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Affacciata sul fiume c’è la scultura nella roccia più grande d’Europa

Un enorme volto di pietra incastonato nel verde più brillante, con lo sguardo che sembra perdersi sulla vastità di un fiume ricco di storia: no, non è la descrizione di un’opera architettonica protagonista di un romanzo fantasy, ma è la Statua del Decebalo, che detiene attualmente il primato di scultura nella roccia più grande d’Europa.

Sì, perché grazie ai suoi 55 metri d’altezza e ai 25 metri di larghezza, questa suggestiva opera rocciosa si distingue per la sua imponenza e non ha eguali in termini di dimensioni. C’è però da dire che non è tutto qui, perché questa statua ha anche un grande fascino, dovuto alla sua realizzazione e alla sua storia.

Che cos’è la Statua del Decebalo?

Cos’è di preciso, dunque, questo volto così particolare? La domanda giusta da porre, in realtà, sarebbe chi è: si tratta appunto di Decebalo, ultimo sovrano della Dacia. Decebalo ebbe (e ha) un impatto enorme sulla Romania: il sovrano organizzò il proprio esercito in modo straordinario, per combattere contro gli imperatori romani Domiziano e Traiano, al fine di conservare l’indipendenza del paese. La sua impresa fu eccezionale, al punto che Roma prese proprio esempio dalle truppe di Decebalo per riorganizzare il proprio, di esercito.

La Statua del Decebalo sul Danubio: è la più grande scultura in Roccia d'Euroa

Descritto come maestro militare, stratega astuto e grande pensatore, Decebalo è un simbolo di grande intelletto, ambizione e preparazione. Per questa ragione, nel 1994, è stata realizzata la Statua: per ricordare la sua preparazione e per ispirare i posteri a compiere azioni sempre attente e ben pensate, perché sono proprio la mente e il pensiero acuto a determinare i successi, anche in situazioni apparentemente sfavorevoli.

La creazione e la storia

Nonostante la fine di Decebalo non sia stata delle migliori (il sovrano si suicidò dopo una sconfitta), questo Re è passato alla storia per il suo carisma. In particolare, il suo volto attirava l’attenzione: pur non essendo bello era affascinante per via dello sguardo intenso e brillante, accentuato da sopracciglia marcate, per gli zigomi pronunciati e per le labbra grandi e carnose e il suo fascino gli dava la possibilità di ammaliare gli interlocutori.

Questa peculiarità e le sue abilità strategiche hanno colpito un ricco uomo d’affari rumeno, Iosif Constantin Drăgan. Quest’ultimo, nel 1994, decise di acquistare un angolo verde, più precisamente uno sperone roccioso che si affacciava sul Danubio , vicino alle Porte di Ferro (il confine tra la Romania e la Serbia), proprio con l’intento di far realizzare una statua che ritraesse il volto di Decebalo.

Statua del Decebalo: la più grande scultura rocciosa in Europa

La sua idea era ambiziosa: la statua doveva essere enorme, doveva osservare il Danubio e doveva trasmettere tutto il carisma del sovrano. Fece scegliere il luogo migliore per realizzarla allo scultore italiano Mario Galeotti, che oltre a valutarne la posizione ne realizzò un modello iniziale. L’opera di realizzazione iniziò nel 1994 e finì nel 2004: ci sono voluti dunque ben 10 anni di lavori, iniziati con il disboscamento, la definizione dell’area per mezzo della dinamite e la pulizia e la messa in sicurezza delle rocce.

A Galeotti seguì los cultore rumeno Florin Cotarcea, che guidò ufficialmente i lavori coordinando oltre dodici scultori, i quali vennero formati per lavorare scalando la roccia, arrampicandosi, in turni di lavori di circa sei ore, affrontando diversi pericoli tra cui (appunto) le altezze, ma anche la presenza di vipere e l’impossibilità di utilizzare macchinari pesanti per aiutarsi.

La Statua di Decebalo e la lapide

Alla fine dei lavori, la Statua di Decebalo era più che imponente. La lunghezza degli occhi è di 4,3 metri, quella del naso di 7 metri, la bocca supera i 5 metri. La barba è stata curata al meglio delle possibilità degli scultori, che dovettero lavorarla in particolare durante l’estate, quando la pietra si arroventava e le condizioni diventavano rigide, quasi intollerabili.La più grande scultura rocciosa d'Europa: è la Statua del Decebalo, affacciata sul Danubio in Romania

Sotto la statua, è stata apposta una lapide che recita “Decebalus Rex – Dragan Fecit”, ovvero “Re Decebalo, opera realizzata da Dragan”, per ricordare che a commissionarla è stata appunto l’uomo d’affari Iosif Constantin Drăgan, il quale ha sostenuto di aver scelto il Re anche per ricordare l’importanza dell’identità culturale dei rumeni.

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Il serpente piumato che appare sulla piramide Maya il giorno dell’equinozio

C’è qualcosa di incredibilmente magico che succede intorno a noi quando arriva l’autunno. C’è la natura che lentamente si addormenta, sprofondando in un lungo letargo, non prima di averci regalato la visione dello spettacolo più bello dell’anno.

E mentre ci prepariamo alla caccia alle foglie, organizzando un viaggio nei luoghi più straordinari dove va in scena il foliage, tutto il mondo celebra l’inizio della stagione con riti, tradizioni e feste pagane, spirituali e mistiche.

Ma c’è un luogo che, più di altri, durante l’equinozio d’autunno regala uno spettacolo senza eguali. Uno show misterioso e apparentemente inspiegabile che attira migliaia di visitatori e che lascia senza fiato. Sì perché qui, al cospetto della maestosa piramide Chichén Itzá, ogni anno appare l‘ombra del serpente piumato e la sua visione incanta.

Chichén Itzá e la grande piramide Maya

Organizzare un viaggio in Messico è sempre un’ottima idea, soprattutto quando l’itinerario ci conduce nello Yucatán, lì dove esiste quella che è probabilmente la più grandiosa testimonianza della civiltà Maya. È qui, infatti, che possiamo raggiungere Chichén Itzá, un complesso di fama mondiale considerato Patrimonio Mondiale dell’Umanità e annoverato tra le nuove sette meraviglie del mondo.

La grande piramide a gradoni di El Castillo occupa una superficie di oltre sei chilometri quadrati campeggiando al centro della scena. Incanta per la sua imponenza, per quelle incisioni grafiche rupestri, e per quello spettacolo di luci e suoni che si ripete ogni sera al calar del sole e che evidenzia i lineamenti e le geometrie di una struttura eccezionale.

Ma Chichén Itzá si configura come un vero e proprio complesso delle meraviglie all’interno del quale è possibile immergersi in un passato grandioso e mai dimenticato. Qui, infatti, è possibile contemplare l’osservatorio astronomico, el Caracol, e tantissimi templi tra cui quello dei guerrieri. E poi c’è lei, la piramide di Kukulkan, conosciuta anche con il nome El Castillo.

Ed è proprio al cospetto di questa che migliaia di cittadini e viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo si riuniscono durante gli equinozi, sia in primavera che in autunno, per ammirare uno spettacolo seducente e misterioso che affonda le sue origini nelle antiche tradizioni Maya.

Durante la giornata, infatti, sulla questa piramide compare un’ombra a forma di serpente: è la discesa in terra del dio Kukulkàn, identificato nel serpente piumato.

La discesa del dio Kukulkàn

Accade che, durante le giornate degli equinozi, sul lato della scalinata della piramide di Kukulcàn appare un’ombra, che dall’alto scende verso il basso percorrendo tutti i 91 gradini, fino a terminare su quella scultura di serpente che si trova alla base della struttura.

In realtà il fenomeno visivo non è altro che un gioco di luci e ombre, creato dal sole, che dà vita a quella suggestiva sagoma a forma di serpente, ma per le leggende locali non ci sono dubbi. Si tratta della discesa del dio Kukulkàn che, proprio in occasione dell’autunno e della primavera, arriva sulla terra per incontrare i suoi seguaci, per portare loro benedizioni e buon auspicio per le stagioni che verranno. Il suo arrivo coincide con le prime luci dell’alba, salvo poi sparire al tramonto per altri sei mesi.

La discesa del Kukulkàn, in occasione degli equinozi, è un evento importantissimo per la tradizione locale e per la cultura Maya, nonché uno spettacolo che incanta e che suggestiona. Proprio per celebrare questo momento, al calar del sole, viene ricreato uno spettacolo di luci e suoni che omaggia la discesa del serpente piumato.

Chichén Itzá, equinozio

Fonte: iStock

Chichén Itzá, equinozio
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Vi spieghiamo come le compagnie aeree scelgono il prezzo dei voli

Siamo abbastanza certi che almeno una volta nella vita vi sia capitato di chiedervi “ma come vengono scelte le tariffe dei voli?”. Domanda più che legittima. Del resto in questi ultimi mesi i prezzi sono lievitati di giorno in giorno. I motivi di questi aumenti ve li avevamo già spiegati tempo fa, ma il linea di massima riguardano la mancanza di personale, la crescita dei costi del carburante, le tariffe aeroportuali e i costi di gestione.

In sostanza, abbiamo tutti notato che volare non è più economico come lo è stato, in alcune circostanze, fino a poco tempo fa. Ma soprattutto a tutti è successo di andare sulla pagina web di una compagnia aerea, leggere una certa cifra da pagare e trovarla aumentata pochi minuti dopo. Perché accade questo? Chi sceglie il costo di partenza? Qual è il processo di creazione della tariffa?

Tutti gli elementi che stabiliscono il costo di un biglietto aereo

A dare una risposta a queste domande ci ha pensato Simple Flying, un noto magazine internazionale, che ha condotto una lunga analisi a tal proposito.

La prima cosa di cui vi sarete resi conto acquistando un biglietto aereo è che, al giorno d’oggi, il prezzo non è fisso. Esso, infatti, è controllato delle migliaia di compagnie aeree esistenti che chiaramente cercano di massimizzare i profitti derivanti dalla vendita dei voli. Entrano in gioco, quindi, diversi elementi che aiutano a stabilire il prezzo di un biglietto.

Le cassi di prenotazione

Le tariffe sono attualmente determinate attraverso l’uso di un sistema di “classi di prenotazione”. In sostanza, i costi sono differenti in base alla classe selezionata. Molti vettori utilizzano una suddivisione generica in Economy, Premium Economy e Business Class, mentre altre compagnie aeree arrivano ad avere persino 10 classi diverse.

Questo vuol dire anche a ogni sedile è assegnato uno specifico prezzo per classe tariffaria, e quando una classe tariffaria è stata venduta, il prezzo salirà a quella successiva .

Ma ovviamente questo non è l’unico fattore. Le classi di viaggio, infatti, vanno a combinarsi con la disponibilità. Tutto ciò accade attraverso delle complesse formule (algoritmo) che servono per calcolare il numero di posti ancora liberi e modulare il prezzo di conseguenza, secondo le classiche regole della domanda e dell’offerta.

Una delle novità, invece, riguarda la personalizzazione dei prezzi: attraverso i cookie è possibile tracciare i vali profili dei viaggiatori, di cui si possono ottenere informazioni anche tramite programmi di fedeltà.

La profilazione del clienti

Partiamo dal presupposto che ogni compagnia aerea ha un propio algoritmo che lavora per determinare le diverse tariffe. Formule che sono gelosamente custodite ma di cui è possibile sapere gli elementi tenuti in considerazione.

Tra questi, per l’appunto, c’è la profilazione del cliente. Un esempio pratico è la distinzione tra leisure e business, dal momento che le due tipologie di viaggiatori hanno tempistiche ed esigenze diverse. Presumibilmente, coloro che viaggiano in business saranno disposti a spendere di più e, di conseguenza, potrebbero prenotare un volo vicino alla data di partenza. Ma non solo. Vengono tenute in considerazione anche le ricerche e gli acquisti precedenti del cliente.

Comprare un biglietto in anticipo

Molti di noi sono convinti che comprando un volo con molto anticipo il prezzo sarà più basso. La verità è che acquistare un biglietto abbastanza prima della partenza gioca certamente un ruolo determinante, ma non è detto che sia realtà assoluta.

Le compagnie, infatti, monitorano l’andamento delle prenotazioni anche con lo scopo di individuare il momento in cui diventa possibile massimizzare il profitto. Allo stesso tempo, in ballo c’è anche la tendenza in tempo reale delle vendite: pochi posti disponibili significa prezzi più alti. Effetti che però sono per lo più sul brevissimo termine.

In sostanza, prenotare un volo in anticipo consente sicuramente di pagare un po’ meno, ma non è detto che il risparmio sia notevole in quanto i costi dei biglietti cambiano in continuazione anche in base a quanti posti vengono riempiti su ogni volo.

La durata del soggiorno e i biglietti andata e ritorno

Un altro fattore che determina il prezzo di un volo è la durata del soggiorno. Fare un viaggio A/R più distante comporta, in alcune circostanze, una tariffa più bassa, ancor di più se i collegamenti scelti sono schedulati nel fine settimana.

In generale, quindi, le tariffe più economiche richiedono solitamente un soggiorno lungo e probabilmente un viaggio aereo durante un weekend. Anche la scelta di prenotare un viaggio andata e ritorno mette a disposizione prezzi più bassi rispetto alla sola andata.

Il monitoraggio dei competitor

Per creare un determinato prezzo è fondamentale anche monitorare la concorrenza. In sostanza, i vettori tracciano i prezzi dei competitor che operano sulle stesse rotte (o comunque simili), a tal punto che l’andamento delle tariffe li influenza a vicenda.

Infine, resta la questione (già nota) dei periodi conosciuti per il picco di prenotazioni, come le vacanze estive o invernali. Anche se non è sempre semplice capirlo in quanto ogni Paese ha le sue tradizioni con conseguenti fasi che possono essere considerate “alta stagione”.

Cosa dobbiamo aspettarci nel futuro

Recentemente è entrato a far parte della costruzioni del prezzo la ‘disaggregazione’, ossia il pagamento di servizi che una volta erano inclusi nel prezzo. Le compagnie aere maggiori, in questo, hanno seguito l’esempio delle low cost offrendo tariffe che non includono alcun servizio, come il bagaglio.

Alla luce di tutto ciò, però, non è possibile dire con certezza come le compagnie aeree nel futuro sceglieranno le tariffe dei loro biglietti. L’unica cosa sicura è che il loro obiettivo principale sarà fissare i prezzi per massimizzare il profitto. E la potenza dell’analisi e i dati continueranno a crescere, come nella maggior parte dei settori.

Solo gli ultimi due anni hanno visto un cambiamento significativo nei prezzi: dopo il crollo subito nel 2020, sono rimbalzati rapidamente nel 2021 per i viaggi nazionali. Quest’anno, invece, si è registrata una tendenza al rialzo anche per quelli internazionali.

Ma non è finita qui. Notizia degli ultimi giorni è che in Olanda, per esempio, dal 1° gennaio 2023 l’imposta applicata sui voli in partenza per singolo biglietto aereo passerà dagli attuali 7,95 a 28,58 euro. Il tutto per rendere l’aviazione più sostenibile e ridurre l’impatto ambientale. Un’eco-tassa che per i passeggeri potrebbe tradursi in un aumento dei costi su ogni singola tratta.

Meno recentemente Michael O’Leary, numero uno della low cost Ryanair, ha annunciato che per i prossimi cinque anni (e, verosimilmente, per molti altri a venire) i voli a basso costo non esisteranno più. Dichiarazioni di cui vi avevamo già parlato.

Infine, tutti i vettori sembrerebbero ridimensionare o ricalibrare i loro network invernali anche a causa del prezzo elevato del jet fuel.

In sostanza, quindi, quelli a venire non saranno anni facili per quanto riguarda i costi dei biglietti aerei.

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La Regina che ha viaggiato più di ogni altra al mondo

Impeccabile e longeva, Elisabetta II ha viaggiato tantissimo durante la sua intensa vita. Senza ombra di dubbio, è stata la Regina che lo ha fatto di più, considerando che ha trascorso decenni conoscendo culture diverse dalla sua e attraversando ripetutamente (quasi) tutto il mondo.

La Regina dei record

La Regina Elisabetta nel corso della sua vita ha raggiunto diversi primati. Per esempio, il suo regno è durato ben 70 anni, 7 mesi e 2 giorni. Durante questo periodo ha posato per oltre 200 ritratti, ha conosciuto 15 primi ministri, ha incontrato 13 dei 14 presidenti americani, ha avuto modo di interfacciarsi con 4 papi e, tra le altre cose, è rimasta sposata per più di 73 anni con il Principe Filippo, venuto a mancare nell’aprile 2021, un vero e proprio primato per un monarca britannico.

Ma la Regina era anche una globetrotter: dal 1952 Elisabetta ha viaggiato in 117 Nazioni e ha fatto più di 150 visite nei Paesi del Commonwealth. Tra le altre cose, è stata 22 volte in Canada e 13 volte in Francia. In totale ha percorso 1,7 milioni di chilometri, di cui 48 mila solo nel 2002, anno del suo giubileo d’oro che ha segnato i 50 anni sul trono.

In sostanza, è come se la Regina avesse fatto il giro del mondo 42 volte prima di interrompere i viaggi all’estero nel novembre 2015, all’età di 89 anni. Il più lungo? È stato di 168 giorni (dal novembre 1953 al maggio 1964) durante i quali ha visitato 13 Paesi. Infine, è stata la prima monarca britannica ad andare in Cina nel lontano 1986. Strano a dirlo visti suoi numeri, ma ci sono che luoghi che non ha mai potuto raggiungere come Israele, per motivi politici, e la Grecia a causa della storia familiare del Principe Filippo nel Paese.

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Fonte: Getty Images – Ph: Hulton Archive

La Regina Elisabetta in Cina nel 1986

I viaggi della Regina Elisabetta in Italia

Nel corso della sua vita trascorsa in giro per il mondo, sia per dovere che per piacere, la Regina Elisabetta ha fatto tappa anche nel nostro Paese. Più precisamente c’è stata 5 volte, l’ultima nel 2014 per 24 ore di fitte di impegni tra il Quirinale, con l’allora presidente Giorgio Napolitano, e l’udienza in Vaticano con Papa Francesco.

Per la sovrana più amata della storia, l’Italia era uno dei luoghi preferiti soprattutto per le vacanze personali. In particolare nel 1951, anno in cui, l’allora Principessa, si concesse una visita di due settimane a Roma, dove festeggiò i suoi 25 anni nello spettacolare scenario di Villa Adriana a Tivoli.

Il 3 maggio 1961 Elisabetta, ormai Regina, attraversò la splendida Roma a bordo di una Flaminia 335. Il motivo della visita, in questo caso, fu incontrare il capo dello Stato, Giuseppe Gronchi. Mentre due giorni dopo, il 5 maggio, a conoscerla fu Papa Giovanni XXIII. Poi andò a Venezia e a Firenze. In questo stesso anno sbarcò anche sulla piccola isola siciliana di Vulcano dove girovagò con il Principe Filippo tra i villaggi di pescatori.

Tornò nel nostro Paese anche il 14 ottobre 1980, ma questa volta a riceverla furono Sandro Pertini e Papa Giovanni Paolo II. Lasciata la Capitale, sua Maestà decise di esplorare di nuovo il territorio italiano. La tappa, questa volta, fu Palermo, dove Elisabetta tornò anche nel 1992.

Nell’ottobre del 2000 la Regina fece ritorno a Roma. Ad accoglierla, in questa circostanza, ci fu Carlo Azeglio Ciampi, con cui Elisabetta assistette al concorso ippico in piazza di Siena. Poi si spostò di nuovo, ma questa volta a Milano al Teatro La Scala, dove Riccardo Muti diresse un concerto in suo onore.

Infine, l’ultimo viaggio istituzionale nel nostro Paese avvenne nel 2014, anno in cui conobbe anche Papa Francesco.

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Fonte: Getty Images – Ph: Tim Graham

Elisabetta II e Sandro Pertini al Quirinale nel 1980

Cosa metteva in valigia la Regina Elisabetta

Innanzitutto, la Regina Elisabetta II poteva recarsi all’estero senza utilizzare il passaporto. Il motivo? In Gran Bretagna tale documento viene emesso “a nome di Sua Maestà”, quindi era lei stessa che li rilasciava, senza averne di conseguenza bisogno.

Portava sempre in valigia, tra le altre cose, un abito scuro. Una regola che aveva, e che ha anche ora, lo scopo di essere una sorta di prevenzione: nel caso in cui un membro della famiglia dovesse venir meno, tutti gli altri membri sono obbligati a indossare completi neri per onorare il lutto, in qualsiasi parte del mondo si trovino.

Inoltre, i Reali devono avere con loro anche un kit di sopravvivenza che, insieme ad aspirine e cerotti, contiene sangue d’emergenza per trasfusioni.

Infine, come avevano rivelato qualche anno fa i media inglesi, il set di valigie personali della Regina era firmato dal brand britannico Globe-Trotter. Al suo interno c’era sempre anche una scorta di Earl Grey, il suo tè preferito, con tanto di bollitore con il suo monogramma.

dove viaggiava regina

Fonte: Getty Images – Ph: Anwar Hussein

La Regina Elisabetta in Nuova Zelanda nel 1977

I mezzi di trasporto utilizzati dalla Regina

Ogni apparizione pubblica della Royal Family deve essere organizzata nei minimi dettagli, tanto che esiste anche un ufficio specifico, il Royal Travel Office, che si occupa delle visite ufficiali sia dal punto di vista della programmazione che dalla sicurezza.

A seconda dell’evento a cui i rappresentanti della famiglia devono partecipare, viene scelto un diverso mezzo di trasporto, anche se il più delle volte sono privilegiati i jet privati e ministeriali, così da garantire una certa privacy agli eredi al trono.

Ma tra quelli prediletti da sua Maestà c’era un treno costruito negli anni ’40 del XIX secolo caratterizzato da interni particolarmente eleganti. Un convoglio che, nel corso del tempo, è stato anche ampliato e rinnovato nel design, distinguendosi per essere uno dei treni più all’avanguardia del mondo. Elisabetta preferiva utilizzare il Royal Train per raggiungere le diverse destinazioni del suo Regno Unito.

Un altro grande amore in fatto di viaggi della Regina Elisabetta, definito da lei “come sentirsi a casa”, era il Royal Yacht Britannia. Parliamo di una gigantesca nave utilizzata per ben 968 viaggi ufficiali della Famiglia Reale. Un monumento, più che un’imbarcazione, in quanto nei suoi anni di servizio ha percorso più di un milione di miglia marine, facendo scalo in 600 porti di più di 130 Paesi differenti: una media di un giro del mondo all’anno.

Infine, il trasporto aereo della Royal Family è fornito, a seconda delle circostanze e della disponibilità, da una varietà di operatori militari e civili. Ciò include un Airbus Voyager della Royal Air Force e il volo in elicottero della Regina. Aeromobili che vengono utilizzati anche come aerei civili e voli commerciali di linea.

In sostanza, la Regina nel corso della sua vita è stata anche una vera e fiera viaggiatrice.

Royal Yacht Britannia regina

Fonte: Getty Images – Ph: Serge Lemoine

La Regina Elisabetta e il Principe Filippo a bordo del Royal Yacht Britannia nel 1977
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I luoghi del cuore della regina Elisabetta II

Ngli ultimi anni, Sua Maestà la Regina Elisabetta II non viaggiava molto. Aveva passato il testimone a William e alla moglie Kate che presenzia(va)no a quasi tutti gli eventi ufficiali in giro per il mondo.

Cionondimeno non si può dire che la Regina fosse pigra. Senza fare troppi chilometri, si spostava spessissimo all’interno del Regno Unito, muovendosi tra una proprietà e l’altra. Noi conosciamo solo le più famose, quelle a cui Elisabetta era più affezionata, ma le case appartenenti alla Famiglia Reale sono ben trenta, tra campagna inglese, Scozia e persino Irlanda del Nord.

C’è una casa per ogni occasione: Balmoral – dove è morta – per l’estate, Sandringham per le vacanze di Natale,

Alcune di esse sono state aperte al pubblico dalla Regina stessa e possono essere visitate. Ecco le sei case reali alle quali la Regina Elisabetta II era più affezionata.

Il Castello di Balmoral, la residenza estiva

Balmoral è una proprietà privata di proprietà della Regina (ora di Re Carlo III) che si trova in Scozia, nei pressi di Aberdeen. È tra queste mura che Elisabetta II d’Inghilterra trascorreva la maggior parte delle estati e pare fosse la sua residenza preferita, così come lo era per la Regina Vittoria che l’aveva acquistata nel 1848 e che la definiva “il mio caro paradiso nelle Highlands”. Sarà stata felice Lilibet di aver chiuso gli occhi per l’ultima volta proprio qui.

Balmoral

Fonte: ©Jan Zabrodsky/123RF.COM

Il Castello di Balmoral in Scozia

Nella tenuta di Balmoral, la Regina aveva iniziato ad affittare alcuni cottage e, proprio in queti giorni, per far fronte alla risi economica, aveva addirittura deciso di ridurre i prezzi. Davvero un gesto regale…

Buckingham Palace, il quartier generale

Il Palazzo si trova nel quartiere di Westminster a Londra ed è la residenza reale più famosa. Appartiene alla Corona britannica fin dal 1837. Buckingham Palace è gigantesco. All’interno ci sono 775 stanze, tra cui 19 stanze di Stato, 52 camere da letto, 188 camere per la servitù, 92 uffici e 78 bagni. Il Palazzo può essere in parte visitato dal pubblico in quanto alcune delle sale sono aperte in determinati periodi dell’anno.

Una curiosità: delle 775 stanze che ci sono nel Palazzo Reale una è assolutamente inaccessibile, se non alla Regina Elisabetta. Un palazzo del genere, con la sua storia secolare non può non celare dei segreti. Si tratta della numero 1844 e si trova proprio sotto gli appartamenti di Stato. Vi si arriva attraverso la Grand Marble Hall, un salone d’ingresso interamente rivestito di marmo bianco.

picnic a Buckingham Palace

Fonte: iStock

L’inconfondibile Buckingham Palace a Londra

Deve il suo nome all’anno in cui fu ridecorata, in occasione della visita dello zar Nicola I. È qui che Elisabetta registrava i filmati di auguri di Natale inviati a tutti i sudditi del Commonwealth. Non si conosce la ragione precisa per cui la “room” accolga solamente alcuni ospiti e altri no, ma pare che questa tradizione sia una sorta di “portafortuna”, non solo per la Royal Family, ma anche per i sudditi.

Il Castello di Windsor, la casa di campagna

È la residenza dove si è rifugiata Elisabetta insieme alla sorella Margaret durante la Seconda guerra mondiale. Nella Contea del Berkshire, era divenuta, poi, la casa di campagna dove trascorrere i fine settimana non essendo lontana da Londra. Il castello con il grande parco occupa ben 13 acri.

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Fonte: 123RF

Il Castello di Windsor

All’interno del Castello di Windsor ci sono mille stanze, il più grande castello abitato del mondo. Da qualche anno è stato aperto al pubblico e può essere visitato. Tra aprile e luglio dal lunedì al sabato si può assistere alla cerimonia del cambio della guardia.

Holyrood Palace, la residenza scozzese

Il palazzo di Edimburgo era la residenza ufficiale della Regina in Scozia ed era dove si fermava in occasione di tutti i suoi viaggi diretti a Nord, che solitamente si svolgevano la prima settimana dell’estate quando si tiene un evento chiamato “Holyrood Week.” In origine era un monastero, fondato nel 1128.

Sandringham, la casa delle vacanze

Tra le residenze estive della Regina Elisabetta, Sandringham, una splendida villa di campagna nella Contea di Norfolk, era sicuramente quella a cui era più legata per motivi sentimentali. Ci andava spesso durante l’estate, ma sicuramente non mancava mai nei mesi di settembre e ottobre in occasione della ricorrenza della morte del padre Giorgio VI che avvenne proprio qui nel 1952.

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Fonte: 123rf

La tenuta di Sandringham, residenza della Regina Elisabetta

La Famiglia Reale ci viene ogni anno anche a Natale. Famosa è la passeggiata nel giorno di Natale verso alla St. Mary Magdalene Church che viene ripresa da tutti i media.

Era proprio d pochi giorni prima della morte della Regina la notizia che Elisabetta aveva deciso di affittare, per brevi periodi, un cottage all’interno della proprietà attraverso Airbnb. Si tratta del villino destinato al giardiniere della Regina, la Garden House, ma a vederlo sembra proprio una piccola reggia.

Il Castello di Hillsborough, la residenza irlandese

Proprio come per Holyrood Palace in Scozia, anche il Castello di Hillsborough che si trova nella Contea di Down, a Ovest di Belfast, era la residenza ufficiale della Regina durante i suoi viaggi nell’Irlanda del Nord.

È anche la residenza ufficiale del Segretario di Stato dell’Irlanda del Nord. Costruito nel 1770, questa splendida residenza è immersa in un parco di cento acri con meravigliosi giardini. Il castello può essere visitato dal pubblico.

 

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Il potere curativo dell’arte: Artupunktura torna a Zagabria

Immaginate una città nota per il suo relax, i caffè brulicanti di vita e le conversazioni sotto il caldo sole di settembre: Zagabria. Una città fra le più sicure in Europa e la più verde, con parchi e piazze ispirati da Madre Natura. Una città dove arte e cultura sono letteralmente la linfa vitale delle sue attività quotidiane grazie anche ad Artupunktura 2022, l’evento che trasforma Zagabria in un organismo vivente.

Strade che pulsano di energia umana, parchi e piazze che risuonano come un battito di cuore fra abitanti e visitatori, è proprio qui che si svolge Artupunktura, una collaborazione di partner e amici della cultura e della creatività il cui obiettivo è risvegliare l’energia vitale della città attraverso un’attività artistica comune in luoghi specifici.

Gallery Rally - Dan Pauletta
Gallery Rally – Dan Pauletta

Artupunktura a Zagabria

Il progetto si avvicina all’individuo come fenomeno artistico e sociale unico, al servizio della bellezza e del valore che derivano dalle opere distribuite in numerosi punti per riscrivere un’altra storia di Zagabria.

Il festival inaugurale di Artupunktura dello scorso anno ha portato un’iniezione culturale nella vita della città, sia per i suoi abitanti sia per i turisti con eventi in parchi, musei, strade, cortili, edifici storici e teatri. L’Artupunktura 2022 inizierà il 15 settembre e si espanderà in modo significativo in più di venti punti in tutta la città.

Le sedi dello scorso anno, che includevano il Museo Archeologico, l’Accademia di Belle Arti, la Galleria Ilica Q’ART, Lauba, il Museo Tecnico Nikola Tesla e molte altre gallerie, saranno affiancate da nuovi punti e progetti che porteranno arte e cultura.

Tra i tanti momenti salienti di questa seconda edizione c’è Art & the City, che trasformerà i cartelloni pubblicitari, i lampioni e gli spazi aperti della città con oltre 500 opere d’arte di artisti croati e internazionali. Il progetto Ilica Q’ART, in corso da sei anni, muterà ancora una volta la strada più lunga di Zagabria in un microclima di arte e sperimentazione. Tra le mostre di quest’anno ci sarà anche “Društveni procesi” (Processi sociali), che presenterà le opere di artisti che hanno avviato e segnato i processi sociali della città con la loro arte.

Il talento dei giovani artisti emergenti sarà svelato presso l’Accademia di Belle Arti con ben cinque mostre. Nuovi talenti artistici emergenti saranno esposti in Vlaška ulica attraverso tre mostre separate di giovani artisti al Festival delle 36 montagne.

Artupunktura - Boška i Krešo
Artupunktura – Boška i Krešo

Gli eventi da non perdere

Se l’Artupunktura è principalmente dedicata alla guarigione dell’anima attraverso l’arte in tutta la città, non mancheranno le opportunità per i collezionisti d’arte, che potranno recarsi ad Art Zagreb, la quinta edizione del mercato d’arte croato. L’attenzione quest’anno è concentrata su sei gallerie ucraine, in collaborazione con l’Associazione ucraina dei galleristi. Se state cercando una tradizione di lunga data inoltre visitate il Zagrebački Salon, giunto alla sua 57a edizione, con la mostra “30 scene da 30 anni”.

Volete combinare l’arte con uno stile di vita attivo? Andate al Gallery Rally, prendete la cartella della vostra galleria e raccogliete i badge visitando le gallerie che aderiscono al rally!

ART in my KVART, ART by KNAP invece è un’occasione per incontrare e creare opere insieme ad artisti viventi in giro per la città. Rivolgete la vostra attenzione inoltre ad Art Bubble, un concept di galleria pop-up in tutta la città, con una mostra intitolata “The Secret of Well-Dressed Women”.

In più l’arte prenderà il sopravvento su tutti gli spazi esterni di Zagabria: il Parco Maksimir trasformerà i suoi pannelli in tele per mostrare l’arte e gli artisti come elementi integranti di una società sana, mentre la zona orientale di Zagabria parteciperà con tre mostre a Dubrava.

Artupunktura - Boška i Krešo
Artupunktura – Boška i Krešo

L’arte fra passato, presente e futuro si mostrerà con sculture 3D in realtà aumentata in tutta la città grazie ad Art Future, mentre il tunnel Grič, il più famoso e fotogenico di Zagabri, si trasformerà di nuovo ospitando il UpArt. Infine l’installazione Flower Buds esplorerà la versatilità di oggetti usati e di scarto.

E c’è MOLTO ancora! L’intero programma è disponibile sul sito ufficiale.

Artupunktura - Jelena Bando
Artupunktura – Jelena Bando

Settembre a Zagabria è il mese perfetto per godersi al meglio la città, passeggiando tra le sue strade e i suoi parchi, respirando la vitalità della sua scena artistica e culturale. Artupunktura è l’iniziativa che riunisce residenti, artisti e visitatori per celebrare la diversità culturale: una magia da vivere subito!

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La biblioteca del futuro è stata creata. I libri si leggeranno nel 2114

Sono la curiosità e la sete di conoscenza a spingerci dall’altra parte del globo per scoprire ed esplorare culture che sono a noi lontane e spesso sconosciute, ma anche per osservare da vicino tradizioni e testimonianze del passato che raccontano la storia dei popoli, delle città e di interi territori.

Ma sono anche i luoghi del sapere ad affascinarci, come le biblioteche più iconiche del mondo, quelle che hanno il compito e la missione di preservare nel tempo e nei secoli la conoscenza della storia degli uomini del presente e del passato.

Ed è un po’ questo l’obiettivo della biblioteca del futuro, una biblioteca nata e creata dall’artista scozzese Katie Paterson. Vederla in work in progress è già possibile attraverso i social network, ma i libri che ospitano potranno essere letti solo a partire dal 2214.

Benvenuti nella Future Library

È la biblioteca del futuro, di nome e di fatto, anche se qui non si prendono in prestito i libri, almeno per il momento. Tutto ciò che possono fare gli autori del mondo è lasciarsi coinvolgere da questo affascinante progetto e mettersi a lavoro per la stesura di capolavori che saranno stampati e poi messi a disposizioni dei lettori solo nel 2214.

Un progetto, questo, folle e visionario, ma sicuramente molto affascinante e suggestivo. L’idea, come anticipato, proviene direttamente dalla mente di Katie Paterson, artista scozzese che nel 2014 ha posato la prima pietra della Future Library.

In realtà non si tratta di una pietra, ma di mille abeti rossi che l’artista ha piantato nella foresta di Nordmarka, a venti minuti dalla capitale della Norvegia,  e che rappresentano, oggi, le fondamenta del progetto. Con il legno ricavato da quest’area, infatti, è stata costruita la Silent Room, una stanza di legno realizzata all’interno della Deichman bibliotek di Oslo dove oggi vengono conservati i libri che un giorno popoleranno la biblioteca.

Quegli stessi abeti rossi, tra due secoli, saranno utilizzati per produrre la carta sui quali saranno stampai i libri della Future Library.

Come sarà la biblioteca del futuro?

Il progetto è affascinante e unico nel suo genere e apre a tantissime suggestioni e riflessioni. Non solo rispetto alla lontanissima inaugurazione della biblioteca del futuro, che desta sicuramente una curiosità che non possiamo soddisfare, ma anche e soprattutto in riferimento al tempo che scorre, alla figura dell’uomo e al suo impatto sul pianeta in un futuro ancora lontano.

Per più di un secolo, infatti, quella parte di foresta coltivata da Katie Paterson non potrà essere toccata da nessuno. I libri, in questo caso, faranno da legante tra il presente e il futuro e avranno il compito di preservare e tutelare l’ambiente.

Ma come sarà la biblioteca del futuro? Quello che sappiamo per certo è che i libri non si potranno leggere fino al 2114 e che l’edifico ospiterà solo manoscritti inediti.

Dal 2014 Katie Paterson accoglie i testi di autori di ogni età e nazionalità, libri di ogni stile, genere e lingua. L’invito a popolare la biblioteca del futuro è aperto a tutti, e ad oggi sono molti gli scrittori che hanno già risposto alla chiamata. Tra i più celebri c’è anche Margaret Atwood, l’autrice del “Racconto dell’Ancella”, a cui è stato affidato l’onere e l’onore di depositare il primo manoscritto della Future Library nel 2014.

Tutti i libri raccolti fino a questo momento sono stati conservati in cassette di vetro ermetiche conservate nella Silent Room della biblioteca pubblica di Oslo.

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Il borgo abbandonato della Sardegna che rivive due giorni all’anno

Osini Vecchio è un antico borgo della Valle del Pardu, nella Sardegna centro-orientale, quella zona meglio conosciuta dai turisti come Ogliastra in provincia di Nuoro.

Abbandonato a causa di un’alluvione nel 1951, che mise in ginocchio il borgo e i suoi abitanti, rivive due giorni all’anno in occasione della festa in onore di Santa Susanna.

La festa consiste fondamentalmente in una processione durante la quale la statua lignea di Santa Susanna Martire viene portata da Osini Nuovo a Osini Vecchio nella chiesa del ‘600 a lei dedicata, l’unico edificio rimasto in piedi insieme a poche case e alla fontanella nella piazza. L’evento si celebra il 10-11 agosto e si conclude sempre con una bella grigliata, tipici coccois prenas sardi, musica e divertimenti.

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Fonte: @Mattia Loi

Gli edifici rimasti a Osini Vecchio in Sardegna

Il progetto di rinascita di Osini Vecchio

Negli ultimi anni, però, è partito un progetto per far rinascere, anche dal punto di vista turistico oltre che sentimentale, l’antico paese e che ci siamo fatti raccontare da Mattia Loi che ha vissuto il borgo in prima persona grazie alla nonna che gli ha trasmesso la passione per questo luogo e che è anche  il promotore di questa bellisisma iniziativa.

“Oggi, il nuovo paese di Osini sorge poco più su rispetto all’originale (si trova a circa 650 metri di quota, ndr) e gli abitanti non hanno perso l’abitudine di trascorrere il loro tempo libero a Osini Vecchio, curandolo, per quanto possibile”, racconta Mattia.

“Orti, animali da pascolo, affreschi, utensili da giardino e da cucina sono gli elementi che fanno da cornice ancora oggi al borgo abbandonato. Gli elementi che arricchiscono maggiormente il borgo sono i vari vissuti, ma soprattutto le emozioni della gente che lo ha abitato in prima persona. Questi ricordi vivi in loro vengono tramandati ai più giovani perché l’identità di Osini Vecchio è ancora oggi molto forte.

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Fonte: @Mattia Loi

La chiesa di Santa Susanna a Osini Vecchio, nell’Ogliastra

È da tre anni che è nato il progetto digitale che ha lo scopo di valorizzare un patrimonio quasi dimenticato e che permette di rivivere le emozioni del passato passeggiando tra ciò che resta dell’antico abitato.

Storia e storie di Osini Vecchio

“Seppur l’avvenimento più importante sia triste e negativo (l’alluvione), per molti abitanti del posto, i ricordi positivi superano la tristezza”, spiega Mattia. “Ne è testimone Javier, un ragazzo argentino di 34 anni che, essendo cresciuto con i racconti del vecchio borgo della nonna Hortensia, ha deciso di scrivere un messaggio alla pagina Facebook alla ricerca speranzosa di qualche parente ancora in vita.

Infatti, dopo varie ricerche attraverso la pagina e grazie all’intera comunità, Javier ha avuto modo di conoscere i suoi parenti osinesi arrivando direttamente dall’Argentina per conoscerli in prima persona.

Durante il soggiorno, la nonna Hortensia ha potuto rivivere il proprio paesello grazie ai contenuti del sito, delle pagine social e grazie al video realizzato dal nipote Javier, ma ahimè, arrivando, purtroppo a spegnersi qualche mese dopo alla veneranda età di 96 anni”.

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Fonte: @Mattia Loi

L’interno di una casa a Osini Vecchio

Il progetto digitale

“Ancora oggi il vecchio borgo è protagonista di tante storie e testimonianze, ma anche di tante visite di turisti regionali e nazionali”, ci spiega Mattia “che hanno la possibilità di visitarlo grazie ai QR code installati tra le vie e le indicazioni nel sito.

Il progetto digitale è ancora agli albori, ma presenta ampi margini di miglioramento, perché i ricordi vanno prima creati e poi preservati”.

Una zona turistica

Quella intorno a Osini Vecchio è una zona di grandissimo interesse turistico. Nel territorio sono infatti presenti nuraghi e tombe dei giganti. Tra questi, il Nuraghe Serbissi, datato tra il XVII e il X secolo a.C., che è tra i più importanti dell’Ogliastra, considerato una delle costruzioni meglio conservate e più caratterizzanti della civiltà nuragica sarda.

Questa struttura, ancora in ottimo stato, è composta da nuraghe a quattro torri, villaggio, grotta, due tombe di giganti e, vicino, altri due nuraghi monotorre.

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Fonte: @Wikimedia Commons – MrAndre

Il Nuraghe Serbissi tra i meglio conservati della Sardegna

Ma in cima al “Taccu” di Osini, l’altopiano a quasi mille metri d’altezza che sovrasta il paese e che domina l’Ogliastra sono molti altri i nuraghi che si possono visitare, come quelli di Urceni, Samuccu, Orruttu, Truculu e Sanu.

E poi c’è un altro monumento molto famoso, questa volta naturale, che merita una visita. Si tratta della Scala di San Giorgio e consiste in una spaccatura della roccia che, secondo la leggenda, si è formata grazie a un miracolo di San Giorgio, da cui il nome del luogo.

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Perché il backpacking è un modo di viaggiare da salvare

In italiano viene tradotto come “viaggio zaino in spalla”, ma tra i viaggiatori (spesso in grado di parlare più lingue tra cui l’inglese) è il backpacking, un modo di esplorare il mondo che ha una caratteristica fondamentale: in genere si viaggia low-cost. Ma non solo. Il backpacking è molto altro e, soprattutto, è un modo di viaggiare che deve essere salvato.

Chi è il backpacker

Il backpacker non è altro che lo stesso viaggiatore che parte, il più delle volte, esclusivamente in compagnia del suo zaino. L’obiettivo di chi predilige questo tipo di esplorazione è piuttosto chiaro: visitare il mondo spendendo il meno possibile anche perché, in media, le persone che si lanciano in questa esperienza hanno dai 18 ai 30 anni, tutti con la passione per il viaggio, ma allo stesso tempo con finanze ridottissime.

Ma non solo. Chi viaggia con lo zaino in spalla ama stare leggero, anzi, è proprio necessario. Questo perché tendenzialmente viaggia per periodi medio-lunghi spostandosi di giorno in giorno (o quasi) da un punto all’altro della destinazione che sta visitando.

A fare backpacking è chi conosce una lingua straniera, non per forza quella della meta scelta ma almeno l’inglese. Inoltre, è una persona con un forte spirito di adattamento e che ama trascorrere parte del viaggio in solitaria.

Quali sono i benefici di fare backpacking

La cosa fondamentale è fare il primo passo: preparare lo zaino (qui una serie di consigli). Dopo di quello si ha davvero l’occasione di vivere una delle esperienze migliori della propria vita, senza più riuscire a smettere di farlo.

Del resto, viaggiare con lo zaino in spalla, e quindi con poco budget a disposizione, insegna a “stringere la cinghia” in tutte le circostanze, dai mezzi di trasporto all’alloggio: a livello generale non si affittano macchine, ci si sposta sui mezzi locali e per dormire si va in ostello, dove i prezzi sono assolutamente più ridotti degli hotel.

Scegliere di soggiornare in camerate, però, ha anche un altro beneficio: significa imparare l’arte della condivisione, conoscere nuove persone (e provenienti da tutto il mondo) in posti nuovi e scoprire parti inedite di noi stessi.

Il backpacker non pianifica il viaggio o, se lo fa, lascia la porta aperta ad avventure improvvisate. La prima destinazione è solitamente ben definita per motivi puramente logistici, ma da quel momento in poi le strade possibili da percorrere sono pressoché infinite. Impara, in sostanza, a vivere giorno per giorno e a non privarsi delle eventuali occasioni che potrebbero capitare lungo il cammino, senza che il controllo ossessivo della vita quotidiana prenda il sopravvento.

Un altro motivo per cui vale la pena fare un’esperienza come questa è che il backpacker impara a diventare un cittadino del mondo. Lui non viaggia per fare il turista, ma per comprendere il modo di vivere delle persone che ha davanti e anche il più possibile della loro cultura, e lo fa appropriandosi degli usi, dei costumi, delle lingue e della storia del Paese che sta esplorando.

Tuttavia, tutto ciò lo fa prendendo delle precauzioni: avverte almeno una persona di fiducia della sua partenza, calcola in anticipo la somma di denaro che potrebbe utilizzare durante il viaggio, si informa sulla profilassi medica da adottare, prepara con cura i documenti e quando è lontano da casa comunica i propri spostamenti.

Perché bisogna salvare i viaggi zaino in spalla

Essere un backpacker significa seguire la filosofia del termine stesso: incoraggiare lo sviluppo e l’importanza dell’individuo, superare le barriere linguistiche, organizzarsi da soli e assaporare quello che è il gusto della libertà senza conformarsi alla massa.

Solo per questo dovrebbe essere salvato, ma la verità è che questo tipo di viaggio è anche una sorta di rito di passaggio, una specie di anno sabbatico che i giovani si prendono alla fine dell’università. Lo scopo è quello di dedicarsi all’esplorazione del mondo e di loro stessi.

Il problema, purtroppo, è che il Covid, il caos che sta caratterizzando questo periodo storico e l’impennata incredibile dei prezzi anche nel settore turistico, stanno davvero mettendo a rischio questo tipo di viaggio, rendendo molto difficile l’organizzazione dello stesso. Vi basti pensare che Michael O’Leary, numero uno della compagnia low cost irlandese Ryanair, ha da poco annunciato che i voli a basso costo non esisteranno più.

Non poter più fare i medio- lunghi viaggi zaino in spalla sarebbe un peccato, perché le nuove generazioni non possono e non devono assolutamente privarsi di un’esperienza come questa che è in grado di migliorarci come persone da diversi punti di vista. Il backpacking va salvato e praticato, senza ombra di dubbio, almeno una volta nella vita, ma è necessario che rimanga accessibile.

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La meta vip (e discreta) dell’estate italiana

Dimenticate le località di villeggiatura dalle spiagge affollate di vip, fatte di lounge, musica ad alto volume, moto d’acqua che sfrecciano nel mare, piazzette piene di paparazzi e boutique griffate.

I vip che amano la discrezione e la vera vacanza relax scelgono un’altra meta, lontana dalle fotocamere degli smartphone e dalle orde di fan.

La meta più amata dai vip quest’estate

La meta più amata di quest’estate si conferma ancora una volta l’Isola d’Elba, piccolo paradiso selvaggio e affascinante dell’arcipelago toscano. Qui, il mare da favola, la natura predominante che avvolge l’isola hanno ammaliato molte celebrità che l’hanno scelta per le loro vacanze estive.

Sarà per il mare dal colore intenso o forse per la natura potente o ancora per il clima sempre mite o per la sua storia millenaria o magari proprio per la combinazione di tutti questi elementi messi assieme, fatto sta che l’ingrediente segreto dell’Isola d’Elba, che sempre più strega i vip italiani e internazionali che la
scelgono per trascorrere le vacanze estive in totale serenità non l’ha ancora scoperto nessuno.

L’Elba è particolarmente amata per quella discrezione e tranquillità che consente di vivere una vera vacanza in libertà.

I vip all’Isola d’Elba

Tra gli ospiti sull’isola quest’estate troviamo The Edge (David Evans), chitarrista degli U2, che ha scelto Porto Azzurro dove si è regalato una cena tipica al ristorante. Sarà stato il compagno della band
Bono, ospite all’Elba lo scorso anno, a presentargli l’isola come meta ideale per una fuga estiva?

Ha conquistato i social lo spettacolare tuffo del cantante, attore e regista statunitense Jared Leto che, dopo i successi nel mondo del cinema con ruoli di spicco in “House of Gucci” e in “Morbius”, l’ultimo film della Marvel, ha scelto l’Elba per trascorrere parte delle sue vacanze in Europa.

Ma non mancano i nostri vip. Scatti dall’Isola d’Elba sono stati pubblicati anche da Sabrina Salerno che, dopo aver invitato i suoi fan a scegliere il Belpaese per trascorrere le vacanze estive per aiutare l’economia locale a ripartire, ha regalato ai suoi follower seducenti post anche dall’isola toscana esaltando l’azzurro del mare che la circonda.

A Rio Marina non è invece passato inosservato l’attore Paolo
Conticini, che per le sue vacanze ha scelto proprio il delizioso borgo di pescatori famoso anche per le sue belle cale. Un tempo Rio Marina era considerata la Capitale del ferro dell’Isola d’Elba. Le miniere e il porto venivano utilizzati per l’escavazione e il trasporto del minerale ferroso che, ancora oggi, con il suo luccichio e la classica colorazione rossastra, ne caratterizza un po’ tutto il paese, dalle facciate delle case, alle spiagge, compresi gli stessi fondali del mare.


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Ospite fisso è anche Andrea Bocelli, legatissimo alla sua Toscana, che per qualche giorno lascia la Versilia e la tenuta di Lajatico per venire all’Elba con la famiglia. Spesso arriva in barca e sosta negli approdi (è stato avvistato a Portoferraio e a Porto Azzurro), ma soprattutto non manca di visitare i paesi per percepire rumori, gli odori e i sapori tradizionali dell’isola.

Anche gli sportivi manifestano da sempre una passione spiccata per l’Elba sia per gli allenamenti, favoriti dal clima mite e dalla grande varietà di paesaggi, sia per le loro vacanze.

Ospite fissa è Bebe Vio, campionessa di fioretto e volto del movimento Paralimpico, approdata insieme alla famiglia all’Elba fin da quando aveva pochi mesi. Ora, per sugellare questo
reciproco amore, Bebe è stata insignita della cittadinanza onoraria di Portoferraio dal Sindaco della città.

Tra mare e relax, anche la pluripremiata pattinatrice Carolina Kostner
arrivata all’Elba per trascorrere alcuni momenti di svago in questa calda estate. Per lei parole crociate in riva al mare e una bella passeggiata sopra le scogliere dell’isola per godersi il panorama.

A chiudere – per ora – la lista dei vip avvistati sull’isola quest’estate anche l’ex allenatore della Fiorentina e della Nazionale Cesare Prandelli. Ma l’estate non è ancora finita. Vediamo chi approderà ancora sull’isola.

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Fonte: Ufficio stampa

I post di alcuni vip all’Isola d’Elba