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Lungo la nuova Ciclovia del Duca, un itinerario unico

A cavallo tra Italia e Francia c’è un nuovo itinerario da fare in bicicletta (ma, volendo, anche a piedi o a cavallo) che attraversa paesaggi alpini incontaminati. Ripercorre la vecchia Strada Militare 194 e si collega con la più celebre Alta Via del Sale.

È la Ciclovia del Duca, che attraversa gli splendidi scenari naturali del Parco del Marguareis, sul tracciato di un’antica rotabile militare recentemente recuperata e che tocca i territori dei Comuni di La Brigue, in territorio francese, e quelli di Briga Alta e Chiusa di Pesio, in quello piemontese.

Il percorso della Ciclovia del Duca

Il percorso si sviluppa per 15 chilometri, con un dislivello di 1.360 metri. Parte dalla radura del Piano delle Gorre (a 1.030 metri di altitudine), raggiungibile in 13,5 km da Chiusa di Pesio su una strada asfaltata. Si inizia a pedalare sulla stradina sterrata a monte del rifugio fino alle Cascate del Saut a 1.190 metri tra gli alberi.

Dopo un piccolo guado, la ciclovia percorre una suggestiva abetaia con maestose conifere. Dal Gias degli Arpi già a 1.435 metri, si comincia a serpeggiare nell’alpestre e ruvido vallone, con lunghi e regolari tornanti in un paesaggio via via più aperto. Dai praticelli del Colle del Prel a 1.881 metri si rimonta lo stretto intaglio del Passo del Duca a quasi duemila metri in un ambiente rupestre molto pittoresco. Da qui, il tracciato si snoda tra lievi saliscendi tra rocce calcaree e pini mughi, quindi, perdendo un pochino di quota, giunge al Gias delle Ortiche a 1.860 metri.

Si risale, quindi, gradualmente la spettacolare Conca delle Carsene, un’area protetta delle Alpi marittime, ricca di fenomeni geologici, con pietraie, doline e rocce, per raggiungere infine la Capanna speleologica Morgantini a 2.220 metri alla Colla Piana di Malabera.

Da questo punto, si scende sul lato francese uscendo sulla strada bianca dell’Alta Via del Sale, tra Limone Piemonte e Monesi, che permette di proseguire al Rifugio Don Barbera, dal quale è possibile dirigersi a La Brigue e a Tenda oppure continuare verso il più lontano Rifugio Allavena e puntare alle località costiere della Liguria, con notevole varietà di percorsi, rientrando eventualmente con la ferrovia Cuneo-Ventimiglia.

Sull’altro lato, la Via del Sale conduce verso il Colle di Tenda geografico, collegato con Quota 1400 e Limone Piemonte.

Per chi invece inizia la Ciclovia del Duca a monte, in senso opposto, dall’Alta Via del Sale a 2.131 metri, si risale per la Capanna speleologica Morgantini alla Colla Piana di Malabera. Da questo punto, la ciclovia ridiscende verso la Conca delle Carsene e raggiunge la depressione del Gias delle Ortiche, il Passo del Duca e il ripido Vallone degli Arpi con lunghi tornanti, fino a uscire alle Cascate del Saut e al Piano delle Gorre.

Ogni anno dal 2019, per promuovere il tracciato, i primi di settembre viene organizzata la “Route del Marguareis”, un’impegnativa manifestazione cicloturistica non competitiva in traversata da Tenda (Francia) a Chiusa di Pesio per le strade bianche delle Ciclovie delle Alpi del Mediterraneo, tra i 50 tornanti di Tenda e l’Alta via del Sale.

La strada storica

La Ciclovia del Duca non è un percorso totalmente nuovo, ma riprende fedelmente un’antica via di comunicazione, la Strada Militare 194 Certosa di Pesio – Colle della Boaria, sorella minore delle grandi “Strade dei cannoni” delle Alpi Sud-occidentali, frettolosamente terminata nel 1941 dall’impresa Savasta Fiore come mulattiera e che oggi appare ripulita e risistemata nei tratti danneggiati grazie a un sistematico intervento di manutenzione ordinaria.

L’odierno Passo del Duca – che dà il nome alla nuova ciclovia – fu realizzato artificialmente, senza peraltro completare i lavori. Il 9 aprile del 1944, il valico fu minato dai partigiani e saltò in aria durante la Battaglia di Pasqua, sotto i piedi di una colonna tedesca.

La Ciclovia del Duca apre così uno sbocco alla Valle Pesio che finora era praticamente priva di sbocco agevole. Questo percorso interamente ciclabile attraversa le Alpi del Mediterraneo tra il Colle di Tenda e la Colla di Casotto e apre nuovi e meravigliosi itinerari transfrontalieri.

Chi è il Duca che ha dato il nome alla ciclovia

Il “Duca” a cui fu intitolato l’omonimo valico nella Valle Pesio e ora anche alla ciclovia non si sa esattamente chi fosse, ma molto probabilmente c’è una risposta. Il riferimento potrebbe essere ai Duchi di Savoia che, per ragioni non del tutto chiare, interruppero quella che era un’importante via di comunicazione alpina medievale, ma molto probabilmente di origine romana, che da Santa Maria della Rocca e da Chiusa di Pesio, attraverso la Valle Pesio e la Certosa, valicava le Alpi al Passo di Baban e proseguiva verso le Carsene e le terre brigasche.

Tuttavia, lo scrittore Marziano di Maio in “Vaìi, Gias e Vastére” riferisce che, secondo la tradizione locale, su questo passo morì un duca. Al Rifugio Don Barbera si apre il “Colle dei Signori”, pertanto “Duca” potrebbe essere un’accezione generica in senso di personalità di rilievo o condottiero (dal latino “dux”), ma lo stesso autore ricorda anche che, nel dialetto brigasco che si parla nelle Alpi liguri, con il termine “duc” si indica il gufo.

 

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L’Irlanda fuori rotta per scoprire la sua vera natura

C’è una parte d’Irlanda ancora inesplorata. Una zona dove il turismo di massa non è ancora arrivato. Il luogo ideale dove scoprire la vera natura di questa meravigliosa isola verde e dei suoi abitanti, le cui tradizioni sono ancora ben radicate.

Ci troviamo nella parte Nord della Contea di Mayo, una delle zone più autentiche e incontaminate del Paese, ideale per chi, anche in Europa, cerca ancora l’avventura, una destinazione reale e genuina e che desidera sperimentare l’autentica accoglienza irlandese.

Cosa vedere a Nord della Contea di Mayo

Tante sono le attrattive del Nord di Mayo. Pittoresche cittadine colorate affacciate sui fiumi o direttamente sull’oceano, siti archeologici di ere preistoriche e legati alla storia e alla cultura irlandese – incluso San Patrizio, patrono d’Irlanda – e naturalmente paesaggi che regalano scorci meravigliosi della natura dell’Isola di smeraldo. Vi proponiamo un itinerario fuori dalle classiche rotte turistiche sui luoghi meno conosciuti d’Irlanda.

La cittadina di Ballina Town

Ballina Town è la cittadina principale della zona Nord di questa Contea irlandese. È famosa per la pesca al salmone ed è sopranominata la “salmon capital of Ireland” perché il fiume Moy che la attraversa è particolarmente pescoso. Ogni estate, il Salmon Festival attira migliaia di visitatori.

La cittadina è un buon punto di partenza per visitare la celebre Wild Atlantic Way, la strada segnalata più lunga del mondo e la più panoramica d’Irlanda. Ballina ha un aspetto tradizionale, colorato e autentico e offre dei caratteristici scorci sul fiume, tanti ristoranti, alloggi di tutti i tipi e vecchi pub accoglienti e animati.

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Fonte: 123rf

Ballina Town, la cittadina più importante a Nord della Contea di Mayo

La St Muredach’s Cathedral, costruita con la pietra grigia locale nel XVIII secolo, svetta fiera sul fiume e ha un bell’interno. Esiste anche una collezione privata creata da Jackie Clarke, un personaggio locale che ha accumulato più di 100mila articoli da collezione incluso il documento originale della dichiarazione d’indipendenza.

La Connacht Whiskey Distillery offre visite guidate e assaggi del whiskey locale, un’esperienza imperdibile quando si visita l’Irlanda. The Quays è il quartiere più pittoresco, dove il fiume sfocia direttamente nell’Oceano Atlantico.

Chi cerca un’esperienza autentica può soggiornare in alcune delle dimore storiche della zona, come Mount Falcon Estate, nella campagna irlandese lungo il fiume dove poter pescare, passeggiare in compagnia di un falco o, per chi ha bambini, prendere parte a una lezione di “gufologia”. Si può anche soggiornare in un vero e proprio castello. Il Belleek Castle è stato costruito nel 1800 in stile Neogotico e regala la sensazione di vivere in un castello medievale e di tornare indietro nel tempo. Anche senza dormire, è comunque consigliata una visita al castello che ospita la più bella collezione di armi e armature medievali d’Irlanda.


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Il sito archeologico di Céide Fields

Non è Irlanda se non c’è un sito archeologico. Tra le attrazioni principali della zona ci sono i Céide Fields, nei pressi del delizioso villaggio di pescatori di Ballycastle (un luogo poco turistico ma che merita assolutamente una visita). È considerato il sito neolitico più vasto d’Irlanda e si ritiene contenga il sistema di campi coltivati e muratura divisorie più antico tra quelli scoperti finora (circa 3500 a.C.).

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Fonte: 123rf

Il sito archeologico di Céide Fields nella Contea di Mayo in Irlanda

La scoperta dei Céide Fields avvenne intorno agli Anni ’30, quando un uomo del posto si accorse di alcune file di pietre che rimasero scoperte quando scavò con la pala della torba per combustione. In queste file si accorse di alcuni disegni che non potevano essere stati causati dalla natura. Da lì la grande rivelazione dell’antichissimo sito.

Si stima vi siano circa 100 chilometri di campi racchiusi nei muri di pietra ancora nascosti sotto la brughiera. Il sito è nella lista dei candidati Unesco per ottenere la qualifica di Patrimonio dell’Umanità.

Le scogliere di Downpatrick’s Head

E non è Irlanda se non ci sono delle scogliere che si gettano a picco nell’oceano. Nella zona Nord della Contea di Mayo, non lontano dal villaggio di Ballycastle e un po’ più su rispetto a Ballina, si trovano le scogliere di Downpatrick’s Head. Questa zona fa già parte della Wild Atlantic Way e conserva reperti archeologici di 6.000 anni fa, incluso un tronco di pino di 4.300 anni fa ospitati in un moderno museo, strade a picco sul mare e paesaggi da togliere il fiato.

Le scogliere sono già visibili quando si visita Céide Fields, dove una terrazza accessibile tramite una scalinata chiamata Cliffs Road regala un panorama mozzafiato.

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Fonte: 123rf

Le scogliere di Downpatrick’s Head in Irlanda

Downpatrick’s Head è raggiungibile a piedi percorrendo un sentiero e non esistono biglietti di ingresso. Qui il vento soffia molto forte, ma lo spettacolo sull’Atlantico è unico, specie quello su Dún Briste, che significa “forte rotto”, un faraglione singolo che spunta dalle acque impetuose, creatosi dal crollo di una parte di scogliera durante una forte tempesta nel 1393 e diventato il simbolo della zona.

Il nome “Downpatrick” deriva dall’epoca in cui San Patrizio fondò una chiesa proprio in questo luogo. In questa piccola penisola si possono ancora vedere i ruderi della chiesa, una croce di pietra e un pozzo sacro. Un tempo era una destinazione molto amata per i pellegrinaggi e tutt’oggi le folle vi si riuniscono l’ultima domenica di luglio, nota come “Garland Sunday”, per ascoltare la messa.

Una leggenda locale (una delle tante leggende irlandesi) narra che, quando un capo pagano rifiutò di convertirsi al Cristianesimo, San Patrizio colpì la terra con il suo pastorale facendo crollare parte del promontorio, con il capo sopra, nell’oceano ovvero lo scoglio Dún Briste.

Durante la Seconda guerra mondiale, Downpatrick’s Head divenne un avamposto di osservazione. Oggi si può ancora vedere l’edificio di pietra e il marcatore aereo, la scritta “ÉIRE 64” fatta di pietre, per segnalare ai piloti che stavano sorvolando l’Irlanda.

Foxford, il villaggio della lana

A pochi chilometri da Ballina c’è un altro delizioso villaggio affacciato sul fiume Moy che merita una tappa. Si tratta di Foxford, un paese di campagna anch’esso famoso per la pesca al salmone. Ma la sua particolarità è un antico lanificio tradizionale aperto anche ai turisti che si chiama Foxford Woolen Mills, citato persino da James Joyce nel suo “Ulisse”, di cui ricorre il centenario proprio quest’anno e in “Finnegans Wake”. Oltre al negozio – e all’outlet – dove poter fare acquisti c’è anche un delizioso caffè che serve prodotti locali.

Nei dintorni di Foxford si possono fare delle splendide passeggiate scenografiche. La cittadina, infatti, è circondata dalle due catene montuose, i monti Nephin e i monti Ox attraversati dalla Foxford Way, un sentiero turistico di circa 86 km che s’inoltra tra siti archeologici, brughiere e piccoli ruscelli.

Si possono anche scoprire alcuni laghi balneabili, com il Lough Conn e Cullin formatisi, secondo la mitologia celtica, dalla fuga di un cinghiale che perdeva acqua nella quale affogarono i cani che lo cacciavano.

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Fonte: 123rf

Il Lough Conn nella Contea di Mayo

Killala e la sua spiaggia

A Nord di Ballina c’è un altro villaggio molto pittoresco da visitare. Si tratta di Killala, un piccolo borgo di pescatori famoso per la Ross Beach, una bella spiaggia balneabile che ha ottenuto la Bandiera blu.

Per gli irlandesi però ha anche una grande importanza storica. Qui si è giocata una delle più importanti partite nella lotta all’indipendenza quando, nel 1798, il generale Humbert arrivò dalla Francia per unirsi alla popolazione e lottare contro la Corona britannica. Da vedere a Killala ci sono anche diversi edifici storici, come la torre circolare del XII secolo e la cattedrale seicentesca.

Nella vicina Baia di Killala, meta per appassionati di birdwatching, si possono avvistare anatre, cormorani e persino foche. Insomma, nel Nord della Contea di Mayo ce n’è per tutti i gusti.

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Venezia, la città dei profumi e delle spezie

Fin dal Medioevo, Venezia è stata la capitale europea del commercio e del profumo. Le carovane di mercanti che giungevano via mare dall’Oriente e dal Medioriente in Laguna importavano spezie e incensi provenienti dall’Asia e dal Nord Africa.

Responsabile di questo commercio fu soprattutto la bizantina Teodora Ducas, che nell’XI secolo sposò il doge di Venezia, Domenico Selvo, bella, e che fece subito parlare di sé perché si profumava. A Bisanzio, infatti, esisteva già allora una corporazione dei profumieri. Ma anche di Marco Polo, che riportò dalla Cina profumi inediti.

Fu così che questa città divenne il polo di produzione di profumi più importante d’Europa.

Destinato solo ai ricchi che potevano permetterselo, fra il Seicento e il Settecento il profumo, grazie all’ammodernarsi delle profumerie, divenne sempre più commerciale – ed economico – e rivolto a un più ampio pubblico. Nacquero così l’acqua di Colonia, l’Aqua Mirabilis e il profumo moderno.

La città attraversò un periodo di grande splendore grazie all’arte profumatoria veneziana e alle innumerevoli materie prime importate, tanto che diventò la principale maestria della città. Nacquero persino le Corporazioni dei saoneri e dei muschieri (così erano soprannominati i profumieri a Venezia, in quanto il muschio era una delle sostanze più importanti per la produzione delle fragranze) che trasformarono il lavoro artigianale legato alla cosmetica in una vera e propria arte, tanto da essere chiamati a lavorare in Francia perché considerati veri e propri artisti.

Grande merito di Venezia fu un’invenzione rivoluzionaria ovvero la diluizione delle essenze in alcool anziché in olio che rese i profumi conservabili più a lungo.

Furono anche pubblicati ricettari e trattati che svelavano i segreti della profumeria che, oltre a conferire bellezza e fascino a chi ne faceva uso, aveva anche effetti benefici sulla salute.

Uno dei testi più importanti è il “Notandissimi Secreti dell’Arte Profumatoria”, pubblicato a Venezia nel 1555 che contiene 300 ricette, dall’arte di tingere i capelli a quella di profumare il corpo, la casa, la biancheria o per coprire gli odori.

A Venezia erano tantissime le botteghe che vendevano acque e paste profumate. Erano almeno 400 i parrucchieri e i barbieri in città, a testimonianza dell’attenzione dei veneziani per la cura della persona.

Ancora oggi, a Venezia, è possibile ripercorrere la storia del profumo attraverso alcuni luoghi simbolo.

Il museo di Palazzo Mocenigo

È la sede del Centro di storia del tessuto, del costume e del profumo e, fin dal 2013, ospita un percorso stabile dedicato al profumo. Si trova nel sestiere Santa Croce, all’interno di un edificio signorile del ‘600 veneziano situato al civico 1992, lungo la salizada di San Stae. Fu la casa della famiglia Mocenigo fino al secondo dopoguerra, quando venne donata al Comune che, nel 1980, aprì il museo.

Nelle sue splendide sale affrescate, con stucchi e arredamenti antichi, è ospitata una grande biblioteca specializzata e una nuova sezione di cinque sale dedicata alla storia del profumo e delle essenze, che mette in luce l’antichissima tradizione cosmetica di Venezia.

Il progetto è stato reso possibile grazie all’azienda profumeria Mavive della famiglia Vidal. Sono state introdotte anche vere e proprie “stazioni olfattive” che consentono ai visitatori di approfondire le loro conoscenze sulla storia del profumo e delle essenze. Al piano terra c’è una sala multimediale, un Laboratorio del profumo e la White Room che ospita esposizione temporanee.

Fino al 27 novembre sono due le esposizioni, “Es-senze. Contemporary artists and scent. An exhibition”, una mostra di arte contemporanea con installazioni realizzate da 12 artisti internazionali che sperimentano l’uso dell’olfatto e delle componenti sensoriali per le loro creazioni, e “Accordi di Profumo”, un viaggio olfattivo promosso da The Merchant of Venice e Givaudan, che consente al visitatore di scoprire le peculiarità di materie prime tracciabili e di come esse si trasformano e combinano dando vita alle fragranze. per questa occasione, The Merchant of Venice ha ideato una linea di profumi chiamata Accordi di Profumo, le cui fragranze nascono da ingredienti menzionati negli antichi manoscritti di profumeria e botanica dell’epoca della Serenissima.

La Libreria del profumo

A due passi da San Marco, nella calle della Canonica, la libreria Studium ospita una Libreria olfattiva. È un luogo imperdibile per gli appassionati ma anche per i semplici curiosi per immergersi nel mondo del profumo. Oltre a contenere tantissimi testi monografici sul tema, ospita un grande Organo del profumo con oltre 200 essenze catalogate come fossero un antico erbario, utilizzate per corsi di composizione e di formazione olfattiva.

Nella Libreria olfattiva di The Merchant of Venice si tengono incontri, corsi del profumo, gruppi di lettura e webinar. Ci si può immedesimare in un maestro profumiere e creare la propria fragranza personalizzata. Si organizzano anche laboratori per coppie e per famiglie con bambini.

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Fonte: @The Merchant of Venice

La Libreria del profumo Studium a Venezia

L’antica Farmacia di San Fantin

Dove nel ‘600 si trovava la Farmacia di San Fantin, su Campo San Fantin, accanto al Gran Teatro La Fenice, ora c’è la profumeria Mavive che è stata restaurata mantenendo alcune caratteristiche architettoniche dell’epoca, come le nicchie delle spezie che oggi contengono libri, profumi in splendidi flaconi e oggetti vari.

È una delle tante botteghe storiche veneziane che raccontano la storia del profumo e che meritano una visita.

L’ex Spezieria all’Ercole d’Oro

Nel sestiere di Cannaregio, dove nel XVI secolo si trovava il ghetto ebraico,c’ un’altra bottega che merita una tappa. Al civico 2233 di Strada Nova, dove un tempo si trovava la Spezieria all’Ercole d’Oro, ora c’è un negozio di The Merchant of Venice tuttora arredato con legni pregiati, vasi di vetro e di ceramica di Bassano e preziose sculture.

Alla Spezieria all’Ercole d’Oro prestarono la loro opera valenti chimici e speziali sin dal Settecento e si può ritrovare ancora oggi l’antico fascino di Venezia, tra spezie, pozioni e profumi.

La Bottega Cini

Al civico 862 di Dorsoduro, a due passi dalla Collezione Peggy Guggenheim, si trova la Bottega Cini aperta nel 2020 nello stile di una bottega rinascimentale reinterpretata in chiave contemporanea. Qui sono stati lanciati alcuni dei profumi più storici, come la fragranza in onore del Gran Teatro La Fenice di Venezia.

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La via dello shopping più bella d’Europa è una galleria d’arte

Quando siamo in viaggio ci ritroviamo spesso ad attraversare e a percorrere le stesse strade più volte. Lo facciamo velocemente e distrattamente con il solo obiettivo di raggiungere le attrazioni principali della città, per seguire il nostro itinerario o per scoprire nuovi e inediti angoli che incantano e che stupiscono.

Eppure, nel mondo, esistono strade che meritano tutta la nostra attenzione perché sanno trasformare anche una semplice passeggiata in un’esperienza magica che incanta a ogni passo. Ne sono un esempio le vie dello shopping delle grandi metropoli e quelle dell’arte dei piccoli borghi, così come quelle più caratteristiche e antiche dei centri storici.

Lo è anche quella inaugurata ad Amsterdam nel 2017, che più che una galleria dello shopping, è un vero e proprio capolavoro d’arte visiva che incanta e sorprende a ogni passo. Benvenuti dentro il Beurspassage.

La galleria delle meraviglie di Amsterdam

Ci troviamo sulla Damrak, una delle strade più celebri e popolate di tutta Amsterdam, quella che collega la stazione centrale a piazza Dam e agli altri punti iconici della città. È proprio percorrendo questa via che possiamo arrivare davanti a una galleria delle meraviglie. Una via dello shopping sapientemente decorata che si presenta sin dalla sua inaugurazione come un capolavoro d’arte senza eguali.

Il Beurspassage, questo il suo nome, è una via dello shopping coperta che collega Damrak e la Nieuwendijk, due delle strade più vivaci e dinamiche dell’intera città. Al suo interno ci sono negozi di ogni genere che attirano cittadini e viaggiatori. Ma questa galleria, che strategicamente collega le due zone più vive di Amsterdam, è in realtà molto di più di una semplice strada dedicata allo shopping. E basta guardare le foro per capirne il motivo.

Beurspassage, Amsterdam

Fonte: 123rf/jordi2r

Beurspassage, Amsterdam

De Beurspassage

Una volta entrati nel Beurspassage, l’attenzione è completamente catturata e rapita da quel magnifico e straordinario soffitto che si estende per 450 metri quadrati di meraviglia.

La luce che proviene dai sette lampadari che percorrono il soffitto ad arco, mette in risalto i coloratissimi mosaici di vetro e le strabiliati raffigurazioni. Gli specchi apposti sui lati, poi, creano un continuo gioco di riflessi che incanta e stupisce a ogni passo.

Gli ornamenti sono opulenti e i colori eleganti, lo stile artistico delle raffigurazioni fa riferimento ai dettami occidentali e orientali, pur non rinunciando alla contemporaneità. Viene fuori così un capolavoro artistico senza eguali che sembra trasportare i visitatori in un mondo onirico e favolistico.

Al centro di tutto c’è l’acqua, l’elemento portante del Beurspassage. Appare nel verde smeraldo, che è il colore predominante, nei pesci e nelle bolle d’aria, nei riflessi che sembrano proprio creati dai giochi dell’acqua. Nella sua totalità l’opera è un omaggio a questo elemento, nonché ai canali di Amsterdam.

L’incanto continua e aumenta con l’osservazione diretta che permette di scorgere nuovi e inediti dettagli. I lampadari, per esempio, per forme e dimensioni ricordano quei complementi d’illuminazione tipici della tradizione classica, ma in realtà sono realizzati con diverse parti di biciclette. Osservandoli da vicino è possibile individuare ruote, raggi e manubri.

Anche il pavimento in granito, intarsiato con motivi ricorrenti, è un omaggio alla città e al materiale utilizzato per molti dei monumenti di Amsterdam. In qualsiasi direzione si muova la sguardo la passeggiata di trasforma in un’esperienza immersiva senza eguali.

A creare questo capolavoro d’arte visiva sono stati Arno Coenen e Iris Roskam, gli artisti visionari che hanno firmato un altro capolavoro unico nel suo genere: il Markthal di Rotterdam, in collaborazione con lo scultore Hans van Bentem.

Così, quel semplice corridoio dedicato allo shopping, è stato trasformato in un museo d’arte che ospita un’opera collettiva strabiliante. Il suo nome? Amsterdam Oersoep. E, tradotto letteralmente, vuol dire zuppa primordiale.

Beurspassage, Amsterdam

Fonte: Getty Images

Beurspassage, Amsterdam
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La città che ha prestato il nome ai centri termali del mondo

Perla incastonata tra le Ardenne in un favoloso paesaggio di boschi e colline nella provincia belga di Liegi, Spa è la stazione termale più antica e famosa d’Europa, tanto da aver prestato il proprio nome agli stabilimenti termali e averlo associato ai concetti di benessere, salute e relax.

Le proprietà curative delle acque ferruginose che qui sgorgano erano note e apprezzate già dai tempi dei Romani ma l’inizio della vera e propria attività termale avviene durante il XVI secolo quando reali e nobili di tutta Europa arrivarono qui per godere dei benefici delle terme contribuendo a rendere la cittadina un mito tra fascino e lusso.

Cosa vedere a Spa, tra un trattamento benessere e un altro

Cuore pulsante del gioiello delle Ardenne è Place Royal, il punto di partenza per immergersi nella sua atmosfera unica: lo sguardo viene subito catturato dall’eleganza degli edifici neoclassici e moderni che si affiancano in armonia, dagli originali stabilimenti termali ottocenteschi e dal Casinò, il primo al mondo a essere costruito nel 1763, dai magnifici soffitti affrescati.

Una piacevole pausa golosa attende i visitatori all’ombra degli alberi di fronte al Casinò grazie all’ampia scelta dei migliori cafè-brasserie di Spa mentre il Parc de Sept Heures è la meta ideale per trascorrere momenti di relax nel verde, cavalcare un pony, giocare a minigolf oppure prendere la futuristica funicolare con le cabine panoramiche in vetro per raggiungere la sommità della collina dove spicca il centro benessere Thermes de Spa.

Alle spalle del Casinò, merita una visita la Cattedrale Notre Dame and Saint Remacle, in stile neoromanico con pianta a forma ottagonale e imponenti guglie, risalente al 1885, la cui struttura ricorda la Cattedrale di Tournai, il comune più antico della Vallonia.
L’edificio sacro sorge nel luogo in cui, in origine, sgorgavano le sorgenti termali, il Pouhon Pierrele-Grand, chiamato così in onore di Pietro il Grande, lo zar di Russia che vi si recò nel 1717.

Di sicuro interesse sono poi la Ville Royale Marie-Henriette, dove soggiornava la moglie di Leopoldo II del Belgio, oggi museo con antica fucina, esposizioni sui cavalli e una curiosa collezione di scatole laccate e antiche bottiglie d’acqua di Spa, e il Museo della Lavanderia, che in 25 sale racconta lo sviluppo delle tecniche di lavaggio fino a oggi.

Infine, Spa è anche il centro dell’automobilismo internazionale: proprio qui, infatti, si corre il Gran Premio del Belgio di Formula 1, lungo il circuito di Spa-Francorchamps, uno degli autodromi più importanti delle competizioni automobilistiche considerato tra i più belli del mondo.

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Le Thermes de Spa, oasi di relax

Non poteva essere altrimenti: fulcro della stazione termale più antica d’Europa sono le sue terme, in collina a dominio della città, importante struttura in vetro circolare curata nei minimi dettagli e recentemente rinnovata che propone ben novemila metri quadrati di piscine con acqua che sgorga dalla sorgente naturale Clementine, ricca di minerali.

Per fare il pieno di benessere e relax, le Thermes de Spa propongono hammam, saune tradizionali o naturiste, giochi d’acqua, vasche idromassaggio, bagni freddi, bagni caldi e trattamenti di bellezza.

Concedersi un soggiorno qui significa rigenerarsi, rilassarsi e usufruire di sessioni benefiche nel massimo comfort.

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Si chiama La Estrecha ed è la casa più stretta d’Europa

Inutile negare che la nostra attenzione è quasi sempre catturata da cose grandi, maestose e gigantesche, soprattutto quando siamo in viaggio. Ci lasciamo conquistare e sedurre dai grattacieli che sembrano sfiorare il cielo, dalle montagne che svettano verso il sole e da quelle monumentali attrazioni che sono diventate simbolo e icona di città e Paesi interi.

Ma un vero viaggiatore sa bene che spesso, la bellezza inaspettata, si rivela proprio in tutti quegli angoli che passano inosservati e che si trovano all’ombra delle case colorate, dei quartieri trafficati e del caos cittadino. Ed è proprio qui che vale la pena di fermarsi per scoprire nuove e inedite meraviglie.

E questo è il caso de La Estrecha, una casa così stretta che è quasi invisibile tra quei palazzi alti che sembrano quasi schiacciarla. E invece non si tratta di una compressione, perché la casa più stretta d’Europa è nata proprio così e si trova a Valencia.

Bentornati a Valencia

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio a Valencia. La Città delle arti e della scienza, chiamata così per le sue strutture futuristiche, per i musei interattivi e per il parco marino più grande d’Europa, non smette mai di sorprendere a ogni visita.

Sono tante, qui, le cose da fare e da vedere che incontrano i gusti e le esigenze di ogni singolo viaggiatore. Ci sono le spiagge e le riserve, i gioielli architettonici e la cattedrale, ma ci sono anche le tradizioni gastronomiche e le storie locali che permettono di scoprire il lato più autentico e caratteristico della città portuale che sorge sulla costa orientale della Spagna.

Anche una semplice passeggiata per le strade principali di Valencia può trasformarsi in un’avventura emozionante. Lo avevamo già visto quando ci siamo trovati a camminare per Carrer del Museu, la popolare strada che collega Plaza del Carmen con l’antica Plaza de Na Jordana e che ospita la piccola Casa de los Gatos. E lo vediamo adesso che ci troviamo davanti a quella che è la casa più stretta d’Europa.

La Estrecha: la casa più stretta d’Europa

Quando parliamo de La Estrecha come la casa più stretta d’Europa non stiamo utilizzando una metafora, perché questo edificio è davvero il più stretto che abbiamo mai visto. Purtroppo al suo interno non si può entrare, ma basta contemplare la facciata per renderci conto delle sue dimensioni extra slim, le stesse che negli anni hanno trasformato questa abitazione in un’attrazione popolare e turistica.

Per raggiungere e fotografare La Estrecha dobbiamo recarci nella piazza Lope de Vega, proprio lì dove si affaccia la Chiesa di Santa Caterina, una delle più antiche di Valencia nonché tappa imprescindibile di un tour cittadino. Una volta giunti fin qui è necessario aguzzare la vista per scorgere quella casa stretta e alta incastrata tra i palazzi.

La riconoscete facilmente, se non per le sue dimensioni che passano inosservate, per quella targa apposta proprio sopra la porta di ingresso. Quel 107 non è messo lì a caso, ma fa riferimento ai centimetri che compongono la sua larghezza. Del resto La Estrecha è la casa più stretta d’Europa.

Negli anni sono state fatte diverse modifiche all’interno dell’abitazione e il piano terra è stato annesso alla locanda adiacente. Eppure, in origine, questa era davvero la casa più stretta mai vista. Secondo le storie locali, infatti, ogni piano era caratterizzato da una piccola stanzetta con un arredamento minimale e indispensabile.

Le modifiche recenti hanno fatto perdere alla casa il suo primato, ma resta comunque quella facciata suggestiva e bizzarra che è la più stretta d’Europa. Mettetevi sull’uscio e scattatevi una foto: sarà la vostra cartolina di viaggio da Valencia.

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Nuovo record per un aeroporto italiano

Un’estate da record per gli arrivi, quella che ha interessato una delle destinazioni più amate dai turisti di tutto il mondo. Tanto da ritrovarsi al top in Europa per i voli privati durante la bella stagione. Un significativo risultato raggiunto soprattutto grazie al ritorno dei tanti visitatori stranieri, dopo due anni di assenza a causa dell’emergenza sanitaria, che ha confermato l’amore dei viaggiatori internazionali per questa meta da sogno. Ecco di quale si tratta.

L’aeroporto di Olbia primo in Europa per i voli privati

Ebbene, nel mese di luglio, l’aeroporto privato di Olbia-Costa Smeralda è stato tra gli scali europei più trafficati della sua categoria. Nello specifico, l’Aviazione Generale ha registrato oltre 3.900 collegamenti aerei transitati nell’aerostazione sarda, con un incremento del volume di traffico del +18,3% rispetto al 2019. Nello stesso periodo sono stati raggiunti 204 movimenti in un solo giorno. Stando alle stime, ad agosto questo record potrebbe essere superato.

Un traguardo raggiunto grazie, soprattutto, ai viaggiatori giunti dal Medio Oriente e dagli Stati Uniti, ma è stata registrata una presenza importante anche dall’Europa, dai tedeschi agli svizzeri, ma soprattutto inglesi, che hanno contribuito a compensare l’assenza dei visitatori russi, che finora avevano rappresentato un segmento turistico molto importante per il territorio.

L’estate da record della Sardegna

Per quanto riguarda gli arrivi negli scali portuali e aeroportuali di Olbia ad agosto, i dati provvisori proiettano la Sardegna verso una stagione record, registrando numeri complessivi superiori rispetto all’estate 2019. L’isola con il mare più bello d’Europa, della natura incontaminata, degli antichissimi nuraghi e delle tradizioni millenarie si conferma una delle mete preferite dai viaggiatori di ogni nazionalità, dove il turismo resta un solido settore trainante dell’economia del territorio, simbolo del rilancio della regione.

Dal 1 al 20 agosto, secondo i dati forniti dall’Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna, nei porti sardi si sono registrati 472.072 arrivi, (Olbia 292.312; Porto Torres 104.069; Golfo Aranci 62.636; Cagliari 13.055): numeri in crescita rispetto al 2021 (+3,49%), ma in calo in confronto al 2019, anno nel quale si registrarono oltre mezzo milione di arrivi.

Nello stesso periodo, nei tre aeroporti isolani sono arrivati quasi 500.000 passeggeri, tra voli di linea e non, con un incremento di oltre il 13% rispetto al 2021 e superiore (circa il 5%) anche al 2019. Tra porti e aeroporti, nei primi venti giorni del mese sono sbarcati sull’isola quasi un milione di passeggeri.

Intanto, il presidente della Regione, Christian Solinas, punta a condurre la Sardegna ad affermarsi come destinazione turistica competitiva anche oltre l’estate. In tale ottica, sono state impegnate risorse con l’obiettivo di consolidare i flussi estivi e di destagionalizzare in maniera concreta. Un aiuto decisivo è arrivato dall’incremento delle rotte garantite per tutto l’anno e dal fitto programma di grandi eventi, in particolare sportivi e culturali.

Le ragioni per desiderare una vacanza in Sardegna non mancano di certo (tra questi anche un turismo sempre più sostenibile) e sono talmente tante che non si sa da dove iniziare. Con le sue spiagge di sabbia soffice e candida lambite da acque cristalline, i paesaggi che sono un susseguirsi di rocce granitiche incorniciate da una macchia mediterranea selvaggia, i borghi e un patrimonio storico e archeologico unico, quest’isola dai mille contrasti seduce ad ogni scorcio.

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In Italia esiste un vero (e bellissimo) villaggio scozzese

L’immagine di kilt, wisky e cornamuse fa subito pensare alla Scozia ma se vi dicessimo che anche in Italia si cela un borgo dove vivono i discendenti di un antico clan scozzese, in un territorio che ricorda proprio le Highlands?

Si tratta di Gurro, piccolo e raccolto paesino della Valle Cannobina, al confine con la Svizzera, tra il lago Maggiore e l’Ossola, una perla nascosta che lascia senza fiato.

Una nascita leggendaria

Il legame con la Scozia si rivela già nella fondazione del borgo: si narra, infatti, che nel 1525, dopo la sconfitta nella Battaglia di Pavia, i superstiti tra i mercenari scozzesi al servizio del Re Francesco I di Francia ripartirono per tornare a casa ma le abbondanti nevicate li costrinsero a fermarsi in Valle Cannobina fino alla primavera.

Il terreno fertile, le distese dei prati adatti alla coltivazione e all’allevamento e la conformazione delle montagne ricordarono loro le Highlands scozzesi e così decisero di stabilirsi in quella zona dando vita a quello che oggi è conosciuto come il borgo di Gurro.

Se la storia della fondazione ha il profumo di leggenda, esistono tuttavia prove concrete a supporto: il dialetto locale che, come confermato da una ricerca svolta dagli studiosi dell’Università di Zurigo, include circa 800 parole di origine gaelica, i nomi dei discendenti dei soldati registrati nei registri parrocchiali (ad esempio, Dromont e Lenatt), il costume tradizionale delle donne con la sottoveste in tessuto scozzese, e i cognomi quali Donaldi, Gibi e Pattriti che avrebbero origine da MacDonald, Gibb e Fitzpatrick.

Inoltre, le antiche case del villaggio sono caratterizzate da travi a forma di croce di Sant’Andrea, tipiche delle abitazioni scozzesi e presenti soltanto qui e in nessun altro paese della Valle Cannobina.

Un angolo di Scozia sulle montagne italiane

gurro museo

A 16 chilometri da Cannobbio, Gurro ha appena 212 abitanti e vanta un pittoresco centro storico con le casette in pietra strette le une alle altre con grandi logge in legno e piccole vie che attraversano l’intero abitato.

Fiore all’occhiello è il Museo etnografico della Valle Cannobina, spaccato della vita di un tempo, che raccoglie attrezzi da lavoro realizzati in legno a testimonianza di una civiltà agricola e rurale, giocattoli, abiti, pizzi e vasellame.
Non manca la sezione dedicata agli strumenti di filatura, gli strumenti per la pettinatura e il telaio per la tessitura dal momento che Gurro è famoso per la lavorazione della lana e della canapa.

La popolazione è ancora oggi molto legata alle proprie origini scozzesi e la domenica e durante particolari ricorrenze indossa il kilt tradizionale: la seconda domenica di luglio si svolge la festa del paese celebrata con la sfilata con il tartan al suono della cornamusa.

Ma la vicinanza alla Scozia non finisce qui. Il tenente colonnello Gayre of Gayre and Nigg, barone di Lochoreshyre, nel 1973 dopo svariate ricerche appurò l’appartenenza degli abitanti di Gurro al Clan Scozzese e fece in modo che potessero usufruire dei diritti riservati agli appartenenti ai Clan Scozzesi e, in particolare, al Clan Gayre.

Per l’occasione, Gurro ricevette il kilt ufficiale del Clan Gayre dal colore verde e la sporran originale, borsetta di pelo e pelle usata come portaoggetti e fissata nella parte anteriore del kilt: entrambi i cimeli sono oggi conservati presso il Museo etnografico.

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La passeggiata sospesa tra gli alberi nel cuore della foresta

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio in Irlanda, per stupirsi e incantarsi davanti alle bellezze di questo incredibile territorio. Del resto l’Isola di Smeraldo, così chiamata per il suo sconfinato paesaggio verde, sa regalare emozioni uniche e autentiche che stupiscono a ogni passo compiuto.

Molto più di un semplice scenario da fotografare, immergersi nel paesaggio irlandese è un vero e proprio viaggio sensoriale che fa sognare. I paesaggi urbani si alternano alle campagne sconfinate dalle quali dominano castelli e dimore mentre i paesaggi marini offrono viste mozzafiato sull’oceano.

E se tutto questo non dovesse bastare per andare o tornare dal Paese, allora, lasciatevi dire che c’è un altro motivo per il quale dovreste raggiungere l’isola verde adesso. Ed è una passeggiata sospesa tra gli alberi nel cuore della foresta di Avondale.

Una passeggiata sulla foresta

È un modo inedito, sorprendente e straordinario quello che ci permette di esplorare la foresta dall’alto verso il basso. Si sale tra le cime degli alberi e si cammina a ritmo lento con lo sguardo che si perde tra le fronde e tra i giochi di luci e di ombre creati dall’incontro del sole e degli arbusti. È questa l’emozione di passeggiare sopra gli alberi.

Per vivere quella l’esperienza, dobbiamo recarci nella foresta di Avondale, un parco ricco di fauna selvatica che comprende alberi esotici e un arboreto, e che si snoda per oltre 200 ettari di terreno sulla sponda occidentale del fiume Avonmore. Tutto intorno, invece, si estende la verdeggiante e sconfinata campagna di Wicklock.

È qui che possiamo cimentarci in un’avventura straordinaria e mozzafiato attraversando la foresta dall’alto grazie a una treetop experience in piena regola che ci permette di ammirare la natura incontrastata da un altro punto di vista.

Avondale Treetop Walk

Fonte: Courtesy Coillte

Avondale Treetop Walk

Beyond the Trees Avondale

L’attrazione Beyond the Trees Avondale, inaugurata nella foresta irlandese nella contea di Wicklow, ha tutte le carte in regola per rendere l’esperienza dell’esplorazione indimenticabile.

Si parte dal giardino recintato di Avondinaugurale e si percorre una passerella sospesa che rivela tutti i segreti della foresta. Da quest’altezza è possibile osservare le specie che abitano quest’area naturalistica come tassi, larici, abeti rossi e sequoie giganti.

La passeggiata che si snoda per oltre un chilometro, e svetta verso il cielo a un’altezza di 23 metri, offe diversi punti di osservazione lungo il tragitto dotati di cartelli informativi che illustrano gli esemplari di flora e di fauna che popolano la foresta è che è possibile incontrare.

La treetop termina al cospetto di un’imponente torre panoramica in legno immersa in un suggestivo boschetto di eucalipto. La struttura, che sembra sfiorare il cielo con i suoi 38 metri di altezza, permette una passeggiata verticale che si snoda su una passerella a spirale e che conduce su una terrazza scenica dove osservare il panorama più bello di sempre. Qui, infatti, è possibile abbracciare con lo sguardo tutta la foresta di Avondale, la valle e la campagna circostante e i monti Wicklow che si stagliano sullo sfondo.

E per chi ha voglia di vivere esperienze adrenaliniche, c’è uno scivolo a spirale all’interno della torre che consente di scendere rapidamente a terra.

Avondale Treetop Walk, tower

Fonte: Courtesy Coillte

Avondale Treetop Walk, torre panoramica

 

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“House of the Dragon”, la più bella location della serie Tv

Il tanto atteso prequel della serie Tv di grande successo “Game of Thrones”, basato sul romanzo fantasy di George R. R. Martin “Fuoco e sangue”, debutta il 22 agosto in tutto il mondo, in contemporanea con la messa in onda sulla HBO negli Stati Uniti (in Italia viene trasmessa in versione originale, in italiano dal 29 agosto).

“House of the Dragon” comprende dieci episodi e racconta la storia di Casa Targaryen, quella di Daenerys, “Madre dei Draghi”, “Nata dalla Tempesta”, molto prima delle vicende narrate nel “Trono di spade”.

Anche se la maggior parte delle riprese è stata fatta nel Regno Unito, sono tante le ambientazioni e le location in altri Paesi dove sono state girate le scene – tra cui la Cornovaglia – che resteranno impresse per sempre nella mente dei fan. E una di queste è spettacolare e chiunque può visitarla.

Il Castello di Monsanto, set di “House of the Dragon”

Si tratta del Castello di Monsanto, a Idanha-a-Nova, nel distretto di Castelo Branco, in Portogallo. A vederlo, sembra proprio di stare a Westeros. Le rovine di questa rocca medievale, che fa parte di un bellissimo borgo-fortezza su un’altura a 600 metri, regalano una vista impagabile del villaggio fatto di strade acciottolate, giardini lussureggianti e fontane zampillanti.

L’imponente castello, molto probabilmente di origine romana, ma di forte impronta medievale, è di difficile accesso, ma di notevole impatto visivo.

Il castello con le sue mura furono donati ai Cavalieri templari da Alfonso I, meglio conosciuto come Alfonso Henriques, detto il Conquistatore, conte del Portogallo dal 1128 al 1139 e poi primo re del Paese. E furono proprio i templari a dare al castello la forma attuale.

Dell’imponente fortezza medievale rimane solo la Torre de Lucena e do Pião, di forma quadrangolare, luogo di vedetta nel Medioevo.

Le rovine del castello sono molto suggestive, ma per un turista che le visita oggi sono secondarie rispetto al borgo di Monsanto.

Monsanto, il villaggio costruito tra le pietre

Questo borgo non è particolarmente turistico, ma è sicuramente di grande interesse e fascino. E ci aspettiamo che avrà un boom di visitatori dopo l’uscita di “House of the Dragon”. Pare che le sue origini siano di molto precedenti all’arrivo dei Cavalieri templari.

Il villaggio di Monsanto in Portogallo

Le sue origini, in effetti, sono molto antiche e vengono fatte risalire al paleolitico, ma sono state rinvenute anche tracce di successive presenze romane e di dominazioni musulmane.

Si narra che la popolazione abbia resistito sette anni all’assedio romano nel II secolo a.C., avvenimento che diede origine alla Festa das Cruzes, celebrata tutti gli anni il 3 maggio.

Un borgo interessante, Monsanto, misterioso e decisamente fuori dal comune. Secondo alcuni anche sacro. Si venne a sviluppare su uno dei versanti della collina: in alcuni casi si è approfittato di massi di granito per costruire le pareti delle case, in altri un unico blocco di pietra ne è diventato il tetto.

Tra gli edifici del centro spiccano la Torre de Lucano, sovrastata da un gallo d’argento, trofeo attribuito a Monsanto in un concorso del 1938, quando fu considerato il villaggio “più portoghese”.