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Viaggio tra i vulcani di fango delle Salse di Nirano

Paesaggi dal fascino lunare, nati da un fenomeno geologico unico. La Via dei Vulcani di Fango è un vero e proprio percorso emozionale che porta alla scoperta di affascinanti borghi, dimore storiche, siti archeologici e una natura sorprendente.

Il sentiero si snoda per oltre 60 km attraverso il territorio di sei comuni – Fiorano Modenese, Maranello, Sassuolo, Scandiano, Castellarano e Viano – e due province, toccando oltre 50 luoghi di interesse, legati dalle formazioni argillose chiamate ‘salse’, che rappresentano un unicum a livello scientifico, geologico e botanico. Una destinazione senz’altro da scoprire per chi visita l’Emilia-Romagna.

La Via dei Vulcani di Fango

I cosiddetti ‘vulcani di fango’ sono prodotti dalla risalita in superficie di acqua salata e fangosa mista ad idrocarburi gassosi e liquidi che, venendo in superficie, stemperano le argille dando luogo alle tipiche formazioni a cono o polla, a seconda della densità del fango. Un fenomeno noto sin dall’antichità, come dimostrano diversi ritrovamenti archeologici in zona, e studiato da celebri scienziati del passato, con osservazioni anche molto fantasiose.

Il nome ‘salsa’ (dal latino ‘salsus’) deriva dall’alto contenuto di sale delle acque fossili, ricordo del mare che fino ad un milione di anni fa occupava l’attuale Pianura Padana. Sale che rende particolarmente inospitali e aridi i terreni attorno, tanto che le sole piante che qui possono sopravvivere sono graminacee come la Puccinellia fasciculata, diffuse nei litorali costieri. Le salse vengono considerate fenomeni “pseudovulcanici”, in quanto hanno caratteristiche simili ai vulcani, ma hanno origini completamente diverse, non essendo collegate al magma ed essendo assolutamente fredde.

La Riserva Naturale Salse di Nirano

Istituita nel 1982, la Riserva Naturale delle Salse di Nirano tutela il più vasto e peculiare complesso di “salse” della regione e, con quello di Aragona (Agrigento), il più importante d’Italia e uno tra i più complessi d’Europa. Si estende su circa 200 ettari nel territorio comunale di Fiorano Modenese, tra i corsi d’acqua Fossa e Chianca, sulle prime pendici dell’Appenino Modenese. Di minore estensione, ma non meno affascinanti e spettacolari, sono le salse situate nei comuni di Maranello (località Puianello), Sassuolo (località Montegibbio) e Viano (località Regnano e Casola Querciola).

Parte dell’Ente Parchi dell’Emilia Centrale, la Riserva è una delle principali tappe della Via dei Vulcani di Fango. Con la sua rete di 13 sentieri attrezzati e percorsi didattici aperti a tutti, anche a disabili e ipovedenti, il Centro visite Cà Tassi, sede anche del Ceas Pedecollinare, l’Ecomuseo Cà Rossa e il Campo catalogo delle cultivar antiche, accoglie circa 70.000 visitatori all’anno.

Alla scoperta del borgo di Fiorano

Una volta qui, vale la pensa visitare il borgo storico di Fiorano, partendo dal Santuario della Beata Vergine in piazzale Giovanni Paolo II, dove è visibile un’area archeologica all’aperto che conserva i resti murari di un ambiente interrato dello scomparso castello di Fiorano, che occupava un tempo la sommità del colle, distrutto nel Seicento per costruire il santuario.

Una piacevole passeggiata conduce tra le case dell’antico borgo detto “il Sasso”, lungo via Brascaglia che circonda il colle e via Bonincontro da Fiorano, dove si trova un edificio che conserva ancora le finestre decorate con formelle in terracotta, risalenti al Quattrocento.

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Umbertide, il borgo immerso nel verde

Oggi andiamo alla scoperta di un meraviglioso borgo italiano completamente immerso nel verde: Umbertide. Situato nella provincia di Perugia, sorge nel territorio dell’Alta Valle del Tevere, dominata dal Monte Acuto, in un contesto naturale di rara bellezza. Ma cosa vedere in questo luogo così suggestivo?

Cosa vedere a Umbertide

Partiamo dal presupposto che Umbertide vanta origini antichissime, ma che bisogna aspettare il Medioevo per far sì che questo posto viva uno sviluppo importante.

Il suo centro storico è perfetto per fare piacevoli passeggiate in cui ammirare le vetrine dei negozi e i vari edifici risalenti al XVIII secolo, tra cui il Palazzo Comunale in Piazza Matteotti e la Torre dell’Orologio.

Imperdibile è certamente la sua Rocca, detta anche Rocca di Fratta, che svetta in tutto il suo fascino grazie alla sua alta torre e i due bastioni. Ma la cosa più interessante è che oggi è adibita a Centro di Esposizioni d’Arte Contemporanea, il cui focus principale riguarda gli artisti locali della ceramica di cui la cittadina vanta una lunga tradizione. Occasionalmente vengono anche organizzate delle visite guidate per scoprirne gli interni.

Vale la pena fare un salto anche alla Chiesa di Santa Maria della Reggia che si trova in Piazza Mazzini. Un affascinate edificio religioso che è stato edificato nella seconda metà del XVI secolo con un’architettura esterna che conquista il cuore dei suoi visitatori grazie alla sua forma ottagonale e per la grande lanterna situata sulla sua sommità.

Gli interni, invece, sono di forma circolare e proteggono il quadro raffigurante la Beata Vergine della Reggia, uno favoloso tabernacolo, una fonte battesimale in marmo bianco, una statua di San Giuseppe e la Trasfigurazione di Cristo di Niccolò Circignani.

Interessante è anche il Museo Civico di Santa Croce che si trova all’interno dell’ex omonima chiesa. Esso conserva alcune opere degne di nota tra cui la Deposizione della Croce di Luca Signorelli. Vicino, tra le altre cose, ci sono la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Bernardino: per questo motivo la piazza in cui svettano queste strutture viene anche definita delle “Tre Chiese”.

Cosa vedere nei dintorni di Umbertide

A pochi chilometri dal centro storico di Umbertide da non perdere è l’Abbazia di Montecorona. Gli esterni di questo edificio incantano per il campanile a base ottagonale, mentre gli interni conservano l’originale impianto medievale. Proseguendo in salita si raggiunge l’eremo che si rivela un luogo perfetto per ritrovare sé stessi e la propria spiritualità.

Infine il Castello di Civitella Ranieri, uno dei luoghi più maestosi e suggestivi dell’Umbria che vanta un fascino tutto rinascimentale. Meraviglioso anche il bosco di cui è circondato.

Infine, vi consigliamo di fare un salto al pittoresco borgo di Preggio che si trova 630 metri sul livello del mare. Il suo territorio è abbracciato da una ricca vegetazione, ma a colpire il visitatore è soprattutto la sua Rocca, in posizione dominante. Ma non solo. Da queste parti vale la pena fermarsi a scoprire anche la chiesa della S.S.Trinità in San Francesco che conserva un reliquiario che custodisce una “Sacra Spina” e la chiesa della Madonna delle Grazie che sfoggia un altare in stile rinascimentale e un affresco attribuito al Pinturicchio.

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In Italia è stata scoperta la Dutrowite: cos’è e dove

Così piccolo eppure così ricco di tesori nascosti. C’è un borgo, in Italia, con meno di 100 abitanti e una storia interessante e unica da raccontare, famoso per le sue bellezze naturali e sotterranee, e per la straordinaria importanza geologica e mineralogica del territorio su cui sorge. Questa volta, è finito sotto i riflettori grazie a una scoperta che ha attirato nello splendido paesino degli speciali visitatori internazionali.

La scoperta della “Dutrowite” a Fornovolasco

Siamo a Fornovolasco, frazione del borgo di Fabbriche di Vergemoli, in provincia di Lucca, dove un team di studiosi ha fatto un’importante scoperta. Si tratta della professoressa della Louisiana State University, Barbara L. Dutrow, del marito Darrel Henry professore di geologia alla Lousiana State University, di Andreas Ertl, dell’Institut fuer Mineralogie und Kristallographie dell’Università di Vienna, e di Peter Bacik, della Comenius University Bratislava, Repubblica Slovacca, che hanno visitato il territorio di Fornovolasco nei suoi angoli più nascosti, identificando un piccolo tesoro.

Il motivo del loro arrivo nel borgo situato all’interno delle Alpi Apuane, nella regione della Garfagnana, è la recente scoperta nella zona di una nuova specie mineralogica, battezzata “Dutrowite”, nome coniato proprio in onore della professoressa Barbara Dutrow, in passato presidente sia della Mineralogical Society of America che della Geological Society of America.

Sul finire del 2019, i geologi Cristian Biagioni e Daniela Mauro, del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, insieme a diversi studiosi di altri enti di ricerca italiani e stranieri, hanno identificato questa nuova specie mineralogica, che è andata ad arricchire la notevole geodiversità di questa terra.

In seguito, le ricerche sono state interrotte a causa della pandemia, ma finalmente nei giorni scorsi, la professoressa Dutrow, in compagnia di famiglia e colleghi, ha finalmente potuto conoscere e ispezionare di persona i luoghi dove è stata identificata la varietà di minerale che ora porta il suo nome. “Siamo felici di questa ulteriore scoperta che rappresenta come questo territorio dalle bellezze straordinarie sia anche unico sotto il profilo geologico – ha commentato Michele Giannini, sindaco di Fabbriche di Vergemoli – In futuro, grazie al Pnrr appena vinto, si promuoverà il territorio anche sotto questo aspetto, in modo da rendere sempre più diversificata l’attrattiva del borgo”.

Fornovolasco e le sue ricchezze geologiche

La scoperta della “Dutrowite” non è l’unica degna di nota tra le rocce di questo settore delle Alpi Apuane. Poco più di dieci anni fa, un’altra importante scoperta mineralogica è avvenuta nella Cava del Ferro del Trimpello, presso Fornovolasco, a conclusione di una ricerca quinquennale, effettuata dal Gruppo Mineralogico Paleontologico di Fornaci di Barga. La specie mineralogica, mai rinvenuta prima in nessuna parte del pianeta, è stata battezzata “Volaschioite”, in riferimento alla località di rinvenimento, là dove, nel Medioevo, sorgeva l’hospitale di Volaschio, da cui l’attuale borgo di Fornovolasco.

Tra le grandi attrazioni di questo straordinario territorio non bisogna poi dimenticare la suggestiva Grotta del Vento. È situata al centro del Parco delle Alpi Apuane, in una zona ricca di spettacolari quanto interessanti fenomeni carsici. Qui gli agenti atmosferici incessantemente scavano, scolpiscono e modellano le rocce calcaree, dando origine a maestose sculture naturali, come il massiccio delle Panie, l’enorme arco naturale del Monte Forato, i torrioni del Monte Procinto e il paesaggio lunare dell’Altopiano della Vetricia.

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Montecalvello, un luogo fuori dal tempo

C’è un luogo, in Centro Italia, in cui sembra di fare un viaggio fuori dal tempo, in cui tutto scorre lentamente e che pare un’affascinante contraddizione. Il piccolo borgo infatti sembra disabitato, ma nel frattempo i bambini giocano felici per le strade: Montecalvello, una frazione di Viterbo, nel Lazio.

La storia di Montecalvello, il borgo immerso nella Valle del Tevere

Montecalvello deve la sua fama principalmente al suo castello, le cui origini risalgono probabilmente al periodo che va tra il 774 e il 776, quando il re longobardo Desiderio si fece promotore e artefice della sua fondazione.

Le prime notizie ufficiali su questo mini borgo della Tuscia viterbese si hanno dalla prima metà del Duecento, quando un tal Alessandro Calvelli deteneva il possesso del feudo cui prese verosimilmente il nome del paese.

Nel corso dei secoli altri nobili fecero del borgo di Montecalvello una loro residenza, come i Monaldeschi di Montecalvello, il marchese Marcello Raimondi nel 1644, e Donna Olimpia Maidalchini in Pamphili. Mentre nei primi decenni del secolo scorso la proprietà passò alla Sig.na Beatrice Mariani, la quale decise poi di venderlo nel 1970 al famoso pittore di arte contemporanea Balthasar Klossowski de Ròla, meglio conosciuto con il nome di Balthus. Quest’ultimo, infine, ha lasciato al figlio l’intera eredità.

Cosa vedere a Montecalvello

Il borgo sorge nel cuore della Teverina Viterbese, quella parte della Valle del Tevere che delimita per qualche decina di chilometri il confine fra Lazio e Umbria. Una zona che si distingue per possedere un paesaggio dolce ma anche segnato da aspri calanchi, uno dei territori più straordinari e romantici della Tuscia.

Visitare Montecalvello vuol dire fare un viaggio a ritroso nel tempo. Il castello stesso, varcata la porta d’accesso, appare un luogo in cui tutto ciò che è moderno non ha mai avuto accesso, e dove si può avere la visione quasi perfetta di un villaggio del XVI secolo pervenutoci quasi completamente intatto.

Grazie al suo grande fascino, infatti, Montecalvello e il suo maniero sono stati utilizzati molte volte come set cinematografico. Per esempio, è stato scelto nel 2010 per la serie televisiva Rai Preferisco il Paradiso dedicata alla vita di San Filippo Neri, nel 2015 per il film di Matteo Garrone Il racconto dei racconti, più recentemente nel 2019 per Netflix Luna Nera e nel 2020 per la serie televisiva targata Rai dedicata a Leonardo da Vinci.

Il castello di Montecalvello

Il castello che svetta a Montecalvello è chiamato anche Catello di Balthus, un pittore controverso che rappresenta le storie del mondo come un palcoscenico in cui i sogni si intrecciano alla vita di tutti i giorni. Un artista che fu uno tra i più originali ed enigmatici maestri del Novecento, il primo pittore che ancora in vita ebbe il privilegio di vedere esposte le sue opere al Louvre di Parigi.

Ma la cosa più particolare è che ancora oggi, nell’ultimo piano del castello, ci sono i colori, le terre, l’olio di lino e i pennelli lasciati lì proprio da Balthus.

Attualmente è di proprietà privata, ma la corte e parte delle costruzioni interne sono liberamente visitabili. La corte, per esempio, si fa riconoscere poiché al suo centro conserva una fontana rotonda, ma anche perché ci si sente completamente avvolti dalle antiche atmosfere medievali. Per visitare l’interno, invece, è necessario essere in gruppo e accompagnati da una guida, ma chi ha avuto questa possibilità racconta di un maniero dall’atmosfera esoterica e dal mobilio assolutamente adeguato allo stile vissuto.

La chiesa di Santa Maria Assunta

All’ingresso di questo minuscolo paese, dopo aver oltrepassato un arco, un suggestivo corridoio conduce verso la chiesa di Santa Maria Assunta.

L’edificio presenta una facciata molto semplice ma allo stesso tempo particolare: è formata da una sola navata con due cappelle laterali. Il suo interno, invece, è completamente intonacato di bianco. Tuttavia, spicca senza ombra di dubbio la Cappella del Crocefisso decorata da pregevoli affreschi. Degne di nota sono anche l‘abside obliqua, la fonte battesimale e le diverse nicchie con oggetti e arredi sacri.

La chiesa di San Rocco

Poco distante dal paesino è possibile lasciarsi incantare dalla piccola chiesa rurale di San Rocco, una delle prime in Europa dedicate al santo invocato contro la peste.

Entrandoci è possibile ammirare la statua di San Rocco, portata in processione in occasione della festa patronale ogni 16 agosto e diversi affreschi di particolare interesse. Alcuni di questi raffigurano la Madonna della Melagrana con il Bambino, Santa Caterina, Sant’Egidio e Santa Rosa da Viterbo.

Presenti anche una serie di graffiti, già oggetto di un interessante e accurato studio, creati dai pellegrini che attraversavano il centro per recarsi a Roma. Uno di questi in particolare descrive la battaglia con la quale, nel 1528, i Monaldeschi di Montecalvello difesero il centro dall’assalto dei gatteschi Ottaviano Spiriti, Marzio Colonna e Pirro Baglioni, signore di Castel Piero i quali lasciarono sul campo “circa 15 morti delli loro”.

Cosa vedere nei dintorni di Montecalvello

Montecalvello è un delizioso borgo visitabile in davvero poco tempo, e per questo motivo vale assolutamente la pena scoprire i suoi meravigliosi dintorni. A circa 15 chilometri dall’abitato, per esempio, sorge Bomarzo che, grazie principalmente alla presenza del Parco dei Mostri o Sacro Bosco, è uno dei centri storici del Lazio più rinomati. Ma non solo. In questo territorio sorge anche il “Sasso del Predicatore”, conosciuto con il nome di Piramide Etrusca, un posto altamente misterioso e suggestivo.

Chi ama i borghi fantasma deve necessariamente fare un salto a Celleno che prende vita su un incantevole sperone tufaceo. Un luogo dall’atmosfera altamente suggestiva e dove regnano quiete e silenzio. Merita una visita non solo per ammirare i suggestivi vicoli e palazzi dell’ormai borgo abbandonato, ma anche per l’irresistibile panorama in cui è immerso.

Infine, vi consigliamo di fare una sosta anche a Sant’Angelo di Roccalvecce che possiamo definire il “Paese delle fiabe”. Da queste parti, infatti, tutte le favole più belle che vi possono venire in mente sono impresse sui muri. Questo perché alla fine del 2016 il borgo è stato arricchito da murales incredibili, che non possono lasciare indifferenti i bambini, ma nemmeno gli adulti.

Non resta che fare un salto all’antico borgo di Montecalvello e cogliere l’occasione per visitare i suoi straordinari dintorni.

Bomarzo tuscia

Fonte: iStock

Vista panoramica di Bomarzo
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Il piccolo borgo marino italiano che sembra una cartolina

Il mondo che abitiamo non smette mai di sorprenderci perché è pieno di meraviglie che aspettano solo di essere raggiunte ed esplorate. Ma se è vero che siamo disposti a percorrere chilometri per raggiungere destinazioni lontanissime, è altrettanto vero che alcune di questi si trovano qui, proprio sotto ai nostri occhi.

L’Italia, infatti, è un Paese meraviglioso. E ogni volta che crediamo di conoscerlo, lui torna a sorprenderci. Lo fa mostrandoci il suo volto più bello, quello caratterizzato da scorci incantevoli, da meraviglie naturali che convivono con l’uomo e da paesaggi che sembrano usciti da un libro di fiabe.

E quella di essere in una fiaba è proprio la sensazione che si prova ogni qualvolta si raggiunge Portovenere, il piccolo borgo marinaro della provincia di La Spezia che sembra una cartolina dipinta.

Benvenuti a Portovenere

È un viaggio tra le bellezze dell’Italia, quello che vogliamo fare oggi, che ci porta in un luogo di incantevole bellezza. L’attrezzatura richiesta, per raggiungere questa destinazione, è semplice ed è fatta di smartphone e videocamere, necessarie per immortalare gli straordinari scorci che si aprono davanti agli occhi dei visitatori che giungono fin qui. Non deve mancare, ovviamente, il costume da bagno.

Del resto Portovenere, il più piccolo dei borghi di La Spezia, è Patrimonio Mondiale dell’Unesco insieme alle Cinque Terre e alle tre isole dell’arcipelago che sono, rispettivamente, Palmaria, Tino e Tinetto.

Il nome di questo borgo è tanto affascinate quanto evocativo e fa riferimento all’antico tempio di Venere che un tempo sorgeva dove ora c’è la chiesa di San Pietro, uno dei luoghi più belli dell’intero territorio italiano. La piccola e romantica chiesa, infatti, è situata nella parte più estrema del promontorio ed è oggi uno dei luoghi più raggiunti e fotografati dai viaggiatori di tutto il mondo.

Da qui la vista sul territorio circostante è bellissima! Porto Venere, infatti, si trova nella parte finale della penisola, proprio in quella zona conosciuta come golfo dei Poeti.

Chiesa di San Pietro, Portovenere

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Chiesa di San Pietro, Portovenere

Dentro una cartolina: cosa fare e cosa vedere a Portovenere

Raggiungere Portovenere, in ogni stagione dell’anno, è una vera e propria esperienza all’insegna della bellezza. Passeggiare per il borgo, e ammirare tutti gli scorci che si aprono improvvisamente davanti allo sguardo, restituisce la sensazione di trovarsi all’interno di una cartolina.

Del borgo originario, situato nella piazza Spallanzani e abitato dagli antichi pescatori, oggi non resta più nulla a seguito dell’assalto da parte del Longobardi nel 643. È possibile, però, ammirare alcuni reperti romani, che fanno riferimento al periodo cristiano, nelle murature situate proprio sotto la piazza.

Ma le cose da vedere e da fotografare, qui, sono tantissime. Tra le più suggestive c’è sicuramente la sopracitata chiesa di San Pietro, alla quale fa eco il santuario della Madonna Bianca, un luogo affascinante e intriso di spiritualità raggiunto da tantissime persone.

Imperdibile, ovviamente, è il castello Doria, una fortezza imponente e solitaria che dall’alto di una roccia domina e sorveglia l’intero borgo di Portovenere.

Immancabili sono le passeggiate tra le case colorate, quelle che offrono una vista mare mozzafiato dove galleggiano le barche colorate, così come imperdibili sono le nuotate nelle acque turchesi e cristalline. Ed è proprio immergendovi nelle mille sfumature di blu che potrete raggiungere la Grotta di Byron, una delle attrazioni più suggestive del borgo.

Situata tra il Castello e la chiesa di San Pietro, questa cavità naturale è un gioiello tutto da scoprire. Moltissime sono le specie marine che in questa grotta hanno trovato una casa, rendendo questo luogo un paradiso per gli amanti dello snorkeling.

Portovenere

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Portovenere
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Roppolo, il piccolo borgo incantato tra lago e montagne

Sorge in un territorio ricco di biodiversità, tra laghi, colline, risaie, boschi e sentieri, l’antico borgo di Roppolo, nel Biellese, posizionato nelle estreme propaggini orientali della collina morenica della Serra Morenica di Ivrea. Da qui è possibile abbracciare con uno sguardo il lago di Viverone e la vallata sottostante.

Tre le ipotesi che ruotano intorno alle origini del nome: si pensa che Roppolo derivi dal latino ‘ara-Apollinis’, ossia ‘altare di Apollo’, in quanto quella zona è stata anticamente abitata da nuclei sia celtici che romani, oppure dal prediale germanico ‘Ropolo, Roptulo’, mentre una terza congettura riguarderebbe il piemontese ‘rocol’, e cioè rocca, arroccamento.

Ciò che si sa con certezza, è che il nome ‘Roptul’ fu attestato per la prima volta nel 936, su una delega dell’imperatore germanico Ottone I di Sassonia sul Vercellese, e consegnato ai nobili del territorio. Qualche decennio più tardi, sarà poi citato come tappa dell‘itinerario di pellegrinaggio della Via Francigena.

Il Castello di Roppolo, principale attrazione del borgo

Tra le attrazioni più belle di questo borgo adagiato sulle colline piemontesi c’è l’affascinante Castello di Roppolo, superstite indenne di invasioni, guerre, assedi, espugnazioni e distruzioni, nonché tappa imperdibile per chi passa lungo il vicino tracciato della Via Francigena. Sin dalla fine del IX secolo si erge sulle sommità dell’anfiteatro morenico, da cui domina tutto il paesaggio circostante, che dai ruderi del Castello di Viverone, conduce lo sguardo ad abbracciare in lontananza le bianche case di Ivrea, la valle e le montagne di Aosta, e il colle di Masino.

La sua posizione strategica ne ha decretato la fortuna nei secoli: numerosi condottieri, infatti, lo utilizzarono come quartier generale, tra cui anche Napoleone Bonaparte. Il castello passò in mano a diverse famiglie nobili cambiando di volta in volta uso: nato come roccaforte diviene dimora fortificata, per poi trasformarsi in alloggiamento signorile e, successivamente, in una elegante residenza di campagna.

La magnificenza del passato sotto la potente famiglia dei conti Bichieri è ancora viva e presente nell’ala duecentesca del maniero, sulla cui parete principale domina lo stemma dei tre bicchieri riempiti di vino a metà, sotto il cappello cardinalizio del Cardinale Guala. Dal 1441 fino alla Rivoluzione Francese, il castello passò sotto la signoria dei piemontesi Valperga, cui si deve la ristrutturazione dell’edificio con l’aggiunta dell’ala Est, in stile rinascimentale, che è andata a definire nei suoi elementi essenziali quella che poi è rimasta fino ad oggi la sua fisionomia. Tuttavia, il nome di Ludovico Valperga è legato ad una oscura storia, tra realtà e leggenda.

La leggenda del ‘murato vivo’

Castello e borgo ritorneranno di proprietà sabauda a causa della storia del ‘murato vivo’. Nel 1800, durante i lavori di restauro di una parete, nella terza stanza della torre fu trovata, dietro un muro, un’armatura completa con tanto di scheletro al suo interno. Le spoglie vennero attribuite a Bernardo Valperga di Mazzè, che scomparve forse per mano del suo vecchio compagno d’armi Ludovico Valperga. Tutto deriverebbe da un contenzioso tra Ludovico e Bernardo: quest’ultimo, caduto in un tranello ordito dal primo ai suoi danni, scomparve improvvisamente nel nulla gettando nella disperazione la giovane moglie Maddalena, che sconvolta vagò per giorni nella campagna circostante alla sua ricerca.

Nello studio realizzato dallo storico Renzo Rossotti risulta che la versione ufficiale della scomparsa di Bernardo Mazzè, attribuita ad annegamento in un fiume, non fu creduta dai Savoia, che confiscarono a Ludovico Valperga il castello, in quanto ritenuto responsabile di omicidio. In seguito all’assassinio, furono sentite urla strazianti nell’edificio, soprattutto nelle notti di luna, tali da alimentare la leggenda arrivata fino ai giorni nostri. Un secolo dopo, una commissione si prese la briga di andare a svelare quel mistero, constatando che si trattava del vento che, formando un mulinello in una stanza dell’ultimo piano, provocava un ululato simile a un lugubre lamento. Tuttavia, nessuna spiegazione fu mai fornita riguardo alle misteriosi apparizioni spettrali.

Relax al Lago di Viverone

Roppolo regala anche esperienze incantevoli in un affascinante contesto naturale, come una gita al lago di Viverone. Inserita nel sistema dei “Siti Palafitticoli Preistorici dell’Arco Alpino”, l’area fa parte dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO.

Il lago è un’oasi di protezione faunistica, che offre un ambiente naturale ricco di flora e fauna di notevole interesse, ma le sue sponde sono ben attrezzate per l’accoglienza, grazie alla presenza di molti campeggi, villaggi turistici, alberghi e strutture balneari. Qui c’è la possibilità di praticare tante attività all’aria aperta, dall’equitazione al trekking, passando per escursioni in mountain bike e pesca sportiva. Un luogo davvero unico e affascinante.

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Trekking a San Leo, nell’incantevole Valmarecchia

In Italia esiste una valle incantata, disegnata da panorami incredibili e antichi borghi dove il tempo sembra non scorrere mai: è la Valmarecchia, nell’entroterra di Rimini, lungo il corso dell’omonimo fiume al confine con Marche e Toscana, un territorio di verdeggianti colline e luoghi d’interesse archeologico e storico da scoprire con un turismo lento e splendidi itinerari per trekking.

San Leo, incredibile capitale d’arte

san leo

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Veduta di San Leo con la Fortezza

Fulcro della valle è l’antichissimo villaggio di San Leo, capitale d’arte e cuore della regione storica del Montefeltro, definito da Umberto Eco come la “città più bella d’Italia” e citato da Dante nel Purgatorio della Divina Commedia.

Nel circuito dei Borghi Più Belli d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club, è il punto di partenza ideale per percorsi a piedi e a cavallo immersi in un territorio che non si dimentica facilmente: già la scenografica posizione arroccata su uno sperone di roccia, in equilibrio tra natura e storia, lo rende davvero suggestivo.

Per raggiungerlo, un’unica strada scavata nella roccia, un po’ impervia ma ne vale la pena: nel momento in cui si varca la porta d’ingresso, ci si ritrova immersi in una tranquilla atmosfera d’altri tempi, tra panorami di boschi e pinnacoli rocciosi, vicoletti lastricati, eleganti palazzi rinascimentali, chiese e superbi edifici romanici.

Su tutto spicca la Fortezza, nel punto più alto a 639 metri, che oggi ospita il Museo in cui conoscere la storia del borgo e dei suoi protagonisti e visitare le celle dei detenuti (tra cui quella dell’alchimista Cagliostro) e una mostra dedicata alle armature e armi del XIV e XIX secolo.

Di sicuro interesse anche la Pieve, di epoca carolingia rimodernata in età romanica, la Cattedrale a strapiombo sulla rupe con imponente torre campanaria da cui si gode di una vista incomparabile sul borgo e la sua valle, il Palazzo Mediceo, sede della Pinacoteca e del Museo d’Arte sacra, e il Palazzo della Rovere, oggi Municipio, che ospitò San Francesco nel 1213.

Borgo fuori dal tempo, è anche l’ideale punto di partenza per una gita fuori porta in un angolo di Romagna che non ha eguali.

Trekking da San Leo alla scoperta di un territorio di vera bellezza

Dopo aver speso del tempo ad ammirare l’antichissimo borgo dall’aspetto tuttora invalicabile, lasciandosi alle spalle le mura medievali è il momento di raggiungere il Convento Francescano di Sant’Igne, immerso nel verde e nel silenzio, dove si narra che il Santo trovò riparo una notte e conforto grazie al fuoco acceso dai pastori, da qui il nome Sant’Igne, fuoco sacro.

L’escursione in un paesaggio incantato, plasmato da possenti scogli rocciosi, prosegue sul crinale che da Monte Gregorio porta al raccolto borgo di Tausano, dove affascinano le “piccole Dolomiti” della Romagna, inconfondibili e aspri speroni di roccia noti come “Creste dei Tausani”: un panorama difficile da descrivere a parole.

Ma non finisce qui. Tra rupi calcaree e picchi di roccia, l’itinerario continua fino ad arrivare ai meravigliosi Balconi di Piero della Francesca, il Maestro itinerante, che trovò in questo territorio unico la fonte di ispirazione per i suoi capolavori: perdetevi a osservare i punti panoramici che gli diedero lo spunto per lo sfondo delle opere “San Gerolamo e un devoto” e “Ritratto di Battista Sforza“.

Infine, con una mezz’ora di cammino da San Leo, si raggiunge la vetta del Monte Severino con vista a 360 gradi sul borgo e la Valmarecchia: essere qui al tramonto è un’esperienza di gioia e benessere che non capita spesso!

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A Cogorno, il borgo dei Fieschi in Liguria

Oggi vi portiamo a scoprire un borgo situato tra le meraviglie della Liguria e altamente condizionato dai Fieschi, una delle maggiori famiglie genovesi, i quali furono protagonisti di un’espansione territoriale tra XII e XIII secolo nella Liguria di Levante che li portò a un aperto scontro con il Comune di Genova: Cogorno.

Cogorno, cosa sapere

Cogorno è un comune italiano sparso della città metropolitana di Genova che comprende San Salvatore (detto anche San Salvatore dei Fieschi), e le frazioni di Breccanecca, Costa, Monticelli e Panési. Le sue origini sembrerebbero risalire all’epoca pre-romana e nel corso dei secoli fu possesso dei signori di Cogorno, discendenti dalla famiglia Fieschi, i quali ci hanno lasciato in eredità numerosi monumenti da visitare.

Questo piccolo borgo, infatti, è un vero e proprio spaccato di storia scolpita sull’ardesia dai Fieschi, ma anche una sorta di “cerniera” tra costa ed entroterra, a soli 4 chilometri dal mare.

Vi basti pensare che ci troviamo tra il promontorio di Sestri Levante e quello di Portofino, nella porzione di territorio che risale lungo la riva sinistra dell’Entella, e l’entroterra delle Valli Fontanabuona, Graveglia e Sturla-Aveto. Una zona, quindi, altamente suggestiva.

La pietra scura, l’ardesia, è senz’altro l’emblema di questa terra e della sua gente, a tal punto che l’attività estrattiva ha lasciato numerose testimonianze che hanno dato vita a un museo a cielo aperto composto da centinaia di cave ormai abbandonate, da muretti a secco e da bassorilievi.

Non mancano meravigliosi sentieri lastricati, due dei quali uniscono San Giacomo al mare di Lavagna (Sentiero delle Portatrici) e alla Basilica dei Fieschi e la Fiumana bella (Sentieri del San Giacomo, La Via dell’Ardesia).

Cosa vedere a Cogorno

Pur essendo piccino, Cogorno è in grado di regalare molte attrazioni per i suoi visitatori. Il tutto principalmente grazie alle cave di ardesia che vantano una storia millenaria e che, ad opera dei Fieschi, hanno donato al comune un patrimonio di edifici storici, religiosi e non, particolarmente suggestivi, dei veri scrigni di opere d’arte.

Tra questi da non perdere è certamente la Basilica dei Fieschi, a San Salvatore, la cui costruzione risale al periodo che va dal 1244 al 1252 per volontà dei pontefici Innocenzo IV e Adriano V. Una struttura talmente imponente che dal 1860 è inserita tra i Monumenti Nazionali, oltre a essere considerata uno degli edifici di culto romanici tra i più pregiati e meglio conservati dell’intera ragione Liguria.

Basilica dei Fieschi cogorno

Fonte: 123rf

La bella Basilica dei Fieschi

Bellissimo anche l’Oratorio di San Giovanni Battista, a Cogorno, che è la sede di un’antica confraternita dei Disciplinanti. A suo interno vi è conservata la statua del santo, una tela ritraente Dio Padre e un crocifisso del XVII secolo. Sempre a Cogorno, altrettanto suggestiva è la Chiesa parrocchiale di San Lorenzo che fu eretta assieme all’alto campanile nel XVII secolo.

Poi la Cappella di San Bartolomeo, dove lungo le due pareti laterali sono conservati sei dipinti, su supporto d’ardesia, raffiguranti San Carlo Borromeo, l’Arcangelo Raffaele e il Giovane Tobia sul lato destro; Santa Apollonia, una Figura Orante e Santa Lucia sul quello sinistro.

Infine il Palazzo Comitale dei Fieschi, a San Salvatore, che dopo vari interventi di recupero è diventato una sorta di museo per esposizioni e avvenimenti culturali, ma anche la sede museale comunale che mette in mostra le antiche attività produttive che si trovano su questa straordinaria terra.

Cogorno, gli eventi da non perdere

I Fieschi hanno fatto la storia di questo delizioso borgo, a tal punto che questa famiglia rivive ogni anno il 13 agosto con la rievocazione storica medievale dell’Addio do Fantin (Addio al Celibato del Conte Opizzo Fieschi) che precede la celebre Torta dei Fieschi di Lavagna.

Un evento che catapulta il visitatore direttamente nel Medioevo, quando Opizzo Fieschi decise di unirsi in matrimonio con la contessa Bianca de’ Bianchi di Siena. La ricorrenza, celebrata in notturna nel piazzale-sagrato puntellato di ciottoli bianchi e neri della Basilica dei Fieschi di San Salvatore, ricorda appunto l’addio al celibato del conte, grazie anche a un sontuoso banchetto medievale, alla sfilata e ai balli in abiti d’epoca.

Un altro appuntamento, sempre in onore dei Fieschi, è a settembre con l’Annuncio della Grida del 1600 organizzata in occasione della Festa della Santa Croce.

Cosa vedere nei dintorni di Cogorno

Il primo luogo che vi consigliamo di visitare nei dintorni di Cogorno è Chiavari, sempre in provincia di Genova. Vi basti pensare che questo è il centro nevralgico del Tigullio, ma anche uno dei più importanti porti turistici della Liguria.

Vanta antiche tradizioni marinare, alle quali le sue attrazioni più famose sono legate. Si distingue per essere una città dinamica, fervente di attività e a misura d’uomo. Sfoggia un centro storico di stampo medievale, con portici e splendidi palazzi ottocenteschi che si mescolano a una gran varietà di paesaggi: la costa lungo la quale è possibile rilassarsi in alcune delle spiagge più famose del Tigullio, le vie con porticati e le piazzette del centro, le colline e le valli dell’entroterra chiavarese.

Qui, inoltre, prendono vita diversi carruggi, tipiche vie con portici medievali che caratterizzano il Borgolungo, ovvero il centro di Chiavari, ma anche quel che rimane di un sontuoso castello che è uno dei più antichi di tutta la zona. Bellissimo il suo litorale che è un susseguirsi di spiagge di sabbia fina e ghiaia bagnate dall’inconfondibile mare azzurro della Liguria, pulito e ricco di fauna marina. Infine è bene sapere che Chiavari, assieme a Sestri Levante, è la località con la più alta percentuale di spiagge libere nel Golfo del Tigullio.

Un altro luogo vicino a Cogorno che vi consigliamo di vistare è Lavagna, anch’essa adagiata sul Golfo del Tigullio. Agli amanti del mare da queste parti sembrerà di vivere un sogno poiché la sua spiaggia è la più lunga di tutta la Riviera di Levante.

Un luogo di cui bisogna apprezzare l’atmosfera semplice, la comodità di avere tutto a portata di mano e la facilità a spostarsi verso tante mete interessanti. Tra i suoi edifici civili più belli, invece, vi segnaliamo Palazzo Franzoni: costruito sul finire del Settecento, fu dimora signorile, ospedale e albergo, mentre oggi è sede del Municipio.

Insomma, il borgo dei Fieschi, Cogorno, e i suoi dintorni sogno degli angoli di Liguria che vale assolutamente la pena scoprire.

Chiavari liguria

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La bellissima Chiavari
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Borghi Viaggi

Il suggestivo borgo italiano in cui regna la pace

C’è un borgo, nel nostro incantevole Paese, dove la pace è la parola d’ordine, ciò che lo rende più unico che raro. Tutto scorre all’insegna della bellezza e della tranquillità, ma anche sulla base di tradizioni culturali ed enogastronomiche tipicamente montanare.

Aieta, uno dei “Borghi più belli d’Italia”

Siamo ad Aieta, in provincia di Cosenza, un borgo di origine medievale che sorge all’interno delle maestosità del Parco nazionale del Pollino a 524 metri di quota sul livello del mare.

Un paesino di quasi 800 abitanti ma che, nonostante le sue minute dimensioni, è in grado di affascinare il viaggiatore grazie al suo paesaggio montano dove prendono vita diversi sentieri che conducono al Monte Ciagola, che vanta ben 1462 metri di altezza. Inutile dirvi che il panorama da lassù è magnifico, a tal punto che è possibile ammirare il mare del Golfo di Policastro.

Il centro storico di Aieta sorge a circa 12 chilometri dalla costa e passeggiandoci si è in grado di comprendere sin da subito il suo nobile passato medievale, il tutto anche annusando l’odore intenso della natura che lo circonda. Ma cosa vedere in questo borgo situato in posizione panoramica sulle colline dell‘Alto Tirreno Cosentino?

aieta calabria

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Lo splendido borgo di Aieta

Cosa vedere ad Aieta

Sono tantissime le testimonianze storiche e architettoniche che si susseguono in questo pittoresco borgo come, per esempio, il suo Palazzo Rinascimentale che rappresenta uno dei rari esempi di questo stile applicato all’edilizia civile nella regione Calabria. Vi basti pensare che è stato persino dichiarato Monumento Nazionale nel 1913.

Bellissima anche la Chiesa Madre di Santa Maria della Visitazione che risale al XVI secolo. Suggestivi gli affreschi e i dipinti su tavola custoditi al suo interno, ma anche il suo crocefisso in legno di artigianato meridionale e il suo prezioso organo di fattura napoletana, consegnato il 19 agosto 1673.

Da ammirare sono anche i resti del Convento dei Padri Minori Osservanti di San Francesco d’Assisi (1520), così come la Cappella di San Vito Martire (XVII secolo) che sorge a 800 metri dal centro storico. Merita una visita anche l’area archeologica di Monte Calimaro dove una grotta testimonia l’antico insediamento di Aieta Vetere.

La cavità è conosciuta con il particolare nome di Buco di Calimaro, un antro naturale dove aleggiano aliti di mistero e leggende popolari. Del resto, il suo ingresso è molto piccolo, ma il suo interno sembra non avere mai fine tanto che provando a scaraventarvi delle pietre, si può notare che esse rotolano senza mai raggiungere una meta, mentre il rumore si perde in un suono sordo. Per questo motivo, infatti, sulle sue dimensioni non c’è un vero e proprio accordo, ma solo diverse teorie contrastanti.

Secondo la tradizione popolare, il Buco di Calimaro nasconderebbe il tesoro di Aieta Vetere, anche se questa antica città situata sul Monte Calimaro qui non c’è mai stata: i resti presenti sul fianco della montagna sono quelli di un antico avamposto militare che venne edificato a controllo delle valli sottostanti.

Infine, i viaggiatori dallo spirito romantico non possono certo perdersi una passeggiata tra le pittoresche stradine del borgo tra cui spicca il Vicolo dei Baci, così chiamato perché è uno dei più stretti d’Italia, di solo 52 centimetri.

centro storico di Aieta cosa vedere

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Il suggestivo centro storico di Aieta

Aieta e la sua natura

Come detto in precedenza, Aieta è circondata da una natura rigogliosa che infonde una meravigliosa sensazione di pace. Da queste parti, passaggi secolari di pastori, contadini, legnaioli e carbonai, conducono a boschi di cerri e faggi dove si può incontrare persino il bellissimo giglio rosso.

Ma non solo. Il borgo di Aieta è posto tra mare e montagna e allo stesso tempo è anche collegato, tramite una bella strada panoramica, ai centri costieri di Praia a Mare e di Diamante, per poi passare ai pini loricati e alla natura montana che caratterizza il Parco del Pollino.

Tantissimi e facili sono i percorsi di trekking che portano il viaggiatore a scoprire i paesi di Papasidero, Laino Borgo e Laino Castello, mentre uno più impegnativo conduce sulla cima del Monte Ciagola.

Cosa vedere nei dintorni di Aieta

Se si decide di visitate Aieta, il borgo dove regna la pace, non può di certo mancare una sosta a Praia a Mare, sempre in provincia di Cosenza. Del resto, questa è una delle più ridenti e dinamiche mete turistiche di tutta la regione.

Il suo centro storico conserva alcuni monumenti di spicco come la Chiesa del Sacro Cuore e la Chiesa di San Paolo Apostolo, ma anche il caratteristico quanto suggestivo Santuario della Madonna della Grotta, così chiamato perché è posto all’interno di una grotta naturale creatasi dentro la collina.

Poi Diamante, il borgo più famoso della Riviera dei Cedri, che vanta tante altre attrazioni da poter ammirare e conoscere. Si distingue per essere una piccola roccaforte che abbraccia un avvallamento affacciato sul mare, ma anche per il suo nucleo urbano fatto di tanti vicoli intrecciati tra loro.

La chiesa più antica del paese è dedicata all’Immacolata Concezione. Risalente al XVII secolo, è legata a una leggenda che narra di un veliero diretto in Sicilia che improvvisamente si fermò nei pressi di Diamante. Al suo interno c’era la statua dell’Immacolata a cui fu edificata la chiesa.

Da non perdere, inoltre, la principale attrazione del borgo: i suoi murales. Da diverse anni, infatti, il suo centro storico è una sorta di museo a cielo aperto impreziosito da graffiti che raccontano storie molto importanti e da non dimenticare.

Infine, gli amanti del mare devono necessariamente correre a scoprire la Spiaggetta dell’Arcomagno a San Nicola Arcella che è una delle più suggestive e spettacolari di tutta la Calabria (e non solo). Da queste parti, infatti, svetta un maestoso arco di roccia che si specchia in stupendo mare turchese che lambisce una spiaggia a forma a mezzaluna, lunga circa 25 metri.

Ma non solo. Al fianco di questa insenatura prende vita la Grotta del Saraceno, una cavità naturale dove scorre una sorgente di acqua dolce, e oltrepassando l’arco naturale si può raggiungere e ammirare lo Scoglio dello Scorzone, un’enorme roccia calcarea il cui nome deriva dal termine calabrese di “vipera dei pollai”.

Insomma, il borgo di Aieta e i suoi dintorni sanno davvero accontentare i gusti di qualsiasi viaggiatore.

Spiaggia di Arcomagno calabria

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La Spiaggetta dell’Arcomagno
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Borghi cicloturismo itinerari Vacanze natura Viaggi

Itinerario slow lungo uno dei tratti più tipici d’Italia

Un itinerario perfetto da percorrere in bicicletta, che attraversa borghi e costeggia il mare. È quello lungo la costa romagnola, un tratto di pista ciclabile che va da Cesenatico a Sorrivoli, un micro-borgo arroccato nell’entroterra che conta meno di cento abitanti, ma che spicca per il suo splendido castello, e non solo.

L’itinerario è un anello di 64 chilometri, che tocca diversi luoghi caratteristici della nostra Romagna, alcuni poco conosciuti. C’è solo un problema di cui tenere conto: alcuni tratti sono in salita, pedalare potrebbe risultare faticoso, ma la buona notizia è che questi tratti sono davvero brevi e, comunque, basta dotarsi di una e-bike e la fatica è superata.

Itinerario tra i borghi romagnoli

Sicuramente uno dei tratti più faticosi è quello che tocca il borgo di Saiano, ma ne vale assolutamente la pena. Il bellissimo promontorio di Saiano, che sorge solitario sulle calme acque del fiume Marecchia, è uno spettacolo.

Qui, un sentiero immerso nella natura mediterranea scende fino al Santuario Madonna di Saiano considerato fin dal XV secolo miracoloso dalle partorienti. Dell’antica fortificazione rimangono solo dei ruderi e una torre cilindrica di origine bizantina. Bisogna tenere gli occhi aperti perché s’incontrano spesso istrici e caprioli.

Il borgo più affascinante però è Sorrivoli, arroccato sulla sponda sinistra del Rubicone. Il monumento più importante è il castello, che fu di proprietà dapprima degli arcivescovi di Ravenna, poi dei Malatesta, poi della Chiesa. Oggi è adibito in parte a chiesa e in parte ad abitazione privata.

Ogni estate ad agosto, nel castello ma anche per le strade del paese, si tiene il Festival dei burattini che, per una settimana, richiama i migliori artisti a livello internazionale nel campo dei burattini e delle marionette.

Tappa successiva è a Monteleone, una piccola frazione del Comune di Roncofreddo ben conservata e con molti spazi verdi che gli hanno valso la Bandiera arancione del Touring Club. Ha un bellissimo castello, intorno al quale si è sviluppato tutto l’abitato e che oggi è di proprietà privata.

Monteleone

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Il borgo di Monteleone in Romagna

Un altro castello che s’incontra dopo pochi chilometri è quello di Montenovo, da poco restaurato. Il recupero del castello di Montenovo è stato ultimato dopo tre anni di lavori di consolidamento delle mura, necessari a seguito di una frana.

Il castello fu menzionato per la prima volta in un documento datato 1209, che ne confermò la proprietà all’arcivescovo di Ravenna, Essendo sul confine tra i territori di Cesena e di Rimini, per secoli è stato al centro dei conflitti tra le due città.

Castello-di-Montenovo

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Il Castello di Montenovo in Romagna

L’edificio domina la pianura con un panorama mozzafiato, che spazia dalle spiagge della provincia di Ravenna fino a quelle di Cattolica, mentre alle sue spalle si possono ammirare le rupi di San Marino e di Perticara.

Tappa successiva è a Longiano, sempre in provincia di Forlì-Cesena, si trova sui primi colli fra Cesena e Rimini. Bandiera arancione anche lui, questo borgo di origini medievali ottimamente conservato offre numerose testimonianze storiche e artistiche.

Il centro storico conserva ancora la doppia cinta muraria, un castello di medievale, che fu anche residenza dei Malatesta, un’imponente Torre civica, cinque musei, un rifugio bellico, due importanti chiese storiche e un teatro ottocentesco.

Dal castello la vista spazia sulle colline fino al Mare Adriatico e alla Riviera romagnola.

Longiano

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Il borgo di Longiano in provincia di Forlì-Cesena

Sulla via del ritorno si passa poi da Gambettola, una cittadina a ridosso della via Emilia. Bellissimo è il centro storico con i suoi palazzi imponenti, anche se la zona più antica della città è la Branchisa, citata persino nei libri antichi.

Del Comune fa parte anche Budrio, sin da Medioevo punto d’incontro di pellegrini e viandanti, tanto che nell’XI secolo fu costruita la Masona, un edificio che fungeva da chiesa e da ospizio, di proprietà dei Cavalieri Templari e poi passato nelle mani dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme ovvero i Cavalieri di Malta.

Oggi questo luogo non esiste più, al suo posto sorge una chiesa costruita negli Anni ’90 del Novecento. Ancora oggi, invece, esiste l’Osteria del Budrio, costruita da Gottifredo d’Iseo, primo feudatario di Gambettola, nel XV secolo. Questo edificio vestì per secoli la funzione di osteria, oltre che di ospizio, locanda e persino scuola. Per raggiungerlo bisogna attraversare il torrente Rigossa.

Questo insolito itinerario è uno dei tanti altri percorsi raccolti da Rivieradibellezza.it, il sito dedicato al turismo esperienziale nella Riviera adriatica, realizzato da Adrias Online.