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Il museo diffuso più grande delle Alpi

C’è una zona del nostro Paese che è un pullulare di meraviglie, un susseguirsi di borghi molto interessanti, castelli sontuosi, complessi monumentali importantissimi, musei imperdibili e una natura che toglie il fiato, un patrimonio così vasto e speciale che ha fatto sì che proprio qui prendesse vita il museo diffuso più grande delle Alpi.

Il Museo Diffuso Cuneese

Parliamo della provincia di Cuneo in Piemonte dove è nato, nel 2016, il progetto ‘Museo Diffuso’ da un’idea della Fondazione San Michele di Cuneo e dal Rotary Club di Cuneo, in collaborazione con i Rotary Club di Cuneo Alpi del Mare, Bra, Canale Roero, Mondovì, Barcellonette.

L’obiettivo è chiaramente la promozione turistica di questo particolare territorio, ma mettendo a sistema chiese e monumenti attraverso la realizzazione di un portale web contenente videoguide in tre lingue (italiano, inglese, francese) raggiungibile attraverso l’utilizzo di QR CODE. In poche parole, tramite una semplice applicazione scaricabile gratuitamente su smartphone e tablet è possibile accedere al portale e usufruire della guida in autonomia direttamente in loco.

Un progetto la cui forza principale è essere modulabile e implementabile nel tempo e nello spazio: l’ingresso di nuovi interlocutori può portare a un ampliamento dell’offerta, mantenendo però sempre una linea uniforme e riconoscibile.

Augusta Bagiennorum cuneese

Augusta Bagiennorum, resti del teatro romani

Provincia di Cuneo, cosa vedere assolutamente

Imperdibile, in questa zona, è certamente l’area archeologica di Augusta Bagiennorum in località Roncaglia a Benevagienna. Un’antica città fondata alla fine del I secolo a.C. e riscoperta a fine Ottocento, per opera di Giuseppe Assandria e Giovanni Vacchetta che, affittando i campi dai contadini, condussero diverse campagne di scavo.

La città romana aveva forma di trapezio ed era cinta su tre lati da un fossato e da una palizzata in legno. Oggi, tra le cose più belle da ammirare ci sono un teatro che all’epoca era in grado di contenere circa 3.000 spettatori e il Museo Archeologico allestito negli spazi dell’elegante Palazzo Lucerna di Rorà, nel centro di Benevagienna.

Un’altra tappa imperdibile è Mondovì Breo con la chiesa dei Santi Pietro e Paolo che si affaccia su una delle piazze più caratteristiche del borgo. Sorge a ridosso del colle, in una posizione rialzata rispetto all’abitato, ed è incassata tra le case che le fanno da corona.

Gli interni, invece, presentano una bella decorazione pittorica e pregevoli esempi di scultura. Particolarmente interessanti sono i busti ritratto del parroco don Giovanni Gazzano e del benefattore don Marco Antonio Bruno situati lungo la navata centrale.

Mondovì cuneese

La città di Mondovì

Bellissimo anche il Complesso monumentale di San Francesco a Cuneo, ossia l’edificio medievale più importante della città. Basti pensare che si trova in un quartiere che era uno dei più antichi della città e ospitava una chiesa dedicata al Santo di Assisi già alla fine del Duecento.

A Fossano, invece, già all’inizio del XIV secolo esisteva una Confraternita del Cristo Crocefisso che distribuiva elemosine e accoglieva bisognosi e pellegrini forestieri. Qui, tra il 1730 e il 1739, venne edificata una chiesa con una facciata dalle forme mosse e che, all’interno, presenta decorazioni che furono affidate ai fratelli Pietro Antonio e Giovanni Pietro Pozzo per le finte architetture, Michele Antonio Milocco per gli affreschi, Cipriano Beltramelli e Bernardino Barelli per gli stucchi.

A Montà d’Alba da non perdere è il Santuario dei Piloni che si compone di diversi nuclei appartenenti a epoche differenti. Nonostante uno stato di profondo abbandono che ha caratterizzato tutto il complesso fino agli anni Ottanta, oggi la struttura è stata completamente recuperata e restaurata, a tal punto da diventare uno dei siti più frequentati del Roero.

Tracce di Medioevo a Manta con Santa Maria del Castello, di cui non si conosce la data di edificazione, ma che si ritiene sia stato costruita tra 1416 e 1426. All’epoca la chiesa era ad aula unica, ma nel tempo venne più volte rimaneggiata: la copertura lignea fu sostituita da una volta a botte e furono aperte cappelle laterali, come quella dedicata alla Madonna del Rosario che fu poi demolita nel 1958, ma della quale ancora si vede l’arco di ingresso.

Manta piemoente

Veduta del Castello di Manta

Non possono mancare di certo i paesaggi come quello di Castelmagno dove sorge un santuario che risulta essere frequentato già dal periodo romano. La Valle Grana, infatti, era certamente nota ai Romani come un’importante crocevia grazie alla possibilità di passare alla Valle Stura e alla Valle Maira attraverso il passo di Valcavera e il colle del Mulo.

Infine a Cussanio il Santuario della Madonna della Provvidenza che si raggiunge percorrendo uno scenografico viale a doppia fila di carpini, da cui si gode un’ottima visuale sul complesso.

Tutte le novità di quest’anno

Quest’anno al Museo Diffuso Cuneese si sono aggiunte meraviglie come il Complesso Museale di San Francesco in Cuneo, di cui vi abbiamo parlato sopra;  il Museo Casa Galimberti di Cuneo, che si distingue per essere un luogo unico per leggere la storia non solo della città, ma dell’intera Nazione; Via Roma e Piazza Galimberti sempre in Cuneo città che sono, rispettivamente, il cuore pulsante del capoluogo piemontese e la piazza più amata dai cuneesi;  l’Area Archeologica e il Museo della Necropoli di Valdieri, dove si sviluppano particolari insediamenti di carattere naturalistico, come testimoniano la presenza della Riserva del Ginepro Fenicio e del Sentiero delle Farfalle; l’Area Archeologica e il Museo Archeologico di Bene Vagienna, di cui vi abbiamo parlato sopra, e il Museo degli Usi e della Gente di Montagna di Serra di Pamparato, che sorge all’interno di un palazzo storico risalente al XVIII secolo.

Nel corso della primavera verrà ultimato anche l’ultimo contenuto video dedicato al Forte di Vinadio e alle fortificazioni della Valle Stura. Il sito, quindi, si arricchisce di una nuova sezione dedicata in modo specifico all’archeologia. Ad oggi sono oltre 30 le videoguide realizzate, per un totale di 38 località coinvolte e 513 contributi video dedicati. Infine, per il 2022 il Rotary Club Cuneo si occuperà di coinvolgere nel progetto alcuni siti di Villar San Costanzo quali la Parrocchiale di San Pietro in Vincoli, la Riserva Naturale dei Ciciu e l’Abbazia di San Costanzo al Monte, mentre l’ATL si focalizzerà sulle città di Cuneo, Fossano, Borgo San Dalmazzo e Mondovì.

Un vero e proprio Museo Diffuso da non perdere e che si trova nel cuore delle nostre Alpi.

Castelmagno cuneese

Il santuario di Castelmagno

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Scoperta in Italia una nuova necropoli

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce antiche testimonianze che coprirebbero due secoli di storia. Si tratta di 17 sepolture riconducibili tra I secolo a.C. e V secolo d.C. che la Soprintendenza ha inserito in un contesto ancora poco esplorato, se non addirittura completamente sconosciuto. Una necropoli dal grande valore storico che ora sarà oggetto di studi approfonditi.

A Pomezia scoperta una necropoli romana

Siamo a Pomezia, nel territorio dell’Agro Romano a sud di Roma, circondata dai Castelli romani. Qui, durante i lavori in un cantiere sul cavalcavia della linea Roma-Formia, è emersa una necropoli romana. Un sito archeologico sino ad ora ignoto ed inatteso, che si va ad aggiungere a quelli già presenti e riconosciuti del territorio, come l’antico sito di Lavinium (nella foto sotto) ritrovato a seguito di una campagna archeologica condotta dall’Università Sapienza di Roma a partire dal 1957, quando sono emersi la tomba di Enea, le mura e una porta della città, le Terme, ed un deposito votivo dedicato a Minerva. Lavinium, a sud di Roma, fu considerata la città fondata da Enea e dagli esuli troiani. Le nuove scoperte, come è intenzione dell’amministrazione della città di Pomezia, dovrebbero confluire proprio nel Museo civico archeologico Lavinium, per poter essere completamente fruibile dai turisti.

Gli scavi e le indagini archeologiche

La sensazionale scoperta archeologica è avvenuta tra gennaio e febbraio scorso, durante alcuni lavori sul cavalcavia della linea ferroviaria Roma-Formia. La Soprintendenza chiamata come ente ufficiale nella valutazione dei reperti venuti alla luce, ha specificato che il nuovo sito appartiene “a un contesto finora completamente ignoto”, databile tra il I secolo avanti Cristo e il V dopo Cristo.

Le indagini da parte di archeologi e operai della società Eos Arc, sotto la direzione scientifica della funzionaria archeologa Francesca Licordari, sono immediatamente partite. Come primo step è stato analizzato stratigraficamente un intero appezzamento, il più ricco di reperti. SI tratta di un’area particolarmente grande ed estesa, in cui sono emersi gli elementi più antichi emersi sino a questo momento. Con tutta probabilità, quel luogo potrebbe riservare ulteriori sorprese. Ad oggi sono riemerse un asse viario su cui sono ancora ben visibili i solchi carrai diverse strutture murarie, che potrebbero probabilmente far parte di una antichissima villa rustica.

Il tesoro di Pomezia: diciassette tombe e un anello antico

Il patrimonio archeologico italiano, immenso e di grande valore storico culturale, si arricchisce ulteriormente con la recente scoperta di Pomezia. Questo sito a sud della capitale, sino ad ora sconosciuto, è composto da 17 sepolture: tombe differenti sia per tipologia che per dimensioni,  che sono state realizzate tra il III e il V secolo dopo Cristo. Ciò che è certo è che in queste sepolture venne tumulato almeno un defunto di fede cristiana, come testimoniato dal ritrovamento di un anello con cristogramma chiaro simbolo cristiano. L’area, tuttavia, potrebbe celare ulteriori necropoli o testimonianze secolari di grande rilievo: gli scavi hanno interessato soltanto una piccola parte della zona, quindi si tratta di un territorio esplorato soltanto in parzialmente, in cui potrebbero venire alla luce nuovi tesori nascosti per secoli.

sito archeologico Lavinio

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Scilla e Cariddi: la leggenda senza tempo sospesa tra le due sponde

Passano i secoli ma la leggenda di Scilla e Cariddi non smette di stuzzicare la fantasia degli appassionati di mitologia antica. Una storia costellata di passione, amori non corrisposti, sete di vendetta e un finale drammatico. Ma non importa, le gesta mitologiche delle creature che abitano lo stretto Reggio- Messina è incredibile così. Due vicende che si intrecciano a causa del triste epilogo che le unisce e le rende celebri.

La leggenda di Scilla e Cariddi

Scilla, ninfa dalla bellezza sconvolgente, viene trasformata dalla maga Circe in un orrendo mostro ed infesta le acque dello Stretto insieme a Cariddi, devastante creatura marina creata da Zeus capace di ingoiare e rigettare l’acqua del mare causando mortali vortici. A spezzare la bellezza di Scilla è la gelosia di Circe con un sortilegio che dà vita ad uno dei miti che più alimentano il fascino e il mistero dello Stretto.

La vicenda di Scilla

La leggenda narra che vicino agli scogli di Zancle, Scilla incontrò Glauco, pescatore trasformato in una divinità marina per aver mangiato l’erba che ridava vita ai suoi pesci e poi istruito all’arte della profezia da Oceano e Teti. La ninfa, terrorizza dall’essere per metà umano e per metà pesce, scappò via, nonostante i tentativi di Glauco di spiegarle la sua vicenda.

la leggenda di scilla e cariddi

La baia di Scilla

La vendetta di Circe e la nascita del mito

In preda alla disperazione, Glauco si rivolse alla maga Circe, dea figlia di Elio e della ninfa Perseide, famosa per i suoi incantesimi in grado di cambiare le sembianze degli uomini. Egli desiderava un bell’aspetto per attrarre l’amata Scilla a sé. Ma l’unico risultato che Glauco ottenne fu quello di scatenare la gelosia della maga che tentò di sedurre l’uomo-pesce. Rifiutata da Glauco, Circe scatenò la sua furia su Scilla trasformandola in un feroce mostro munito di sei teste di cane latranti.

La punizione di Cariddi

Secondo la leggenda, in preda alla disperazione Scilla si rifugiò in una grotta sotto la Rocca dove sorge il Castello e che esiste ancora oggi. In prossimità di alcuni scogli, a pochi chilometri da Cariddi che abita la sponda Sicula. Prima di essere un mostro, Cariddi era una naiade, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa per la sua voracità. Un giorno rubò a Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni. Così Zeus la fulminò, gettandola poi in mare, dove mutò in un gigantesco mostro marino spaventoso. Cariddi divenne così la creatura più temuta, infestando le acque della sponda messinese con la sua furia.

leggenda scilla cariddi

Lo stretto di Messina e gli scogli infestati da Scilla e Cariddi

La leggenda ha da sempre spaventato marinai i viaggiatori, rendendo lo stretto tra Reggio e Messina famoso in tutto il Mediterraneo. Visitando le località è possibile ammirare gli scogli e le grotte in cui si nascondono i mostri marini e apprezzare la magia e il brivido della leggenda. Ma non solo, in queste zone è possibile godere della vista di un mare stupendo e di un entroterra ricco di sorprese e bellezze da visitare. Non lasciatevi spaventare, godetevi la bellezza di questi posti incredibili diventati leggenda già nell’antichità.

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Lo spettacolo più bello della natura è una corsa che si tiene sott’acqua

Cos’è che ci spinge a prendere un aereo e a volare dall’altra parte del mondo? I parchi naturali e i deserti, i gioielli architettonici, le straordinarie fioriture di primavera e poi, ancora, i cieli stellati che illuminano la notte. C’è chi si mette in viaggio per scoprire le straordinarie opere costruite dall’uomo e chi per ammirare gli spettacoli messi in scena da Madre Natura. Ma c’è chi lo fa anche per assistere a quelli che sono considerati i fenomeni più incredibili del nostro pianeta.

La corsa delle sardine è uno di questi. Si tratta della più grande migrazione del regno animale che si tiene ogni anno in Sudafrica nel periodo che va tra giugno e luglio.

Centinaia, migliaia e miliardi di pesci stretti in banchi occupano chilometri e chilometri di mare per iniziare la loro corsa altri luoghi. È proprio in questa occasione che viaggiatori, turisti e sub professionisti si recano dall’altra parte del mondo per prendere parte a questa entusiasmante avventura.

La corsa delle sardine

La corsa delle sardine è una delle migrazioni animali più spettacolari del mondo, nonché la più grande del regno marino. Dall’inizio di giugno e fino alla metà di luglio, questi pesci si mettono in viaggio per lasciare le acque fredde del banco di Agulhas, dove hanno deposto le uova, per recarsi verso la costa orientale del SudAfrica.

I loro spostamento dà vita a uno spettacolo di incredibile bellezza che viene immortalato ogni anno da viaggiatori e fotografi professionisti che giungono nel Paese proprio per ammirare la migrazione.

Annoverata tra i fenomeni naturali più incredibili del nostro pianeta, la corsa riguarda precisamente la specie sudafricana Sardinops sagax. Gli animali si riuniscono in banchi massicci creando una scia ben visibile, sia dal litorale che ad altezza aerea, che misura oltre 7 km di lunghezza, 1,5 km di larghezza e 30 metri di spessore.

Migrazione delle sardine: quando e dove

La straordinaria migrazione delle sardine avviene ogni anno, tra i mesi di giugno e luglio. Palcoscenico di questo spettacolo fuori dall’ordinario è il mare azzurro e cristallino del Sudafrica. La corsa è ben visibile nei pressi del Waterfall Bluff, un’area di ripide scogliere costiere a Lusikisiki Eastern Cape non lontano dalla costa.

Secondo una leggenda popolare e locale, la migrazione delle sardine inizia quando sbocciano i fiori dell’aloe sulla terra. È quello il momento in cui gli abitanti del luogo capiscono che il fenomeno sta per prendere vita.

E quando questo periodo tanto atteso arriva, i pescatori si mettono sulle loro barche per ammirare lo spettacolo della natura, insieme a loro anche turisti e viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo. Sotto le acque limpide e trasparenti non ci sono solo le sardine, ma tanti altri predatori che arrivano e irrompono in questa striscia animata. Sono i delfini e gli squali ramati, ma anche gli uccelli che si tuffano nel mare per pescare.

Quello che balza agli occhi è uno spettacolo naturale di intensa meraviglia: il sole splende alto nel cielo e illumina le acque terse, mentre le sardine corrono più veloce che possono per raggiungere la loro nuova casa.

corsa delle sardine

Corsa delle sardine

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Curiosità Viaggi

La più piccola capitale del mondo si trova in un paradiso terrestre. La riconoscete?

Megalopoli, borghi, paesini e villaggi: ogni giorno ci mettiamo in viaggio per raggiungere i luoghi più conosciuti o quelli più remoti del mondo che abitiamo, per lasciarci incantare dalla sue meraviglie, per toccare con mano le tradizioni, le culture e i patrimoni immensi che appartengono alle popolazioni che li preservano. Ci lasciamo ispirare dalle fotografie che vengono pubblicate sui social network, dalle guide e dai consigli che ci danno gli amici. Altre volte siamo spinti solo dalla curiosità.

Ed è proprio la curiosità che ci ha portati alla scoperta di uno dei luoghi più straordinari del mondo. Una città che sorge su un’isola incredibile e che vanta il record di essere la capitale più piccola del mondo. Il suo nome è Victoria e si trova in uno dei paradisi terrestri più spettacolari della terra.

Victoria, la più piccola capitale del mondo

È la capitale più piccola del mondo – anche se si contende il primato con Adamstown, Pitcairn – eppure conserva un fascino senza tempo che non tutti conoscono. I viaggiatori, infatti, la utilizzano come punto di scalo per poi raggiungere i luoghi di vacanza più celebri. Del resto ci troviamo a Mahé, l’isola più grande dell’arcipelago delle Seychelles, quella bagnata dall’Oceano Indiano e caratterizzata da spiagge di sabbia bianca, acque dalle mille sfumature di azzurro e resort incredibili.

Vista su Mahé da Victoria

Vista su Mahé da Victoria

Situata sulla costa est di Mahé e affacciata sul mare e sulle isole del Parco Nazionale Marino di S.te Anne, la piccola Victoria è spesso ignorata dai viaggiatori che scelgono l’isola per vacanze all’insegna di pace e relax.  Eppure la capitale più piccola del mondo è un gioiello tutto da scoprire.

Basta una giornata, o forse due, per innamorarsi di Victoria, una piccola città che si snoda su una superficie di appena 8,9 chilometri quadrati. Eppure è qui, tra architetture coloniali, edifici colorati e mercati, che è possibile entrare in contatto con l’anima più autentica dell’isola, con le sue tradizioni, le usanze e la cultura.

Cosa vedere a Victoria

Accantonate per un momento le spiagge da sogno di Mahé, dedichiamoci alla scoperta di Victoria. Fondata nel 1778 dai coloni francesi, la piccola capitale dell’arcipelago è il più grande insediamento urbano delle Seychelles. Si raccoglie attorno a due centri urbani, che si snodano rispettivamente intorno all’orologio e intorno al mercato.

Le due parti della città sono raggiungibili a piedi, con una passeggiata che attraversa strade gremite di gente, bar, ristoranti e negozi caratteristiche dove si svolge la vita quotidiana.

Victoria, Torre dell'Orologio

Victoria, Torre dell’Orologio

La Torre dell’Orologio merita assolutamente una visita perché è considerata l’attrazione della città. Se vi sembra di averla già vista non vi sbagliate, si tratta di una riproduzione dell’orologio situato sul Vauxhall Bridge a Londra.

Il mercato, invece, è l’anima pulsante della città, la sua parte più autentica. Un’esplosione di colori e profumi, e un via vai continuo di gente, caratterizzano il Sir Selwyn Selwyn-Clarke Market. Qui è possibile trovare banchi di frutta, verdura e pesce, spezie e prodotti artigianali. Non mancano chiacchiere con i produttori locali e con i clienti abituali per conoscere i segreti dell’isola.

Degno di visita e anche il Seychelles National Botanical Gardens, il giardino botanico di Victoria che conserva ed espone tutte le specie vegetali che appartengono a questa isola.

Ultimo, ma non meno importante è il tempio indù Vinayagar, l’unico di tutto l’arcipelago delle Seychelles. Eretto in nome del dio indù, l’edificio è stato costruito solo negli anni ’90 ed è l’attrazione più fotografata di tutta la città.

Tempio di Victoria

Tempio indù Vinayagar

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I segreti e le leggende nascoste tra gli edifici della Piazza dei Miracoli

Esiste un luogo di incredibile mistero, di fascino antico e di leggende che affondano le radici in tempi lontanissimi. Un centro culturale e artistico, un punto di snodo tra passato e presente, un capolavoro geniale e visionario dell’uomo. Stiamo parlando di Piazza dei Miracoli, una delle più belle piazze al mondo nonché Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco dal 1982.

Ci troviamo a Pisa, nella Piazza del Duomo ribattezzata da Gabriele d’Annunzio come Campo dei Miracoli per la straordinaria quantità di capolavori che qui sono stati costruiti secoli fa e che ancora oggi vivono e convivono in perfetta armonia con la scena urbana.

Circondate da un prato verde e lussureggiante, queste architetture che svettano verso il cielo, tra cui anche l’iconica torre pendente, raccontano la storia e della città e ne ridefiniscono la sua stessa identità. Quella fatta di antichi splendori mai tramontati, di vittoriose imprese della Repubblica Marinara di Pisa, ma anche di leggende antiche e di misteri mai risolti.

La Piazza del Duomo di Pisa

La Piazza del Duomo di Pisa è uno dei complessi architettonici più celebri del mondo, tutto merito delle straordinarie e maestose opere che qui sono state costruite. Dalla iconica torre pendente che svetta verso il cielo con i suoi 57 metri d’altezza, diventata il simbolo della città e dell’Italia, passando per il duomo, il battistero e il camposanto.

Ed è proprio quando ci si ritrova al cospetto della grande bellezza che caratterizza la Piazza dei Miracoli, che si possono notare alcuni dettagli misteriosi che per secolo hanno animato le leggende popolari e locali. Come quei piccoli fori sul marmo della Cattedrale di Santa Maria Assunta che, dicono, siano stati lasciati dal diavolo o come il fantasma di Galileo Galilei che pare sia stato avvistato più volte proprio sotto la Torre di Pisa.

I Misteri del Prato dei Miracoli

Anche se il nome Prato dei Miracoli fu scelto da Gabriele D’Annunzio in riferimento alla presenza dei monumenti (miracoli) che formano insieme il fulcro della vita religiosa cittadina, è impossibile non lasciarsi suggestionare dallo stesso, soprattutto se andiamo a sviscerare le leggende e i misteri che si nascondono tra gli edifici della piazza.

Il diavolo, dicevamo, sembra essere stato qui. Lo confermerebbero quei piccoli fori disposti sul marmo della Cattedrale di Santa Maria Assunta. Secondo la leggenda, il diavolo aveva posato i suoi artigli sull’edificio durante la costruzione, prima di essere stato cacciato via. Ad alimentare ancora di più la credenza è il fatto che ogni volta che si provano a contare i fori, questi restituiscono sempre un numero differente.

Un’altra leggenda, molto popolare, è quella che riguarda la lucertola a due code scolpita nel bronzo della porta centrale della Cattedrale. Da sempre considerata un portafortuna per gli studenti, da secoli liceali e universitari si recavano qui per toccare le code dell’animale. Per motivi di conservazione questo oggi non è più concesso.

E, ancora, c’è chi giura di aver visto Galileo Galilei, o meglio il suo fantasma, aggirarsi proprio sotto la Torre di Pisa. Le segnalazioni, ancora oggi, sono tante, al punto tale che nel 2014 i membri della National Ghost Uncover, uno dei gruppi europei più importanti di Ghost Hunters, sono arrivati a Piazza dei Miracoli con il loro strani apparecchi per scovare il fantasma dello scienziato.

piazza dei miracoli

piazza dei miracoli

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Come in un quadro: la montagna che ha rubato i colori all’arcobaleno

Sono tantissimi i viaggi che organizziamo ogni giorno e che ci portano alla scoperta dei luoghi più sensazionali del mondo. Eppure, proprio quando crediamo di aver visto tutto, ecco che le meraviglie del pianeta che abitiamo ci sorprendono ancora una volta con la loro grande bellezza, così immensa da sembrare finta o artificiale. E invece è reale, così come lo è splendida montagna Vinicunca che ha rubato i colori all’arcobaleno e di quella si è abbigliata.

Immaginate di avere davanti agli occhi una terra variopinta e surreale su quella poter camminare. È quello che accade quando si raggiunge la Montaña de Siete Colores, un massiccio montuoso situato a 5200 metri sul livello del mare e che appartiene alle Ande, che a guardarlo sembra essere una cartolina dipinta a mano dai migliori illustratori

Qui, numerosi viaggiatori provenienti da tutte le parti del mondo giungono ogni giorno dell’anno per ammirare quei colori, per lasciarsi incantare dal meraviglioso spettacolo messo in scena dalla natura che, come un pittore, ha dipinto le montagne con vigorose e intense pennellate.

Vinicunca

Vinicunca

La montagna delle meraviglie

Per ammirare con i nostri occhi questa meraviglia che appartiene al pianeta, dobbiamo recarci in Perù, al cospetto delle Ande. Nella regione di di Cusco, e più precisamente tra le province di Quispicanchi e Canchi, troviamo Vinicunca, anche conosciuta col nome di Montaña de Siete Colores.

Un caleidoscopio di colori si apre davanti allo sguardo di chi osserva. L’arancione, il blu, il viola, il rosso e il giallo si intrecciano al marrone e al rosa in maniera indissolubile tra i monti. E sembra quasi di poter camminare su un arcobaleno.

Vinicunca

Vinicunca

Vinicunca, l’arcobaleno sotto ai nostri piedi

Trovarsi al cospetto della montagna arcobaleno è un’esperienza unica, da fare almeno una volta nella vita. A guardare questa meraviglia del mondo è facile lasciarsi trasportare dalle suggestioni che uno scenario così magico può provocare.

In realtà quello che si nasconde dietro ai colori che caratterizzano questa montagna delle Ande è stato ampiamente spiegato dalla scienza. Le striature che splendono sotto il sole non sono altro che il risultato dei diversi minerali che nel corso di milioni di anni si qui sono depositati e poi sovrapposti.

Ossido di ferro, manganese, zolfo, calcio, magnesio, rame ossidato e granito hanno creato questi sette colori che oggi rendono la montagna una delle più suggestive del mondo intero.

A rendere ancora più suggestiva la montagna arcobaleno è stato il fatto che questa, per molti secoli, è rimasta nascosta sotto uno spesso strato di ghiaccio, come se fosse un tesoro a proteggere. Una volta che questo si è sciolto però ha mostrato al mondo intero uno scenario meraviglioso, inedito e sensazionale.

Oggi Vinicunca è diventato un luogo da esplorare e da scoprire, per perdersi e immergersi nelle meraviglie del nostro mondo. Tuttavia, l’esplorazione della montagne delle Ande prevede può risultare abbastanza impegnativa, meglio quindi se ci si avvale della presenza di guide esperte.

Lungo il tragitto di quella valle incantata, è possibile incontrare gli animali che popolano l’altopiano da secoli, tra i quali il vicuña e l’alpaca, e i villaggi delle comunità locali.

Vinicunca

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Bruxelles: i giardini delle meraviglie spalancano le porte

Sono solo tre le settimane che abbiamo a disposizione per entrare, attraversare e osservare quelle che sono tra le più grandi serre del mondo, un vero e proprio giardino delle meraviglie che ospita e conserva da secoli alcune delle piante più rare e pregiate della terra. Benvenuti nelle Serre Reali di Laeken.

Ci troviamo a pochi chilometri da Bruxelles, 5 per la precisione. È qui che durante lo straordinario risveglio della natura in primavera, che si trasforma in una vera e propria attrazione di viaggio per i cittadini di tutto il mondo, che le serre reali aprono le porte per pochi giorni.

Ed è proprio questa parziale accessibilità a rendere questo microcosmo così speciale. La scelta di limitare le visite a un solo periodo all’anno è fatta proprio per mantenere inalterato il fragile equilibrio che caratterizza ogni specie vivente che ha trovato nelle Serre Reali di Laeken la sua casa.

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken

C’era una volta il giardino del re Re

Correva l’anno 1873 quando, l’architetto Alphonse Balat venne chiamato dal Re Leopoldo II per progettare un complesso di serre all’interno del castello di Laeken che doveva essere l’ultimo tassello della sua residenza belga. La richiesta era chiara, quella di creare un luogo straordinario destinato a incantare negli anni a venire. E così è stato fatto.

Le Serre Reali di Laeken, costruite secondo i dettami dell’Art Nouveau, si configurano come una piccola e grandiosa città di vetro incastonata in un panorama che lascia senza fiato. Padiglioni monumentali si alternano a cupole di vetro, ampi portici e vetrate dalle linee sinuose, che creano un paesaggio ondulato e fuori dall’ordinario.

Straordinarie all’esterno, incantate all’interno. Le serre di Bruxelles sono nate per ospitare la collezione privata delle piante del Re, e da quel giorno di tanti secoli fa non hanno mai smesso si assolvere questo dovere. Oltre alle collezioni antiche, che vivono ancora qui oggi, si aggiungono tutta una serie di esemplari rari e preziosi che provengono da ogni parte del mondo.

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken: cosa vedere e quando andare

Le Serre Reali di Laeken rappresentano davvero un unicum in tutto il mondo, non solo perché sono ospitate all’interno di un edificio che è diventato col tempo un gioiello dell’Art Nouveau, ma anche perché le collezioni di piante lo trasformano in una dele più grandi serre del mondo.

Una tappa imperdibile e imprescindibile in un viaggio a Bruxelles, dato che si trova solo a 5 chilometri dalla capitale, sia per le sue fattezze architettoniche che per la presenza di piante rare e uniche. C’è solo un momento dell’anno, però, in cui questi giardini delle meraviglie aprono le porte ai visitatori consentendo l’esplorazione di quell’immenso complesso che si snoda per oltre 3 ettari.

È qui, tra i padiglioni e i viali alberati, che troviamo le piante africane, le palme, le rose e le azalee nonché la più grande collezione di camelie. Alcune specie sono conservate nel giardino principale, quelle che invece richiedono in una manutenzione speciale sono protette nelle serre.

Sono tantissime, infatti, le cure che un’abile squadra di giardinieri dà alle piante ogni giorno, da anni, per preservare questo microcosmo naturale di bellezza. Un universo al quale possiamo accedere durante quel breve periodo di primavera. Tra aprile e maggio, infatti, le porte delle Le Serre Reali di Laeken si aprono a tutti. Ed è in quel momento che possiamo vedere avverarsi la magia.

Serre Reali di Laeken

Serre Reali di Laeken

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Il misterioso campanile sperduto nelle campagne

Gli abitanti lo chiamano “Ciucarun”, che nel dialetto del posto vuol dire “grande campanile”. Siamo in Piemonte, nella Serra Morenica d’Ivrea, dove il campanile di San Martino si innalza suggestivo e solitario in mezzo a un verdeggiante pianoro panoramico. È l’unico edificio sopravvissuto all’abbandono dell’antico villaggio di Pearno, in seguito alla costituzione del borgo fortificato di Bollengo, in provincia di Torino, nel 1250. La torre campanaria è anche ciò che rimane della chiesa dedicata a San Martino.

La storia del campanile solitario

Sfortunatamente, non si hanno documenti certi riguardo l’origine del Ciucarun. Uno dei primi in cui viene citato lo splendido campanile e la relativa chiesa, della quale – come dicevamo – non vi è più traccia, si riferisce alla fondazione di Bollengo risalente alla metà del Duecento. Nello specifico, si tratta dell’ingiunzione alla popolazione di Paerno e di altri villaggi vicini di trasferirsi nel nuovo borgo fortificato.

Bisogna attendere fino al XV secolo per avere notizie certe su San Martino quando, un documento del 1477, affermava che la chiesa, da parrocchia autonoma, veniva declassata a semplice oratorio. Fino a che, nel 1731, un decreto vescovile ne ordinò la demolizione. A restare in piedi fu soltanto la torre campanaria, che ancora oggi si può ammirare in tutto il suo antico splendore, anche grazie anche all’intervento di restauro messo in atto dal Comune di Bollengo nel 2000. A contribuire a dare al monumento solitario una visibilità maggiore è stato anche il suo ingresso nel circuito dell’Ecomuseo AMI – Anfiteatro Morenico d’Ivrea.

Realizzato in stile romanico, tra l’XI ed il XII secolo, il Ciucarun svetta tra la natura e il cielo per un’altezza di sei piani, cinque dei quali delimitati da cornici di archetti pensili in cotto. Dal basso verso l’alto si può notare la tipica successione di feritoie, monofore e bifore, oggi tutte murate, fatta eccezione per quella della cella campanaria. Alla base della torre, sul lato ovest, è visibile una porta ad arco, ora murata, che costituiva uno degli accessi al campanile, mentre tracce di muratura confermano la presenza della chiesa annessa. All’interno c’è traccia di una piccola cappella absidata, aspetto comune ad altri campanili coevi, come quello dell’abbazia di Fruttuaria.

Tra le bellezze dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea

Visitare il Ciucarun, significa anche andare alla scoperta di un territorio ricco di fascino e costellato di chiese e monumenti preziosi, immersi nella natura. Il campanile di San Martino è, infatti, una delle attrazioni dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI), situato nella parte centro-settentrionale del Canavese, splendido angolo del Piemonte, a ridosso dei massicci alpini valdostani: una delle più rilevanti conformazioni geologiche di origine glaciale del mondo per estensione, caratterizzazione morfologica e livello di conservazione. L’offerta, qui, è davvero variegata, tra musei, castelli, siti archeologici, beni religiosi, parchi, aree umide, laghi e tanti luoghi in cui praticare sport e attività outdoor, nonché ecovillaggi.

Gli amanti delle escursioni hanno a disposizione un sistema di itinerari di tipo naturalistico-sportivo, per chi desidera esplorare il territorio a piedi, in mountain bike e a cavallo, seguendo l’intero arco collinare principale dell’AMI, che comprende la Serra d’Ivrea, le morene frontali e quelle della Valchiusella. I panorami che si ammirano tra questi sentieri sono assolutamente unici.

Misterioso campanile sperduto campagne

Il solitario campanile di San Martino, detto “Ciucarun”

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Le location della serie Tv “The Gilded Age”

Dallo stesso ideatore di “Downton Abbey”, Julian Fellowes, è nato il period drama “The Gilded Age” trasmesso su Sky Serie e su Now. Racconta, però, una storia americana, in un periodo di grandi cambiamenti a livello economico, sociale e produttivo ma anche di crescente conflittualità tra vecchi e nuovi ricchi, all’alba della modernità.

La serie è ambientata in una New York del XIX secolo e in alcune location rimaste ancora tali e quali, come Newport, nel Rhode Island, Troy, nello Stato di New York, e nell’iconica Long Island.

Le location di “The Gilded Age”

Attenzione, spolier – Proprio nel Rhode Island, infatti, sono state individuate alcune proprietà che rappresentavano al meglio il periodo storico e l’ambiente in cui si svolgono gli episodi di “The Gilded Age”. Vere e proprie mansion, ricche e opulente, come quella chiamata The Breakers, con la sua sontuosa sala da ballo e sala da biliardo e le pareti di platino che sono state usate per la casa dei Russell.

Lo sviluppo dell’industria e del trasporto diede vita a una nuova classe di benestanti che portavano i nomi di Vanderbilt, Morgan, Ford, Carnegie e Rockefeller, solo per citarne alcuni. In quegli anni, tra il 1870 e il 1910, si riusciva a fare fortuna molto velocemente e a spendere e spandere conducendo uno stile di vita sontuoso, emulando quello dell’aristocrazia europea.

Altre splendide e famose dimore di Newport dove sono state girate delle scene sono Rosecliff, la cui architettura è ispirata al Grand Trianon di Versailles e che oggi è una casa-museo; Chateau-sur-Mer, una delle case più antiche e più grandi della città che si trova sulla via principale, Bellevue Avenue, anch’essa in realtà un museo; Marble House, il cui portico ricorda quello della Casa Bianca, apparteneva al miliardario filantropo William Kissam Vanderbilt; The Elms, una copia del castello francese Château d’Asnières ad Asnières-sur-Seine, nell’Alta Senna, e infine Hunter House, la meno sontuosa di tutte, almeno all’apparenza, anche se all’interno nasconde affreschi e decorazioni come capitelli, camini e scalinate.

La stanza da letto di George Russell nella spettacolare mansion sulla Fifth Avenue altro non è che quella vera di Consuelo Vanderbilt, l’unica figlia femmina del celebre milionario, a Marble House. La sala da biliardo a The Breakers è quella dove Russell confabula con Patrick Morris nel secondo episodio. E nella sala della musica, sempre di The Breakers, sono state girate le scene della sala da ballo dei Russell.

La cucina di The Elms è spesso inquadrata ed è quella dei Russell, dove lavora il loro chef francese. La camera da letto color zucca del Chateau-sur-Mer è servita come appartamento di Oscar van Rhijn, figlio di Agnes (l’attore Blake Ritson).

Queste ville fanno tutte parte del circuito di dimore storiche chiamato Newport Mansions, che ha permesso di ambientare le scene senza dover apportare alcuna modifica agli interni che già erano perfetti così com’erano. Non appena è uscita la serie negli Stati Uniti è stato creato appositamente un percorso intitolato “The Gilded Age”, proprio per visitare i set dove è stata girata la serie con delle pratiche audioguide.

La trama di “The Gilded Age”

Dopo la morte del padre, Marian Brook (l’attrice Louisa Jacobson Gummer) accompagnata dalla fidata Peggy Scott, un’aspirante scrittrice alla ricerca di un nuovo inizio, si trasferisce dalla Pennsylvania a New York. A ospitarla sono le sue ricche e aristocratiche zie, Agnes van Rhijn (Christine Baranski) e Ada Brook (Cynthia Nixon, la Miranda di “Sex & the City” e del sequel “And Just Like That“). Tuttavia, ben presto Marian si trova coinvolta in una guerra tra una delle zie, l’incarnazione vivente della tradizione, e i suoi ricchissimi vicini, un magnate dell’industria ferroviaria e l’ambiziosa moglie, George e Bertha Russell.

Una curiosità: il termine “Gilded Age” fu coniato dallo scrittore americano Mark Twain e si riferisce a quel sottile alone di benessere che in realtà nascondeva una realtà molto meno attraente.

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La mansion The Elms nel Rhode Island