da ricercare nel XVIII secolo. Questo villaggio, che vive soprattutto di pesca, è anche sempre di più una meta turistica apprezzata, ciò non stupisce dal momento che sembra di ritrovarsi in un luogo senza tempo e dove la mano degli uomini emerge a ogni costruzione.

 Ganvié, benvenuti nella Venezia d’Africa

Le case sono costruite su palafitte, i pali di bambù emergono dalle acque del lago e sorreggono le abitazioni. Le barche si muovono su queste strade liquide. Qui il tempo sembra non esistere, perché gli abitanti di Ganvié – la Venezia d’Africa –  vivono di pesca e si sono adattati ad abitare questo luogo. Dormono in case in legno, con tetti di paglia (ma si vedono anche in lamiera), si spostano con imbarcazioni lungo questi percorsi d’acqua: piroghe con remi e alcune anche con motori. Sono il vero mezzo di trasporto che si utilizza per ogni spostamento tra un edificio e l’altro.

Il villaggio ha circa 20mila abitanti e dal 1996 è iscritto alla lista indicativa Unesco, non ancora nei siti Patrimonio dell’Umanità. Il lago su cui sorge è poco profondo, può raggiungere un’altezza di circa due metri e la sua acqua – essendo collegato al mare – è salmastra per questa ragione non è potabile. L’approvvigionamento per bere avviene tramite fontanelle alle quali ci si reca per riempire i contenitori. Viene anche allevato del bestiame su alcune isolette.

Ma gli abitanti vivono soprattutto di pesca e di turismo; infatti, la Venezia d’Africa è una delle mete più raggiunte se si visita questa zona del Benin ed è un luogo particolarissimo.

Per risalire alla sua nascita si deve tornare al XVIII secolo quando la popolazione si è recata in questa zona per sfuggire alla tratta degli schiavi.

Ganvié: la Venezia d'Africa

Fonte: iStock Photo

Ganvié è la Venezia d’Africa

Come raggiungere e quanto fermarsi alla Venezia d’Africa

Si può dedicare alla visita della Venezia d’Africa una giornata, per raggiungerla si deve salire su un’imbarcazione, un breve percorso che permette già da solo di immergersi nell’atmosfera particolarissima di questo luogo.

Nel villaggio, che si sviluppa su un territorio abbastanza esteso, inoltre si trovano un hotel e un negozio dove acquistare dei ricordi della visita. Il lago si estende su circa 16mila ettari ed è il posto ideale per chi apprezza osservare gli uccelli; infatti, ci si può imbattere nell’anastomo africano e nell’airone tigrato crestabianca. Se si decide di inserire la Venezia d’Africa fra le proprie tappe di viaggio è bene sapere che è necessario visitarla con una guida.

Inoltre, non è molto distante dalla capitale economica del paese: Cotonou, che si trova a circa mezzora di distanza e anche questa città è una meta imperdibile con le sue tante attrazioni. Tra queste impossibile non citare il Grand Marché du Dantokpa dove si trovano le merci più disparate: si tratta di un grandissimo mercato a cielo aperto, forse tra i più vasti che si trovano in questa zona del continente africano. Un luogo in cui trattare e lasciarsi affascinare dalla cacofonia di suoni e dai tanti profumi.

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La Valle del Silencio, il segreto meglio custodito della Spagna

Ci sono dei posti remoti, totalmente fuori dai radar dei turisti, dai profili fiabeschi e che nascondono segreti naturali e gioielli architettonici davvero unici nel loro genere. No, per trovarli non occorre andare dall’altra parte del mondo, perché sono più vicino di quanto si creda. Uno di questi si trova in Spagna, e prende il nome di Valle del Silencio.

Dove si trova la Valle del Silencio

La straordinaria Valle del Silencio (e tra poco scopriremo che non si chiama così a caso) sorge a Sud della regione spagnola soprannominata El Bierzo, un angolo del Paese dove la natura regna indiscussa e che si trova a ovest della Provincia di León, nella comunità autonoma di Castiglia e León.

Sotto lo sguardo dei Monti Aquilianos, per accedervi occorre attraversare una strada pregna di piccoli paesini da sogno e che in sottofondo regala un costante mormorio di ruscelli e sinuose cascate.

Perché si chiama così

Un nome molto particolare, quello della Valle del Silencio, su cui però non c’è un parare universale: nessuno sa con precisione perché si chiami così. Ciò non toglie che ci siano un paio di storie curiose che provano a raccontarlo.

La prima narra che non si potrebbe chiamare in altro modo, perché quando i viaggiatori attraversano la tortuosa strada che la collega con il resto del mondo rimangono muti. Non è chiaro però se la mancanza di parole derivi dalle tante curve da superare o a causa degli straordinari, e pressoché infiniti, paesaggi che fanno impallidire.

Secondo un’altra storia, invece, questo curioso nome è dovuto alle rigide regole imposte dalle piccole comunità di monaci che vagavano da queste parti, tra l’VIII e il X secolo, e che qui trovarono il luogo che cercavano, nonché grotte dove rifugiarsi incastonate tra montagne che già i Celti consideravano sacre.

Cosa visitare

La prima tappa da fare nelle vicinanze della Valle del Silencio è Ponferrada, capoluogo di El Bierzo e anche una delle soste principali del famosissimo (e bellissimo) Cammino di Santiago. Una località dai profili magici: si sviluppa ai piedi di un imponente castello fondato dai templari.

Chiamato il Castillo del Temple, è stato costruito nell’XI secolo e poi modificato, ampliato, riformato e restaurato. Molto interessante è anche la Torre dell’orologio che un tempo era un’antica porta della città. C’è poi il Real Carcel (Carcere reale), un edificio a due piani che ospita oggi il Museo del Bierzo.

Un’altra attrazione da non perdere è la Basilica della Madonna della Quercia dove è custodita La Morenita, una delle antiche Madonne nere della Spagna.

Da qui inizia il vero e proprio percorso che porta ad immergersi nella Valle del Silencio. Bisogna andare in direzione San Clemente de Valdueza, Montes de Valdueza e Peñalba de Santiago lungo una strada impreziosita da una fitta e fresca foresta che permette di lasciarsi alle spalle la frenesia del mondo: non sorprende, quindi, che fosse meta degli eremiti.

Con una piccola deviazione si raggiunge Montes de Valdueza, un paese dall’atmosfera rustica e autentica che si trova in una posizione particolarmente isolata, al centro dei Monti Aquilianos, tanto che i monaci anacoreti qui costruirono monasteri ed eremi, come il monastero di San Pedro de Montes, attorno al quale nacque l’attuale borgo.

Subito dopo occorre andare in direzione Peñalba de Santiago che colpisce per essere un borgo incontaminato. Da queste parti sorge la Chiesa del X secolo che è stata descritta da Sandoval come “la cosa più curiosa e degna di nota che la Spagna abbia tra le antichità”.

Dai vicoli labirintici, è un posto che è rimasto ancorato nel tempo, come del resto la Valle del Silencio che è uno di quei luoghi meno conosciuti ma più sorprendenti della Spagna.

Infine San Clemente de Valdueza, pieno di edifici dalla tipica architettura berciana. Da qui inizia anche il percorso che porta al belvedere e all’altalena Valdecarrizo dove si può godere di straordinarie viste panoramiche e scattare alcune foto da una delle altalene più suggestive del Bierzo.

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Dormire in un faro, su un’isola selvaggia e solitaria, con la tua dolce metà

Le coppie che amano vivere e condividere esperienze uniche e straordinarie sanno bene che c’è sempre un buon motivo per organizzare un nuovo viaggio, sia che si tratti di un’avventura adrenalinica o di una vacanza da Mille e una notte. Certo è che con la primavera alle porte, una fuga d’amore è proprio quello che serve a tutti quelli che viaggiano in coppia.

Se siete alla ricerca di una nuova avventura da vivere con la vostra dolce metà, magari proprio in occasione della bella stagione, l’avete trovata. Si tratta di un alloggio unico, e uguale a nessun altro, che vi permetterà di realizzare un sogno, quello di dormire in un faro su un’isola selvaggia e solitaria.

Vi farà piacere sapere che, per vivere questa esperienza, non dovrete volare dall’altra parte del mondo perché questa struttura si trova in Italia e più precisamente al largo delle coste toscane. È qui, che in coppia, potrete vivere la vostra favola italiana.

Fuga romantica sull’isola di Formica Grande

Il nostro viaggio di oggi ci porta su un’isola selvaggia e solitaria, un lembo di terra di soli 6 ettari che si configura come la destinazione perfetta per chi sogna una fuga romantica lontano da tutto e da tutti. Uno spazio ideale che consente di vivere un sogno a occhi aperti per pochi giorni o per una settimana intera.

Ci troviamo sull’Isola di Formica Grande, uno dei tre isolotti rocciosi situati al largo del Parco Naturale della Maremma, dove la natura è assoluta protagonista. L’unico edificio qui, infatti, è un faro bianco che si erge solitario e si staglia contro l’azzurro del cielo e del mare. Un edificio inaugurato agli inizi del ‘900 dalla Marina Militare e restaurato ultimamente per consentire ai viaggiatori di vivere un’avventura unica nel suo genere.

Il faro, infatti, si è trasformato in una struttura ricettiva esclusiva che permette a tutti di accedere al lusso più ambito di sempre: quello di trascorrere del tempo a contatto con la natura più autentica e selvaggia.

L'iIsola delle Formiche col suo faro

Fonte: iStock

L’iIsola delle Formiche col suo faro

Dormire in un faro: l’esperienza da sogno in Italia

Un’isola solitaria e disabitata con un faro a propria disposizione e con uno staff invisibile che prepara pasti, aperitivi al tramonto e organizza gite in barca: se questo è il vostro sogno, allora, è arrivato il momento di realizzarlo, e di farlo in Italia.

Il Faro delle Formiche, che prende il nome dall’isola che lo ospita, dispone soltanto di due suite che possono accogliere fino a 4 ospiti. Ideale, quindi, per coppie che vogliono lasciarsi alle spalle il caos della città e gli impegni quotidiani per immergersi nel relax e nella grande bellezza.

L’edificio, infatti, ospita una terrazza dalla quale è possibile ammirare il mare che si perde a vista d’occhio e che si fonde con l’orizzonte. Meravigliosi, poi, sono le albe, i tramonti e i cieli stellati tutti da osservare da questa posizione privilegiata. Relax, ma anche benessere: chi alloggia qui può godere della presenza di una fonte termale d’acqua calda che sgorga dalla roccia e che si raccoglie in una piscina naturale nella quale immergersi a ogni ora del giorno e della notte.

Se volete realizzare questo sogno, vi basterà raggiungere la provincia di Grosseto e da lì raggiungere l’isola in soli 40 minuti. Il periodo ideale, per organizzare una vacanza o anche solo un weekend al Faro delle Formiche, è quello che va da aprile a ottobre, condizioni meteo permettendo. Quale occasione migliore, se non quella della primavera, per organizzare una fuga d’amore in questo paradiso selvaggio italiano?

Faro delle Formiche

Fonte: Ufficio Stampa/Ph Lucio Rossi

Faro delle Formiche

 

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Alleghe, in un contesto naturale unico

È un contesto naturale unico e straordinario quello che accoglie il grazioso paesino montano di Alleghe, in provincia di Belluno, sulle rive del lago omonimo e vegliato dal maestoso Monte Civetta di ben 3220 metri.

Siamo nel cuore delle Dolomiti Patrimonio UNESCO, in un’amena località pioniera del turismo e dell’alpinismo, godibile in tutte le stagioni e, in inverno, anche per chi non scia: sì perché le innumerevoli occasioni per praticare sport all’aria aperta in un ambiente incontaminato, la ricchezza della gastronomia tipica, il lago e i colori della natura invitano a una rigenerante vacanza a 360 gradi.

Le attrazioni di Alleghe per amare la natura e le Dolomiti

Vivere Alleghe significa immergersi appieno nella bellezza, nei suoni, nel silenzio e nel fascino indiscusso delle “montagne più belle d’Italia” e delle perle di cui sono custodi.

Dopo una passeggiata in Piazza Kennedy, centro pulsante del paese su cui si affacciano ristoranti, hotel, negozietti di souvenir, noleggio sci e la caratteristica Chiesa di San Biagio, in stile gotico-alpino con alto campanile a punta con affresco che ritrae il santo, è tempo di escursioni e passeggiate. Prima tra tutte quella che gira attorno al Lago di Alleghe, 5 chilometri per due ore di cammino su asfalto, sterrato e sentieri nel bosco con l’occasione di ammirare l’abitato da differenti prospettive e di concedersi un piacevole picnic sulle sponde.

Il lago, non a caso, è il fiore all’occhiello della zona, nato da una frana che, nel 1771, precipitò dal Monte Piz ostruendo il corso del torrente Cordevole e formando, così, una diga naturale. Oggi meta turistica per eccellenza, in estate è anche navigabile: è possibile noleggiare barche e pedalò oppure cimentarsi con il windsurf, la vela e il kayak.
Durante la stagione invernale, invece, quando la superficie lo permette si trasforma in un’entusiasmante pista di pattinaggio.

Mentre percorrete il classico “giro del Lago di Alleghe” prevedete una deviazione per arrivare alla cascata del Masarè (Cascata Ru de Rialt), una delle frazioni del paese, un piccolo ma suggestivo salto d’acqua che merita una sosta: dal centro, sono venti minuti di sentiero che si snoda prima tra le case e poi nel bosco.

Altro lago da ammirare, sempre sotto l’egida del Civetta, è il Lago del Coldai, raggiungibile solo a piedi partendo da Col dei Baldi con un’ora e mezza di cammino e l’incontro con il Rifugio Coldai dove assaporare la cucina di montagna.

E le sorprese non finiscono qui.

Una vista mozzafiato del Monte Civetta (in particolare al tramonto) la dona il punto di osservazione del ponte sul Cordevole a Caprile, frazione a 1023 metri, mentre uno sguardo indimenticabile sul Lago di Alleghe dall’alto incorniciato dalle vette diventa realtà da Bramezza, “villaggio fantasma” nel comune di Rocca di Pietore, dove il tempo si è davvero fermato.

Cosa fare ad Alleghe, non solo sci

Vero paradiso per le vacanze attive in ogni periodo dell’anno, Alleghe incontra i gusti e le esigenze di tutti, non soltanto degli sciatori.

Certo, lo sci è punta di diamante del territorio: qui ci troviamo in una delle località di spicco del comprensorio sciistico Ski Civetta con 80 chilometri di piste di svariati livelli e oltre 20 impianti di risalita, nonché parte del circuito Dolomiti Superski che offre la possibilità di accedere a 12 diversi comprensori con un unico skypass.
Ed è un must per lo sci alpino, lo sci di fondo e di discesa, il freestyle, lo snowboard, le ciaspolate, il carving e le gite in motoslitta.

Ma le attività da praticare sono davvero molte a partire dal pattinaggio sul ghiaccio e dall’hockey per arrivare a splendide e facili camminate fino ai più impegnativi percorsi da trekking in quota.

Non dimentichiamo, infine, il grande richiamo delle ferrate e delle arrampicate tra cui la leggendaria “conquista del Monte Civetta” e l’avvento delle mountain bike su mulattiere, single track, sterrate e sentieri.

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Viaggio a Tarifa: la meta europea dove l’inverno non esiste

Laddove il Mediterraneo si unisce all’Oceano Atlantico, sorge una delle località più affascinanti dell’Andalusia, la “città del vento” a soli 14 chilometri da Tangeri, il “punto più a sud” d’Europa dove l’estate è regina.

Si tratta di Tarifa, l’emozionante città a cavallo tra il continente europeo e quello africano da vedere almeno una volta nella vita. I motivi? 10 chilometri di candide spiagge, le condizioni ottimali per il windsurf e il kitesurf, un ricco centro storico, ottimi tapas bar e ristoranti, moderni mulini a vento e tanto, tanto sole.

Il cuore storico di Tarifa: le tappe da non perdere

Iniziamo il viaggio alla scoperta di Tarifa con una passeggiata nel suo cuore storico, la “città vecchia” cui si accede attraversando Puerta Jerez, l’unica porta superstite in Avenida Andalucia: qui, tra le tipiche case bianche andaluse, i patios fioriti e i balconi in ferro, lo sguardo si posa dapprima sulla Iglesia de San Mateo, piccola chiesa in stile gotico del XV secolo, la tranquilla Plaza de Santa Maria su cui svettano il Palazzo del Comune in stile andaluso, l’omonima chiesa che è la più antica della città e la fontana a forma di stella a otto punte, e poi sull’attrazione principale, il magnifico Castillo de Guzman, voluto nel 960 dal califfo di Cordoba Abd ar-Rahman III.

Visitabile tutti i giorni, dona una vista impagabile sul mare e sulla vicina costa dell’Africa dalla parte superiore delle mura.

Va poi sottolineato che il centro cittadino è unito all’Isla de las Palomas da una passerella che consente di camminare esattamente nel punto di congiunzione tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, un’esperienza davvero emozionante: qui due installazioni circolari segnalano la divisione e contribuiscono a rendere il tratto ancora più suggestivo, al pari del Castello di Santa Catalina, edificato nel 1929.

Il fascino dei dintorni

Anche i dintorni di Tarifa non deludono: a otto chilometri, ad esempio, fa bella mostra di sé il Mirador de Estrecho, il miglior punto di osservazione dove, durante le giornate più limpide, sembra quasi di “toccare l’Africa”.

E poi che dire del sito archeologico di Baelo Claudia, a 22 chilometri a nord-ovest, raggiungibile in auto in una ventina di minuti? Vista mare, conserva i resti di un’antica città romana risalente con ogni probabilità al II secolo a.C., dove sono tuttora ben riconoscibili il teatro, il foro, i templi, il mercato e la basilica.
Inoltre, rimane l’edificio dove veniva prodotto il Garum, salsa di pesce impiegata dai Romani per condire le pietanze, ed è presente un museo presso cui ottenere esaustive informazioni sugli scavi.

Le spiagge, paradiso di Tarifa

Un racconto di Tarifa non potrebbe mai essere completo senza soffermarsi sulle bianche spiagge di sabbia finissima, paradiso di vacanze balneari in un’estate che non conosce fine.

Le più frequentate poiché proprio in città sono Playa Chica e Playa de los Lances: la prima è una raccolta spiaggia di 400 metri a due passi da Isla de Palomas, la più attrezzata di tutte, mentre la seconda, raggiungibile a piedi dal centro, è la più grande della zona.

Ma non sono certo le uniche.

Allontanandosi un po’, si apre Playa Rio Jara dove, durante l’alta marea, si crea una pozza d’acqua di 50 centimetri perfetta per i più piccoli, mentre a 5 chilometri ecco Playa dos Mares, dove praticare gli sport acquatici tutto l’anno.

Ancora, a 6 chilometri dona momenti indimenticabili Playa Arte Vida, ideale per il kitesurf, il surf e il windsurf e non da meno è Playa de Valdevaqueros, plasmata da vari chilometri di dune sabbiose.

Infine, la spiaggia più bella dell’Andalusia: è Playa Bolonia, 4 chilometri di spiaggia dorata e incontaminata vegliata dalle rovine romane del sito archeologico di Baelo Claudia, un eden terrestre su cui spicca, a nord, la duna di sabbia più grande d’Europa.

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Sant’Elena, una delle isole più eccezionali del mondo

Probabilmente, anche voi siete tra quelli che hanno sentito parlare per la prima volta di Sant’Elena sui libri di scuola. Benché sia, infatti, una delle più remote isole del pianeta, è diventata celebre per essere stata luogo dell’ultimo esilio di Napoleone, dal 1815 fino alla morte, avvenuta nel 1821.

Fino a pochi anni fa, si poteva raggiungere questo piccolo fazzoletto di terra lambito dalle acque dell’Oceano Atlantico solo via mare. Fortunatamente, oggi è molto più semplice, grazie a un piccolo aeroporto costruito qui nel 2016. Ciò l’ha resa una meta più accessibile, ma non per questo meno affascinante. Vale la pena scoprirne storia e segreti, ma soprattutto è tempo di vederla con i propri occhi.

Isola di Sant’Elena, da perla disabitata a paradiso accessibile

L’isola di Sant’Elena si trova nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico meridionale, a 1.200 miglia dalla costa sud-occidentale dell’Africa e a 1.800 miglia dal Sud America. Questo minuscolo paradiso subtropicale, che ospita all’incirca 5.000 abitanti (chiamati in gergo ‘Saints’) su una superficie di appena 120 chilometri quadrati, è anche uno dei luoghi più spettacolari al mondo in termini di contrasti ambientali.

A scoprirla, nel 1502 fu il portoghese João da Nova Castella, durante una spedizione a cui partecipò anche Amerigo Vespucci. L’isola a quel tempo era disabitata, poi a metà del XVII secolo passò per un breve periodo agli olandesi e infine all’Inghilterra. Tutt’oggi Sant’Elena costituisce un territorio d’oltremare britannico, da cui dipendono anche le isole di Ascensione, Tristan da Cunha e Gough. Per diversi secoli, Sant’Elena ha avuto un’importanza strategica per le imbarcazioni che facevano rotta verso l’Europa dall’Asia e dal Sudafrica, mentre i britannici la usavano spesso come luogo di esilio.

Per diventare finalmente accessibile a tutti, quest’isola ha dovuto faticare parecchio. Per ben 500 anni, è stata raggiungibile solo via mare, dopo una estenuante traversata di cinque giorni con partenza settimanale da Cape Town, a bordo della Royal Mail ship St Helena, pagando anche un biglietto molto caro.

L’aeroporto passeggeri è stato costruito in pochi mesi e inaugurato nel maggio 2016 alla presenza del principe Edoardo, quartogenito della regina Elisabetta. L’evento, però, è slittato più volte a causa dei forti venti, che hanno reso necessaria una formazione adeguata per il personale di volo e i piloti . Nel frattempo, i titoli dei giornali non sono stati clementi, basti pensare che la stampa inglese lo aveva soprannominato “l’aeroporto più inutile al mondo”. Tuttavia, c’è stato l’auspicato lieto fine. Oggi, i voli che raggiungono l’isola partono da Johannesburg, in Sudafrica, con cadenza settimanale e hanno una durata di circa 6 ore.

L’aeroporto può essere raggiunto esclusivamente da aerei di piccole dimensioni oppure elicotteri. Lo scalo dell’isola è servito con autobus e taxi, con i quali si può arrivare a Jamestown, il capoluogo di Sant’Elena. Oppure, la si può raggiungere comodamente optando per una crociera.

Cosa fare e vedere sull’isola di Sant’Elena

La maggior parte dei tour dell’isola include una visita a Longwood House, residenza di Napoleone durante il suo esilio, oltre che alla sua tomba. Oggi è un museo di proprietà del governo francese e attrae circa 7.000 visitatori all’anno. Vi si possono ripercorrere gli ultimi anni di vita del primo imperatore dei francesi, osservando da vicino gli interni, i manufatti e i meravigliosi giardini che circondano la tenuta.

Ma è la natura incontaminata la vera protagonista di questo luogo sperduto nell’Atlantico. Trattandosi di una delle isole più remote del mondo, non stupirà che rivesta un’importanza mondiale per la sua biodiversità unica. Sant’Elena vanta un’incredibile varietà di fauna selvatica, e il suo isolamento fa sì che essa ospiti molte specie che non si trovano in nessun’altra parte del mondo.

Questa perla di origine vulcanica offre rigogliose foreste di felci ed emozionanti sentieri di montagna, perfetti per gli amanti delle escursioni o per chi vuole scoprirla in mountain bike.  I trekking più belli portano in cima a picchi vulcanici straordinari, come il favoloso Diana’s Peak, il punto più alto, a 800 metri sul livello del mare.

La vita marina è persino più sorprendente. Le attività principali per chi visita Sant’Elena sono, infatti, lo snorkeling e il nuoto con gli squali balena. Questi giganti degli oceani, migrano in queste acque durante i mesi estivi (gennaio e febbraio). Nonostante le loro dimensioni colossali, sono esemplari molto docili e non rappresentano una minaccia per l’essere umano, per cui è possibile nuotare liberamente accanto a loro mentre sfiorano la superficie. L’esperienza, però, è strettamente regolamentata e solo pochi visitatori sono in grado di vivere questa incredibile opportunità ogni anno.

Se siete amanti del birdwatching, prendetevi il tempo di esplorare l’isola per osservare la rara e solitaria gallinella d’acqua e preparatevi a ricevere la ‘visita’ delle curiose sterne fatate. Da non perdere un’escursione per osservare il Piviere di Sant’Elena, conosciuto qui come Wirebird, l’ultimo uccello terrestre endemico sopravvissuto in questo luogo remoto.

Anche Jamestown, centro dell’isola, di cui è il capoluogo e il porto principale, merita una visita. Tra le sue attrazioni imperdibili, il Museo di Sant’Elena, che ospita una serie di mostre sulla storia locale, e la spettacolare Jacob’s Ladder, il cui nome si ispira alla scala di Giacobbe, simbolico ponte tra cielo e terra. Si tratta di una scalinata di 699 gradini che da Jamestown conduce al forte di Ladder Hill. Arrivare fino in cima non è per tutti, in particolare se si soffre di vertigini. Tuttavia, la fatica sarà ripagata dai panorami spettacolari che regala, specialmente nell’ora del tramonto.

Quando visitare l’isola di Sant’Elena

Il clima di Sant’Elena consente di viaggiare tutto l’anno, benché sia abbastanza complesso. Essendo un’isola remota nell’Oceano Atlantico, i venti sono sempre un fattore che tende a mantenere le temperature molto più miti rispetto alle destinazioni continentali di longitudine simile. Le zone costiere sono solitamente più calde e meno piovose. A Jamestown la temperatura varia da 14 a 32 °C, mentre nelle zone collinari interne, come Longwood, la temperatura varia mediamente da 8 a 26 °C.

Marzo e aprile, così come agosto, tendono invece a essere i mesi di punta per le precipitazioni. Tuttavia, queste possono essere molto localizzate, nonostante l’isola sia molto piccola: si può avere un tempo perfettamente asciutto a Jamestown e trovarsi nel bel mezzo di un acquazzone quando si arriva a Great Longwood. Tendenzialmente si tratta di una “pioggia calda”, quindi non necessariamente sgradevole, ma rende ogni giornata sull’isola un’avventura, per cui bisogna essere sicuri di mettere in valigia tutto l’occorrente per non rischiare sorprese.

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La casa medievale più piccola del mondo si trova in Italia: è un gioiello

Un vero e proprio gioiello, uno scrigno che racchiude tesori del passato e in uno spazio davvero ridotto: in Abruzzo si trova una casa medievale che potrebbe essere considerata la più piccola del mondo. La sua dimensione è di otto metri quadrati e la bella notizia è che presto sarà accessibile al pubblico.

Da 140 anni è disabitata, gli ultimi a viverci sono stati Rachele Mariani e Pierfelice Capestrani, una coppia di contadini. A guardare le immagini si riesce a percepire il fascino di un’altra epoca, lontana e fatta di cose semplici: di muri in pietra, un fuoco su cui cucinare, pochi oggetti in legno e attrezzi.

Si respirano un passato lontano e laborioso e tradizioni antiche. La piccola abitazione si trova nel borgo di Goriano Valli, in Abruzzo in provincia dell’Aquila.

Tutto sulla più piccola casa medievale

Ci sono luoghi magici, perché appena si supera la loro soglia e ci si immerge tra le loro mura, hanno la capacità di catapultare le persone nel passato, in un’epoca lontana. È quello che accade a osservare le immagini di quella che può essere definita la più piccola casa medievale del mondo, che si trova nel borgo di Goriano Valli, in Abruzzo.

Uno scrigno che accoglie tra muri di pietra, un giaciglio in legno con sopra un materasso in paglia, un piccolo camino e poi un tavolo e pochi altri oggetti: due sedie, una cassapanca e una conca. Lì ci hanno vissuto per ultimi Rachele Mariani e Pierfelice Capestrani, ma da 140 anni questa piccola casa è disabitata e chiusa. Al suo interno non vi sono servizi igienici e nemmeno la corrente elettrica, testimonianza della vita rurale del passato e di una semplicità che ormai è molto lontana da noi. Ed è bellissimo ammirarla perché ci mostra come l’essenziale possa davvero stare in pochissimi metri quadrati, otto per l’esattezza.

Presto i visitatori potranno varcare la sua soglia e immergersi in un ambiente autentico che è sopravvissuto al tempo per essere restituito a noi in tutta la sua straordinaria semplicità.

I suoi ultimi abitanti erano contadini, ma non  solo: infatti si occupavano anche dei bimbi orfani del vicino convento Osservati di San Giorgio

Quando si potrà visitare la piccola casa medievale

Bisogna attendere il mese di giugno per poter varcare le porte della piccola casa medievale. Più precisamente l’inaugurazione del  MuDi, ovvero il Museo Diffuso del parco Sirente-Velino, che è stato pensato dai fratelli Di Giulio.

A raccontare qualcosa di più è stato Fausto di Giulio, che ha spiegato a Il Pescara: Il nostro obiettivo – si legge – è ispirare altri a fare meglio, di più e diversamente invitando chi possiede strutture storiche nella valle dell’Aterno e nel parco Sirente-Velino come stalle, cantine o pagliai, a recuperarle e proteggerle per tramandarle alle generazioni future, offrendo l’opportunità di inserirle gratuitamente nel percorso museale per partecipare attivamente alla conservazione della memoria locale”.

Taglio del nastro, quindi, a giugno con l’apertura della piccola casa medievale e di quella accanto datata 1494. All’interno del MuDi ci sarà anche il Me-To-Me, il Ceo Museum for the Future.

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In Alto Adige, in vacanza a casa di Jannik Sinner

La Val Pusteria era già una delle zone più belle e amata dell’Alto Adige, ma da quando un suo conterraneo è diventato uno degli sportivi più famosi del mondo, tutti vogliono andare alla scoperta di quella meravigliosa terra che ha dato i natali a Jannik Sinner.

Il nostro campione di tennis, numero 4 al mondo nella classifica ATP, è nato e cresciuto tra quelle montagne Patrimonio Unesco, quei prati sempre perfetti e quella natura che sembra una cartolina vivente.

San Candido, paese natale di Sinner

Jannik Sinner è nato a San Candido, la più celebre località di villeggiatura sia estiva sia invernale dell’Alta Pusteria nonché una delle più amate delle Dolomiti. Il paese, molto piccolo, è delizioso, con un piccolo centro storico pedonale il cui cuore è la piazza San Michele su cui s’affaccia la chiesa di San Michele. Sembra uscito da un libro di fiabe.

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Fonte: 123rf

Il paese di San Candido in Val Pusteria

San Candido è immerso in una cornice a dir poco bellissima. Il paese è sovrastato dal Monte Baranci, meta di escursioni sia estive sia invernali. È qui che il giovane Jannik ha imparato a sciare, tanto da essere indeciso a un certo momento della sua vita di sportivo se puntare sullo sci oppure sul tennis. Visti i risultati, la scelta è stata azzeccata, ma resterà sempre il dubbio se non sarebbe diventato anche un grande campione di slalom gigante (nel 2008 è stato campione italiano), la sua specialità.

La vetta del Baranci, che prende il nome da un gigante protagonista di una leggenda locale, è perfetta come destinazione per le famiglie in quanto ha, d’inverno, diverse piste da sci di vari livelli e una famosa per lo slittino lunga 3 chilometri oltre a un fun park per bambini con un percorso Kids-Ski-Cross.

D’estate, invece, è l’ideale per chi ama fare passeggiate in quota, ma ci sono anche tante attrazioni per le famiglie, dalla prima pista estiva in Italia per lo slittino alla piccola pista Tubing al villaggio degli gnomi nei pressi del rifugio Gigante Baranci, nelle immediate vicinanze dei laghetti a forma di piede gigante.

Qui corre anche uno degli itinerari più celebri d’Italia, la ciclabile di San Candido che collega il paese a quello di Rio di Pusteria. L’itinerario di poco più di 5o km si snoda in mezzo alle montagne, ma non preveda tratti particolarmente difficili.

Un vero paradiso delle vacanze estive.

Nel rifugio di famiglia a Sesto Pusteria

Da bambino, Jannik si è traferito poi a vivere con i genitori, proprietari di un rifugio di montagna in Val Fiscalina, Casa Sinner, in cima alla Val Pusteria, già nel Parco naturale delle iconiche Tre Cime di Lavaredo, nel vicino Comune di Sesto Pusteria, il più orientale della regione.

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Fonte: 123rf

La meravigliosa Val Fiscalina in Alto Adige

Come riporta il sito della struttura, qui è possibile, tra un impegno e l’altro, incontrare Jannik che torna a casa per rilassarsi dopo gli incontri disputati in giro per il mondo. “Jannik ogni tanto torna a casa per recuperare le energie”, scrivono. “Lui ama trascorrere le sue poche giornate senza tennis insieme ai genitori e al fratello Mark tra le montagne dell’Alta Pusteria. Di tanto in tanto puoi incontrarlo tutto rilassato con i suoi amici al campo di calcio oppure nel vicino paese. La sua natura semplice e i suoi modi amichevoli lo hanno reso uno sportivo popolare non solo nel mondo del tennis”.

Anche qui a Sesto, infatti, il paesaggio è una meraviglia, all’ombra del gruppo della Dolomiti di Sesto e punto di partenza per salire sulle Tre Cime. Da Sesto, si possono raggiungere gli impianti sciistici del Monte Elmo e della Croda Rossa di Sesto. Entrambi offrono, durante il periodo invernale, oltre alle piste di sci, anche diverse piste per slittino.

D’estate, questa valle raggiunge il suo top perché è famosa per i sentieri escursionistici, anche rivolti ai camminatori esperti. Il sentiero più famoso qui è quello degli Alpini, che si sviluppa lungo il confine veneto, con un dislivello di circa 1.200 metri, di cui 300 in ferrata, che culmina al Passo della Sentinella.

È qui che hanno girato il celebre film con Sylvester Stallone “Cliffhanger – l’ultima sfida”, che ha contribuito, grazie alle immagini e alle scene adrenaliniche, a diffondere il profilo unico al mondo dei Monti Pallidi nel mondo.

Insomma, una terra che il mondo ci invidia e che, grazie a star del cinema e a sportivi conosciuti a livello internazionale, non smetterà mai di attirare turisti.

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Fonte: 123rf

Sesto Pusteria e la Croda Rossa sulle Dolomiti di Sesto