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Non aprite la porta di questo hotel: la stanza è infestata

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio in Norvegia, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni. Il Paese scandinavo, conosciuto per le sue montagne, i ghiacciai e i profondi fiordi, ospita un patrimonio storico, culturale e naturalistico di immensa bellezza da scoprire e riscoprire nelle città e nei suoi dintorni. Ma è anche il luogo perfetto per tutte le persone che desiderano vivere esperienze a contatto diretto con la natura, e che qui possono sperimentare le attività preferite dai local come la pesca, le escursioni e lo scii.

Ed è proprio in Norvegia che oggi ci rechiamo, in uno dei luoghi più affascinanti per gli appassionati del trekking e dell’hiking. Ci troviamo a Telemark, una contea dal passato vichingo situata nel sud del Paese a circa 200 chilometri dalla capitale Oslo. È qui che esiste un piccolo villaggio, dal nome Dalen, che ospita l’omonimo hotel situato sulle rive del lago Bandak e che è il perfetto punto di partenza per scoprire tutte le meraviglie del territorio circostante.

Dormire in questa struttura ricettiva è quasi un must per chi giunge fin qui. L’hotel, con una storia affascinante e ricca di aneddoti, conserva un’atmosfera antica e sospesa nel tempo che con gli anni ha catturato l’attenzione di tantissimi viaggiatori. Persino i membri delle famiglie reali d’Europa hanno scelto di pernottare qui, cedere al suo fascino è impossibile. Attenzione però a scegliere bene la vostra sistemazione, perché la stanza numero 17 del Dalen Hotel è infestata.

Dormire a Dalen: chi ha paura dei fantasmi?

Nel delizioso villaggio di Dalen, circondato da colline e da boschi, tutto scorre lento e tranquillo, seguendo i ritmi scanditi dalle acque placide del lago Bandak. La sensazione che si prova, una volta giunti fin qui, è quella di trovarsi in un luogo dove il tempo si è fermato.

A rendere più affascinante questa atmosfera sospesa ci pensa l’Hotel Dalen, una struttura storica che campeggia nel villaggio dal 1894. L’edificio, completamente realizzato in legno, è caratterizzato da tutta una serie di elementi in stile romantico che rimandano alla mitologia norrena. Tutto, dagli ambienti esterni a quelli interni passando per le 42 camere, è stato mantenuto intatto. Una decisione, questa, che contribuisce a creare un ambiente al di fuori dei limiti spazio-temporali.

L’Hotel Dalen, inoltre, è uno dei più grandi edifici in legno di tutta la Norvegia. Per tutti questi motivi, sin dalla sua inaugurazione, ha attirato ospiti illustri e membri della famiglia reale norvegese ed europea.

Eppure, al di là del fascino indiscusso che la struttura emana in ogni suo anfratto, è doveroso avvisare tutti coloro che vogliono pernottare qui che l’Hotel Dalen nasconde una storia tanto suggestiva quanto terrificante. Nella stanza numero 17, infatti, gli ospiti non sono soli perché qui, da anni ormai, vive il fantasma di Miss Greenfield.

La stanza n° 17

Gli ospiti e lo staff – si legge sul sito Visit Norway – raccontano spesso storie della famigerata stanza 17, quella dove vive il fantasma della lady inglese. Secondo la leggenda, la dama inglese, arrivo all’Hotel Dalen una mattina di primavera poco tempo dopo l’inaugurazione della struttura. La storia narra di una gravidanza tenuta segreta e di un neonato trovato morto dopo che la donna lasciò l’albergo.

Lady Greenfield fu arrestata e accusata di omicidio, ma si tolse la vita prima dell’inizio del processo. C’è chi giura che il suo fantasma dimori ancora lì, nella stanza numero 17, motivo per cui nel ristorante dell’hotel viene ancora riservato un posto alla dama inglese.

 

Dalen Hotel

Fonte: Dalen Hotel

Dalen Hotel
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A Budapest c’è una chiesa spettacolare scavata nella roccia

Pochi luoghi sono suggestivi come le chiese scavate nella roccia, e a Budapest ce n’è una davvero imperdibile. Questo gioiello rupestre si fonde con la bellezza naturale della collina di Gellért, e nelle sue vicinanze si può ammirare anche un affascinante monastero.

La storia della Chiesa nella Roccia di Budapest

Per risalire alle origini della Chiesa nella Roccia di Budapest (in ungherese: Magyarok Nagyasszonya Sziklatemplom) non bisogna andare troppo indietro nel tempo. La sua storia, infatti, è piuttosto recente. È stata edificata nel 1926 per volere dei frati allora ospitati dal convento dell’ordine di San Paolo primo eremita, i quali affidarono a Kálmán Lux il compito di costruire una piccola cappella privata che ricordasse la Grotta di Lourdes, affinché ospitasse i Monaci Paolini. Si racconta che durante le costruzioni della galleria, la roccia crollava praticamente da sola, in modo “miracoloso”, creando locali a cupola. La navata centrale della chiesa odierna fu terminata nel 1930.

Nel 1934, 150 anni dopo che Giuseppe II forzò la scomparsa dell’ordine in Ungheria, quindici monaci ritornati dall’esilio in Polonia si stabilirono all’interno della chiesa, rimanendovi per circa vent’anni, finché non furono accusati di tradimento dal regime comunista, che ne proibì il culto e murò l’ingresso dell’edificio. La chiesa e il suo monastero rimasero inaccessibili dagli anni Cinquanta fino al 27 agosto 1989, quando, in occasione della riapertura della piccola cappella, Papa Giovanni Paolo II ha benedetto il nuovo altare realizzato interamente in granito, opera di Győző Sikot.

Una chiesa che unisce Polonia e Ungheria

All’interno della chiesa scavata nel ventre della collina si possono ancora scorgere elementi che testimoniano il forte legame con la Polonia. Chi oggi visita questa gemma rupestre nella capitale ungherese non può che rimanere incantato davanti alla copia della nota Vergine Nera di Czestochowa, e alle varie opere pittoriche custodite all’interno della cappella, tra cui un dipinto dell’aquila nera polacca e uno altro raffigurante San Massimiliano Kolbe, francescano polacco che morì per aiutare i compagni di prigionia ad Auschwitz.

Nella chiesa si può inoltre ammirare una targa commemorativa su cui sono incisi i nomi dei campi di concentramento in cui furono recluse centinaia di migliaia di persone nella seconda guerra mondiale, insieme a quelli di città e scuole che diedero asilo ai rifugiati polacchi nel periodo compreso tra il 1939 ed il 1945. L’edificio sacro ospita anche una mostra speciale che comprende esempi molto rari e antichi di icone del cristianesimo orientale, unica in tutta Europa.

Dall’esterno, la chiesa si presenta come una grotta con ingresso ad arco, chiuso da una cancellata di ferro. Davanti all’entrata, una statua di Santo Stefano, realizzata in un particolare stile naïf. Dal lato opposto della roccia, si affaccia invece il monastero, sovrastato da una guglia conica, ben visibile dal Danubio. L’intero complesso è situato sulle pendici della collina  di Gellért e domina il Ponte della Libertà, situato proprio sotto di esso, visibile dal terrazzo che regala un panorama fantastico sulla città di Budapest, con una splendida sul ponte e sul fiume da un’angolazione davvero suggestiva. L’atmosfera mistica che emana questo particolare luogo di culto, unita alla bellissima veduta, offre un’eccezionale e imperdibile esperienza.

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Si trova in Grecia ed è la prima isola zero-waste al mondo

Si può essere talmente green da abbattere completamente la propria quota di rifiuti? Tilos, piccola isola greca, sta per farlo: è la prima area zero-waste al mondo, grazie ad una particolare sinergia tra cittadini e l’aiuto di una società che vuole cambiare in meglio il nostro pianeta. Andiamo alla scoperta di questo vero e proprio paradiso, che vanta un primato strepitoso (e assolutamente da imitare).

Tilos, un’isola zero-waste

L’isola di Tilos, conosciuta anche come Piscopi, si trova immersa tra le acque del mar Egeo e appartiene all’arcipelago del Dodecaneso. È poco più di un fazzoletto di terra, su cui abitano circa 750 persone: questo ha probabilmente reso più facile il compito di Polygreen, società greca specializzata in economia circolare, che ha deciso di compiere qui il suo ambizioso esperimento. E i risultati sono fenomenali: l’isola sta per diventare la prima ad essere zero-waste in tutto il mondo, avendo quasi completamente rinunciato ai rifiuti.

In che modo? Si tratta di un progetto tanto semplice quanto interessante: ad ogni cittadino è stato fornito un set di bidoni, una busta per l’organico e un box per le sigarette, quindi l’intera popolazione è stata formata sulla corretta suddivisione della spazzatura in “riciclabile”, “organica” e “non riciclabile”. Quasi tutto ciò che viene gettato via (con oculatezza, ovviamente) può così avere una nuova vita. I rifiuti organici diventano compost per il terreno, mentre ciò che non si può riconvertire viene essiccato e tritato, per poi trasformarsi in combustibile per i forni da cemento.

Così facendo, gli abitanti di Tilos possono oggi fare a meno delle discariche – quella presente sull’isola è ormai chiusa – e appena il 12,6% dei loro rifiuti non viene ancora riciclato. Ma Polygreen è fiduciosa di riuscire ad arrivare addirittura al 5%, per rendere questo paradiso greco ancora più ecosostenibile. Il segreto di tale successo? La collaborazione dei cittadini, che sono stati coinvolti anche grazie ad un’app che ha permesso loro di monitorare la quantità di spazzatura prodotta e il loro corretto riciclaggio.

Perché Tilos è sempre più green

Questa piccola isola della Grecia è un vero e proprio esempio di società green, che verrà presa come modello da replicare in altre parti del mondo. Tilos, in effetti, già da anni lavora affinché l’impatto dei propri abitanti sulla natura sia sempre più ridotto: nel 2017 aveva installato un parco solare e una turbina eolica, mentre subito dopo aveva costruito un sistema di accumulo a batteria per le giornate in cui sole e vento non sono presenti. Appena due anni dopo, l’isola ha raggiunto la totale autosufficienza energetica, producendo il 100% del fabbisogno della sua popolazione.

Ora Polygreen festeggia il nuovo successo di Tilos, abbattendo quasi del tutto la sua produzione di rifiuti non riciclabili. La società greca sta infatti pensando di riproporre il progetto anche altrove, puntando ad Abu Dhabi. Naturalmente sarà molto più difficile in un luogo dove la popolazione è ben più numerosa e non parzialmente isolata dal resto del mondo, come può esserlo solamente una piccola isola. Ma se si riuscirà a coinvolgere gli abitanti e a renderli consapevoli dell’importanza di questa iniziativa, allora si potrà ancora una volta avere successo.

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Nel piccolo Tibet d’Europa è iniziato il foliage: è magia

La stagione più suggestiva dell’anno è arrivata e ha portato con sé uno spettacolo affascinante e grandioso, l’ultimo di Madre Natura prima del lungo letargo. È questo il momento perfetto per organizzare nuovi viaggi, per scoprire e riscoprire tutti quei luoghi che durante l’autunno indossano il loro abito più bello, quello fatto di infinite sfumature di rosso, di giallo e di arancione.

I parchi dorati, i viali alberati e imbruniti, e le foglie che cambiano colore e che danzano leggiadre nel vento creano la scenografia perfetta per le nostre attività outdoor. È tempo di passeggiate, trekking e hiking, barefooting e forest bathing, è tempo di perdersi e immergersi nell’incantata atmosfera autunnale.

Le destinazioni da raggiungere, per vivere esperienze esclusive e straordinarie, sono tante e diverse, difficile sceglierne una soltanto. Quello che possiamo dirvi è che se volete vivere tutte le suggestioni di questa stagione non c’è bisogno di allontanarsi dal Belpaese perché proprio qui, nel piccolo Tibet d’Europa, è già iniziato il foliage ed è magico.

L’autunno nel piccolo Tibet d’Europa

Il nostro viaggio di oggi ci porta nel cuore di una delle destinazioni più apprezzate dagli amanti della natura e dagli appassionati degli sport invernali. Stiamo parlando di Livigno, la cittadina più alta d’Europa incastonata nelle Alpi italiane e confinante con la Svizzera.

Soprannominata il piccolo Tibet d’Europa, Livigno si trova in una posizione unica e privilegiata. Il comune, infatti, si snoda su un altopiano situato a 1.800 metri di altezza completamente circondato dalla natura e da vette maestose che superano i 3.000 metri di altezza.

Organizzare un viaggio qui è sempre un’ottima idea, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni, per ammirare il panorama di montagna che cambia e si trasforma. Farlo adesso, però, vi permetterà di toccare con mano tutta la magia dell’autunno, e del foliage, che sta già invadendo l’intero territorio.

La valle che ospita Livigno, infatti, è puntellata da una miriade di larici che a partire dalla fine di settembre tingono il paesaggio di infinite sfumature di giallo e marrone. Passeggiate lente, trekking avventurosi e pedalate suggestive vi consentiranno di attraversare un paesaggio di una bellezza mozzafiato.

Foliage e passeggiate in montagna: cosa fare a Livigno

L’autunno, a Livigno, è dedicato al benessere e al relax, ma anche alla scoperta della natura alpina a ritmo slow. Le cose da fare e da vedere qui sono tantissime, e tutte le esperienze sono incorniciate proprio dal foliage che in questo periodo infiamma l’intera valle. Per ammirare lo spettacolo è possibile percorrere i numerosi sentieri di diverse difficoltà, alcuni dei quali adatti anche ai meno allennati, o le piste ciclabili che si snodano sul territorio e che permettono di raggiungere scorci panoramici e mozzafiato.

Tra le strade più belle da percorrere c’è il cosiddetto sentiero d’arte che parte dal Larix Park, un percorso dolce di circa un km che permette di addentrarsi nel bosco autunnale e ammirare alcune incredibili sculture di legno completamente immerse nella natura. Un’altra passeggiata, adatta a tutti, è quella che conduce alla Valle Apisella e che permette di addentrarsi in un lariceto dalle infinite sfumature di giallo e arancione.

Chi vuole dedicarsi al benessere, sfruttando i grandi benefici offerti da Madre natura, può sperimentare a Livigno il barefooting: una passeggiata sensoriale a piedi nudi. All’interno dell’Hotel Lac Salin SPA & Mountain Resort di Livigno, infatti, è possibile camminare scalzi nel giardino della struttura ed entrare in contatto con tutti gli elementi del territorio alpino.

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Lago di Martignano, un’oasi blu a due passi dalla città

A una cinquantina di minuti dalla Capitale e a due chilometri dal noto Lago di Bracciano, meta perfetta per una giornata all’insegna della tranquillità immersi nella natura è il Lago di Martignano, o Lago Alsietino, le cui sponde toccano i comuni di Roma, Campagnano di Roma e Anguillara Sabazia.

Di origine vulcanica e già apprezzato in epoca romana, è un’oasi blu a due passi dalla città, limpido, affascinante, incontaminato e balneabile.

Aria pulita e relax al Lago di Martignano

Forse meno conosciuto del Lago di Bracciano con cui fa parte, dal 1999, del Parco Naturale Regionale del complesso lacuale di Bracciano-Martignano, l’incantevole specchio di acqua azzurra e cristallina è altrettanto incantevole, un luogo di pace e rara bellezza, anche grazie all’assenza di centri abitati nei dintorni.

A misura d’uomo, l’ideale per chi è alla ricerca di destinazioni appartate, il piccolo Lago di Martignano è un gioiello tutto da vivere: rilassarsi al sole sulla spiaggetta lacustre con ombrelloni e sedie a sdraio, andare in canoa o solcare le sue acque su piccole barche a vela, approntare un picnic o allegre grigliate, fare rigeneranti e rinfrescanti nuotate, leggere un libro, seguire i vari sentieri naturalistici dei dintorni, cui si accede dalla strada Trevignano-Suri, a piedi, in mountain bike oppure a cavallo.

E il tutto in compagnia del proprio amico a quattro zampe, poiché i cani sono ammessi liberamente in ogni punto del lago.

Insomma, gli scenari verdeggianti attorno alle sue rive, con gli alberi che si spingono fin quasi in acqua, gli conferiscono un aspetto selvaggio e rilassante, perfetto anche per una gita in famiglia: infatti, a pochi passi dal lago, di sicuro interesse è il Centro Volo Rapaci “I Falchi di Rocca Romana”, in località Possesso a Trevignano Romano, dove ammirare da vicino il volo maestoso di numerose specie di rapaci diurni e notturni e provare l’ebbrezza di diventare “falconiere per un giorno”.

Non dimentichiamo, poi, che il Lago di Martignano, per la sua meraviglia, è stato la fiabesca ambientazione di “Le avventure di Pinocchio”, lo sceneggiato Rai diretto da Luigi Comencini con Nino Manfredi e Gina Lollobrigida, “Monella” di Tinto Brass, e “Uno sceriffo extraterrestre… Poco extra e molto terrestre” con Bud Spencer.

Come arrivare e informazioni pratiche

Partendo da Roma in auto, basta imboccare la Cassia e seguire le indicazioni per Anguillara e, da qui, per il Lago di Martignano.

Come accennato, da più di vent’anni è inserito all’interno del Parco Naturale e, per questo motivo, non è più possibile avvicinarsi alle sue sponde con la macchina. Tuttavia, è a disposizione una comoda area parcheggio dedicata (a pagamento) in Via delle Pantane: da qui, potete proseguire a piedi per 900 metri oppure servirvi del servizio navetta andata e ritorno che vi condurrà direttamente a destinazione.

In loco vi è la possibilità di noleggiare sdraio, ombrelloni, lettini, canoe, è presente un bagno chimico e non mancano i punti ristoro per una piacevole pausa in una cornice naturalistica che rimane impressa negli occhi e nel cuore e che invita a tornare ancora e ancora per dimenticare il caos, la frenesia, i ritmi vorticosi e i rumori assordanti della città e della vita di tutti i giorni.

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Valle delle Meraviglie, una Francia davvero sorprendente

Quando si dice “un nome, una garanzia“: non poteva essere altro che “meraviglioso” un territorio che porta il nome di “Valle delle Meraviglie“, un “museo a cielo aperto”, punteggiato da pietre colorate e levigate dai ghiacciai, da laghi di montagna e una foresta che incanta con il suo verde e i suoi profumi.

Siamo nel cuore del Parco Nazionale del Mercantour, vanto delle Alpi Marittime e delle Alpi dell’Alta Provenza, tra l’Italia e, appunto, la Provenza, indiscussa oasi di biodiversità tra le più ricche di Francia.

Un magnifico paesaggio che incontra il mare e la montagna, terrazzamenti di ulivi, ruscelli e pittoreschi villaggi arroccati.

La Valle delle Meraviglie, un viaggio di 5000 anni

È un vero paradiso per gli escursionisti e i trekker, dove camminare sullo sfondo delle cime innevate, tra scoscese rocce, laghetti alpini e la foresta, e aguzzare la vista per scorgere gli animali di montagna (che qui sono davvero moltissimi!) tra cui i camosci che, in quanto “abitanti principali”, non sono mai troppo lontani.

Ma siamo appena all’inizio. Infatti, la valle è il regno delle incisioni rupestri e qui non si compie mai una “semplice escursione” bensì un viaggio a ritroso di ben 5000 anni laddove gli uomini dell’Età del Bronzo lasciarono la loro impronta imprimendo nella pietra segni che onorano le divinità del cielo e della montagna.

Nell’area protetta delle incisioni, l’escursionismo è consentito soltanto lungo i sentieri segnalati, dove scoprirne il significato grazie ai pannelli didattici; è possibile, però, anche effettuare una visita approfondita insieme alle guide abilitate e accreditate dal Parco Nazionale, che conducono i visitatori ad ammirare le incisioni più singolari raccontando, al contempo, le teorie più contrastanti riguardo il loro significato.

E poi entra in scena il Monte Bego con i suoi 2872 metri di altezza che, agli occhi dell’uomo preistorico, doveva apparire “sacro”, un mezzo di elevazione verso il Dio o gli Dei: ed è proprio lungo i suoi pendii che incisero la pietra per “sacralizzare” quei luoghi.
Oggi Monumento Nazionale, l’area archeologica del Monte Bego dona al visitatore l’emozionante esperienza di trovarsi di fronte alla toccante testimonianza di un culto ancestrale.

Natura e biodiversità, protagoniste assolute

Passeggiare lungo la Valle delle Meraviglie, trascorrere alcuni giorni nei rifugi, consente di ritrovarsi a tu per tu con il “fascino del meraviglioso” e di vivere momenti e giorni indimenticabili al cospetto della montagna, con i suoi ritmi, i suoi silenzi, i suoi paesaggi plasmati dall’aspra roccia e, subito dopo, dalla flora verdeggiante.

Altrettanto emozionante il possibile avvistamento di stambecchi, camosci, caprioli, lupi, marmotte e altri splendidi rappresentanti della fauna alpina.

Il Museo delle Meraviglie, la tappa da non perdere

Inaugurato a Tenda nel 1996, il “Museo delle Meraviglie” è un’altra tappa da mettere in lista per completare al meglio e arricchire la conoscenza di una delle valli più sorprendenti della Francia.

Non a caso, è il luogo ideale per approfondire la visita al sito archeologico e alle sue incisioni oppure per prepararsi al meglio all’escursione: lungo le sue sale, progettate con scenografie moderne, interattive e ludiche per andare incontro anche ai più piccoli, il museo ricostruisce con dovizia di particolari e realismo la vita dei primi abitanti della Valle e offre il suo prezioso contributo alla valorizzazione e alla tutela di un patrimonio archeologico unico nel suo genere.

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Sidroturismo: alla scoperta dell’anima della Spagna verde

C’è qualcosa di magico nell’aria quando si parla di Spagna, una terra che incanta con il suo calore e la sua vitalità. Ma mentre le città più conosciute come Madrid e Barcellona attirano l’attenzione della maggior parte dei turisti, nella parte settentrionale c’è una località meno nota che aspetta solo di essere scoperta: la regione delle Asturie.

Circondata da montagne maestose e immersa nella rigogliosa bellezza delle vallate, è senza dubbio un luogo in cui la natura regna sovrana. Conosciuta come la “Spagna verde“, si distingue per i suoi paesaggi lussureggianti e i pittoreschi villaggi. Una regione incantevole con una ricca cultura tutta da scoprire.

Inoltre, questa terra è il cuore pulsante della produzione di sidro, una deliziosa bevanda ottenuta dalle mele che affonda le sue radici nel folklore locale. Negli ultimi anni, è diventata una meta sempre più popolare. Visitatori provenienti da tutto il mondo si recano qui per immergersi nell’atmosfera caratteristica dei frutteti di mele, scoprire l’antico processo di produzione del sidro e deliziarsi con il prodotto finale nelle accoglienti sidrerie locali.

Il sidroturismo: un’avventura nella tradizione del sidro asturiano

Case di sidro nelle Asturie

Fonte: iStock

Case di sidro di Aviles nella città vecchia, Asturie, Spagna

Le Asturie, conosciute anche come la “Comarca de la Sidra“, racchiudono una storia e una cultura legate strettamente a questa bevanda. Il sidro asturiano gode di grande rispetto non solo all’interno di questa regione, ma in tutta la Spagna e anche oltre i suoi confini. La produzione ha un impatto rilevante sull’economia locale, contribuendo all’occupazione e al turismo regionale, un vero e proprio tesoro che caratterizza il territorio.

Il sidroturismo è una forma emergente di turismo enogastronomico che si concentra sulla produzione e l’assaggio della bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del succo di mela. Molte sidrerie offrono anche degustazioni guidate, durante le quali è possibile assaggiare diversi tipi di sidro e imparare a riconoscerne le diverse caratteristiche.

Una tradizione millenaria che ha radici profonde risalenti al X secolo, ha resistito alla prova del tempo e tutt’oggi fa parte della vita quotidiana degli abitanti locali. Una caratteristica distintiva è il modo in cui la bevanda viene servita. In un rituale chiamato “escanciado“, il sidro viene versato da una bottiglia tenuta ad alta distanza nel bicchiere, un gesto che serve a ossigenare e a liberare i suoi aromi e sapori unici. Questa pratica richiede abilità e precisione ed è spesso eseguita con grande spettacolarità, aggiungendo un elemento scenografico alla degustazione.

L’arte di versare il sidro non è solo un rituale, ma un autentico simbolo della cultura asturiana. Un’occasione imperdibile per ammirare questa tradizione è il Festival de la Sidra Natural a Nava, uno degli eventi più significativi del territorio.

Dichiarato di interesse Turistico Regionale, celebra la bevanda più iconica della regione con un programma ricco di attività coinvolgenti. Uno degli eventi più attesi è il concorso di escanciado, in cui tutti i partecipanti versano simultaneamente il sidro dall’alto, creando uno spettacolo impressionante.

I luoghi imperdibili per gustare il miglior sidro in Spagna

Il sidro è un prodotto davvero sorprendente, amato anche per le sue diverse sfaccettature. Durante il periodo natalizio, rappresenta una deliziosa alternativa allo spumante, regalando un gusto fruttato e rinfrescante che si sposa perfettamente con i sapori ricchi e speziati dei piatti tipici delle feste. Ma c’è di più: per gli appassionati, il sidro è una vera e propria prelibatezza, un prodotto artigianale che racchiude in sé secoli di tradizione e l’arte della fermentazione.

Nel nord della Spagna ci sono tantissimi posti dove si può gustare questa bevanda, offrendo un’ampia varietà di esperienze, tutte da provare. Tra questi si trova Astigarraga, considerata la “capitale del sidro” della regione. Qui, numerose sidrerie (o sagardotegi, come si chiamano in basco) ne producono con passione milioni di litri ogni anno.

La Cantabria, situata nella zona nord della Spagna, è un’altra località che sta guadagnando riconoscimento per la sua produzione di sidro. Infine, negli ultimi anni, l’industria del sidro ha visto una crescita significativa anche in Galizia. Questo è dovuto a vari fattori, tra cui un crescente interesse per le bevande artigianali, la qualità delle mele galiziane e la lunga tradizione di produzione di sidro nella regione.

Escanciador di sidro, Spagna

Fonte: iStock

Escanciador: versatore di sidro per le strade di Oviedo, Asuturias, Spagna
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La facciata dell’Opéra di Parigi è diventata la porta di accesso a una caverna

Parigi, la città dell’amore e della bellezza, dell’arte e della moda, della gastronomia e della cultura. Degli ampi boulevard, fiancheggiati da alberi e da edifici in stile Belle Époque e Art Nouveau. È la città della Senna, della rive gauche e della rive droite, dei monumenti iconici, come la Torre Eiffel e Notre-Dame, che sono diventati il simbolo di un Paese intero, e delle caffetterie tradizionali, delle boutique e dei negozi di moda.

La capitale della Francia è un sogno a occhi aperti che si realizza a ogni viaggio e che si svela, ogni volta, con meraviglie sorprendenti e inedite. L’ultima ha a che fare con l’arte urbana che ha abbracciato, o meglio rivestito, uno dei palazzi più affascinanti e suggestivi della Ville Lumière.

A firmare questa nuova opera urbana, effimera e bellissima, è stato JR, uno degli artisti più celebri e apprezzati del nostro secolo. È stato proprio lui a rivestire la facciata dell’Opéra Garnier, attualmente in restauro, con un’installazione davvero sorprendente che ha trasformato l’edificio nella porta di accesso alla caverna platonica.

Parigi: la nuova opera di JR

Sono tanti e diversi i motivi che ci spingono a raggiungere Parigi ogni volta che ne abbiamo l’occasione. La Ville Lumière, infatti, ospita un patrimonio storico, artistico e culturale di immensa bellezza che incanta. A questo, poi, si aggiungono tutte le novità di una città cosmopolita che non smette mai di sorprendere.

Tra le tante ragioni che abbiamo trovato, per organizzare un viaggio adesso nella capitale francese, c’è quella che permette di ammirare l’ultimo capolavoro dell’artista JR. Conosciuto per le sue illusorie e monumentali installazioni, che hanno invaso anche le città di Roma e di Firenze, l’artista è tornato nella sua città natale per abbigliare in maniera minuziosa la facciata dell’Opéra Garnier durante il suo restauro.

Ci troviamo nel X arrondissement di Parigi, davanti al palazzo che ha fatto la storia della città. Primo teatro della capitale francese, nonché sede del Balletto dell’opera di Parigi, L’Opéra Garnier è uno dei simboli della città, nonché monumento storico di Francia dal 1923. L’edificio ha fatto da ambientazione al celebre romanzo di Gaston Leroux: Il fantasma dell’Opera.

Sottoposta a un intervento di restauro, la facciata del Palais Garnier si è trasformata in una tela che ospita il nuovo capolavoro di JR, Retour à la caverne, e che nasconde la grande impalcatura costruita per i lavori in corso. Il risultato? Un’enorme opera d’arte pubblica che raffigura l’accesso di una grotta ispirata al mito della caverna di Platone.

La facciata dell’Opéra di Parigi si trasforma ancora

Arrivando in Place de l’Opéra è impossibile non notare quella caverna piena di luce. L’installazione site-specific di JR è un invito a immergersi idealmente in questo scenario evocativo e antico, ispirato all’allegoria platonica, per toccare con mano la bellezza e la grandiosità del passato. Retour à la caverne resterà sulla facciata del teatro per tutto settembre, animata e illuminata da proiezioni suggestive ed emozionanti.

Ma questo è solo il primo atto di un capolavoro che è sempre in divenire. A novembre, infatti, l‘opera sarà sostituita da una nuova installazione: un sipario teatrale che verrà realizzato da JR, in collaborazione con l’Atelier Montex, e con tutti i cittadini che vorranno partecipare al grandioso progetto attraverso laboratori di ricamo aperti a tutti tra fine settembre e ottobre.

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Guadalajara, la città spagnola che è un capolavoro

Avete mai sentito parlare di Guadalajara? Probabilmente sì, ma forse in riferimento a una città con lo stesso identico nome che si trova in Messico. Oggi noi di SiViaggia vogliamo farvi conoscere la Guadalajara europea, una realtà spagnola particolarmente incantevole anche se molto meno conosciuta rispetto a tante altre località della penisola iberica.

Dove si trova Guadalajara

Guadalajara sorge al centro del suo Paese di appartenenza ed è il capoluogo dell’omonima provincia situata nella comunità autonoma di Castiglia-La Mancia.

Situata a circa 60 chilometri di distanza da Madrid, vanta una ricca storia e un patrimonio culturale decisamente affascinanti. Tra le sue strade scorre il il fiume Henares e le sue origini risalgono ai tempi dell’occupazione araba, epoca in cui qui venne fondato il primitivo insediamento di Arriaca, che nel corso del tempo divenne Guadalajara.

Cosa visitare

Come vi abbiamo anticipato, seppur meno nota rispetto a tante altre città spagnole, Guadalajara è uno scrigno di preziosi e interessati siti da visitare. Il suo centro storico – completamente pedonale – conserva edifici di grande valore, sia dal punto di vista storico che architettonico.

Uno di questi è senza ombra di dubbio la Concattedrale cittadina edificata in stile mudéjar. Dedicata a Santa Maria, sorge sui resti di un’antica moschea e colpisce per la sua facciata che possiede un portico con colonne e capitelli rinascimentali. Al suo interno sono invece conservati interessanti architetture e un bel pulpito di alabastro.

La passeggiata rilassante nel centro storico di Guadalajara continua alla volta del Palazzo del Infantado. Si tratta di un imponente edificio in stile gotico isabellino considerato il simbolo della città, tanto da finire tra i capolavori dell’architettura spagnola e anche tra i siti Patrimonio dell’Unesco. Un edificio che lascia a bocca aperta, complici i suoi balconi sulla facciata e i tanti affreschi che impreziosiscono le sue numerose sale.

Il Palazzo del Infantado a Guadalajara

Fonte: iStock – Ph: CHUYN

Un angolo del Palazzo del Infantado a Guadalajara

Poi ancora l’Alcázar Real di Guadalajara, ovvero un sontuoso castello in cui “teletrasportarsi” nei fasti dell’epoca medievale. Da qui è anche possibile godere di un’eccezionale vista panoramica, così come immergersi in sale pregne di affreschi, nelle stanze dei re e presso la famosa sala delle feste. In più, è circondato da bellissimi giardini.

Molto interessante è anche la Cappella di Luis de Lucena che quando fu costruita, verso metà del XVI secolo, sorgeva a ridosso della chiesa San Miguel del Monte, edificio religioso ormai scomparso. Gli elementi che la contraddistinguono sono la decorazione di mattoni sagomati e l’ampia cornice di “muqarnas” che sormonta la facciata.

Tra le altre meraviglie di Guadalajara c’è anche il Palazzo di Dávalos, una struttura del XVI secolo che dal 2004 ricopre la funzione di sede della Biblioteca Nazionale Spagnola.

Qui di particolare interesse sono il patio, in stile rinascimentale di La Alcarria, e la facciata in cui è raffigurato un torneo tra due cavalieri. La Chiesa di San Ginés, risalente al XVII secolo, presenta una mastodontica facciata in pietra che ingloba un portale costruito tra due grandi contrafforti, mentre all’interno vi si possono ammirare quattro eccellenti esempi di scultura funeraria.

Infine il Palazzo di Antonio de Mendoza, eretto nel XVI secolo in stile rinascimentale, che presenta un cortile interno che si rivela un eccellente esempio dello stile plateresco.

Il Museo di Guadalajara

Una menzione a parte la merita il Museo della città che sorge tra le mura del già citato (e splendido) Palacio del Infantado. Visitandolo si ha l’opportunità di approfittare di un percorso antropologico che illustra i concetti di vita, morte e religiosità dal paleolitico al XX secolo.

È anche presente un’esposizione permanente, denominata “Transiti”, dove il visitatore può conoscere i pezzi più rilevanti di alcune collezioni di archeologia, belle arti ed etnografia che mostrano il modo in cui i diversi popoli che vissero in città affrontarono la vita, la morte e l’idea dell’aldilà. Vi sono inoltre esposte opere di Alonso Cano, Ribera, La Roldana e resti celtiberici e medievali.

Guadalajara, Spagna

Fonte: 123rf

Veduta aerea di Guadalajara

Cosa vedere nei dintorni di Guadalajara

Se nel vostro itinerario in questa zona della Spagna avete inserito Guadalajara con tutto il suo patrimonio, la sua gustosa cucina e le sue importanti tradizioni, il nostro consiglio è quello di esplorare anche i suoi dintorni.

A poca distanza dalla città sorge il Castello di Torija, una straordinaria fortezza medievale che si ritiene sia stata fondata per mano dei Templari. Al suo interno, tra le altre cose, c’è anche un museo etnografico dedicato a La Alcarria.

Hita è invece la città natale di Juan Ruiz el Arcipreste, uno degli autori spagnoli più importanti del Medioevo, ma anche una località con un centro storico che è stato dichiarato Bene di Interesse Culturale.

Bellissima è anche Jadraque il cui tracciato urbano si sviluppa ai piedi di un imponente maniero: il Castillo del Cid – o de Jadraque – che svetta su un’altura da cui si osserva un’ampia area della pianura del fiume Henares, con le sierre a nord di Guadalajara che fanno da cornice sullo sfondo.

Già a vederlo da lontano ci si sente invasi di una potente emozione perché questa antica fortezza sembra fare da corona a una collina di proporzioni perfette. Poi ancora Cogolludo, un comune in cui ad attirare l’attenzione è soprattutto il Palazzo Ducale che è stato persino dichiarato Monumento nel 1931.

Molto suggestiva è anche Sigüenza che è sta dichiarata Complesso Storico-Artistico. Si tratta perciò di una città che possiede un magnifico patrimonio architettonico  e in cui a spiccare è il castello medievale del secolo XII, oggi trasformato in Parador de Turismo. Degna di nota è la Cattedrale edificata in stile gotico – ma anche pregna di elementi romanici – che ospita in una delle sue cappelle la famosa statua del Doncel de Sigüenza.

C’è poi Atienza, un minuto villaggio di origine medievale, fortificato e con numerose chiese romaniche e gotiche tra cui quella dedicata a Santa María del Rey.

E poi la natura, ovvero quella di cui si può godere presso il Parco Naturale della Faggeta di Tejera Negra dove, oltre ai faggi, sono presenti altre specie protette come il tasso, l’agrifoglio, la betulla, il rovere, il nocciolo e il pino.

Infine Majaelrayo che è una piccola località particolarmente nota per le sue tante casette di pietra ricoperte da curiosi tetti fatti in ardesia.

Sigüenza, Spagna

Fonte: iStock

Veduta aerea di Sigüenza
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Dopo 50 anni riaprono le porte del primo palazzo imperiale di Roma

Organizzare un viaggio a Roma, in ogni periodo dell’anno e in tutte le stagioni, è sempre un’ottima idea. Lo è perché la capitale d’Italia ha un patrimonio artistico, architettonico e culturale immenso che affonda le radici in 3.000 anni di storia e che ha influenzato il mondo intero. Basta una semplice passeggiata nei luoghi iconici della città eterna per toccare con mano le testimonianze del passato glorioso dell’antico Impero Romano, come le rovine del Foro e del Colosseo. E poi ci sono la Basilica di San Pietro, i Musei Vaticani e quei grandi capolavori che hanno fatto la storia dell’arte.

Insomma, le cose da fare e da vedere sono tantissime, e tutte sono destinate a incantare. E se tutto quello che la capitale ha da offrire ancora non dovesse bastarvi, sappiate che c’è un altro motivo per organizzare al più presto un viaggio in città. Il 21 settembre, dopo 50 anni di chiusura, le porte del primo palazzo imperiale di Roma sono state spalancate: da oggi, la Domus Tiberiana è di nuovo aperta al pubblico. Ecco cosa vi aspetta.

Dopo 50 anni riapre la Domus Tiberiana

Sono passati 50 anni da quando, a malincuore, la Domus Tiberiana è stata chiusa al pubblico. A causa di gravi e diversi problemi strutturali, l’imponente residenza romana è stata sottoposta a importanti interventi di restauro che si sono conclusi proprio a fine estate.

Con la riapertura della Domus Tiberiana, inglobata nella grande e monumentale area che compone il Parco archeologico del Colosseo, ha permesso di ripristinare la circolarità dei percorsi che collegano il Foro Romano e il Palatino attraverso la rampa di Domiziano e gli horti farnesiani. Gli ospiti possono accedere al palazzo imperiale passeggiando sulla via coperta Clivo della Vittoria, e calcare idealmente le orme dell’imperatore.

In occasione dell’inaugurazione, tenutasi il 21 settembre, è stato pensato un allestimento museale, dal nome Imago imperii, che ha visto la realizzazione di 13 ambienti che si aprono lungo il percorso e che hanno l’obiettivo e l’ambizione di raccontare la storia del monumento, dalla sua nascita fino a oggi.

Il cosiddetto Clivo della Vittoria visto dagli archi della via Tecta

Fonte: Ph. Stefano Castellani

Il cosiddetto Clivo della Vittoria visto dagli archi della via Tecta

Il primo palazzo imperiale di Roma

Edificio maestoso e imponente, il palazzo imperiale si snoda per circa 4 ettari sul colle Palatino affacciandosi sulla valle del Foro Romano. Caratterizzata da grandi arcate su più livelli, la residenza monumentale è il simbolo di questa area che celebra l’antica Roma.

Le sue origini sono antichissime. Il nome Domus Tiberiana è legato, imprescindibilmente, all’imperatore Tiberio succeduto ad Augusto, tuttavia alcune indagini archeologiche hanno dimostrato che le fondamenta della residenza sono state opera di Nerone subito dopo l’incendio del 64 d.C. Diverse sono state le trasformazioni che si sono susseguite, a opera di Domiziano e Adriano, che hanno ampliato l’edificio e lo hanno trasformato in una delle più importanti testimonianze del passato. La sua storia lo rende il primo palazzo imperiale dell’Antica Roma.

Durante i restauri, che hanno previsto un lavoro incessante durato anni, sono state ritrovate tantissime testimonianze della vita del passato. Reperti in ceramica, metallo e vetro, statuette e decorazioni oggi sono state utilizzate per l’allestimento museale e per il racconto della vita che si svolgeva all’interno della reggia.

Lastra campana proveniente dagli scavirelativi alle fasi precedenti la Domus Tiberiana. ©Ph. Stefano Castellani

Fonte: Ph. Stefano Castellani

Lastra campana proveniente dagli scavi
relativi alle fasi precedenti la Domus Tiberiana