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Dentro una fiaba: il castello nel bosco della Bella Addormentata

Esistono luoghi nel mondo che sono così belli da non sembrare veri. Posti che sembrano somigliare, in tutto e per tutto, a quei paesaggi incantati che hanno da sfondo ai nostri sogni d’infanzia. Alcuni di questi, però, non sono destinati a restare relegati nella nostra immaginazione perché sono reali, e per questo ancora più straordinari.

Tra questi c’è anche Hofgeismar, una cittadina tedesca di circa 15.000 abitanti situata nel Land dell’Assia. Forse il nome non vi sarà particolarmente familiare, ma vi basterà guardare qualche fotografia di questo posto per risvegliare alcuni dei ricordi più belli di quando eravate bambini.

Sì perché Hofgeismar, in realtà, è una delle tappe più suggestive della strada delle fiabe in Germania. Proprio qui, infatti, da un bosco lussureggiante si erge un castello bellissimo. Non uno qualsiasi, ma quello che ha ispirato la favola della Bella Addormentata nel bosco dei fratelli Grimm. Pronti a partire?

Dentro la fiaba: benvenuti a Hofgeismar

Lontano dalle grandi città e dalla fervente scena urbana che caratterizza i luoghi più popolari della Germania, troviamo lei: la città di Hofgeismar, la cui fama magica precede il suo nome.

Situata a poco più di mezz’ora di auto da Kassel, la località conosciuta come “città delle fiabe”, Hofgeismar è una tappa imprescindibile per tutti i viaggiatori che vogliono tornare bambini. Il centro storico accoglie chi si spinge fin qui con edifici a graticcio suggestivi e pittoreschi che sembrano trasportare subito in un’altra dimensione.

Ma è appena fuori dalla città che è possibile vivere un sogno a occhi aperti, quello che permette ai viaggiatori di diventare i protagonisti di una delle fiabe più celebri di sempre.

Oltre il centro storico, infatti, si estende un bosco secolare che ospita grovigli di felci e querce che si snodano in un percorso delle meraviglie che conduce proprio lì, davanti a un imponente edificio. Si tratta del Castello di Sababurg, proprio quello che ha fatto da sfondo alla fiaba della Bella Addormentata.

Hofgeismar

Fonte: 123rf

Hofgeismar , centro storico

Il Castello della Bella Addormentata

La storia, quella che conosciamo, racconta le vicende di Aurora, l’unica figlia di Re Stefano e della Regina Lea, cresciuta tra le stanze di un castello circondato da boschi incantati. Nella realtà, quell’edificio esiste davvero, ma a commissionarlo non è stato un Re, ma l’arcivescovo di Magonza nel 1334.

Con gli anni la struttura è stata protagonista di diverse peripezie, fino a trasformarsi in un romantico hotel che, negli anni, è stato raggiunto da migliaia di viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo e desiderosi di vivere avventure magiche e incantante.

Oggi la struttura alberghiera è chiusa. È comunque possibile visitare gli esterni del castello e lasciarsi suggestionare da tutti quei dettagli che rimandano proprio alla celebre fiaba che tutti conosciamo. Inoltre, dal castello, è possibile raggiungere la radura verdeggiante che si snoda tutto intorno.

Non vi assicuriamo che passeggiando al suo interno incontrerete le tre fatine della Bella Addormentata, ma potrete comunque ammirare gli scorci mozzafiato della Foresta di Reinhard, che ospita querce secolari e felci antichissime, e raggiungere il parco degli animali di Sababurg per fare incontri ravvicinati con esemplari faunistici di immensa bellezza.

Foresta di Reinhard

Fonte: 123rf

Foresta di Reinhard
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Lago du Mei, un piccolo gioiello in un bosco da favola

A 20 minuti in macchina da Genova Voltri e poco più di 5 dallo stadio di Arenzano, un piccolo gioiello di wild swimming è contenuto in uno prezioso scrigno – un trekking alla portata in un bosco da favola.

Dopo aver parcheggiato in Via Monte Camula in comune di Cogoleto (GE), proseguo a piedi fino ad una pensilina in legno: dei 3 sentieri che partono da qui prendo quello centrale che si segue fino al Rio Lerca, ci vogliono 30-35 min (vedi più avanti Info Pratiche).

Entro subito in un fitto bosco che gradualmente mi allontana dalla civiltà: eriche arboree, frassini e pini marittimi mi accompagnano prima in piano, e poi in salita.

Ordinati borghi in lontananza, dal sentiero per il Lago du Mei
Ordinati borghi in lontananza, dal sentiero per il Lago du Mei

Il cammino non mi annoia, riservandomi panorami marini, che spaziano tra castelli diroccati e ordinati borghi, fino a raggiungere il culmine in un punto panoramico.

Le Carbonaie

Nel cammino noto le tracce di una vecchia carbonaia, fornaci rurali dove la gente bruciava lentamente il legname per produrre carbone. La carbonaia si presentava come una catasta di legna rivestita di terra, di forma conica, con un foro alla sommità che fungeva da camino. Occorrevano diversi giorni e notti di duro lavoro perché la carbonaia diventasse un cumulo di carbone, perché il fuoco andava sorvegliato costantemente. 

Castelli diroccati invasi dalla vegetazione
Castelli diroccati invasi dalla vegetazione

Quando la carbonaia era “cotta”, foglie e terra venivano rimosse e il carbone veniva recuperato, sistemato in sacchi e trasportato a valle per essere venduto o utilizzato in famiglia. 

Il rumore dell’acqua

Dopo il culmine della salita, la traccia inizia a scendere, prima dolcemente poi più decisamente: qualcosa mi fa pensare di aver cambiato versante, sono circondato da profumati alberi di alloro e sembro essere finito in un sentiero raramente calcato dall’uomo. 

Ma non è questo: il fatto è che improvvisamente riesco a sentire il rumore dell’acqua, dapprima remoto, poi sempre più vicino, del Rio Lerca. 

I panorami marini al culmine della salita
I panorami marini al culmine della salita

Il sentiero esce dal bosco in corrispondenza del greto di questo torrente, proprio dove sorge quello che localmente è conosciuto col nome di Lago du Mei: un laghetto di diametro pari a 15 metri, profondo oltre i 3, e incastonato in un anfiteatro che sembra scolpito dall’uomo. Come un Colosseo naturale, le sue pareti digradano nella zona a valle per permettere l’uscita del Rio Lerca dalla incredibile vasca naturale disegnata al suo interno. 

Una meravigliosa “marmitta dei giganti”, per usare il verbo dei geologi: nei riottosi torrenti di montagna, quando l’acqua scorre impetuosa, magari a causa dello scioglimento dei ghiacciai al termine di una glaciazione, si possono creare vortici in cui l’acqua sfreccia a 200 km/h, scavando nei millenni la roccia fino a regalarci vasche circolari di notevoli profondità. Una splendida cascata alimenta questa meraviglia della natura.

Non c’è molta spiaggia qui, ma massi lisci su cui sostare. 

Il meraviglioso Lago du Mei
Il meraviglioso Lago du Mei

Dalle foto l’acqua appare scura, perché in ombra, ma è normalmente verde e cristallina. Il sole visita il Lago du Mei fino al primo pomeriggio – non fate come me – concedetevi questo meraviglioso wild swimming di mattina!

Info pratiche

🚗 Uscita Arenzano della A10, si continua sulla Aurelia (SS1) verso Cogoleto/Savona che si lascia quasi subito per prendere Via Pian Masino a destra (indicazioni per zona industriale) e poi Via Val Lerone, che si lascia seguendo alcuni cartelli della zona industriale (DIMHORA) verso sinistra. Si attraversa un torrente e si gira nuovamente a sinistra su Via Bordin che si segue fino alla fine per poi prendere Via Colombo/SP78 a destra. Si segue la SP78 passando una galleria nei pressi dell’abitato di Lerca (GE), si supera il km 3 e si prende poi a destra in salita Via Vallescura e al bivio Via Monte Camula a sinistra. Si parcheggia poco oltre in uno spiazzo sulla sinistra (44.408367, 8.636476) di fronte ad una zona recintata con rete sorretta da pali di legno, ci stanno 5-6 macchine.

👣 Si prosegue a piedi su Via Monte Camula fino ad una pensilina in legno: dei 3 sentieri che partono da qui si prende quello centrale, non segnato, che si segue fino al Rio Lerca, ci vogliono 30-35 min. Si evitano nel cammino 2 svolte secondarie in discesa a destra, optando sempre per la traccia in salita e a sinistra.

Nell’ultimo tratto, subito dopo un piccolo spiazzo, il sentiero finisce su una frana con grossi sassi instabili: cercate una traccia alla vostra sinistra perché aggira la frana e, zigzagando un po’, stempera il dislivello fino a destinazione (44.415920, 8.635481). 

Questo splendido trekking (1,15 km) è fattibile dalla maggior parte delle persone e anche dai bambini, se autonomi nella camminata, ben equipaggiati e aiutati. Dislivello: 80 m in salita, 60 in discesa.

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Scoperto in un bosco il castello preferito di Matilde di Canossa

È stata la figura più rappresentativa del Medioevo in Italia. A lei, Matilde di Canossa, sono state attribuite anche molte leggende che, nel corso dei secoli, si sono poi rivelate corrispondere a verità. Le si attribuiscono grandi amori, ma anche tanta dedizione alla vita contemplativa e monacale.

Sicuramente fu una gran donna, che arrivò a dominare tutti i territori dell’allora “Italia” che si trovavano a Nord dello Stato Pontificio. E per essere una donna non era affatto male. Contessa, marchesa e duchessa, fu sovrana incontrastata per trent’anni di tutte le terre che vanno dall’allora Corneto (oggi Tarquinia) fino al Lago di Garda.

Non avendo però eredi diretti, il suo immenso patrimonio alla sua morte avvenuta nel 1115 andò disperso. Alcuni castelli finirono sotto i signori locali, altri a cavalieri o mercenari. Alcuni possedimenti vennero addirittura dimenticati. Fino a oggi.

Il castello ritrovato

Nascosto in un bosco, infatti, è appena stato scoperto uno dei castelli appartenuti a Matilde di Canossa, forse addirittura il suo castello prediletto. Si tratta del Castello di Montebaranzone, i cui resti sono stati rinvenuti dopo essere rimasti celati per secoli sotto una fitta vegetazione.

Montebaranzone è un piccolo Comune, frazione di Prignano sulla Secchia, che conta circa 3800 abitanti, della provincia di Modena. Sorge su una collina che domina il territorio, proprio come molti dei castelli matildici.

Matilde fece di Montebaranzone una delle sue residenze preferite, dove costruì uno dei fortilizi più importanti della collina tra il fiume Secchia e il torrente Fossa. Nel 1415 passò sotto il controllo diretto degli Estensi che durò fino all’invasione dell’Italia da parte delle truppe napoleoniche nel 1796.

Ora che è stato scoperto il castello, partiranno gli scavi per recuperare ciò che resta di quella che doveva essere una splendida reggia, degna di una regnante come fu Matilde.

I castelli matildici

I castelli attribuiti a Matilde di Canossa si trovano tutti in Emilia-Romagna lungo l’Appennino, in posizione dominante, che proprio qui aveva stabilito il cuore del suo immenso feudo.

castello-di-Canossa

Fonte: @Giuseppe Maria Codazzi

Le rovine del Castello di Canossa

Il più famoso dei castelli matildici è il Castello di Canossa, di cui rimangono dei ruderi e, oggi, un piccolo museo di reperti recuperati durante gli scavi. Costruito sopra una rupe, il castello fu più volte distrutto e ricostruito nel corso dei secoli, ma fu immediatamente dopo la morte di Matilde che iniziò il declino.

Sulle prime colline dell’Appennino Emiliano, nel comune di Quattro Castella, sorge invece il Castello di Bianello, l’unica fortificazione reggiana ad essere arrivata ai giorni nostri completamente integra. Tra i castelli matildici è l’unico che mantiene gli originari quattro torrioni risalenti già all’VIII secolo. Il castello si trova su uno straordinario balcone naturale da cui è possibile godere di una meravigliosa vista del paesaggio circostante.

Castello-di-Bianello

Fonte: 123rf

Il Castello di Bianello

A Carpineti, sulle colline di Reggio Emilia, si ergono i resti del Castello di Carpineti, anche conosciuto come il Castello delle Carpinete. Dalla vetta del monte Antognano domina le vallate del Tresinaro e del Secchia. Questo castello è una delle fortificazioni più importanti tra i domini di Matilde di Canossa, che vi trascorse anche lunghi periodi.Nel borgo di Rossena, su una rupe vulcanica, si trova l’imponente Castello di Rossena, giunto intatto fino ai giorni nostri. A differenza degli altri castelli reggiani che con il passare del tempo si sono trasformati in dimore signorili, Rossena ha mantenuto l’impianto originario di vera e propria struttura difensiva.

Castello-di-Rossena

Fonte: 123rf

Il Castello di Rossena

Infine, a metà strada fra l’allora Langobardia e la Tuscia sorge ancora oggi il Castello di Sarzano, ritenuta una delle rocche più eleganti e meglio conservate dell’Appennino emiliano. Si trova nel Comune di Casina, nel cuore nelle Terre di Matilde di Canossa. Oggi il complesso del Castello di Sarzano è formato dal maniero che occupa la cima del colle e dal borgo che si possono visitare liberamente tutto l’anno.

Castello-di-Carpineti

Fonte: 123rf

Il Castello di Carpineti
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Puoi sposarti in un bosco monumentale gratis: succede in Italia

Il nostro Paese è un luogo meraviglioso. Lo è per via di quel patrimonio storico, artistico e culturale di immenso valore conosciuto in tutto il mondo. Per i paesaggi plasmati da Madre Natura, quelli che si perdono nel mare e nell’orizzonte, per i monumenti architettonici che sono diventati i simboli di città e regioni, per le sculture, le case, il cibo e le persone.

Insomma, l’Italia è davvero bellissima e non smette mai di sorprendere. Lo sanno bene tutti quei viaggiatori che ogni giorno attraversano il globo per raggiungere le città d’arte, le grandi metropoli e i piccoli borghi che custodiscono tradizioni, storie e leggende che appartengono al nostro popolo.

Le cose da fare e da vedere nel BelPaese sono tantissime, e tutte sono destinate a incantare. Proprio in Italia, infatti, è possibile vivere e condividere quelle che sono le esperienze più suggestive e romantiche di sempre, come sposarsi all’interno di un bosco monumentale.

Sposarsi in un bosco in Italia

Le meraviglie che appartengono al nostro Paese, dicevamo, sono tantissime e tutte sono destinate a sorprendere e a incantare. Parte del nostro immenso patrimonio è caratterizzato dalla presenza di aree naturalistiche bellissime. Spiagge, mari e laghi, parchi boschi e foreste sono i luoghi prediletti degli amanti della natura, ma anche posti destinati a regalare visioni incredibili e straordinarie.

Ed è proprio all’interno di un bosco situato a pochi chilometri dalla Capitale che oggi vogliamo portarvi. Tra Roma e Frosinone, infatti, esiste un’oasi naturalistica davvero incredibile, inserita nel Monumento Naturale Mola di Piscoli e Selva di Paliano.

Il suo nome è Bosco di Paliano, e si tratta di un terreno che si snoda su una superficie di oltre 30 ettari, dove tutto viene svolto nel massimo rispetto della natura che qui ha scelto di manifestarsi in tutto il suo splendore.

Si tratta di un vero e proprio luogo magico che permette a cittadini e viaggiatori di scoprire e riscoprire la bellezza più autentica della natura, invitando a recuperare un contatto primordiale con questa.

Sotto le maestose querce secolari si snodano diversi sentieri ombreggiati accessibili a tutti. Una passeggiata qui, infatti, si trasforma in un’esperienza incredibile, accompagnata dalla colonna sonora più bella di sempre: la musica della natura.

Non solo passeggiate però, il Bosco di Paliano, infatti, può diventare anche la location naturale di uno dei momenti più romantici e significativi della vita di una coppia. Sì perché all’interno di questa oasi ci si può sposare gratuitamente.

Matrimonio da fiaba nel Bosco di Paliano

Fonte: Bosco di Paliano

Matrimonio da fiaba nel Bosco di Paliano

Come in una fiaba: come sposarsi nel Bosco di Paliano gratis

Tutti i promessi sposi, che attendono solo di pronunciare il fatidico sì e di scambiarsi promesse d’amore eterno, potranno farlo quest’anno all’interno dello splendido Bosco di Paliano. L’oasi naturalistica inserita nel Monumento Naturale Mola di Piscoli e Selva di Paliano, infatti, ha scelto di trasformarsi nella location fiabesca di un matrimonio indimenticabile.

L’offerta è destinata a unioni e matrimoni civili: il Bosco di Paliano viene messo a disposizione e in maniera gratuita per la prima cerimonia dell’anno. I promessi sposi che effettueranno la prima prenotazione dell’anno, infatti, non pagheranno alcun costo per organizzare il matrimonio in questa location fiabesca.

Insomma, se avete intenzione di sposarvi, e coronare il vostro sogno d’amore, questo bosco è davvero il posto giusto.

Il Bosco di Paliano, l'area naturalistica a pochi chilometri da Roma

Fonte: Bosco di Paliano

Il Bosco di Paliano, l’area naturalistica a pochi chilometri da Roma
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Foreste urbane: in Lombardia si riscopre il verde fuori città

Una serie di giornate interamente dedicate alla scoperta, o ri-scoperta, delle aree boschive, ma anche dei parchi, delle zone verdi e del paesaggio naturale che sorge intorno alle città lombarde. Un viaggio a tappe, che dal 5 al 27 novembre, accompagnerà i visitatori verso una presa di coscienza e conoscenza di ciò che li circonda, in una serie di escursioni guidate volte alla scoperta dei luoghi e dei boschi dietro casa e che meritano di essere tutelati e preservati nel tempo.

L’iniziativa

Cammina Foreste Urbane”, questo il nome del progetto, è un’iniziativa promossa da Ersaf in collaborazione con Legambiente Lombardia e realizzata con il sostegno di Lipu, CAI e Federparchi, che si sviluppa in ben 50 appuntamenti sparsi per tutta la Lombardia, con lo scopo di far conoscere le aree boschive urbane e periurbane delle Regione, promuovendo la progettazione di nuove aree e di una più massiccia “cura partecipata” del verde comune.

Tra le tappe previste dall’iniziativa e che verranno visitate, spiccano parchi molto noti come il Bosconcittà o il Parco Nord, intorno a Milano, e altre zone verdi che sono state formalizzate solo di recente. Ma non solo. Tra i protagonisti green di questo tour nella natura ci sono anche le aree curate da comitati spontanei e il cui lavoro punta sia al mantenimento delle zone stesse che alla possibilità di farle diventare aree protette, in un’esperienza che vuole aumentare la consapevolezza del patrimonio naturale regionale e dell’importanza che l’uomo ha nella sua tutela.

La tappe di “Cammina Foreste Urbane”

Per esempio visitando il PLIS “Parco delle Roggìe”, a Magnago, in una visita a cura di Legambiente Busto che, a partire dalle 14 del 6 di novembre, donerà la possibilità di scoprire un’area boschiva di querce davvero unica, un vero e proprio corridoio verde che collega il Parco Alto Milanese al Ticino, o provando l’ebrezza di passeggiare tra i colori del foliage dei boschi di Sumirago, il 13 Novembre dalle ore 9.30, in una visita a cura di Legambiente Castronno che vale davvero la pena di vivere.

Ma non solo, perché le tappe dell’iniziativa “Cammina Foreste Urbane” sono davvero tante, alcune della quali verranno proposte nel weekend del 19 e 20 novembre e che andranno a toccare le aree verdi e boschive tra i territori del Varesotto, Alto Milanese e Bassa Comasca. Come quello promosso da Legambiente Parabiago, che il 19 novembre porterà alla scoperta del Plis del Roccolo, un caratteristico bosco di pianura che una volta veniva usato per il “roccolo” appunto, un sistema utilizzato per la caccia degli uccelli.

Nell’area del Saronnese, invece, il 19 e 20 Novembre si andrà a fa visita al Lura, un torrente intorno al quale sono nate delle aree verdi periurbane e di cui beneficiano i cittadini del posto.

Uscite pensate per rendere più partecipe la comunità verso la salvaguardia del patrimonio boschivo e naturale delle aree che circondano le città in cui si vive, promuovendo un concetto di cura partecipativa e attenzione mirata alla tutela delle stesse, per preservare l’estremo valore naturale di queste aree e incrementare la possibilità di crearne di nuove, prendendosi cura dell’ambiente e, di conseguenza, anche di sé.

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Il bosco di Biancaneve esiste davvero: si trova in Italia

Esistono luoghi così belli da non sembrare reali. Paesaggi che si spalancano davanti ai nostri occhi e ci catapultano in universi straordinari, unici e inediti che per forme e lineamenti rimandano a tutti quegli scenari da cartolina che abbiamo visto solo nelle fiabe.

Ed è proprio in un luogo da fiaba che vogliamo portarvi oggi. Un posto incantato che ha fatto da sfondo a una delle storie più belle che abbiamo mai letto e ascoltato. Una radura fiorita, lussureggiante e a tratti magica che porta l’indelebile firma di Madre Natura.

Si tratta di un bosco, un piccolo polmone verdeggiante che, con i suoi alberi secolari dalle forme più bizzarre, i suoi sentieri silenziosi e la fitta vegetazione, sembra proprio uscito da un libro di fiabe. Non una qualsiasi, intendiamoci, ma quella di Biancaneve.

Il bosco incantato nel cuore della Tuscia

C’era una volta un bosco fitto e rigoglioso, magico e spaventoso, che sorgeva proprio nelle vicinanze del castello di Grimilde, meglio conosciuta come la strega cattiva. È quello il bosco in cui Biancaneve si immerge e si perde, prima di incontrare i 7 nani. C’è oggi quello stesso bosco, o almeno a lui sembra somigliare per bellezza e la magia, che si snoda proprio ai piedi di un castello e che si trova in Italia.

Ci troviamo a Torre Alfina, un piccolo borgo situato nel cuore della Tuscia, a pochi chilometri da Roma. È qui che, grazie a uno scenario straordinariamente unico, dove la natura regna incontrastata, si può vivere un’esperienza magica e surreale, diventando i protagonisti di una delle favole più belle.

Proprio ai piedi del castello, infatti, si snoda su una superficie di 60 ettari il Bosco del Sasseto, che per la sua biodiversità unica, e quegli scenari che sembrano usciti da un racconto fatato, è stato ribattezzato dal National Geographic il Bosco di Biancaneve.

Bosco del Sasseto

Fonte: iStock

Bosco del Sasseto

Dentro il Bosco del Sasseto

In Bosco del Sasseto è un vero e proprio microcosmo di biodiversità che non ha eguali che sorge su un terreno ricoperto di rocce vulcaniche che affondano le loro radici in oltre 300000 anni di storia. Si tratta di un Monumento Naturale, di nome e di fatto, nonché area protetta della regione.

Qui la natura regna incontrastata da secoli, ed è stata proprio lei a creare uno degli scenari più suggestivi della Tuscia e di tutto il Paese.

Numerosi gli esemplari floristici che qui vivono e convivono, ospitando altrettante specie faunistiche. Ci sono i faggi, gli olmi e gli aceri, e poi ancora più di 30 esemplari di arbusti che si aggrovigliano tra di loro, che si sfiorano e che incorniciano incredibili sentieri che attraversano la radura.

L’atmosfera è surreale, lo è perché gli alberi assumono forme inedite, bizzarre e incantate, mentre si intrecciano tra di loro creando dei veri e propri labirinti fatati. Ai loro piedi, invece, una distesa di muschi e felci, incornicia quelli che sono i sentieri da seguire per esplorare il bosco progettati da Henry e Achille Duchêne, paesaggisti francesi.

L’area è meravigliosa in ogni stagione dell’anno. Sia quando il sottobosco fiorisce in primavera, sia quando gli alberi si tingono degli straordinari colori dell’autunno.

Passeggiando nel Bosco di Biancaneve, tra profumi, colori e suoni della natura, le sorprese non finiscono mai. All’interno dell’area, infatti, è presente un mausoleo in stile neo gotico che rende l’atmosfera ancora più straordinaria. Si tratta della tomba del marchese Edoardo Cahen che, proprio all’interno di questo bosco incantato, volle far costruire la casa del suo eterno riposo.

Bosco del Sasseto

Fonte: iStock

Bosco del Sasseto
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Topolò, il borgo di confine su un ripido pendio

Qui è dove l’asfalto finisce, nell’estrema parte orientale della provincia di Udine, a pochi passi dal confine con la Slovenia: disperso tra i boschi delle valli del Natisone, arroccato su un pendio a 580 metri di altitudine tra i monti Colovrat e San Martino, ecco Topolò, frazione del comune di Grimacco.

Una ventina di abitanti dei 400 che furono (ma ne stanno arrivando di nuovi, chi per l’estate chi per viverci tutto l’anno), nessun bar o negozio: il ritmo della vita scorre lento, sospeso nel tempo, in un silenzioso e verde paesaggio plasmato, nel corso dei secoli, dai torrenti Patok, Za Traunim e Za Velin Čelan.

Il nome del borgo deriva dallo sloveno “topol”, ovvero pioppo, a indicare un territorio ricco di questi alberi.

Topolò

Fonte: iStock

Veduta di Topolò

I punti di interesse del borgo di confine

Sono un centinaio le case, molte delle quali vuote, e l’abitazione più tipica di Topolò è la “casa izba“, di origine medievale, caratterizzata dall’architettura spontanea della Slavia veneta: a pianta rettangolare, con scale esterne e ballatoi, si eleva su tre livelli e presenta due stanze per piano.
Il pianoterra ospitava la cucina, chiamata in passato “stanza del fumo” poiché priva di camino, e un tinello (“izba”) riscaldato dalla stufa- forno, la cosiddetta “pec”.
Salendo la scala esterna, si raggiungono le camere del primo piano e il ballatoio dove, anticamente, venivano essiccati il mais e i funghi per il consumo familiare.

Di recente, grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea, molte case sono state restaurate e oggi si propongono come “albergo diffuso“, soprattutto per una comunità internazionale, giovane, nomade e creativa che aiuta il borgo a rivivere nonostante il massiccio spopolamento iniziato a fine Ottocento e proseguito dopo la metà del XX secolo.

Passeggiando tra le strette stradine pedonali lastricate, in una dimensione “altra” lontana dalla frenesia e dai rumori della vita di città, lo sguardo si posa poi sulle “kozolec“, costruzioni in pietra e legno adibite a ricovero per gli attrezzi agricoli e utilizzate per fare seccare il fieno e i prodotti dei campi.

Ma non solo: di sicuro interesse è la Chiesa di San Michele, costruita direttamente dagli abitanti nel 1847 con materiale estratto dalle cave locali: sulla facciata spicca il mosaico raffigurante San Cristoforo mentre l’interno ospita tre altari, il maggiore intitolato a San Michele e i due laterali alla Santa Vergine e a San Giuseppe.
Da vedere anche gli affreschi a opera del pittore friulano Antonio Gentilini e la pala in terracotta dedicata alla Natività, realizzata nel 2006 dallo scultore Isidoro Dal Col.

Topolò fontana

Fonte: iStock

Fontana a Topolò

Un tuffo nella natura tra percorsi e sentieri

Trovarsi da queste parti significa anche immergersi in un contesto paesaggistico tutto da esplorare grazie a sentieri e percorsi ideali per gli amanti del trekking, delle escursioni e delle piacevoli passeggiate: un sentiero conduce, ad esempio, al vicino paese sloveno di Luico (Livek) costeggiando dodici installazioni artistiche a opera di artisti di differenti nazionalità.

Più impegnativo, ma davvero suggestivo, è l’itinerario lungo il torrente Codariana, dalle acque limpidissime: durante la passeggiata, si arriva al cospetto della forra del Velik Suopota, con le ripidissime pareti scavate dalla forza dell’acqua nel corso dei millenni e due favolose cascate.
La minore, “Mali Suopota”, si ammira al termine del canalone.
Lungo la riva sinistra del ruscello, più a monte, si ergono tuttora le rovine di una casa padronale e dell’antico mulino annesso, complesso che rimase attivo fino al 1956.

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La Corsica fuori stagione, più slow e più bella

Chi ha detto che la Corsica è un’isola da godere solo d’estate? Il clima mite regala giornate meravigliose tutto l’anno. Il verde dei boschi e il blu del cielo limpido e del mare mettono in risalto le sue bellezze naturalistiche che sono una vera gioia per gli occhi di chi la visita.

È anche il momento migliore per scoprirla attraverso un viaggio slow, magari in sella a una bicicletta. Pochi sanno che la Corsica è interamente attraversata da un itinerario completamente ciclabile. Ben 1200 chilometri di coste straordinarie e di un cuore verde che è quello del Parco regionale, che consente di vivere quest’isola in modo sostenibile, rispettando l’ambiente facendo un’esperienza green.

La grande traversata della Corsica

Da poco è nato l’itinerario lungo la GT 20, la grande traversata in bicicletta che va da Bastia fino a Bonifacio, dalla punta Nord alla punta Sud, insomma, la versione su due ruote della famosa randonnée GR20 che si fa a piedi. Questo itinerario mostra un altro volto della Corsica, meno noto e meno scontato.

La si percorre in 13 giorni e 12 notti toccando 12 tappe lungo i circa 600 km, che è possibile seguire anche solo per un breve tratto. Si può pedalare su una bici da strada, una mountain bike e su bici elettriche, adatta quindi agli sportivi ma anche semplicemente agli appassionati delle due ruote.

Lungo il percorso, il fascino discreto dei villaggi di montagna, panorami mozzafiato sul mare e deviazioni verso le vette della GR 20, garantiscono un’atmosfera davvero speciale.

Queste le tappe: Bastia, Ersa, Saint-Florent, Belgodere, Algajola, Galeria, Porto, Vergio, Corte, Venaco, Bocognano, Zicavo, Zonza e Bonifacio/ Porto Vecchio.

Balagne villaggi

Fonte: iStock

La Balagne e i suoi villaggi arroccati

I luoghi imperdibili tappa dopo tappa

Il primo tratto che tocca Cap Corse offre una meravigliosa strada costiera che tocca alcuni borghi marinari. In direzione Saint-Florent, la costa a strapiombo domina il mare e s’incontrano corsi d’acqua e mulini a vento finché non si attraversa il deserto roccioso des Agriates per giungere ai primi abitati della Balagne, soprannominata il giardino della Corsica, alcuni tra i Borghi più belli di Francia, da cui si possono ammirare viste mozzafiato su Calvi, l’incantevole cittadina arroccata, a picco sul mare, famosa per la sua cittadella medievale e il vivace porto turistico, e l’Ile Rousse. Percorrendo poi alcune strade secondarie ci si immerge nella ricca vegetazione corsa, un vero e proprio paradiso del silenzio e della tranquillità.

In direzione Porto, si raggiunge il Col de Palmarella (a 408 metri di quota) da dove si gode di uno dei più bei panorami che s’incontrano sulla GT 20: il golfo di Girolata e la riserva naturale di Scandola, inserita nella lista dei patrimoni mondiali dell’Unesco. Il tratto tra Porto e Vergio è quello che attraversa la meravigliosa pineta d’Aitone, un angolo ricco di corsi d’acqua e angoli freschi dove fare una pausa.

È prima di arrivare a Corte che s’incontra uno dei luoghi più incredibili della Corsica: la Scala di Santa Regina, una via sinuosa che conduce alla regione del Niolo e che offre molti punti di osservazione sulle gole.

Fonte: Thinkstock

La cittadella di Corte in Corsica

Corte è una delle città più importanti dell’isola e nota meta turistica. La sua cittadella fortificata, su uno sperone di roccia in posizione dominante rispetto al paese, è uno spettacolo che merita di essere visto. Così come la Chiesa dell’Annunciazione e il museo antropologico regionale che racconta l’evoluzione storico e culturale di tutta la Corsica.

Tra boschi e piccoli borghi – tra i più pittoreschi, Calacuccia e Zonza – si giunge infine a Bonifacio. Già dalle alture della foresta l’Ospedale si intravede uno scorcio di Porto Vecchio e la sua baia.

Bonifacio corsica

Fonte: iStock

Bonifacio e la sua costa
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Il bosco italiano che “suona” e che ha rapito Stradivari

I boschi ci affascinano da sempre. Lo fanno perché popolano le fiabe che abbiamo letto e l’immaginario onirico di ognuno di noi, perché sono custodi di segreti antichi e mai svelati, di storie che si nascondono tra i rami degli alberi, in mezzo ai prati verdeggianti e tra i tappeti di foglie e ghiande.

Ed è proprio un segreto meraviglioso, suggestivo e affascinante, che vogliamo scoprire oggi. Quello che appartiene a un luogo immerso nel ventre delle Dolomiti, lì dove il celebre Stradivari ha lasciato il cuore. Sempre lì dove esiste il bosco che suona.

Bentornati in Val di Fiemme

Caratterizzate da creste, guglie e picchi, le cime delle Dolomiti incorniciano altopiani rocciosi e valli verdeggianti, creando atmosfere magiche e incantate. Organizzare un viaggio in questi luoghi è sempre una buona idea perché ci permette di vivere esperienze a stretto contatto con una natura autentica e incontaminata.

E oggi è proprio in uno di questi luoghi che vogliamo portarvi, una delle più celebri valli dolomitiche, nonché un paradiso naturalistico per tutti gli amanti delle attività outdoor. Ci troviamo in Val di Fiemme, lì dove è possibile vivere e respirare la natura circondati da vette che sono Patrimonio Mondiale dell’Unesco, sempre lì dove si snoda un bosco magico e incantato.

Per scoprire questo luogo straordinario dobbiamo recarci tra Predazzo e Valmaggiore, è qui che centinaia di abeti rossi svettano verso il cielo. Sono quelli che hanno incantato Antonio Stradivari, il più grande liutaio italiano di tutti i tempi, che proprio in questi esemplari ha trovato il materiale per la produzione di violi perfetti. Da quel momento, e ancora oggi, la natura e la musica sono diventata una cosa sola in Val di Fiemme, trovando nel Bosco che suona la massima rappresentazione di questa storia d’amore senza fine.

Il Bosco che suona

Le storie locali raccontano che Stradivari si aggirava spesso tra i boschi della Val di Fiemme, ma che uno più degli altri catturò la sua attenzione. Si trattava della Foresta di Paneveggio, caratterizzata da abeti rossi dai legni pregiati. Dopo di lui sono stati tantissimi i maestri liutai, come i membri delle famiglie Guarnieri e Amati, a tornare proprio in questi boschi e a perpetuare quella che è diventata una tradizione da celebrare e preservare.

Ancora oggi, infatti, gli abeti rossi della foresta di Panaveggio, che nel frattempo è stata ribattezzata Bosco che Suona, vengono selezionati per le loro qualità con una tradizione secolare e bellissima che vede la collaborazione tra i boscaioli e i musicisti.

Per celebrare questa storia d’amore infinita, tra la natura e la musica, ogni anno viene organizzato il celebre festival ad alta quota I Suoni delle Dolomiti. È proprio in questa occasione che si svolge anche il suggestivo Battesimo degli alberi: i musicisti provenienti da ogni parte del mondo vengono invitati a scegliere un abete, che porterà il loro nome, e per lui suonano un brano che sarà poi custodito dal bosco.

Visitare questo luogo è una vera e propria esperienza magica e suggestiva, arricchita dalla presenza di un’applicazione per smartphone., che prende il nome di Bosco che Suona, e che permette ai visitatori di scoprire il nome e il carattere degli abeti rossi, nonché di ascoltare i brani che i musicisti hanno dedicato agli alberi.

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Valle dell’Orfento, nel cuore selvaggio della Majella

In Abruzzo c’è un luogo davvero unico per chi desidera fare escursioni nella natura, tra boschi e canyon, eremi e corsi d’acqua. È la splendida Valle dell’Orfento, situata sul versante nord-occidentale della Majella, e la si raggiunge dai numerosi sentieri che partono da Caramanico Terme, in provincia di Pescara. Lo scenario ideale dove trascorrere tranquille giornate immersi nel verde e ammirare paesaggi incantevoli.

Nella natura della Valle dell’Orfento

Agli inizi degli anni ’70, la Valle dell’Orfento è diventata Riserva Naturale dello Stato e attualmente ricopre una superficie complessiva di 2606 ettari. Qui troverete l’unico canyon della Majella, cuore verde d’Abruzzo, ad avere un corso d’acqua perenne, che dà vita a uno dei più affascinanti habitat di questo massiccio.

Lo scenario che si svela allo sguardo cambia a ogni passo. A bassa quota ci si imbatte in querce e faggi, mentre oltre i 1800-1900 metri di altezza c’è un’eccezionale presenza di pino mugo. Ad altitudini maggiori, le avversità climatiche diventano estreme e la copertura vegetale rada e sparsa. Il paesaggio qui assume un aspetto lunare, le specie vegetali che sono riuscite ad insediarsi sono tra le più rare, come la Stella alpina appenninica o la Soldanella minima sannitica che fioriscono tra le rocce. Tra le specie animali, nella Riserva è possibile incontrare cinghiali, tassi, volpi, faine, caprioli, cervi, l’aquila reale e il camoscio appenninico.

Le testimonianze storiche, tra eremi e capanne in pietra

Nel corso di centinaia di migliaia di anni, i fenomeni erosivi generati dalle acque del fiume sulle pareti calcaree hanno prodotto una serie di sgrottamenti e ripari sotto roccia che fin dalla preistoria hanno fatto da rifugio per le popolazioni. Ma le testimonianze più importanti, ancora evidenti, sono quelle risalenti al periodo medievale, quando eremiti in cerca di solitudine e silenzio raggiunsero la valle, edificando proprio nelle sue grotte eremi e piccoli romitori.

Se ne conoscono nove nella sola Valle dell’Orfento: alcuni non più accessibili e di cui non rimangono evidenze, altri particolarmente importanti e significativo. Attraversando i pascoli delle zone più basse, si incontrano le capanne in pietra a secco dalla caratteristica forma a “trullo” (tholos), punti di sosta e di stazzo dei pastori che hanno lasciato testimonianze peculiari del paesaggio agro-pastorale della Majella.

I percorsi più belli della Valle dell’Orfento

La Valle dell’Orfento è ricca di percorsi di diversa lunghezza e difficoltà che permettono di fare trekking ed escursioni nella splendida natura della Riserva. Le visite possono essere fatte in autonomia, seguendo la segnaletica presente, o con l’accompagnamento di guide locali.

Tra gli itinerari più suggestivi, c’è Il Sentiero delle Scalelle, una passeggiata piacevole ed emozionante che parte dalla frazione di Santa Croce e conduce fino al Ponte di Caramanico, seguendo il corso del fiume Orfento poco prima che questi si getti nell’Orta. Si cammina quasi sempre immersi in mezzo alla foresta e spesso circondati anche da felci.

Dalla frazione di Santa Croce di Caramanico Terme s’imbocca anche un suggestivo percorso ad anello che attraversa diversi campi coltivati, immettendosi poi dentro un fitto bosco di conifere. La parte terminale della passeggiata è sicuramente la più suggestiva, poiché permette di raggiungere una spettacolare gola scavata dal fiume. Un altro percorso ad anello conduce, invece, all’Eremo di Sant’Onofrio all’Orfento, di cui oggi resta solo parte del portale affrescato, la cornice del tetto ancora incastonata nella roccia e tracce di un piccolo campanile a vela.

Partendo, invece, dalla caratteristica frazione di Decontra, si raggiunge l’Eremo di San Giovanni, considerato uno dei più suggestivi d’Abruzzo dato che è stato completamente ricavato dalla roccia. È famoso anche per essere stato frequentato dall’eremita Pietro da Morrone, divenuto poi famoso come Papa Celestino V.  Un lavoro meticoloso ha fatto affiorare dalla pietra vani, altare e scale, ma anche un ingegnoso sistema di canali e vasche per la raccolta dell’acqua piovana. Questa escursione presenta circa 700 metri di dislivello e si presenta più impegnativa rispetto alle precedenti, per questo è raccomandata agli escursionisti più allenati. Fatica e vertigini valgono però la pena, perché questo splendido itinerario regala un’esperienza davvero unica e imperdibile, e panorami di paesaggi straordinari. Ma sono davvero tante e tutte imperdibili le meraviglie da scoprire qui, nella incontaminata Valle dell’Orfento.