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La biblioteca del futuro è stata creata. I libri si leggeranno nel 2114

Sono la curiosità e la sete di conoscenza a spingerci dall’altra parte del globo per scoprire ed esplorare culture che sono a noi lontane e spesso sconosciute, ma anche per osservare da vicino tradizioni e testimonianze del passato che raccontano la storia dei popoli, delle città e di interi territori.

Ma sono anche i luoghi del sapere ad affascinarci, come le biblioteche più iconiche del mondo, quelle che hanno il compito e la missione di preservare nel tempo e nei secoli la conoscenza della storia degli uomini del presente e del passato.

Ed è un po’ questo l’obiettivo della biblioteca del futuro, una biblioteca nata e creata dall’artista scozzese Katie Paterson. Vederla in work in progress è già possibile attraverso i social network, ma i libri che ospitano potranno essere letti solo a partire dal 2214.

Benvenuti nella Future Library

È la biblioteca del futuro, di nome e di fatto, anche se qui non si prendono in prestito i libri, almeno per il momento. Tutto ciò che possono fare gli autori del mondo è lasciarsi coinvolgere da questo affascinante progetto e mettersi a lavoro per la stesura di capolavori che saranno stampati e poi messi a disposizioni dei lettori solo nel 2214.

Un progetto, questo, folle e visionario, ma sicuramente molto affascinante e suggestivo. L’idea, come anticipato, proviene direttamente dalla mente di Katie Paterson, artista scozzese che nel 2014 ha posato la prima pietra della Future Library.

In realtà non si tratta di una pietra, ma di mille abeti rossi che l’artista ha piantato nella foresta di Nordmarka, a venti minuti dalla capitale della Norvegia,  e che rappresentano, oggi, le fondamenta del progetto. Con il legno ricavato da quest’area, infatti, è stata costruita la Silent Room, una stanza di legno realizzata all’interno della Deichman bibliotek di Oslo dove oggi vengono conservati i libri che un giorno popoleranno la biblioteca.

Quegli stessi abeti rossi, tra due secoli, saranno utilizzati per produrre la carta sui quali saranno stampai i libri della Future Library.

Come sarà la biblioteca del futuro?

Il progetto è affascinante e unico nel suo genere e apre a tantissime suggestioni e riflessioni. Non solo rispetto alla lontanissima inaugurazione della biblioteca del futuro, che desta sicuramente una curiosità che non possiamo soddisfare, ma anche e soprattutto in riferimento al tempo che scorre, alla figura dell’uomo e al suo impatto sul pianeta in un futuro ancora lontano.

Per più di un secolo, infatti, quella parte di foresta coltivata da Katie Paterson non potrà essere toccata da nessuno. I libri, in questo caso, faranno da legante tra il presente e il futuro e avranno il compito di preservare e tutelare l’ambiente.

Ma come sarà la biblioteca del futuro? Quello che sappiamo per certo è che i libri non si potranno leggere fino al 2114 e che l’edifico ospiterà solo manoscritti inediti.

Dal 2014 Katie Paterson accoglie i testi di autori di ogni età e nazionalità, libri di ogni stile, genere e lingua. L’invito a popolare la biblioteca del futuro è aperto a tutti, e ad oggi sono molti gli scrittori che hanno già risposto alla chiamata. Tra i più celebri c’è anche Margaret Atwood, l’autrice del “Racconto dell’Ancella”, a cui è stato affidato l’onere e l’onore di depositare il primo manoscritto della Future Library nel 2014.

Tutti i libri raccolti fino a questo momento sono stati conservati in cassette di vetro ermetiche conservate nella Silent Room della biblioteca pubblica di Oslo.

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Il borgo abbandonato della Sardegna che rivive due giorni all’anno

Osini Vecchio è un antico borgo della Valle del Pardu, nella Sardegna centro-orientale, quella zona meglio conosciuta dai turisti come Ogliastra in provincia di Nuoro.

Abbandonato a causa di un’alluvione nel 1951, che mise in ginocchio il borgo e i suoi abitanti, rivive due giorni all’anno in occasione della festa in onore di Santa Susanna.

La festa consiste fondamentalmente in una processione durante la quale la statua lignea di Santa Susanna Martire viene portata da Osini Nuovo a Osini Vecchio nella chiesa del ‘600 a lei dedicata, l’unico edificio rimasto in piedi insieme a poche case e alla fontanella nella piazza. L’evento si celebra il 10-11 agosto e si conclude sempre con una bella grigliata, tipici coccois prenas sardi, musica e divertimenti.

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Fonte: @Mattia Loi

Gli edifici rimasti a Osini Vecchio in Sardegna

Il progetto di rinascita di Osini Vecchio

Negli ultimi anni, però, è partito un progetto per far rinascere, anche dal punto di vista turistico oltre che sentimentale, l’antico paese e che ci siamo fatti raccontare da Mattia Loi che ha vissuto il borgo in prima persona grazie alla nonna che gli ha trasmesso la passione per questo luogo e che è anche  il promotore di questa bellisisma iniziativa.

“Oggi, il nuovo paese di Osini sorge poco più su rispetto all’originale (si trova a circa 650 metri di quota, ndr) e gli abitanti non hanno perso l’abitudine di trascorrere il loro tempo libero a Osini Vecchio, curandolo, per quanto possibile”, racconta Mattia.

“Orti, animali da pascolo, affreschi, utensili da giardino e da cucina sono gli elementi che fanno da cornice ancora oggi al borgo abbandonato. Gli elementi che arricchiscono maggiormente il borgo sono i vari vissuti, ma soprattutto le emozioni della gente che lo ha abitato in prima persona. Questi ricordi vivi in loro vengono tramandati ai più giovani perché l’identità di Osini Vecchio è ancora oggi molto forte.

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Fonte: @Mattia Loi

La chiesa di Santa Susanna a Osini Vecchio, nell’Ogliastra

È da tre anni che è nato il progetto digitale che ha lo scopo di valorizzare un patrimonio quasi dimenticato e che permette di rivivere le emozioni del passato passeggiando tra ciò che resta dell’antico abitato.

Storia e storie di Osini Vecchio

“Seppur l’avvenimento più importante sia triste e negativo (l’alluvione), per molti abitanti del posto, i ricordi positivi superano la tristezza”, spiega Mattia. “Ne è testimone Javier, un ragazzo argentino di 34 anni che, essendo cresciuto con i racconti del vecchio borgo della nonna Hortensia, ha deciso di scrivere un messaggio alla pagina Facebook alla ricerca speranzosa di qualche parente ancora in vita.

Infatti, dopo varie ricerche attraverso la pagina e grazie all’intera comunità, Javier ha avuto modo di conoscere i suoi parenti osinesi arrivando direttamente dall’Argentina per conoscerli in prima persona.

Durante il soggiorno, la nonna Hortensia ha potuto rivivere il proprio paesello grazie ai contenuti del sito, delle pagine social e grazie al video realizzato dal nipote Javier, ma ahimè, arrivando, purtroppo a spegnersi qualche mese dopo alla veneranda età di 96 anni”.

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Fonte: @Mattia Loi

L’interno di una casa a Osini Vecchio

Il progetto digitale

“Ancora oggi il vecchio borgo è protagonista di tante storie e testimonianze, ma anche di tante visite di turisti regionali e nazionali”, ci spiega Mattia “che hanno la possibilità di visitarlo grazie ai QR code installati tra le vie e le indicazioni nel sito.

Il progetto digitale è ancora agli albori, ma presenta ampi margini di miglioramento, perché i ricordi vanno prima creati e poi preservati”.

Una zona turistica

Quella intorno a Osini Vecchio è una zona di grandissimo interesse turistico. Nel territorio sono infatti presenti nuraghi e tombe dei giganti. Tra questi, il Nuraghe Serbissi, datato tra il XVII e il X secolo a.C., che è tra i più importanti dell’Ogliastra, considerato una delle costruzioni meglio conservate e più caratterizzanti della civiltà nuragica sarda.

Questa struttura, ancora in ottimo stato, è composta da nuraghe a quattro torri, villaggio, grotta, due tombe di giganti e, vicino, altri due nuraghi monotorre.

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Fonte: @Wikimedia Commons – MrAndre

Il Nuraghe Serbissi tra i meglio conservati della Sardegna

Ma in cima al “Taccu” di Osini, l’altopiano a quasi mille metri d’altezza che sovrasta il paese e che domina l’Ogliastra sono molti altri i nuraghi che si possono visitare, come quelli di Urceni, Samuccu, Orruttu, Truculu e Sanu.

E poi c’è un altro monumento molto famoso, questa volta naturale, che merita una visita. Si tratta della Scala di San Giorgio e consiste in una spaccatura della roccia che, secondo la leggenda, si è formata grazie a un miracolo di San Giorgio, da cui il nome del luogo.

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Curiosità Viaggi viaggiare

Perché il backpacking è un modo di viaggiare da salvare

In italiano viene tradotto come “viaggio zaino in spalla”, ma tra i viaggiatori (spesso in grado di parlare più lingue tra cui l’inglese) è il backpacking, un modo di esplorare il mondo che ha una caratteristica fondamentale: in genere si viaggia low-cost. Ma non solo. Il backpacking è molto altro e, soprattutto, è un modo di viaggiare che deve essere salvato.

Chi è il backpacker

Il backpacker non è altro che lo stesso viaggiatore che parte, il più delle volte, esclusivamente in compagnia del suo zaino. L’obiettivo di chi predilige questo tipo di esplorazione è piuttosto chiaro: visitare il mondo spendendo il meno possibile anche perché, in media, le persone che si lanciano in questa esperienza hanno dai 18 ai 30 anni, tutti con la passione per il viaggio, ma allo stesso tempo con finanze ridottissime.

Ma non solo. Chi viaggia con lo zaino in spalla ama stare leggero, anzi, è proprio necessario. Questo perché tendenzialmente viaggia per periodi medio-lunghi spostandosi di giorno in giorno (o quasi) da un punto all’altro della destinazione che sta visitando.

A fare backpacking è chi conosce una lingua straniera, non per forza quella della meta scelta ma almeno l’inglese. Inoltre, è una persona con un forte spirito di adattamento e che ama trascorrere parte del viaggio in solitaria.

Quali sono i benefici di fare backpacking

La cosa fondamentale è fare il primo passo: preparare lo zaino (qui una serie di consigli). Dopo di quello si ha davvero l’occasione di vivere una delle esperienze migliori della propria vita, senza più riuscire a smettere di farlo.

Del resto, viaggiare con lo zaino in spalla, e quindi con poco budget a disposizione, insegna a “stringere la cinghia” in tutte le circostanze, dai mezzi di trasporto all’alloggio: a livello generale non si affittano macchine, ci si sposta sui mezzi locali e per dormire si va in ostello, dove i prezzi sono assolutamente più ridotti degli hotel.

Scegliere di soggiornare in camerate, però, ha anche un altro beneficio: significa imparare l’arte della condivisione, conoscere nuove persone (e provenienti da tutto il mondo) in posti nuovi e scoprire parti inedite di noi stessi.

Il backpacker non pianifica il viaggio o, se lo fa, lascia la porta aperta ad avventure improvvisate. La prima destinazione è solitamente ben definita per motivi puramente logistici, ma da quel momento in poi le strade possibili da percorrere sono pressoché infinite. Impara, in sostanza, a vivere giorno per giorno e a non privarsi delle eventuali occasioni che potrebbero capitare lungo il cammino, senza che il controllo ossessivo della vita quotidiana prenda il sopravvento.

Un altro motivo per cui vale la pena fare un’esperienza come questa è che il backpacker impara a diventare un cittadino del mondo. Lui non viaggia per fare il turista, ma per comprendere il modo di vivere delle persone che ha davanti e anche il più possibile della loro cultura, e lo fa appropriandosi degli usi, dei costumi, delle lingue e della storia del Paese che sta esplorando.

Tuttavia, tutto ciò lo fa prendendo delle precauzioni: avverte almeno una persona di fiducia della sua partenza, calcola in anticipo la somma di denaro che potrebbe utilizzare durante il viaggio, si informa sulla profilassi medica da adottare, prepara con cura i documenti e quando è lontano da casa comunica i propri spostamenti.

Perché bisogna salvare i viaggi zaino in spalla

Essere un backpacker significa seguire la filosofia del termine stesso: incoraggiare lo sviluppo e l’importanza dell’individuo, superare le barriere linguistiche, organizzarsi da soli e assaporare quello che è il gusto della libertà senza conformarsi alla massa.

Solo per questo dovrebbe essere salvato, ma la verità è che questo tipo di viaggio è anche una sorta di rito di passaggio, una specie di anno sabbatico che i giovani si prendono alla fine dell’università. Lo scopo è quello di dedicarsi all’esplorazione del mondo e di loro stessi.

Il problema, purtroppo, è che il Covid, il caos che sta caratterizzando questo periodo storico e l’impennata incredibile dei prezzi anche nel settore turistico, stanno davvero mettendo a rischio questo tipo di viaggio, rendendo molto difficile l’organizzazione dello stesso. Vi basti pensare che Michael O’Leary, numero uno della compagnia low cost irlandese Ryanair, ha da poco annunciato che i voli a basso costo non esisteranno più.

Non poter più fare i medio- lunghi viaggi zaino in spalla sarebbe un peccato, perché le nuove generazioni non possono e non devono assolutamente privarsi di un’esperienza come questa che è in grado di migliorarci come persone da diversi punti di vista. Il backpacking va salvato e praticato, senza ombra di dubbio, almeno una volta nella vita, ma è necessario che rimanga accessibile.

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La meta vip (e discreta) dell’estate italiana

Dimenticate le località di villeggiatura dalle spiagge affollate di vip, fatte di lounge, musica ad alto volume, moto d’acqua che sfrecciano nel mare, piazzette piene di paparazzi e boutique griffate.

I vip che amano la discrezione e la vera vacanza relax scelgono un’altra meta, lontana dalle fotocamere degli smartphone e dalle orde di fan.

La meta più amata dai vip quest’estate

La meta più amata di quest’estate si conferma ancora una volta l’Isola d’Elba, piccolo paradiso selvaggio e affascinante dell’arcipelago toscano. Qui, il mare da favola, la natura predominante che avvolge l’isola hanno ammaliato molte celebrità che l’hanno scelta per le loro vacanze estive.

Sarà per il mare dal colore intenso o forse per la natura potente o ancora per il clima sempre mite o per la sua storia millenaria o magari proprio per la combinazione di tutti questi elementi messi assieme, fatto sta che l’ingrediente segreto dell’Isola d’Elba, che sempre più strega i vip italiani e internazionali che la
scelgono per trascorrere le vacanze estive in totale serenità non l’ha ancora scoperto nessuno.

L’Elba è particolarmente amata per quella discrezione e tranquillità che consente di vivere una vera vacanza in libertà.

I vip all’Isola d’Elba

Tra gli ospiti sull’isola quest’estate troviamo The Edge (David Evans), chitarrista degli U2, che ha scelto Porto Azzurro dove si è regalato una cena tipica al ristorante. Sarà stato il compagno della band
Bono, ospite all’Elba lo scorso anno, a presentargli l’isola come meta ideale per una fuga estiva?

Ha conquistato i social lo spettacolare tuffo del cantante, attore e regista statunitense Jared Leto che, dopo i successi nel mondo del cinema con ruoli di spicco in “House of Gucci” e in “Morbius”, l’ultimo film della Marvel, ha scelto l’Elba per trascorrere parte delle sue vacanze in Europa.

Ma non mancano i nostri vip. Scatti dall’Isola d’Elba sono stati pubblicati anche da Sabrina Salerno che, dopo aver invitato i suoi fan a scegliere il Belpaese per trascorrere le vacanze estive per aiutare l’economia locale a ripartire, ha regalato ai suoi follower seducenti post anche dall’isola toscana esaltando l’azzurro del mare che la circonda.

A Rio Marina non è invece passato inosservato l’attore Paolo
Conticini, che per le sue vacanze ha scelto proprio il delizioso borgo di pescatori famoso anche per le sue belle cale. Un tempo Rio Marina era considerata la Capitale del ferro dell’Isola d’Elba. Le miniere e il porto venivano utilizzati per l’escavazione e il trasporto del minerale ferroso che, ancora oggi, con il suo luccichio e la classica colorazione rossastra, ne caratterizza un po’ tutto il paese, dalle facciate delle case, alle spiagge, compresi gli stessi fondali del mare.


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Ospite fisso è anche Andrea Bocelli, legatissimo alla sua Toscana, che per qualche giorno lascia la Versilia e la tenuta di Lajatico per venire all’Elba con la famiglia. Spesso arriva in barca e sosta negli approdi (è stato avvistato a Portoferraio e a Porto Azzurro), ma soprattutto non manca di visitare i paesi per percepire rumori, gli odori e i sapori tradizionali dell’isola.

Anche gli sportivi manifestano da sempre una passione spiccata per l’Elba sia per gli allenamenti, favoriti dal clima mite e dalla grande varietà di paesaggi, sia per le loro vacanze.

Ospite fissa è Bebe Vio, campionessa di fioretto e volto del movimento Paralimpico, approdata insieme alla famiglia all’Elba fin da quando aveva pochi mesi. Ora, per sugellare questo
reciproco amore, Bebe è stata insignita della cittadinanza onoraria di Portoferraio dal Sindaco della città.

Tra mare e relax, anche la pluripremiata pattinatrice Carolina Kostner
arrivata all’Elba per trascorrere alcuni momenti di svago in questa calda estate. Per lei parole crociate in riva al mare e una bella passeggiata sopra le scogliere dell’isola per godersi il panorama.

A chiudere – per ora – la lista dei vip avvistati sull’isola quest’estate anche l’ex allenatore della Fiorentina e della Nazionale Cesare Prandelli. Ma l’estate non è ancora finita. Vediamo chi approderà ancora sull’isola.

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Fonte: Ufficio stampa

I post di alcuni vip all’Isola d’Elba
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Curiosità Viaggi

L’albero più alto del mondo è spettacolare, ma non avvicinartici troppo

Meravigliosa è la natura che con la sua sola presenza ci ricorda quanto è immensa la bellezza che appartiene al mondo che abitiamo. È la stessa che ci spinge a organizzare viaggi in lungo e in largo solo per osservare quei panorami selvaggi e incontaminati che lasciano senza fiato.

Boschi, foreste e deserti, e poi ancora laghi, oceani e fiumi creano gli spettacoli più belli di sempre, quelli che sembrano dipinti da un artista o usciti da un libro di fiabe, gli stessi che ci ricordano quanto grandiosità appartiene a Madre Natura.

Non stupisce, quindi, l’esigenza di mettersi in viaggio per andare alla scoperta di questi paesaggi, come quello incredibilmente unico che appartiene al Redwood National Park in California, proprio lì dove vive e dimora quello che è l’albero più alto del mondo. Ma attenzione perché avvicinarsi a questo arbusto potrebbe costarvi molto caro e vi spieghiamo perché.

Hyperion, l’albero più alto del mondo

Si chiama Hyperion ed è l’albero più alto del mondo. Il suo nome, che fa riferimento al titano della mitologia greca, anticipa tutta la sua maestosità. Con i suoi 115,66 metri d’altezza, infatti, si è aggiudicato questo primato, ma raggiungerlo non è facile, né tanto meno consentito.

Hyperion è una Sequoia sempervirens originaria della California settentrionale ed è situata all’interno del Parco Nazionale di Redwood. La sua scoperta risale al 2006 quando i biologi Chris Atkins e Michael Taylor si accorsero di questo gigantesco arbusto e scelsero di studiarlo e di portare il mondo intero alla sua attenzione. L’albero, che ha un’età stimata di 700 anni, è stato insignito anche del premio Guinness World Records.

E così è stato anche se la sua esatta posizione non è mai stata condivisa, e il motivo è più che comprensibile. Il rischio, più concreto che mai, è quello che persone di tutto il mondo possano giungere nel parco per contemplare l’albero mettendo così a rischio la sua vita e quello dell’intero ecosistema dell’area.

Bellissimo e proibito, Hyperion non è l’unica attrazione del Parco Nazionale di Redwood, perché all’interno dell’area che si snoda sulle coste californiane dell’oceano Pacifico, ci sono altri arbusti di notevole altezza. Si tratta delle sequoie coast redwood, chiamate così proprio per il colore rossastro che caratterizza il loro legno, e sono gli alberi più alti del mondo. Tra questi troviamo anche Helios, una sequoia che deteneva il primato di albero più alto del mondo prima della scoperta di Hyperion.

Dentro il Parco Nazionale di Redwood

Come abbiamo anticipato, però, Hyperion è tanto affascinante quanto inavvicinabile. Nonostante all’apparenza possa sembrare un gigante forte e robusto, in realtà, come tutti gli esseri viventi in natura ha degli equilibri molto delicati che possono essere distrutti proprio dall’invadenza dell’uomo e del turismo di massa.

Così ecco che è stato necessario pensare a delle leggi per tutelare la vita di Hyperion. Purtroppo, infatti, nonostante la sua localizzazione fosse stata tenuta nascosta, alcuni viaggiatori sono riusciti a identificare la sequoia e hanno condiviso con gli altri la sua posizione. Questo a portato, negli anni, a un numero sempre più crescente di visitatori che hanno creato varchi e sentieri all’interno dell’area per raggiungere il gigante mettendo a rischio l’albero e anche la loro vita, trattandosi di percorsi non battuti e impervi.

Per far fronte a questa emergenza, i funzionari del parco hanno sentito la necessità di creare delle nuove regole, ma soprattutto di prevedere delle sanzioni che verranno applicate a chiunque si avvicinerà all’albero. Nello specifico, chiunque si avvicinerà a Hyperion, rischierà una multa di 5000 dollari e sei mesi di carcere.

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Curiosità Viaggi

Fernweh: la nostalgia dei posti dove non si è stati

Vi è mai capitato di provare una specie di nostalgia per i posti in cui non siete mai stati? Se è così non preoccupatevi, è un sentimento che hanno vissuto (e vivono) in molti, a tal punto da avere un nome preciso: Fernweh.

Fernweh, come è nato

Un’emozione, una sensazione e, in alcuni casi, anche un’ansia che è riemersa in maniera drammatica durante il periodo della pandemia, quando non potevamo praticamente uscire di casa e nemmeno attraversare i confini comunali.

Un sentimento che è apparso per la prima volta nel libro del 1902, The Basis of Social Relation, di Daniel Garrison Brinton. L’autore nelle sue pagine descrive tutto ciò come un profondo desiderio/dolore di viaggiare o una “irrequietezza pungente”.

Per poi arrivare al 20° secolo, quando si è integrata la parola Fernweh nel lessico tedesco. Vi basti pensare che le agenzie di viaggio hanno iniziato a usarla negli spot pubblicitari per spingere le persone a partire. Del resto, culturalmente, i tedeschi viaggiano per sentirsi più liberi e per vivere quelle esperienze che difficilmente possono trovare in Germania, come quelle fatte di caldo e di sole.

Fernweh, ossia la nostalgia per posti in cui non si è mai stati, deriva da “Fern” che vuol dire “lontano” e “weh” che è invece “nostalgia”, e può essere inteso come il desiderio di essere da qualche altra parte e di esplorare luoghi lontani.

L’identikit di chi soffre di Fernweh

A livello generale, è possibile soffrire di Fernweh in maniera più o meno grave, ma anche in periodi circoscritti della propria vita. Ci sono persino persone che ci nascono e che cercano di alleviare questa sensazione viaggiando spesso. Altrettanti individui sviluppano questo sentimento per vari motivi, interni o esterni, fino ad arrivare a chi lo pratica mentalmente, sognando a occhi aperti e immaginando luoghi dove vorrebbe andare ed essere, anche se magari non verranno mai raggiunti fisicamente.

Questo vuol dire che ci sono persone che convivono con il Fernweh per tutta la vita, ossia coloro che hanno costantemente voglia di essere in un posto diverso rispetto a quello dove si trovano. Capita che questi essere umani si trasferiscano in un’altra città o in un altro Paese, ma nonostante questo il disagio rimane, non li abbandona. Per quale motivo? Perché, molto probabilmente, il malessere che sperimentano non dipende dal luogo, ma da loro stessi.

È importante, tuttavia, non confondere il Fernweh con il desiderio di viaggiare. Il secondo, infatti, ci fa vivere anche la voglia di tornare a casa, mentre il Fernweh crea dolore e obbliga a lasciare la propria Patria per vedere il mondo.

Fernweh e Wanderlust

Il Fernweh, però, non è solo. Spesso questa parola viene accostata a un altro importante termine: Wanderlust, anch’esso nato dalla lingua alto-tedesca per poi essere prestato a quella inglese. Con la parola Wanderlust si intende il “desiderio di viaggiare, voglia di vagabondare”, a tal punto che in psicologia si parla persino di Sindrome di Wanderlust per indicare l’ossessione di andare altrove e cercare qualcos’altro. Non solo con l’intento di mettersi alla prova e crescere, ma anche con lo scopo di lasciarsi alle spalle una situazione negativa o di rifiutare determinate condizioni sociali.

In poche parole, la tematica del viaggio è decisamente cara al romanticismo tedesco.

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La spada nella roccia esiste e si trova in Italia

C’è una storia che tutti noi conosciamo, che abbiamo letto e visto al cinema. È la storia di una spada incastonata in una roccia che nessuno è in grado di estrarre. Solo una persona può farlo e quella è destinata a diventare il re di tutta l’Inghilterra. Ma non si tratta di un uomo, bensì di un bambino.

La spada nella roccia è il film di animazione prodotto dalla Walt Disney e basato sul romanzo omonimo di T. H. White. Ve ne parliamo oggi perché sappiamo bene che tutte le vicende legate a Re Artù esercitano ancora un certo fascino su grandi e bambini, al punto tale che sono molte le persone che si mettono in viaggio ogni anno sulle orme del condottiero per raggiungere tutti quei luoghi sospesi tra mito e leggenda.

Quello che forse non sapete ancora, però, è che la leggendaria spada nella roccia esiste davvero. Ma non si trova nel regno di Avalon, come tutti immaginano, ma in Italia, all’interno dell’Eremo di Montesiepi.

Toscana: il mistero della spada nella roccia

Se parliamo della leggendaria spada ella roccia, inevitabilmente, il nostro immaginario ci rimanda alle avventure d’infanzia di Re Artù. Ma la storia di quella conficcata nell’Eremo di Montesiepi, in realtà, ha radici apparentemente differenti seppur estremamente affascinanti e suggestive.

Per scoprire la storia di questa misteriosa arma dobbiamo spostarci nella Val di Merse, un luogo di spiritualità che conserva le rovine dell’Abbazia di San Galgano e l’Eremo di Montesiepi. Secondo la storia è proprio in questo edificio che il Santo visse nel 1170 ritirandosi a una vita da eremita.

All’interno dell’Eremo è custodita una lama, incastonata nella roccia, che racconta storie antiche che rimandano inevitabilmente a leggende, miti e cavalieri, ma anche a spiritualità e credenze popolari. Negli anni moltissime persone hanno cercato di estrarla o di rubarla senza successo. Anzi, proprio l’impossibilità di farlo ha dato vita a nuove e suggestive storie.

Si narra, infatti, che uno dei ladri che tentò di portare via la spada fu sbranato dai lupi. Per evitare altri tentativi di furti fu scelto di proteggere l’arma con una teca che ancora oggi la protegge.

La spada di San Galgano

Ma cosa c’entra il mito di Re Artù con la Toscana? E perché la spada nella roccia si trova nell’Eremo dove visse San Galgano? Sono queste le domande che hanno tenuto aperto il dibattito tra gli studiosi per anni. Per molti, infatti, il mito della spada sarebbe nato proprio nel nostro Paese, un’ipotesi che ha fatto pensare anche che il Santo e il cavaliere della tavola rotonda Galvano fossero la stessa persona.

Secondo la tesi più accreditata, la spada che oggi è conficcata nella roccia all’interno dell’edificio di Montesiepi apparteneva al cavaliere Galgano Guidotti. Dopo aver condotto una vita dissoluta, l’uomo arrivò nel territorio di Montesiepi dove cambiò radicalmente la sua vita. Una volta ritiratosi nell’edificio, conficcò la sua spada all’interno della roccia per creare una croce davanti alla quale pregare ogni giorno.

Questa stessa tesi, però, è stata messa in dubbio per anni da molti studiosi che hanno ipotizzato che l’arma fosse un falso. La maggior parte delle ricerche fatte negli anni, però, hanno confermato che la realizzazione della spada risale proprio al 1100.

E Re Artù? La spada che avrebbe estratto il re quando era solo un bambino, in realtà, non fu mai trovata acuendo ancora di più il mistero di una storia che affascina oggi, esattamente come ieri.

Spada di San Galgano

Fonte: iStock/lkonya

Spada di San Galgano
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Curiosità Viaggi

In questa città esiste un attraversamento pedonale che è un inno all’amore

Le nostre esperienze di viaggio, tutte, hanno sempre a che fare con l’amore. A volte questo sentimento scoppia nel cuore all’improvviso, proprio quando ci fermiamo a guardare le meraviglie della destinazioni che abbiamo scelto, oppure lo fa quando queste restano nel nostro cuore per non andare via mai più.

Altre volte, invece, l’amore è parte integrante del viaggio stesso perché abbiamo scelto di vivere e condividere quell’avventura con le persone che amiamo. Ed è proprio quando questo accade che le città, i borghi e i Paesi che visitiamo si trasformano nelle scenografie romantiche che fanno da sfondo ai nostri ricordi più belli.

Ed è quello che succede quando si raggiunge la contea di Suizhong, situata nella città-prefettura cinese di Huludao, perché è qui che si trova l’attraversamento pedonale più suggestivo e romantico del mondo intero.

Le strisce pedonali dell’amore

Il rosso, che si sa, è il colore degli affari di cuore domina sull’asfalto di Binhai Avenue catturando l’attenzione dei passanti. È questa nuance che caratterizza quello che è un attraversamento pedonale che non ha nulla a che fare con quelli che già conosciamo perché questo celebra l’amore. Le tradizionali strisce orizzontali, infatti, sono intervallate da cuori di diverse dimensioni all’interno dei quali campeggia la scritta “I love you”.

Per avvistare, fotografare e attraversare queste strisce pedonali dobbiamo recarci nella contea di Suizhong situata nella città di Huludao, proprio quella che conserva i resti del suo straordinario passato tra i monumenti storici situati sulle colline che la circondano, le stesse dalle quali è possibile avvistare il mare.

Ed è questa città, con il suo attraversamento pedonale che celebra l’amore, che merita di diritto un posto in tutti quei luoghi che da sempre consideriamo romantici. Quelli da raggiungere con la propria dolce metà durante un viaggio indimenticabile. Quelli dove scattare selfie suggestivi e fotografie affascinanti destinate a immortalare i momenti più dolci della vita.

I luoghi dell’amore nel mondo

“Le strisce dell’amore” – così ci piace chiamarle – di Binhai Avenue ci hanno letteralmente conquistati per il loro messaggio e, come abbiamo anticipato, entrano di diritto nella lista delle destinazioni e delle esperienze che tutti gli innamorati possono fare in giro per il mondo.

Sono tanti, infatti, i luoghi romantici da raggiungere per chi viaggia in coppia. A volte si tratta di intere città, quelle magiche e suggestive, quelle che incantano e affascinano. Altre volte, invece, si tratta di alloggi intimi e selvaggi, di panorami da ammirare in due e di scorci che lasciano senza fiato.

Ponti, giardini e tunnel, e poi ancora tramonti infuocati sul lago e mari. Se parliamo di intere città, invece, non possiamo non pensare a Venezia e a Parigi, e ancora Verona. Luoghi conosciuti in tutto il mondo per quella allure romantica che da sempre gli appartiene.

Ma non sono di certo gli unici. Basti pensare al tunnel dell’amore nei pressi di Klevan in Ucraina. Quel tratto di ferrovia abbandonato, e caratterizzato da una natura lussureggiante, è considerato uno dei luoghi più romantici del mondo intero. È proprio qui, infatti, che migliaia di innamorati si scambiano promesse ogni giorno.

Esistono, poi, delle vere e proprie strade dedicate agli innamorati che si trovano nel nostro Paese. Quelle le riconoscete subito perché sono segnalate da cartelli stradali – Kiss Please – che non impongono divieti o obblighi, ma invitano le persone a fermarsi davanti al panorama e a baciarsi per celebrare l’amore.

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La spiaggia più bizzarra d’Europa si trova su un’isola a forma di puzzle

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio nei Paesi Bassi, in ogni momento dell’anno e in ogni stagione. Per raggiungere la meravigliosa capitale, così ricca di musei, arte e cultura, o per visitare le altre città e le periferie dove il panorama è dominato da canali che regalano scorci suggestivi, da campi di tulipani che si perdono all’orizzonte e da mulini a vento che definiscono in maniera unica il paesaggio urbano.

La verità è che l’intero territorio del Paese non smette mai di stupire. Non lo fa grazie alla bellezza, alle tradizioni e a tutte quelle peculiarità che appartengono per natura ai Paesi Bassi, ma anche per quei luoghi inediti e inaspettati che possiamo incontrare, visitare ed esplorare durante i nostri i viaggi.

Come quella spiaggia olandese, bizzarra e molto particolare, riconoscibile fra mille. Una piccola isola a forma di puzzle collegata alla terra ferma e situata nel comune Maarssen, in provincia di Utrecht, che è un parco giochi, ma anche un centro ricreativo, nonché uno dei luoghi più amati dai cittadini locali. Scopriamola insieme.

Utrecht: la spiaggia inaspettata

Lontano dai sentieri più battuti dal turismo di massa che attraversano i Paesi Bassi, ma anche dalle spiagge più celebri e frequentate in estate, troviamo un luogo particolarmente apprezzato dai cittadini di Utrecht e non solo. Uno stabilimento balneare che è anche parco giochi e centro ricreativo dove grandi e bambini possono trovare refrigerio durante le giornate più calde dell’estate. Una destinazione che può essere frequentata dai viaggiatori anche in altri momenti dell’anno per osservare i meravigliosi panorami naturali  che circondano l’intera area.

Per scoprire questa inedita spiaggia dobbiamo recarci nei pressi del lago di Maarsseveense, una meravigliosa riserva naturale tanto amata quanto frequentata dai cittadini del luogo e del Paese intero. Questa è situata nella provincia di Utrecht, una delle città più suggestive dei Paesi Bassi conosciuta per il suo centro medievale e per la sua importanza religiosa, che si configura come il punto di partenza per raggiungere una spiaggia inedita sulla quale rilassarsi durante i viaggi nel Paese durante i mesi più caldi.

Impossibile non riconoscere la spiaggia di Maarsseveense Plassen: questa è collegata con una sottile pontile a un’isola galleggiante a forma di puzzle. Si tratta di un’area ricreativa, che è anche parco giochi e stabilimento balneare, dove grandi e bambini possono rilassarsi, prendere il sole, giocare o tuffarsi nelle acque turchesi del lago.

Maarsseveense Plassen

Fonte: IPA

Maarsseveense Plassen

L’isola olandese a forma di puzzle

È un puzzle galleggiante, caratterizzato da un prato verdeggiante, quell’area che ospita la spiaggia più bizzarra d’Europa nonché un parco giochi destinato a intrattenere le famiglie locali e i viaggiatori in vacanza nei Paesi Bassi. Vista dall’alto, con la sua caratteristica forma, Maarsseveense Plassen emerge tra le acque del lago con i suoi colori cangianti: si tratta di scivoli, barche dei pirati e altre strutture ricreative per bambini. Non mancano ovviamente aree prendisole e accessi diretti nel lago per chi vuole nuotare tra le acque limpide del bacino.

Si tratta di un vero e proprio stabilimento balneare, chiamato anche Strandbad, all’interno del quale famiglie, cittadini, coppie e viaggiatori possono rifugiarsi durante le calde giornate d’estate e trascorrere vacanze indimenticabili.

Maarsseveense Plassen

Fonte: IPA

Maarsseveense Plassen

 

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Curiosità Viaggi

47 secondi per arrivare: questo è il volo più corto del mondo

Avete mai detto a qualcuno «arrivo tra un minuto»? Bene, semmai doveste prendere l’aereo di cui stiamo per parlarvi stareste proprio dicendo il vero, perché vi trovereste sul volo più corto del mondo, la cui durata totale è di soli 47 secondi. Sì, davvero: meno di un minuto per arrivare da un posto all’altro a bordo di un velivolo piccolo e leggero.

Proprio la brevissima durata del volo e la particolarità dell’aereo, oltre che alla prospettive future (e sostenibili) stanno facendo sì che questa tratta così originale sia sempre più gettonata, nonostante il viaggio, in termini di chilometri, non sia esattamente vantaggioso dal punto di vista economico. Ma scopriamo di più.

La rotta del volo più corto del mondo

Quali mete collega il volo più corto del mondo? Due isole della Scozia, precisamente Westray, la più grande dell’arcipelago delle isole Orcadi (situato sul Mare nel Nord della Scozia nord-orientale) e Papa Westray, isola più piccola dello stesso arcipelago. Le due isole sono da sempre collegate anche dai traghetti, ma per ragioni che all’inizio erano prettamente commerciali sono stati costruiti degli aeroporti su entrambi gli atolli.

Con il passare del tempo, data la velocità del volo, non poche persone hanno iniziato a preferirlo ai traghetti. Il volo è operato da Loganair, compagnia scozzese che conta su una modesta ma solida flotta e che dagli anni Sessanta opera tra le Orcadi e le Isole Shetland.

Chilometri e mezzi del volo più corto del mondo

Come fa questo volo a durare così poco? Perché, ovviamente, copre una distanza davvero breve. Si tratta di meno di 3 chilometri, 2,7 per la precisione. La “lunghezza” di questa rotta è oggetto di diverse battute ironiche tra gli scozzesi, perché il caso ha voluto che la pista aerea dell’aeroporto di Edimburgo fosse lunga proprio 2,7 chilometri.

I voli partono a una frequenza molto elevata, perché anche i tempi di imbarco e sbarco sono piuttosto contenuti. D’altronde, i mezzi utilizzati sono dei Britten-Norman BN-2 Islander, velivoli leggerissimi con soli otto posti a bordo. L’unico giorno in cui non sono effettuati è il sabato, quando entrambi gli aeroporti sono chiusi.

Una curiosità: il pilota Stuart Linklater è, attualmente, l’uomo ha effettuato il volo più breve del mondo più di qualsiasi altro al mondo: ha guidato i suoi aerei lungo questa tratta più di 12.000 volte, prima di ritirarsi nel 2013. E ha anche stabilito il record per il volo più veloce: soli 42 secondi.

Quanto costa il volo più corto del mondo?

Abbiamo accennato al fatto che il volo è costoso, ma occorre fare una piccola precisazione. La somma che si spende non è da capogiro: si va da 30 a 36 sterline a tratta (quindi da 36 a 44 euro circa). Andata e ritorno, pertanto, si attestano intorno agli 80 euro che per fare un’esperienza del genere probabilmente non sono neanche tantissimi, ma che in relazione alla distanza percorsa e alle rotte low cost in tutto il mondo sono una cifra notevole.

Il costo del biglietto viene scontato se si è appassionati di aviazione o se si stanno facendo dei corsi di specializzazione riguardanti la guida di aerei, elicotteri o la carriera di hostess e steward. Infine, per i residenti delle due isole (che, peraltro, sono pochissimi: appena 600 a Westray e appena 100 a Papa Westray) il volo è gratuito perché fa parte del servizio pubblico scozzese.