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È stata aperta un’incredibile rotta ferroviaria nel deserto

Avete mai pensato di salire a bordo di un treno che attraversa il deserto? Se non lo avete mai fatto sappiate che ce ne sono diversi nel mondo, ma la rotta che è stata appena inaugurata ha qualcosa di speciale e che deve essere provata almeno una volta nella vita.

Cina: il treno che permette di fare un giro completo nel deserto

Ci troviamo in Cina, e più precisamente nella regione autonoma dello Xinjiang Uygur, una zona che è caratterizzata soprattutto da deserti infiniti e montagne imponenti. E proprio qui, dove prende vita il Taklamakan, il più grande deserto del Paese ma anche il secondo più esteso del pianeta con dune mobili, è stata inaugurata una rotta ferroviaria che per ben il 65% del percorso passa proprio all’interno dello stesso deserto.

Si tratta dell’ultima parte di una linea ferroviaria ad anello della lunghezza totale di ben 2.712 km. La sua costruzione è iniziata nel dicembre 2018 e oggi ci ha regalato ben 5 ponti, per un totale di 49,7 km, che innalzano i binari per proteggerli dalle temibili tempeste di sabbia. Il tutto anche grazie a 50 milioni di metri quadrati di griglie erbose installate e a 13 milioni di alberi piantati, tra cui arbusti di salice rosa e olivello spinoso.

In questa zona, infatti, le tempeste di sabbia possono rappresentare una seria minaccia e per questo motivo, in contemporanea alla costruzione della ferrovia, c’è è stata anche la realizzazione di programmi anti-desertificazione.

La China Railway, le ferrovie di Stato cinesi, hanno fatto sapere che la rotta Hotan-Ruoqiang consente ai treni di percorrere per la prima volta al mondo un giro completo intorno a un deserto (e per un totale di 825 chilometri). La velocità, invece, si attesta si più o meno sui 120 km orari, con i quali si toccano 22 stazioni, di cui 11 per il servizio passeggeri e 6 per il servizio merci. I convogli sono in grado di coprire l’intera distanza in 11 ore e 26 minuti.

Un progetto che ha messo la parola “fine” al problema della mancata disponibilità del servizio ferroviario in cinque contee e in alcune città dello Xinjiang meridionale. Un modo di spostarsi che, quindi, ridurrà in maniera notevole i tempi di viaggio per gli abitanti di questi luoghi.

Ma non solo. Questo nuovo tratto faciliterà anche il trasporto dei prodotti tradizionali dello Xinjiang, tra cui il cotone, le noci, i datteri rossi e i minerali, verso altre zone di questo estesissimo Paese.

Deserto del Taklamakan, il “Mare della Morte”

Un viaggio che ha dello spettacolare, vi basti sapere che il deserto del Taklamakan viene persino chiamato il “Mare della Morte”, ma anche il “Luogo dell’abbandono” o “Entrare e non tornare mai”.

Se vi state chiedendo il perché il motivo è molto semplice: sebbene le temperature non siano insostenibili poiché le massime si aggirano intorno ai 38° e piove molto poco, qui non ci sono popolazioni stanziali e la vegetazione è quasi inesistente.

Ad abitarlo c’è giusto qualche esemplare d’animale scomparso dal resto della Cina come, il cammello della Battriana e l’asino selvatico asiatico. Eppure è un luogo fuori dal comune, a tal punto da regalare paesaggi davvero unici nel loro genere.

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Le oasi nel deserto esistono, e questa ha la forma di un cuore

Le oasi del deserto non sono dei miraggi, né tanto meno delle illusioni ottiche. Si tratta di luoghi incredibilmente straordinari all’interno dei quali possiamo vedere la natura che domina e conquista i deserti aridi, che si manifesta attraverso ecosistemi fatti di acqua, villaggi, flora e fauna.

Come è successo in Egitto, tanti secoli fa, quando è nata questa oasi nel cuore del deserto. Un luogo inaspettato che si apre davanti agli occhi di guarda con una fitta e lussureggiante vegetazione che esplode in tutta la sua bellezza osservabile anche dallo spazio.

Ci troviamo a circa 100 chilometri a sud del Cairo, in uno degli spazi naturali più straordinari d’Egitto. Il suo nome è Fayyum ed è un’oasi incantata creata da Madre Natura che, vista dallo spazio, assume la romantica e suggestiva forma di un cuore.

Oasi di Fayyum, Egitto

Oasi di Fayyum, Egitto

L’oasi a forma di cuore

È stata la Nasa a immortalare quest’istantanea di immensa bellezza. Una fotografia evocativa e romantica che non ha fatto altro che aumentare la nostra curiosità nei confronti di questa oasi del deserto.

Quando gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) hanno rilevato nel deserto egiziano questo cuore verdeggiante non hanno avuto dubbi: si trattava dell’oasi di Fayyum nel deserto Libico-Nubiano in Egitto a poca distanza dal Nilo. Un luogo che non solo possiamo ammirare attraverso le fotografie ma che possiamo raggiungere per vivere un’esperienza unica.

Formatasi attorno all’antico lago Moeris, che oggi sopravvive in parte nel bacino del Qarun, l’oasi conserva una storia antica a e affascinante collegata al culto del dio coccodrillo Sobek. Nei dintorni del territorio sono presenti moltissimi resti archeologici che riguardano il periodo preistorico così come gli insediamenti più moderni.

L’oasi di Fayyum, che si estende oggi per oltre 1200 chilometri quadrati a sud del Cairo, ha permesso per secoli la sopravvivenza di persone e comunità. Ancora oggi fornisce risorse di sostentamento a diverse specie di uccelli che qui hanno trovato la loro casa.

Oasi di Fayyum, Egitto

Oasi di Fayyum, Egitto

Fayyum: l’oasi rigogliosa nel deserto egiziano

Storia e natura qui si incontrano con l’obiettivo di raccontare uno dei luoghi più belli del mondo: l’Egitto. L’oasi, che prende il nome dalla vicina città di Fayyum, è diventata meta di numerose escursioni per tutti i viaggiatori amanti della natura e della storia.

Quello che si apre davanti agli occhi di chi arriva qui è un paesaggio sorprendente, fertile e lussureggiante, circondato tutto intorno dall’aridità del deserto e dai resti di una storia antichissima. Nei pressi dell’oasi, infatti, è presente anche la piramide di Meidum, una delle più antiche e più sconosciute di tutto il Paese. Ma c’è molto altro da scoprire: potrete passeggiare tra numerosi ruderi di borghi e insediamenti secolari.

All’interno dell’oasi di Fayyum è possibile anche scoprire il lago Qarun, nato dall’antico Moeris. Caratterizzato da acque salate, il bacino idrico si estende per una superficie di diversi chilometri quadrati e ospita sulle sue sponde i resti di templi e fortezze antiche.

Ed è proprio qui, in questo perfetto connubio tra storia e natura che vive e sopravvive in una terra intrisa di fascino e suggestione, che è possibile vivere l’esperienza magica di passeggiare in un’oasi nel deserto.

Lago di Qarun, Oasi di Fayyum

Lago di Qarun, Oasi di Fayyum

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Anche l’Italia ha il suo deserto. E lo avete già visto nei film

Esiste un luogo di grande fascino e suggestione dove la scarsa presenza di esemplari vegetali che si palesano debolmente sembra un miraggio. Qui non ci sono prati fioriti o arbusti che svettano verso il cielo ma solchi nel terreno che si allungano, si moltiplicano e si diramano.

Ma non ci troviamo in un deserto da raggiungere con voli aerei lunghissimi perché siamo in Italia, e più precisamente tra i monti Erei e l’Etna, nella valle del Simeto. È qui che troviamo i calanchi del Cannizzola, conosciuti anche con il nome di deserto di Centuripe.

Le fotografie che lo ritraggono, probabilmente, precedono la fama del loro stesso nome perché il deserto italiano, negli anni, è stato protagonista assoluto del grande e del piccolo schermo.

Deserto dei Calanchi, strada delle Valanghe

Deserto dei Calanchi, strada delle Valanghe

Sicilia: il deserto dei Calanchi

L’area dei calanchi del Cannizzola si apre davanti agli occhi dei visitatori offrendo un paesaggio arido e suggestivo che si perde all’orizzonte tra le mille sfumature di giallo ocra. La conformazione territoriale e l’aspetto desertico che caratterizza questo luogo restituisce la sensazione di trovarsi altrove, nei grandi deserti dall’altra parte del mondo.

Non stupisce, quindi, quel parallelismo con le caratteristiche ambientazioni da film western, né tantomeno che il deserto dei calanchi siciliano sia stato trasformato in un set naturale per diverse pellicole che qui sono state girate negli anni.

Già nel 1964, infatti, questo territorio ha fatto da sfondo al celebre film La Bibbia di John Huston insieme ad altri luoghi situati alle pendici del gigante buono. A rendere tutto più suggestivo ci ha pensato la presenza di dromedari provenienti dall’Africa che hanno trasformato quest’area in un paesaggio dai richiami magici e lontani.

Più recentemente, i calanchi siciliani, sono stati la scenografia del cortometraggio Audi quattro – Ski the World insieme ad altri luoghi nel mondo. Nell’ottobre del 2021, invece, il territorio è stato trasformato nella scenografia del lungometraggio Fortress di Jessica Woodworth ispirato a Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati.

Deserto dei Calanchi

Deserto dei Calanchi

Cosa fare nel deserto dei calanchi

Il deserto dei calanchi è percorribile on the road attraverso la suggestiva strada delle Valanghe, meglio conosciuta come provinciale 84. È questo il percorso da seguire per scoprire tutta la parte meridionale dell’area.

Una volta arrivati è possibile godere dell’arido e suggestivo territorio che si apre davanti agli occhi di chi guarda, ma non è tutto perché all’interno del territorio è stata installata anche una delle Big Bench di Chris Bangle, la panchina gigante che permette a cittadini di tutto il mondo di ammirare i panorami più suggestivi di sempre.

Inaugurata nell’aprile del 2022, e situata in un terreno della famiglia Capizzi di Biancavilla, la grande banchina è stata istallata su una terrazza panoramica che consente di ammirare la naturale meraviglia che caratterizza in maniera univoca questo territorio.

La Big Bench del deserto dei calanchi è la 202° del mondo e segue i dettami, le caratteristiche stilistiche e le dimensioni scelte da Chris Bangle, ideatore del progetto delle grandi sedute giganti che rendono accessibile i punti panoramici più incredibili del mondo che abitiamo. Tra questi anche i calanchi del Cannizzola.

big bench deserto dei calanchi

Big Bench nel deserto dei calanchi

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New Mexico: l’oceano di sabbia bianca in movimento che sembra un sogno

Esistono luoghi così belli e straordinari da non sembrare reali. Che si perdono all’orizzonte, che rubano i colori e le forme dalla natura, che inebriano i sensi, che stordiscono e incantano. E sono queste le sensazioni che si provano quando ci si ritrova al cospetto del deserto bianco del New Mexico, un oceano di sabbia le cui onde si increspano col vento creando un paesaggio che lascia senza fiato.

Ci troviamo a circa 50 chilometri da Las Cruces, al cospetto di uno dei parchi più belli, suggestivi e magici di tutta l’America. Il White Sands National Park è un parco nazionale statunitense situato nello Stato del Nuovo Messico ed è così bianco, scintillante ed etereo da sembrare un sogno.

Caratterizzato da un’immensa distesa di sabbia bianca che si perde a vista d’occhio, il Parco Nazionale delle sabbie bianche offre un panorama unico e alienante che assomiglia a un oceano di acque calme e placide mosse dal vento che determina, ogni volta, il suo paesaggio.

White Sands National Monument

White Sands National Monument

Il deserto di sabbia bianca in movimento

Il White Sands National Park si trova nel cuore del bacino della Tularosa, in New Mexico, e si snoda per una superficie di oltre 700 chilometri quadrati. La particolarità di questo deserto non è data solo dalla grande bellezza che stordisce sin dal primo sguardo, ma anche dalla composizione stessa delle sue aride dune, che lo fanno somigliare ora a un paesaggio lunare, ora a un oceano paradisiaco.

La sabbia che ricopre l’area del Parco Nazionale delle sabbie bianche, infatti, è composta da cristalli di gesso e si configura come la più grande distesa del pianeta di questo genere. Il deserto è nato durante l’ultima era glaciale, lì dove sorgeva il Lago Otero che occupava gran parte del bacino. Una volta che le sue acque si sono prosciugate, sull’area sono rimasti i residui di cristalli di gesso.

I cristalli in grani vengono spostati per tutta l’area dai venti che soffiano principalmente da sud-ovest, sono loro che permettono di creare quelle dune bianche di diverse dimensioni che contraddistinguono il paesaggio in maniera univoca. Le dune, però, non sono statiche, ma cambiano forma e si muovono sinuose, dano l’impressione a chi guarda di trovarsi davanti a un deserto in evoluzione.

White Sands National Monument

White Sands National Monument, area picnic

Visitare il White Sands National Park

Visitare il White Sands National Park è un’esperienza unica e straordinaria da fare almeno una volta nella vita. L’immensa distesa di sabbia bianca, infatti, appare agli occhi come un tappeto bianco e lucente che brilla ancora di più sotto i raggi del sole che sull’area si riflettono.

Meta imprescindibile di viaggiatori, turisti e fotografi provenienti da ogni parte del mondo, il White Sands National Park è una delle meraviglie più straordinarie da esplorare durante un viaggio tra i parchi degli Stati Uniti.

La visita al parco può essere fatta in auto, in bicicletta o in moto percorrendo la strada panoramica Dunes Drive che parte dal centro visitatori e conduce direttamente nel cuore delle dune. Lungo il tragitto è possibile fermarsi a contemplare il panorama surreale e riposarsi nelle aree di ristoro che si snodano tra il deserto. Tra le attività preferite, da grandi e bambini, c’è la discesa dalle dune in slittino.

Non mancano, ovviamente, sentieri escursionistici da percorrere a piedi. Dall’Interdune Boardwalk, la passerella in legno che sovrasta i cumuli di gesso e i fiori selvatici che fanno capolino nel bianco, ad altri percorsi panoramici più o meno intensi da attraversare in solitaria o con i ranger del parco per godere della grande bellezza di questo gioiello straordinario.

White Sands National Monument

White Sands National Monument

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Lo spettacolare deserto di sabbia che si trasforma col vento

Esistono luoghi così belli da lasciare senza fiato, così straordinari da accelerare i battiti del nostro cuore, visioni straordinarie che ci ricordano che il mondo che abitiamo è un posto meraviglioso che dobbiamo proteggere e preservare. E pensando proprio a questi spettacolari capolavori della natura non possiamo non pensare ai Lençóis Maranhenses.

Un’infinta distesa desertica di sabbia bianca, bagnate da acque che prendono in prestito i colori del cielo, si palesa davanti agli occhi di viaggiatori e avventurieri che si spingono fino allo Stato del Maranhão, in Brasile, per guardare il mutevole e straordinario quadro dipinto da madre natura: il Parco Nazionale dei Lençóis Maranhenses.

Viaggio nel Parco nazionale dei Lençòis Maranhenses

Il nome stesso di questo suggestivo parco è un preludio alla meraviglia visiva che attende viaggiatori da tutto il mondo. Lençóis in portoghese vuol dire lenzuolo e fa riferimento proprio a questa immensa distesa di sabbia bianchissima che si perde a vista d’occhio.

Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses

Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses

Spiagge paradisiache che si snodano, tra zone pianeggianti e altre dune, per oltre 15000 chilometri quadrati intervallate da splendide lagune dalle mille sfumature di blu.

L’uomo qui si è fermato, perché tanta era la bellezza messa in scena dalla che questa poteva solo essere contemplata. Le vaste distese di dune, infatti, sono state create durante l’era quaternaria attraverso agglomerati di sedimenti fluviali. La sabbia è esposta ai forti venti dell’entroterra che arrivando a creare dune che sfiorano i 40 metri di altezza.

Lo spettacolo della natura che cambia col vento

Come se non bastasse la sola visione ordinaria del Parco nazionale dei Lençòis Maranhenses, c’è qualcosa di meraviglioso che succede durante le stagioni. La forte esposizione al vento è destinata a cambiare quel paesaggio desertico caratterizzato da infinite distese di sabbia bianca e una quasi assenza di vegetazione.

Succede infatti che, durante la stagione invernale, le precipitazioni copiose invadono il territorio creando dei bacini d’acqua dal colore verde smeraldo e dalle sfumature di blu. Sono le piccole lagune che rendono il paesaggio ancora più suggestivo.

A volte confluiscono tra loro, altre volte restano isolate come oasi nel deserto e spiccano con un tripudio di colori incantati che trasforma l’intero paesaggio in un sogno a occhi aperti. Tutto merito, anche, della presenza di minerali come calcio, magnesio e rame, che tingono le acque di mille sfumature di verde e azzurro che fanno da contrasto al bianco tutto intorno.

Per molto tempo, il Parco nazionale dei Lençòis Maranhenses, è rimasto sconosciuto a gran parte del mondo e poi riscoperto dai piloti che sorvolavano la tratta aerea di Belèm-Fortaleza. Del resto la visione è impattante: dalla fitta e lussureggiante vegetazioni ci si ritrova davanti a una distesa quasi desertica che, come un lenzuolo bianco, ricopre tutto il territorio.

Dal 1981, gli straordinari Lençòis Maranhense, sono stati inglobati in quella che è diventata la riserva del parco volta a proteggere lo straordinario paesaggio e tutto il suo ecosistema. Ovviamente una meraviglia della natura così, non poteva che dare adito a storie e leggende suggestive da tramandare oggi e domani.

In molti credono che proprio sotto la sabbia bianca dei Lençòis Maranhense sia sepolto l’antico villaggio degli índios caetés, gli indigeni che popolavano e sorvegliavano questa terra.

Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses

Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses

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Scoperta sensazionale in Giordania: rinvenuto un sito antichissimo

Potrebbe essere una delle strutture create dall’uomo più antiche del mondo quella che è stata appena rinvenuta nel deserto della Giordania. Un ritrovamento che risale a 9mila anni fa. Si tratta di un luogo di caccia rituale dell’età della pietra, risalente al 7000 a.C.

Le strutture scoperte dagli archeologi che stavano scavando in quella zona mostrano che gli umani stavano radunando e cacciando gazzelle molto prima di quanto si pensasse. La scoperta è ritenuta così eccezionale in quanto non si pensava che gli uomini conoscessero tecniche di caccia tanto evolute in quel periodo dell’età della pietra.

Cosa è stato scoperto

Il team formato da esperti francesi e giordani ha anche trovato nel sito oltre 250 reperti, comprese alcune figurine di animali, che ritiene siano state utilizzate nei rituali per invocare forze soprannaturali per battute di caccia di successo.

Gli oggetti, che includono due stele con sagome umane, di cui una alta 1,12 metri, sono alcuni dei più antichi pezzi artistici mai trovati in Medioriente. “Questo è un sito unico”, ha commentato Wael Abu Azizeh, il co-direttore della squadra archeologica francese “in cui grandi quantità di gazzelle sono state cacciate in complessi rituali. Non ha rivali al mondo dall’età della pietra”.

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Le stele dalle sembianze umane rinvenute in Giordania

Gli esperti hanno trovato mura di pietra convergenti, lunghi diversi chilometri, che servivano per intrappolare le gazzelle in un’area ristretta dove potevano essere cacciate più facilmente.

Una scoperta eccezionale

Sebbene tali trappole, dette ‘aquiloni del deserto‘, possano essere trovate anche altrove nei paesaggi aridi del Medioriente e del Sud-Ovest asiatico, dall’Arabia Saudita alla Siria, Turchia e Kazakhstan, si ritiene che quelle giordane siano le più antiche, meglio conservate e più grandi, hanno affermato gli esperti.

“Attestano l’ascesa di strategie di caccia di massa estremamente sofisticate, inaspettate in un lasso di tempo così precoce”, afferma una dichiarazione del Progetto archeologico della Badia sudorientale (SEBAP) che lavora sul sito dal 2013.

Le abitazioni circolari dell’insediamento a forma di capanna e le grandi quantità di resti di gazzelle mostrano che gli abitanti non stavano solo cacciando per i loro bisogni, ma anche per effettuare scambi con gli insediamenti vicini.

La valenza storica (e turistica)

Il ministro del Turismo giordano, Nayef al Fayez, ha dichiarato che le scoperte sono un’aggiunta spettacolare alle gemme archeologiche della Giordania, tra cui spiccano già la città di Petra, scavata nella roccia del deserto, la città romana di Jerash e i castelli del deserto. “I siti archeologici in Giordania”, ha commetato “hanno un grande valore sociale, culturale ed economico a livello nazionale e internazionale, in quanto sono parte integrante della storia, della civiltà e dell’identità oltre ad essere attrazioni turistiche”.

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Il sito scoperto in Giordania

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Il meraviglioso spettacolo dei fiori che sbocciano nel deserto arido

Succede che in un determinato momento dell’anno, in una parte del mondo lontana, la natura mette in scena lo spettacolo più suggestivo e magico che i nostri occhi abbiano mai visto. Colori come il giallo, il rosa e il viola esplodono e invado il terreno di quello che è considerato il luogo più arido di tutto il pianeta. Apparentemente impossibile ma straordinariamente reale: nella Death Valley un tappeto di fiori incanta e stupisce.

Conosciamo tutti la Valle della morte, l’area attorno alla quale è stato costruito l’omonimo Parco Nazionale situato tra la California e il Nevada.  Considerata uno dei luoghi più caldi, aridi e inospitali per specie animali e vegetali – come il nome stesso suggerisce – la Death Valley diventa il teatro di uno spettacolo entusiasmante e incantato, una fioritura straordinaria che celebra la bellezza del mondo e la potenza di Madre Natura.

Ma non si tratta, però, di uno show periodico e garantito. Affinché questa fioritura avvenga, devono verificarsi determinate condizioni meteorologiche che permettono ai fiori di sbocciare e pare proprio che queste si verifichino ogni 10 anni circa. Ne sono un esempio le straordinarie fioriture del 1998, del 2005 e del 2016. Tuttavia, anche in assenza del super bloom, i fiori qui non sono mai del tutto assenti.

Un mare di fiori della Death Valley

Come un miracolo che ridona speranza così è il super bloom, che torna gentile e bellissimo dopo lunghi periodi di siccità. Questo mare fiorito che trasforma completamente tutta la Death Valley in determinati momenti è caratterizzato soprattutto da fiori selvatici, tra i quali la desert gold, margherita del deserto, girasoli, facelie e papaveri.

Affinché queste specie riescano a risorgere dalla siccità è necessario che si verifichino queste tre condizioni: precipitazioni ben distanziate in inverno e in primavera, calore sufficiente del sole e mancanza di vento arido.

La stagione della fioritura dura da metà febbraio a metà giugno, raggiungendo però il suo massimo splendore tra marzo e aprile. È in questo periodo che il deserto rinasce, prende vita grazie alla presenza di centinaia o migliaia fiori selvatici, gli stessi che catturano numerosi visitatori intenti ad ammirare questo miracolo della natura. Ipunti di osservazione migliori per contemplare lo spettacolo e fotografare il super bloom e le fioriture minori si trovano all’estremo sud del parco.

Super bloom e fioriture minori: quando osservarle

Come abbiamo detto, quel fenomeno del super bloom che vede l’invasione di migliaia di fiori, è tanto meraviglioso quanto raro. Le ultime esplosioni di sono verificate nel 2005 e nel 2016. Tuttavia dei miracoli minori sembrano intervallarsi in questi anni e sono comunque suggestivi.

Grazie agli aggiornamenti pubblicati periodicamente sul sito del Parco Nazionale della Valle della Morte è possibile prevedere in anticipo cosa riserva la fioritura. Quest’anno ci sono buone notizie per chi vuole recarsi all’interno del Parco Nazionale a caccia di fiori.

Dal sito ci fanno sapere che la pioggia di dicembre ha bagnato completamente il terreno, il che è una buona notizia per i fiori di campo. Anche se è improbabile che ci sarà una fioritura superba come quella del 2016, questa primavera avrà probabilmente i suoi fiori. E saranno bellissimi!

super bloom death valleySuper Bloom nella Death Valley