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Le 5 destinazioni italiane in cui assaggiare le migliori ricette di Natale

Il Natale porta con sé l’inconfondibile profumo di dolci appena sfornati e di piatti fumanti. Ma oltre ai grandi classici della tradizione, l’Italia nasconde favolosi tesori gastronomici che meritano di essere scoperti, approfittando di questo periodo di viaggi e vacanze. Ogni regione infatti ha le sue usanze e le sue specialità culinarie legate in particolar modo alle festività natalizie. Ne abbiamo selezionate 5, tra le più autentiche e deliziose, che sono l’emblema della tavola delle feste di altrettante destinazioni, possibili mete di un viaggio del gusto all’insegna degli antichi sapori della tradizione.

Gubana, il dolce natalizio di Gorizia

La gubana goriziana, o presniz, è un dolce che racchiude secoli di tradizioni e un’infinità di sfumature di gusto. Originaria della città di Gorizia, questa prelibatezza si distingue per la sua delicata pasta sfoglia che avvolge un cuore generoso, ricco di frutta secca, canditi, miele, spezie e aromi. Ogni famiglia, tramanda la propria ricetta di generazione in generazione, aggiungendo un tocco personale, un piccolo segreto che rende ogni gubana unica e inconfondibile.

Le origini della gubana si perdono nella notte dei tempi. Le prime attestazioni scritte risalgono al XVIII secolo, ma è probabile che questo dolce fosse già conosciuto e apprezzato molto prima. La sua diffusione ha dato vita a una vera e propria famiglia di dolci simili, ma con nomi e caratteristiche differenti: gubana di Cividale, putizza, potiza, gubana delle Valli del Natisone. Un arcobaleno di sapori che unisce e differenzia, un gioco di nomi e ingredienti che ci racconta la storia di un territorio e delle sue genti.

Situata al confine tra Italia e Slovenia, Gorizia, culla della gubana, è una città dove culture e tradizioni si intrecciano da secoli. Passeggiando per le sue vie, si respira un’atmosfera unica, fatta di storia, arte e sapori autentici. I palazzi austriaci si affacciano su piazze animate, mentre le botteghe artigiane custodiscono i segreti di antichi mestieri. Piazza della Vittoria, su cui si affaccia la chiesa barocca di Sant’Ignazio, è il cuore della città, dove si svolgono mercati, manifestazioni ed eventi culturali. Un’attrazione imperdibile è il Castello di Gorizia, che domina la città dall’alto. Le sue mura medievali e le sale affrescate raccontano secoli di storia, così come le collezioni di armi, armature e reperti archeologici che si possono ammirare all’interno.

Cotechino, simbolo della tradizione emiliana

Nato dalla necessità e forgiato dalla creatività, il cotechino di Modena ci regala un racconto affascinante. Siamo nel 1511, quando Mirandola resisteva strenuamente all’assedio papale. Circondati dal nemico e affamati, gli abitanti idearono un modo ingegnoso per conservare la carne dei pochi maiali rimasti, insaccandola nel budello degli animali, creando così una straordinaria specialità gastronomica.

Nato quasi per caso, il cotechino superò ben presto i confini di Mirandola per conquistare tutta l’Italia, e oltre. Oggi, è un simbolo della tradizione culinaria emiliana, un piatto che non può mancare sulla tavola delle feste, ricordandoci l’importanza della creatività e della resilienza.

Modena, la città che ha dato i natali al cotechino, è uno dei gioielli dell’Emilia-Romagna che accoglie i visitatori con il suo raccolto centro storico. La Ghirlandina, la torre campanaria del Duomo, patrimonio UNESCO, domina la città con la sua maestosa bellezza, mentre la Galleria Estense custodisce capolavori di artisti come Beato Angelico e Correggio. E dopo aver ammirato i tesori d’arte, non c’è niente di meglio che gustare un piatto di cotechino, magari in un’osteria tradizionale, accompagnato da un buon bicchiere di Lambrusco.

Minestra maritata, un matrimonio di sapori a Napoli

Nata sotto il dominio spagnolo, questa minestra è un riuscito connubio tra carne e verdure, un abbraccio di sapori che ha conquistato i palati napoletani fin dal 1600. Un brodo ricco, profumato, dove si fondono le note intense della carne di maiale, pollo e manzo, abbracciate dalla delicatezza di scarola, borragine, cicoria e verza.

Una sinfonia di sapori che, un tempo, vedeva protagoniste anche le parti meno nobili del maiale, un omaggio alla tradizione e alla necessità di non sprecare nulla. Oggi, la minestra maritata è un classico delle feste in Campania e Calabria, sebbene le ricette si siano evolute, adattandosi ai gusti contemporanei, anche se Napoli, che ne fu la culla, resta il luogo migliore dove gustarla.

Passeggiando tra i vicoli di Spaccanapoli, ammirando il Vesuvio che domina la città e perdendosi tra le bancarelle del mercato, non si può fare a meno di sentire l’energia vibrante del capoluogo campano. La minestra maritata non poteva che nascere qui, in questa città dal cuore caldo e dalla cucina ricca di sapori. Assaporatela in una trattoria tradizionale, magari vicino al Castel Sant’Elmo, con vista panoramica sul golfo, e lasciatevi avvolgere dal calore di questa zuppa che racconta secoli di storia e tradizioni. E dopo aver gustato questo piatto tipico, niente di meglio di una passeggiata sul lungomare, ammirando il Castel dell’Ovo e il Vesuvio.

Su Pan’e Saba, delizia delle feste a Cagliari

Nato come un semplice pane arricchito con la densa sapa, Su Pan’e Saba è uno dei più tipici dolci sardi invernali, vero capolavoro di sapori e profumi. Si tratta di un pane dolce e umido, intriso di sciroppo di mosto cotto (sapa), arricchito da un mix di frutta secca e spezie. Ogni morso è un’esplosione di gusto, un abbraccio caloroso che ci riporta alle antiche tradizioni isolane. La sapa, ottenuta dalla lenta cottura del mosto d’uva, dona al pan’e saba un colore ambrato e un sapore inconfondibile, mentre le noci, le nocciole e l’uva passa aggiungono note dolci e croccanti. Un dolce semplice, perfetto per scaldare il cuore nelle fredde giornate invernali e per condividere momenti speciali con i propri cari.

Cagliari è una città che incanta al primo sguardo, con il suo centro storico arroccato su una collina che domina il mare. Passeggiando tra le viuzze del Castello, tra le antiche mura e le torri medievali, sembra di fare un salto nel passato. Da non perdetere la Cattedrale di Santa Maria, un capolavoro di architettura romanica, e il Bastione di Saint Remy, da cui si gode di una vista spettacolare sulla città e sulla baia. La spiaggia del Poetto, a pochi passi dal centro, è un invito a lunghe passeggiate con i suoi chilometri di sabbia fine bagnate da acque cristalline. E dopo una giornata al mare, ci si può rilassare in uno dei tanti locali sulla passeggiata, assaporando i piatti tipici della cucina sarda e una fetta di pan’e saba.

Pangiallo romano, un raggio di sole nel cuore dell’inverno

Nato nei fasti dell’antica Roma, il pangiallo è un dolce che da millenni illumina le tavole laziali durante le festività natalizie. Le sue origini si perdono nel tempo, legate ai rituali pagani del solstizio d’inverno, quando si offriva questo dolce dorato agli dei per propiziare il ritorno del sole. La ricetta originale prevedeva un impasto a base di miele, farina e frutta secca, simboli di abbondanza e prosperità. Nel corso dei secoli, il pangiallo si è arricchito di nuovi ingredienti, come canditi, uvetta e spezie, trasformandosi in un vero e proprio scrigno di sapori. Oggi, questo dolce dal colore giallo intenso, che richiama la luce del sole, continua a essere una presenza immancabile sulla tavola di Natale.

Sotto le feste, Roma è una meta perfetta per immergersi nella magica atmosfera natalizia, con la città che si accende di mille luci e colori, concerti e spettacoli per grandi e bambini. Una visita nella capitale in questo periodo è l’occasione giusta per riscoprire musei straordinari come i Musei Vaticani e la Galleria Borghese, che custodiscono tesori inestimabili, oppure ammirare le splendide fontane barocche, come quella di Trevi, a cui il recente restauro ha restituito tutto il suo splendore. Immancabile una passeggiata romantica tra le stradine di Trastevere e un giro al celebre mercatino di Natale di piazza Navona, dove assaporare le specialità locali e, naturalmente, gustare un delizioso pangiallo.

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L’attività solare è più attiva che mai: ecco dove trovare l’aurora boreale perfetta nel 2025

Se osservare l’aurora boreale è uno dei vostri sogni nel cassetto, il 2025 potrebbe essere l’anno giusto per realizzarlo. Gli esperti prevedono infatti che sarà un anno straordinario per ammirare questo spettacolo naturale.

L’area in cui si verifica questo fenomeno è chiamata “ovale aurorale” e si estende solitamente nelle regioni vicine al Circolo Polare Artico, ma può spostarsi verso sud durante periodi di intensa attività solare, come quello attuale rilevato recentemente dalla NASA. Questa fase, che durerà fino all’ottobre 2025, è caratterizzata da tempeste geomagnetiche che aumentano le possibilità di osservare le aurore boreali anche a latitudini insolite, pertanto le psichedeliche luci del nord saranno visibili in molte parti del mondo, inclusi Europa e Stati Uniti.

Ecco una guida a quelle che, secondo il sito Lonely Travel, sono le migliori località dove osservare la meraviglia della “fata verde”.

​Westfjords, Islanda

Nel cuore del Circolo Polare Artico, i fiordi occidentali dell’Islanda offrono cieli scuri e un clima ideale per l’osservazione dell’aurora boreale. Questa regione, caratterizzata da paesaggi remoti e montagne imponenti, garantisce condizioni perfette grazie alla quasi totale assenza di inquinamento luminoso. La montagna Bolafjall, alta 636 metri, regala viste mozzafiato e un panorama unico sui fiordi circostanti. Le notti lunghe dell’inverno artico, unite a condizioni climatiche spesso favorevoli, rendono questa località una delle migliori per vedere le “luci danzanti”, in particolare da fine settembre a marzo, quando le notti sono più buie e lunghe.

Fairbanks, Alaska

Grazie alla sua posizione strategica sotto l’ovale aurorale, Fairbanks è una delle migliori destinazioni al mondo per osservare l’aurora boreale. Da novembre a febbraio le temperature invernali rigide e i cieli limpidi contribuiscono a creare condizioni ottimali per l’osservazione, magari con una cioccolata calda al lodge Aurora Borealis o immersi nelle sorgenti termali del Chena Hot Springs Resort, dove il contrasto tra l’acqua calda e l’aria gelida amplifica la magia dell’esperienza. La città offre anche numerose attività complementari, come escursioni con slitte trainate da cani e tour fotografici dedicati all’avvistamento dell’aurora boreale.

Abisko, Svezia

Abisko, situata in Svezia a nord del Circolo Polare Artico, è famosa per il suo “buco blu,” una zona con condizioni climatiche eccezionalmente stabili che garantiscono cieli sereni per la maggior parte delle notti invernali. La stagione aurorale va da settembre a marzo, quando le montagne circostanti creano un microclima che riduce la formazione di nuvole, rendendo Abisko una delle località più affidabili per vedere l’aurora. Oltre a salire sulla torre panoramica dell’Aurora Sky Station, i visitatori possono partecipare a escursioni con racchette da neve o safari in motoslitta, aggiungendo un tocco di avventura al viaggio.

Yellowknife, Canada

La città di Yellowknife, nei Territori del Nord-Ovest canadese, si trova al centro dell’ovale aurorale ed è una delle località nordamericane dove le luci del nord si verificano con maggiore frequenza. La posizione geografica e le condizioni climatiche favorevoli assicurano agli appassionati il 98% di probabilità di avvistare l’aurora durante un soggiorno di tre notti. La cultura locale, arricchita dalle tradizioni indigene dei Dene, che chiamano il fenomeno “ya’ke ngas,” o “il cielo che si agita”, offre un’ulteriore dimensione avventurosa all’esperienza. I periodi migliori sono da agosto a settembre e da novembre ad aprile.

Tromso, Norvegia

Conosciuta come la “Porta dell’Artico”, Tromso è la città norvegese più grande a nord del Circolo Polare Artico e uno dei luoghi migliori per osservare l’aurora boreale da settembre a metà aprile. Grazie alla sua posizione, Tromso offre condizioni eccellenti per l’osservazione delle luci, che spesso appaiono come una “danzatrice verde” nel cielo. Gli amanti dell’avventura possono unirsi a spedizioni guidate, durante le quali esperti locali condividono curiosità scientifiche e storie legate al fenomeno.

Rovaniemi, Finlandia

Capitale della Lapponia finlandese, Rovaniemi combina la magia della residenza ufficiale di Babbo Natale con la possibilità di vedere l’aurora boreale. Situata proprio sul Circolo Polare Artico, questa città offre un accesso facile e molteplici opportunità per osservare le luci del nord. Tra le esperienze più entusiasmanti ci sono sicuramente l’Aurora Ice Floating, cioè l’osservazione delle luci danzanti mentre si galleggia in acque gelide indossando una tuta termica, e i tour notturni in motoslitta attraverso foreste innevate. Qui la stagione aurorale è particolarmente lunga, inizia ad agosto e termina all’inizio della primavera.

Orkney, Scozia

Le isole Orcadi, situate al largo della costa nordorientale della Scozia, da ottobre a marzo offrono un’atmosfera magica per osservare l’aurora boreale, conosciuta localmente come “Merry Dancers”. Le località più popolari per l’avvistamento includono la costa di Birsay e la collina di Wideford, che offrono ampi panorami e cieli bui. Le Orcadi, ricche di storia e tradizioni, aggiungono il loro fascino unico all’esperienza.

Dark Sky Park, Michigan

Negli Stati Uniti, l’Headlands International Dark Sky Park nei pressi del Lake Michigan rappresenta un’ottima opzione per chi vuole ammirare l’aurora boreale senza allontanarsi troppo dai centri urbani. Grazie all’assenza di inquinamento luminoso, i visitatori possono godere di cieli stellati incredibili. E se ottobre e novembre sono i mesi migliori per avvistare l’aurora boreale, nel resto dell’anno il parco è un luogo ideale per l’osservazione di stelle cadenti e altre meraviglie astronomiche.

Kangerlussuaq, Groenlandia

Nonostante la posizione remota, la cittadina situata sopra il Circolo Polare Artico è una delle mete più accessibili per osservare l’aurora boreale in Groenlandia, grazie ai voli diretti da Copenaghen. Con circa 300 giorni di cieli sereni all’anno, Kangerlussuaq offre condizioni ideali per l’osservazione, in partciolare nel periodo compreso tra settembre e aprile. Oltre all’aurora, i visitatori possono esplorare il paesaggio spettacolare della calotta glaciale della Groenlandia, rendendo il viaggio un’esperienza indimenticabile.

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Solstizio d’inverno, cosa succede di incredibile in Basilicata

Nelle Dolomiti Lucane esiste un luogo che, in occasione del solstizio d’inverno, rivela un segreto. Si tratta di Petre de la Mola (Pietra della mola), una Stonehenge tutta italiana, un complesso megalitico che si trova in cima al Monte Coccia, in Basilicata, all’interno del Parco Naturale di Croccia-Cognato. È, questa, un’area di riserva antropologica-naturalistica a protezione totale per via della presenza, oltre che di rare specie animali e vegetali, di numerose testimonianze archeologiche.

Cosa succede a Petre de la Mola durante il solstizio

Nel giorno del solstizio, che solitamente cade intorno al 21 dicembre, centinaia di persone si radunano intorno a questo luogo isolato e in mezzo alla natura a mille metri di altitudine aspettando il tramonto del Sole. In quel momento esatto, infatti, il Sole spunta attraverso una fenditura (artificiale, indicata con un’incisione rupestre) della roccia creando un effetto incredibile.

La scoperta di questo fenomeno è avvenuta per puro caso ed è stata fatta dal professor Marco Mucciarelli, geofisico dell’Università della Basilicata, che si accorse di un singolare effetto di illuminazione che avveniva a mezzogiorno in questo megalite.

Secondo gli studi condotti dagli esperti dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) Vito Francesco Polcaro, insieme all’archeologo Leonardo Lozito, vicepresidente nazionale dei Gruppi Archeologici d’Italia, in collaborazione con alcuni astronomi e archeologi sul sito lucano, Petre de la Mola sarebbe perfettamente allineato con il Sole a mezzogiorno e al tramonto nel giorno del solstizio d’inverno.

Un sito preistorico poco noto

È molto probabile che questa gigantesca roccia – perché di questo si tratta – già nell’antichità avesse la funzione di calendario, utile per i riti, per il raccolto e per eventi eccezionali. Intorno al gigantesco masso sono stati infatti rinvenuti degli scoli per l’acqua e delle incisioni, forse proprio per i rituali sacri durante il solstizio che, per tutti i popoli antichi, rappresentava un giorno molto importante dell’anno. La roccia è naturale, ma potrebbe essere stata spostata dall’uomo per essere posizionata in un punto simbolico, dove si trova tutt’ora.

Gli studiosi non sono riusciti a rintracciare alcuna documentazione sull’origine del nome del complesso megalitico, anche se in lucano, la ‘mola’ è il tipo di pietra utilizzato per affilare le lame.

L’intero sito archeologico copre una superficie di circa 60mila metri quadrati. Risalirebbe al neolitico (10.000 – 6.000 a.C.) e, secondo gli studiosi, fu abitato fino al IV secolo a.C.. Nei pressi del megalite c’è anche un insediamento fortificato risalente al IV secolo a.C. ubicato proprio sulla cima della montagna.

L’intero abitato era circondato da alcune cinte murarie fatte in blocchi perfettamente quadrati, di cui sono rimaste tracce significative. Nel tratto di muro meglio conservato c’è un ingresso che è diretto esattamente nel punto in cui sorge il Sole. Inoltre, sulle rocce sono stati rinvenuti alcuni petroglifi. Tra questi è particolarmente importante uno posto in prossimità del punto d’osservazione, che indica la linea che demarca il Nord e il Sud (la linea del meridiano) e la linea posta a 238° (in linea con il solstizio e con il tramonto) ed è poco probabile che questi allineamenti siano casuali.

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Sei foreste celebri che hanno ispirato gli scrittori di libri indimenticabili

Ci sono luoghi del mondo che hanno un fascino speciale, tanto da ispirare le menti più creative: luoghi di pace e bellezza, in cui tutto appare così meraviglioso e fantastico da meritare un posto d’onore nelle opere più fantasiose. Ma anche posti che regalano l’ispirazione per avventure incredibili, per eventi che sono destinati a rimanere impressi nella storia della letteratura.

Accade, ad esempio, con le foreste, quelle che hanno ispirato scrittori e poeti, che magari le hanno inserite in libri e poesie. Grazie alla loro creatività questi posti hanno preso vita nelle pagine, magari come intricati e suggestivi boschi con una fitta vegetazione e alberi maestosi, che hanno stimolato la fantasia diventando scenario fantastico di eventi incredibili.

Ce ne sono diverse, che appaiono talmente magiche alla sola vista, da essere state immortalate per sempre nelle pagine di libri indimenticabili. Scenografie di storie fantastiche, oppure veritiere, di amori e dolori, di vita, coraggio e avventure. Le foreste più belle e affascinanti che hanno ispirato gli scrittori famosi e che vale la pena visitare almeno una volta nella vita.

Nella Foresta di Ashdown con Winnie the Pooh, Regno Unito

Fantastica, misteriosa e incanta: è la Foresta di Ashdown che si trova nel Regno Unito. Più precisamente nell’East Sussex, dove si estende su 2630 ettari. Pini, betulle e querce sono alcune delle piante che si possono trovare in questo luogo che è stato d’ispirazione per creare l’ambientazione perfetta per il Bosco dei 100 acri dove prendono vita le storie e le avventure di Winnie the Pooh. Il suo ideatore, infatti, era A.A. Milne che viveva vicino alla foresta e prendeva spunto dalle esplorazioni che faceva insieme al figlio Christopher Robin.

E vale la pena esplorarla alla ricerca di quegli scorci che hanno fatto da sfondo a storie che hanno saputo incantare grandi e piccini di tutto il mondo.

La foresta di Ashdown di Winnie the Pooh

Fonte: iStock

La foresta di Ashdown che fa da sfondo a Winnie the Pooh

Parco Nazionale del Monte Kenya, la natura che ha ispirato Dr. Seuss

Ci spostiamo in Africa, dove si trova il Parco Nazionale del Monte Kenya: un luogo di grande bellezza tanto che qui è stata istituita un’area naturale protetta, mentre questa zona è diventata nel 1978 riserva della biosfera Unesco e nel 1997 patrimonio dell’umanità Unesco. E pare proprio che siano stati questi scorci a essere fonte d’ispirazione di The Lorax, romanzo di Dr. Seuss (pseudonimo di Theodor Geisel) pubblicato nel 1971. Nello specifico l’autore si sarebbe trattenuto per una vacanza presso il Fairmont Mount Kenya Safari Club. Non è mai stata confermata la reale fonte d’ispirazione per il celebre libro, ma potrebbe essere nato proprio lì, nel cuore di quella natura straordinaria.

Parco Nazionale del Monte Kenya che ha ispirato Dr. Seuss

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Il Parco Nazionale del Monte Kenya che pare aver ispirato Dr. Seuss

Moseley Bog, alla scoperta del bosco meraviglioso che ispirato Tolkien

Siamo nella riserva naturale di Moseley Bog, il luogo in cui giocava da bambino JRR Tolkien e che ha ispirato la vecchia foresta dei suoi capolavori Lo Hobbit e Il signore degli anelli. Si estende per 12 ettari e si trova a Birmingham nel Regno Unito. Un luogo davvero fatato con vecchi alberi contorti, tantissime piante e numerosi animali. È questo il posto giusto in cui cercare l’ispirazione? Senza dubbio è affascinante vedere con i propri occhi gli scorci che hanno stimolato la fantasia di un gigante del genere epico high fantasy. E chissà che magari non sia da spunto anche per aspiranti autori.

Moseley Bog la foresta di Tolkien

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Moseley Bog: l’affascinante foresta di Tolkien

Forest of Dean, nella natura di Harry Potter e i doni della morte di J.K. Rowling

J.K. Rowling ha vissuto dai nove ai 18 anni in una casa vicino alla Forest of Dean: si tratta del Church Cottage a Tutshill, nel Gloucestershire. Di recente la celebre scrittrice ha acquistato quella abitazione che è tanto importante per lei. Infatti, i suoi ambienti non solo sono stati un’enorme fonte di ispirazione per la scrittrice, ma anche la natura intorno ha fatto da scenografia a momenti importanti della saga fantastica. È il vicino bosco, del resto, che gli amanti della saga di Harry Potter trovano nell’ultimo straordinario e avvincente libro della serie.

Forest of Dean scenario di Harry Potter

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Forest of Dean scenario dell’ultimo libro di Harry Potter

Walsingham Nature Reserve, nota anche come Tom Moore’s Jungle

Ci spostiamo alle Bermuda, presso le Walsingham Nature Reserve e Blu Hole Park, note anche come Tom Moore’s Jungle. Ma come mai questo nome? Perché questo paradiso, fatto di grotte, uno stagno di mangrovie e una natura lussureggiante e fitta, si dice essere stato il luogo in cui il poeta irlandese Thomas Moore si ritirava per carcare ispirazione nel periodo in cui ha vissuto lì. Si dice che scrivesse sotto un grande albero, andato poi distrutto.

Blu Hole Park ispirazione per Tom Moore

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Blu Hole Park, l’area delle Bermuda dove si dice scrivesse Tomas Moore

Kanha National Park e Pench Tiger Reserve per Il libro della giungla

In India ci sono diversi luoghi che si pensa abbiano ispirato la dilogia per ragazzi Il libro della giungla di Rudyard Kipling, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura. In realtà l’autore, inglese nato a Bombay, pare non essere mai stato in quella specifica area del Paese asiatico, ma si dice che abbia tratto comunque ispirazione dal Kanha National Park e dalla Pench Tiger Reserve. E visitarli regala la sensazione di entrare nella raccolta di storie che vede come protagonisti Mowgli, la tigre Shere Khan e l’orso Baloo. Qui ci si puà lasciare affascinare dalla natura rigogliosa e dagli animali feroci come la tigre, ma anche tantissime altre specie come uccelli, leopardi e scimmie. L’avventura ha inizio.

Kanha National Park: location di Il libro della giungla

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Kanha National Park: ha ispirato Il libro della giungla
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Anche la casa di Babbo Natale soffre per l’overtourism

L’overtourism non risparmia neanche Babbo Natale: infatti, in vista del giorno più magico dell’anno, sono migliaia i turisti che arrivano, da ogni parte del mondo, al Villaggio di Babbo Natale a Rovaniemi, capitale della Lapponia finlandese.

Sul confine del Circolo Polare Artico, il parco tematico Santa Claus Village è ormai un’istituzione internazionale, che ogni anno attira oltre 600.000 visitatori. Tra neve scintillante e tradizioni invernali, offre l’occasione di vivere esperienze davvero uniche e indimenticabili: dalle slitte trainate da renne ai cocktail nei bar di ghiaccio, fino all’incontro con Santa Claus in persona nella sua “città natale ufficiale”.

Un boom turistico senza precedenti

È ormai chiaro come il turismo a Rovaniemi sia in forte e costante espansione. Nel 2023 la città ha registrato un record di 1,2 milioni di pernottamenti, segnando una crescita del 30% rispetto al 2022.

Un trend a prima vista positivo, che entusiasma operatori turistici, proprietari di hotel e ristoranti, che vedono un significativo aumento delle entrate. “Il nordico è un trend“, queste le parole di Sanna Karkkainen, CEO di Visit Rovaniemi. “Le persone vogliono viaggiare in Paesi freddi per vedere la neve, l’aurora boreale e, ovviamente, Babbo Natale.”

Ma non è tutto. L’aeroporto di Rovaniemi ha inaugurato nel 2024 tredici nuove rotte, che collegano la città con destinazioni quali Ginevra, Berlino e Bordeaux. La maggior parte dei turisti proviene da Francia, Germania e Regno Unito, ma l’attrattiva si estende ben oltre l’Europa.

La crisi dell’iperturismo

Nonostante il successo economico, l’esplosione del turismo sta generando malcontento tra i residenti. Durante le festività natalizie, Rovaniemi arriva ad accogliere un numero di visitatori dieci volte superiore alla sua popolazione. “Il turismo è cresciuto così rapidamente che la situazione non è più sotto controllo“, ha dichiarato Antti Pakkanen, fotografo e membro di una rete di alloggiatori locali.

Come in molte altre mete sovraffollate, da Barcellona a Venezia, anche Rovaniemi sta così affrontando le problematiche dell’overtourism. I residenti lamentano l’aumento dei prezzi degli affitti e la trasformazione del centro città in uno “spazio transitorio per i turisti”. La crescita vertiginosa degli alloggi a breve termine ha ridotto le opzioni abitative per i residenti e contribuito a cambiare il tessuto sociale cittadino.

Il richiamo del Grande Nord

L’inarrestabile interesse per i Paesi nordici sembra legato anche al cambiamento climatico. In un pianeta che si sta surriscaldando, le vacanze al freddo diventano sempre più gettonate, in particolare durante il periodo natalizio. Le attrazioni di Rovaniemi, con la neve immacolata, una vasta gamma di esperienze invernali, e l’opportunità di visitare in prima persona la Casa di Babbo Natale, rispondono alla perfezione a questa domanda.

Quale futuro per Rovaniemi?

Mentre i funzionari locali sottolineano il successo del turismo, la vera sfida sta nel trovare un equilibrio sostenibile.

L’overtourism è una questione globale che richiede soluzioni innovative per tutelare l’autenticità delle destinazioni e il benessere dei residenti. A Rovaniemi, come altrove, il futuro del turismo dipenderà dalla capacità di gestire la crescita in modo responsabile, garantendo che il fascino del Grande Nord continui a incantare senza comprometterne il fragile ecosistema naturale e urbano.

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Miracolo di San Gennaro. Il tesoro di Napoli tra storia, folclore e leggenda

Nel cuore di Napoli, tra le stradine e le viuzze puntellate da case sgarrupate che nascondono leggende e superstizioni, è custodito il grande tesoro della città. Un bene prezioso che poco ha a che fare con gioielli e denaro, ma che è tanto caro ai napoletani come lo è, ormai, anche a viaggiatori e turisti che osservano con fascino e curiosità tutto ciò che appartiene al capoluogo campano. Stiamo parlando del miracolo di San Gennaro.

Un evento celebrativo e solenne che non è solo una festa, ma una promessa rinnovata anno dopo anno tra il Santo patrono della città e Napoli, appunto. Quello che succede, tre volte l’anno, è mistico e al contempo folcloristico: lo scioglimento del sangue di San Gennaro custodito in un’ampolla all’interno dell’omonima cappella.

“San Gennaro, aiutaci tu!”, le voci dei napoletani si sincronizzano all’unisono durante le date del miracolo, e non solo. Perché il Santo non è solo il patrono dei credenti della città, ma un vero e proprio simbolo del folclore e della tradizione che si rafforza ogni anno a prodigio avvenuto. E se non si scioglie? È la storia a fare da monito: terremoti, epidemie ed eventi nefasti si abbatteranno sulla città.

Il miracolo di San Gennaro: quando e dove

Il sangue di San Gennaro che si scioglie, o non si scioglie, fa notizia. È così da sempre per i napoletani, che omaggiano e celebrano il Santo da quando hanno memoria, ed è così anche per i viaggiatori e i turisti che giungono nel capoluogo campano con scetticismo e suggestione per osservare con i loro occhi il miracolo.

Quello che succede è ormai alla mercé di tutti grazie ai racconti di chi ha assistito: l’arcivescovo di Napoli scuote l’ampolla che contiene il sangue del Santo attraverso precisi movimenti, accompagnato dai canti e dalle incitazioni della platea dei fedeli, in attesa che questo si sciolga. La liquefazione dà la conferma che il miracolo è avvenuto.

L’evento si svolge tre volte l’anno, a maggio, a settembre e a dicembre, all’interno della reale cappella del Tesoro di San Gennaro, una cappella barocca e opulenta, nonché meta imprescindibile per chi visita il capoluogo campano, situata all’interno del Duomo di Napoli e fatta edificare dagli stessi cittadini come simbolo del legame indissolubile ed eterno tra la città e il santo.

La celebrazione del miracolo di San Gennaro a Napoli

Fonte: IPA

Napoli, il miracolo di San Gennaro avvenuto il 19 settembre del 2023

Le date

All’interno della cappella, emblema della beltà del barocco napoletano, cittadini, fedeli e turisti si riuniscono in attesa di rinnovare la promessa in tre date solenni:

  • Il primo sabato di maggio la teca contenente le ampolle, insieme al busto di San Gennaro e degli altri compatroni della città, viene portata in processione dal Duomo alla Basilica di S. Chiara. Dopodiché comincia il rito che auspica il primo miracolo dell’anno.
  • Il 19 settembre avviene il secondo miracolo, quello conosciuto ai più perché celebra anche la ricorrenza della decapitazione del Santo. All’interno del Duomo, e alla presenza del cardinale e dei fedeli, avviene il rito della liquefazione del sangue.
  • Il 16 dicembre il miracolo si ripete in una data importantissima per la città e per i Napoletani. È la festa di San Gennaro, ma è anche il giorno in cui, nel 1631, l’eruzione del Vesuvio si fermò proprio grazie all’invocazione  del Santo.

San Gennaro: la storia del miracolo tra leggenda e folclore

In principio fu un vescovo romano, martire e cristiano, a dare vita alla promessa che ancora oggi viene tenuta in vita dai napoletani. Il suo nome era Gennaro. Venerato come Santo dalla Chiesa cattolica, che lo celebra il 19 settembre, e da quella ortodossa, è diventato il patrono di Napoli. È qui, nella città del sole e del mare, che vengono conservate le sue reliquie: due ampolle che secondo la tradizione popolare conservano il suo sangue raccolto da una pia donna subito dopo la decapitazione.

A differenza di molte altre figure venerate dalla chiesa, però, San Gennaro è diventato anche simbolo del folclore di Napoli perché prima di appartenere alle tradizioni religiose, la sua figura appartiene alla città. Emblematica, in questo senso, è la data del 16 dicembre del 1631 che coincide con l’eruzione del Vesuvio. La credenza popolare vuole che la lava cessò di scendere proprio grazie all’invocazione del Santo da parte dei fedeli.

Da quel momento il culto del Santo divenne estremamente radicato tra i cittadini diventando il simbolo della protezione della città, nonché il suo patrono in sostituzione di Sant’Agrippino.

Oggi tutti invocano San Gennaro, non solo i fedeli. La sua storia e tutte le convinzioni legate a questa, infatti, sono diventate parte integrante della cultura, del folclore e delle superstizioni del capoluogo campano. Perché Gennaro è il Santo del popolo. È quello che viene evocato, pregato e associato ai miracoli, è quello presente nei film, invocato da Massimo Troisi o da Nino Manfredi, nei libri e in ogni guida della città. È un padre, è un fratello. È famiglia per i napoletani.

La liquefazione del sangue

A contribuire alla popolarità del Santo è, sicuramente, il suo miracolo. Le prime notizie documentate della liquefazione del sangue, conservato all’interno delle ampolle, risalgono al 1389. Le cronache dei tempi parlano di una grande affluenza, da parte dei fedeli, per assistere al prodigio. Un evento, questo, che ovviamente ha attirato anche l’attenzione dei più scettici e della scienza.

Nel corso dei secoli diversi scienziati e teologi hanno studiato le ampolle e la liquefazione del sangue per tentare di risolvere il mistero. Le più recenti risalgono agli anni ’90 quando i ricercatori del CICAP hanno ipotizzato che alla base del miracolo ci sarebbe il fenomeno della tissotropia che permette appunto al sangue di sciogliersi attraverso determinati movimenti.

Tentate spiegazioni scientifiche, così come lo scetticismo di alcuni, non hanno comunque intaccato la fama del Santo né quella del miracolo che ancora oggi viene guardato con incanto e meraviglia anche da chi non è credente. La stessa Chiesa cattolica, pur non avendo mai riconosciuto il fenomeno come miracoloso, lo definisce un evento prodigioso e di venerazione popolare.

Miracolo di San gennaro, Napoli

Fonte: IPA

Miracolo di San Gennaro: lo scioglimento del sangue davanti ai fedeli a Napoli

E se non si scioglie? I napoletani non hanno dubbi: qualcosa di terribile si abbatterà sulla città e sulle loro vite. E superstizione o meno, la storia sembra proprio confermare. A partire dal 1939, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, passando per il 1973, data che ha segnato la città con l’epidemia di colera. E poi, ancora, il 1980 con il terremoto in Irpinia e il 2016 con gli incendi sul Vesuvio e il terremoto di Ischia. Eventi nefasti e terribile che, ça va sans dire, corrispondevano alla mancata liquefazione del sangue.

Il più recente porta la data del 16 dicembre 2020 quando, davanti a una chiesa gremita di persone che indossavano le mascherine, l’Italia era in piena emergenza sanitaria.

I luoghi di San Gennaro in città

Ogni angolo, ogni strada e ogni anfratto di Napoli parla della sua storia e delle sue credenze. Parla anche del culto di San Gennaro che non rivive solo nelle date del suo miracolo, ma convive con i napoletani ogni giorno. Il patrono della città, lo abbiamo già detto, non è solo il Santo che protegge, ma è anche un emblema familiare che unisce la popolazione e che dà speranza nei modi più differenti e folcloristici. E cosa c’è di meglio, se non attraversare i luoghi che lo venerano, per scoprire l’anima più vera e autentica del capoluogo campano?

Il Duomo di Napoli

La Cattedrale Metropolitana di Santa Maria Assunta, meglio conosciuta come duomo di Napoli, è l’essenza dell’intera città. Simbolo culturale e artistico del capoluogo campano, custodisce il battistero più antico d’Occidente, quello di San Giovanni in Fonte, e la cappella del Tesoro di San Gennaro, quella che conserva le reliquie del Santo e la stessa che ospita tre volte l’anno il rito dello scioglimento del sangue.

Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro

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Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro, Napoli

Il Museo del Tesoro di San Gennaro

Tappa imprescindibile di chi vuole addentrarsi in questa storia, nonché meta imperdibile di ogni tour in città, è il Museo del Tesoro di San Gennaro situato accanto al Duomo. Questo polo museale, premiato anche con il Traveller’s Choice Best of the Best 2024, conserva uno dei tesori più preziosi al mondo secondo solo a quello della Corona inglese. Qui, infatti, sono conservati gioielli e gemme preziose, opere d’arte e oggetti donati come ex voto da fedeli, nobili e regnanti nel corso dei secoli.

Il murale di Jorit Agoch a Forcella

Uscendo dal museo, e passeggiando tra i vicoli e le strade del cuore della città, è impossibile non notare il gigantesco murale che campeggia sulla facciata di un edificio a Forcella. Si tratta dell’opera che porta la firma di Jorit Agoch e che raffigura, appunto, San Gennaro.

Il murale, che si estende per oltre 15 metri di altezza, è uno dei luoghi simboli di Napoli. Fotografato, condiviso e acclamato: è l’emblema dell’inclusività e della solidarietà, nonché un ponte tra passato e presente, tra fede e folclore, tra tradizione e innovazione.

Le catacombe di San Gennaro

Nel Rione Sanità, invece, troviamo le Catacombe di San Gennaro risalenti al II secolo d.C. Questa grande area cimiteriale, considerata uno dei monumenti più importanti del Cristianesimo a Napoli, è diventata una meta importante di pellegrinaggio, nonché attrazione imperdibile per tutti coloro che vogliono conoscere la storia del Santo patrono e della città.

I simboli portafortuna

Se è vero che San Gennaro appartiene al popolo napoletano, è altrettanto vero che i cittadini lo condividono con estrema generosità con i viaggiatori e i turisti. Le figure del Santo, così come le sue invocazioni, sono praticamente ovunque: edicole votive adornate con candele e fiori, amuleti, gioielli e persino souvenir, a volte anche umoristici e originali.

Non manca, ovviamente, un riferimento anche nella tradizione culinaria locale. Mai sentito parlare degli spaghetti alla Gennaro? Erano i preferiti di Totò.

Alcuni souvenir di San Gennaro a Napoli

Fonte: IPA

Tradizioni sacre e profane a Napoli: i souvenir di San Gennaro
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Santa Lucia, dove si festeggia in Italia, in Europa e nel resto del mondo

Ogni anno, il 13 dicembre, i bambini di diverse città del mondo attendono l’arrivo di Santa Lucia per essere coccolati con regali e dolcetti. La festività, in onore della martire cristiana, è sicuramente molto sentita in molti Paesi nordici, ma anche in alcune località intaliane. E la festa è stata esportata persino ai Caraibi. Ecco dove si celebra la tradizionale festa di Santa Lucia e come.

Cos’è la festa di Santa Lucia

La festa di Santa Lucia che si celebra il 13 dicembre risale al VI secolo d.C. ed è stata istituita per commemorare la morta di Lucia di Siracusa, vergine martire avvenuta il 13 dicembre del 304 d.C. durante la grande persecuzione dei cristiani voluta dall’Imperatore Diocleziano. Secondo la leggenda, Lucia portò cibo e altri generi di prima necessità ai cristiani che, per sfuggire alle persecuzioni, si nascondevano nelle catacombe romane. Per questo motivo, oggi, anche in molte parti d’Italia, Santa Lucia porta doni e dolci ai bambini che si sono comportati bene.

La festa di Santa Lucia in Europa

In Svezia

In occasione del “Luciadagen”, la Svezia organizza una processione durante la quale una ragazza vestita di bianco e con una coroncina di candele accese sulla testa distribuisce dolci a tutti i partecipanti. Ricette legate alla festa di Santa Lucia sono la brioche allo zafferano e i biscotti allo zenzero. Tra le altre tradizioni svedesi c’è quella di esporre alla finestra candele accese proprio per illuminare le cupe giornate invernali.

In Danimarca

La Danimarca ha importato dalla Svezia la tradizione di Santa Lucia e la festeggia fin dal 1944 con il nome di “Luciadag”. L’idea era quella di portare luce in un periodo storico molto buio per il Paese. Proprio come per la Svezia, una ragazza vestita di bianco e una corona di candele accese guida una processione. La celebrazione coincide con una protesta pacifica nei confronti dell’occupazione tedesca.

In Finlandia

Anche la Finlandia il 13 dicembre festeggia la giornata della Santa protettrice della vista. Anche in questa nazione, la tradizione si lega alle luci. Candele accese alle finestre, processioni e dolci tradizionali tipici a base di spezie natalizie.

In Norvegia

In Norvegia la giornata del 13 dicembre si chiama “Lussinatten” ed è una festività considerata laica. Per tradizione, i bambini delle scuole cantano inni e distribuiscono dolcetti in ospedali e ricoveri per anziani; nonostante non sia considerata una festività religiosa, è stata di recente incorporata nella liturgia dell’Avvento della chiesa norvegese.

In Ungheria

In Ungheria è tradizione, nel giorno di Santa Lucia, piantare chicchi di grano che, nel giorno di Natale, saranno già alti diversi centimetri: si tratta di un rito legato al credo cattolico, per omaggiare la nascita e la luce di Gesù.

In Croazia

La stessa tradizione ungherese si trova anche in Croazia, dove vengono piantati semi di grano con lo scopo di farli crescere prima di Natale proprio per ricordare Gesù come simbolo di luce. Il richiamo alla luce è il motivo per cui questa tradizione viene proprio legata alla Santa Lucia.

In Polonia

Per la festa del 13 dicembre, la Polonia ha una tradizione simile a quella delle calende italiane, praticamente osservando il meteo dei giorni successivi a Santa Lucia è possibile stabilire come saranno le temperature del primo mese dell’anno.

La festa di Santa Lucia in Italia

Processioni, mercatini e fiere: anche in Italia, Santa Lucia è una festività molto sentita, tanto da avere tradizioni culinarie differenti nelle diverse regioni. A Bologna, per esempio, si svolge una prestigiosa fiera che attira turisti anche da lontano, a Bergamo, i bambini ricevono i regali scritti nella letterina dei desideri depositata davanti alla statua della santa nell’omonima chiesa. Ma è sicuramente la Sicilia la regione italiana in cui la celebrazione è più sentita: da Siracusa, dove è patrono, fino a Palermo, dove vengono preparati piatti speciali per l’occasione come le celebri arancine (o arancini) o la cuccìa, un dolce tipico siciliano a base di ricotta o al cioccolato. In alcune zone del Centro Nord, invece, la Santa è incaricata di portare i doni ai bambini, al posto di Babbo Natale.

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Fonte: IPA

Le letterine dei bambini lasciate davanti alla statua di Santa Lucia a Bergamo

La festa di Santa Lucia nel resto del mondo

Ai Caraibi esiste una piccola isola chiamata proprio Santa Lucia. Il 13 dicembre non si festeggia solamente il patrono, ma è proprio una festa nazionale. Già dalla sera prima inizia la celebrazione, si accendendo luci decorative a tema natalizio, si illuminano le lanterne fatte a mano e si può assistere a uno spettacolo pirotecnico.

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Dove si trova la tomba di Babbo Natale

Protettore dei bambini e dei marinai, San Nicola è una delle figure più affascinanti della tradizione cristiana, conosciuto in tutto il mondo come il santo che ha dato origine alla figura di Babbo Natale. Nato a Pàtara, in Licia, attorno al 270, fu vescovo di Myra e la sua storia si intreccia con leggende e tradizioni millenarie che ne hanno accresciuto il mito. Tra le tante, quelle che riguardano la collocazione dei suoi resti mortali, ovvero, dove si trova realmente la tomba di Babbo Natale?

Una domanda che continua a stimolare la curiosità di fedeli, storici e archeologi, alimentando un’avvincente narrazione che si arricchisce di fascino e mistero ad ogni nuova scoperta. Da Demre, l’antica Myra in Turchia, fino all’Irlanda, passando per Bari e Venezia, prepariamoci a scoprire i quattro luoghi simbolo che custodirebbero le reliquie di San Nicola, in un viaggio che combina storia, scienza e fede.

La scoperta del sarcofago nascosto di San Nicola a Demre

Nel cuore della Turchia, a Demre (l’antica Myra), si trova la Chiesa di San Nicola, un luogo che potrebbe custodire il segreto della sua tomba originale. The Watcher Post riporta che recentemente, un team di archeologi ha annunciato una scoperta sensazionale: sotto la chiesa, costruita nel IV secolo, è stato individuato un tempio intatto che contiene un sarcofago. Secondo la professoressa Ebru Fatma Fındık, responsabile del progetto di scavi, la posizione e le caratteristiche del sarcofago fanno ipotizzare che si tratti della sepoltura originale di San Nicola.

“Crediamo di aver trovato per la prima volta un sarcofago in situ. Il fatto che un sarcofago sia stato portato alla luce molto vicino alla chiesa che si pensa contenga la tomba di San Nicola ci entusiasma molto”, ha dichiarato la studiosa. Il sarcofago, realizzato in pietra locale, presenta un tetto a botte leggermente convesso e dettagli tipici dei manufatti funerari della regione. Oltre al sarcofago, gli scavi hanno portato alla luce frammenti di lampade in terracotta e ossa di animali, che potrebbero fornire indizi sulla vita religiosa del tempo.

La Chiesa di San Nicola, già danneggiata da terremoti e ricostruita nel IX secolo, è stata un importante luogo di pellegrinaggio durante il Medioevo e ancora oggi accoglie migliaia di visitatori. Se la scoperta venisse confermata, potrebbe riscrivere la storia delle reliquie di San Nicola, mettendo in discussione la tradizione che le vuole trasferite in Europa nell’XI secolo. Questo luogo, inserito dal 2000 nella lista dei siti candidati a diventare Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, continua a sorprendere con le sue rivelazioni archeologiche.

Nella Basilica di San Nicola a Bari le reliquie più celebri

La Basilica di San Nicola a Bari è il luogo che, più di ogni altro, lega il santo alla tradizione occidentale. Nel 1087, un gruppo di marinai baresi trafugò le sue ossa da Myra per salvarle dalla minaccia musulmana e portarle in città. Le reliquie furono accolte con grande entusiasmo e collocate nella cripta della basilica, consacrata nel 1089 da Papa Urbano II. Da allora, Bari è diventata una delle principali mete di pellegrinaggio per i fedeli di San Nicola.

Secondo una leggenda locale, il punto esatto dove i buoi che trasportavano le reliquie si fermarono fu scelto per la costruzione della basilica. Oggi i fedeli possono visitare la cripta dove si trovano le reliquie, ma la basilica è famosa anche per il cosiddetto “manna di San Nicola”, un liquido miracoloso che si dice sgorghi dalle ossa del santo, raccolto ogni anno durante una cerimonia solenne.

A Venezia il tesoro dei crociati

Anche Venezia rivendica un legame speciale con San Nicola. Durante la Prima Crociata, nel 1099-1100, un gruppo di crociati veneziani approdò a Myra e scoprì che la tomba principale era stata già svuotata dai baresi. Tuttavia, in un ambiente secondario, trovarono altri frammenti ossei attribuiti al santo, che furono trasportati a Venezia e custoditi nell’Abbazia di San Nicolò al Lido.

San Nicolò divenne così il protettore della flotta veneziana e la chiesa sul Lido un punto di riferimento per i marinai. Ogni anno, il doge partecipava al rito dello Sposalizio del Mare, che sottolineava il legame tra Venezia e il santo. Un’analisi del DNA condotta nel 1992 ha confermato che le reliquie conservate a Bari e Venezia appartengono alla stessa persona, rafforzando il legame tra queste due città e San Nicola.

Irlanda custode inaspettata dei resti del santo

Tra i luoghi meno noti associati a San Nicola c’è poi l’Irlanda, e più precisamente Newtown Jerpoint, un villaggio medievale abbandonato nella contea di Kilkenny. Qui si trova una chiesa dedicata al santo, con una lastra tombale decorata che raffigura un vescovo sovrastato da due teste di pietra. Secondo una leggenda locale, cavalieri normanni irlandesi avrebbero trafugato le ossa di San Nicola durante le Crociate e le avrebbero portate in Irlanda.

Sebbene questa versione sia meno accreditata rispetto a quelle di Bari e Venezia, alcuni storici ritengono plausibile che cavalieri normanni irlandesi, noti per il loro interesse verso le reliquie, abbiano effettivamente trasportato i resti del santo fino a Newtown Jerpoint. La tomba rimane un luogo di interesse per gli appassionati di storia e di leggende medievali, aggiungendo un ulteriore tassello al mistero delle reliquie di San Nicola.

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I musei più cercati su Google Maps nel 2024: l’Italia non c’è

L’arte mantiene un ruolo importante nella cultura e nell’intrattenimento in Italia e nel mondo. Analizzando i dati di Google per le ricerche effettuate nel corso del 2024 a livello internazionale, è stata pubblicata una classifica che comprende i dieci musei più cercati sulla famosa app di navigazione Google Maps. Strano ma vero, nessun museo italiano è sulla lista.

I musei più cercati del 2024

Può sembrare strano visto il patrimonio storico culturale del nostro Paese che in questa lista di top 10 tra i musei più cercati su Google non ci sia alcuna struttura italiana, eppure è così. Inghilterra, Spagna, Germania, Olanda, persino il Messico e gli Stati Uniti appaiono nella classifica che potete consultare di seguito, con alcuni centri culturali e artistici apprezzati in tutto il mondo.

British Museum – Londra

Uno dei principali musei della capitale inglese è sicuramente il British Museum che troneggia a Trafalgar Square. Fondato nel 1753, questo polo culturale ospita ben otto milioni di oggetti che custodiscono la storia e la cultura dell’umanità dalle origini ai tempi moderni. Le collezioni che si possono ammirare al suo interno comprendono l’arte egizia, l’arte greca, quella romana e asiatica, e ogni anno si registrano circa sei milioni di visitatori.

MASP – Museum of Art di San Paolo

Inaugurato nel 1968, il MASP è noto per la sua architettura modernista progettata da Lina Bo Bardi e per la sua collezione di oltre 8.000 opere che spaziano dall’arte europea a quella brasiliana, includendo capolavori di artisti come Raffaello, Tiziano e Van Gogh.

Museo della Scienza e dell’Industria – Chicago

Situato in un edificio storico del 1893, questo museo interattivo è un’istituzione che offre esposizioni in ambito scientifico, tecnologico e industriale, tra cui un sottomarino tedesco della Seconda Guerra Mondiale e una miniera di carbone ricostruita. Nel corso degli anni è spesso tra le attrazioni più visitate di Chicago.

British Museum

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British Museum di Londra

Museo Nazionale di Antropologia – Città del Messico

Inaugurato nel 1964, questo museo possiede la più grande collezione di arte precolombiana del Messico, con manufatti delle civiltà azteca, maya e olmeca, tra cui la famosa Pietra del Sole.

Museo Nazionale del Prado – Madrid

Fondato nel 1819, il museo del Prado a Madrid vanta una delle più ricche collezioni di arte europea, con opere di Velázquez, Goya, El Greco e molti altri maestri, offrendo un viaggio attraverso la storia dell’arte dal XII al XIX secolo.

Città delle Arti e della Scienza – Valencia

Questo complesso futuristico progettato da Santiago Calatrava, comprende un planetario, un museo della scienza interattivo e l’acquario più grande d’Europa, rappresentando un punto di incontro tra arte, scienza e natura.

Louvre – Parigi

Il Louvre, aperto nel 1793, è il museo più visitato al mondo. Celebre per la sua vasta collezione che spazia dall’antichità al XIX secolo, con opere iconiche come la Gioconda e la Venere di Milo, attira a Parigi molti turisti e appassionati di arte e storia da tutto il mondo.

Rijksmuseum – Amsterdam

Inaugurato nel 1885, il Rijksmuseum è il più grande museo dei Paesi Bassi, con una collezione che comprende capolavori dell’arte fiamminga e olandese, tra cui opere di Rembrandt e Vermeer. Nel cuore di Amsterdam, custodisce alcuni preziosi dipinti del Secolo d’oro olandese e di arte asiatica, e si può visitare in circa cinque ore.

Mercedes-Benz Museum – Stoccarda

Questo museo ripercorre la storia dell’automobile attraverso la lente del marchio Mercedes-Benz, esponendo oltre 160 veicoli, dai modelli storici alle concept car futuristiche.

Stadel Museum – Francoforte

Fondato nel 1815, lo Städel Museum dà una panoramica di 700 anni di storia dell’arte europea, con opere che spaziano dal Rinascimento all’arte contemporanea, includendo artisti come Botticelli, Rembrandt e Picasso.

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La classifica delle città più stressanti al mondo

I motivi per cui le persone viaggiano possono essere diversi: voglia di conoscere nuove culture, uscire dalla propria comfort zone o, semplicemente, rilassarsi. Se per voi vacanza è sinonimo di relax, forse è meglio evitare queste città considerate le più stressanti al mondo secondo uno studio eseguito da Radical Storage, la piattaforma di deposito bagagli che ha considerato 31 indicatori di ansia e analizzato 97.409 recensioni di attrazioni turistiche nelle 100 città più visitate per creare questa classifica.

Apparentemente, secondo i dati raccolti, alcune destinazioni possono provocare elevati livelli di stress causati dal sovraffollamento, dai trasporti pubblici confusi o dal senso di sovraccarico percepito tra le strade. Delle recensioni analizzate durante lo studio, una su dieci (9,6%) ha evidenziato ansia e stress: le città più stressanti hanno raggiunto il 25,2% del totale delle recensioni, mentre le meno stressanti solo l’1,6%. Sicuramente l’overtourism sta giocando un ruolo non indifferente in questa situazione, trasformando alcune mete in vittime del proprio successo.

Quali sono, quindi, le città più stressanti al mondo? Scopriamole insieme in questa top 5.

Shanghai, Cina

Al quinto posto della classifica troviamo una delle città più grandi e vivaci della Cina: Shanghai. Il suo skyline futuristico composto da alti grattacieli e il dinamismo delle sue strade affascina da una parte, ma dall’altra provoca stress e ansia nei viaggiatori che la visitano.

Secondo il report pubblicato da Radical Storage, una delle attività turistiche più popolari è fare una passeggiata lungo Nanjing Road, una delle strade commerciali più trafficate del mondo: alcune persone che l’hanno recensita hanno consigliato di non viaggiare con parenti anziani o bambini, altrimenti lo “stress sarà fuori di testa”, mentre altri, addirittura, hanno dichiarato che questa è stata la peggior esperienza vissuta in Cina.

Londra, Inghilterra

Da anni Londra rappresenta una delle città più amate dai turisti al mondo: dopo Istanbul, è stata la meta più visitata nel 2023, con oltre 18.800.000 arrivi in un solo anno. Non sorprende, quindi, che sia entrata a far parte della top 5 delle città più stressanti! Tra i recensori analizzati durante lo studio, citiamo il visitatore che ha descritto la sua visita al British Museum, il museo gratuito più visitato della città, come “stressante fin dall’ingresso”. Un altro visitatore, invece, riferendosi a Borough Market, il mercato storico dove provare qualsiasi piatto nazionale e internazionale, ha dichiarato che la location era così affollata da sentirsi “schiacciato”.

British Museum Londra

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Il British Museum di Londra

Kyoto, Giappone

Il podio è occupato sempre dal Giappone dove al terzo posto troviamo Kyoto. La città ospita pittoreschi templi, santuari, palazzi e giardini che, in teoria, dovrebbero renderla un paradiso di pace e tranquillità…ma non per tutti. Anche Kyoto rappresenta una delle famose ‘vittime’ dell’overtourism e la presenza del turismo di massa, soprattutto in alcune zone e attrazioni, si fa sentire parecchio. Un visitatore ha descritto il passeggiare attraverso il tradizionale quartiere delle geishe di Gion come “una tortura”, mentre un altro ha descritto la sua visita ai mercati alimentari del Nishiki Market Shopping District scrivendo “Quale mercato? Tutto quello che ho visto erano folle”.

È ovvio che, come tanti altri Paesi, anche il Giappone sta valutando diverse soluzioni per contrastare il problema del turismo di massa. Nel quartiere delle geishe di Tokyo, per esempio, alcune strade sono state chiuse al pubblico e si stanno cercando nuovi metodi per limitare l’ingresso e rendere l’esperienza più piacevole.

Osaka, Giappone

Al secondo posto della top 5 delle città più stressanti al mondo c’è Osaka, la terza città più popolosa del Giappone. Oltre alla famosa scena gastronomica e al castello, un’altra popolare attrazione turistica è il parco a tema Universal Studios, il primo ad aprire fuori dagli Stati Uniti. È qui che molti dei visitatori hanno lasciato recensioni negative menzionando la folla e il problema del sovraffollamento. Un turista ha dichiarato che il parco era così affollato “che sarebbe stato meglio rimanere a letto”, mentre un altro ha detto di aver addirittura pianto a causa dello stress troppo elevato.

Osaka Giappone

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Via dello shopping di Osaka

Tokyo, Giappone

Infine, la prima in classifica è Tokyo. Un quarto delle recensioni analizzate dallo studio (il 25,2%) ha menzionato parole e frasi legate all’ansia durante la loro visita in città. Tokyo è la città più grande del mondo e ospita 13.515.271 persone: è ovvio, quindi, che il 60% degli indicatori di ansia menzionino la sensazione di sentirsi accalcati.

Se per alcune persone è proprio la sua intensità a renderla affascinante, basti pensare al famoso Shibuya Crossing, per altre, probabilmente non proprio consapevoli del luogo che stanno visitando, a Tokyo c’erano “troppe persone”.

Le città meno stressanti da visitare

È chiaro che, quando si viaggia, bisogna anche sapersi adattare alle situazioni anche perché, ammettiamolo, visitare un museo famoso da soli, senza folla, o una città abitata da un numero esorbitante di cittadini, ai quali si aggiungono i milioni di turisti, è ormai praticamente impossibile. Tuttavia, se siete sensibili all’ansia e allo stress, Radical Storage ha evidenziato anche le città meno stressanti usando gli stessi criteri d’analisi.

Al primo posto troviamo Tallinn, la capitale dell’Estonia, risultata la più rilassante dello studio: le recensioni descrivono l’atmosfera della città come “serena, ma vibrante”, “rilassante” e “una città tranquilla lontana dalle trappole turistiche d’Europa“. Al secondo, al terzo e al quarto posto ci sono tre mete della Cina: Zhuhai, la città del romanticismo, Guilin, famosa per le sue montagne in stile Avatar e Guangzhou, la città dei fiori.

Infine, al quinto posto c’è Vilnius, dove i visitatori possono aspettarsi “posti accoglienti dove mangiare” nella “sognante” Città Vecchia e un “ambiente calmo e rilassato”.